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sabato 24 maggio 2025

Come si calcolano iSalari™️ (parte terza: l'input di lavoro)

 (...nella prima parte di questo ciclo vi ho spiegato come recuperare il valore del monte salari complessivo, nella seconda vi ho spiegato come esprimerlo in termini di potere d'acquisto, cioè in termini reali, evidenziando alcuni problemi nel calcolo dei deflatori da parte di Eurostat, oggi parleremo di come commisurare il valore dei salari erogati alla quantità di lavoro prestata, e quindi come ottenere una misura dei salari - reali o nominali - pro capite, o come ottenere una misura del costo del lavoro per ora lavorata. Resterò nella misura del possibile all'interno del database Eurostat in modo che sia più facile gestire la gnagna del "in Germania i salari sono più alti" o "m'ha detto micuggino che in Francia laggente stanno meglio". In teoria Eurostat dovrebbe produrre dati confrontabili fra Paesi membri dell'Unione Europea, quindi una volta imparati i calcoli per l'Italia dovreste essere in grado di replicarli a piacere per qualsiasi altro Stato membro. In pratica, nella puntata precedente abbiamo visto che ogni tanto i dati presentano anomalie inesplicabili, ma insomma, se si ripresenteranno le gestiremo e non dipendono da me. Cominciamo...)

Il monte salari lo abbiamo, sia in termini nominali che reali:


In quanto segue farò riferimento al deflatore dei consumi, ponendomi quindi in un'ottica "potere d'acquisto del lavoratore" (il deflatore del Pil lo si usa invece quando ci si pone in un'ottica "costo del lavoro per l'imprenditore": gli inglesi in questo caso parlano di product wage).

Ora procuriamoci i dati sugli occupati, intesi come lavoratori dipendenti (quelli che percepiscono appunto un salario). La localizzazione nel data tree dell'Eurostat è abbastanza intuitiva (come funzioni il data tree l'ho spiegato nella prima puntata):


Il problema qui è che i dati trimestrali iniziano solo dal 2009!


Ai fini politici e giornalistici può essere abbastanza, ma a me interesserebbe avere una serie più lunga.

Cercando nell'albero trovo gli "historical data":


Li estraggo e li confronto con i più recenti:


La dinamica delle serie è molto simile, ma la serie più recente degli occupati (quella in grigio) è inferiore in media dell'1.5% alla serie degli occupati dai 15 ai 64 e dell'1% a quella degli occupati dai 20 ai 64 anni fornite dagli historical data.

In questi casi ci sono due modi di procedere: o ci si rivolge alla fonte nazionale, sperando che riporti serie omogenee su un campione sufficiente, o si ricostruisce all'indietro (si "retropola") la serie più recente utilizzando i tassi di crescita di quella più remota, purché questi tassi siano sufficientemente simili nel periodo in cui sono entrambi reperibili.

La correlazione fra i tassi di variazione della serie recente e  di quella "storica" 20-64 nel periodo in cui sono entrambe disponibili (2009-Q2:2020-Q4) è altissima, pari al 96%, quindi per il momento scelgo la seconda strada e estendo all'indietro la serie "grigia" coi tassi della serie "arancione". Il risultato è questo:

e per il momento ce lo facciamo andare bene: la serie "grigia" sarà la nostra misura degli occupati (poi volendo rifaremo il tutto su fonti nazionali).

Per ottenere il salario (reale o nominale) pro capite dobbiamo dividere il monte salari per gli occupati, ricordando però che il primo è espresso in milioni e il secondo in migliaia. La formula giusta quindi è: UW = W/(N/1000), cioè il salario medio unitario (unit wage) è pari al monte salari in milioni diviso per gli occupati in migliaia divisi per mille (per riportarli a milioni), e il risultato è questo:


in euro per persona per trimestre. Non commento il dato, quello lo facciamo in separata sede, intanto suggerisco a chi ha voglia di rifarsi i conti, così se ho sbagliato mi correggerà.

Le ore lavorate invece non sono riportate fra gli indicatori di contabilità nazionale. Per reperirle nel database faccio la cosa più semplice: chiedo!


Scrivendo "hours worked" nella casella di ricerca in alto a destra compaiono una serie di possibilità: articoli, voci di glossario, basi dati. La base dati più pertinente mi sembra quella evidenziata. Cliccandoci sopra vengo portato qui:


e per capire in che modo questa informazione viene gerarchizzata dal database posso cliccare su "Show in data tree", che mi fornisce questo risultato:


Per qualche motivo, l'informazione che mi serviva sono riuscito a trovarle nel Conti economici regionali (che a loro volta sono una miniera di altre informazioni). Ovviamente come "regione" scelgo l'Italia, come campione tutti gli anni disponibili, come settore l'intera economia, ed ecco fatto! C'è solo un problema, questo:


L'Eurostata recepisce i dati con un certo ritardo (con la scusa di armonizzarli, suppongo), e quindi per ottenere una serie che arrivi almeno fino al 2024 mi tocca ancora una volta integrarla con l'Istat. Poco male, almeno vi faccio vedere come funziona (visto che questa sera funziona). Istat ha adottato un'interfaccia "simil-OCSE" (era tale anche prima, solo che... nel frattempo l'OCSE l'ha cambiata e l'ISTAT si è adeguata). L'indirizzo è cambiato ed è questo: https://esploradati.istat.it/databrowser/#/it, e in apertura si presenta così:


"Bella la boiserie, bello il lavoro...", ma i dati dove stanno? Cliccando su "Dati" si arriva qui:


dove la fascia evidenziata riporta i temi principali, e spostandosi su ognuno di essi sotto appaiono i vari database. Anche qui tiro dritto e invece di avventurarmi in ricerche gerarchiche uso il motore di ricerca interno:


che mi porta immediatamente a quello che mi serviva:


Devo solo selezionare "Ore lavorate" nella linguetta evidenziata e eccoci qua:


Per motivi affascinanti e misteriosi le due serie coincidono solo a partire dal 2021 (hint: nel database Eurostat la b accanto al valore del 2021 indica che in quella data si è verificato un break nella serie, cioè una modifica del metodo di calcolo. Ovviamente per quanto paghiamo i simpatici eurostatistici ci aspetteremmo che fossero così cortesi da omogeneizzare i dati non solo sincronicamente ma anche diacronicamente, ricostruendo le serie in modo da fornire con criteri omogenei spazialmente e temporalmente. Ma capiamo che è chiedere troppo e ci accontentiamo per il momento di constatare che i dati dell'Istat sono una prosecuzione attendibile di quelli dell'Eurostat:

(in realtà situazioni di questo genere possono essere gestite in un modo più accurato, ma di questo parliamo in un eventuale approfondimento, se richiesto).

