L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
(...c'era una volta un imprenditore di sinistra. Poi nel frattempo siamo diventati amici, lui ora è rossobruno, e questo post è suo, anche se i grassetti sono miei...)
È di nuovo Rocky
Horror Show.
Teatro, Milano.
Ti siedi, assisti allo spettacolo, ti diverti.
I cantanti
cantano, il pubblico partecipa: una grande messa rock.
Gli anni ’70, la
trasgressione, la liberazione dalle convenzioni.
Un protagonista
muscoloso, calze a rete e giarrettiera, alieno, ingrifato. Amore libero,
poliamore, fluidità. Tutto il menu, tutto er cucuzzaro.
Mentre vai a casa
ti chiedi: che rimane di tutta quell’energia, di quei ragazzi, di quegli anni
che hai mancato per un soffio, un soffio troppo giovane.
Sentiranno di
aver vinto o si sentiranno traditi dal futuro?
Io mi sentirei
tradito. Io mi sento tradito.
Racconti un
momento perfetto, fermo nel tempo. La bellezza breve e potente della gioventù,
la libertà.
La voglia di
cambiare le cose, di strappare ogni convenzione e andare avanti.
La sensazione di
poterlo fare.
Ma forse non è
andata come t’aspettavi.
Forse sei stato
avventato: nell’ansia di avere di più ti sei dimenticato di quello che avevi.
Hai creduto che
“diritti acquisiti” significasse “acquisiti per sempre”.
Forse ti sei
distratto, forse ci avevi judo. Magari non sei andato agli allenamenti, hai
trasgredito pure là. E forse hai fatto una cazzata.
Perché quegli
altri, a judo, sembra che abbiano continuato a andarci. Si sono applicati,
hanno tradito lo spirito ma hanno assorbito le movenze e l’istinto.
Che si riassume
in “ti do tutta la corda che ti serve per impiccarti”.
Ti hanno fatto
intendere che avresti vinto alla grande, che i nuovi diritti civili sono tutto
e che stai cambiando il mondo.
Vuoi il
matrimonio gay, il LGBTQIAPK , vuoi riformare anche la lingua (la presidenta) e
gli abeccedari (non si osi insinuare che un immigrato - migrante, chiedo scusa -
possa essere illegale). Avrai tutto
questo, avrai anche di più: ti finanziano le marce e i giornali “progressisti”.
Insieme a te si scaglieranno contro chi non capisce.
Quello che tu non
hai capito, però, è quello che ti ha fregato:quando tu spingevi, loro tiravano. Come a judo.
Ti hanno fregato
con le tue forze.
Pensavi di
correre su un rettilineo della storia, dove tutto procede sempre in avanti.
Loro hanno
apparecchiato la rotonda del mercato: giri e torni indietro, quello che prendi
lo paghi.
E la moneta, pure
qui, non la decidi tu. Sanno (loro: tu ancora non l’hai capito) che se
controllano la moneta, prima o poi controlleranno anche il prezzo di ogni cosa.
Un diritto per un
diritto: ti danno cose che (a loro) costano poco in cambio di cose che (per te)
valgono tanto. Ma anche questo non lo stai capendo.
(Fammi
parafrasare, Alberto: “se non puoi svalutare la moneta, svaluti i diritti…”)
Quindi lo vuoi,
il matrimonio gay?
Difficile, ma si
può fare. Intanto ti tagliano la manutenzione delle strade, i fondi alla scuola
pubblica (è l’austerità, ma tanto è bella).
Vuoi il reddito
di cittadinanza? Grande idea: moderna, progressista, inclusiva, lo avrai. Ma
sbriciolano la sanità universale (è spreco, ma tanto è brutto).
Ti ritroverai
quattro soldi in tasca. E un giorno può essere che guarderai la vetrina di un
ospedale privatizzato: un menu di cure che in gran parte non ti potrai pagare.
Vuoi lo jus soli?
