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giovedì 24 ottobre 2024

Dr. Bagnai e Mr. Palla

 (...oggi ero a pranzo con pregiati esponenti della classe dirigente - peraltro renitenti alla leva del #goofy - e si parlava appunto di quanto i figli tendano a somigliare ai padri. "Prendete me!" dicevo: "Quando stavo per terminare la carriera universitaria, me ne sono andato in Senato. Ora che arriva la legge di bilancio, mi eclisso per incidere un disco. Ogni volta che si arriva a un punto di arrivo, mi faccio sviare da una nuova curiosità [e in effetti, aggiungo per voi, perché loro non avrebbero potuto capire il riferimento, la persistenza nella compilazione di questo blog è il vero dato anomalo della mia esistenza]! Così lui per evitare di studiare si era messo a lavorare, poi per evitare di lavorare si era rimesso a studiare, poi per evitare di finire gli esami si era rimesso a suonare, si era comprato la tastiera Midi, arrangiava canzoni e andava in giro a cantarle. Una eterna ricerca del male minore, la bussola delle mie interminabili giornate in Parlamento. Ma alla fine un punto fermo è stato costretto a metterlo..."

E come viatico, ha avuto queste mie sagge parole: "Questo è solo un inizio!"

Che, se vogliamo, sono un po' tautologiche, perché la fine non sappiamo quando sarà, e non c'è finché non arriva - ma in quel momento, epicureamente, smettiamo di esserci noi! L'unica cosa che posso presumere, sulla base delle statistiche, è che nel mio caso sia più vicina dell'inizio. Mi capita di pensarci, ed è per questo, in definitiva, che sto cercando di mettere ordine nelle cose. Oggi una è andata a posto. Ci vediamo domani!...)

venerdì 1 settembre 2017

Ars longa, vita brevis

Oggi ho imparato come si dice tarassaco in inglese: dandelion. Insomma, la pissenlit, negli USA, è un Löwenzahn. Me l'ha detto un tedesco che insegna a New York. Ho imparato anche qualcosa sui dialetti tedeschi, e su quelli francesi, soprattutto sulla frontiera linguistica, ma non voglio annoiarvi. Qualcosa sapevo anch'io. Per esempio, a Fribourg non si dice "je t'attends", ma "j'attends sur toi". Chi non sa perché... è un europeista! Poi mi hanno chiesto di parlare dell'euro... e ho risposto: "Ma vi rendete conto? Con così tante lingue, una sola moneta! Come può funzionare?"

E abbiamo ricominciato a parlare di nomi: un red mullet è un rouget barbet (Mullus barbatus), e una Squilla mantis? Bè, quella non sapevano come si chiamasse a casa loro, perché a casa loro... non c'è!

Non è bello poter viaggiare per il mondo, e trovare cose delle quali ignori il nome?

E poi si muore.

Io, per stasera, mi accontento di dormire...



(...er Palla ha passato l'esame di matematica. La sua linea politica era: "Ma che me ne frega di stare attento in classe! Tanto poi vado da babbo che mi spiega le cose in un modo che si capisce!" In effetti, ho il vantaggio di non essere un matematico. Così, l'hanno stangato - per come se ne batteva la ciolla - e agosto è passato derivando. Dopo l'esame, a base di x/(x^2-16) e minchiatine similari, gli faccio: "Allora vedi che studiare serve?" E lui: "Sì". E Uga: "Strano...". E io: "Come!?" E lei: "Strano che l'abbia detto. Comunque, sono contenta che la pensi così...". E pure io. L'esperienza è la madre di ogni scienza...)











giovedì 18 maggio 2017

18 anni fa



(...svegliarsi a ore assurde per dargli l'aggiunta... un incubo... ma era sempre meglio di adesso: più sanno parlare, meno capisci quello che vogliono... perché sono loro a non saperlo! Comunque, la testa ce l'ha. Quando dovrà farlo, la userà. Temo voglia fare l'economista...)

(...e 18 anni dopo John può attendere. Mi scuserò, così non la prenderà come una mancanza di rispetto o di interesse, perché certo non è tale. Quando scrive nel suo campo lo leggo con enorme piacere...)

(...allora ci vediamo dopodomani a Gavirate...)

(...Roberta è uguale. Lui decisamente no...)

domenica 10 luglio 2016

I sottotitoli

Er Palla s'è fatto dare francese. Ovvio gesto di rifiuto della figura paterna, data la mia nota facondia in quell'idioma (Bagnai lepeniiiiiiista...).

