venerdì 31 dicembre 2021

Il discorso di fine anno

(...per i quattro(mila) gatti che sono rimasti qui, dopo il mio infame tradimento - che è quello di restare fedele al me stesso che io percepisco, non a quello che altri percepiscono nel loro allucinato delirio cataro - riprendo una consuetudine che abbiamo portato avanti, con qualche eccezione, negli anni precedenti:

Dal 2018 in poi non mi è stato possibile, per un motivo o per l'altro, dedicarvi del tempo a fine anno, e del resto anche quest'anno sono rimasto appeso a certe cose che dovevo chiudere fino alle 17:35 di due giorni fa, per la gioia degli assistenti del Senato che dovevano tenermi aperta la stanza, io unico senatore presente - ma la mia poltrona è molto freddolosa, mi chiedeva di scaldarla!

Di cose da dire ce ne sarebbero molte, ma a me interessa come sempre ragionare sul metodo, perché la democrazia è innanzitutto un metodo: questa è la premessa dalla quale ci siamo mossi. Non sto a dirvi se l'esperienza diretta di questo metodo, il diventarne concretamente parte, e soprattutto lo scontro con la percezione totalmente distorta - a loro svantaggio - che di questo metodo hanno molti elettori [mi riferisco specificamente ai diversamente intelligenti secondo cui in democrazia le decisioni si prendono a minoranza, per cui un partito col 17% può far cadere il Governo e comandare da solo: sì, esiste gente che ragiona così!] non sto a dirvi quanto questa esperienza diretta renda difficile resistere alla tentazione di considerare questo metodo molto sopravvalutato! Ogni giorno incontro, prevalentemente sui social, persone che mi riconcilierebbero con l'atteggiamento oligarchico e paternalistico di Aristide, il personaggio che mi aprì gli occhi sulla natura radicalmente antidemocratica della sinistra, come ricorderete. Mi riconcilierebbero, se questo fosse possibile. Ma purtroppo non mi è possibile piegarmi alla logica degli ottimati che pretendono o pretenderebbero di guidare il popolo verso un radioso futuro senza consultare il popolo stesso o magari agendo contro la sua espressa volontà. Per essere totalmente trasparenti: non mi è possibile non perché non creda che un buon pezzo di popolo non se lo meriterebbe, o perché non creda che questo metodo non sarebbe efficiente, ma perché più conosco gli ottimati e più sono preoccupato dalla loro scarsa consistenza. Insomma, senza pretesa di originalità sono ricondotto a pensare che la democrazia decisamente non è male se consideri l'alternativa, più esattamente se consideri chi impersona questa alternativa. Sono giunto a una specie di teoria lamarckiana della classe dirigente: un Paese i cui percorsi sono in larga parte esogenamente tracciati - e il PNRR è un pezzo di questo discorso, come alcuni scoprono a posteriori - non sviluppa l'organo "classe dirigente" perché non ne ha bisogno, atteso che della direzione che il Paese deve prendere si occupano altri, altrove. I "mandarini" locali quindi avvizziscono, come quelli che per scampare alle fauci del consumatore natalizio si nascondono nell'estremo recesso del cassetto del frigo... dove li coglie la muffa - fine ingloriosa e inutile! L'atrofia cui alludo è un pezzo non banale delle difficoltà che dobbiamo affrontare ogni giorno e che non è il caso di dettagliare più di tanto: basterà, appunto, l'avervi alluso, tenendo sempre presente che la politica viaggia sulle gambe delle persone, ed è per questo che una democrazia vera, fatta di ricambio e di contendibilità, mi dà più affidamento, in termini astratti, di un'oligarchia sclerotica, fatta di ristagno e rendite di posizione.

Proviamo allora a ragionare su come aumentare la nostra efficacia, che quella altrui resta un problema, appunto, altrui. Proviamo a fare l'inventario delle cose che credo di avervi detto in questo decennio e che possono esserci utili per mandare avanti il dibattito, o almeno per non metterci inutilmente nei guai, in un periodo in cui, più che in tanti altri, il primo obiettivo politico è e deve essere portare la pelle a casa...)

Credo che il collante più forte che ci raccoglie in questa comunità sia la serena consapevolezza del fatto che la vita è conflitto, e che politica è mediare, non negare, questo conflitto, perché la negazione del conflitto ha come esito inevitabile quello di esacerbarlo, come nel passo di Rilke che qui vi ho tante volte citato (la prima qui).

Insomma, siamo qui perché ci fa sorridere di tenerezza la sinistra che riscopre oggi, con virginale pudore, la lotta di classe (chiamandola "conflitto tra interessi", qui):


naturalmente con quel minimo di green washing (la giustizia climatica!?) oggi indispensabile per potersi dire "de sinistra".

Del resto, mettere in bottiglie apparentemente nuove (il green, il gender, quel che l'è...) un vino  solo apparentemente vecchio (il conflitto distributivo) serve a giustificare la propria assenza ingiustificata dal dibattito, serve a indurre nel gonzo di turno l'idea che fosse scusabile non aver più parlato e non parlare più di certi temi perché non sarebbero al passo coi tempi (eppure, anche quello fra Caino e Abele era un conflitto distributivo...), serve cioè a spogliarsi della responsabilità di aver contribuito a immiserire la dialettica intellettuale e politica di questo Paese creando un clima in cui qualsiasi tentativo di analizzare le dinamiche di classe veniva derubricato a "complottismo", appunto perché, come dice in uno sprazzo di lucidità Barbera qua sopra, la "sinistra" aveva deciso di sposare il paradigma neoclassico (nel senso della teoria economica: altri direbbero liberale, liberista, ecc.), quello secondo cui i comportamenti individuali vengono spontaneamente guidati da una mano invisibile a comporsi in un benessere collettivo in cui tutti gli interessi convergono. Qualsiasi manuale di politica economica ortodossa da due soldi, per il semplice fatto di non poter non parlare dei fallimenti del mercato, si trovava così istantaneamente più a sinistra del più sinistro degli intellettuali di sinistra!

Ricordo quanto mi stupì il commento, oggi non più rinvenibile, di una povera sciocca che su sbilanciamoci mi dava appunto del complottista semplicemente perché stavo illustrando le banali conseguenze in termini di distribuzione del reddito della scelta di aderire a un'unione monetaria. Da quell'osservazione capii che la battaglia sarebbe stata lunghissima, che un pezzo del Paese era ormai inservibile, lobotomizzato, che nulla sarebbe servito a coinvolgerlo in un percorso di presa di coscienza.  Ridurre a "complottismo" (l'ultimo rifugio dei cialtroni, come abbiamo visto in altre circostanze) l'oggettiva considerazione che le scelte economiche, essendo guidate dal movente del profitto, nella schiacciante maggioranza dei casi avvantaggiano alcuni più (o a danno) di altri: a me era chiaro nel 2011 (e suppongo a tanti altri anche prima!) quello che ai vari Barbera è chiaro oggi: questo atteggiamento era la morte della sinistra, più esattamente: la morte della possibilità di poter fare un qualsiasi discorso politico a sinistra. Ora ci stanno arrivando anche loro. Ma ora è un po' tardi.

Credo che sia per questo che, al netto di alcuni scleri individuali, la mia scelta di schierarmi in un partito conservatore non ha allontanato da questo blog tanti lettori sinceramente progressisti, probabilmente anche perché avevo provato loro ultra vires che a sinistra non c'era e non ci sarebbe potuta essere per lunghi anni a venire alcuna possibilità di costruire un percorso di riscatto (la famosa tabellina dello zero...).

Ora, è in qualche modo fisiologico che alla consapevolezza che la vita è conflitto si associ, nel discorso politico, una certa retorica bellicista: "Siamo in guerra! Nemico! Traditore! Disertore!..." e via vociferando. Fin qui, se non si travalica il buon gusto, in fondo non c'è nulla di male. Sinceramente, ne ho le gonadi ricolme di quelli che, ostentando un bon ton degno di miglior causa, puntualizzano di non aver "nemici" ma "avversari" politici, quando è del tutto ovvio nel loro argomentare e nel loro modus operandi che la loro personale traduzione della frase erroneamente attribuita a Voltaire (uno dei tanti fake della storia) è: "non sono d'accordo con quello che dici e conseguentemente ti ammazzerò se ti ostini a dirlo"! Diffidiamo da questi melliflui e farisaici araldi delle buone maniere! Non c'è nulla di male a riconoscere che lo scopo di ogni conflitto è l'annientamento dell'avversario: funziona così, niente di personale (possiamo credere a uno che se ne intendeva). Solo partendo da questa consapevolezza, purché sia profonda e sincera, si può restituire all'attività politica la sua nobiltà, che consiste appunto nel creare l'infrastruttura perché questo scontro non sia meramente distruttivo, perché tesi e antitesi, anziché annichilarsi come particella e antiparticella, vengano a sintesi.

Sembra tutto molto astratto, ma niente come una legge di bilancio ti riavvicina alla concretezza di queste considerazioni...

Quando però la (fisiologica) retorica bellicista si scolla dalla consapevolezza reale e vissuta del conflitto, quando diventa una bolla di vociferazioni narcisistiche incapaci di ricondurre a un disegno razionale la prassi politica, ecco, o addirittura suscettibili di avvitarsi in un delirio autolesionistico e autodistruttivo, quando succede questo credo che sia necessario intervenire per evitare malintesi e problemi. Berciare secondo me non è mai il migliore dei mezzi, e certamente è sempre il peggiore dei fini, se non altro perché contravviene a una elementare esigenza tattica.

Vorrei parlarvi di questo, dopo aver constatato (e l'amico Giacinto - sed magis amica veritas - è il paradigma di questo atteggiamento, ma ne potrei citare altri meno simpatici) che nella bolla dei social molti si sono presentati e tuttora si presentano col piglio marziale dei 300, salvo poi dimostrare, all'atto pratico, maggiore affinità coi 3ciento. Forse a questo punto urge un ripasso (dedico un minuto di raccoglimento al commosso pensiero che oggi un simile film non potrebbe essere concepito), per allineare questa bella d'erbe community e di animali a un dato apparentemente tautologico: se si è in guerra, si è in guerra, e quindi per portare qualcosa a casa - a partire dalla propria pelle - conviene comportarsi come in guerra. 

