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domenica 4 settembre 2022

Scaldare la poltrona: teoria e pratica.

La legislatura volge al termine. Approfitto del breve intervallo fra l'intervento su Sky e l'investitura del Mastrogiurato di Lanciano per tirare le somme di quattro anni di lavoro, proseguendo sul solco dei tanti post scritti qui per darvi qualche indicazione su come valutare i vostri rappresentanti (ad esempio qui, qui e qui). Un lavoro di trasparenza che nessun altro parlamentare ha fatto, perché è una perdita di tempo rispetto agli obiettivi del parlamentare standard (fare carriera), così come, del resto, nessun collega economista si era mai impegnato in Italia in un'attività di divulgazione di ampiezza pari a quella sviluppata qui, per il semplice motivo che una simile opera è una perdita di tempo rispetto agli obiettivi del docente standard (fare carriera).

Ma io ho stretto un patto con voi quando ho aperto questo blog, e a quel patto mi attengo: un patto di aiuto reciproco nella crescita della nostra consapevolezza. Spiace per chi non vuole farsene una ragione, ma passiamo oltre.

Il Parlamento è in teoria fra le istituzioni più trasparenti: tutto è pubblico e pubblicato (o quasi, come vedremo). Basta sapere dove andare a cercare. Ogni senatore, ad esempio, ha la sua scheda, raggiungibile dall'elenco dei senatori. La mia è qui:


e ci trovate quello che c'è scritto: i dati anagrafici, le iniziative legislative (i disegni di legge presentati come firmatario o cofirmatario), l'attività svolta come relatore di DDL, gli interventi svolti sui DDL (con i video di quelli svolti in assemblea), la presentazione di documenti (mozioni, interpellanze, interrogazioni), gli interventi su attività non legislative (ad esempio, sui voti di fiducia), e la documentazione patrimoniale.

Sembrano elementi sufficienti per valutare l'attività del vostro parlamentare di riferimento, o di quelli altrui, ma purtroppo non è esattamente così. Anche al netto del fatto che l'attività di un parlamentare non è solo attività legislativa, ma attività politica in senso più ampio, e quindi, ad esempio, prevede l'intervento ai vari tavoli informali (di maggioranza, di coalizione, ecc.) per definire la linea politica su provvedimenti sui quali magari il tuo nome mancherà perché vengono chiusi nell'altro ramo del Parlamento, le riunioni riservate per decidere su quali nomi fare affidamento nelle varie tornate di elezioni o nomine, le riunioni fra le aziende del territorio e gli esperti dei vari ministeri, ecc., restando nel perimetro dell'attività legislativa il sito del Senato non fornisce alcune informazioni essenziali, ed è su questa lacuna che furbastri e voltagabbana speculano per farsi una pubblicità ingannevole. Mi affretto a dire che questa non è una lacuna del sito in sé: fornire tutte le informazioni equivarrebbe a non fornirne nessuna, probabilmente, quindi va bene così: ma siamo qui per approfondire e chiarire.

Il punto da cui partire è quello di cui più volte ci siamo lamentati: come vi ho spiegato molte volte, è ormai invalsa l'abitudine di legiferare solo per decreto. Ne consegue che le iniziative legislative ordinarie, in questa legislatura più che nelle altre, lasciano abbastanza il tempo che trovano. Non escludo che ci sia qualche Rodomonte paesano che si aggira per le lande del suo territorio a vantare i meriti del suo disegno di legge sull'argomento tale, quello firmato da esso lui in persona, disegno che magari non è mai stato nemmeno incardinato (cioè non gli è stato assegnato un relatore e non se ne è iniziata la discussione in Commissione), e che quindi è rimasto carta straccia, buona per abbindolare le persone più distratte.

La verità, per voi facilmente comprensibile, è che in un mondo in cui si legifera per decreto legge, l'attività del parlamentare, più che sui disegni di legge presentati, va valutata sugli emendamenti approvati ai vari decreti andati in conversione o alle leggi di bilancio.

Quindi, a mero titolo di esempio, per quel che riguarda me il resoconto dell'attività fatto dal sito del Senato è lievemente carente (ripeto: non è una critica, è un fatto) perché mancano (dalla mia scheda, non dal sito del Senato) alcuni emendamenti approvati:

  • l'emendamento 20.0.5 testo 2 Bagnai al decreto fiscale 2018 (AS 886) con cui sono stati introdotti nel Testo Unico Bancario (TUB) i Sistemi di tutela istituzionale (limitati purtroppo alle sole banche delle province autonome), cioè uno strumento di aggregazione fra banche del territorio ampiamente adottato in Germania, che la riforma Renzi aveva escluso, imponendo lo strumento del Gruppo bancario cooperativo di cui oggi tutti si lamentano perché a tempo debito non ci avevano ascoltato.
  • l'emendamento 1.055 Bagnai alla legge di bilancio 2019 (AS 981) con cui è stata introdotta la flat tax per pensionati esteri (di cui vi dirò più in dettaglio in un post successivo, anche perché gli interventi legislativi "fantasma" sono stati più di uno: c'è stato anche un emendamento al Decreto crescita, concordato con l'Agenzia delle Entrate, quindi ci sono stati tavoli tecnici con l'Agenzia delle Entrate, ecc., e perché questo regime fiscale ha grosse potenzialità per il collegio in cui sono stato candidato);
  • l'emendamento 17.0.2 testo 2 Bagnai, Pillon al decreto legge "reclutamento PNRR" (AS 2272), con cui si prorogava fino alla fine del 2024 l'applicazione delle modifiche inerenti alle circoscrizioni giudiziarie di Chieti e L'Aquila (un tema che andrà inquadrato e riconsiderato nell'ambito di una valutazione  complessiva dell'annoso tema della revisione della geografia giudiziaria);
  • l'emendamento 149.125 Bagnai e altri alla legge di bilancio 2022 (AS 2448) con cui si riportava da 7 a 10 milioni il contributo straordinario per la città dell'Aquila.

e così via (non vi annoio, ma se l'argomento vi interessa, ce n'è per tutti i gusti: dal regime fiscale dei lavoratori impatriati alle quote di partecipazione nel capitale della Banca d'Italia).

Siamo d'accordo che se non si è del settore, trovare questa roba, che in alcuni casi può sembrare bagatellare o localistica (ma un parlamentare rappresenta pur sempre gli interessi di un territorio!), e in altri ha comportato significative modifiche dell'ordinamento fiscale o bancario, sarebbe come andare in cerca del proverbiale ago nel pagliaio, giusto?

Su ognuno di questi emendamenti, e in particolare sul primo, ci sarebbe un romanzo da scrivere, ma ora non c'è tempo per farlo. Fra un po' mi devo muovere. Vi lascio al vostro pomeriggio, e vado a terminare il mio in una città fondata nel 1179 a.C. (due anni dopo Chieti).

(...ah, naturalmente oggi abbiamo parlato di quello che sulla mia scheda non c'è, ma quando volete parliamo anche di quello che c'è...)

domenica 20 febbraio 2022

Il trenino dei decreti

(...scusate, vi ho trascurato per troppo tempo - quasi un mese! - ma diciamo che da fare ce n'è stato. Torno qui con un post che dovrebbe aiutarvi a capire perché non ho da dedicarvi tutto il tempo che vorrei...)

Come forse saprete, il processo legislativo europeo è talmente farraginoso e pletorico che per consentire agli stessi addetti ai lavori di seguirne tutte le articolazioni il Parlamento si è inventato il "trenino legislativo": un'infografica impostata come i tabelloni delle stazioni ferroviarie attraverso cui ci viene consentito di addentrarci (con l'intenzione di farci perdere) nel groviglio di direttive e regolamenti in corso di elaborazione. Ad oggi, su questa bella d'erbe famiglia e di regolamenti, un'unica certezza è stato possibile maturare: che di quelli che riguardano la Commissione Finanze il ministro Franco non verrà mai a parlarci in Commissione (il ministro Tria lo faceva controvoglia, il ministro Gualtieri lo faceva di buon grado, il ministro Franco non lo fa per nulla: il Governo è bello perché varia).

In memoria di questa best practice, mi viene spontaneo chiamare "trenino dei decreti" il documento che il nostro ufficio legislativo aggiorna per tenerci al corrente su quanti e quali decreti sono in conversione in Parlamento, e a che stato di elaborazione si trovano. Bisogna partire da lì per pianificare il lavoro parlamentare, per il semplice motivo che, come vi ho spiegato diverse volte anche se in teoria dovreste saperlo (ma non lo sapete), l'art. 77 della Costituzione stabilisce che "i decreti [legge] perdono efficacia fin dall'inizio se non sono convertiti entro 60 giorni dalla loro pubblicazione". Insomma: il metodo di legiferare esclusivamente per decreto è la cristallizzazione del "fate presto"! Bisogna sempre fare presto, e quindi non bisognerebbe mai leggere le carte, perché si è sempre sotto la pressione di evitare che un decreto decada (con tutto il bailamme conseguente dalla perdita di efficacia e dalla necessità di intervenire per salvaguardare o meno i rapporti giuridici da esso creati).

Giusto per far capire che non si tratta di ipotesi astratte, l'esempio più recente che ricordi è quello del DL 209 del 10 dicembre 2021 "Misure urgenti finanziarie e fiscali", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Senato 2470. Questo decreto è decaduto 10 giorni fa, ma i suoi effetti giuridici sono stati fatti salvi dall'art. 1, c. 656, della Legge 234/21, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, che recita:


Come vedremo, altri decreti in lavorazione sono destinati a decadere, cioè erano stati emessi per non durare, ma per produrre solo effetti temporanei: sono i cosiddetti decreti "a perdere".

Per darvi un'idea, in questo momento sono in conversione cinque decreti, di cui due al Senato:

  1. il decreto-legge 21 gennaio 2022, n. 2, recante "Disposizioni urgenti per consentire l'esercizio del diritto di voto in occasione della prossima elezione del Presidente della Repubblica", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Senato 2501, incardinato presso la 1a Commissione (Affari costituzionali);
  2. il decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, recante "Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico", per gli amici "Sostegni ter", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Senato 2505, incardinato presso la 5a Commissione (Bilancio)

e tre alla Camera:

  1. il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante "Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi", per gli amici "Milleproroghe", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Camera 3431, assegnato alle Commissioni riunite I Affari Costituzionali e V Bilancio e Tesoro;
  2. il decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante "Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Camera 3434, assegnato alla XII Commissione Affari sociali;
  3. il decreto-legge 4 febbraio 2022, n. 5, recante "Misure urgenti in materia di certificazioni verdi COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività nell’ambito del sistema educativo, scolastico e formativo", la cui legge di conversione è rubricata come Atto Camera 3457, assegnato alla XII Commissione Affari sociali;

ma siamo in una fase di bassa marea!