Martinetus, noto lenone nonché psicologo dell'età evolutiva, suggeriva, durante un nostro recente simposio: "Sinite parvulum venire ad me! A Losanna ce stanno certe regazze! Vedrai che poi gli viene voglia di studiare la lingua...".

Questa mattina, dopo essermi svegliato alle 4:30, aver calcolato i disallineamenti del cambio reale italiano rispetto ai principali partner, come da disegnino:



ed essermi fatto un'oretta di corsa con 28 gradi centigradi (a 5:46, perché frangar, non flectar, con quasi un litro e mezzo di disidratazione...), verso le 10 sento er Palla muoversi per casa. Scendo, e gli dico: "Sai, oggi dovremmo studiare un po' di francese...".

"Che palle!"

"Ma sai, tanto dobbiamo farlo. Ti faccio solo leggere qualcosa."

"Ma a me fa schifo parlarlo."

"Fai male, è un'ottima lingua, e poi può sempre tornare utile. Sostiene Martinet che lungo il Lemano la gnocca pullula."

"Che c'entra? La trovi pure qui, coi sottotitoli."







(...e gnente, manco la fica! Non si sa più come motivarli, questi giovini. Peraltro, è legge di natura che la straniera ami l'italiano truzzo, quello che parla poco. Rientra in un principio generale enunciato da Machiavelli e ripreso da Gadda, come ricorderete. Non entro nell'analisi sociologica e antropologica di come il rapporto dell'italiano con la straniera sia cambiato dai tempi miei a quelli della generazione Erasmus. Noi probabilmente eravamo eccessivamente interessati a mescolare i nostri DNA. I giovini odierni mi sembrano generalmente disinteressati ad accoppiarsi - o lo nascondono molto bene. Comunque, questo è un blog di economia, quindi eventualmente dovremmo occuparci di prostituzione! Tranquilli: torneremo presto a farlo...)

sabato 2 maggio 2015

A Celso e Martinet (post ad personas, non ad res)


Io: "Che significa alfa theta?"

Lui: "Bò!"

Io: "Come si scrive Atene in quella lingua del cazzo nella quale guardi i video dei fingerskate?"

Lui: "Athens".

Io: "Bene. Ora sai perché. Alfa theta sono gli athenaioi che vanno lì a dirgli: 'Ora o fate come diciamo noi o vi rompiamo il culo'. Che poi, come vedi, è un concetto pertinente alla situazione attuale, e sto parlando della nostra, non di quella europea".

Lui: "In effetti".

Io: "Leggi".

Lui: "Ma che palle, ma io non devo leggere, devo tradurre".

Io: "Leggi".

Lui: "Èmeis...".

Io: "Emèis".

Lui: "Emèis toìnun ute autoi... met'onòmaton...".

Io: "Onomàton".

Lui: "Met'onomàton..."

Io: "No. Da capo."

Lui: "Emèis toìnun ute autòi met'onomàton kalòn os... è".

Io: "Ma lo capisci che leggi da tre? C'è una virgola? A che serve la virgola? Se poi l'insegnante ti sente leggere così, capisce subito che tu non ci passi tempo sui libri. Dalla virgola."

Lui: "Os è dìkaios..."

Io: "Dikàios. Cazzo Guido, gli accenti ci sono, usali...".

Lui: "Os è dikàios ton mèdon katalusàntes..."

Io (lievemente spazientito): "Katalùsantes, da katalùo, direi, no?"

Lui: "Katalùsantes...".

Io: "No, dalla virgola."

Lui: "Os è dikàios ton mèdon katalùsantes... àrcomen è adicumenoi"

Io: "Scusa, cazzo, inizia con emèis. Chevvordì?"

Lui: "Noi".

Io: "Bravo. Dunque, guarda il bicchiere mezzo pieno: per una volta ha il soggetto sparato all'inizio della versione. Non è come al solito che devi cercarti il verbo per capire chi è il soggetto. Quindi, visto che siamo alla prima plurale, i verbi saranno alla prima plurale, giusto?"

Lui: "Sì".

Io: "Ecco. Altro pezzettino di storia: se quell'eta fosse articolo non avrebbe accento: ἡ. Quindi non è articolo. Cercalo sul vocabolario."

Lui bofonchia.

Io: "Trovato? È congiunzione, corrisponde al vel latino, vel vel, non aut aut, quello che oggi si scrive out out, chiaro? Quindi ogni eta regge la sua subordinata. Quindi: Os è dikàios ton mèdon katalùsantes àrcomen, è adicumenoi nun epexerchometha, che guarda caso è un'altra prima plurale al medio o quel che l'è. Devi arrivare fino al cazzo di verbo, fino a àrcomen. Non importa se non sai che vuol dire (mai sentito parlare di arconte?), importa che quello è il verbo e prima del verbo non ti devi fermare."

