Carissimi, manca a me come a voi lo scambio pressoché quotidiano che ci ha tenuti uniti per oltre sette anni, ma le circostanze sono cambiate, e i motivi che mi impediscono di mantenere vivo il nostro rapporto sono molteplici.
Forse il primo per importanza, almeno dal mio punto di vista, è che nonostante la nostra relazione potesse apparire come quanto di più esteriore e artificioso fosse dato immaginare, essendo sorta dalla parola pubblicata in rete, cioè sul più rapido, transitorio e superficiale dei media, essa ha sempre avuto una connotazione di estrema libertà, che la rendeva profondamente intima. A questa intimità mi urta, mi offende, mi rivolta che si affacci oggi lo sguardo voyeuristico della journaille, come è inevitabile sia, dato il ruolo che oggi rivesto. Il fatto che gli "yes men" (and women) che fino a ieri hanno ignorato o storpiato tutto quanto qui veniva scritto, incluso il nome dell'autore, oggi possano impadronirsi delle nostre parole per piegarle ai loro sozzi ed effimeri fini propagandistici mi disturba, non tanto per me, che ho un modo molto semplice di evitare che le mie dichiarazioni vengano distorte: non ne rilascio!, quanto per voi, che meritereste rispetto per il semplice fatto di esservi sobbarcati un percorso didattico di non lieve peso, un percorso che sarebbe stato compito di altri, non vostro, affrontare. Lungo questi anni abbiamo costruito in un mutuo travaso di esperienze il nostro lessico e le nostre categorie. Abbandonarle per timore che il guardone di turno le strumentalizzi, come è già accaduto, mi ripugna, come mi ripugna, e ripugnerebbe a voi, parlarvi con un linguaggio non mio, cioè non nostro.
Ma sui metodi di quello che ho chiamato la continuazione del fascismo con gli stessi mezzi (squadrismo e subalternità al capitale) vi intratterrò un'altra volta: è anche giusto che chi lavora male si sottoponga a un civile e continente diritto di critica, e ci sarà tempo per esercitarlo.
Torno ai motivi che mi separano da voi, enunciando il più ovvio: le considerazioni di opportunità. Quello che ha reso così forte il rapporto che ci lega, la cui intensità tanto stupisce i mediocri, è la sua assoluta sincerità. A questa sincerità occorre che io oggi rinunci per dovere di ufficio. Non posso parlarvi di tutto quello di cui vorrei parlarvi: devono parlare i fatti, parleranno le memorie, ma non è opportuno che io vi metta a parte di ogni accadimento (è così divertente vedere i "retroscenisti" brancolare nel buio...), né che io commenti tutto quanto vedete accadere voi. I motivi sono tanti, a partire dal fatto che anche se qui si è sempre fatta politica (anzi: direi che per qualche anno si è fatta politica solo qui, mentre intorno si faceva "tecnica"), ora io appartengo a un partito, a una squadra che mi ha accolto come una famiglia. Per i superficiali guardoni de cujus io ora sono "il leghista Bagnai": avendo così ridotto questo fenomeno (un blog dal quale, per dire, sono nati svariati articoli scientifici, sono cambiati gli orientamenti di alcuni partiti non banali, è sorta una comunità di decine di migliaia di persone assolutamente trasversale sia rispetto alle classi sociali che alle posizioni politiche...), avendo ridotto tutto questo all'angustia delle loro categorie, i nostri cari amici, come è anche comprensibile che sia, tradurrebbero ogni mia frase in posizione del partito, virgoletterebbero (ovviamente previo passaggio per la galleria degli specchi deformanti) la qualunque pur di seminare zizzania, insomma: le cose che abbiamo visto e quotidianamente vediamo.
Preferisco evitare, e so che mi capite.