Stai avantissimo, o forse no: tutto quello che dirai, compreso imagine there’s
no countries, lo useranno contro di te.
Si riprendono lo
Stato, un pezzo alla volta. E, quando ce l’avranno fatta -col tuo aiuto, genio-
te la vedrai di nuovo con loro, direttamente, senza filtri.
Ogni giorno, su
ogni cosa.
Non ti sei fatto
una domanda banale, nell’ansia di “progredire”: i diritti, tutti i diritti,
dove si esprimono, senza Stato?
Sai come finisce
il Rocky Horror Show, Alberto?
“E striscianti
sulla superficie della Terra, degli insetti, chiamati 'la razza umana'... Persi
nel tempo. Persi nello spazio. E nel significato."
Il dubbio gli era
venuto, dunque.
(...ah, io non lo so, non mi intendo di queste robe moderne. So solo che la colpa seguirà la parte offensa in grido, come suol, ma la vendetta fia testimon al ver che la dispensa... Oggi sono un po' vandeano, mi scusino...)
...che poi, scusate, se il vantaggio di entrare nell'euro fosse stato che il calo dei fatturati, e in particolare dell'export (vincolo esterno), avrebbe stimolato le imprese ad essere più produttive, se la logica fosse veramente questa, un po' autoritaria, del mettere in difficoltà la gente perché reagisca con uno scatto di orgoglio, credo che a tutti dovrebbe immediatamente venire in mente una riflessione ovvia! Una uguale necessità di stimolare la produttività per rilanciare i fatturati si sarebbe avuta se, a parità di altre condizioni, non fossero state fatte tante riforme il cui scopo, in definitiva, era quello di abbattere il costo del lavoro! La necessità di far "rendere" di più un lavoratore che ti costa il giusto (vincolo interno) avrebbe ugualmente stimolato l'imprenditore a adottare tecnologie più produttive, a competere veramente sul piano dell'innovazione e della ricerca. Il lavoratore pagato il giusto avrebbe poi potuto anche comprare il giusto (alimentando la domanda interna). Invece si è scelto di penalizzare la nostra impresa sui mercati esteri per penalizzare i nostri lavoratori sui mercati interni ("fatti pagare di meno o chiudiamo..."), col risultato di penalizzare le nostre imprese sui mercati interni. Ora, la maggior parte delle nostre imprese da sempre si rivolge al mercato estero. Siamo un paese esportatore perché dipendiamo dalle materie prime estere, che non si possono acquisire se non si esporta. Questa è storia. Poi c'è l'attualità: il paese sta morendo, ma siccome all'estero un po' di ripresa c'è, alcuni imprenditori vivono la piacevole illusione ottica di godersi i meritati risultati del loro sforzo, mentre, in realtà, quelli che stanno godendo sono i risultato del loro sforzo e delle altrui politiche economiche, meno autolesioniste della nostra, che fanno sì che i loro clienti esteri abbiano ancora soldi per pagare. Ma un'impresa può campare solo sull'estero? Detto in altri termini: possono resistere cellule sane in un tessuto economico e sociale che tende alla necrosi? Sicuri? La vita non è fatta solo di clienti col portafoglio temporaneamente pieno perché sono dalla parte giusta dell'Europa. C'è anche dell'altro, ma cosa sia rinuncio a spiegarlo (e non sto parlando di valori morali, ma di cose molto concrete): se chi ha necessità di capirlo potesse farlo, spiegarlo sarebbe inutile perché avrebbe già capito. La scelta di privilegiare il vincolo esterno (la compressione dei fatturati, e quindi delle retribuzioni) rispetto a quello interno (la difesa delle retribuzioni) è una scelta politica, che risponde a precisi interessi distributivi: quelli di chi vuole che i salari calino, fottendosene se questo uccide il paese, perché tanto all'estero qualcuno che compra c'è. Quando un'impresa ragiona così, da organo diventa tumore. E il tumore, poverino, fa una brutta fine: uccide il corpo che lo ospita, pensando di essere furbo, salvo poi accorgersi, a decesso avvenuto, che la morte del corpo è la morte di tutte le sue cellule: tumore incluso. Alcune imprese hanno potuto salvarsi dal declino italiano andandosene: ma non a tutte sarà dato questo. Ovviamente, la colpa sarà sempre delle tasse, del Sud fannullone, della burocrazia, degli altri.