In Senato la prossima settimana ne arriveranno altri due: il "Milleproroghe", che ci arriverà "blindato" dalla Camera (quindi senza possibilità di emendarlo ma con la necessità di incardinarlo, dare i pareri, portarlo in Assemblea, votare la fiducia, ecc.), e un decreto correttivo dell'infelice (diciamo così) art. 28 del Sostegni ter, quello che ha gettato nel panico migliaia di operatori del comparto edilizio; alla Camera ne arriverà un altro, il "decreto energia". Non poca roba...

Per tornare all'unico argomento che vi interessa, di decreti "pandemici" ne abbiamo tre: i numeri 1, 2 e 5 del 2021. Di questi il DL 2/2021, che è al Senato, è "a perdere": sostanzialmente spiegava cosa doveva fare per votare chi, come me, era positivo all'epoca delle votazioni del Presidente della Repubblica. Ora le votazioni si sono concluse e il decreto può morire.

Più interessanti i due decreti alla Camera, i DL 1/2022 e 7/2022. Il primo, in particolare, è quello che reca una quantità di norme assurde e sorpassate dai fatti, fra cui l’obbligo vaccinale per tutti i soggetti che abbiano compiuto i 50 anni di età, il green pass rafforzato per l'accesso al luogo di lavoro degli ultracinquantenni, l'estensione dell’obbligo vaccinale al personale universitario, l'uso del green pass base per accedere ai servizi alla persona e a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali, e la differenziazione, a seconda del ciclo di istruzione e del numero di casi positivi, delle condizioni in cui si ricorre alla didattica a distanza. Non vi so dire in questo momento che ne sarà del secondo, cioè del DL 7/2022: confluirà nel primo come emendamento del Governo? Morirà? Verrà convertito?

Pertanto i due provvedimenti più "caldi", per i temi trattati e perché sono ancora in Commissione (e quindi potenzialmente emendabili) sono senz'altro il Sostegni ter al Senato (perché il DL 2/2022 è a perdere), e il "Green pass lavoro/scuola", cioè il DL 1/2022, alla Camera (perché il DL 228/2021, cioè il milleproroghe, è stato licenziato dalla Commissione).

Circa il "green pass lavoro/scuola" (cioè obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni), lunedì dalle 10 dovrebbe proseguire la votazione degli emendamenti.

Sempre lunedì, viceversa, scade il deposito in Commissione degli emendamenti al Sostegni ter. La discussione degli emendamenti avrà quindi luogo dopo che questi saranno stati numerati e fascicolati, verosimilmente già in settimana.


(...se vi siete annoiati voi a leggere, figuratevi io a scrivere! Ma #aaaaabolidiga è fatta anche di queste cose. Ad esempio, se vuoi dire la tua, o almeno provarci, su un decreto, devi sapere quando e dove viene discusso, entro quando depositare gli emendamenti, ecc. Tutte cose piuttosto noiose, ma il nostro lavoro è anche quello di seguirle. Non so come faremo quando saremo in 200, ma sicuramente, come sostenevano i fautori della riduzione del numero dei parlamentari, il provvedimento di riduzione, come per magia, migliorerà la qualità degli eletti superstiti e della produzione legislativa del Governo. Voi ci credete?...)

martedì 21 dicembre 2021

Il bicchiere mezzo pieno

Il mio non desiderato (né da me né soprattutto dagli altri!) ingresso in politica attiva è stato accompagnato da un accavallarsi tumultuoso di esperienze, alcune positive, altre negative, tutte istruttive, ma nessuna tanto segnante quanto quella di dover convivere a distanza ravvicinata, in spazi angusti, con persone scarsamente familiari con l'anatomia umana. Voi direte: e che c'entra l'anatomia? Bè, chi la studia per esempio impara che il timpano e i turbinati sono due organi diversi, con funzioni molto diverse, e soprattutto con diversa collocazione.

Voi ora vi chiederete a che cosa possa mai servire, in politica, familiarizzarsi con questi concetti. E io benignamente vi rispondo, facendovi prima riflettere sul fatto che la politica vive di mediazioni e di accordi condotti in contesti di informazione parziale e asimmetrica. Insomma: non sempre è opportuno che chi è alla tua destra (fisica o politica) sappia che cosa ti dice quello che è alla tua sinistra. E fino a qui ci sta. Quello di cui invece proprio non mi capacitavo, e tuttora non mi capacito, è la quantità di persone che dovendo conferire rapidamente e segretamente con te ti vengono a parlare a due centimetri... "Dall'orecchio?" direte voi. No! Dal naso!

Ora, io non fumo. Ho i denti più o meno a posto. Nonostante non abbia alcun pregiudizio ideologico verso i bulbi (tunicati o meno) evito di nutrirmene prima di frequentare i miei cosiddetti simili. Ah! Ho anche un'altra abitudine: mi lavo. Avendo una certa età, sono stato tirato su da una mamma (all'epoca si poteva dire) che mi ha insegnato a lavarmi le mani, a mantenere una distanza di rispetto (se si chiama così, un motivo ci sarà), e due o tre altre cosette utili.

Ma insomma mai avrei potuto immaginare di dover condurre negoziati trattenendo il fiato non tanto per la tensione, quanto per l'alitosi dell'interlocutore!

E come ogni umana cosa, così anche la tragedia che stiamo vivendo ha avuto il suo bicchiere mezzo pieno, che per me è stato l'obbligo di mascherina al chiuso (so che a molti di voi dà fastidio, ma per quanto sia, un po' filtra) e soprattutto il distanziamento "sociale", cioè personale.

Finalmente si respirava (se pure attraverso la mascherina)!

Finalmente chi aveva qualcosa di riservato da dirti, invece di comunicartelo a un centimetro dalle narici stringendoti in un angolo, ti chiamava in una stanza appartata e te lo diceva a un paio di metri di distanza. Tanto, siamo tutti ascoltati da orecchie indiscrete, ovunque: perché quindi torturarci a vicenda coi residui delle nostre accidentate digestioni, se poi teniamo in tasca il cellulare?

Ma anche questo precario stato di grazia era transeunte.

Il "successo della campagna vaccinale" ha avuto il suo bicchiere mezzo vuoto: sono esattamente quelle persone che oggi tornano a parlarmi al naso (si dice all'orecchio, e questo dovrebbe suggerire loro qualcosa, di cui però non vogliono tenere conto). E quando gli fai notare che magari sarebbe meglio mettere la mascherina o tenere un minimo di distanza, la loro risposta, pronunciata invariabilmente avvicinandosi alle tue vie respiratorie esterne, è: "Ma hiho shonho vhaccinhathhhhhoooooooh!" (ho inserito un po' di "h" per rendere l'idea dell'alito, anzi, dell'alitosi...).


Ma naturalmente gli "untori" sono i "no-vax".

Che cosa volete che vi dica?

Io in aula come stanno le cose gliel'ho detto. Chi non è qui da un quarto d'ora quindi sa come andrà a finire (sta già finendo in quel modo).

Sintesi: nella vita ci vuole molta pazienza... ma non sempre per molto tempo!

Ci siamo capiti.

Buona notte!

sabato 18 dicembre 2021

La fattoria delle discriminazioni, ovvero: la carità

(...oggi seduta alle 14 per la presentazione di un certo numero di emendamenti del Governo su temi abbastanza disparati, dalle delocalizzazioni - emendamento 77.0.2000 "Disposizioni in materia di cessazione dell'attività produttiva" - alla magistratura onoraria - emendamento 196.2000 "Disposizioni in materia di magistratura onoraria", presentati dal Governo dopo un attento negoziato col Parlamento, culminato in una riunione tenutasi venerdì 17 - cioè ieri - che doveva durare un'ora e ne è durata tre, così la poltrona si è scaldata per bene! La posizione del Senato era che ulteriori interventi governativi non potevano essere accettati "a scatola chiusa" e andavano quindi sottoposti ad ulteriore attività emendativa, con i cosiddetti "subemendamenti" - per gli amici: "sub". La presentazione dei sub però poneva un tema di rispetto dei tempi, atteso che, come affermato da un collega spiritoso, il Natale non poteva essere abrogato per emendamento del Governo, e l'esercizio provvisorio è a soli 13 giorni di calendario, che poi sono dieci giorni lavorativi, nel corso dei quali si deve svolgere anche il passaggio alla Camera. La posizione del Governo era che i due interventi principali fra quelli proposti non potevano essere presentati in decreti separati perché le rispettive coperture finanziarie erano disposte da questa legge di bilancio: se si fosse aspettato di approvare quest'ultima prima di procedere con un decreto autonomo, si sarebbe rischiato in almeno un caso - magistratura onoraria - la procedura d'infrazione. Alla fine si è deciso di provarci. Termine per i sub: domani alle 18. Se vi interessa seguire da vicino questa bella storia, sapete dove trovare le informazioni. Ma in realtà non volevo parlarvi di questo...)

Qualche giorno fa in Commissione "odio", quella che talora definiamo, antifrasticamente, Commissione "amore" (per esorcizzare con l'evocazione di quella scintilla labile e fioca di divinità che purtuttavia alberga in ognuno di noi il Male radicale che irrimediabilmente contamina e devasta la nostra umanità - soprattutto, come abbiamo appreso, quella di noi di destra), abbiamo avuto ospite il nostro padrone di casa (qui, come sapete, siamo a casa di Google), al quale abbiamo rivolto alcune domande:


Le domande erano articolate come articolate e sostanzialmente esaurienti sono state le risposte (la qualità degli auditi sta crescendo, dopo un inizio alquanto... alquanto!), anche se, proprio a voler entrare nel merito, c'è qualcosa di situazionistico nel discorrere lungamente di come e con quanto successo ci si adoperi per orientare i dibattiti ospitati sulla propria infrastruttura, salvo poi rifuggire dalla qualifica di editore come da un marchio d'infamia! Da un grande potere (editoriale) derivano grandi responsabilità (editoriali), ma, certo, un potere in tanto è veramente grande solo in quanto è assoluto, cioè solo in quanto riesca a svincolarsi dalle proprie responsabilità, come un'altra vicenda di cui ci stiamo occupando dimostra.

Non è però di questo che vorrei parlarvi ora.