Tuttavia, qui il problema è un altro: su Eurostat abbiamo trovato dati annuali (e parziali), ma a noi servono trimestrali. Istat li fornisce (basta cercare nei conti economici trimestrali), e possiamo utilizzarli per calcolare il salario medio per ora lavorata:


Il risultato è questo, e anche qui non commentiamo, riportiamo semplicemente, invitando chi lo desideri a rifarsi i conti. Chiaramente, se i profili delle due coppie di serie, che hanno gli stessi numeratori (il monte salari in termini nominali e reali), sono diversi, questo indica che il denominatore ha un profilo diverso, cioè che la dinamica degli occupati e delle ore lavorate ha avuto dei "disaccoppiamenti", come oggi si usa dire.

Possiamo vederlo riportando i due denominatori nello stesso grafico, dopo averli espressi come indici a base 2015:


Le ore lavorate hanno più varianza degli occupati (e se ne possono intuire i motivi), e dopo la crisi il numero di ore lavorate è aumentato più rapidamente rispetto a quello degli occupati (e anche questo è intuitivo, ma ne parleremo).

Bene: abbiamo molti dati da commentare, ma soprattutto ora sapete dove trovarli, così non dovrete "credere" a nulla. Il piddino "crede" nelle statistiche. Il normodotato le consulta. La differenza è tutta lì, e non è piccola come sembra...

Buona notte!

(...devo dormire perché domani mi aspettano ore di automobile: lascio i refusi alle vostre amorevoli cure...)

giovedì 24 ottobre 2024

Distribuzione del reddito e teorema di Eulero

Perdonatemi, una rapida integrazione "tennica" che potrebbe esservi utile per apprezzare alcune sfumature del dibattito odierno e senz'altro vi aiuterà con le mie slide di domenica.

Ci è capitato spesso di parlare del modello neoclassico di crescita, basato sulla funzione neoclassica di produzione. Nella sua versione standard, questa funzione esibisce rendimenti di scala costanti. Significa che, come vi ho spiegato parlando di Crescita neoclassica for dummies, gli incrementi di output sono proporzionali a quelli degli input. Immaginando che il livello di produzione Y dipenda dalla quantità di capitale K e da quella di lavoro L, cioè che sia:

Y = f(K, L)

avremo che se moltiplichiamo per un certo numero t gli input, risulta moltiplicato per t anche l'output:

f(tK, tL) = tY

e quindi, ad esempio, ponendo t = 2, se raddoppiamo gli input raddoppia l'output:

f(2K, 2L) = 2Y

(e questo ve lo dissi a suo tempo e quelli bravi se lo ricordano).

Le funzioni di questo tipo sono dette dai matematici "omogenee di primo grado" e vale per loro il teorema di Eulero, secondo cui il valore di Y è dato dalla somma dei valori degli argomenti ognuno moltiplicato per la rispettiva derivata:

E qui vi ho perso quasi tutti per strada, ma va bene così, proseguo imperterrito sulla strada della veritah (che è la nuova onestah), e chi mi ama mi segua!

Che vuol dire questa formula arcana?

Intanto, per i più curiosi, vi rinvio alla sua dimostrazione nel caso generale.

E questa è matematica.

L'economia, e la distribuzione del reddito, entrano nel ragionamento quando ci si ricordi che, come spiegammo a suo tempo a Lampredotto, che impazza nuovamente sui social col suo delirante proposito di abbandonare la nave che galleggia per quella che affonda, nel modello di equilibrio concorrenziale i fattori di produzione vengono remunerati alla rispettiva produttività marginale. La tabella era questa:


e lo spiegone era nel post sul BDSM (cara, non è come pensi tu!).

Da quanto ci siamo detti fin qui (e nei post linkati) conseguono due proprietà del modello neoclassico standard:

  1. in equilibrio, il lavoro verrà remunerato al valore della propria produttività marginale;
  2. in equilibrio, tutto il prodotto verrà distribuito.

La seconda cosa deriva dal fatto che, appunto, la somma dei prodotti delle quantità di fattori impiegate, moltiplicate per la rispettive remunerazioni, coincide, guarda un po', col totale della produzione. Quindi in equilibrio tutta la produzione viene distribuita, e ognuno riceve in proporzione a quanto ha contribuito alla produzione.

C'è un altro pezzettino di tecnica che potrebbe essere utile a qualcuno. In funzioni di questo tipo, la produttività marginale è proporzionale alla produttività media. Se considerate ad esempio la più usata delle funzioni di produzione, la Cobb-Douglas:

potrete verificare facilmente che la produttività marginale del lavoro (la derivata di Y rispetto a L) è data da:

(i passaggi sono su Wikimmmm, che ovviamente li fa per il capitale - è un chiaro messaggio politico - ma se siete sopravvissuti fin qui li sapete fare anche per il lavoro).

Che cosa significa questa bella storia (su cui ci saremmo potuti dilungare, ad esempio sviluppando direttamente qui tutti i passaggi, per i quali invece vi rinvio alle fonti citate)?