E come ci si comporta in guerra?

Dipende ovviamente dalle circostanze, come qui abbiamo lungamente spiegato parlando di Azincourt e altre storie europee. Se rimproveriamo ai nostri nemici (pardon, avversari...) di rifiutare il dato di realtà, un rifiuto che si palesa nel loro modus operandi, tutto basato sulla coazione a ripetere ("[fesseria a piacere] non funziona, quindi: ci vuole più [fesseria a piacere]"), una coazione che è la quintessenza riconosciuta (dicono da Einstein, ma è un altro fake) del rifiuto del dato di realtà, allora come primo asse strategico suggerisco di farli noi i conti con la realtà, per quanto ciò possa essere sgradevole. In questo spirito vi segnalo che purtroppissimissimo (spiace a me più che a voi) una serie di consapevolezze che qui abbiamo raggiunto attraverso un percorso analitico approfondito e scientificamente incontrovertibile, bene: queste consapevolezze sono largamente minoritarie, il che significa, visto che vi piace giocare alla guerra, che noi siamo in condizioni di inferiorità numerica (qualora non lo si fosse capito),

Purtroppo, è indispensabile partire da questo dato di realtà nelle sue varie sfaccettature, che condizionano quello che è possibile e quello che non è possibile fare. Ho cercato in mille e una maniera di spiegarvi che per chi è in condizione di inferiorità numerica è opportuno:

  1. non segnalare la propria posizione;
  2. non accettare il terreno di battaglia scelto dall'avversario;
  3. sfruttare la forza dell'avversario.

Partirei dal non segnalare la propria posizione, dal mimetizzarsi, dal non rendersi bersaglio.

Non so più come dirvelo. I social sono un luogo pericoloso. Sbraitare per avere qualche like, rovinandosi la vita, non mi sembra uno scambio vantaggioso. Non sto dicendo di rinnegare le proprie idee. Sto dicendo quello che ho sempre detto con parole non mie: siate prudenti. Vedo in giro una certa aspirazione alla testimonianza, intesa come martirio. Evitate. Gli altri non giocano. Un soldato morto non serve a nessuno: non serve al suo esercito, non serve alla sua famiglia. Avete visto che aria si respira in Commissione "odio"? Ecco: tenete presente la psicologia dei buoni. Contro di voi qualsiasi sopruso e qualsiasi discriminazione sarà accettabile, perché voi non siete i buoni, siete i cattivi. Purtroppo per voi partite svantaggiati numericamente e moralmente. Fatevi furbi. Tutelate il vostro anonimato e non usate mai mai mai toni inappropriati. A voi non verrebbero perdonati. Non segnalate la vostra posizione.

Aggiungerei, ma capisco che per molti sarà difficile accettarlo, che continuo a trovare stupido, concettualmente e comunicativamente, l'appiccicarsi addosso delle etichette come quella di "sovranista", indubbiamente giovevoli all'autostima di chi le ha create, ma assolutamente nefaste per una dialettica ordinata ed equilibrata. Anche a prescindere dal fatto che il 70% dei nostri concittadini assocerà l'idea di "sovranismo" a quella di monarchia (provate per credere!), il che apre a ovvi fallimenti comunicativi, resta il fatto che chi si richiama all'art. 1 della Costituzione repubblicana può semplicemente dichiararsi democratico, lasciando agli altri l'onere di provare di non essere fascisti nel momento in cui confutano i principi fondamentali della Costituzione. Ecco la differenza fra rendersi un bersaglio (cosa da non fare) e scegliere il proprio campo di battaglia (cosa da fare).

Approfondiamo il tema della scelta del campo di battaglia. Qui ne abbiamo già parlato: so benissimo che abbiamo tutti una certa urgenza di ritrovare la nostra libertà, ma è essenziale uscire dal perimetro. E uscire dal perimetro non vuol dire solo continuare a tenere un faro acceso su quello di cui non vogliono che parliate, che non è, credetemi, l'aggendah, ma, come sempre, la questione europea, che oggi prende le forme del MES e del PNRR. Vuol dire anche e soprattutto essere diversi da loro. Se opponete a un dogmatismo un altro dogmatismo, a una "verità" un'altra "verità", avete già perso, perché chi ha la forza (mediatica, politica, fisica) di imporre la propria verità non siete voi: sono loro. Non si può contrastare l'uso cialtrone e totalitario che alcune istituzioni fanno del concetto di "scienza" scambiandosi come un sacro Graal paper portatori di una verità alternativa, più "scientifica", più "vera". Non funziona così, purtroppo. Qui pressoché tutti noi si sono potuti fare un'idea, utilizzando canali appropriati, di che cosa stesse succedendo e di come sarebbe andata a finire. Ottimo. Credo di avervi già detto che la "verità" non ha alcun valore politico, se non hai i mezzi per imporla. Lo si vede nell'unico campo che vi interessa, ma lo si vede anche in altri campi. Indipendentemente dal merito, sul quale ho delle opinioni che dirò nelle competenti sedi istituzionali, capite bene che se un incidente di questa portata fosse accaduto, mutatis mutandis, a un politico di area sgradita (sostanzialmente, della Lega) ne avrebbe comportato le dimissioni immediate (è successo). Quelli che ti si avvicinano con l'occhio fisso, concentrato sull'ultima abbacinante verità da cui sono stati colpiti, che ti si aggrappano sussurrando: "Guarda questo paper, è de-fi-ni-ti-vo, guarda questo grafico, ma non capisci? Ma non vedi?", sbandierandoti l'ultimo numero del Chattanooga Journal of Fuzzy Epidemiology, di cui né loro né voi siete in grado di capire nulla... ecco, quelli lì: ma siete sicuri di non averli mai visti, frequentando queste pagine? Non vi ricordate quelli che Auritiiiiiiii, non vi ricordate gli ingengngnieri che "la moneta a debitooooooh", non vi ricordate i giornalisti che "il paper di Mossleeeeeeer"...

No?

Io sì, e ho già dato.

Non funziona così.

Fatevi un pochino più furbi.

Cominciate ad esempio a prendere in considerazione il fatto che non essere padroni del discorso ha delle conseguenze ovvie ma non trascurabili. La prima è che se qualcuno arriva (e resta) in televisione è perché ce lo fanno arrivare (pochi sono in grado di aprirsi una strada da soli), e se ce lo fanno arrivare nella stragrande maggioranza dei casi è perché farcelo arrivare è funzionale al loro, non al vostro discorso. Quindi ottimo che ci sia pluralismo di opinioni, ma occhio ad andar dietro alle opinioni alternative certificate dal mainstream (si dovrebbe capire che cosa c'è che non funziona, ma siccome non vedo molta coscienza di questo dato elementare, lo evidenzio). Conosco uno che le ha toppate tutte (a partire da quando si era messo a disposizione degli ortotteri, e lì mi fermo) ed è sempre lì, ancora lì, perché serve da sparring partner agli squadristi di turno. Sclerare in diretta contro chi ti provoca non è un segno di intelligenza né di forza: è un segno di debolezza. Impappinarsi nel citare dati scientifici fuori dal proprio settore disciplinare non è un segno di autorevolezza né di astuzia dialettica: è un favore fatto all'avversario. Se vi scegliete un araldo, perché proprio avete bisogno di schierarvi in campo aperto, dieci contro diecimila, sceglietelo almeno che non faccia di queste fesserie. Dirò di più: diffidate da chi fa queste fesserie, perché non vi porterà da nessuna parte, perché danneggerà una causa giusta con comportamenti sbagliati e questo non se lo può permettere nessuno. Vi consola fare la òla su Twitter? Io al posto vostro preferirei vincere. E per vincere al posto vostro è meglio essere trasparenti e pazienti.

Se è essenziale che siate consapevoli della vostra inferiorità (perché non siete maggioranza nel Paese), sarebbe altresì utile che vi rendeste conto delle conseguenze della nostra (di eletti) inferiorità numerica. Come ho dovuto spiegare oggi a uno di voi, posto che far cadere il Governo, questo Governo, fosse una cosa giusta da farsi qui ed ora (cosa di cui ovviamente dubito), un partito che ha il 20% non può far cadere un Governo che ha una maggioranza del 79% perché andandosene la porterebbe al 59%, cioè sei punti sopra la maggioranza del governo giallo-verde (che era del 53%).

Per favore, non fate rinnovato insulto alla vostra intelligenza chiedendo cose che non hanno senso aritmetico.

Ma, soprattutto, non fate insulto al vostro buonsenso ignorando un semplice dato della storia: in guerra perde chi abbandona il campo.

Ecco, forse questa è la cosa che è indispensabile che comprendiate, quella più ovvia, ma forse proprio per questo quella che sembra sfuggirvi con inesorabile e disperante regolarità.

Quelli che con accenti patetici, con un'eloquenza a dire il vero un po' ripetitiva e stereotipata, continuano a esortarci a uscire (come partito) o a dimetterci (come individui), poi se gli si chiede quale sarebbe precisamente il vantaggio che conseguirebbero dal nostro abbandono di campo individuale o collettivo non sanno che cosa dire. E certo! Perché il vantaggio non ci sarebbe, salvo forse la soddisfazione puramente narcisistica di poter dire a se stessi di aver votato per la persona giusta, assumendo che la persona giusta sia quella che alla prima difficoltà prende e se ne va. Un'idea sbagliata di persona giusta, ma va bene così. Voi credete, perché ve lo fanno credere, che fare politica sia andare di gesto magniloquente in gesto magniloquente, di azione dimostrativa (preferibilmente eclatante, come il simpatico amico dalla Lacoste rossa) in azione dimostrativa. Invece non è così. Invece è imparare un mestiere, creare una rete, assicurare una presenza, guadagnare ogni giorno un pezzettino di terreno, apprendere qualcosa ogni giorno, e tenerla in serbo fino al momento in cui tornerà utile, ricordarsela al momento giusto, guadagnarsi il rispetto col rispetto e la lealtà con la lealtà. Lavorare e creare ogni giorno le condizioni per lavorare meglio, assumere un ruolo e creare ogni giorno le condizioni per sostenerne uno più impegnativo.