Mi sembra ormai evidente che nella fattoria delle discriminazioni tutte le discriminazioni sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre. Sono stato accusato di voler sabotare il lavoro della Commissione con le mie critiche corrosive. La mia serena considerazione è che sarà il tempo a giudicare. Intanto, mi sembra ovvio che mentre si moltiplicano in tutto il Paese episodi odiosi di discriminazione anche violenta, anche a danno delle categorie più fragili (gli anziani, i bambini), e, laddove interessi, comunque in aperta violazione delle norme europee (il famoso considerando 36), quelle stesse norme cui ci compieghiamo con tanta voluttà quando a farne le spese sono gli italiani, ma alle quali ci ribelliamo con inusitata fierezza allo scopo di penalizzare ulteriormente gli italiani, mi sembra ovvio che se in un contesto simile una Commissione antidiscriminazione non si interessa del tema, delegittimarla, da parte mia, non avrebbe alcun (ulteriore) senso. Posso quindi rassicurare chiunque ne abbia bisogno sul fatto che i miei interventi non sono rivolti all'oggi e ai presenti, ma al domani e ai futuri: un giorno qualcuno (forse) potrà constatare che c'era chi lottava per difendere la libertà, come c'è sempre stato, come sempre ci sarà: nulla di eccezionale, quindi, nulla di titanico. Certo, come ho spiegato a più e più riprese, la liturgia del "giro di domande con risposta finale" non è la più indicata a far emergere maieuticamente una verità minimamente accettabile. L'adozione di questa pessima metodologia, che nessun regolamento impone, risponde evidentemente alla ferrea volontà di indirizzare la verità dove più fa comodo, e d'altra parte costringe chi desidera intervenire a sbriciolare il proprio interlocutore per rivelarne l'inconsistenza, non essendo possibile assicurare, tramite una sia pur regolata e stilizzata dialettica, che si dia spazio all'apprezzamento, ma anche alla valutazione critica, delle opinioni altrui.

Ma insomma, anche questa non è esattamente la cosa di cui vi volevo parlare, anche se ci si avvicina.

Prima di leggere (a proposito di sabotaggi) gli emendamenti del Governo, volevo condividere con voi, che mi siete più cari e più vicini, una cosa che penso di aver capito in dieci anni di dialogo con voi, ma che le ultime vicende sanitarie mi hanno consentito di mettere a fuoco meglio: che cos'è la carità, e perché ce n'è tanto bisogno.

Le valutazioni che quelli che sanno di politica (?) facevano con me prima che entrassi in politica (ma anche dopo che ci sono entrato) prendevano spesso una piega teologale: "Vedi, Alberto, il tuo discorso, per avere un vero valore politico, dovrebbe dare una speranza alle persone che hanno fede in te...". La fede e la speranza, nel discorso degli esperti, c'erano: mancava sempre la carità per completare la terna. Eppure tutto, anche in politica, parte dalla carità.

E che cos'è la carità?

Semplicemente, è accorgersi delle cose prima che capitino a te.

Del resto, "fare la carità" in italiano è fare l'elemosina, e verosimilmente quello che spinge alcuni (pochi) di noi a frugarsi le tasche è la capacità, in alcuni più sviluppata di altri, di immedesimarsi con chi si ha di fronte sospendendo qualsiasi giudizio morale.

Alla fine questo blog si è occupato solo di questo argomento: lo ha fatto quando ha raccolto il vostro grido di disperazione, perché la condivisione fosse di conforto a chi già soffriva, ma anche di ammonimento a chi ancora non soffriva. Lo ha fatto quando ha stigmatizzato chi non riusciva a capire che stava parlando della vita delle altre persone. Lo ha fatto quando ha gioito del successo di chi, avendo tratto le giuste conseguenze da un discorso razionale, era però sufficientemente umano da condividere con gli altri la propria legittima soddisfazione. Lo abbiamo fatto creando consapevolezza. La macroeconomia, quella vera, una lezione ce la offre: "it must be war", una guerra fra poveri, naturalmente, e nessuno di noi, vi assicuro, è abbastanza ricco per uscirne indenne. Ora molti si sono accorti, finalmente, che qualcosa non va per loro, dopo aver accettato per molti, troppi anni quello che non andava per gli altri. Di questi, molti sono miei colleghi (intendo: docenti universitari), obnubilati per tanti, troppi anni da quello che il mio barocco successore alla presidenza della Commissione finanze chiama "ventisettismo mentale": l'inerzia etica e politica di chi sa che, comunque, alla fine a lui il ventisette uno stipendio arriverà.

Voi direte: "Ma c'è stato er sarto de qualità!..." (non nel senso di quello che cuce i vestiti, ovviamente...).

Sì, forse.

La minaccia esistenziale si è fatta più immediata, l'aggressione più esplicita. Ma questo non cambia di molto il senso del mio discorso, non mi aiuta a rispondere alla domanda che mi pongo e ci pongo: che cosa fare con chi si è svegliato solo quando è toccato a lui? Che cosa fare con chi ha mostrato così poca carità? E, se volete, come questione preliminare: perché la gente cerca una fede, cerca una speranza, ma non cerca la carità, cioè non ci pensa prima?

Io vedo un'umanità divisa in due categorie, ugualmente non caritatevoli: quelle che pensano che a loro non toccherà mai, e quelle che pensano solo a quanto è toccato a loro. Forse queste ultime sono, o almeno sembrano, più scusabili, perché qualcosa gli è successo, e questo qualcosa ci richiama ai nostri inderogabili doveri di solidarietà umana e sociale. Ma anche in questo occorre misura, occorrerebbe carità. Oltre un certo limite, come ci spiega Michéa, e come chi vi scrive ha constatato coi suoi occhi, l'idea che certe cose non debbano verificarsi mai più trascolora in un'altra negazione, nell'idea che esse non possano verificarsi di nuovo, magari nell'idea riconfortante che è assolutamente impossibile che esse possano mai verificarsi proprio sotto i nostri occhi, perché "questa volta è diverso" (una frase che abbiamo imparato a ridicolizzare in finanza, dove è pericolosa solo per le tasche dei gonzi, ma dalla quale non ci guardiamo mai abbastanza in storia, dove è pericolosa per le vite di tutti).

Questo è il seme del Male: l'idea di un Tempo storico rettilineo che legittimi con la negazione del Passato la disattenzione al Presente nell'attesa di un radioso Futuro.

A noi è stato detto: estote parati.

Significa anche che la storia non è mai finita, significa che noi non siamo ontologicamente migliori né peggiori di chi ci ha preceduto, significa che la memoria ha valore solo se è anche memoria del presente, attenzione al presente.

Questa memoria del presente l'abbiamo costruita e condivisa qui, questa attenzione al presente l'abbiamo suscitata e alimentata qui.

Continueremo.

(...e va anche detto che qualche soddisfazione ce la siamo tolta, e altre ce ne toglieremo...)

(...breaking news: domani sconvocati. Si inizia a votare in Commissione lunedì. Quando si finirà?...)

(...ah, a proposito di frugarsi le tasche: a differenza dei tanti che lungo questo decennio si sono messi a disposizione con accorati accenti di profonda sincerità, chiedendo di fare qualcosa, chiedendo che cosa potevano fare, c'è una persona, un amico, che ha semplicemente fatto, senza chiedere, con generosità e intelligenza: è Fausto, la persona grazie alla quale siete in grado di seguirci nella nostra attività parlamentare ed extraparlamentare. Fausto vi ha dato molto. Ora siete voi a dovergli dare qualcosa, perché se ha tanto tempo libero per seguirci in tempo reale un motivo c'è, e non è un buon motivo. Frugatevi le tasche e cliccate qui...)

martedì 14 dicembre 2021

Fascicoli...

A: "8.0.83 Bianchi".

B: "Accantonato".

A: "8.0.90 Rossi".

B: "Parere contrario del MEF".

A: "9.147 Verdi".

B: "Accantonato nel tema 'industria'".

Ecc.

Si chiama esame del fascicolo: una specie di rosario laico nel quale non è consentito distrarsi (per cui vi lascio immediatamente: "10.78 Bagnai"...).

domenica 12 dicembre 2021

Un'altra Commissione è possibile

 Guardatevi questo filmato:


(...magari non tutto, o non ora...)

Da una settimana ho ripreso a correre. Tempo non ce n'è, il freddo non è un grande incentivo, ma resta il fatto che siccome una Guerra dei trent'anni dura trent'anni (anche se qui molti hanno un'astronomia tutta loro), per arrivare a 86 anni sufficientemente lucido occorre che mi scrolli di dosso un po' di chili. C'è anche da dire che qualche giorno fa, dopo una delle tante audizioni, per la prima volta ho veramente perso le staffe con una persona (per fortuna solo al telefono), cosa che a un politico non dovrebbe mai succedere, non solo perché, come diceva Machiavelli, "li uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere; perché si vendicano delle leggieri offese, delle gravi non possono: sí che l'offesa che si fa all'uomo debbe essere in modo che la non tema la vendetta" (e quindi, una volta intuito che il conflitto non ammette prigionieri, meglio evitarlo finché non si è sicuri di vincerlo), ma anche perché in Italia basta avere sufficiente pazienza da aspettare il Grande supplente e lasciar fare a lui (ricordate? Se ne parlava qualche giorno fa...).

Io pazienza ne ho, ma insomma: meglio sfogarsi, meglio ossigenarsi...

Aggiungete il fatto che da quest'estate mi fa un po' male un ginocchio. Mi sono fatto male praticando lo sport che secondo i medici non fa male (il nuoto), venendomi così a trovare nella tipica situazione in cui un medico ti direbbe "si riposi un po', vedrà che le passerà", che è poi la situazione in cui a me i dolori non passano finché non smetto di riposarmi e non torno a stressare la parte.

In effetti, dopo tre uscite sto già meglio: l'ortopedia non è una scienza e la Natura è un grande medico (anche se ogni tanto ha bisogno di una mano).

Mentre mi facevo la salita di villa Glori a ritmi decisamente geriatrici rispetto a quelli di tre anni fa incontro in discesa un funzionario parlamentare fra i più amabili ed eleganti. Ci riconosciamo, mi saluta, e gli faccio vedere che cosa ascoltavo in cuffia: l'audizione qua sopra. Commenta: "Sembra interessante!". Rispondo: "Direi di sì, e mi piacerebbe sapere perché io invece in quella stessa aula mi annoio così tanto. Forse dipenderà dalla Presidenza...".

Eh già...

Perché anch'io sono in una Commissione d'inchiesta, che si riunisce nella stessa aula del quarto piano di San Macuto. Ma nella Commissione cui appartengo, nonostante che gli auditi abbiano fatto in diverse circostanze rivelazioni piuttosto interessanti:


che hanno avuto eco sulla stampa, nulla si muove, nulla si sposta. La Commissione "passerella" (come la chiamo io) opera con la penosa liturgia del "giro di domande" con rispostone evasivo finale, anziché, come la Commissione David Rossi, consentendo un minimo di contraddittorio (cosa che ci si aspetterebbe da una Commissione che, secondo quanto recita l'art. 4 della legge istitutiva che contribuii a far approvare, "procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell’autorità giudiziaria"), e quindi non si arriva a nulla, non si segue alcun filone preciso, non si valorizzano gli esperti, in sintesi: non si indaga.

Ma comunque il punto qui non è (solo) questo: ci tenevo (soprattutto) a farvi notare, perché qui amiamo essere precisi, che quanto avevo detto in un post precedente non era del tutto corretto. Già con l'attuale regolamento ci sono Commissioni parlamentari che prevedono un confronto all'americana: sono le Commissioni d'inchiesta che fanno le Commissioni d'inchiesta. Quando funzionano così, le Commissioni d'inchiesta parlamentari possono far emergere verità che al Grande supplente sono rimaste nascoste (o che ha voluto tenere nascoste, perché non possiamo precluderci questa possibilità, tanto più in presenza di certi comportamenti ritorsivi).

