martedì 5 marzo 2019

Questa è a/simmetrie!

Credo che tutti voi sappiate cos'è Sparta, ma qualora ve ne foste dimenticati, vi fornisco un gentle reminder:


Questa è Sparta.

A giudicare da quanto leggo su certi giornali dalla performance non particolarmente brillante, mi pare di capire che non tutti sappiano che cos'è a/simmetrie. Anche in questo caso, fornisco un gentle reminder:


Questa è a/simmetrie.

Un luogo molto meno violento, anzi: del tutto non violento, ma assolutamente non meno libero e coraggioso di Sparta. Una associazione di promozione sociale dove in modo trasparente e rispettoso delle regole cittadini di tutti gli schieramenti politici si sono riuniti per promuovere un dibattito aperto, coinvolgendo intellettuali significativi (vedi sopra), ascoltando e favorendo il confronto fra tutti (cioè tutti) gli esponenti politici:


dove si sono organizzati convegni scientifici con la partnership di associazioni scientifiche internazionali, dove si è affrontato al massimo livello possibile di rigore metodologico il tema rilevante delle asimmetrie europee, e dove si è fatta ricerca ai massimi standard di qualità metodologica su temi sollevati con la consueta faciloneria dalla corte dei miracoli che popola i nostri media (il famoso prezzo della benzina che sarebbe aumentato di sette volte...).

Tutto il resto, incluso l'assimilazione di una associazione di promozione sociale a una fondazione politica, è vile diffamazione e come tale verrà trattato.

Quando, nel 2013, ho fondato asimmetrie con Claudio Borghi, solo una cosa ci accomunava: il desiderio di promuovere un dibattito libero. A quell'epoca lui si riconosceva politicamente nello schieramento conservatore (ma non nella Lega), e io in quello progressista (ma non nel PD). Claudio si dimise dal direttivo quando entrò in politica, e così ho fatto io a dicembre scorso, per due ordini di motivi. L'attività politica mi assorbe al punto che non riesco più a produrre ricerca di qualità, e d'altra parte la presenza di un politico nel board di un'associazione scientifica si presterebbe a strumentalizzazioni (come sta facendo: ma sono gli ultimi rantoli di un sistema dei media di scarso spessore, dal quale le forze di mercato ci stanno progressivamente liberando). Aggiungo che la legge "spazzacorrotti", nei suoi lodevoli intenti, avrebbe comunque determinato, a seguito della mia esposizione politica, ulteriori aggravi burocratici per a/simmetrie, con i relativi costi di compliance che un'associazione che viveva di piccoli contributi volontari difficilmente avrebbe potuto sostenere.

Quindi ho deciso di fare un passo indietro, con un certo rammarico (tu lascerai ogne cose diletta...), ma con la certezza di aver fatto la cosa giusta. Se il progetto è valido, sopravviverà al ritiro dei suoi fondatori, soprattutto considerando che è stato lasciato in ottime mani. Se non lo è, è giusto che si estingua, come è giusto che si estingua tutto quello che non funziona, per lasciar spazio a iniziative nuove, più sane e vitali.

E a questo proposito aggiungo un disegnino:


Gli addetti ai lavori lo riconoscono, e tanto basti. Cenere alla cenere, mercato al mercato...

domenica 3 marzo 2019

Produzione scientifica (i coNpetenti...)

Il pomeriggio volge al termine, e non mi pare vero di aver passato tutta la giornata a casa. Fatemi spendere una mezz'oretta risicata, fra lo studio di una direttiva e quello di un disegno di legge, per mettere i puntini sulle "i" della parola "competenti". Ce n'è una sola, e in effetti il punto è uno, e solo uno. In ambito scientifico la competenza si misura coi risultati raggiunti in termini di pubblicazioni. Il resto interessa meno. Le pubblicazioni si valutano sotto almeno due profili: la quantità e la qualità (fare un'unica cosa bellissima e poi dormire sugli allori non è segno di grande vivacità intellettuale). La qualità, a sua volta, può misurarsi in tanti modi: soggettivamente, o con criteri oggettivi come il numero di citazioni, partendo dal presupposto che se un lavoro ha detto qualcosa di qualitativamente rilevante, di innovativo, di utile, sarà stato preso come riferimento da un numero elevato di lavori successivi.