Certo, un modo di aggirare questo ostacolo ci sarebbe, e farebbe lieti molti di voi: basterebbe parlare un linguaggio che non può essere travisato, anche perché pochi lo capiscono: quello dell'economia e dei dati! Un bel post tecnico, insomma, ogni tanto potremmo anche farlo: i nostri cari amici ne uscirebbero vergini, potrebbero virgolettare ben poco (a voi, ormai, bastano i grafici: il commento lo sapete fare da soli, e le immagini non si virgolettano), e noi ci terremmo al corrente. I grafici hanno una loro certa ferocia: guardate ad esempio cosa sta succedendo oggi al povero Macron, la vittima più illustre - finora - dei saldi settoriali (ancora ricordo la povera ascara dei mercati che a Londra con infinita saccenza, da figlia di una cultura minore, si esaltava di fronte a me per l'efficienza e la capacità di delivery di Macron...)! Non a caso Macron affronta esattamente la situazione che avevamo pronosticato qui (e il meglio deve ancora arrivare). Non è né la prima né l'ultima volta che un pronostico "tecnico" formulato su queste pagine si avvera, d'altra parte, e quindi, in effetti, sì, volendo il modo di non farsi stuprare, e di mantenere un rapporto con voi, forse ci sarebbe.
Ma poi c'è un terzo vincolo, oggettivo, non soggettivo: il tempo. Con buona pace degli imbecilli che "scaldi la poltronah!" o "volevi la cadregah!" (due frasi che entrano nell'ampio novero di quelle che dicono molto su chi le pronuncia), i ritmi di lavoro sono estenuanti per due ordini di motivi. Il primo è che la quantità di documentazione da esaminare è (volutamente) tremenda, come potreste tranquillamente verificare da voi se ve ne andaste sul sito del Senato, che è una delle istituzioni più aperte e trasparenti che io abbia mai visto (il che rende particolarmente odiosa l'acribia delle varie "anonime trasparenza" che gli grufolano intorno, la cui attività rinvia all'incisivo aforisma del Pedante: "Se non serve a niente, serve a qualcos'altro!"...). Quanta roba ci tocchi assorbire potete facilmente intuirlo partendo dal sito della Commissione, e bisogna starci con la testa, perché è quasi tutta roba che viene dai nostri amici europei, quelli che, come ben sapete, ci consigliano per il nostro bene, cioè per farci (ri)diventare dei loro temibili concorrenti...
E poi c'è il lavoro politico, che non è cosa banale, nemmeno nelle sue articolazioni più tecniche, organizzative, procedurali, come la gestione della Commissione. In questo momento, invece di occuparmi di voi, dovrei sentire i relatori di due pareri che dobbiamo rendere la prossima settimana (quei pareri che a Bruxelles stampano con la stampante della Merkel), per chiedergli a che punto sono, se si sono consultati con il capogruppo dell'altro partito di maggioranza, se i testi sono stati condivisi con i rispettivi uffici legislativi, se hanno trovato lumi nei documenti degli uffici tecnici, ecc. Sembra tutto ovvio, ed è in effetti affare di una mezz'oretta, o un quarto d'ora, se tutto va bene. Solo che non succedono solo due cose in una settimana (anche astraendo dalle settimane di delirio come queste), e poi non sempre tutto è così ovvio e automatico: bisogna approfondire, confrontarsi, e ognuno è preso nel flusso dei suoi impegni di collegio, o di aula, o di partito, per cui anche solo trovare il tempo di incontrarsi a quattr'occhi ogni tanto è un'impresa. Far parlare le persone, provare a capirle, aiutarle a capirti, aiutarle a capirsi fra loro, non è un'attività banale. Le parole vanno scelte con attenzione, quando lavori in un'istituzione dove esse possono diventare legge e quindi in re ipsa produrre fatti giuridici, e quando cerchi di operare una sintesi fra posizioni diverse, sintesi che può essere efficace solo se le diverse posizioni sono rappresentate e quindi intese con assoluta precisione.
La conclusione di questo lungo discorso è che quando alla fine approdo a casa sono totalmente svuotato di ogni e qualsiasi energia interiore. Posso essere soddisfatto o insoddisfatto della giornata, ma comunque non ho la forza di aprire il computer e di raccontarvi com'è andata. Semplicemente, arrivo a fine giornata svuotato, del tutto deprivato di energie spirituali. Non ho più voglia di suonare, non ho più voglia di scrivere, voglio solo dormire e prepararmi a combattere per un'altra giornata, sperando di non dover arretrare troppo, e di poter avanzare un po'.
Questo mi impedisce di frequentarvi quanto vorrei.
Qualcuno di voi, ne sono certo, potrà pensare che io sia cambiato... ma non è esattamente così!