Quando non funzionano così, servono solo a farti pensare che con tutto quello che c'è da fare staresti meglio da un'altra parte...

(...ma tranquilli: prima o poi una vera Commissione d'inchiesta sulla mattanza del nostro sistema bancario ci sarà, e se avete capito come funziona, avrete anche capito che cosa potete fare per contribuire a realizzare questo obiettivo che il passare del tempo non ha reso meno necessario: basta aspettare altri 16 mesi, o forse anche di meno...)


martedì 7 dicembre 2021

Domandare è lecito, rispondere è cortesia

 ...eggnente, più si va avanti, più mi convinco che l'unica opportunità offerta da quel provvedimento scellerato che è stato il taglio del numero dei parlamentari, preso per compiacere voi (e per fottervi, perché con meno rappresentanti siete meno rappresentati), verrà sprecata.

E quale è quest'opportunità?

Quella di intervenire in un modo che abbia un senso sui regolamenti parlamentari, in particolare su quello del Senato. Vi faccio un esempio. La disciplina delle audizioni deve essere profondamente rivista. Un'audizione, per quanto mi consta, è una cosa così:


Quei simpatici siparietti che si stanno svolgendo in questo momento nel nostro Senato, dove a precisa domanda "Ti piace il formaggio?" mezz'ora dopo ti rispondono "Forse il treno va più veloce!", sono umilianti per chi interroga (quindi, d'ora in avanti sarà opportuno che lo siano anche per chi è interrogato). Se i presidenti non tutelano il ruolo delle Commissioni, come succede sistematicamente nella Commissione "odio", e non assicurano che le domande poste dagli interroganti abbiano risposta, non resta altro che il confronto all'americana, ovviamente con tempi contingentati. Questo se si vuole che il Parlamento possa veramente rendersi conto di che cosa sta succedendo non tanto nel Paese (con quello siamo in contatto), quanto nei suoi apparati, lievemente più elusivi.

Io, comunque, ve lo dico, visto che qui campiamo di gestione "messianica" del senso dell'imminenza, come dice Acquarelli: ad agosto ho fatto due scommesse con un amico, una persona scientificamente molto qualificata, nonostante la giovane età, e a voi nota. La prima scommessa era che non saremmo usciti dall'emergenza entro dicembre, e la seconda è che entro settembre 2022 sarebbe scoppiata Vaccinopoli. La prima l'ho vinta, la seconda spero di perderla. A differenza vostra, il mio senso della giustizia non arriva fino ad auspicare che il potere giudiziario si sostituisca a quello legislativo (più esattamente: al Parlamento) nella funzione di indirizzo politico (poi lo fa ugualmente, ma questo è un altro discorso: provo solo fastidio quando qualcuno, per buoni o cattivi motivi, auspica che lo faccia: panpenalismo uguale grillismo, che poi è il motivo per cui "norimberghisti" e "piazzaleloretisti" qui sono sempre stati accompagnati alla porta: il loro blog è un altro - se esiste ancora!).

Dopo di che, noi siamo qui per ascoltare e per comprendere: se veniamo presi in giro, ce ne faremo una ragione. Domandare è lecito, rispondere è cortesia, e chi non risponde a noi, ove mai le nostre preoccupazioni e le conseguenti domande fossero fondate (ripeto: speriamo di no!), risponderà a qualcun altro.

Prevenire è meglio che curare, ma aiutare chi non vuole farsi aiutare è impossibile.

Politica è anche (e soprattutto) capire questo.

Amen.

lunedì 6 dicembre 2021

Cartaceità

 


(...quell'inconfondibile atmosfera di legge di bilancio. E dalla Commissione Bilancio è tutto: ci si confronta sul numero dei "segnalati", tema appassionante. Ma preferirei rispondere a voi...)


giovedì 2 dicembre 2021

Dichiarazione di voto

 (...non me l'hanno fatta pronunciare in aula perché non c'era tempo, quindi ve la metto qui...)


Grazie Signor Presidente,

Ringrazio anche tutti i colleghi che hanno preso parte alla discussione di questo provvedimento in Commissione a partire dai presidenti D’Alfonso e Matrisciano (in ordine alfabetico) che hanno gestito con perizia questa discussione. Il gruppo cui mi onoro di appartenere voterà a favore del provvedimento. Se la dichiarazione di voto non termina qui, naturalmente, è perché a questa frase segue una rispettosa, ma determinata e argomentata congiunzione avversativa, che declinerò nel rispetto del vostro tempo e dei tempi regolamentari.

La lavorazione di questo decreto è stata per i colleghi del mio gruppo un’esperienza veramente appagante, perché da molto tempo non ci capitava di essere coinvolti, almeno come Commissione Finanze e Tesoro, nell’esame di un provvedimento di una certa ampiezza. Tuttavia, non è mancato un certo senso di amara frustrazione, per almeno due ordini di motivi, uno di merito e uno di metodo.

Nel merito, parafrasando il compianto Neil Armstrong, questo decreto è stato un piccolo passo per l’uomo, ma anche per l’umanità, purtroppo e nonostante la buona volontà di tutti. Per quell’umanità sofferente, provata da una crisi che non è iniziata nel 2020, ma nel 2012, quando misure fiscali scellerate, irresponsabili, scientificamente infondate, stroncarono il rimbalzo dell’economia italiana dopo la crisi finanziaria globale. Quell’umanità che aspetta ancora delle risposte che tutti qua dentro, ne sono certo, auspichiamo di darle con la legge di bilancio.

Ci riusciremo?

Dipende dalle risorse, naturalmente, ma credo dipenda anche dal metodo, dalla nostra capacità di gestire positivamente e di lasciarci dietro le spalle le criticità che l’attuale prassi di produzione legislativa porta con sé, evitando che la logica dell’emergenza continui a comprimere le nostre prerogative e a logorare le nostre energie migliori. La prassi cui mi riferisco, verso cui eravamo avviati già prima dell’emergenza, ma che l’emergenza ha consolidato e cristallizzato, è quella di un monopolio governativo dell’iniziativa legislativa, esercitata in un regime di monocameralismo di fatto tramite provvedimenti d’urgenza non molto rispettosi del principio di omogeneità di contenuto. Ricordo “a me stesso” che questo principio è affermato da diverse sentenze della Suprema Corte, come la 22 del 2012, o la 32 del 2014, a sua volta citata dal Presidente della Repubblica nella sua lettera del 23 luglio 2021. Mi rendo conto che questa deriva è stata in qualche modo necessitata dalle condizioni di straordinaria emergenza in cui il Paese si è trovato e non mi permetto quindi di esprimere critiche.

Desidero però accertarmi del fatto che esista una coscienza condivisa e trasversale del fatto che questa non è, né deve, né può essere, la normalità.

In tutta umiltà ricordo a me stesso alcune criticità cui questa prassi ci espone.

Intanto, il fatto di legiferare prevalentemente per decreti omnibus (quello che stiamo licenziando è un’eccezione) determina di fatto un’egemonia della quinta commissione, che è poi la causa del fenomeno che ricordavo all’inizio: la marginalizzazione delle altre Commissioni di merito, schiacciate su un ruolo consultivo. In questo modo, però, fatta ovviamente salva la facoltà puramente teorica di ogni collega di intervenire nei lavori di qualsiasi Commissione, si determina in pratica una sterilizzazione delle migliori competenze tematiche che questo Parlamento esprime e che non sempre riescono a essere coinvolte nell’esame di provvedimenti cui potrebbero apportare un contributo significativo. 

A sua volta, ciò determina una difficoltà nella lavorazione dei provvedimenti, per la necessità di verificare tanti passaggi coi colleghi competenti per materia, che conduce fatalmente al monocameralismo di fatto: l’aspettativa che il provvedimento avrà una sola lettura diventa una self fulfilling expectation, perché per paura di perderle per strada i colleghi del ramo del Parlamento non coinvolto veicolano a quelli del ramo coinvolto le loro proposte, rendendo la situazione difficilmente gestibile per gli uffici legislativi e di Commissione, precludendo quindi la possibilità della doppia lettura. Si determina così una delle tante situazioni di scollamento fra Costituzione formale e materiale su cui forse bisognerà riflettere e intervenire.

A sua volta, questo monocameralismo di fatto sta determinando l’appiattimento del regolamento del Senato su quello della Camera, un appiattimento che si iscrive nel solco della totale omologazione fra i due rami del Parlamento, una omologazione che lascia piuttosto freddo chi vi parla. L’esempio più preclaro di questa omologazione è l’adozione anche in senato della prassi dei cosiddetti “segnalati”, intesi come “emendamenti”. Il nostro regolamento prevede all’art. 100 comma 11 (che strictu sensu si riferisce alla discussione in assemblea, ma che si suppone possa essere con interpretazione analogica applicato anche all’esame in Commissione), l’istituto dell’accantonamento “nell’interesse della discussione” (sottinteso: parlamentare), non quello della segnalazione “nell’interesse degli uffici” (sottinteso: governativi). Nel nostro Regolamento la parola “segnalazione” è usata solo all’art. 110 con riferimento a eventuali irregolarità nella votazione (come il malfunzionamento dei dispositivi elettronici), che devono, appunto, essere segnalate. Non agli emendamenti.

Credo che la prima e ultima volta in cui ho sentito parlare di accantonamento di emendamenti sia stata durante la lavorazione dell’ultimo decreto fiscale di una certa incisività, il 119 del 2018, quello che, per capirci, dispose la rottamazione ter e il saldo e stralcio, due provvedimenti su cui dopo un evento epocale come la pandemia da COVID-19 avremmo voluto aprire una seria e concreta riflessione.

Il fatto che nella fattoria degli emendamenti alcuni emendamenti siano più emendamenti di altri determina poi, per un ovvio problema di moral hazard, un’incontinenza dei gruppi parlamentari. Come si fa a ostacolare il desiderio di un collega di portare il proprio contributo o di segnalare un punto politico, quando “tanto l’emendamento non verrà segnalato, ma intanto mi serve per la comunicazione”? A questa incontinenza il Governo cerca di opporsi con una garbata moral suasion velatamente repressiva, destinata però a essere frustrata per ovvi motivi: i fascicoli si ammucchiano nei banchi delle Commissioni, la cartaceità (espressione cara al collega D’Alfonso) divora alberi e soprattutto tempo, e così ci ritroviamo a tarda notte a vederci impediti perfino in quella che per un parlamentare dovrebbe essere l’attività di elezione: parlare (perché questa dichiarazione di voto è stata depositata in forma scritta).

Qui bisogna capirsi.

Se l’emergenza esiste sul piano sanitario, allora se ne deve tenere conto anche su quello economico, e in questo senso nell’approvare questi provvedimenti ribadiamo il nostro auspicio di interventi più incisivi.