Come vi ho spiegato in un altro post, per combinare queste due valutazioni (qualitativa e quantitativa) si usa un indice sintetico, il cosiddetto h-index, con l'acca di Hirsch. Un h-index pari a n indica che l'autore considerato ha n lavori citati almeno n volte. Quindi, un autore con 100 lavori dei quali uno solo citato 100 volte (e gli altri zero) avrà un h-index di uno, mentre uno con solo dieci lavori ognuno citato sole dieci volte avrà un h-index di 10. Naturalmente bisogna anche intendersi su cosa si intenda per pubblicazione scientifica, cioè su quale sia la "popolazione" (in senso statistico) da considerare per calcolare queste statistiche. Google Scholar è di manica abbastanza larga: considera ad esempio anche i saggi divulgativi (e quindi, nel mio caso, Il tramonto dell'euro). Il database utilizzato come riferimento dalla comunità scientifica italiana, in particolare ai fini dell'ASN, è, come vi ho spiegato a suo tempo, Scopus, che ha criteri di ammissibilità più stringenti. In effetti, quando fai domanda per l'abilitazione ti chiedono quante pubblicazioni scientifiche hai, e di queste quante sono Scopus, e di queste quante sono di classe A (tre insiemi sempre più ristretti, perché di qualità sempre più elevata - o almeno così si presume che sia).

Va anche notato che Scholar è di pubblico accesso, ma per avere un profilo (e quindi il calcolo del proprio impatto) occorre iscriversi. Scopus è a pagamento (è gestito da un editore molto prestigioso e abbastanza caro, Elsevier), ma il profilo degli autori viene creato automaticamente.

Credo possa essere un'utile informazione di servizio, e anche una risposta fattuale agli attacchi personali di quelli che "il professorino dell'università di provincia...", riportare gli h-index ad oggi di alcuni dei protagonisti del dibattito economico italiano, di alcuni dei tanti esperti che i media ci impongono plenis manibus.

Siete pronti?

Via!

Il professorino

L'onnipresente

Il collega della Camera bassa

Il collega della Camera alta

Il collega che ci ha ripensato

Il ministro Padoan

Il collega che "la crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata"

Un altro collega

Un nostro amico


Parità di genere

Ora non vorrei che voi mi accusaste di deriva sessista, in pendenza di 8 marzo, perché non ho citato alcune delle esperte di economia che i nostri media ci propongono nei dibattiti. Il fatto è che io ho cercato su Scopus Irene Tinagli e Veronica De Romanis (due fra le colleghe più presenti, almeno sulla base delle mie osservazioni - ma ammetto di non essere molto attendibile perché la televisione la guardo poco). Purtroppo non le ho trovate. Questo significa che o mi sono sbagliato (nel qual caso mi scuso), o loro non hanno pubblicazioni Scopus. Comunque, in almeno un caso questo dato bibliometrico è compatibile con l'evidenza di cui disponiamo.

Precisazioni e conclusioni

Dico che Daniel Gros ci ha ripensato, perché molto dopo aver scritto con altri One market one money (il saggio finanziato dall'Unione Europea per dire che l'unione monetaria era una buona idea) ha poi scritto questa ritrattazione. Se vi foste dimenticati di dove il professor Giavazzi ha emesso la sua previsione non azzeccatissima, vi aiuto io: qui. Questo per le precisazioni.

Per trarre le conclusioni, partirei da una sintesi: su sette protagonisti del dibattito economico e politico italiano, tre stanno meglio di me in termini di produzione scientifica (Nannicini, Gros, e Giavazzi), uno come me (ma è un pochino più anziano: Padoan), e tre peggio di me (Cottarelli, Marattin e Puglisi, ma va precisato che i secondi due sono più giovani di me e almeno uno, l'ultimo, recupererà senz'altro, dato che difficilmente l'attività politica gli sottrarrà molto tempo). Va notato che gli attacchi personali alla mia integrità scientifica, come in qualche modo è fisiologico che sia, non sono mai venuti da chi sta messo meglio di me (in particolare, col collega Nannicini ho un rapporto cordiale e rispettoso), ma, come sempre, da chi sta messo peggio (per pietas non ho aggiunto Scacciavillani, il cui h-index è 2). Mi tengo la mia aurea mediocritas, pensando che chi dà dell'incompetente a me lo dà, in re ipsa, anche a Pier Carlo, o, forse, semplicemente non sa di che cosa stia parlando. Possiamo anche dirci che forse onnipresenza non rima con competenza, e certamente non rima con produzione scientifica.

Ma anche qui ci sarebbe da discutere, e vorrei essere molto chiaro su un punto. Io sono entrato in questo dibattito conscio dei miei limiti e delle mie potenzialità, e ho portato argomenti scientifici e fattuali (dati, paper miei o altrui, ecc.). Per lunghi anni sono stato attaccato con argomenti ad personam sulla qualità e quantità dei miei paper peer-reviewed. Io continuavo a ragionare in termini di argomenti, ma visto che molti continuano a ragionare in termini di bibliometria, e visto che la bibliometria, per definizione, produce risultati misurabili, ho esposto questi risultati non perché ci creda particolarmente io, ma perché chi voleva attaccarmi li ha usati (a vanvera) contro di me. Peccato (per lui) che chi ne esce male non sia io! Quindi, ad esempio, il fatto che l'onnipresente Cottarelli abbia un h-index inferiore al mio è un problema per i tanti cialtroni che mi attaccano sulla base della mia produzione scientifica, non per me, che so riconoscere il valore dell'esperienza di economista applicato maturata da Cottarelli (esperienza che necessariamente ha sottratto tempo alla produzione scientifica). A contrario, il fatto che Giavazzi abbia un h-index stellare non mi impressiona più di tanto, perché previsioni sbagliate come quella da lui emessa nel 2007, o anche ritrattazioni come quella da lui fatta in sordina nel 2015 (quando, dopo aver sostenuto per anni le politiche di austerità sulla base del fatto che eravamo in una crisi di debito pubblico, ammise che la crisi era di debito privato, cosa che qui sostenevamo da anni), mi aiutano a dare alla bibliometria il suo giusto valore.