Lui sbadiglia.

Io: "Se fai un altro sbadiglio ti tronco di mazzate".

(...il padre di Baltimora... quello con una schicchera mi butta in terra... che tocca fa per insegnare il greco: voglio un'indennità di rischio dal liceo...)

Lui: "Scusa".

(...è un bravo ragazzo...)

Io: "Va bene. Allora, hai capito come funziona, questo ha il periodare simmetrico, come Cicerone, ti ricordi? Qui siamo a livelli di tecnica superiori. Però ora i pezzi ce li hai. Prima lezione: le congiunzioni ti aiutano a trasformare un problema complesso in tanti problemi semplici. Avanti."

Lui: "Logòn..."

Io (spazientito): "Lògon, cazzo".

Lui: "Lògon mèkos apìston...".

Io (più spazientito): "àpiston".

Lui: "àpiston...".

Io: "Dalla virgola".

Lui: "Lògon mèkos àpiston parexomen".

Io: "Bene. Qual è il verbo della principale."

Lui: "Archomen".

Io: "Sì, come persona e numero ci siamo, ma è in una frase introdotta dal vel, quindi in una subordinata".

Lui: "Parèxomen".

Io: "Oh, mo mme stai a piacé. Quindi parecho, che significa?"

Lui: "Una cosa tipo dare".

Io: "Bravo. Poi vediamo cosa. Intanto, scusa, seconda lezione: le preposizioni ti aiutano a togliere di mezzo noise, per individuare il signal. Esempio, nella prima riga, met'onomàton kalòn, metà col genitivo significa "con", e quindi..."

Lui: "...".

Io: "Onomastico?"

Lui: "...".

Io: "Non: mastica! Onomastico! Il giorno del nome: onoma onomatos... Nome, parola... Kalòs che significa?"

Lui: "Buono".

"MA COME "BUONO", CAZZOOOOOOO!"
































































































































(...era tutto più facile e io lo sapevo...)































































































Io: "Scusa: è "con belle parole", che sarebbe poi con un bel discorZetto... Gli Ateniesi non andavano esattamente lì a dirgli delle buone parole, a consolarli. E poi kalòs è bello: kalòs kai agathòs, come Renzi, per capirci".

Lui: "...".

Io: "È antifrastico".



Insomma, ve la faccio breve (è ad personas):


(...poi me sò rotto li cojoni...)


Di questo bel discorzetto degli Ateniesi non avevo memoria e forse non avevo mai avuto nozione. È stato uno di voi a parlarmene qui, non so se Celso (potrebbe essere) o Roberto, o chi altro. Questa mattina, in palestra (kalòs kai agathòs), fra una serie e l'altra. l'ho cercato su Internet col telefono (una roba inconcepibile quando il greco ero costretto a tradurlo per me) e me lo sono messo da parte per infliggerlo al povero Palla. Vorrei avere ora sedici anni, ora che capisco la potenza di questa architettura. Ma la cosa che più mi piace è, nella prima riga, quell'autòi, che al liceo avrei tradotto con una cosa del tipo "noi stessi" (in uzbeco: "stesso noi"), e che invece, oggi credo di capire (ma qui gli esperti siete voi) sottintende un ben preciso concetto: "Ma che ti pare che proprio noi - sottinteso: che non ci mettiamo niente a rompervi il culo - veniamo - cioè verremmo - qui a farvi un bel discorZetto mieloso e falso ecc."

Agghiacciante.

Ma certo, di cose agghiaccianti ne stiamo vedendo così tante, ultimamente...




(...e comunque er Palla mi parte battuto, cazzo, e questo non lo posso sopportare. Pensa l'ironia, caro Martinet: lui è all'aoristo terzo, quindi il perfetto non lo sa. Capisci quindi che imporgli una simile versione era da parte mia una grave αδικία, e tanto più apprezzerai la sottile ma implacabilmente logica ironia del Fato - alla quinta riga. Se semo capiti, no? Ma lui sapeva, perché l'aveva trasentito in classe, che il perfetto ha aumento e raddoppiamento - reduplichescion - e ha sgamato subito la seconda occorrenza di ἀδικέω - dopo il participio presente passivo alla seconda riga. Quindi è bravo. E allora perché parte battuto? Perché questa scuola lo ha frantumato. E ora tocca a me rimettere insieme i cocci, che per fortuna sono decisamente miei...)


Breaking news:  pare che sul registro elettronico (...) ci siano delle frasi da fare per mercoledì: Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste; verumtamen non sicut ego volo, sed sicut tu...