Mando un forte abbraccio a chi vede il nostro futuro nel cimitero dei narcisisti, il gruppo misto. Massimo rispetto per chi vuol così bene a se stesso, pensando di meritarselo. Io non devo difendere la mia immagine, tanto meno di fronte a voi: io devo combattere la mia battaglia, per voi. Posso facilmente privarmi del piacere di fare sfoggio di eloquenza (verrà il momento) e sostituirlo con un esercizio di responsabile umiltà.

Perché, visto che siete così bellicosi e marziali, forse dovreste ricordarvi come funziona la vita militare (o immaginarlo, se non avete avuto la fortuna di passarci): c'è una catena di comando, c'è una gerarchia, e ci sono degli obiettivi.

Quali possano essere gli obiettivi ora, credo che offenderei la vostra intelligenza se ve lo spiegassi: non siete voi quelli che venivano a darmi lezioni di politica? Non sarò così scortese da ricambiare, e poi basta aprire il giornale: se ne parla ogni giorno, se ne sta parlando ora... Per quanto possa essere duro resistere, fra poco più di un mese sapremo in che scenario saremo, e potremo valutare gli obiettivi raggiunti. So che non posso chiedervelo, ma purtroppo, per quel che mi riguarda, parlandovi con la massima trasparenza e franchezza, fino a quel momento stracciarsi le vesti non ha alcun significato e non serve a nulla se non a far contenti gli avversari.

Non sarebbe invece meglio sfruttare la sterminata forza dell'avversario? Da quando siamo qui quanti ne abbiamo visti andare a velocità accelerata contro un muro? Distoglierli non ha più di tanto senso. Anche questo è sfruttare la forza dell'avversario.

Certo, questa è razionalità.

Poi ci sono le infinite dolorose vicende dei singoli individui, le frustrazioni soggettive, le oggettive difficoltà in cui la situazione attuale ci costringe (perché le limitazioni, caso mai non fosse chiaro, riguardano anche noi). Ci siamo sempre raccolti qui anche per condividere, per cercare conforto reciproco. Questo ora è più complesso, io non posso sempre tenere aperto questo spazio, spesso ho altro da fare. Però in effetti colpisce vedere come molti che venivano qui a condividere e partecipare si siano convertiti alla denigrazione a tempo pieno del lavoro che qui è stato e tuttora viene svolto. I "seguaci neri", come li ha battezzati Nat, qui ci sono sempre stati: ricordate Peter Yanez, col suo blogghetto cachettico, oggi sostituito dalla logorrea semicolta del grillino Sderenippo? Gente che non sta bene, ma anche gente che non abbiamo conosciuto. Delle loro meschine invidie, delle loro piccole frustrazioni, o magari della mancetta che lucrano per venire a rompere le uova nulla sappiamo e nulla vogliamo sapere. Viceversa, che persone che abbiamo conosciuto, accolto, cui ci siamo aperti, si comportino come un Serendippo qualsiasi, dedicandosi a tempo pieno a spalare sterco su chi, secondo loro, li avrebbe traditi (tradito cosa? Come? Quando?), bè, questa è una cosa che capisco possa dare fastidio. Però ricordatevi sempre della principessa Maria: tutto comprendere è tutto perdonare. Cercate di accogliere gli altri, o almeno di ignorarli. Ci aspettano momenti ancora più duri: ci sarà bisogno di quella parola tanto abusata e misconosciuta che è la compassione, la capacità di soffrire con gli altri, di condividere il loro dolore, che poi sarebbe, etimologicamente, la simpatia.

E poi c'è un'altra cosa di cui tenere conto, una illusione ottica alla quale sottrarsi. Mi rendo conto (lo ripeto) che possa essere duro per chi ha partecipato a questo blog fin dall'inizio, per chi si è sentito in famiglia, per le persone con cui ho condiviso tanto della mia esistenza, trovarsi all'improvviso tagliato fuori da un dialogo che per forza di cose si è dovuto interrompere: da un lato, non mi basta il tempo per vivere una vita e raccontarla; dall'altro, non tutto quello che faccio può né deve essere raccontato. Ecco, è soprattutto questo che credo dobbiate (a fatica) accettare. Con chi era qui, e meritava di esserci, abbiamo stretto un patto. Anch'io non avevo, e non ho, alle mie spalle "nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca". Questo patto ora esige che voi vi fidiate di me. La politica richiede i suoi tempi. I social hanno il tempo dell'immediatezza. La pretesa di controllare giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto i propri rappresentanti è folle e stupida. Ci giudicherete dai nostri risultati, ci giudicherete nel 2023. Esattamente come è vostro buon diritto votare per chi vi pare, incluso nessuno, né io farò nulla per convincervi del contrario che non sia comportarmi in modo coerente col nostro patto, al tempo stesso è mio diritto ignorare le sollecitazioni estemporanee del quotidiano, formulate con l'isteria di chi costruisce pretese sulla sabbia delle informazioni parziali e distorte dei media. Ho dimostrato sufficiente trasparenza, anche durante il mio mandato parlamentare (non credo che ci sia un singolo parlamentare delle diciotto legislature della Repubblica italiana che abbia speso un centesimo del tempo che io ho speso a spiegarvi la dinamica della vita parlamentare), e ritengo quindi di avere anche il diritto di non motivare ogni singolo passo di un percorso che per forza di cose (non penso di dovervelo spiegare) è complesso e tortuoso.

Potete non accettarlo: me ne farò una ragione. Ma il dato è che io non ho alcun obbligo di rendervi giornalmente conto delle mie scelte, così come non avrò alcun diritto di contestare la scelta che farete quando sarà il momento di farla. Funziona così, è sano che sia così. Il grillismo, la filosofia dell'invidia e del sospetto, nasce per avvelenare questo rapporto fiduciario coi miasmi di una pregiudiziale e paralizzante diffidenza. Siete naturalmente liberi di abbandonarvi a questo degrado ma magari, prima, sollevate le palpebre e datevi un'occhiata intorno.

E ora dedichiamoci alle nostre famiglie e ai nostri affetti, e ad accogliere l'anno che verrà. Un anno che inizia in salita, sotto tutti i profili.

Possa conservarci la salute e restituirci la libertà.

giovedì 23 dicembre 2021

Due discorsi

 (...eh, ma tu fai solo discorsi, si c'ero io ar posto tuo!, devi fare qualcosa!, fai cadere il Governo, no, anzi, entra al Governo, no, scusa, entra e poi fallo cadere, e comunque fai solo chiacchiere, a parlà sò bboni tutti,...)

Primo discorso

Il 23 giugno 2021 i giornal(on)i titolavano così:


e io intervenivo in aula così:

Signor presidente Alberti Casellati, signor Presidente del Consiglio, approfitto di questa discussione per sottoporre a voi e all'Assemblea due punti di attenzione, uno in una prospettiva di breve e uno in una prospettiva di medio termine. Credo che sia nostro dovere staccarci dalla contingenza e guardare avanti, perché prevenire è certamente meglio che curare, anche se questo - come argomenterò - non significa però che la profilassi possa sostituire o cancellare la terapia e viceversa. Ciò vale sia per il corpo umano, che per il corpo sociale.

La riflessione a breve riguarda la strategia di contrasto al Covid-19. A distanza di più di un anno della sua comparsa, possiamo dire di avere a che fare con una malattia estremamente grave e insidiosa, ma che in una grande quantità di casi ha dimostrato di essere curabile, se affrontata per tempo. Ciò non vuol dire ovviamente che non si debba fare tutto quello che si sta facendo, di cui le siamo sinceramente grati, per prevenirla, ma non si capisce perché non si veda un impegno apprezzabile da parte delle istituzioni nel curarla, cioè, per essere inequivocabilmente precisi, nel promuovere quelle terapie domiciliari precoci, su cui ormai abbiamo un'ampia messe di riscontri empirici e su cui il nostro Gruppo ha attirato l'attenzione del Governo a più riprese e con vari strumenti, come interlocuzioni informali, interrogazioni, mozioni e oggi anche con un impegno nella proposta di risoluzione della maggioranza. Ripeto, per la massima precisione: mi riferisco alle terapie domiciliari - che dunque non richiedono e in effetti, in moltissimi casi documentati, scongiurano l'ospedalizzazione - e precoci, cioè che non intervengono solo dopo un peggioramento della situazione. Voglio osservare che se nostro Signore, o l'evoluzione naturale lascio scegliere, perché siamo per la libertà anche di culto - insomma, se qualcuno o qualcosa, ha disposto che il nostro organismo reagisca a certe intrusioni alzando la propria temperatura corporea, un motivo ci sarà e non sarà del tutto sbagliato, visto che da scimmie arboricole siamo diventati individui coscienti. Viene quindi un po' strano pensare che l'unico consiglio che il Ministero, sicuramente popolato da persone coscienti e coscienziosi, sta ancora dando a chi ha la sventura di essere attaccato da questa grave malattia, sia quello di aspettare il peggio, reprimendo con antipiretici l'unica reazione naturale del nostro organismo, quando esistono altre strategie terapeutiche sperimentate.

Tutto ciò non ha nulla a che vedere con i pur utili fondi che il PNRR destina al tema della sanità territoriale, tant'è che, anche in assenza di questi fondi, alcuni medici di medicina generale si sono organizzati e reagiscono salvando vite, nel rispetto del giuramento di Ippocrate e nel pieno e legittimo esercizio di un'altra libertà: quella di cura. (Applausi).