Mai della propria incapacità di vedersi come cellule di un organismo.
Un giovane e volenteroso collega mi invita a un dibattito sull'uscita. Io, un po' écoeuré dall'ultimo dibattito cui ho partecipato, declino, e lo invito affettuosamente a pensare alla salute. Per farvi capire cosa intendo, allego disegnino:
Quando pensavo (se mai l'ho pensato) che potesse essere un assalto alla baionetta, alla salute ci badavo meno. Ma dopo aver constatato quanti volenterosi imbecilli remano contro, ho compreso che questa è una guerra di logoramento, e ho modificato le mie abitudini. Se con 82 chili avevo i trigliceridi a 370 e con 77 chili li ho a 170, a quanto devo scendere per rispettare i parametri di Maastricht?
Ci vediamo fra un paio di chili!
(...sarà la prima volta che arrivo al goofy con un fisico minimamente in forma...)
Da: "Un imprenditore estero" Per: "Un'azienda italiana" Data: cinque giorni or sono Oggetto: RE: RE: ADVANCED PAYMENT ABOUT YOUR ORDER
Hello Giancarla. Sorry, I should have been more specific. Foreign exchange, in general, is very difficult to obtain presently in Perla dei Caraibi (o similare paradiso tropicale). This is due to the extremely low oil and gas prices, on which we depend. This being said, we must utilize any foreign exchange we receive (by allocation from our bank and Central Bank) in order of priority. As soon as we have sufficient allocation, we would then remit to you. I hope that you understand. Regards, Un imprenditore estero.
(...avete presente quei saccenti complessati, un po' nerd, un po' chierichetto,che prima che arrivassi io pontificavano dai loro blogghetti demmerda rivendendo ai boccaloni la loro saggezza convenzionale di "treider" di mizzio? Avete presente quegli anchormen, più anchor che men, visto che stanno tirando a fondo le emittenti dalle quali sparano raffiche di cazzate, pagati, peraltro, coi soldi nostri - perché il mercato è sempre troppo poco per gli altri, ma per se stessi si preferisce andare sul sicuro? Quante volte abbiamo sentito questi insigni cretini, questi ignoranti, questi vertici di autoreferenzialità, così immersi nel loro delirio autistico da vivere in completo isolamento sia rispetto al mondo reale, sia rispetto alla letteratura scientifica, affermare, facendo spallucce, che i movimenti di capitali non possono essere controllati, che sarebbe autarchia, che sarebbe impossibile, che "non lo permetterebbero" (chi? Chi non può permettere cosa a un paese sovrano?). A nulla serviva citare a questi insigni cialtroni, a questi emeriti beoti, a questo cancro della democrazia, a questi disinformatori prezzolati, gli studi del Fmi che dicevano come non solo i controlli dei movimenti dei capitali sono praticati nel resto del mondo, ma che chi li pratica se ne trova generalmente bene, ha resistito alla crisi ed è ripartito prima:
Del resto, se tuo figlio di tre anni fa un capriccio perché vuole il leccalecca, cosa fai, gli leggi Epitteto in greco? Lo scarto antropologico fra la feccia - perché per come si comporta ormai dobbiamo ammettere che di ciò si tratta - e chi, avendo dedicato la propria vita alla ricerca, porta argomenti nel dibattito, è tale da rendere impossibile ogni dialogo. Saranno spazzati via, perché gli imprenditori, che sono persone che ogni giorno hanno un nuovo problema da risolvere, ne hanno pieni i coglioni di farsi imbottire di falsità da quattro cialtroni che i loro problemi invece li hanno risolti alla grande e una volta per tutte coi soldi nostri, impancandosi a esperti di cose di cui visibilmente non sanno un beneamato nulla. Se editori poco scrupolosi fanno informazione in un certo modo, dando licenza di rutto libero a quattro scappati di casa, il pubblico si difenderà rivolgendosi altrove. Sta già succedendo, altrimenti non avrei il tempo di deliziarvi con questa tranche de vie, tratta da una storia rigorosamente vera. Li vedremo con gli scatoloni di cartone in mezzo a una strada, e non piangeremo per loro: avremo finito le lacrime, che, a differenza dei bigliettoni, non si possono stampare a comando...)