Significa che in teoria dovremmo aspettarci che i salari reali evolvano in modo proporzionale alla produttività media del lavoro (average labour productivity, APL). Se questo non succede, i casi sono due:

  1. o la funzione di produzione non ha rendimenti costanti (ad esempio perché li ha crescenti, cioè perché all'aumentare degli input le economie di scala fanno aumentare in modo più che proporzionale l'output);
  2. o il mondo non funziona come nel modello neoclassico (ad esempio perché invece di essere remunerati in base alla loro produttività marginale i fattori di produzione vengono remunerati in base ai rapporti di forza sociali).

Voi direte: sì, tutto bello, tutto forse comprensibile, con difficoltà, ma che c'entra con le cose di cui si parla tanto oggi?

C'entra (o, come dicono quelli che scrivono "non c'è la faccio", centra) moltissimo! Non avete mai sentito dire che la crisi salariale è legata alla crisi della produttività, che il problema di stagnazione dei salari è un problema di stagnazione della produttività?

Bene!

Chi vi dice questo vi sta dicendo che il mondo è neoclassico, che ogni fattore di produzione (incluso tu che stai leggendo) viene remunerato in base alla propria produttività marginale, e quindi che se la remunerazione dei fattori non aumenta ciò dipende dal fatto che la loro produttività non è aumentata (cioè che tu, caro lettore, hai fatto schifo e hai avuto quello che ti meritavi, cioè poco).

Ma se invece osservassimo che mentre la produttività del lavoro è aumentata, la remunerazione del lavoro (salari reali) invece no, che cosa dovremmo concludere?

La conclusione non è difficile, ma la trarremo insieme domenica...

giovedì 20 luglio 2023

Dieci motivi per non ratificare la riforma del MES (edizione illustrata)

Riprendo qui, commentandolo e corredandolo degli appropriati disegnini, il decalogo che Claudio ha fatto su Twitter e che vi invito a leggere, cuorare, rituittare e condividere con qualsiasi mezzo e in qualsiasi sede disponibile, perché un milione di visualizzazioni e migliaia di like sono una cosa che in likecrazia un suo peso ce l'ha.

Va da sé che i ppdm faranno tutt'altro: ma loro giocano un'altra partita (e saranno sconfitti dalla vita anche in quella).


1) Ratificare la riforma significa approvare specificamente tutto il Trattato, comprese le sue parti più assurde, fatte votare da Monti a un distratto Parlamento nell'estate del 2012.

(...la riforma del MES venne approvata il 19 luglio del 2012 con un breve passaggio parlamentare di sei giorni in seconda lettura alla Camera. L'iter lo trovate qui. Il relatore in Commissione fu il presidente Dini, la discussione sostanzialmente inesistente, anche perché resa oggettivamente complessa dal fatto che veniva condotta congiuntamente su tre atti distinti, di cui solo due formalmente collegati: il ddl n. 2914 di ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011; il ddl n. 3239 di ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra i Paesi dell'UE ad eccezione della Repubblica ceca e del Regno Unito, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012; e il ddl n. 3240 di ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012. Il primo era il presupposto del terzo - bisognava modificare il TFUE per dare un minimo di base giuridica al MES, ma il secondo, il Fiscal compact, avrebbe meritato una discussione a parte. Tuttavia, indovinate un po'? Bisognava fare presto!

La Lega votò contro, come risulta dal resoconto sommario, e dallo stenografico, da cui vi offro l'incipit della dichiarazione di voto finale sul MES, contraria:


[il resto lo trovate nello stenografico]. Già queste poche righe evidenziano come in fondo nel dibattito non sia cambiato assolutamente nulla: siamo schiavi del provincialismo denunciato all'epoca da Garavaglia, un provincialismo figlio di una lurida madre, l'ignoranza degli ordini di grandezza, e di un fetente padre, l'odio del PD verso il proprio Paese. Tra l'altro, la confusione e confusionarietà della discussione nascondeva, fra l'altro, il principale problema del Fiscal compact, che non era tanto la sostanza [che come vi ho detto era già incorporata nel Six pack], quanto la forma, questa:


cioè il recepimento in Costituzione del "pareggio" di bilancio, di cui non v'è traccia nella nostra discussione dell'epoca, e che sarebbe stato realizzato successivamente, a dicembre, con la legge 243/2012 [dove il "pareggio" divenne "equilibrio"...]. Dettaglio interessante, uno di voi, Riccardo, dava per fatta a luglio una cosa che invece sarebbe stata fatta a dicembre. Non c'è che dire, ne sapete una più del diavolo... oppure tirate semplicemente a indovinare!...)


2) La riforma del MES peggiora uno strumento già famigerato perché figlio degli interventi di austerità contro la Grecia. I paesi UE vengono divisi fra "buoni" e "cattivi". L'Italia è, guarda caso, fra i cattivi.

(...che cosa i "salvataggi" abbiano fatto alla Grecia lo abbiamo documentato qui:


e non credo ci sia molto da aggiungere: per forza nessuno ha voluto "er MES pandemico"! Di una cosa che ti porta dalla quart'ultima all'ultima posizione nella graduatoria del reddito pro capite come minimo puoi pensare che porti sfiga! Viceversa, per apprezzare la simpatica innovazione consistente nella divisione in buoni e cattivi dei Paesi potenziali destinatari può esservi utile consultare il testo a fronte del Trattato riformato - una chicca per intenditori, riservata ai lettori del blog che non c'è. Il punto rilevante è questo: 


cioè il testo riformato del primo comma dell'art. 14, laddove stabilisce, per l'accesso all'assistenza finanziaria precauzionale, il rispetto di requisiti di ammissibilità, che vengono poi successivamente dettagliati nell'appendice:


dove il testo a fronte manca, per la semplice ragione che prima della riforma la divisione fra buoni - quelli che rispettano i parametri di Maastricht - e cattivi non c'era! Si potrebbe argomentare che questa divisione in buoni e cattivi in realtà non riveli intenti maliziosi e offensivi nei riguardi del nostro Paese, in quanto all'interno dei folcloristici parametri di Maastricht ormai sono rimasti in pochi:


e non esattamente i più rilevanti - oltre a essere "cattivi", come i polacchi! Tuttavia, dal mio specifico punto di vista, questo non cambia nulla, ma anzi per un verso rafforza l'argomento, e per un verso è una circostanza laterale. Rafforza l'argomento, perché, prendendo per buona la narrazione autorazzista piddina, se neanche gli Übermenschen ariani riescono a rispettare certi limiti, vuol dire che questi limiti sono palesemente assurdi, e non è su assurdità simili che si può fondare un progetto politico solido. D'altra parte, queste considerazioni sono laterali rispetto al vero problema, che non è erdebbitopubblico, come qui dovreste ormai aver capito, ma quello privato, cioè la situazione delle banche, e per i salvataggi bancari, come vedremo dettagliatamente, non è richiesto il rispetto 
dei criteri di Maastricht da parte del Paese in cui la banca risiede: quindi la Germania - e la Francia - potrebbero effettivamente salvare le loro banche coi nostri soldi, che poi è lo scopo del loro gioco - e di quello del loro agente locale: il PD...)


3) Il MES potrà intervenire nei salvataggi delle banche (nota bene, non dei risparmiatori perché prima va fatto il bail-in) e non si può decidere di non farlo. Se una grande banca tedesca o francese va in crisi il MES interviene e i soldi degli italiani verranno usati per pagare i suoi creditori.

(...dicevamo appunto! La novità principale della riforma è questa: l'impiego del MES come sostegno [backstop] del Fondo di risoluzione unico. Attenzione: qui la parola chiave non è "sostegno"! Il MES era già uno strumento di sostegno alla stabilità finanziaria dei Governi, cioè, in parole povere, il suo intervento era previsto e codificato sotto forma di prestiti condizionati [come quelli del PNRR] a Paesi che avessero difficoltà a rinnovare il proprio debito pubblico sui mercati. L'innovazione è il sostegno al Fondo di risoluzione unico, e per apprezzarne il significato è indispensabile capire che cosa sia la risoluzione bancaria. Molto in sintesi, la risoluzione bancaria, secondo pilastro dell'unione bancaria disciplinato dalla Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), cioè dalla Direttiva 2014/59/EU del Parlamento e del Consiglio, è una procedura che disciplina i casi di dissesto bancario prevedendo che la necessaria ricapitalizzazione avvenga a spese dei creditori della banca - e quindi anche dei risparmiatori - secondo un preciso ordine di priorità che parte dagli azionisti e arriva ai depositanti [per i depositi superiori ai 100.000 euro]. Se e solo se queste risorse - cioè i risparmi - non sono sufficienti a ripristinare un livello di capitale accettabile per la prosecuzione dell'attività, la banca può attingere al Fondo di risoluzione unico o SRF [Single Resolution Fund], amministrato da un Comitato di risoluzione unico [Single Resolution Board], in questo momento diretto da un francese, Dominique Laboureix. Il fondo è stato costituito con contributi del settore bancario lungo un periodo di otto anni terminato appunto quest'anno. Il 7 luglio scorso ha raggiunto la consistenza di 77,6 miliardi di euro. Nonostante le apparenze, alla luce di recenti fatti di cronaca non è una cifra enorme, e questo motiva l'intenzione di affiancarle come meccanismo di "ultima" istanza il MES. Le virgolette però ci stanno: in analogia a quanto sosteneva Garavaglia nel 2013 con riferimento al sostegno al debito pubblico, in realtà anche l'affiancamento del MES al SRF non è risolutivo. L'unico vero salvatore di ultima istanza è la banca centrale. Se dovesse scoppiare una reale crisi sistemica, il ricorso alla BCE sarebbe inevitabile, e questo pone l'oggettivo tema politico di quanti sacrifici imporre a quali risparmiatori prima di fare la cosa giusta. Non sono io a dirlo: è il direttore del SRB al Financial Times:


Come vedete, Laboureix da un lato dice che "nella maggior parte dei casi" può farcela con le sue risorse, ma poi chiede, per assicurare un intervento tempestivo in tutte le possibili circostanze, che la BCE possa intervenire, cosa che nell'attuale ordinamento è impossibile. E, attenzione: non è scritto solo in un'intervista, che, anche se del FT, può travisare o strumentalizzare con la tecnica del "virgolettato" e l'alibi della "sintesi giornalistica". Per inciso, ricordo che il FT è questa roba qui:


cioè roba da commedia all'italiana. Meglio non fidarsene troppo, quindi, ma c
he alla fine in caso di crisi si dovrebbe ricorrere alla Banca centrale, come in ogni Paese civile, è scritto anche in documenti ufficialissimi, come il Rapporto semestrale del Comitato di risoluzione unico all'Eurogruppo, nella cui ultima edizione si legge che:


ovvero che nel caso in cui ci vada di mezzo una GSIB (traduzione: Global Systemically Important Bank, ad esempio Deutsche Bank, o Société générale, ecc.) l'Eurosistema (traduzione: la BCE) dovrebbe intervenire.

Spero che così sia chiaro di che cosa stiamo parlando, e in particolare sia chiaro che stiamo parlando di una cosa che nella migliore delle ipotesi è inutile - perché in ogni caso alla fine deve intervenire la BCE - e che nella peggiore delle ipotesi serve a socializzare, prima dell'intervento della BCE, parte delle perdite di banche altrui. Con questo spiegone preliminare, passiamo a vedere in quali punti del testo riformato questa roba viene messa su. I passaggi principali sono nei considerando 5-bis e 15-ter, e nei (nuovi) articoli Art. 3.2, Art. 5.6 lettera g bis, Art 12 comma 1-bis, Art 18-bis, Art 20 comma 2 e Allegato IV. Gli interventi più corposi sono nel considerando 5.bis, che è interessante perché ci racconta che anche questa malapianta europea ha radici lunghe:



Il considerando 8-bis non ha testo a fronte - perché ovviamente essendo un "bis", cioè una parte aggiuntiva, mancava nel vecchio Trattato - e ci rammenta che la bella idea di utilizzare il MES per il salvataggio delle banche è stata affermata il 29 giugno 2018 al Vertice euro in formato inclusivo. Per farvi capire, io ero Presidente di Commissione finanze da otto (8) giorni, mi stavo occupando di capire quale fosse il mio ruolo e di formare il mio staff, ma naturalmente la macchina andava avanti, la macchina va sempre avanti [e questo è uno dei motivi per cui è essenziale tenere coinvolti i colleghi delle legislature precedenti nei vari uffici di presidenza, e spiace molto che ci sia qualche pdm che polemizza anche su questo: solo con l'esperienza dei colleghi al corrente dei dossier si può sperare di evitare scivoloni pericolosi lungo il piano inclinato europeo: ma nel 2018 non avevamo questo patrimonio di esperienza cui attingere]. Il succo della questione è esposto dall'articolo aggiuntivo 18-bis del Trattato riformato:


Ripeto: è un articolo aggiuntivo (-bis), cioè tutta questa roba nel Trattato originario non c'era, ed è tanta, tantissima roba. Ho voluto darvene evidenza anche tipografica: sono centinaia e centinaia di parole aggiuntive, e il fulcro della riforma è qui, non fosse che per meri motivi testuali. Per completezza - e prima di ragionare sui contenuti - vi segnalo anche l'allegato IV, che descrive i criteri per l'accesso al meccanismo di sostegno "bancario":


Anche qui, tanta roba. Gli altri interventi non sono bagatellari, ma dal punto di vista della tecnica legislativa prendono la forma dell'emendamento modificativo, perché sono più puntuali, e ve li riporto dopo. Ragioniamo intanto brevemente sui testi che vi ho riportato, per vedere come essi sostanzino l'affermazione del sornione Borghi secondo cui "Il MES potrà intervenire nei salvataggi delle banche (nota bene, non dei risparmiatori perché prima va fatto il bail-in) e non si può decidere di non farlo. Se una grande banca tedesca o francese va in crisi il MES interviene e i soldi degli italiani verranno usati per pagare i suoi creditori.".

Partirei dalla fine. 

Il favor verso Germania e Francia emerge chiaramente dal fatto che l'accesso al "backstop" bancario non è soggetto a condizionalità macroeconomiche. Quindi, nonostante che anche il considerando 5-bis ricordi che "la condizionalità rimane uno dei principi di fondo del presente Trattato e di tutti gli strumenti del MES", quando nell'allegato IV si definiscono i "Criteri di approvazione dei prestiti e versamenti tramite il dispositivo di sostegno" si evita accuratamente di citare i parametri di Maastricht o qualsiasi altra condizionalità di tipo macroeconomico, semplicemente perché se lo si facesse Germania e Francia resterebbero anch'esse fuori, con le loro banche farcite di asset illiquidi. Questo chiarisce che la riforma è tailor-made per il salvataggio delle loro banche

Quanto al fatto che, come dice il frettoloso Borghi, "prima va fatto il bail-in", questo non andrebbe nemmeno specificato, è pleonastico se si parla di risoluzione, proprio perché come vi ho ricordato sopra citando le fonti (in particolare la BRRD), la risoluzione in re ipsa interviene solo dopo la tosatura dei risparmiatori. Tuttavia, pe' nun fasse mancà ggnente, l'art. 18-bis al comma 9 lettera b (che ho riportato sopra ma vi metto qui in evidenza) ricorda che:

in modo che sia altresì chiaro che "non si può decidere di non farlo". Precisazione inutile a chiunque sia familiar with the matter, cioè non agli europeisti e ai piddini, ma utilissima a chi volesse contestare ai piddini affermazioni del tipo "la riforma aiuta i risparmiatori".

Quindi sì, il pigro Borghi ha pienamente ragione, ed è per questo che nonostante in Italia le merdacce non manchino, come abbiamo visto nel corso di lunghi anni, nessuno, dico nessuno, si è azzardato a contestargli questa affermazione che è puro vangelo...)


4) Il nuovo trattato MES scrive chiaramente che in caso di intervento sarà possibile prevedere un taglio del valore dei titoli di Stato in mano ai risparmiatori.

(...ci scostiamo un attimo per tornare all'eterno tema del #debbitopubblico. Sì, è così: il taglio del valore dei titoli è previsto, ma in effetti lo era anche dal Trattato precedente, e lo troviamo in particolare nel considerando 12:


La "partecipazione del settore privato" o PSI (private sector involvement) sta al debito pubblico come il bail-in sta al debito privato: sostanzialmente, significa che il risparmiatore-creditore del debitore pubblico deve accettare di farsi dare indietro meno soldi di quelli che ha prestato. In altre parole, il PSI è una ristrutturazione del debito, un default, un mancato rimborso, ed è su questo "considerando" che si appoggia l'affermazione che avrete sentito secondo cui lo scopo della riforma è quello di favorire il "default controllato" del Governo italiano mantenendolo (o per mantenerlo) all'interno dell'Eurozona. Notoriamente, questo è il sogno bagnato dei politici demagoghi e falliti del Nord (i "frugali"), quelli che finora hanno venduto ai rispettivi elettorati l'idea che noi fossimo la causa dei loro problemi, e che finalmente, per fortuna, adesso si sono suicidati proponendo ai loro elettorati l'idea che una soluzione fosse il green! Il default dell'Italia veniva anch'esso venduto come soluzione, ma è piuttosto ovvio che lo sarebbe ancor meno del green: comporterebbe una contrazione della domanda interna (perché ci sarebbe un effetto ricchezza negativo sulle famiglie), una serie di crisi bancarie (perché gli attivi di molte banche verrebbero tagliati proporzionalmente), con effetti di contagio anche sugli scemi che ci avessero voluto avviare su questa strada. Questo fatto è così evidente che perfino Giampiero Galli, uno dei tanti economisti di regime a basso h-index 
che ci vennero scagliati contro negli scorsi anni:


cioè uno gli antesignani degli attuali virologi (ma questo i punturini non lo sanno...), non può negarlo e pur fra goffe contorsioni logiche afferma con argomenti tutto sommato accettabili per un economista oggettivamente così poco qualificato (con solo tre pubblicazioni Scopus oggi un concorso non lo vedi neanche col telescopio Hubble) che il default non sarebbe una soluzione:


Per inciso: credo di poter dire che uno il cui h-index è un quinto del mio sia meno qualificato di me:

Ma non voglio rifugiarmi nel principio di autorità come un Prodi qualsiasi...)