A questo proposito: e Rossini? Bè, Rossini è uno dei componenti della mia commissione di abilitazione, che votò contro di me sostenendo che "titoli e pubblicazioni scientifiche di
Alberto Bagnai non sono ritenuti sufficienti per il conferimento dell'abilitazione". In effetti, a quei tempi il mio h-index era 6. Sempre maggiore di 5, ma un po' più basso. Per fortuna io non credo nella bibliometria, e quindi ho considerato inoppugnabile la sua valutazione qualitativa, così come è un dato inoppugnabile che il collega che mi ha valutato condivida con Marattin non solo un h-index più basso del mio (che, come vi ho detto, non vuol dire molto), ma anche l'appartenenza allo stesso dipartimento, dove ho molti amici (il che, ovviamente, non vuol dire nulla).

La sintesi estrema è che si dovrebbero sempre rispettare gli avversari, e si dovrebbero valutare le persone dai loro argomenti. La pratica della politica insegna a farlo, vi assicuro. Mi dispiace per chi non ha potuto, né potrà mai, fare questa fondamentale esperienza di maturazione.

venerdì 1 marzo 2019

Produzione industriale


Compitino: la figura rappresenta il tasso di variazione tendenziale (mese su corrispondente mese dell'anno precedente) dell'indice della mensile produzione industriale nell'industria in senso stretto (escluse le costruzioni) nei quattro principali paesi dell'Eurozona.

1) indichi il candidato quale lettera indica nel grafico l'"Italietta corrotta dove da sempre tutto va male perché popolata da individui ontologicamente inferiori in quanto affetti da tare morali inemendabili e ora tutto va peggio perché sono arrivati i barbari", quale "la Germania dove tutto va bene perché loro sono incorrotti e superiori", quale "la Spagna che è abitata da Untermenschen che però hanno fatto i compiti a casa e quindi hanno una produttività che cresce a tassi stellari" e quale "la Francia che ha i suoi problemi ma comunque non bisogna guardare a casa dei vicini ma a casa nostra".

2) indichi il candidato in quale data (numero in ascissa) sono arrivati i barbari, determinando un evidente, subitaneo, visibile, drastico peggioramento della situazione del paese rispetto a quella degli altri paesi europei dove invece tutto va bene perché si comportano come si deve, non come noi, che ci vorrebbe che la Svizzera ci invadesse e saremmo il paese più bello del mondo, signora mia!

Buona fortuna (se andate a casaccio). Se invece volete un aiutino è qui.

Tanto per capirci, i coefficienti di correlazione dell'Italia dove tutto va male perché siete delle merdacce (voi, naturalmente: mai l'editorialista di turno che ve lo rinfaccia) con gli altri paesi dove tutto va bene perché regna l'onestà (tranne per quella palettata di scandali che l'editorialista di turno con sempre maggior fatica nasconde sotto il tappeto - ex multis qui, qui, qui, qui, qui, qui...), sono i seguenti: con la Germania 0,71, con la Spagna 0,63, con la Francia 0,52. Tutti piuttosto sostenuti se consideriamo che stiamo parlando di correlazioni fra tassi di crescita, e del resto che le produzioni industriali di un'area fortemente integrata in termini economici e commerciali si muovano insieme oltre a essere evidente dal grafico dovrebbe anche essere piuttosto ovvio. Naturalmente non è un caso che la correlazione maggiore sia con la Germania: l'Italia e la Germania sono le due potenze manifatturiere europee e quindi condividono le stesse vicissitudini, sia perché le rispettive catene di creazione del valore sono fortemente integrate (aziende italiane producono per quelle tedesche e viceversa), sia perché condividono i mercati di riferimento (quelli interessati alla manifattura di qualità).

Ma naturalmente adesso arriverà l'esperto a dirci che correlazione non è causazione e che quindi se le cose vanno male da noi quando vanno male in Germania la colpa è comunque nostra perché siamo ontologicamente e a prescindere delle merdacce, o, al massimo, se proprio vogliamo essere magnanimi, perché condividiamo entrambi una grandinata che arriva dai mercati internazionali (ma noi comunque siamo delle merdacce, o almeno noi che abbiamo votato Lega: quegli altri sono gli aristoi, che ci hanno regalato un paese in perfetto ordine e con performances economiche stellari).

