giovedì 6 luglio 2023

La scioccante storia dell'inflazione

Questa sera ero a cena con un funzionario importante. Si parlava del più e del meno, della cronaca e della storia, della tattica e della strategia. L'intonazione generale era: "dobbiamo mitigare i danni, perché tanto da questa storia non ne verremo fuori". Io annuivo compunto: "certo, è così". E intanto pensavo che, tornato a casa, vi avrei fatto vedere due o tre grafici che avevo disegnato per me, questa mattina, mentre mi annoiavo ad ascoltare le tonitruanti concioni dei nostri fieri oppositori.

La premessa di questi grafici è che, come credo sappiate, e come qualsiasi economista vi dirà, la tenuta di un'unione monetaria è direttamente connessa alla sua capacità di armonizzare i comportamenti degli Stati membri (la cosiddetta teoria  dell'OCA endogena con cui vi intrattenni fin dall'inizio). Il motivo è semplice: solo se tutti gli Stati membri sono simultaneamente in recessione, o simultaneamente in espansione, e hanno tassi di inflazione perfettamente allineati e convergenti, allora un'unica politica monetaria sarà efficace e non danneggerà almeno alcuni fra gli Stati membri. Altrimenti possono sorgere problemi: la politica monetaria rischierà di essere prociclica in alcuni Paesi, assecondandone magari le tendenze inflazionistiche, o di essere anticiclica al momento sbagliato, interrompendo una ripresa economica (che è quello che sta succedendo adesso).

Lo si può dire anche in negativo: il male che ci si autoinfligge nel tener su un'unione monetaria fra Paesi diversi è direttamente proporzionale al grado di divergenza fra questi Paesi. Non è politica, è economia, non è un'opinione, è un fatto, non è fantasia, è realtà: negare questa realtà significa fatalmente non essere all'altezza delle sfide che necessariamente un progetto così ambizioso porta con sé.

Non è un caso quindi che la letteratura scientifica sulle aree monetarie si sia esercitata principalmente sul tema della convergenza, variamente intesa:

  1. convergenza del ciclo economico, ovvero: esiste una tendenza spontanea dei Paesi membri a sincronizzare il proprio ciclo in modo da trovarsi tutti nella stessa fase espansiva o recessiva? Su questo tema si è esercitata anche la nostra amica Brigitte, in un articolo dal titolo Eurozone cycles: An analysis of phase synchronization e la sua risposta è: no, anzi l'unione monetaria amplifica lo sfalsamento fra i cicli nazionali. Naturalmente questa è solo una delle possibili risposte, e ce ne sono anche di più ottimistiche.
  2. convergenza dei prezzi, intesa come convergenza dei livelli dei prezzi o convergenza dei tassi di inflazione. Un tema affrontato da Busetti, Fabiani e Harvey, la cui opera sulle provincie italiane vi segnalai fin dall'inizio, e che giungono nel caso dell'Eurozona a una risposta sostanzialmente negativa: non si percepisce una tendenza delle inflazioni nazionali a convergere verso un unico tasso, ma emergono tre distinti "club". Anche questa è solo una delle possibili risposte, e ce ne sono di meno pessimistiche.
  3. convergenza dei livelli di reddito, altro tema di cui ci siamo lungamente occupati.

I nostri articoli sul tema della convergenza sono qui, e oggi voglio parlarvi della convergenza dei prezzi, con qualche statistica descrittiva, cercando di spiegarvi bene che cosa queste statistiche ci dicano e che cosa non possono dirci.