5) Il nuovo trattato MES obbliga ad inserire nei titoli di Stato delle clausole (cosiddette CACS) che ne rendano più facile il taglio del valore.

(...la vera novità tossica in materia di debito pubblico, cioè il vero elemento nuovo che punta dritto verso l'idea di favorire il default controllato, in realtà è questa. Purtroppo è una novità un po' tecnica, ma il tecnicismo non è inaccessibile. Intanto, partiamo dal testo:


Ecco qua: la novità è nel testo riformato del considerando 11. Per capire di che cosa si tratta - e anche per sovvenire ad alcune difficoltà causate dalla necessaria sintesi dell'eroico Borghi - dobbiamo tornare un attimo
back to basics. Quando si instaura un rapporto contrattuale, quale ad esempio un prestito, non è possibile per una parte violarlo senza incorrere in conseguenze legali. Anche nel famoso stornello romano, il "nun te pagamo" è preceduto da un "ci hai messo l'acqua": al tribunale della fraschetta l'avventore contesta all'oste una violazione dei termini contrattuali (portare vino non annacquato) e in virtù di questa violazione come misura cautelare "nun paga" (per inciso, l'Italia sarebbe un Paese migliore se alla guida della Banca centrale nazionale ci fosse Lando Fiorini...). Quanto precede è per farvi capire che anche la bancarotta di uno Stato - cioè il default sul debito pubblico - esattamente come una procedura concorsuale privata deve essere assistita da un accordo fra il debitore - lo Stato - e il creditore - i privati, "coinvolti" loro malgrado. Capite così perché il Trattato riformato contenga un nuovo considerando, l'11-bis, il quale specifica che:

"Favorire il dialogo" aka "dimensionare il cetriolo per i risparmiatori", tanto per capirci: ma il punto è che un accordo ci deve essere, perché altrimenti i creditori cui il Governo decide di restituire di meno potrebbero fargli causa con strascichi legali infiniti. Normalmente, quando c'è di mezzo un Governo, che di creditori ne ha uno stuolo, l'accordo fra debitore e creditori può prevedere che l'adesione a una ristrutturazione sia decisa con votazioni a maggioranza: se la maggioranza dei creditori è disposta a farsi dare poco, l'alternativa essendo il rischio di non ottenere niente e andare in causa, il debitore-Governo restituisce poco a tutti. Ovviamente c'è il problema dell'holdout: un certo numero di creditori può decidere di tenersi fuori dall'accordo per cercare di bloccarlo, il che intralcia il default, rendendolo più macchinoso. E qui si arriva al tecnicismo: la riforma del Trattato MES prevede che i titoli di Stato emessi dai Paesi membri comprendano delle Clausole di Azione Collettiva (CAC) a votazione singola (single limb), ovvero in cui l'accordo non viene preso titolo per titolo, ma sul complesso dei titoli emessi. Come è noto e come ci conferma autorevolmente la Bce queste CAC "rafforzate" minimizzano lo holdout problem e quindi facilitano il default controllato (il "taglio del valore"):


Si può discutere se facilitare il default sia una cosa buona o cattiva. Un precedente direttore del Tesoro cercò di convincermi che era una cosa buona: riuscì solo a convincermi che rinnovare lui sarebbe stata una cosa cattiva - una delle tante fatte da Draghi, by the way, ma evitata da Meloni. Spiaze. Però, buona o cattiva che sia (e ovviamente se è buona per qualcuno sarà cattiva per qualcun altro) l'adozione delle single-limb CACs è quella cosa lì: agevolare il taglio delle somme da restituire ai risparmiatori. Contestarlo è impossibile: lo dice la Bce, motivo per cui le merdacce stanno mute. Aggiungo un dettaglio, questo:


Il considerando 11-ter, un aggiuntivo presente solo nel testo riformato, insiste su un principio generale: il MES non può buttare soldi - e questo è pacifico - quindi può salvare solo Governi che abbiano difficoltà di accesso al mercato, che abbiano una crisi di liquidità, ma il cui debito sia sostenibile. Ora, il fatto che questi alti e nobili propositi siano stati ribaditi come aggiuntivi del considerando 11, quello sulle CACs, ha portato alcuni maliziosi a concludere che ad un Paese come il nostro, laddove fosse costretto ad accedere al MES per qualche motivo - e un motivo potrebbe essere la ratifica del MES, come vedremo sotto - potrebbe essere chiesto di fare default, cioè di non rimborsare parte del debito, proprio per renderlo sostenibile e potersi quindi qualificare per l'accesso al MES. Un simpatico circolo vizioso, come vedete...)


6) Se il MES fosse operativo, in caso di crisi sui mercati, vedi ad esempio durante la pandemia, la BCE non interverrebbe più lasciando invece azionare il MES con tutte le conseguenze del caso.

(...questa affermazione va un po' qualificata, perché messa così rischia di essere fuorviante. Vi ho spiegato sopra che questo è uno dei tanti casi in cui l'arma degli ordoliberisti, il TINA -There Is No Alternative - si rivolge contro di loro. Se scoppia un problema serio, TINA! Non c'è alternativa al ricorso alla BCE. O meglio: l'alternativa c'è (cit.) ed è che salti tutto per aria. Quindi l'alternativa non c'è. Qui, dove non abbiamo esigenze di sintesi come nel cesso azzurro, riformulerei nel modo seguente: la presenza del MES fornisce il pretesto per ritardare, scaricando inutili sacrifici sui cittadini dei Paesi che si intendono tosare, l'inevitabile intervento della BCE. Questa illusione ottica vale in realtà anche per il MES attuale, ma il MES riformato la amplifica per motivi che dovrebbero esservi chiari se siete giunti fino a qui...)