Fermi tutti! Nella discussione al post precedente, che immagino sarà breve, perché da discutere non c'è nulla (i dati sono dati) e sorprese non ce ne sono (Della Vedova è Della Vedova), è però emerso un elemento che a me sembra meritevole di essere affrontato in termini tecnici, posto che fra voi ci sia qualcuno in grado di farlo (io no). Questo:
Sapete che io vado a simpatie (a proposito, tu, sì, proprio tu che mi stai leggendo ora: sai che non mi sei mai stato simpatico?), e che il Gila mi è simpatico, però trovo la sua proposta geniale. Pensateci: (ci) siamo condannati a un sistema elettorale che ci obbliga a non votare mai "per" (a meno che non siate piddini), ma sempre "contro". Il punto è che per votare "contro" (ad esempio, alle prossime elezioni, per eliminare quella metastasi della nostra democrazia che è il PD), si è quasi sempre costretti a votare "per" qualcosa che non convince. Alla fine, la proposta di Gila almeno un vantaggio ce l'ha: si potrebbe votare contro senza doversi turare il naso! Il nome scelto da #DAP, poi, è semplicemente geniale!
Ora, prima del fantasmagorico voto elettronico una proposta simile era di difficile implementazione. Ma con il voto elettronico problemi tecnici non credo ce ne siano: ognuno avrebbe una unità, e potrebbe spenderla o a favore di un partito, o contro un altro partito. Ci sarebbe un effetto di disciplina doppio, perché il voto negativo penalizzerebbe direttamente il partito contro cui si vota, e indirettamente gli altri partiti, cui non si darebbe il voto. Si eviterebbe così che questi tengano condotte opportuniste: giocare contro il PD, oggi, è come rubare le caramelle ai bambini. Al prossimo giro magari riusciranno a difendere un 20%, o magari di più, ma il loro destino è segnato, come quello dei loro colleghi: proprio perché questo è evidente, chi formula programmi alternativi non deve fare un grande sforzo, e infatti non lo sta facendo.
Comunque, lo studio dei sistemi elettorali è una materia seria, e magari qualcuno avrà già analizzato e scartato qualcosa di simile. Io, per me, posso dire che se potessi contare sull'handicappellum, rinuncerei a rivolgere ogni giorno una preghiera al Signore affinché ci conservi Scalfari: non avrei bisogno di sapere da quest'ultimo chi votare per far indirettamente più male al partito di Repubblica (il PD), perché questo male potrei farglielo direttamente...
(...esaurita una serie di impegni più importanti, torno a occuparmi di un evento che ha suscitato in alcuni di voi una reazione emotiva tanto forte quanto ingiustificata. Le tesi sostenute da certi relatori durante il convegno de cujus non meritano tanto astio, ma solo una risata, o al massimo un'alzata di spalle, per quanto sono vetuste e apodittiche. Tuttavia, dato che certe cose sono state dette in una istituzione che si propone come scientifica, mi corre l'obbligo, da membro della comunità scientifica, di rettificare qui le più rilevanti imprecisioni. Lo faccio costruttivamente, da italiano che crede nel proprio paese e da cittadino dotato di senso civico, anche allo scopo di marcare la distanza dai politici ostili al proprio paese e scevri da senso di responsabilità. Della Vedova è il primo della mia personale shortlist...)
