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martedì 20 giugno 2023

L'irresponsabilità della Banca centrale

All’inizio di giugno 2022 il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento al sistema bancario, quello praticato dalla Bce alle banche che le chiedono liquidità, era ancora pari allo 0%. Un anno dopo, con effetto da domani, a seguito di una raffica di aumenti senza precedenti, lo stesso tasso raggiungerà il 4% (i dati dell'inflazione sono qui e quelli dei tassi di interesse qui).

I risultati non si sono fatti attendere:


(i dati del Pil vengono da qui e i tassi di interesse sono espressi come media trimestrale).

L’Eurozona ha prima visto dimezzare la sua crescita dallo 0,8% della primavera 2022 allo 0,4% dell’estate, poi dall’autunno è entrata in recessione (quella recessione che i media pudicamente qualificano di "tecnica", quasi a sminuirne l'importanza), in controtendenza rispetto ai Paesi OCSE non europei, dove la crescita prosegue a tassi trimestrali attorno allo 0,6%.

Il capolavoro della Bce risalta meglio zoomando sugli ultimi trimestri:


Questo risultato fatalmente danneggerà un Paese come l’Italia, che grazie alla resilienza del proprio sistema produttivo ha finora stupito in positivo tutti i previsori internazionali. Ma è soprattutto un risultato di cui non si capiscono né la tempistica, né la logica. L’inflazione dell’Eurozona è aumentata di 9 punti dalla fine del 2020 al giugno del 2022. Perché la Bce non è intervenuta prima, in modo graduale, anziché applicare all’ultimo momento una terapia d’urto, per di più mentre l'inflazione stava rientrando? Forse perché non ha capito la natura del processo inflattivo in atto. I prezzi sono mossi dalle forze della domanda e dell’offerta, e in questo momento i commentatori più autorevoli vedono l’origine del processo inflattivo nei vincoli di offerta, nella mancanza di investimenti in ambiti come quello delle fonti di energia e delle infrastrutture. Ma la Bce, invece di creare un ambiente favorevole agli investimenti, mantenendo i tassi di interesse a un livello sostenibile per imprese e famiglie, ha deciso che l’unico rimedio contro una inflazione da offerta è strozzare la domanda, col rischio di creare condizioni di insolvenza per famiglie, imprese, istituzioni finanziarie. Il risultato sarà che domanda e offerta si incroceranno a un livello più basso: sarà cioè una recessione strutturale.

Sono loro a dirlo, seguiti dallo stormo dei pappagalli commentatori: bisogna raffreddare la domanda (un proposito insensato, quando in tutta evidenza il problema non è l'eccesso di spesa ma la carenza di alcuni beni: prima le fonti di energia, ora le materie prime necessarie per la transizione ecologica). Significa, in pratica, che l'unica soluzione che la Bce ha da offrirci per combattere l'inflazione è lasciar crescere la rata del mutuo delle famiglie, costringendole a spendere di meno, così che il negoziante non venda e pur di liberare gli scaffali abbassi i prezzi. In sintesi: affamare la famiglia e far fallire il negoziante. Lo stesso ragionamento vale per le imprese e la loro domanda di beni (che in macroeconomia si chiama "investimenti fissi lordi", cioè spese per formazione di capitale fisso: macchinari, capannoni industriali, mezzi di trasporto, ecc.).

In sintesi: l'induzione deliberata di una recessione è l'unico strumento di cui disponga la Bce.

Decenni di elaborazioni teoriche raffinatissime, ispirate a un altezzoso disprezzo delle teorie keynesiane, viste come semplicistiche e non al passo coi tempi, ci restituiscono come unico risultato la saggezza popolare dei keynesiani anni '50, quelli che dicevano che non puoi spingere un oggetto con una corda (per significare che con la corda della politica monetaria non puoi spingere la crescita, ma solo tirarla indietro, cioè, appunto, impiccare l'economia). Tanti studi, tanta spocchia, tante brillanti carriere accademiche costruite inanellando banalità col latinorum dell'analisi funzionale, per poi ritrovarsi nel momento del bisogno alla casella di partenza dell'elaborazione macroeconomica postbellica!