7) Il MES diventerebbe una specie di "agenzia di rating" con il potere di decidere sulla sostenibilità o meno del debito. In pratica potrebbe causare una crisi dichiarando a suo piacimento che un debito è insostenibile.

(...la base fattuale di questa affermazione si aggancia al considerando 11-ter, che abbiamo appena visto. I popoli fregàli (sic) giustamente non intendono investire soldi per tener su una "zombie economy", e quindi nella loro illuminata concezione il MES non può sostituirsi ai mercati laddove il debito pubblico di un Paese sia comunque insostenibile. In termini astratti il principio è condivisibile: prolungare un'agonia o risolvere un problema non sono esattamente la stessa cosa, anzi, si potrebbe pensare che siano due cose esattamente opposte. Le intenzioni quindi sono buone, ma naturalmente in economia non ci sono pasti gratis. A questo considerando si agganciano in particolare due pezzi di testo riformato: l'art. 3 comma 1:


che stabilisce fra gli obiettivi del MES anche quello di valutare la sostenibilità del debito pubblico dei suoi membri, e l'art. 13 comma 1 lettera b del testo riformato:


che stabilisce che una volta ricevuta una domanda di sostegno alla stabilità il MES deve valutare la sostenibilità del debito pubblico del Paese richiedente. Ora, qui bisogna fare attenzione, perché il tema è piuttosto sottile. Innanzitutto, è vero che il MES avrebbe fra i suoi compiti quello di assegnare una sorta di rating agli Stati membri. Tuttavia, per capire bene quali conseguenze questo fatto possa avere, dobbiamo anche interrogarci su quali siano gli scopi dichiarati e quelli reali del MES. Lo scopo reale è quello di mettere il nostro Paese sotto memorandum, cioè di far decidere alla Troika come possiamo spendere i nostri soldi a casa nostra (uno scopo peraltro già largamente conseguito col PNRR, con l'unica differenza che nella valutazione del "memorandum" non è coinvolto l'FMI). Ma attenzione! Sotto memorandum ci vai se accedi al MES, e al MES puoi accedere solo se il tuo debito è sostenibile! Quindi per conseguire il loro lurido scopo, paradossalmente, gli istigatori del MES dovrebbero assegnare al debito italiano una patente di sostenibilità. Altro sarebbe se il debito venisse dichiarato insostenibile dal MES. Un giudizio simile scatenerebbe una tempesta ulteriore sui mercati - nella misura in cui questi ritenessero attendibile la valutazione di un simile organismo - ma precluderebbe l'accesso al MES! Ovviamente c'è un altro caso, il peggiore: quello in cui il MES dichiarasse insostenibile il debito italiano, scatenando una tempesta sui mercati, salvo ritenerlo sostenibile purché venisse fatto un "haircut", cioè purché venissero tosati i risparmiatori. Siccome la legge di Murphy esiste, e lotta contro di noi, possiamo tranquillamente pensare che lo scenario sarebbe questo. Molto però dipende dalla correttezza del MES stesso, cioè dalla riservatezza con cui gestirebbe le proprie valutazioni di sostenibilità. In fondo, non è detto che ci debbano necessariamente essere fughe di notizie con esiti devastanti, no? Certo che no. Ma c'è un problema. Se ci fossero:
)


8) I dirigenti del MES, a fronte di questi poteri enormi (il direttore potrebbe chiederci il versamento del capitale impegnato, oltre centodieci miliardi in una settimana), sono esenti da qualsiasi giurisdizione (davvero, c'è scritto proprio così). Non gli si potrà far causa, non dovranno rendere conto a nessuno delle loro azioni, nessuna autorità può violare gli uffici del MES, i loro stipendi sono esentasse.

(...ecco: ad esempio se un dirigente del MES lasciasse trapelare un'informazione market sensitive come quella che - poniamo - il debito pubblico italiano sarebbe insostenibile, nessuna CONSOB e nessuna ESMA potrebbe fargli niente. L'unica corte cui adire sarebbe questa, nel cui verdetto non possiamo che avere fede, ma che ci lascerebbe alle prese con l'annoso problema dei tempi della giustizia.

Ma anche qui vediamo la base legale.

Il tema della richiesta di capitale è disciplinato dall'art. 9 del Trattato originale, che non è stata riformato, e si presenta così:


Le richieste di capitale sono di tre tipi e vengono stabilite da tre diversi organi decisionali (il consiglio dei governatori, il consiglio di amministrazione e il direttore generale): per evitare problemi coi piddini è opportuno addentrarsi un minimo nei tecnicismi.

Il consiglio dei governatori (board of governors), che è l'organo decisionale più importante, disciplinato dall'art. 5 del Trattato, è costituito dai ministri delle finanze dei Paesi membri (quindi per noi in questo momento partecipa il ministro Giorgetti) e presieduto dal presidente dell'Eurogruppo (quindi in questo momento da Paschal Donohoe) può chiedere in qualsiasi momento il pagamento del capitale non ancora versato assegnando un congruo termine di tempo - quindi non una settimana. Questa decisione deve essere presa "di comune accordo", secondo l'art. 5 comma 6 lettera c:


quindi in linea di principio basterebbe l'opposizione di un Paese importante come l'Italia a ostacolarla.

C'è però un altro tipo di richiesta che non è sottoposta al vaglio di esponenti politici e deve essere onorata entro sette giorni, quella descritta dall'art. 9 comma 3: il direttore generale, quindi ora Pierre Gramegna, può richiedere entro il termine di sette giorni il versamento del capitale autorizzato non versato se questo è necessario a evitare che il MES risulti inadempiente rispetto ai prescritti obblighi di pagamento nei confronti dei propri creditori - cioè di chi ha prestato soldi al MES, che in quanto fondo si finanzia anche emettendo titoli sul mercato. Il capitale versato dagli Stati, cioè, viene posto a garanzia delle somme raccolte sui mercati. Una situazione in cui venga chiesto un contributo rilevante per salvare il fondo salva-Stati può sembrare paradossale, ma non è impossibile, altrimenti non sarebbe stata normata, e non è nemmeno implausibile se, come ci siamo detti, le dimensioni del Fondo sono comunque esigue rispetto all'ordine di grandezza che una crisi sistemica potrebbe assumere.