Per dirlo in un altro modo, un’emergenza che giustifica simili forzature della Costituzione formale, a nostro avviso avrebbe dovuto giustificare anche forzature delle regole di bilancio europee, a maggior ragione in quanto queste ultime sono certamente sospese (mentre la Costituzione non dovrebbe esserlo)...


(...l'ho conclusa a penna perché dovevo consegnarla. Il resto lo leggete sullo stenografico. Quelli bravi lo leggeranno fra le righe...)

lunedì 11 maggio 2020

Il piano B

"B" come bozza.

Come tappa necessaria del vostro percorso di riavvicinamento alla realtà, mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione un dato che dovrebbe essere evidente: è estremamente difficile tenere segreto un documento di una minima complessità (come un decreto), per il semplice motivo che a un documento simile devono necessariamente lavorare decine di persone, che devono coordinarsi fra loro e avvalersi del consiglio di decine di altre persone.

Mi rendo conto che per voi, abituati da tempo a considerare l'esercizio del potere come atto monocratico di quella che in tavernese stretto potremmo chiamare aaaaabolidiga, vista come un unicum indistinto e animato da una singola e ben definita volontà (un po' come la Germagna o aaaaCina), questo sia veramente difficile da concepire. Dice: "Conte fa er decreto! Ma nun pò tenello pe' ssè?". Il livello, ahimè, è questo, e la democrazia deve essere veramente molto bella, se riusciamo nonostante tutto ad amarla...

Eppure, guardate intorno a voi!

Quanto è difficile mettersi d'accordo in famiglia, in coppia, o anche semplicemente con se stessi!? Ogni aggregazione umana, anche quella composta da un singolo individuo, è un coacervo di interazioni (al limite con se stessi) e di conflitti (al limite, di dissidi). Si evidenziano ruoli e posizioni distinte, che alla fine vanno espresse e mediate per venirne a una. Pensa poi quando, oltre a venirne a una, occorre anche formalizzarla, sottoporla a approvazione politica (non necessariamente in sedi formali), ecc. Quanti passaggi! E ognuno di questi passaggi è una fonte di possibili "leaks", come oggi si chiamano, tanto più in un mondo in cui il giornalismo, avendo chiaramente abdicato, per manifesta inadeguatezza, alla sua potenziale funzione di fornire analisi e prospettiva (un grafico come quello del post precedente non lo troverete mai in un giornale), si è ridotto al commérage, al pettegolezzo di vicinato, allo stenografico del buco della serratura (chi ha pensato male si vergogni!), insomma: al retroscena, e tanto più in un mondo in cui l'apparire (sul giornale) fa premio sull'essere.

Quindi qualcuno disposto a spifferare qualcosa per avere un posticino di favore in qualche trafiletto si trova sempre (e quello che fa sclerare gli operatori informativi è che invece a qualcun altro di apparire non importa proprio nulla, avendo da tempo totalmente disintermediato il rapporto con i lettori).

Su questo vorrei innestare un paio di considerazioni.

La prima è che, ovviamente, di segretezza non ha proprio senso parlare quando violarla è vantaggioso. Un caso di scuola è la tatticuccia del Governicchio, che ad ogni decreto manda in giro bozze su bozze per ottenere gratis due servizi: sui social media la correzione dei principali errori materiali, e sui media tradizionali un gigantesco sondaggio. Quello che non apprendono dalle categorie produttive che non incontrano lo apprendono dalle grida che (giustamente) si levano dai media al riscontro della sciatteria e dell'involontario (?) sadismo di certe norme.

P.Q.M.

come dicono i giuristi, io non commento mai, ma proprio mai mai mai, le bozze, e anche se ovviamente mi arrivano, e per riguardo al mio ruolo mi arrivano prima che agli altri, non le diffondo. Decreto è quando esce in Gazzetta. Da quel momento è anche legge, immediatamente efficace, ed è opportuno che da allora, non da prima, i fenomeni che ci governano e i cittadini che hanno votato i partiti di maggioranza si confrontino con la realtà. Noi non facciamo ostruzionismo, come dicono certi operatori informativi scarsamente familiari con i regolamenti parlamentari, ma da qui a chiederci di lavorare gratis per il regime credo che ne corra.

Ognuno si prenda le sue responsabilità!

La seconda considerazione l'abbiamo già svolta in occasione della Brexit. Come ricorderete, alla mia richiesta fatta nella primavera del 2016 se la Commissione stesse considerando i possibili impatti macroeconomici del dopo-Brexit, la risposta di un funzionario fu che dalla fine del negoziato con Cameron gli uffici tecnici della Commissione avevano smesso di studiare questi impatti, per il semplice motivo che inevitabilmente qualcuno del gruppo di lavoro avrebbe parlato, e così facendo avrebbe palesato il fatto che la Commissione considerava possibile la Brexit, dando un segnale politico inopportuno. La retorica politica era infatti quella negazionista, as usual: TINA (there is no alternative), abbiamo solo un piano A. Ammettere l'esistenza di un piano B (come Brexit), ovvero: considerare la Brexit come un'alternativa possibile, avrebbe indebolito sul piano negoziale la Commissione. La morale della favola la traemmo all'epoca, ed era che "organizzazioni mastodontiche sono condannate ad arrivare impreparate agli appuntamenti con la SStoria".

Questo vale sempre, e l'odierno dibattito su un decreto che non c'è dovrebbe darvene sufficiente prova.

Se per un attimo uscite dalla cornice (frame) in cui i nemici della democrazia vi hanno costretto, se per un attimo vi guardate intorno, e riportate alla scala di organizzazioni come il MEF (un singolo ministero che da solo "fa provincia", come dicono a Roma) la complessità decisionale del vostro vivere quotidiano, se cortesemente, non per fare un favore a me, ma a voi stessi, smetteste di ragionare in termini di aaaaaaboledega e ibolitisci, immediatamente comprendereste che le cose non stanno come nei modelli di quegli altri fascisti intrinseci che sono gli economisti neoclassici, modelli in cui un singolo decisore razionalmente sceglie fra una serie di contingency plans ognuno dei quali ha una ben precisa e ben nota distribuzione di probabilità.

Le cose stanno in un altro modo, stanno come le racconta Rilke nei Quaderni di Malte Laurids Brigge che vi leggevo qualche sera fa. La realtà è "indescrivibilmente particolareggiata".

E quindi?

E quindi chi vi parla di piani B nel migliore dei casi non sa quello che dice.

E anche questo dibattito lo consideriamo chiuso qui, perché non c'è molto da replicare, né da commentare. Un semplice: "Grazie, non ci avevo pensato!", o anche "Grazie, non mi ero accorto che ce lo stai dicendo da almeno quattro anni!" sarà sufficiente, ma non è necessario.


(...e nel peggiore?...)

sabato 25 aprile 2020

Sull'ordine dei lavori (3)

Nel tentativo vano di mettere ordine nella mia posta mi imbatto in questa lettera:


Caro Senatore Bagnai
in un recente discorso al Senato Lei si è rivolto al Presidente Conte come “giurista e seconda carica dello Stato”, purtroppo la seconda carica dello Stato era in Aula in quel momento e Le aveva appena affidato la facoltà di parlare......


Che c'entra col 25 aprile? Secondo me c'entra.

Tutti avete visto che in aula mi stavo appunto rivolgendo al mio Presidente, quello che ho eletto, e che, come sa chi non è sceso oggi da Saturno, vuole essere chiamato "signor Presidente" (non "signora Presidenta"), perché ama l'Italia e la sua lingua. Tant'è che quando poi ho voluto rivolgermi a quello che invece non vorrei come Presidente del Consiglio, perché disprezza la democrazia e il Parlamento, l'ho chiamato esplicitamente Signor Presidente del Consiglio. Ma poi tutti sanno che in aula ci si rivolge al Presidente dell'Assemblea, e anche chi non lo sa dopo un po' lo impara: sono frequenti i richiami all'ordine in questo senso (l'art. 85 esplicitamente dice che "gli oratori parlano all'Assemblea", il che vale ad evitare battibecchi, e siccome "Signora Assemblea" non starebbe bene, all'Assemblea ci si rivolge per il tramite del Presidente, cosa che il Presidente appunto ricorda ogni volta che parte il battibecco, onde evitare che scatti l'art. 87 del Regolamento - e visto che siete così bravi, quello ve lo studiate da voi...).

Ma soprattutto, tutti dovrebbero sapere quello che voi qui avete imparato. La lunga strada di questo blog, quella percorsa insieme, e quella ancora da percorrere, è lastricata di attacchi kamikaze da parte di sconsiderati ebbri della propria sicumera e obnubilati dalla propria crassa ignoranza dei fatti, delle cose e delle persone, come il nostro nuovo amico diversamente ortografico (la punteggiatura è il marker sovrano: i puntini di sospensione sono rigorosamente tre).

Ecco, volevo dirvi questo: festeggiare il 25 aprile, per me, significa lavorare, come sto lavorando, per liberare anche un poverino simile, uno che pensa di insegnare a me che Maria Elisabetta Alberti Casellati, non Giuseppe "Pacchetto" Conte, è la seconda carica dello Stato. A uno così non possiamo pensare di spiegare la precisa intenzione politica e retorica di rivolgermi esattamente alla seconda carica dello Stato in un discorso in cui denunciavo il più violento attacco alla Costituzione mai perpetrato dal 1948 ad oggi: ci sono cose che se potessero essere capite non andrebbero spiegate. Una scarsa lucidità di simile ampiezza preoccupa, in un momento come questo. Ma non bisogna soggiacere alla tentazione di pensare: "Meno male che c'è la crisi: ora verrà a prenderti, e avrai meno tempo per disturbare chi ne sa più di te!"

Perché anche lui, anche questa persona cui ho dovuto dedicare pochi, preziosi secondi del mio tempo, devastati dall'inutilità e dalla sciocchezza della sua osservazione, è un italiano. Oppure, più prosaicamente, perché anche questa persona che non aveva niente di meglio da fare che mettere il suo nome e cognome sotto questa monumentale prova di ignoranza è un contribuente, è il cliente di qualcuno, ed è il fornitore, o il lavoratore, di qualcun altro.

Piaccia o meno.

Un organismo è fatto di tante cellule. O ci salviamo tutti, o non si salva nessuno. Questo è quello che mi avete chiesto, e questo è quello che sto cercando di fare. Magari ricordatevene anche voi. Capita sempre lo sciocco che ti dà ai nervi. Basta evitarlo. Se dovessimo ripartire solo con quelli che hanno capito che cosa è successo, diciamo che dovremmo affrontare una crisi demografica di ampie proporzioni. Non dimenticatelo mai. Il Paese lo dovremo ricostruire anche con chi lo ha distrutto e lo sta distruggendo.