Anche qui voglio essere estremamente chiaro: non si tratta di promuovere assolutamente il fai da te, come qualcuno ha detto, ma di coinvolgere e valorizzare i medici di base e la loro libertà di proposta terapeutica, basata sulla conoscenza che essi hanno dei loro pazienti. È esattamente se non si fa così, cioè se non si promuovono e disciplinano a livello istituzionale le terapie domiciliari precoci, che si incentiva il fai da te, esponendo oggettivamente a rischi. Va però anche detto, sine ira et studio, che se va prevenuto il potenziale fai da te dei pazienti, forse andrebbe anche gestito un certo fai da te ministeriale, che ultimamente è parso di vedere ad alcuni nella nota vicenda dei cocktail, su cui mi taccio, per carità di patria. Confidiamo in lei perché la razionalità prevalga. Se non dovesse prevalere, temiamo che la strada sia segnata: se non si prevedono nuovi posti letto e non si prevengono le ospedalizzazioni, c'è il rischio che in autunno si debba riprendere la strada delle misure restrittive, nonostante il successo della campagna vaccinale, di cui le riconosciamo il merito.

Vengo allo scenario a medio termine, diciamo al 2023, che in qualche modo ci pone in una prospettiva uguale e contraria.

Voglio dire che, mentre per il Covid-19 si sta facendo molto per prevenire e meno per curare, nel caso dell'altra infezione europea, l'austerità, si è fatto molto per curare da parte di questo governo, con due decreti sostegni e altre misure che hanno dato sollievo a cittadini e imprese, come lei ha giustamente rivendicato. Tuttavia, non è forse altrettanto chiaro che cosa si stia facendo per prevenire.

Nel 2023 verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale e tornerà, quindi, in vigore il Patto di stabilità, che, come abbiamo capito, non è anche di crescita. Molti, a partire da lei, hanno messo in guardia contro i pericoli del ritorno a uno scenario business as usual. Tutti dicono che occorrono nuove regole per prevenire il soffocamento dell'economia italiana ed europea, ma, onestamente, non è ancora del tutto chiaro se ci sia e quale sia la proposta del nostro Governo al tavolo della riforma delle regole.

Questa è l'unica riforma veramente indispensabile, senza la quale tutte le altre sono, purtroppo, destinate a fallire, insabbiandosi nella stagnazione economica. Nessuna riforma delle regole sarà credibile né efficace se non abbandonerà il riferimento al PIL potenziale e all'output gap, la cui distorsione prociclica è ormai comprovata da una ampia letteratura. La prevenzione, in questo e in altri casi, passa da qui: dall'abbandonare definitivamente regole assurde, come il calendar provisioning, i cui gravissimi limiti abbiamo denunciato per primi, inascoltati. Confidiamo che lei ci stia lavorando. In sintesi, un maggior equilibrio tra profilassi e terapia ci aiuterebbe in entrambi i casi. Confidiamo in lei perché questo maggior equilibrio possa prevalere, qui e a Bruxelles. (Applausi).

(...bravo! Grazie!...)

Poi, naturalmente, le cose sono andate così:


(cioè come dicevo io - cosa che ai più affezionati lettori di questo blog non sembrerà strana - altrimenti non sarebbero affezionati lettori di questo blog!), e come abbiamo tante volte visto accadere qualcuno ne ha preso atto:


mentre altri si rifiutano di farlo, come di consueto, disobbedendo (cosa questa in effetti meno consueta) perfino alla disciplina di partito (popolare europeo), pur di non perdere la faccia in patria, cosa che ovviamente alla fine avverrà, ma in modo più rovinoso che se si fosse avuta la saggezza di accettare un simile segnale di stop loss, regolandosi di conseguenza (e in particolare smettendo di profferire lievi imprecisioni).

Secondo discorso

Il 10 novembre 2021 i giornal(on)i titolavano così:

e io intervenivo in aula così:

Signor Presidente, secondo il rapporto sull'epidemia da Covid-19 dell'Istituto superiore di sanità, aggiornato al 3 novembre, nei trenta giorni che vanno dal 4 ottobre al 3 novembre la Covid-19 ha causato 416 decessi tra i non vaccinati e 423 tra i vaccinati, che arrivano a 450, considerando anche quelli con ciclo incompleto. Quindi il vaccino è inefficace, visto che nei due gruppi abbiamo lo stesso numero di vittime? No, non funziona così, per il semplice motivo che la platea dei vaccinati è molto più ampia di quella dei non vaccinati. I vaccinati con ciclo completo sono 42.672.767, quelli con ciclo incompleto 2.653.423, per un totale di 45.326.190, a fronte di 8.638.749 non vaccinati. Ne consegue che i decessi sono 4,8 ogni 100.000 non vaccinati, e uno ogni 100.000 vaccinati con ciclo completo, il che significa che un non vaccinato rischia di morire di Covid 4,8 volte di più di un vaccinato. Con la stessa logica si dimostra che un non vaccinato rischia di finire in terapia intensiva 11 volte più di un vaccinato. Non discuto se i dati di partenza siano o meno corretti. Purtroppo la comunità scientifica, la stampa e come vedremo, ahimè, alcune istituzioni hanno fatto molto per screditare se stesse, ma non metteremmo rimedio ad un simile scellerato degrado, proponendo una lettura completamente falsa di dati forse non completamente veritieri. Con questo caveat aggiungo un dato: se a settembre i contagi erano 690 ogni 100.000 non vaccinati e 125 ogni 100.000 vaccinati, ora sono rispettivamente 408 (-40 per cento), e 96 (-23 per cento). Quanto alle terapie intensive, oggi il sito dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ci ricorda che esse risultano occupate al 5 per cento, ben sotto la soglia del 30 per cento.

La lettura corretta dei dati ci dice quindi che i vaccini funzionano, ma proprio questo rende ancora più incomprensibile la scelta di adottare una strategia basata su un miscuglio inopportuno di obbligo surrettizio e risposta repressiva, che - non ci voleva molto ad immaginarlo - si sta rivelando controproducente sotto almeno due profili: quello dell'efficacia, perché l'estensione del green pass non ha determinato un sensibile incremento delle inoculazioni, piuttosto il contrario, e quello della tenuta del corpo sociale, lacerato dalla decisione di demonizzare chi vuole esercitare la propria libertà di scelta. (Applausi).

Aggiungo che il green pass causa sensibili problemi di moral hazard, per il semplice motivo che conferisce a chi lo detiene, causa vaccinazione, un del tutto ingiustificato senso di immortalità. Abbiamo visto che purtroppo le vittime ci sono anche tra i vaccinati con ciclo completo: occorre mantenere alta la guardia e rispettare le precauzioni.

Il punto è che uno Stato che vuole essere autorevole comunica in modo trasparente, non contraddittorio e inclusivo. Quindi, cominciamo con il parlare di trasparenza. Io appartengo a una categoria screditata che è quella non dei virologi, ma degli economisti e mi pongo una domanda. Un fondamento dell'economia è che non esistono pasti gratis e nulla è intrinsecamente solo buono o solo cattivo. Per questo motivo, si parla di analisi costi-benefici.

Chiedo pertanto a me e voi: questo vaccino è un pasto gratis? Possibile che non abbia effetti avversi? E se li ha, quando vogliamo parlarne seriamente nell'interesse della collettività? Qualsiasi farmaco, anche il più banale, ha effetti collaterali. Chi ci dà la certezza che i vaccini contro il Covid, di cui oggettivamente non sappiamo ancora molto perché da poco sono stati messi in commercio, siano gli unici farmaci al mondo senza effetti collaterali?

Con un certo sconcerto ho letto, a trecentonove giorni dal vaccine day che ha segnato l'inizio della campagna vaccinale, il primo tweet in cui l'AIFA esortava i pazienti a segnalare eventuali reazioni avverse, senza peraltro indicare la pagina web in cui farlo, che - lo ricordiamo, visto che nessuno lo fa - è www.vigifarmaco.it. Ripeto, l'AIFA non la ricorda.

Non è chiaro perché, in un contesto caratterizzato da tanta incertezza, l'onere di segnalare eventuali effetti avversi sia stato lasciato ai cittadini, senza informarli sulle corrette procedure per farlo e inducendoli ad autocensurarsi per paura di vedersi appioppare lo stigma infamante e discriminatorio di no vax.

Oggi la scienza è tenuta in grande considerazione, soprattutto da parte di chi non sa che cosa sia perché non appartiene, a differenza mia, alla comunità scientifica. Noto allora che il comportamento omissivo dell'AIFA, che non ha disposto una farmacovigilanza attiva e ha sostanzialmente disincentivato quella passiva, è radicalmente antiscientifico. (Applausi). La scienza non può progredire e le case farmaceutiche non possono migliorare i loro prodotti se non vengono raccolti i dati sugli effetti avversi. Questa scandalosa opacità e questo negazionismo non contribuiscono all'autorevolezza.

Parliamo allora di non contraddittorietà. Sappiamo ormai che la copertura fornita dai vaccini (purtroppo non completa, come è stato ricordato) è anche labile nel tempo, visto che svanisce dopo circa sei mesi. Ce lo conferma il fatto stesso che si parli di terza dose a un po' meno di dodici mesi dal vaccine day; viceversa, si stanno accumulando evidenze circa il fatto che l'immunità naturale duri almeno un anno. Perché dico almeno un anno? Semplicemente perché il poco tempo decorso dall'inizio della pandemia non ci consente di verificare che l'immunità naturale duri di più, così come di accertare gli effetti a lungo termine delle varie terapie proposte.

Fatto sta che, a fronte di un'immunità naturale che dura almeno un anno, viene rilasciato un green pass che dura solo sei mesi, mentre, a fronte di un'immunità vaccinale che dura sei mesi, abbiamo un green pass che dura un anno. (Applausi). Capite bene che è molto difficile afferrare la logica di un simile provvedimento. Ciò non contribuisce all'autorevolezza.

Allo stesso modo, non contribuiscono all'autorevolezza le dichiarazioni di membri del Comitato tecnico-scientifico che, senza alcun dato, con un fare da imbonitori di fiera paesana, ci garantiscono sui giornali dieci anni di immunità con la terza dose e, forse, anche un set di pentole antiaderenti. (Applausi). Ma si può fare così?