Allora aggiungiamo un piccolo input di tecnica, che qui, in questo blog, chi c'era ha già incontrato (e per gli altri mi dispiace tantissimo): un test di causalità. Sapete che dietro questo titolo un po' altisonante si nasconde semplicemente l'analisi del potere predittivo di una variabile nei riguardi di un'altra: se la produzione tedesca non ci aiuta a prevedere quella italiana, diremo che non la causa (nel senso di Granger); viceversa se quella italiana non ci aiuta a prevedere quella tedesca diremo che non la causa (supercazzole filosofiche e statistiche sono come sempre le benvenute, ma ricordatevi a casa di chi siete entrati...).

Allora vediamo che cosa ci dicono i testi di causalità:

Ci dicono che la probabilità che l'andamento della produzione industriale tedesca non influisca su quella italiana è molto bassa (0.0431), inferiore alla soglia convenzionalmente adottata per indicare la significatività statistica (0.05, cioè il 5%). In altri termini, è statisticamente respinta l'ipotesi che i nostri guai non dipendano da quelli tedeschi, mentre non è statisticamente respinta l'ipotesi che i guai tedeschi non dipendano da quelli italiani (è abbastanza probabile - 0.1395 - che noi coi guai loro non c'entriamo).

Insomma, per dirla con un hashtag: #hastatolaGermania (ma certo non per colpa sua: avrebbe sicuramente preferito continuare a correre e non metterci nei guai...).

Qui entro in modalità nerd statistico.

Dice: ma hai messo troppo pochi ritardi e quindi il test è inefficiente perché viziato da correlazione dei residui (se non avete capito non preoccupatevi: non ha capito nemmeno l'interlocutore "esperto" che ha fatto in corde suo o su Twitter questa domanda). Risposta: no, mi dispiace, aumentando i ritardi il risultato non cambia: è la Germania che inguaia noi.
 

Dice: ma hai usato troppi pochi dati, un periodo di soli tre anni corrispondenti a 36 osservazioni mensili, quello che vediamo è un mero accidente statistico! Risposta: no, mi dispiace, se aumentiamo i dati, prendendo in considerazione il periodo dal gennaio 1999, il risultato si rafforza:

Diventa praticamente impossibile sostenere che la Germania non influenzi l'Italia, mentre l'ipotesi che l'Italia non influenzi la Germania ha una probabilità alta in termini statistici (14%).

D'altra parte, non è strano che sia il paese più grande a determinare le sorti del più piccolo. Può anche darsi, in astratto, che in questo momento la mia massa, un po' aumentata nella recente campagna elettorale (l'Italia è tutta meravigliosa, la Sardegna meravigliosissima, e come si fa a resistere a certe tentazioni?), stia esercitando una certa attrazione sulla massa terrestre, ma se per qualche motivi decidessi di buttarmi dalla finestra (evento con probabilità inferiore al 5%) non direi che la Terra mi è caduta in testa.

Chiaro?

Ora ci sarebbe da chiedersi perché la Germania stia rallentando, e la risposta la sapete e l'avevamo prevista: perché c'è un rallentamento dell'economia mondiale, e perché l'esposizione dell'economia tedesca a quella mondiale non è fisiologica: è patologica. Il più grande surplus commerciale al mondo fa della Germania un paese pericoloso a se stesso e ai propri vicini. Quella che loro, con una spettacolare invidia penis collettiva, continuano a leggere come loro potenza (l'impennata del surplus commerciale), in realtà è la loro fragilità (l'accresciuta dipendenza della loro crescita dalle vicende altrui). Ma questo non c'è verso di farglielo intendere, ai nostri cari fratelli tedeschi, e ce ne dispiace per loro, perché, purtroppo (e preciso che sinceramente mi addoloro per questo dato di fatto) quello che non si capisce con le buone, alla fine, lo si capisce con le cattive. Agli Stati Uniti questo atteggiamento dà fastidio, e quando avranno regolato la situazione con la Cina sicuramente si volgeranno verso di noi.

La manovra economica di dicembre è in deficit perché prevedevamo che questo sarebbe successo (nel grafico si vedeva molto bene già allora), e i suoi effetti, stranamente, non si esplicheranno prima che essa sia stata adottata, ma dopo, cioè a partire dai prossimi mesi. I dati ISTAT di oggi li leggo in questa prospettiva.

Tanto vi dovevo come post tecnico, dopo tanti anni di assenza. E ora vado a preparare la mia prossima missione in Leuropa...


(...a proposito di missioni: questa sera sono a Otto e mezzo...)