A questi grandi poteri, in contraddizione con quanto abbiamo imparato guardando l'Uomo Ragno, non corrispondono grandi responsabilità, anzi!


L'art. 35 stabilisce l'immunità dei funzionari del MES, e l'art. 32 comma 4 e seguenti un'altra interessante serie di prerogative:


Insomma: nessun tribunale di nessun Paese potrà mai perquisire alcun locale del MES per capire chi e perché avrà preso certe decisioni...
)


9) La soglia della maggioranza qualificata, 80%, usata per numerose situazioni, è calibrata in modo da lasciare fuori l'Italia (che "pesa" il 17% mentre Germania (27%) e Francia (21% 🙄) guarda caso hanno quote sufficienti per diritto di veto assoluto.

(...allora: su diritti di voto e maggioranze qualificate l'articolo rilevante è il 4, nei commi dal 4 al 7:

Come dice l'art. 4 comma 7, i diritti di voto sono pari al numero di quote assegnate, specificate nell'Allegato 2:


quindi, ad esempio, l'Italia ha 1253959/7047987 = 17,79% dei voti, il che significa che non può bloccare decisioni prese con la maggioranza qualificata dell'80%, ma può bloccare quelle prese con la maggioranza qualificata dell'85% (decisioni urgenti ai sensi dell'art. 4 comma 4). Le decisioni che l'Italia non può bloccare non sono banali, perché riguardano ad esempio la
governance del Fondo, cioè la scelta del Presidente e del direttore generale. In sintesi, questa struttura dei diritti di voto garantisce che il MES sarà sempre a trazione franco-tedesca, se pure con la possibilità per l'Italia di porre il veto su certe decisioni...)


10) Non è vero che si può ratificare ma non usare il MES. Una volta attivate le modifiche esse diventano direttamente impegnative, vedi salvataggi banche, e se l'Italia perdesse l'accesso ai mercati non ci sarebbe nessuna scelta possibile se non farne uso.

(...in effetti, una volta ratificata la versione riformata del Trattato ci si espone in re ipsa al rischio di essere chiamati a contribuire ai salvataggi bancari altrui, col simpatico paradosso che chi ci ha impedito, in nome della concorrenza, di salvare coi nostri soldi privati le nostre banche, ci imporrebbe, in nome della solidarietà, di salvare coi nostri soldi pubblici le banche altrui. Un boccone un po' indigesto. Ma c'è di peggio. La funzione di "agenzia di rating" assegnata al MES potrebbe anche essere utilizzata in modo strumentale per suscitare allarme sui mercati circa la sostenibilità del nostro debito, con le qualificazioni che abbiamo fatto sopra. Se l'Italia perdesse l'accesso ai mercati, per consentirle di ricorrere al proprio sostegno il MES dovrebbe dichiararne il debito sostenibile, ma per non contraddire le proprie valutazioni sarebbe portato a imporre prima un haircut. Il rischio sostanziale è questo. Siamo troppo diffidenti? Può darsi, ma quando si tratta di "salvataggi" un minimo di diffidenza è di rigore, dati i precedenti. Vi ho spiegato qui per filo e per segno, il primo aprile 2015, che il valore del moltiplicatore keynesiano ipotizzato dal Fmi per definire le politiche di austerità in Grecia era totalmente implausibile, cioè che il Fmi sapeva che l'austerità avrebbe rovinato la Grecia. Tre anni dopo gli autori di quel bel risultato hanno confessato in diretta mondiale:


Sapevano che i moltiplicatori erano sbagliati, erano troppo piccoli, e che quindi gli effetti devastanti dei tagli alla spesa greca sarebbero stati sottostimati, ma sono andati avanti ugualmente, i volenterosi carnefici dell'austerità! Il mondo dei "salvatori di Stati" è popolato da questa antropologia: che abbiano h-index stellari o insignificanti (nella figura avete esempi di entrambi i casi), l'antropologia di questi mandarini è molto distante dalla comune accezione di umanità. Gente simile non ci offre, ahimè, nessuna garanzia, e mettere a sua disposizione i meccanismi perversi che vi ho documentato si rivelerebbe fatalmente un errore
...).


In sostanza il MES è uno strumento di dominio e di sottomissione, non porta NESSUN VANTAGGIO per l'Italia, meno che mai nella nuova  versione. 

Non va ratificato perché non è nell'interesse dell'Italia e la ratifica non è assolutamente un atto dovuto bensì un fondamentale passaggio nell'accettazione di un trattato.


Link utili

Il testo del nuovo trattato MES (ma è più utile il testo a fronte che avete qui).

Il tweet con le risposte di Borghi agli articoli pro MES dei media mainstream.

La spiegazione di Borghi della lettera mandata dal MEF alla commissione esteri sul MES (la mia spiegazione è un po' diversa, se occorrerà ne parleremo).

La dettagliatissima pagina sul MES di Lidia Undiemi (che sarà al #goofy12).

Intervista sul MES del Prof. Alessandro Mangia, Professore Ordinario di diritto Costituzionale dell'università Cattolica di Milano.

Interventi di Borghi in TV, alla Camera, ancora alla Camera.

I post sul MES di questo blog.


(...dice: ci hai trascurato! Eh, sì, lo so! Ma una volta le dodici ore necessarie per scrivere un post tecnico come questo le trovavo in una giornata. Ora, se va bene, in dodici giornate. E venire qui solo per scambiarsi il buongiornissimo caffè non ha molto senso, ne converrete. Buona lettura e a presto...)