Parliamo allora di inclusione. Partirei da qui, da questo ennesimo voto di fiducia con cui ci viene impedito di valutare, fra i vari emendamenti, quello che aiuterebbe il Governo a sanare la contraddizione che ho appena evidenziato, portando a un anno la durata del green pass anche per i guariti che - voglio sottolinearlo - sono i grandi dimenticati del dibattito. Forse sono scomodi? Non so.

Ricordo a me stesso che stiamo parlando di un provvedimento che, in buona sostanza, accolla un onere economico a chi vuole esercitare il diritto al lavoro e questo per il fatto non di aver trasgredito a un obbligo, o violato una norma, ma di stare esercitando un proprio diritto. Disturba che su un provvedimento di questa portata, visti anche i risultati non brillantissimi in termini di incentivo alla campagna vaccinale, non sia stato permesso un esame parlamentare approfondito.

Inoltre, all'inizio del mio intervento ho spiegato come si leggono i dati (ossia - lo dico per i secchioni come me analizzando le frequenze relative) e come funziona la farmacovigilanza (cosa che nessuno ha fatto e nessuno sa). Mi pongo la seguente domanda. Chi ha spiegato queste cose alle persone schernite, vilipese, discriminate e represse anche con la violenza, che qui e nel dibattito televisivo vengono etichettate come no vax? Chi avrebbe dovuto farlo? Lo ha notato anche la collega Rizzotti, da cui molto ci separa, ma a cui siamo vicini su un punto: le Istituzioni preposte hanno fallito nello svolgere questo compito pedagogico.

Devo dire poi con la massima compostezza, ma anche con il massimo rammarico, che il Daspo a Puzzer è una delle cose più brutte e meno intelligenti che abbia visto accadere negli ultimi dieci anni. Non è stato un bello spettacolo vedere applicare una simile misura coercitiva a una persona che proietta un'immagine di mitezza e questo a pochi passi da dove una persona sottoposta a Daspo per ben più fondati motivi aveva potuto spadroneggiare indisturbata su una piazza e aggredire altrettanto indisturbata la sede della CGIL. (Applausi). Ma quello che preoccupa di questo gesto incomprensibile, come pure della fiducia che viene oggi posta su questo provvedimento, è che questi gesti sono segni di debolezza. All'inizio del mio intervento, ho sottolineato i risultati positivi della campagna vaccinale e riconosco quindi volentieri che questo Governo ha fatto il bene del Paese; tuttavia, un Governo che non ha sufficiente autorevolezza - perché la perde per i motivi che ho esposto - per convincere i cittadini a vaccinarsi, ma al contempo non ha sufficiente autorità per costringerli a vaccinarsi, forse avrà reso un buon servizio al Paese, ma certamente non lo ha reso all'immagine dello Stato. Vorrei attirare la nostra attenzione su questo punto: è giunto il momento di cambiare orientamento e nulla, in quello che sta accadendo, giustifica ulteriori inasprimenti o ulteriori proroghe delle misure restrittive che finora hanno manifestato efficacia, ma che nei dati nulla ci suggerisce che debbano essere prolungate. (Applausi).

Poi, naturalmente, le cose sono andate così:


(cioè come dicevo io), e anche in questo caso abbiamo assistito allo spettacolo inverecondo di tanti piccoli Hiroo Onoda, infilzati con un'unica stoccata, come tordi allo spiedo, da Francesco Borgonovo su "La Verità":


Morale della favola

Può sembrare strano che a dirlo sia proprio io, ma in tutta evidenza l'interesse del Paese richiederebbe che si deponesse l'arroganza, ascoltando senza pregiudizi tutte le voci, in particolare quella di chi ha dimostrato diverse volte di capire prima che cosa sarebbe successo dopo. Altrimenti la morale della favola è già stata scritta (e più volte evocata in questo blog). Avrò tanti difetti, ma un pregio ce l'ho: so aspettare. Spero di potervelo trasmettere. E anche se io sono smemorato (è di famiglia), la rete nasconde ma non ruba. Di tutto quello che è stato detto resta traccia, e alla fine si tirerà una linea.

(...facciano un po' come gli pare, tanto qui dovranno venire. E non mi riferisco tanto ai "nemici" - a quelli ci penso io - quanto ai tanti "amici"...)

(...vi ricordate la seconda scommessa?...)

martedì 21 dicembre 2021

Il bicchiere mezzo pieno

Il mio non desiderato (né da me né soprattutto dagli altri!) ingresso in politica attiva è stato accompagnato da un accavallarsi tumultuoso di esperienze, alcune positive, altre negative, tutte istruttive, ma nessuna tanto segnante quanto quella di dover convivere a distanza ravvicinata, in spazi angusti, con persone scarsamente familiari con l'anatomia umana. Voi direte: e che c'entra l'anatomia? Bè, chi la studia per esempio impara che il timpano e i turbinati sono due organi diversi, con funzioni molto diverse, e soprattutto con diversa collocazione.

Voi ora vi chiederete a che cosa possa mai servire, in politica, familiarizzarsi con questi concetti. E io benignamente vi rispondo, facendovi prima riflettere sul fatto che la politica vive di mediazioni e di accordi condotti in contesti di informazione parziale e asimmetrica. Insomma: non sempre è opportuno che chi è alla tua destra (fisica o politica) sappia che cosa ti dice quello che è alla tua sinistra. E fino a qui ci sta. Quello di cui invece proprio non mi capacitavo, e tuttora non mi capacito, è la quantità di persone che dovendo conferire rapidamente e segretamente con te ti vengono a parlare a due centimetri... "Dall'orecchio?" direte voi. No! Dal naso!

Ora, io non fumo. Ho i denti più o meno a posto. Nonostante non abbia alcun pregiudizio ideologico verso i bulbi (tunicati o meno) evito di nutrirmene prima di frequentare i miei cosiddetti simili. Ah! Ho anche un'altra abitudine: mi lavo. Avendo una certa età, sono stato tirato su da una mamma (all'epoca si poteva dire) che mi ha insegnato a lavarmi le mani, a mantenere una distanza di rispetto (se si chiama così, un motivo ci sarà), e due o tre altre cosette utili.

Ma insomma mai avrei potuto immaginare di dover condurre negoziati trattenendo il fiato non tanto per la tensione, quanto per l'alitosi dell'interlocutore!

E come ogni umana cosa, così anche la tragedia che stiamo vivendo ha avuto il suo bicchiere mezzo pieno, che per me è stato l'obbligo di mascherina al chiuso (so che a molti di voi dà fastidio, ma per quanto sia, un po' filtra) e soprattutto il distanziamento "sociale", cioè personale.

Finalmente si respirava (se pure attraverso la mascherina)!

Finalmente chi aveva qualcosa di riservato da dirti, invece di comunicartelo a un centimetro dalle narici stringendoti in un angolo, ti chiamava in una stanza appartata e te lo diceva a un paio di metri di distanza. Tanto, siamo tutti ascoltati da orecchie indiscrete, ovunque: perché quindi torturarci a vicenda coi residui delle nostre accidentate digestioni, se poi teniamo in tasca il cellulare?

Ma anche questo precario stato di grazia era transeunte.

Il "successo della campagna vaccinale" ha avuto il suo bicchiere mezzo vuoto: sono esattamente quelle persone che oggi tornano a parlarmi al naso (si dice all'orecchio, e questo dovrebbe suggerire loro qualcosa, di cui però non vogliono tenere conto). E quando gli fai notare che magari sarebbe meglio mettere la mascherina o tenere un minimo di distanza, la loro risposta, pronunciata invariabilmente avvicinandosi alle tue vie respiratorie esterne, è: "Ma hiho shonho vhaccinhathhhhhoooooooh!" (ho inserito un po' di "h" per rendere l'idea dell'alito, anzi, dell'alitosi...).


Ma naturalmente gli "untori" sono i "no-vax".

Che cosa volete che vi dica?

Io in aula come stanno le cose gliel'ho detto. Chi non è qui da un quarto d'ora quindi sa come andrà a finire (sta già finendo in quel modo).

Sintesi: nella vita ci vuole molta pazienza... ma non sempre per molto tempo!

Ci siamo capiti.

Buona notte!

sabato 18 dicembre 2021

La fattoria delle discriminazioni, ovvero: la carità

(...oggi seduta alle 14 per la presentazione di un certo numero di emendamenti del Governo su temi abbastanza disparati, dalle delocalizzazioni - emendamento 77.0.2000 "Disposizioni in materia di cessazione dell'attività produttiva" - alla magistratura onoraria - emendamento 196.2000 "Disposizioni in materia di magistratura onoraria", presentati dal Governo dopo un attento negoziato col Parlamento, culminato in una riunione tenutasi venerdì 17 - cioè ieri - che doveva durare un'ora e ne è durata tre, così la poltrona si è scaldata per bene! La posizione del Senato era che ulteriori interventi governativi non potevano essere accettati "a scatola chiusa" e andavano quindi sottoposti ad ulteriore attività emendativa, con i cosiddetti "subemendamenti" - per gli amici: "sub". La presentazione dei sub però poneva un tema di rispetto dei tempi, atteso che, come affermato da un collega spiritoso, il Natale non poteva essere abrogato per emendamento del Governo, e l'esercizio provvisorio è a soli 13 giorni di calendario, che poi sono dieci giorni lavorativi, nel corso dei quali si deve svolgere anche il passaggio alla Camera. La posizione del Governo era che i due interventi principali fra quelli proposti non potevano essere presentati in decreti separati perché le rispettive coperture finanziarie erano disposte da questa legge di bilancio: se si fosse aspettato di approvare quest'ultima prima di procedere con un decreto autonomo, si sarebbe rischiato in almeno un caso - magistratura onoraria - la procedura d'infrazione. Alla fine si è deciso di provarci. Termine per i sub: domani alle 18. Se vi interessa seguire da vicino questa bella storia, sapete dove trovare le informazioni. Ma in realtà non volevo parlarvi di questo...)