Poche settimane fa un collega dei cinque stelle mi ha fermato in aula dicendomi: "Bagnai, ma lo sai che ho scoperto che tu sei veramente come sei!" Un ego sum qui sum (visto dal mio lato) che mi ha lasciato un po' interdetto (nonostante tutta la stima che io possa avere di me). Il collega, che se n'è accorto, ha aggiunto: "Ti spiego: sto leggendo il tuo libro, e mi rendo conto che tu scrivi come sei, e sei come scrivi". Che poi è il massimo cui un artista possa aspirare. Se chi non mi conosceva mi riconosce nei miei scritti, potete pensare che io non sia cambiato molto.
Potreste però supporre che questo dipenda da una certa sclerosi: a 55 anni (quasi 56) magari cambiare è difficile... Ma qualche sera fa un amico mi ha ricordato un aneddoto di un passato lontano, che avevo del tutto dimenticato, e che condivido con voi perché conferma che ego sum qui fui (e inevitabilmente qui ero). La storia è semplice. Ero sottotenente di complemento in una caserma della steppa romana e per qualche motivo avevo fatto un biglietto di punizione a un VAM (all'epoca non c'erano social su cui bloccare le persone sgradite...). Fatto sta che il VAM de cujus era raccomandato da un generale (nota: nella mia caserma l'ufficiale più alto in grado era un tenente colonnello, se non ricordo male), e quindi mi arrivò una telefonata, che avevo completamente dimenticato. Se la ricorda ancora il mio amico, sottotenente del corso successivo al mio (nonostante per qualche strano motivo si ostini a chiamarmi "paricò"), perché mi entrò in stanza in tempo per sentirne la fine. Con grande cortesia e determinazione pare che io abbia detto: "Vede, generale, io sono solo un sottotenente di complemento, e ho pochi mesi di vita militare, ma in questi pochi mesi una cosa penso di averla capita: la raccomandazione non è una scienza esatta, e quindi io il biglietto di punizione non lo strappo. Arrivederci!"
Naturalmente il mio amico mi prese per un matto, e naturalmente non successe niente (o forse sì, chissà: ma io non me ne accorsi...).
Ecco: se penso a qualche risposta che mi è capitato di dare ultimamente nelle grandi occasioni, mi rendo conto che in fondo non sono cambiato molto. Un paio di voi lo sanno perché c'erano. Gli altri le leggeranno fra altri trent'anni (qualcuno ha sentito qualcosa in qualche capannello al #goofy7...). Solo per confermarvi che se quando capita mi permetto di riallocare al suo posto chi nell'ordine contingente delle cose è in quel momento meno di me, posso farlo con grande serenità perché so di essermela presa, quando occorreva, e negli stessi termini, anche con chi era o credeva di essere da più di me. Del resto, la stessa esistenza di questo blog, aperto da un associato sotto concorso per cannoneggiare il Gotha della sua disciplina, ne è una prova. Rispetto le gerarchie e i ruoli, ma non la prevaricazione. Nel frattempo, e (anche) per questo motivo, ogni giorno la storia va avanti: la lotta per la nostra autodeterminazione è incominciata e possiamo vincerla solo confidando nella forza dei nostri avversari, che poi significa che chi ha voluto il fine, deve ora godersi i mezzi per realizzarlo, come sta accadendo nel grande a Macron, e nel piccolo a... tanti altri!
Lasciare che ognuno abbia ciò che vuole, o almeno dice di volere: non sarà un fine altissimo, ma è almeno un buon principio d'opera, non vi pare?
E così voi stasera avete avuto qualche parola in italiano, e io ho avuto l'essere me stesso in vostra compagnia.
Domani si ricomincia.
Tenete duro.
(...ah, naturalmente se non siete contenti potete sempre votare PD: all'opposizione si lavora di meno. Ma qualcosa mi dice che siete più furbi di così, e preferite che io continui a lavorare per noi...)
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
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domenica 25 novembre 2018
giovedì 2 agosto 2018
Scaldare la poltrona...
Solo chi è qui capisce cosa significhi essere qui, ed è per questo che Giorgio La Malfa mi aveva consigliato di venire qui: "Sarà un'esperienza culturalmente interessante".
Lo è.