Gli indici dei prezzi al consumo dell'Eurozona dal 1996 a oggi li vedete qui:


Precisazione: la base di un numero indice è arbitraria. In altre parole, il fatto che nel 1996 questi indici siano tutti uguali a 100 non significa che in quell'anno ogni singolo bene avesse lo stesso prezzo in euro nei diversi Paesi considerati. Gli indici ci informano sulla dinamica di un fenomeno. Ad esempio, in questo grafico si vede bene che i prezzi sono cresciuti in Grecia (verde) molto più che in Germania (giallo). Si vede anche quando per la Grecia è arrivato il momento della correzione. Questo, di per sé, non ci informa su una ipotetica "convergenza", nel senso che se, per ipotesi, i prezzi greci fossero stati sotto e quelli tedeschi sopra l'equilibrio, la crescita più rapida dei primi e più lenta dei secondi li avrebbe portati entrambi a "convergere" verso questo ipotetico equilibrio. Per quanto questo ventaglio che si ampia col passare del tempo sia suggestivo, il suo valore informativo non è altissimo, e lo stesso vale anche se zoomiamo sull'ultimo periodo:


La cosa cambia se invece dei livelli (arbitrari) dei prezzi rappresentiamo i tassi di inflazione:


Qui il problema dell'arbitrarietà della base non ce l'abbiamo, e possiamo ragionare su quanto i singoli tassi manifestino una tendenza ad avvicinarsi o discostarsi gli uni dagli altri. Il grafico è un po' confuso: per sintetizzarne le informazioni possono essere utili delle misure di "dispersione" statistica, cioè degli indici che ci dicono quanto le osservazioni di un fenomeno tendano a raggrupparsi o disperdersi.


Qui ne vedete due: il range, cioè la differenza fra il valore più grande e il più piccolo in ogni singolo anno (scala di destra), e lo scarto quadratico medio, una cosa un po' più complicata, spiegata qui (scala di sinistra).

Le storie che raccontano, però, sono identiche: si vede in modo abbastanza netto che quando le economie dei Paesi membri vengono colpite da uno shock (alla fine del 2008 e all'inizio del 2020) la dispersione dei loro tassi di inflazione aumenta, cioè i prezzi divergono, anziché convergere, il che rende particolarmente complesso, come lo è in questo momento, scegliere quale politica monetaria unica adottare per gestire tante inflazioni che se ne vanno beatamente per i fatti loro.

Anche misure di questo tipo vanno valutate con cautela, perché non sono adimensionali. In effetti, esse risentono della dimensione media del fenomeno:


Tendenzialmente, lo s.q.m. sarà superiore quando la media del fenomeno cresce. Questo non è sempre vero: ad esempio, all'inizio del 2009 l'inflazione media scende, ma la sua dispersione aumenta. Alla fine del grafico però, cioè ai nostri giorni, sembrerebbe che le cose vadano così. Un modo per eliminare questo effetto sarebbe dividere lo scarto quadratico medio per la media, ottenendo il coefficiente di variazione, ma in questo caso non possiamo farlo perché l'inflazione storicamente è spesso stata vicino a zero o negativa, portando così il coefficiente di variazione a esplodere:


e con un grafico simile ovviamente si fa poco (la stessa cosa vale per misure più robuste come la differenza interquartile).

Tuttavia, se queste statistiche descrittive di dispersione non ci consentono di formulare un giudizio definitivo su una nozione astratta di convergenza (i metodi usati in letteratura sono più raffinati), ci mettono però di fronte a una regolarità  concreta difficilmente eludibile: in presenza di uno shock, le inflazioni dei singoli Stati membri si differenziano sensibilmente, e questa crescita dei prezzi a velocità divergenti altera il rapporto fra i prezzi nei diversi Paesi. Si apre quindi la questione di quanto queste diverse velocità si incorporino in modo persistente nei livelli dei prezzi, alterando a lungo la competitività dei Paesi coinvolti, e di quanto una singola politica monetaria sia in grado di realizzare una reductio ad unum, o non rischi viceversa di mandare il sistema in risonanza, amplificando ulteriormente le conseguenze degli shock.

Tutte domande che sarebbero astrattamente affascinanti, se non fosse che a questi affascinanti fenomeni ci troviamo concretamente dentro, e che a queste domande che anni addietro erano astratte, e ora sono concrete, pare che nessuno sappia trovare una risposta: può funzionare la stessa politica in un Paese che come la Spagna ha l'inflazione all'1,6% e in uno che come l'Austria ce l'ha al 7,8%? Non si rischia di far portare al giusto la croce del peccatore, mandandolo in recessione?