Qualche giorno fa in Commissione "odio", quella che talora definiamo, antifrasticamente, Commissione "amore" (per esorcizzare con l'evocazione di quella scintilla labile e fioca di divinità che purtuttavia alberga in ognuno di noi il Male radicale che irrimediabilmente contamina e devasta la nostra umanità - soprattutto, come abbiamo appreso, quella di noi di destra), abbiamo avuto ospite il nostro padrone di casa (qui, come sapete, siamo a casa di Google), al quale abbiamo rivolto alcune domande:


Le domande erano articolate come articolate e sostanzialmente esaurienti sono state le risposte (la qualità degli auditi sta crescendo, dopo un inizio alquanto... alquanto!), anche se, proprio a voler entrare nel merito, c'è qualcosa di situazionistico nel discorrere lungamente di come e con quanto successo ci si adoperi per orientare i dibattiti ospitati sulla propria infrastruttura, salvo poi rifuggire dalla qualifica di editore come da un marchio d'infamia! Da un grande potere (editoriale) derivano grandi responsabilità (editoriali), ma, certo, un potere in tanto è veramente grande solo in quanto è assoluto, cioè solo in quanto riesca a svincolarsi dalle proprie responsabilità, come un'altra vicenda di cui ci stiamo occupando dimostra.

Non è però di questo che vorrei parlarvi ora.

Mi sembra ormai evidente che nella fattoria delle discriminazioni tutte le discriminazioni sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre. Sono stato accusato di voler sabotare il lavoro della Commissione con le mie critiche corrosive. La mia serena considerazione è che sarà il tempo a giudicare. Intanto, mi sembra ovvio che mentre si moltiplicano in tutto il Paese episodi odiosi di discriminazione anche violenta, anche a danno delle categorie più fragili (gli anziani, i bambini), e, laddove interessi, comunque in aperta violazione delle norme europee (il famoso considerando 36), quelle stesse norme cui ci compieghiamo con tanta voluttà quando a farne le spese sono gli italiani, ma alle quali ci ribelliamo con inusitata fierezza allo scopo di penalizzare ulteriormente gli italiani, mi sembra ovvio che se in un contesto simile una Commissione antidiscriminazione non si interessa del tema, delegittimarla, da parte mia, non avrebbe alcun (ulteriore) senso. Posso quindi rassicurare chiunque ne abbia bisogno sul fatto che i miei interventi non sono rivolti all'oggi e ai presenti, ma al domani e ai futuri: un giorno qualcuno (forse) potrà constatare che c'era chi lottava per difendere la libertà, come c'è sempre stato, come sempre ci sarà: nulla di eccezionale, quindi, nulla di titanico. Certo, come ho spiegato a più e più riprese, la liturgia del "giro di domande con risposta finale" non è la più indicata a far emergere maieuticamente una verità minimamente accettabile. L'adozione di questa pessima metodologia, che nessun regolamento impone, risponde evidentemente alla ferrea volontà di indirizzare la verità dove più fa comodo, e d'altra parte costringe chi desidera intervenire a sbriciolare il proprio interlocutore per rivelarne l'inconsistenza, non essendo possibile assicurare, tramite una sia pur regolata e stilizzata dialettica, che si dia spazio all'apprezzamento, ma anche alla valutazione critica, delle opinioni altrui.

Ma insomma, anche questa non è esattamente la cosa di cui vi volevo parlare, anche se ci si avvicina.

Prima di leggere (a proposito di sabotaggi) gli emendamenti del Governo, volevo condividere con voi, che mi siete più cari e più vicini, una cosa che penso di aver capito in dieci anni di dialogo con voi, ma che le ultime vicende sanitarie mi hanno consentito di mettere a fuoco meglio: che cos'è la carità, e perché ce n'è tanto bisogno.

Le valutazioni che quelli che sanno di politica (?) facevano con me prima che entrassi in politica (ma anche dopo che ci sono entrato) prendevano spesso una piega teologale: "Vedi, Alberto, il tuo discorso, per avere un vero valore politico, dovrebbe dare una speranza alle persone che hanno fede in te...". La fede e la speranza, nel discorso degli esperti, c'erano: mancava sempre la carità per completare la terna. Eppure tutto, anche in politica, parte dalla carità.

E che cos'è la carità?

Semplicemente, è accorgersi delle cose prima che capitino a te.

Del resto, "fare la carità" in italiano è fare l'elemosina, e verosimilmente quello che spinge alcuni (pochi) di noi a frugarsi le tasche è la capacità, in alcuni più sviluppata di altri, di immedesimarsi con chi si ha di fronte sospendendo qualsiasi giudizio morale.

Alla fine questo blog si è occupato solo di questo argomento: lo ha fatto quando ha raccolto il vostro grido di disperazione, perché la condivisione fosse di conforto a chi già soffriva, ma anche di ammonimento a chi ancora non soffriva. Lo ha fatto quando ha stigmatizzato chi non riusciva a capire che stava parlando della vita delle altre persone. Lo ha fatto quando ha gioito del successo di chi, avendo tratto le giuste conseguenze da un discorso razionale, era però sufficientemente umano da condividere con gli altri la propria legittima soddisfazione. Lo abbiamo fatto creando consapevolezza. La macroeconomia, quella vera, una lezione ce la offre: "it must be war", una guerra fra poveri, naturalmente, e nessuno di noi, vi assicuro, è abbastanza ricco per uscirne indenne. Ora molti si sono accorti, finalmente, che qualcosa non va per loro, dopo aver accettato per molti, troppi anni quello che non andava per gli altri. Di questi, molti sono miei colleghi (intendo: docenti universitari), obnubilati per tanti, troppi anni da quello che il mio barocco successore alla presidenza della Commissione finanze chiama "ventisettismo mentale": l'inerzia etica e politica di chi sa che, comunque, alla fine a lui il ventisette uno stipendio arriverà.

Voi direte: "Ma c'è stato er sarto de qualità!..." (non nel senso di quello che cuce i vestiti, ovviamente...).

Sì, forse.

La minaccia esistenziale si è fatta più immediata, l'aggressione più esplicita. Ma questo non cambia di molto il senso del mio discorso, non mi aiuta a rispondere alla domanda che mi pongo e ci pongo: che cosa fare con chi si è svegliato solo quando è toccato a lui? Che cosa fare con chi ha mostrato così poca carità? E, se volete, come questione preliminare: perché la gente cerca una fede, cerca una speranza, ma non cerca la carità, cioè non ci pensa prima?

Io vedo un'umanità divisa in due categorie, ugualmente non caritatevoli: quelle che pensano che a loro non toccherà mai, e quelle che pensano solo a quanto è toccato a loro. Forse queste ultime sono, o almeno sembrano, più scusabili, perché qualcosa gli è successo, e questo qualcosa ci richiama ai nostri inderogabili doveri di solidarietà umana e sociale. Ma anche in questo occorre misura, occorrerebbe carità. Oltre un certo limite, come ci spiega Michéa, e come chi vi scrive ha constatato coi suoi occhi, l'idea che certe cose non debbano verificarsi mai più trascolora in un'altra negazione, nell'idea che esse non possano verificarsi di nuovo, magari nell'idea riconfortante che è assolutamente impossibile che esse possano mai verificarsi proprio sotto i nostri occhi, perché "questa volta è diverso" (una frase che abbiamo imparato a ridicolizzare in finanza, dove è pericolosa solo per le tasche dei gonzi, ma dalla quale non ci guardiamo mai abbastanza in storia, dove è pericolosa per le vite di tutti).

Questo è il seme del Male: l'idea di un Tempo storico rettilineo che legittimi con la negazione del Passato la disattenzione al Presente nell'attesa di un radioso Futuro.

A noi è stato detto: estote parati.

Significa anche che la storia non è mai finita, significa che noi non siamo ontologicamente migliori né peggiori di chi ci ha preceduto, significa che la memoria ha valore solo se è anche memoria del presente, attenzione al presente.

Questa memoria del presente l'abbiamo costruita e condivisa qui, questa attenzione al presente l'abbiamo suscitata e alimentata qui.

Continueremo.

(...e va anche detto che qualche soddisfazione ce la siamo tolta, e altre ce ne toglieremo...)

(...breaking news: domani sconvocati. Si inizia a votare in Commissione lunedì. Quando si finirà?...)

(...ah, a proposito di frugarsi le tasche: a differenza dei tanti che lungo questo decennio si sono messi a disposizione con accorati accenti di profonda sincerità, chiedendo di fare qualcosa, chiedendo che cosa potevano fare, c'è una persona, un amico, che ha semplicemente fatto, senza chiedere, con generosità e intelligenza: è Fausto, la persona grazie alla quale siete in grado di seguirci nella nostra attività parlamentare ed extraparlamentare. Fausto vi ha dato molto. Ora siete voi a dovergli dare qualcosa, perché se ha tanto tempo libero per seguirci in tempo reale un motivo c'è, e non è un buon motivo. Frugatevi le tasche e cliccate qui...)

mercoledì 15 dicembre 2021

I pataccari

Marco Isella ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Natalità":

Giusto per chiarire, sono ben consapevole della gravità del declino italiano (probabilmente non reversibile nel breve quindi figuriamoci di recuperare) e nemmeno sostengo che Monti abbia fatto bene, anzi. Dico solo che chi ha provocato la crisi che poi Monti ha dovuto gestire ha fatto forse anche peggio.

Poi personalmente piuttosto che piangere sul latte versato penserei a fare qualcosa, tipo ammodernare la PA , far salire il doing business index, riformare la scuola superiore e altre amenità simili.

Pubblicato da Marco Isella su Goofynomics il giorno 15 dic 2021, 19:39

(...verosimilmente a seguito di questo cortese ammonimento...)

Era inevitabile che la riapertura del blog dopo una lunga assenza, dopo il diradarsi fino quasi a scomparire del nostro dibattito quotidiano a seguito del post di cui qualcuno comincia ad apprezzare la portata (nemo propheta in patria), producesse qualche vittima: tutti quelli che avendomi conosciuto nella mia veste recente, si affacciano qui per contestare "ar senatore da 'a Lega" le sue (nel senso di mie) strampalate teorie economiche, non avendo alcuna idea né di con chi stiano in effetti parlando, né di quanto lavoro sia stato fatto qui, né (conseguentemente) di quanto ci sarebbe da apprendere se non si pretendesse di insegnare, né (invariabilmente) di che cosa sia l'economia, né (preliminarmente) di quali siano i precetti elementari di quel condensato di buonsenso che va sotto il nome di netiquette (in particolare della regola 3: lurk before you leap, particolarmente appropriata per un blog tecnico come questo).