"...tu vai sul territorio e vedi che dal vino al formaggio ai macchinari sofisticati ai robot del distretto di Pisa un problema di euro sull'export, che sta crescendo al passo tedesco... In una cosa abbiamo tenuto il passo tedesco nel periodo della crisi: le esportazioni, in euro! Sia nell'area euro, che sono cresciute, sia fuori. Quindi, che all'Italia siano venuti danni, nel core business dell'export, su cui credo che questi governi abbiano investito con politiche importanti, io credo che non è così...".
(al minuto 2:20:35, anacoluti e congiuntivi del relatore).
Siamo alla vigilia di una campagna elettorale che, come le precedenti e le successive (finché starà in piedi il carrozzone di Bruxelles), farà "tremare l'Europa" (come dicono i gazzettieri), perché verterà, inevitabilmente, sull'Europa (nonostante i tentativi dei politici e dei gazzettieri di divertere l'attenzione del pubblico). Faccio questa premessa perché sto per darvi plastica rappresentazione di come i politici siano informati sull'Europa e sulle sue conseguenze: da qui capiremo quale potrà essere la qualità del dibattito che ci attende.
Altra premessa essenziale: do per scontato che vi rendiate conto di come la provenienza di Della Vedova da un partito fortemente filo-atlantico (i radicali) lo induca a difendere a spada tratta il più ambizioso progetto dell'imperialismo liberista USA: l'Unione Europea. Insomma: cosa Della Vedova voglia non è poi un mistero, né deve esserlo. Dato che lui è un politico, direi che il fatto che ciò che desidera sia noto mi sembra il requisito minimo perché chi lo voti sappia se i propri interessi saranno rappresentati! Against this backdrop, ci possono essere modi più o meno disinformati di difendere le proprie opinioni. Chi è affezionato a un minimo di onestà intellettuale dovrebbe chiedere ai politici, e in particolare ai propri politici, quello che abbiamo rinunciato a chiedere ai giornalisti, ovvero di esercitare sì il diritto alla propria opinione, ma senza arrogarsi il diritto ai propri dati. Questo sarebbe doveroso sempre, ma tanto più in dibattiti condotti in sedi scientifiche, perché in caso contrario si riverberebbe su queste ultime il discredito che affermazioni infondate necessariamente emettono.
L'imbarbarimento del dibattito italiano, dovuto in primo luogo alla scarsa deontologia professionale dei giornalisti (come qui mille volte abbiamo rimarcato), ha fatto delle importanti vittime collaterali, fra cui spiccano prestigiose istituzioni scientifiche, spesso onuste di tradizioni secolari, che sono scadute a livelli di una bassezza sinceramente inimmaginabile. Cito, come esempio eloquente (ab uno disce omnes), queste slides ospitate non si sa bene perché sul sito dell'Accademia dei Lincei, delle quali vi evidenzio in particolare la quindicesima (non che le altre siano molto migliori...):
Ditemi voi se è possibile che un uomo di scienza possa citare le copertine di un giornale in evidente conflitto di interessi come fonte autorevole per la valutazione del merito delle politiche di un governo nazionale! E questo, notate bene, commettendo un discreto falso storico, dal momento che, come ben sappiamo (e come era visibile già alla data in cui queste sorprendenti slides vennero pubblicate), le politiche di Monti non hanno risanato le finanze italiane, anzi!
Incrementando di più di un punto di Pil il surplus primario (barre arancioni), in presenza di un rapporto debito/Pil superiore al 100% (con le conseguenze esposte qui) e di un moltiplicatore largamente superiore a uno (come ormai la letteratura scientifica concordemente riconosce, e come qualsiasi economista non pre-keynesiano avrebbe tranquillamente detto anche prima), Monti ha peggiorato la situazione del debito pubblico italiano (linea nera), portandolo oltre il 130%, per cui, come tutti sanno e come molti hanno detto da subito, il calo dello spread non ha nulla a che vedere con il "risanamento fiscale italiano" (come suggerisce con un'impudenza che lascia esterrefatti, soprattutto per la sede in cui è riposta, il titolo della slide), ma dipende esclusivamente dal whatever it takes di Draghi.