Oddio, la risposta non mi sembra difficile da dare.

Ma intanto, nel dubbio, "mitighiamo", e dormiamoci sopra. La risposta giusta la sapremo, naturalmente, da quelli bravi...

(...sto aggiornando la mia licenza di EViews, così magari facciamo un ragionamento un po' più tecnico su queste domande aride e oziose...)

25 commenti:

  1. Io sono discromatopsico (volgarmente: daltonico), e i grafici colorati sono per me illeggibili.
    Quindi "famo a fidasse"!

    Del resto, se non di Lei di chi altri mi dovrei fidare? Di quelli che spergiuravano che "l'austerità fa crescere"? O di coloro che ci hanno raccontato che "Monti ci ha salvato"? O addirittura di quanti squittirono che "dall'Europa arriverà una pioggia di miliardi, e saranno tanti tanti tanti!"?

    Io invece credo a Lei, anche se al "chromatic gap" non c'è rimedio.

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    1. "Può funzionare la stessa politica in un Paese che come la Spagna ha l'inflazione all'1,6% e in uno che come l'Austria ce l'ha al 7,8%?".
      Semplificando molto il succo, da sempre è qui, i grafici, "confusi" anche per me, descrivono e dimostrano questo.
      Perdonatemi la grettezza.

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    2. ...e la punteggiatura da cecato.

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  2. Buongiorno prof,
    Mi interesserebbe qualche considerazione sul caso della Spagna. Apparentemente la sua bassa inflazione sembra un grande successo, anche se sospetto che non tutte le sue cause siano buone.
    Qualcuno ha detto che dipende molto dalla loro politica nei confronti dei prezzi dell'energia, ma mi pare riduttivo.
    C'è qualcosa da imparare, come Italia, da quanto hanno fatto loro?

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    1. A quanto ne so galleggiavano nel gas, avendo molti rigassificatori. Non so se questo spieghi tutto.

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  3. Servito su un piatto d'argento per Philip Lane (altro eminentissimo funzionario ed ottimo scienziato).

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  4. Solo per segnalare che il link all'opera di Busetti, Fabiani e Harvey nel precedente articolo è "rotto".

    La Banca d'Italia lo deve aver spostato, questo il nuovo link: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2006/2006-0575/tema_575.pdf

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  5. una semplice domanda che deriva dalla mia ignoranza: ma negli USA come funziona? Ovvero, l'inflazione misurata a NY è la stessa di quella misurata a LA o a Milwaukee? Per loro la politica unitaria funziona allo stesso modo in tutti gli stati?

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    1. Secondo me se ci pensi un attimo ci arrivi in scioltezza da solo (o in alternativa ti trovi i dati). Ora sono in tv, magari dopo ti aiuto.

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    2. beh, io arrivo a capire che FED e BCE sono 2 cose diverse per finalità ed ambiti operativi ed anche che gli IUESEI hanno un contesto operativo molto più omogeneo dell'unione europea che invece è mooolto variegata in termini produttivi ed economici. La mia domanda verte sulla effettiva disparità sulla dinamica dei prezzi che si può rilevare (se esiste) nelle realtà statunitensi dalle più rurali alle più industrializzate. (p.s. chiedo a Lei Prof. perchè non so se documentandomi in rete avrei la possibilità di dirimere tale vexata quaestio dato che di cagate discordanti ne trovo a bizzeffe e non ho dimestichezza con fonti attendibili macroeconomiche visto che mi occupo di altro.) Many thank'z per il tempo che mi vorrà dedicare ed anche per la Sua lodevole pregevolezza di intenti.

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    3. Mi sembra banale ribadirlo, ma ricordo che coi differenziali di inflazione, con una moneta unica e una politica monetaria comune, si ragioni in un' ottica di riduzione del danno (ricordo dalla letteratura sulle aree valutarie ottimali citata da Alberto in molte occasioni). Tra le varie cose per aiutare una convergenza, come ad esempio la mobilità interna della forza lavoro, mi parevano cruciali i trasferimenti di risorse a livello federale.
      Cioè gli esportatori finanziano gli importatori.
      In Italia il nostro Meridione non è molto migliorato relativamente al Nord, dall' unità in avanti però.
      Senza contare i risvolti politici che ben conosciamo, a livello nazionale ed europeo.