Questi interventi mi fanno un po' tenerezza, riportandomi alle accese discussioni che tenevamo in un tempo in cui aveva senso tenerle, perché era scusabile che interlocutori involontariamente succubi di fonti di stampa della qualità che sappiamo e che all'epoca vi insegnai a valutare venissero qui a prodursi nel repertorio più trito e ritrito di quell'ideologia nefasta che è il luogocomunismo!

Certo, oggi molto dovrebbe essere più chiaro, dopo che il messaggio economico fondamentale di questo blog è diventato niente meno che il new consensus di chi tanto aveva fatto per soffocarlo (ironia della sorte vuole che ora ci si incontri quando per lavoro capito a Chigi: lo avreste mai pensato?)!

Ma anche senza bisogno di addentrarsi nella teoria dei saldi settoriali, al nostro caro amico, il cui punto di vista è interessante, mi preme sottolineare subito che a riformare la scuola superiore ci aveva già pensato qualcun altro (che invece ora incontro a Madama), apparentemente senza grande successo - e non saremo così irriverenti da attribuire questo insuccesso alla qualità del riformatore! Ma, soprattutto, vorrei esortare il cortese interlocutore a tentare vie più praticabili, considerando che oggi è facile documentarsi, evitando così di perdersi qualche dettaglio, come quello che gli indicatori Doing Business erano una tale patacca che l'allora direttrice della Banca Mondiale (quella cara signora che era stata promossa per rimuoverla da una linea di comando e controllo cui occorreva assicurare omogeneità etnica) è stata sull'orlo delle dimissioni dopo che si è scoperto che erano più taroccati di un Diesel tedesco, e questo perché da lei era venuto l'ordine di alterarli per mettere in una luce migliore l'economia cinese. Un episodio di tale entità che perfino il partigiano Joe si era sentito in dovere di scomodarsi per difendere la pataccara Kristalina!

Talché, a chi oggi si affacci su queste pagine citando simile immondizia concettuale viene spontaneo rivolgere la nota domanda...

(...un altro dettaglio che potrebbe essergli sfuggito è che questo blog ha un dizionario...)

Ora, una delle lezioni di questo blog è che il racconto fatto dagli organismi multilaterali è sempre falso,  ideologico, tendenzioso, teso in particolare alla colpevolizzazione delle vittime, come abbiamo visto ex multis qui nel caso dell'IMF e qui nel caso di Transparency International (altro grande mito degli italiani nemici dell'Italia). Delle operazioni di spin di questi willing executioner possiamo serenamente fare a meno, perché qui leggiamo i dati.

Per carità: il rispetto delle opinioni è sacro e se, ad esempio, capita che per avventura una persona odi il proprio Paese, perché una certa stampa lo ha istruito a farlo, non sarò certo io a tentare di fargli cambiare idea. Allo stesso modo, però, andrebbe anche rispettato il nostro tempo, e quindi con cortesia esorto chi arriva qui ora a fare una cosa che ho imparato a fare anch'io tanto tempo fa senza nemmeno immaginare quanto mi sarebbe stata utile tanto tempo dopo: stare zitto, lasciando gli astanti nel dubbio.

Uno stato sottilmente inquietante, ma sempre migliore dell'alternativa: la lancinante certezza di avere di fronte uno che non ha proprio idea...

(...che poi non c'è nulla di male a non aver idea di qualcosa: le cose sono così tante, che io stesso nemmeno riesco a immaginare di quante cose potrei non avere idea! Però, come dire: interiorizzare questa consapevolezza è un'operazione faticosa ma salutare...)

martedì 14 dicembre 2021

Natalità

Si avvicina il Natale, si allontana la natalità:

 


(...tutti i particolari in cronaca...)

Fascicoli...

A: "8.0.83 Bianchi".

B: "Accantonato".

A: "8.0.90 Rossi".

B: "Parere contrario del MEF".

A: "9.147 Verdi".

B: "Accantonato nel tema 'industria'".

Ecc.

Si chiama esame del fascicolo: una specie di rosario laico nel quale non è consentito distrarsi (per cui vi lascio immediatamente: "10.78 Bagnai"...).

domenica 12 dicembre 2021

Un'altra Commissione è possibile

 Guardatevi questo filmato:


(...magari non tutto, o non ora...)

Da una settimana ho ripreso a correre. Tempo non ce n'è, il freddo non è un grande incentivo, ma resta il fatto che siccome una Guerra dei trent'anni dura trent'anni (anche se qui molti hanno un'astronomia tutta loro), per arrivare a 86 anni sufficientemente lucido occorre che mi scrolli di dosso un po' di chili. C'è anche da dire che qualche giorno fa, dopo una delle tante audizioni, per la prima volta ho veramente perso le staffe con una persona (per fortuna solo al telefono), cosa che a un politico non dovrebbe mai succedere, non solo perché, come diceva Machiavelli, "li uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere; perché si vendicano delle leggieri offese, delle gravi non possono: sí che l'offesa che si fa all'uomo debbe essere in modo che la non tema la vendetta" (e quindi, una volta intuito che il conflitto non ammette prigionieri, meglio evitarlo finché non si è sicuri di vincerlo), ma anche perché in Italia basta avere sufficiente pazienza da aspettare il Grande supplente e lasciar fare a lui (ricordate? Se ne parlava qualche giorno fa...).

Io pazienza ne ho, ma insomma: meglio sfogarsi, meglio ossigenarsi...

Aggiungete il fatto che da quest'estate mi fa un po' male un ginocchio. Mi sono fatto male praticando lo sport che secondo i medici non fa male (il nuoto), venendomi così a trovare nella tipica situazione in cui un medico ti direbbe "si riposi un po', vedrà che le passerà", che è poi la situazione in cui a me i dolori non passano finché non smetto di riposarmi e non torno a stressare la parte.

In effetti, dopo tre uscite sto già meglio: l'ortopedia non è una scienza e la Natura è un grande medico (anche se ogni tanto ha bisogno di una mano).

Mentre mi facevo la salita di villa Glori a ritmi decisamente geriatrici rispetto a quelli di tre anni fa incontro in discesa un funzionario parlamentare fra i più amabili ed eleganti. Ci riconosciamo, mi saluta, e gli faccio vedere che cosa ascoltavo in cuffia: l'audizione qua sopra. Commenta: "Sembra interessante!". Rispondo: "Direi di sì, e mi piacerebbe sapere perché io invece in quella stessa aula mi annoio così tanto. Forse dipenderà dalla Presidenza...".

Eh già...

Perché anch'io sono in una Commissione d'inchiesta, che si riunisce nella stessa aula del quarto piano di San Macuto. Ma nella Commissione cui appartengo, nonostante che gli auditi abbiano fatto in diverse circostanze rivelazioni piuttosto interessanti:


che hanno avuto eco sulla stampa, nulla si muove, nulla si sposta. La Commissione "passerella" (come la chiamo io) opera con la penosa liturgia del "giro di domande" con rispostone evasivo finale, anziché, come la Commissione David Rossi, consentendo un minimo di contraddittorio (cosa che ci si aspetterebbe da una Commissione che, secondo quanto recita l'art. 4 della legge istitutiva che contribuii a far approvare, "procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell’autorità giudiziaria"), e quindi non si arriva a nulla, non si segue alcun filone preciso, non si valorizzano gli esperti, in sintesi: non si indaga.

Ma comunque il punto qui non è (solo) questo: ci tenevo (soprattutto) a farvi notare, perché qui amiamo essere precisi, che quanto avevo detto in un post precedente non era del tutto corretto. Già con l'attuale regolamento ci sono Commissioni parlamentari che prevedono un confronto all'americana: sono le Commissioni d'inchiesta che fanno le Commissioni d'inchiesta. Quando funzionano così, le Commissioni d'inchiesta parlamentari possono far emergere verità che al Grande supplente sono rimaste nascoste (o che ha voluto tenere nascoste, perché non possiamo precluderci questa possibilità, tanto più in presenza di certi comportamenti ritorsivi).

Quando non funzionano così, servono solo a farti pensare che con tutto quello che c'è da fare staresti meglio da un'altra parte...

(...ma tranquilli: prima o poi una vera Commissione d'inchiesta sulla mattanza del nostro sistema bancario ci sarà, e se avete capito come funziona, avrete anche capito che cosa potete fare per contribuire a realizzare questo obiettivo che il passare del tempo non ha reso meno necessario: basta aspettare altri 16 mesi, o forse anche di meno...)


sabato 11 dicembre 2021

Rimbalzi

Oggi il nostro amico Liturri solleva su StartMag un tema che deve interessarci tutti ed è legato al discorso fatto nel precedente post sulla ripresa: quello che stiamo vivendo è l'inizio di un nuovo miracolo economico sorretto da un nuovo piano Marshall (per cui il peggio è dietro le spalle e possiamo rilassarci), o è un rimbalzo tecnico del quale occorre approfittare sostenendolo con sollecitudine e tenendo la guardia alta, per evitare che la spinta possa esaurirsi?

Il trionfalismo, come tutto gli "ismi", ha il fiato corto. La "pioggia di miliardi" per ora è soprattutto una grandine di provvedimenti normativi che sta ingolfando l'attività parlamentare. La convivenza fra decreto "attuazione PNRR" alla Camera e legge di bilancio al Senato rende pressoché impossibile per gli uffici del MEF fornire i pareri necessari per portare in votazione gli emendamenti parlamentari (come vi ho spiegato qui) e quanto a milestones e targets restiamo in prudente e costruttiva attesa. Continuo a pensare in maggioranza quello che pensavo all'opposizione, cioè che alimentare aspettative infondate sia controproducente, quale che sia la postura politica che si vuole assumere. In ogni caso, gli ultimi dati sulla produzione industriale, quelli usciti ieri e commentati da Liturri, sono inferiori alle aspettative, con un 2% anno su anno che avrebbe dovuto essere un 3,3% secondo gli analisti, e un -0,6% rispetto al mese precedente che avrebbe dovuto essere un +0,4%.