L'inflazione viene spesso paragonata alla febbre. Se un paziente ha la febbre, ucciderlo è un modo efficace per riportare la sua temperatura sotto controllo, e l'impiccagione è una delle possibili strade. Chi usasse questo metodo però non vorrebbe considerato un medico, ma un assassino (indipendentemente dalla sua laurea). Se la Bce non sa proporre altri antipiretici, occorrerà necessariamente aprire un dibattito sul suo ruolo. Un'istituzione che imposta le proprie politiche su previsioni la cui comica fragilità e fallacia hanno meritato una menzione di disonore negli annali della statistica:


un'istituzione sistematicamente incapace di raggiungere e mantenere quell'obiettivo di inflazione al 2% che non i Trattati, ma lei stessa si è data (manifestando così uno spettacolare quanto inquietante difetto di prudenza e lungimiranza), sarà chiamata, se non dai cittadini e dai loro rappresentanti, dalla Storia, a fare un passo indietro. Per quel poco che valgono le correlazioni, e avendo sempre riguardo alla loro natura meramente descrittiva, è interessante notare che la correlazione fra tasso di inflazione e tasso di interesse nel primo grafico è positiva e significativa (a 0,46), mentre quella fra tasso di inflazione e tasso di crescita nel secondo grafico è negativa (a -0,10), ma sale a un simmetrico -0,46 se si elimina il vistoso evento anomalo determinato dalla pandemia (che ovviamente inquina la stima del coefficiente).

Paperoga Bce funziona quindi solo a metà come i libri di testo dicono che dovrebbe funzionale: se da un lato i suoi aumenti del tasso di interesse mandano l'economia in recessione (in pieno accordo con la teoria economica standard), dall'altro non frenano, ma accompagnano, l'inflazione (in totale disaccordo con la teoria economica standard). Abbiamo a che fare con un problema culturale (la fallacia della teoria tautologica secondo cui l'inflazione "è un fenomeno monetario") che diventa un problema politico di prima grandezza.

Errare è umano, perseverare è Lagarde: indipendenza non può voler dire irresponsabilità, una moderna democrazia semplicemente non può permettersi una simile gigantesca mancanza di accountability. Quello che oggi diciamo solo noi qui inascoltati diventerà presto una richiesta corale: un'istituzione che si pone al di sopra di tutte le leggi, tranne quella di Murphy, è una minaccia seria e attuale alla stabilità economica e sociale del nostro lembo di terra emersa.

lunedì 4 aprile 2016

Ancora sulla logica eurista (terzo addendum): Belgio e USA

(...vi ricordo le puntate precedenti, sempre attuali: il manuale, il primo addendum, il secondo addendum...)


L'ultimo mese ci ha portato due ulteriori teoremi di impossibilità strepitosi. Vere chicche per intenditori: non crediate che tutti i piddini siano in grado di apprezzarne la portata, ma se li unite ai due precedenti...

Comunque, valutate voi:


1) Lo stato belga è fallito perché ha una struttura federale, quindi risolviamo il problema creando uno stato federale europeo.

(..eccerto! Perché se il problema è che fiamminghi e valloni non si parlano in Belgio, ovviamente la soluzione è costruire un'Europa dove i lituani parleranno coi portoghesi, no? Ma se in qualsiasi vocabolario - anche quello lituano - unione, cooperazione e coordinamento sono tre parole diverse, un motivo ci sarà, no?...)


2) Oggi ci vuole l'euro perché tutto è diverso, quindi costruiamo un sistema dove gli Usa sono costretti a finanziarci come al tempo del piano Marshall.

La (2) forse non è chiara a tutti, è un po' più sottile. Ci spendo due parole in più.

Dal tempo de Il tramonto dell'euro metto in guardia contro i pericoli insiti nel voler creare una valuta di statura mondiale mondiale (l'euro) senza volersi prendere la responsabilità di gestirla per rifinanziare gli squilibri che essa crea, e insisto sul fatto che ciò ci avrebbe messo in urto con gli Stati Uniti, che sarebbero fatalmente stati chiamati a "metterci una pezza" (per cui invece della pace locale, che non ci sta dando, l'euro ci avrebbe dato un conflitto globale). In termini aulici, un sistema che rinforza la Germania nel suo ruolo di venditore netto di beni e servizi al resto del mondo, costringe gli Usa a un ruolo di acquirente di ultima istanza, di sostegno unico e solo della domanda mondiale, ruolo che, oltre a non essere sostenibile ad infinitum (soprattutto se lo status di "moneta del mondo" acquisito dal dollaro viene messo in discussione), comunque non è sempre compatibile con gli obiettivi interni della politica economica statunitense (guardate il tira e molla della Yellen sui tassi: poverina, non sa che pesci pigliare, e non solo perché è una specialista di economia del lavoro...).

Il dilemma di Triffin non muore con Bretton Woods, e questo non so quanti lo abbiano capito in giro, come non so quanti intuiscano il ruolo del TTIP in questo quadro: uno strumento che garantisca finalmente agli Usa una posizione esportatrice netta verso l'Europa (come l'euro l'ha garantita alla Germania verso il Sud dell'Europa), in un mondo nel quale la capacità degli Usa di finanziarsi stampando dollari è progressivamente destinata ad affievolirsi.