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Forse varrebbe la pena mettere il dato della dispersione dell'inflazione in relazione alla dispersione dell'inflazione intra-paese. Cioè la dispersione derivante dal diverso livello di inflazione di ogni sua componente merceologica. Magari ci accorgiamo che quest'ultima in media, considerando tutti i paesi, è molto contenuta oppure che il rapporto tra la dispersione extra-paesi e quella media intra-paese non dipende dalla congiuntura economica. Questo confronto potrebbe fornire qualche indicazione in più sulla fenomenologia. Che ne pensa?

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  8. Quei policromi grovigli di grafici, in cui il naufragare m’é tutt’altro che dolce, mi portano alla mente il vecchio nodo gordiano. In altre parole qualcosa che NON lessi in un blog che NON esiste. (Vado a memoria e mi scuso per l’approssimazione): tutte le teorie sull’OCA cercano di risolvere problemi che non esisterebbero se non ci fosse l’OCA.
    Insomma l’oca è buona. Arrosto.

    P.S.
    È bello che questo blog abbia ripreso vita, ne abbiamo sentita lungamente la mancanza.

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  9. No ,non sono assolutamente in accordo con questo passaggio:

    Lo si può dire anche in negativo: il male che ci si autoinfligge nel tener su un'unione monetaria fra Paesi diversi è direttamente proporzionale al grado di divergenza fra questi Paesi. Non è politica, è economia, non è un'opinione, è un fatto, non è fantasia, è realtà: negare questa realtà significa fatalmente non essere all'altezza delle sfide che necessariamente un progetto così ambizioso porta con sé.

    È proprio politica.
    Assolutamente.
    Esiste solo la Politica Economica.
    Lo studio delle scelte politiche in economia. Capire tramite scelte politiche chi avvantaggiare e chi avvantaggiare in economia.
    E chi ha avvantaggiato la scelta politica di aderire alla unione monetaria europea lo sappiamo bene. Come sappiamo chi ha svantaggiato.

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  10. Magari sarò un attimino fuori contesto sarò un attimino deluso , magari in overthinking, però così proprio la situazione non va per niente bene, è vero che non si può fare riferimento soltanto alla bilancia commerciale però d'altronde la crisi di domanda c'è anche da noi se giustamente come aveva ricordato qualcuno se un sacco di artigiani o aziende piccoline chiudono perché potenziali clienti non hanno possibilità di spesa , magari anche la stessa catena del valore si sta comportando in un modo da essere un ostacolo per un imprenditore o un piccolo artigiano oppure un commerciante. Dovendo tenere la bilancia di pagamento in positivo per uno stato vuol dire cercare di ridurre meno le spese dei propri cittadini. Va a finire che l'effetto Francia non ci vuole molto prima che arrivi anche da noi eh ,magari sono io che sono troppo pessimista ma ho idea che fra un'annetto vedremo anche qua girare qualche moloTov incendiaria e volare in giro per le nostre strade , per nostre le piazze ,spero di sbagliare...

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  11. Ho fatto auto-analisi (cioè ci ho pensato andando in macchina ) sulle ragioni che mi hanno indotto ad alzare i prezzi nel 2022 .
    Una decisione fu per l'incremento del metano , una per incremento di imposte , una per compensare tempi gestionali per l'introduzione di attività dichiarative introdotte da nuove normative .
    Pertanto dall'alto l'inflazione è talvolta incomprensibile , dal basso è fatta di milioni di piccole decisioni di gente che , come me , non capisce perchè l'attività precipua dello stato si concretizza nell'implementare norme anche giuste nel modo peggiore possibile .
    La chiamerei inflazione da burocrazia , non esiste nei libri di testo universitari (mi pare) ma certamente è reale .

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