(...no man left behind...)

domenica 12 aprile 2020

Sovranità usurpata

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;

e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperché non sanno

così i costituzionalisti stanno uscendo dalla loro turris eburnea, a uno, a due, magari domani a tre, e noi, che tante volte e in tanti modi abbiamo cercato di coinvolgerli (ad esempio qui e qui), restiamo comunque nel dubbio che lo 'mperché ancora non sappiano, cioè che ancora non sia a tutti loro chiaro, per motivi antropologici, epistemologici e sociologici (in ordine alfabetico), quale dovrebbe essere il punto focale di questa loro preoccupazione che finalmente si estrinseca, ovvero il fatto che un sistema che prevede come unica valvola di sfogo la compressione dei salari, (De Grauwe dixit: "ridurre salari"), necessariamente dovrà comprimere i diritti politici. Questa deriva autoritaria è oggettiva: dato che i salari sono la fonte di reddito della maggioranza, questa, vistasi lesa nei suoi diritti economici, prima o poi voterà contro. L'unico modo che il sistema ha di perpetuarsi è comprimere, insieme ai salari, la democrazia.

As simple as that.

Bene così, e mi perdonino gli autorevoli colleghi per quello che suona come un amaro sarcasmo, perché lo è. D'altra parte, le due terzine che ho citato sono immediatamente precedute dal mio endecasillabo preferito:

ché perder tempo a chi più sa più spiace.

Oh, quanto tempo è andato perduto, sprecato! E quanto ci ha addolorato, questa perdita di tempo, quanto lancinante è stato l'assillo di noi che vedevamo il nostro Paese scivolare lungo un piano inclinato al termine del quale non poteva che esserci la compiuta metamorfosi del fascismo finanziario (Tremonti dixit) in fascismo politico!

Noi vedevamo, noi denunciavamo...

Ma non dobbiamo guardare indietro! Non è perché si sveglia solo quando l'acqua lambisce il lino delle sue candide lenzuola in prima classe che chi sa fare cose sia inutile, anzi! Capita che le conversioni tardive siano assistite dal sacro zelo del neofita, che, quando non è un intralcio, è una risorsa, e quindi noi, che siamo il dibattito, esattamente come dobbiamo bloccare senza remissione né misericordia i provocatori, dobbiamo accogliere senza rampogne né diffidenza questi risvegli tardivi, dobbiamo valorizzarne il contenuto, dobbiamo nel modo più neutrale e asettico possibile portarli a conoscenza dei nostri concittadini.

Con questo spirito ecumenico voglio segnalarvi un bellissimo articolo che ho letto oggi, il cui autore è stato niente meno che Presidente della Corte Costituzionale in un periodo in cui il dibattito già esisteva.

La tesi

L'articolo è molto leggibile ma ve ne riassumo comunque per sommi capi il contenuto.

Partendo dall'affermazione che è improprio e pericoloso parlare di sospensione delle garanzie costituzionali, perché sarebbe sufficiente "per fronteggiare lo stato di necessità, applicare quanto è scritto nella Carta costituzionale" (e se una cosa non serve a nulla serve a qualcos'altro, come qui sappiamo), l'articolo descrive con preoccupazione due processi degenerativi in corso da tempo: il disprezzo verso la democrazia parlamentare, su cui qui tante volte ci siamo spesi in inutili allarmi, che non incombevano a noi per settore scientifico-disciplinare (in particolare quando abbiamo criticato la raison d'être dei nostri amici ortotteri), e la progressiva alterazione della gerarchia delle fonti, cioè l'effetto domino che ha portato "il decreto legge al posto della legge, l’atto amministrativo al posto del decreto legge" (anche di questo qui ci siamo occupati, quando vi ho spiegato in dettaglio che cosa sia diventato il processo legislativo ordinario: "la vera attività legislativa infatti si svolge ormai in un altro modo, cioè "agganciando" a un treno-decreto un vagone-emendamento"). Un effetto domino nella sfera legislativa che si affianca ad un altro, in quella esecutiva: "Il Parlamento è troppo lento e rissoso per essere in grado di sfornare atti normativi con la tempestività imposta dalle drammatiche circostanze determinate dall’espandersi del contagio. Ci pensa il Governo; anzi, siccome lo stesso Governo è lento e litigioso al suo interno, ci pensa il Presidente del Consiglio dei ministri".

Con squarci storici suggestivi e impressionanti l'autore mette in evidenza i tremendi rischi di queste derive che il mito del "decisionismo" rende tollerabili se non addirittura auspicate da popolo ed élite: "quel benefico decisionismo, il cui deficit sarebbe alla radice di tutti i mali. Si diceva lo stesso nella Germania di Weimar. Sappiamo come è andata a finire".

L'autore riconosce poi con saggezza l'esistenza di alcuni vincoli oggettivi e soggettivi allo svolgimento della normale attività parlamentare: ravvisa vincoli soggettivi in "eventuali atteggiamenti non collaborativi dell’opposizione", e vincoli oggettivi nella "difficoltà di riunirsi delle Camere, a causa della necessità di osservare rigorosamente le precauzioni necessarie ad evitare la diffusione del contagio, anche all’interno delle sedi parlamentari". Per ovviare a entrambi questi limiti l'autore propone, in assenza di riserve di legge di rango costituzionale o di altro tipo, di modificare i regolamenti parlamentari in modo tale che la conversione dei decreti possa avvenire in sede redigente o addirittura (non è chiaro) deliberante, con un duplice vantaggio: tempi più rapidi (questi in effetti si avrebbero solo nella sede deliberante, che elimina il passaggio in assemblea, e credo che a questo si riferisca l'autore quando parla di "procedimento decentrato"), e ovviamente il coinvolgimento di un minor numero di parlamentari, con minori rischi di contagio.

L'ultimo paragrafo è ugualmente interessante e riguarda un altro grande tema sollevato dalla crisi, il rapporto fra emergenza e sistema delle autonomie, su cui non entriamo per non appesantire il discorso.

La diagnosi

La diagnosi dell'autore è a mio avviso tanto illuminante quanto condivisibile, anche se, a mio avviso, necessita di due integrazioni.

La prima è che, suppongo per economia di trattazione, nel denunciare l'aggressione "bottom-up" alla potestà parlamentare, tale per cui argomenti oggetto di riserva di legge come le libertà personali vengono in nome del decisionismo gestiti per atto amministrativo, l'autore non si sofferma su un'altra aggressione, ben più risalente e penetrante, quella che avviene "top-down" in base all'affermazione del principio della supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale. Come qui abbiamo ampiamente discusso, grazie al lavoro di Luciano Barra Caracciolo e di Vladimiro Giacché, i principi fondamentali dei Trattati sono in larga parte incompatibili con quelli della nostra Costituzione. Vale la pena di ricordare la semplice radice di questa antinomia: la Costituzione di una Repubblica fondata sul lavoro (Art. 1 comma 1 Cost.) oggettivamente entra in conflitto con quella di una Unione basata sulla stabilità dei prezzi (Art. 3 comma 3 TUE), per il semplice motivo che la dinamica dei prezzi è legata non all'offerta ("stampa") di moneta, come ha dimostrato il fallimento di Draghi nel raggiungere l'obiettivo di inflazione al 2%, ma alla dinamica della disoccupazione (curva di Phillips, esercito industriale di riserva, ecc.).

Quindi, se vuoi prezzi stabili, devi sacrificare lavoro (occupazione), e se vuoi tutelare il lavoro (piena occupazione), devi sacrificare la stabilità dei prezzi (o ridefinirla in modo compatibile).

Ciò pone ovviamente il tema di chi debba cedere il passo quando questo conflitto si estrinseca, tanto più che, come è stato autorevolmente ricordato se non erro da Omar Chessa nel convegno sopra citato, il principio della supremazia del diritto unionista di fatto legittima l'aggressione di norme di rango costituzionale, o comunque di rango primario, da parte di norme di rango secondario: i Regolamenti UE, che sono, per definizione, immediatamente esecutivi (come i decreti legge). A titolo di esempio, riallacciandomi a un tema che qui abbiamo visto venire prima di altri, il diritto costituzionale alla tutela del risparmio è stato aggredito dal complicato intreccio di due direttive (la BRRD e la CRD) e un regolamento (il CRR), aggiungendo al vulnus di una aggressione alla Costituzione a colpi di normativa secondaria quello di una totale opacità, tale per cui la stessa Autorità Bancaria Europea si è sentita in dovere di emettere delle linee guida per aiutare le autorità nazionali ad orientarsi (!) in questo complesso inviluppo.

Non è solo il cesarismo nostrano, che pure c'è (ci sarà pure un motivo se nell'ultima discussione sulla fiducia qualcuno in aula ha "cripto-citato" Shakespeare...), a mettere in crisi la gerarchia delle fonti: l'imperialismo altrui fa la sua parte. Mi piacerebbe sinceramente sentire il parere dell'autore su questo punto: appartiene anche lui al consesso di chi nell'art.11 della Costituzione legge il termine "limitazione" (restringo l'uso di un "oggetto", la sovranità, che appartiene a me popolo) come "cessione" (cedo - a chi precisamente? - un oggetto che solum è mio, la sovranità, e che quindi da lì in poi non mi appartiene più)?

Sarebbe utile saperlo, perché la summa divisio si pone a quel livello.

C'è poi una sfumatura, che però a me pare importante. L'autore sembra ritenere che Schmitt non ci aiuti a inquadrare la situazione attuale, e su questo mi permetto di dissentire, assistito dall'incipit della Politische TheologieSouverän ist, wer über den Ausnahmezustand entscheidet. "Entscheiden über" significa decidere (su qualcosa), non comandare (in o durante qualcosa). L'etimologia rimanda insomma a una opzione radicale, una cesura fra due alternative: lo skeidan del tedesco antico è parente dello scindere latino e italiano (Martinetus saprà aiutarci a trovare il nonno sanscrito di questi nipotini...). Ma insomma, a me pare che Schmitt semplicemente (etimologicamente) dica che sovrano è chi "ci dà un taglio" e decide che si è in stato di eccezione, indipendentemente dal fatto che sia poi in grado di governarlo o sia chiamato a governarlo. Certo, come dice l'autore "lo stato di eccezione schmittiano – di questi tempi spesso evocato – presuppone uno spazio vuoto" che non sarebbe ipotizzabile "nell'Italia repubblicana e democratica". Concordo. Ma uscendo dal condizionale e entrando nell'indicativo, a me viene da dire che questo Governo che decide su tutto ma non governa niente, in virtù di questo stesso modus operandi certifica di aver usurpato la sovranità al popolo.

Insomma, se diamo della frase di Schmitt una lettura positiva, più che normativa, essa ci aiuta a capire che molta, troppa strada è stata già fatta. Detto ancora in un altro modo: non leggerei la frase di Schmitt come una giustificazione per quanto sta accadendo (come l'autore deplora che alcuni facciano), ma anzi, a contrario, come il più elevato grido di allarme circa la piega che le cose stanno prendendo.