Ecco: i Lincei li abbiamo persi. Proviamo a difendere la Treccani, che ha una storia meno lunga, e un ruolo più importante, in quanto istituzione con una missione divulgativa, nel formare la coscienza civile del paese. A questo scopo, qui mostrerò quale sia il fondamento fattuale e teorico dell'affermazione che l'on. Della Vedova, senza possibilità alcuna di verifica e di contraddittorio, ha profferito nel dibattito: quella secondo cui non ci sarebbe un problema di euro sull'export.
Parto dai dati: non da quelli cui l'on. Della Vedova crede di aver diritto, ma da quelli che le fonti statistiche ufficili riportano, cominciando dalla bislacca asserzione secondo cui non esiste un problema di euro perché le esportazioni stanno crescendo a ritmi tedeschi dall'inizio della crisi. I dati Eurostat in milioni di euro a valori concatenati, prezzi 2010, sono questi:
(li trovate qui), e diciamo che a prima vista non raccontano esattamente la storia che abbiamo sentito dalla bocca di Della Vedova. Tuttavia, noi siamo intellettualmente onesti, e quindi, a differenza dei faciloni di destra e di sinistra, sappiamo che quando si parla della dinamica di un fenomeno occorre esaminarne le tendenze in scala logaritmica (il motivo venne spiegato qui, parlando dell'onestà intellettuale dei "marziani"). In sintesi: se si usa una scala logaritmica, le pendenze di due spezzate sono direttamente confrontabili. Mentre in scala naturale un aumento di una unità è un aumento del 10% se si parte da 10 o dell'1% se si parte da 100, in scala logaritmica un aumento di 0.01 è sempre un aumento dell'1%, indipendentemente dal punto di partenza.
E allora vediamo i dati in scala logaritmica: non è perché i nostri interlocutori sono superficiali che dobbiamo esserlo anche noi!
Qui si vede bene che dal 1997 a oggi il divario livello delle esportazioni tedesche e italiane è aumentato, il che, in scala logaritmica, implica che le prime siano cresciute a un tasso superiore alle seconde. Ma Della Vedova si riferiva al periodo post-crisi, e ai tassi di crescita. E allora vediamo i tassi di crescita, e calcoliamo qualche media:
E qui l'occhio esperto qualche problemino lo afferra: sì, le spezzate dei due tassi di crescita si muovono abbastanza in fase (per forza: sia la Germania che l'Italia dipendono, per il loro commercio, dalla congiuntura mondiale), ma la linea rossa, che saremmo noi, sta sempre un po' sotto alla linea blu, che sarebbero loro. Se andiamo a calcolare la crescita media mensile dell'export "nel periodo della crisi" (ipse dixit) troviamo questi risultati, a seconda di dove vogliamo far iniziare la crisi:
Se partiamo dal trimestre dopo Lehman, vediamo che la crescita delle esportazioni tedesche è stata dello 0.72% contro lo 0.39% per quelle italiane. Se partiamo dall'arrivo di Monti liberatore, cioè, per capirci, dalla cosiddetta crisi dei debiti sovrani, il divario è più contenuto, ma sempre a svantaggio dell'Italia. Quindi, l'affermazione secondo cui nel periodo della crisi le nostre esportazioni abbiano marciato al passo dell'oca è smentita dai dati.