Mi manca il tempo di condividerla con voi, ma lo ritroverò. Fra 13 minuti sono in Commissione, per una seduta di sindacato ispettivo: quattro interrogazioni, tre di Lannutti (su anatocismo, MPS e Nava) e una di Taricco (sull'alluvione in Piemonte - quella del 1994, se non ricordo male). Poi riunione con Nunzia Catalfo, presidente dell'undicesima (lavoro), per organizzare l'incardinamento del "dignità" (parlare coi relatori, ecc.). Intanto la prima (affari costituzionali) sta terminando l'esame del "milleproroghe": nelle more, alle 15 in aula question time con Centinaio. Intervengo in discussione generale sul milleproroghe, e penso che citerò un autore a me caro: la signora Tina, la nostra amica, si affaccia spesso da queste parti, ieri anche in VI Comm, e l'occasione mi sarà grata di esternare a lei e ai suoi amici (i piddini) i sensi della mia più profonda... fate voi! Nel frattempo, potrebbe succedere di tutto. Oltre alle consuete lettere di Lord Arcturus (il commodoro di Sananda, alias Jesus Christ: mi scrive ogni giorno per tenermi informato sugli USLG - United States of Local Group), ho una discreta corrispondenza da evadere, devo fare il debriefing di una serie di incontri (generalmente con persone che lodano Leuropa in pubblico e vengono qui in privato a implorarci di difenderle dalla stessa), devo organizzare la mia segreteria tecnica (il mio staff di "califfo delle finanze", come diceva un simpatico giornalista a voi caro), devo pensare al #goofy7, che avrà luogo il 10 e 11 novembre, e quest'anno sicuramente avrà le attenzioni della stampa, schiava non di Roma (quello proprio no!), ma delle contingenze, del cosiddetto (da lei) deibaiddei, devo anche ragionare su come passare dalla modalità reattiva (convertire una slavina di decreti) alla modalità proattiva (proposte di legge di iniziativa parlamentare: a proposito: avete richieste?). Poi si fanno le nove, e mi cacciano dalla stanza con l'idrante (per il mio bene: bisogna anche riposare), e il giorno dopo si ricomincia...
Bene: ora vado in aula di Commissione, la mia presenza è richiesta, e la mia assenza purtroppo si noterebbe. A presto (spero)...
Lo è.
Mi manca il tempo di condividerla con voi, ma lo ritroverò. Fra 13 minuti sono in Commissione, per una seduta di sindacato ispettivo: quattro interrogazioni, tre di Lannutti (su anatocismo, MPS e Nava) e una di Taricco (sull'alluvione in Piemonte - quella del 1994, se non ricordo male). Poi riunione con Nunzia Catalfo, presidente dell'undicesima (lavoro), per organizzare l'incardinamento del "dignità" (parlare coi relatori, ecc.). Intanto la prima (affari costituzionali) sta terminando l'esame del "milleproroghe": nelle more, alle 15 in aula question time con Centinaio. Intervengo in discussione generale sul milleproroghe, e penso che citerò un autore a me caro: la signora Tina, la nostra amica, si affaccia spesso da queste parti, ieri anche in VI Comm, e l'occasione mi sarà grata di esternare a lei e ai suoi amici (i piddini) i sensi della mia più profonda... fate voi! Nel frattempo, potrebbe succedere di tutto. Oltre alle consuete lettere di Lord Arcturus (il commodoro di Sananda, alias Jesus Christ: mi scrive ogni giorno per tenermi informato sugli USLG - United States of Local Group), ho una discreta corrispondenza da evadere, devo fare il debriefing di una serie di incontri (generalmente con persone che lodano Leuropa in pubblico e vengono qui in privato a implorarci di difenderle dalla stessa), devo organizzare la mia segreteria tecnica (il mio staff di "califfo delle finanze", come diceva un simpatico giornalista a voi caro), devo pensare al #goofy7, che avrà luogo il 10 e 11 novembre, e quest'anno sicuramente avrà le attenzioni della stampa, schiava non di Roma (quello proprio no!), ma delle contingenze, del cosiddetto (da lei) deibaiddei, devo anche ragionare su come passare dalla modalità reattiva (convertire una slavina di decreti) alla modalità proattiva (proposte di legge di iniziativa parlamentare: a proposito: avete richieste?). Poi si fanno le nove, e mi cacciano dalla stanza con l'idrante (per il mio bene: bisogna anche riposare), e il giorno dopo si ricomincia...
Bene: ora vado in aula di Commissione, la mia presenza è richiesta, e la mia assenza purtroppo si noterebbe. A presto (spero)...
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