Con queste premesse, abbiamo via via evidenziato la crescente insofferenza degli Usa verso gli atteggiamenti europei che esacerbavano queste tensioni. Un'insofferenza manifestatasi ad esempio nelle ricorrenti lamentele del Tesoro e più in generale dell'establishment americano verso il surplus tedesco (qui uno degli ultimi esempi), e nei crescenti contrasti in seno al Fmi (ricordate qui). A proposito di questi ultimi, avrete visto l'ultimo episodio. Non entro nel merito delle tante cose che qui sappiamo: l'uso delle crisi come metodo di governo, la natura intrinsecamente politica di organismi dichiarati tecnici, ecc. Questo è piuttosto banale per noi e ormai anche fuori da qui non possono nasconderlo.

Il punto che mi preme mettere in evidenza è quello del quale si accorge perfino il Financial Times:


Il Fondo monetario internazionale, dopo aver proposto il piano di aggiustamento del quale abbiamo indicato qui l'assurdità e il totale spregio dell'evidenza scientifica e della vita umana (nota: presidenta francese, capo economista francese - ma tanto keynesiano, signora mia! - e banche francesi più esposte di quelle tedesche verso la Grecia: cosa poteva venirne fuori?...), adesso si rende conto che non può mettersi in urto con tutti i paesi emergenti per continuare a finanziare gli squilibri causati dall'euro, e quindi vuole - pilatescamente - lavarsene le mani e lasciare il cerino alla Germania. Pilatescamente, perché gli squilibri, che il Fmi oggettivamente non ha creato (preesistevano al suo intervento), sono però oggettivamente stati amplificati dall'assurda ipotesi del Fmi che il moltiplicatore dell'economia greca fosse 0.5, per cui l'austerità avrebbe risolto tutto (mentre ha risolto solo i problemi di qualche banca francese).

A beneficio degli italiani medi, propongo una metafora calcistica: è un Francia-Germania 1 a 0 che simultaneamente equivale a un Europa-Usa 0 a 1. Ai feticisti delle quote rosa segnalo che buona parte di questo scontro si gioca fra tre gentili signore: Lagarde, Merkel, Yellen.

Il desiderio del Fondo di lavarsene le mani, sottraendosi alle critiche che esso stesso ha provocato quando si è fatto mandatario dell'interesse di un solo creditore (o gruppo di creditori), indica bene da quale parte verrà il rompete le righe: saranno gli Stati Uniti ad arrendersi all'evidenza e a riconoscere che la profezia di Kaldor, avverandosi, rischia di costar loro un sacco di soldi. A guerra fredda finita, l'euro è il modo più stupido e quindi più costoso di garantirsi uno stato cuscinetto fra impero americano e ex impero sovietico. Le tensioni in Europa sono costose, oltre che pericolose. Volendo essere precisi, questa situazione non è solo irrazionale, ma anche immorale. Abbiamo ridotto la Grecia a un paese del terzo mondo e ci stiamo buttando un sacco di soldi continuando a chiedere politiche controproducenti (ora e sempre tagli), quando in fondo di quei soldi ci sarebbe bisogno in giro per il mondo per finanziare lo sviluppo di paesi che tutto sommato stanno (ancora per poco) peggio di noi. Ma naturalmente, così come è assurdo pensare che la Germania si unisca a paesi più deboli per farli diventare più forti, è anche assurdo immaginarsi che istituzioni di chiara impostazione imperialistica agiscano per appianare le differenze fra centro e periferia dell'impero! Solo che ora il gioco sta sfuggendo di mano a tutti...

Naturalmente, prima che da queste verità si traggano le debite conseguenze deve andare in scena la "democrazia più grande del mondo". O almeno queste credo siano le intenzioni. Poi, ovviamente, ci può sempre essere qualche pazzo che pensa veramente di uscire dalla "stagnazione secolare" con una guerra mondiale, come può anche darsi che a questa si arrivi senza che nessuno lo abbia veramente voluto (credo sia sempre successo così), ma non abbia nemmeno fatto nulla per smontare il meccanismo istituzionale in vigore, il cui esito naturale è un crescente livello di conflittualità fra Europa e Stati Uniti (ampiamente previsto nel Tramonto dell'euro, perché ampiamente prevedibile).

E ora aspettiamo fiduciosi i prossimi QED, ricordandoci la saggezza popolare: il creditore fa i debiti, ma non le coperture...