Ora, bisognerebbe approfondire un altro pezzo del "ragionamento" dell'on. Della Vedova, quello secondo cui "io credo che non è che al core business dell'export sono venuti danni dall'euro" (Gianni Minà non avrebbe saputo dir meglio). Il modo più ovvio per analizzare questa bislacca asserzione (poi vi chiarirò perché è bislacca) è quello che usiamo spesso: allargare lo zoom. Per farlo, però, non possiamo servirci di Eurostat, che non ci dà tutti i dati. Conviene usare il World Economic Outlook database del Fmi, che trovate al solito posto, e che vi fornisce il tasso di crescita delle esportazioni di beni e servizi in volume per tutti i paesi registrati al Fmi. I dati che interessano noi sono qui:
Un occhio minimamente allenato, o minimamente non accecato dall'ideologia di odio verso l'Italia che va sotto il curioso nome di europeismo, dovrebbe vedere subito una cosa: mentre prima del 1996 le esportazioni italiane (riga rossa) erano qualche volta sopra e qualche volta sotto quelle tedesche (linea blu) dal 1997 in poi l'Italia diventa sottona: non c'è più un singolo anno nel quale il tasso di crescita del suo export superi quello dell'export tedesco. Cosa sia successo nel 1997 lo sapete e ne abbiamo parlato ad esempio qui, e l'argomento ci ha aperto uno squarcio sull'abisso di ignoranza della classe politica che ha gestito l'ingresso nell'euro (qui e qui): nel 1997 siamo entrati nell'euro de facto (de jure ci saremmo entrati nel 1999).
Ma naturalmente l'euro non c'entra, dice Della Vedova. Solo che siccome un problema c'è, forse, oltre a negare una causa concomitante, sarebbe opportuno che un politico desse una spiegazione alternativa, in modo da permetterci di valutare dove stia indirizzando i propri sforzi, e se quella sia la direzione giusta... Cosa altro può essere successo, nel 1997, di così disastroso per la nostra economia? Siamo diventati tutti corrotti? Improvvisamente è emersa la Cina dal Mar Giallo? Abbiamo perso il treno della rivoluzione digitale, che passava solo il primo gennaio 1997? Altra scemenza a piacere? Qualche argomento bisognerebbe portarlo, altrimenti... altrimenti si rischia di sembrare incompetenti!
E allora, grazie alle IFS del FMI, allarghiamo ancora lo zoom, perché sia chiara la dimensione del disastro che i nostri politici negano, non riuscendo a trovare una spiegazione seria che non sia quella che per motivi ideologici non vogliono dare:
Qui avete 68 anni di esportazioni italiane e tedesche. Ho fatto base nel 1950 (1950=100) per consentirvi di apprezzare come fino all'inizio degli anni '90 la dinamica dell'export italiano e tedesco sia sostanzialmente analoga. Poi l'Italia prende il sopravvento, nel 1992. Poi arriva l'euro, che impedisce alla Germania di rivalutare: gli effetti del dumping valutario tedesco sono ben evidenti, e nulla cambia se il fenomeno lo si osserva in scala logaritmica (dove si apprezzano molte sfumature che saranno evidenti a molti di voi):
Addendum delle 13:24
(...scusate, mi sono distratto per una telefonata di Rockapasso e ho dimenticato di fornirvi qualche dato in più...)
Gli occhi allenati non hanno bisogno di nulla, ma agli altri farà probabilmente comodo avere qualche summary statistics. Qui vedete i tassi di crescita media annua dell'export italiano e tedesco sul campione e su vari sottocampioni:
Fra il 1951 e il 2016 le esportazioni tedesche e italiane sono cresciute a tassi di crescita medi annui non molto distanti: 7.2% la Germania, 6.5% l'Italia. Tuttavia, fra il 1951 e il 1996 l'Italia era in vantaggio, con una crescita di 0.5 punti percentuali superiore a quella tedesca (8.4% contro 7.9%). Dall'aggancio all'ECU/EUR, nel 1997, la situazione si ribalta drasticamente: il tasso di crescita delle esportazioni italiane piomba al 2.5%, 3.4 punti sotto (anziché 0.5 punti sopra) il tasso di crescita di quelle tedesche. In termini assoluti, un tonfo di 5.9 punti, e in termini percentuali di 3.9. Notate anche che fra 1997 e 2008 il tasso di crescita delle esportazioni tedesche esplode rispetto a quello italiano, situandosi in media 7.7-3.2=4.5 punti al di sopra. Ogni riferimento a svalutazioni competitive dei salari è puramente intenzionale. Fine addendum delle 13:24
I Soloni che disquisiscono della neutralità dell'euro dovrebbero spiegarci bene come mai prima dell'adozione di questa valuta noi tenevamo testa ai nostri concorrenti. La teoria economica una spiegazione la dà. Se il cambio riflette i fondamentali, quello di una valuta comune riflette la media dei fondamentali di paesi forti e deboli. Come tale, il valore risultante non è di equilibrio per nessuno: è forte per i deboli (ostacolandoli) e debole per i forti (attribuendo loro un ingiusto vantaggio). In virtù di questa ovvia caratteristica, la valuta unica agisce come un cuneo che si insinua fra paesi forti e deboli, divaricandone sempre più le prestazioni. Lo abbiamo visto per la produzione industriale, e naturalmente la stessa cosa vale per le esportazioni.