Su alcuni falsi miti

Passiamo dalla diagnosi alla terapia, cioè al suggerimento di modificare i Regolamenti parlamentari consentendo che la conversione dei decreti legge avvenga in sede deliberante anziché referente (e cioè eliminando il passaggio in assemblea). Vorrei valutare con voi se queste modifiche siano effettivamente necessarie e quale forma dovrebbero prendere.

Intanto, parto dal dato incontestabile: la gestione dell'Assemblea e della Commissioni è in effetti resa piuttosto difficile dal pericolo di contagio. Al Senato, in particolare, sono pochi gli spazi che consentono una sicura operatività per le Commissioni: la Sala Koch, la Sala Nassiriya, l'aula Difesa, e più o meno basta. Quanto all'Assemblea, per riunirla mantenendo le distanze di sicurezza si sono spostati gli stenografi in uno dei due balconi soprastanti al banco della Presidenza, si sono fatti accomodare nei due ordini di tribune alcuni senatori, scelti ovviamente fra quelli non iscritti a parlare, e si sono chiamati gli iscritti al parlare al banco delle Commissioni, per evitare che aspergessero i colleghi (asperges me et aegrescor...).

Il distanziamento sociale è quindi gestibile, ma inibisce una parte importante, forse la più importante, perché meno visibile e non codificata, del lavoro politico, fatta di lavoro degli uffici (come vi ho spiegato in dettaglio qui), anch'esso inibito a causa di restrizioni di orari e di spazi, di accordi giustamente riservati presi in corridoio sussurando all'orecchio del vicino (cosa ora vietatissima), di decisioni prese nella concitazione delle votazioni coordinandosi con la mimica facciale (ovviamente impossibile se si è mascherati). Questo significa che nel momento in cui si ha meno tempo a disposizione, occorre più tempo per mettersi d'accordo, cioè per comunicarsi le proprie reciproche posizioni. Quindi, per riassumere: la parte "scenica" del lavoro politico, la sacra rappresentazione, è preservata, ma quella sostanziale è sostanzialmente intaccata, e su questo nessuna modifica del Regolamento può incidere. Starà a noi politici creare altre forme di coordinamento informale, e lo stiamo facendo, ma qui il Regolamento non può aiutarci.

Vorrei ora sfatare una mitologia cui l'autore mi sembra soggiacere, quella del già citato "Parlamento lento e rissoso" (che asintoticamente riconcilia con la sua trasformazione in bivacco di manipoli...) e degli "atteggiamenti non collaborativi delle opposizioni" (che a tendere giustificano la derubricazione a odio di qualsiasi espressione di dissenso). Mi preme dimostrare che nulla di tutto questo incide sul tema che l'autore affronta, ovvero sulla rapidità di conversione dei decreti legge, e quindi nulla di tutto questo giustifica, se non a livello del più becero gossip giornalistico, il rifiuto del Governo di servirsi dello strumento del decreto legge.

La dimostrazione si basa su due dati di fatto: primo, questa opposizione non sta facendo ostruzionismo; secondo, se anche facesse ostruzionismo, non riuscirebbe a ritardare i tempi di un provvedimento su cui in ogni caso il Governo intende porre la questione di fiducia.

So che questa sembra un'opinione politica (cioè, per il PD, una manifestazione di odio da denunciare al Ministro della Verità!), perché equivale alla dichiarazione di un membro dell'opposizione che se ci sono stati ritardi la colpa è della maggioranza! Ma la ritualità del Parlamento, che ai decisionisti (non all'autore) spiace, serve proprio a separare le opinioni dai fatti e dal loro resoconto.

Servendomi appunto del resoconto, chiarisco il primo passaggio (questa opposizione non sta facendo ostruzionismo). Vi ho fatto vedere qui in che modo la maggioranza ha fatto ostruzionismo a se stessa presentando 533 emendamenti e perdendo una marea di tempo nel ritirarli (il relativo verbale è qui). Posso dire con cognizione di causa, perché è il mio lavoro, che questa seconda parte della storia avrebbe potuto essere gestita in modo più efficiente; deploro qui che manchi a verbale il mio intervento sull'ordine dei lavori a tal proposito.

A contrario, posso farvi vedere come funziona l'ostruzionismo quando deriva non dall'inconsistenza della maggioranza, ma dalla pertinacia dell'opposizione. Un esempio è qui, nella discussione del decreto dignità. Semplicemente, una volta passati all'esame degli articoli, su cui ci si premura di presentare una mole esorbitante di emendamenti (quindi 2000, non 204 come abbiamo fatto noi), si chiede di intervenire in dichiarazione di voto su ogni singolo emendamento (per non più di dieci minuti, art. 89 comma 3 del Regolamento). Il Regolamento consente un intervento per gruppo (art. 109 comma 2), ma naturalmente, per tutelare le opinioni di tutti, è altresì consentito a ogni parlamentare di intervenire per motivare il suo eventuale dissenso dal gruppo, purché il numero dei "dissociati" sia inferiore a quello della metà degli appartenenti al gruppo. In pratica, nella lunga notte del 5 agosto 2018 le nostre opposizioni, in particolare quelle di sinistra, utilizzarono questa tattica intervenendo sistematicamente in dichiarazione sia a favore che in dissenso (divertentissime le dichiarazioni di voto in dissenso del senatore Laus).

Ma, alla fine, questo a che cosa porta?

Nei lavori di Commissione non vengono contingentati i tempi per gruppo, e quindi ogni gruppo interviene quanto desidera purché nei limiti del Regolamento (quelli appena ricordati). Tuttavia, più di tanto non puoi tirarla in lungo perché la durata complessiva dell'esame in Commissione è comunque limitata: è la capigruppo a decidere quando va in Aula (cioè in Assemblea) il provvedimento. Di conseguenza, il massimo risultato che un feroce ostruzionismo può ottenere è che non si termini il lavoro in Commissione, cioè che non si riesca a votare il mandato al relatore. Ciò costringe il Governo a elaborare un maxiemendamento su cui porre la fiducia per recuperare il lavoro emendativo della maggioranza (altrimenti decaduto), oppure a rivotare tutto in Assemblea, dove comunque i tempi sono contingentati e il canguro consente di andare spediti. In altre parole: l'opposizione non può  far perdere tempo alla maggioranza, e in particolare non lo ha fatto col Cura Italia, tant'è che il provvedimento è andato in Assemblea col relatore (su quello che è successo dopo taccio per carità di Patria). Ancora in altri termini: in questo assetto regolamentare, che, come ha spiegato tanto bene Azzariti a questa comunità, comprime fortemente i diritti dell'opposizione, il massimo che questa possa ottenere con l'ostruzionismo è di dover rinunciare ai propri emendamenti!

Quindi, non solo in questa fase di emergenza l'opposizione non sta facendo ostruzionismo, e per un lungo periodo non ha fatto nemmeno opposizione (la famosa storia della cabina di regia), come vi ho appena dimostrato per tabulas, esercitando la pedagogia dell'esempio e dell'esperienza, ma se anche facesse ostruzionismo non riuscirebbe a prolungare più di tanto i tempi dell'esame.

Questo significa che da un lato è ancor più incomprensibile e ingiustificabile il ricorso ai DPCM, e dall'altro, per quanto pregevole, è probabilmente superflua la proposta di spostare la conversione dalla sede referente alla deliberante. Una proposta che anzi, a mio avviso, crea più problemi di quanti non ne risolva, e mi affretto a spiegare perché, anche allo scopo di evidenziare un'altra dimensione del malcostume legislativo che ci affligge.

Omogeneità

Premesso che l'articolo del Regolamento del Senato su cui intervenire non sarebbe il 78 citato dall'autore (che semplicemente descrive l'ordine dei lavori sulle leggi di conversione), ma il 35, che riserva all'esame in sede referente una serie di provvedimenti (quelli in materia costituzionale e elettorale, quelli di delegazione legislativa, le ratifiche di trattati internazionali, le conversioni di decreti legge e poco altro), immaginiamo che cosa sarebbe successo se il Presidente Alberti Casellati avesse potuto decidere di assegnare alla Commissione 5a in sede deliberante il Cura Italia (cioè se l'articolo 35 del Regolamento non fosse esistito). Il Presidente Bagnai, vistosi sottratto l'esame di un articolo composto da 5 titoli di cui due di materia della sua Commissione (uno sul fisco e uno sulle banche), per tutelare il ruolo dell'organo parlamentare da lui presieduto avrebbe sollevato immediatamente un problema di attribuzione chiedendo l'assegnazione alle Commissioni riunite 5a e 6a. Ma dato che il primo titolo del provvedimento tratta di materia sanitaria, altrettanto avrebbe potuto fare il Presidente Collina. E saremmo arrivati a tre Commissioni riunite.

Fatto fermo il principio che le decisioni sull'assegnazione sono prerogativa esclusiva del Presidente, resta comunque che l'esclusione del passaggio in Assemblea renderebbe piuttosto cogenti le richieste delle altre Commissioni coinvolte per materia. Si potrebbe infatti argomentare che senza passaggio in Assemblea i senatori specializzati in un determinato ambito (la fiscalità, la sanità, la giustizia, ecc.) non avrebbero modo di esaminare compiutamente il provvedimento e di incidere su di esso. Questo è chiaro anche all'autore, tant'è che correttamente cita la facoltà di passare "al procedimento ordinario, su richiesta del Governo, di un quinto dei membri della commissione competente e di un decimo dell’assemblea" (art. 35 comma 2 del Regolamento).

Non solo: questo è anche successo. Nella conferenza dei capigruppo che ha disposto l'esame del provvedimento, a fronte di una posizione del PD, che sostanzialmente voleva che si svolgesse l'esame  in sede referente nella sola Commissione 5a senza sedi consultive (privando così la Commissione Finanze del diritto di esprimersi su un provvedimento che per due quinti la riguardava!), mi sono trovato a portare avanti la necessità di esaminare il provvedimento in sede referente nelle Commissioni riunite 5a, 6a e 12a coinvolgendo in sede consultiva le Commissioni interessate (Giustizia, Affari costituzionali, Agricoltura). Il punto di caduta è stato l'esame in sede referente nella Commissione 5a con l'esame in sede consultiva in tutte le altre Commissioni (quella di coinvolgere tutte le altre Commissioni è stata una posizione presa dal PD semplicemente a titolo di ricatto, visto che da parte nostra ci siamo rifiutati di dare l'unanimità a un calendario che non accoglieva la nostra richiesta di avere il premier in aula per comunicazioni sul MES: dovendo così portare il calendario in votazione, il PD si è fatto autostruzionismo imponendo la convocazione di Commissioni anche non interessate - e che infatti i rispettivi presidenti poi non hanno convocato, per poi poter dire che "i leghisti cattivi mettono in pericolo la salute dei parlamentari..."). Quattro ore di conferenza dei capigruppo... la vita è fatta anche di queste cose, come il Presidente Silvestri sicuramente saprà!