Direi che possiamo dedicare una prece alla credibilità delle analisi economiche dell'on. Della Vedova, che sarà senz'altro autorevole quando si occupa delle cose che conosce (non so quali siano e non mi interessa), ma che ha dimostrato di non essere esattamente a proprio agio con i fatti stilizzati più importanti del paese che ancora per poco è chiamato a governare.
Voglio solo sottolineare un punto metodologico. L'on. Della Vedova gioca al piccolo liberale, o meglio al piccolo liberista. Ciò rende ancor più paradossale il suo diniego del fatto che il tasso di cambio conti! Alla radice dell'ideologia liberal-liberista (non me ne vogliano gli amici che si dilungano in sottili e appassionanti distinguo: avrete modo di farli nei commenti) si situa, come assoluto cardine, il fatto che l'egoismo individuale aiuti a conseguire l'ottimo collettivo, valorizzando al meglio le risorse scarse disponibili, e questo perché sia consumatori che produttori, che agiscono in modo atomizzato e indipendente, sono coordinati dal sistema dei prezzi, la cui flessibilità è garanzia al tempo stesso di piena occupazione delle risorse e di corretta informazione dei partecipanti all'economia di mercato.
Questo punto fondamentale (la funzione allocativa del sistema dei prezzi), che qualsiasi libro di testi di economia vi chiarirà, ci mette di fronte a due scenari, tutti ugualmente svantaggiosi per l'on. Della Vedova:
1) o l'on. Della Vedova non sa che il tasso di cambio è un prezzo, il che, dando per scontato che egli sia in buona fede quando dice di aderire a un'ideologia liberale, spiegherebbe perché egli non capisca quanto sia pericoloso inibirne la giusta flessibilità;
2) o l'on. Della Vedova non è, in effetti, un liberale, ma piuttosto un amico dei monopoli, il che spiegherebbe perché difenda a spada tratta quel sistema europeo che sappiamo essere piuttosto vulnerabile all'azione delle grandi lobby, e piuttosto impermeabile agli interessi delle piccole e medie imprese.
Insomma: mettetela come vi pare, ma io dall'on. Della Vedova, pur nell'ovvio rispetto umano e nel piacere di ascoltare le sue esilaranti analisi, non comprerei una teoria economica usata, e naturalmente non gli darei il mio voto. Decidere per chi votare sarà difficilissimo: ma in compenso decidere per chi non votare sarà molto facile, e oggi ve ne ho dato un esempio.
Chiudo auspicando che un giorno, sui siti delle prestigiose istituzioni culturali del nostro paese, si possano leggere o ascoltare, se non solo, almeno anche i dati corretti circa l'evoluzione della nostra storia economica più o meno recente. Sarebbe un requisito minimo di civiltà senza assicurare il quale piagnucolare sul populismo resta un esercizio sterile, al quale non si può che rispondere con la saggezza popolare: chi semina vento, raccoglie tempesta!