E qui si arriva a un punto cruciale. La proposta del Presidente Silvestri avrebbe perfettamente senso se il Governo si attenesse, nella decretazione d'urgenza, a quel principio di omogeneità di materia su cui mi pare che la giurisprudenza della Corte, dopo alcune oscillazioni, abbia poi definitivamente allargato le maglie (ma qui confesso di non essere un esperto, e chiederei l'aiuto al costituzionalista di turno).

Chiarisco il tema dal mio punto di vista operativo: se, come nella Lega avevamo auspicato, il Governo fosse intervenuto con provvedimenti puntuali (visto che comunque ne ha emessi una selva, senza minimamente concordare con l'opposizione questo percorso), e se, in particolare, avesse fatto un decreto molto semplice: sono sospesi gli adempimenti fiscali e i pagamenti delle rate dei mutui full stop, questo decreto, nello scenario ipotizzato dal Presidente Silvestri, sarebbe stato facilmente convertibile in sede deliberante (quindi senza passaggio in Assemblea) dalla Commissione 6a, rientrando pienamente nell'alveo delle sue attribuzioni. La linea scelta dal Governo, invece, cioè quella di scrivere di fatto una specie di legge di bilancio con collegato fiscale incorporato, avrebbe di fatto reso obbligatorio il procedimento scelto dal Presidente Alberti Casellati anche se le modifiche regolamentari auspicate dal Presidente Silvestri fossero state apportate.

Spero di aver chiarito il punto: il fatto che la Corte Costituzionale (e, devo credere, la Presidenza della Repubblica) si sia progressivamente orientata verso un'interpretazione molto estensiva dell'art. 15, comma 3 della L. 400/1988, che recita "i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo", ritenendo che  "l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate ovvero dall'intento di fronteggiare situazioni complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti a materie diverse, ma orientati all'unico scopo di apportare rimedi urgenti" (tradotto: tana liberi tutti!), complica in modo significativo il lavoro degli organi parlamentari competenti. Già il lavoro di due Commissioni riunite non è agevole per motivi logistici e organizzativi, figuriamoci con tre o quattro, come sarebbe giustificabile data l'eterogeneità dei provvedimenti che il Governo sta emanando! Tre Commissioni sono una settantina abbondante di persone, esclusi i funzionari: neanche la sala Koch può contenerle in sicurezza, bisognerebbe lavorare in Assemblea, con tutte le complicazioni del caso.

Questo vale in emergenza, ma le cose non vanno molto meglio in tempi normali: la disomogeneità dei decreti è solo un altro dei sintomi tramite cui si manifesta quel degrado della democrazia parlamentare che l'autore stigmatizza. Un sintomo subdolo, ma non per questo il meno letale.

Concludendo

Se il problema procedurale della farraginosità (o della rissosità) delle sedi referenti esistesse, per risolvere la questione aggirando l'ulteriore problema della disomogeneità dei provvedimenti si potrebbe anche pensare di assegnarli in sede deliberante a una Commissione speciale (facoltà già concessa al Presidente dall'art. 35 comma 1 del Regolamento, ma ovviamente non per le leggi di conversione).

Tuttavia, come ho cercato di farvi capire, il problema non esiste.

Questo Governo decide per DPCM e non per decreto legge per i motivi che il Presidente Silvestri correttamente individua (una risposta "decisionista" alle scissioni insanabili della maggioranza, che si riflettono nella compagine governativa), e perde tempo non per colpa del Parlamento, ma semplicemente perché sta aspettando da Bruxelles il permesso di impegnare ulteriori risorse, permesso che gli verrà dato quando avrà infilato il collo del paese nel cappio del MES, cioè di quel meccanismo in grado di imporre condizioni sufficientemente draconiane a garanzia di chi ritiene di essere nostro creditore. La possibilità di ricorso al MES andava semplicemente tolta dal tavolo del negoziato. Il non averlo fatto è una capitolazione, come correttamente rilevano qui altri due costituzionalisti in un altro bell'articolo che vi segnalo. In che modo il Governo sia stato ricattato, se con la minaccia di scatenargli contro "i mercati", o con quella di una feroce procedura di infrazione a emergenza finita, non so dirvelo. Ma è andata così, e ora il nostro paese è a un bivio, il bivio che Dani e Menéndez lucidamente descrivono (alla buon'ora!).

Il tempo è stato perso così, aspettando in pista l'autorizzazione al decollo. L'opposizione e il Regolamento del Senato c'entrano ben poco. La compressione della democrazia ha altre origini, quelle che in queste poche pagine ho affrontato in sintesi, e alla cui denuncia ho dedicato gli ultimi dieci anni. Se vorremo riconoscere l'esistenza del vero problema, sapremo trovare insieme una soluzione vera.

Benvenuti?

giovedì 2 aprile 2020

Criminal minds

No, non sto parlando dei "padri fondatori" (quelli della "durezza del vivere", dell'"un giorno ci sarà una crisi", ecc.). Sto parlando proprio di Criminal minds. Oggi, mentre lavoravo, mi sono immedesimato in un personaggio di quella serie, e sono scoppiato a ridere. Il paragone più calzante è anche il più inatteso. Vi lascio fare le vostre supposizioni, e chi indovina vince un fascicolo di emendamenti (respinti, ovviamente...).

Nel frattempo, però, sine ira et studio, vi voglio far notare un dettaglio che oltre a fare la delizia dell'intenditore potrebbe anche mettervi sulla buona strada. La prassi parlamentare prevede che quando un provvedimento viene sepolto da una valanga di emendamenti (il che accade abitualmente per la legge di bilancio e per provvedimenti omnibus) si proceda con la tecnica dei "segnalati". I gruppi, come è normale, tendono a presentare più emendamenti di quanto sarebbe idealmente necessario: ogni parlamentare risponde a un territorio; ogni intervento può tradursi in più emendamenti per lasciare aperti spazi di manovra (un esempio del tutto casuale: se caricare un'imposta come la plastic tax è piuttosto improprio in un periodo in cui la nostra economia è a pezzi e alla plastica affidiamo la nostra sopravvivenza - guanti, occhiali protettivi, tubi per ventilatori... - d'altra parte abrogarla tout court può essere visto come un approfittare della situazione per piantare una bandierina politica. Una strada di compromesso può essere proporne la sospensione, e allora per lo stesso intervento presenti due emendamenti: uno che riflette quello che vorresti perché ti sembra più razionale, e uno che riflette quello che ritieni possa essere il punto di caduta accettato anche dalla controparte).

In questo modo è facile che, a prescindere da intenti ostruzionistici, gli emendamenti possano essere parecchie centinaia. Quando gli emendamenti sono stati depositati e pubblicati, quando ognuno ha fatto contenti i suoi elettori, quando gli operatori informativi hanno appagato la loro scopofilia, allora si comincia a ragionare.

Il comune interesse è che i lavori procedano spediti, quindi, salvo che ci sia un'esplicita volontà ostruzionistica, il Governo, d'intesa col Presidente di Commissione, chiede ai gruppi di "segnalare" gli emendamenti cui tengono particolarmente, con la promessa di prenderli in considerazione in cambio del ritiro degli altri. Ricorderete (forse) che su ogni votazione occorre un parere del relatore e del Governo: mi sembra chiaro che preparare una griglia di 200 pareri è più facile che prepararne una di 2000, visto che un gesto politico non è mai banale, e quindi il Governo non può semplicemente limitarsi a dire "no" pregiudizialmente, così come non può farlo l'opposizione. Il rischio di rifiutare una proposta giusta, o addirittura che i partiti di maggioranza hanno sostenuto, o stanno sostenendo, e di fare quindi una figura barbina c'è sempre, per cui bisogna studiare sempre, anche quando è sostanzialmente inutile. Meglio deflazionare il contenzioso...

Al decreto "cura Italia", in nome del patriottismo, ci era stato chiesto di presentare solo 200 emendamenti. Raccolte tutte le istanze dei colleghi, eravamo a circa 300. Quindi, si sono dovute fare delle prime scelte dolorose. Poi, a uno dei tanti tavoli col Governo, il Ministro per i rapporti col Parlamento ci ha chiesto di segnalare solo 20 emendamenti per gruppo. Noi abbiamo fatto il possibile, ma avendo un programma che solo per l'economia prevedeva dieci assi di intervento, siamo riusciti a scendere a circa una quarantina, con un certo malumore di chi aveva lavorato su un tema, e al momento cruciale vedeva che nel bilanciamento dei vari equilibri si decideva di accantonare il suo lavoro. Non fa piacere, anche se naturalmente la disciplina e lo spirito di corpo aiutano ad accettarlo.

Pensate un po' con quale gioia abbiamo quindi accolto la seguente agenzia:


+++CURA ITALIA, 519 EMENDAMENTI SEGNALATI. 81 DAL PD, 106 DA FI+++  

Public Policy) - Roma, 02 apr - Sono 519 - tra emendamenti e sub - i segnalati dai gruppi al decreto Cura Italia, all'esame della commissione Bilancio al Senato. 
 Nel dettaglio: 42 dal Movimento 5 stelle (41 emendamenti e un sub); 41 da Leu; 54 dal Misto; 81 dal Pd (56 emendamenti e 25 sub); 58 da Italia viva (47 emendamenti e 11 sub); 51 da Fratelli d'Italia (43 emendamenti e 8 sub); 106 da FORZA ITALIA (71 emendamenti e 29 sub); 45 dalla Lega (43 emendamenti e due sub); 41 dalle Autonomie (34 emendamenti e 7 sub).
 (Public Policy) @PPolicy_News 
  GAV 
 021308 apr 2020


Lo statistico che è in me non ha saputo resistere alla tentazione di calcolare il numero di segnalati pro capite, così come già avevo fatto per gli emendamenti, e il risultato è stato questo:



Vincitore anche in questa classifica il gruppo delle Autonomie (vedi alla voce: ogni parlamentare risponde al suo collegio, ma qualcuno risponde più degli altri, per ovvi motivi; ho visto riapparire con simpatia un certo emendamento su quelle bande musicali che hanno allietato tante mie serate estive, ma che in effetti con il COVID19 c'entrano poco). Noi, anche questa volta, sul podio della correttezza, con solo 0,7 emendamenti segnalati per membro del gruppo (medaglia d'argento; la medaglia d'oro come al solito a chi non ha molto interesse a creare problemi...). Certo che non è bello, dopo esserti lacerato le carni ed esserti esposto ai rimbrotti dei tuoi compagni, che ti accusano di averli trascurati, vedere che il gruppo Misto/Leu ha segnalato più del doppio di emendamenti, per una media di 4,5 a testa! Comunque, questa distribuzione ci dice molto delle tensioni interne alla maggioranza.

La domanda sgorga quindi spontanea: perché mai dovrebbe piacere a noi un decreto che piace così poco a chi lo ha scritto?

Ma non divaghiamo.

Allora: in quale personaggio di Criminal minds mi sarò identificato, mentre disciplinato e tenace mi aggiogavo al duro compito del legiferare?