Il "weekly tracker" dell'OCSE sembra indicare anche lui un esaurimento della "spinta propulsiva". Il "tracker" funziona secondo la logica che abbiamo applicato qui e che questo grafico stilizzato illustra:


ovvero: quello che viene "tracciato" è lo scostamento della crescita dalla tendenza osservata prima della crisi.

Per l'Italia le cose si mettono così:


In effetti, da ottobre l'analisi (condotta utilizzando una serie di indicatori ricavati da Google trends) mostra un rallentamento, uno scarto negativo dalle tendenze precedenti alla crisi (già non eccelse).

Negli altri Paesi, a dire il vero, non sembra che le cose stiano andando molto meglio:


ma in linea di principio questo non dovrebbe consolarci più di tanto, visto che come vanno le cose da noi dipende anche da come vanno le cose da loro. Quindi, ci dispiace per i "pioggiadimiliardisti", ma la situazione si presenta meno rosea di come molti di loro vogliono farla apparire (e questo è un problema per tutti noi).

C'è però anche un altro modo di guardare alla fase congiunturale, ed è questo:


Qui vedete rappresentata la variazione della produzione industriale in ottobre 2021 rispetto a quattro date precedenti:

  • settembre 2021 (variazione congiunturale);
  • ottobre 2020 (variazione tendenziale);
  • febbraio 2020 (inizio della crisi pandemica);
  • gennaio 2008 (prima della crisi finanziaria globale).

Ad ottobre 2021 quindi la produzione industriale italiana era in lieve flessione (-0,6%) rispetto a settembre 2021, in moderata crescita (+2.0%) rispetto a un anno prima, aveva sostanzialmente recuperato (+0,7%) il livello pre-pandemia ma era ancora del -20,4% sotto i livelli precedenti alla crisi del 2008.

Completamente diversa la situazione della Germania, che sta crescendo rispetto a settembre 2021, ma rispetto a ottobre 2020 è ancora sotto del -5,2%, e quindi non ha recuperato i valori pre-pandemia, con un -7,6%, che corrisponde anche allo scarto dai valori pre-crisi globale (-8,0%).

Rispetto a prima della crisi globale noi stiamo quasi tre volte peggio (-20,4%), ma rispetto all'inizio della pandemia il nostro recupero è stato molto più rapido.

Una prima lettura di questa evidenza (il confronto con la Francia è analogo) mi porta a concludere che se veniamo lasciati in pace abbiamo, come singoli e come collettività, una discreta capacità di reazione, ignota ad altri Paesi. Tradotto: senza "regole europee" l'Italia è uscita dalla pandemia prima e meglio di altri, mentre con le "regole europee" si è inferta una ferita che ancora non si rimargina e che lascerà una cicatrice indelebile.

Con buona pace dei nostri amici per cui l'austerità non c'è stata...

venerdì 10 dicembre 2021

59

 (...è un numero dispari, difettivo, è un numero primo sicuro, di Eisenstein, altamente cototiente, è palindromo in base 4, ed è anche la differenza fra 2021 e 1962...)

Inizia la giornata in Commissione Bilancio con una bella riunione di maggioranza per "fare sintesi" sul tema "sisma", un tema che, come sapete, riguarda quasi solo noi, motivo per cui gli altri se ne fottono disinteressano...

(...inizia l'intervento del commissario Legnini, vi lascio...)

mercoledì 8 dicembre 2021

La ripresa

Qui abbiamo sempre fatto un certo sforzo per mettere le cose in prospettiva, traendone discreto giovamento. Approfitto di una uggiosa giornata di pioggia nella trincea della legge di bilancio per riprendere un tema che abbiamo trattato infinite volte (ad esempio qui, quiqui, qui...) riprendendolo anche dopo la pandemia (ad esempio qui e qui): quello della crescita economica del Paese, intesa come crescita del Pil. Sono usciti da un mese e mezzo gli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale e volevo rapidamente commentarli con voi, per dare un'idea delle condizioni in cui ci troviamo.

Intanto, questo è il Pil reale dell'Italia in miliardi di euro dal 1980 al 2020 con le previsioni dal 2021 al 2026:


Secondo il Fmi nel 2022 torneremo al livello del Pil del 2019 (con 1733 miliardi di euro - nel 2019 erano 1725) e, udite udite!, nel 2025 saremo di nuovo, con 1797 miliardi, al livello del Pil del 2007, cioè al livello pre-crisi, pari a 1795 miliardi. Ci saranno cioè voluti, nonostante la pandemia, "solo" 18 anni per superare lo shock della crisi Lehman e di tutte le sue successive ramificazioni.

Cominciamo quindi col dire che per fortuna finora è andata meglio di come temevo andasse qui:


dove però specificavo che questo scenario (recupero del livello pre-crisi nel 2050) era ovviamente molto conservativo/pessimistico, e lo avremmo fronteggiato nel caso in cui non ci fossimo liberati delle regole europee (la decisione di sospenderle fino alla fine del prossimo anno è stata presa all'inizio di quest'anno, e quindi quasi un anno dopo il post in cui vi presentavo questo grafico). In questo scenario pessimistico escludevo una ripresa a "V", che invece finora pare ci sia, anche se è una V sbilenca perché la discesa è durata un anno e la risalita ne prenderà (almeno) due. L'unico dato certo è che nel 2021 il tasso di crescita è stato molto più elevato (intorno al 6%) della media storica dall'entrata nell'euro in poi (0.44%), quella usata con un'ipotesi dichiaratamente semplicistica per costruire la parte arancione del grafico qua sopra.

Resta però sempre aperta una questione che viene regolarmente ignorata nel dibattito. Quando saremo tornati al livello pre-crisi, quello del 2007, che ci siano voluti 18 o 43 anni questo comunque non significherà che avremo "recuperato": significherà semplicemente che saremo tornati al punto di partenza, perdendo 18 (o 43) anni di crescita. Sarebbe utile avere almeno approssimativamente in testa un'idea di dove saremmo oggi se non avessimo subito il tracollo esogeno del 2009 (la crisi finanziaria globale) e poi quello endogeno del 2012 (l'austerità di Mario Monti).

Un modo grossolano ma efficace per fare questa valutazione è usare i dati disponibili per stimare la tendenza di crescita del Pil fino al 2007, e poi estrapolarla fino ad oggi.

Usando i dati dal 1980 al 2007 possiamo interpolare questa tendenza lineare (sì, so che è il modello sbagliato perché quello giusto è una cosa così, ho letto il "two Charlies paper", ma ci facciamo andare bene una tendenza lineare):


Questa semplice elaborazione da Excel in buona sostanza ci dice che in media fra il 1980 e il 2007 il Pil italiano è aumentato di 26 (25.948) miliardi all'anno. Possiamo usare questa semplice informazione per capire dove saremmo se non ci fossero toccate, in ordine cronologico, la crisi finanziaria globale, l'austerità, e il COVID (tre sciagure di cui almeno due certamente man-made).

Il disegnino è questo qui:


e spero che faccia capire che cosa intendo dirvi. Tanto per darvi un'idea, nel 2019, cioè prima dell'arrivo della pandemia che abbiamo affrontato come sapete, la differenza fra dove eravamo (la linea blu) e dove avremmo potuto essere se dal 2007 fossimo cresciuti allo stesso ritmo tenuto nel 27 anni precedenti (la linea arancione tratteggiata) era di 397 miliardi (dati dalla differenza fra i 2122 miliardi cui saremmo arrivati continuando a crescere, e i 1725 storici). Nel 2021 non sarà meglio: lo scarto fra linea arancione (la tendenza storica di crescita) e linea blu (la crescita realizzatasi effettivamente) arriverà a 511 miliardi, che poi è come dire che il Pil cui avremmo potuto aspirare in assenza di tutti questi shock è del 30% superiore a quello che registreranno le statistiche.

Ora, capite bene che parlare di "fine dell'emergenza" quando saremo tornati al livello del 2007 (e tanto meno a quello - inferiore - del 2019) non ha alcun senso, né tantomeno ne ha parlare di ritorno alle "regole europee" precedenti, atteso che, come si vede bene dal grafico, una buona parte di questo scarto si è accumulata quando dal 2012 al 2014 ci siamo inflitti tre anni di recessione del tutto superflui obbedendo a ricette che oggi tutti definiscono sbagliate (la cosiddetta austerità). Ma quando ne parlo in Senato, al di fuori dei miei colleghi di partito, non credo che nessuno mi capisca (sono però persone garbate - tranne Renzi, va detto - e mi ascoltano con cortesia).

Prima di concludere, vorrei gestire almeno tre obiezioni ovvie (per quelle meno ovvie ci sarete voi).

La prima è quella cui ho già accennato sopra in un breve inciso tecnico: il modello utilizzato per calcolare la crescita cui si sarebbe ipoteticamente arrivati se dal 2008 in poi non avessimo inanellato disastri su disastri (quello utilizzato per calcolare la linea arancione) non è particolarmente sofisticato (ai nerd, che non ne hanno bisogno, dico che è questo qui). Possiamo divertirci utilizzando modelli più sofisticati, tipo questo qui, e chi ne ha voglia può tranquillamente farlo, ma onestamente non credo che il quadro cambierebbe di molto. Tra l'altro, lo scopo di questa semplice simulazione è dare ordini di grandezza,  e scenari che si sviluppano su oltre dieci anni hanno necessariamente una validità molto circoscritta. Su un orizzonte temporale simile la robustezza del modello (e quindi la sua semplicità) fa premio sulla sua sofisticazione (come vedremo poco avanti).

La seconda obiezione è che quanto osserviamo in questi scenari potrebbe essere comunque una deviazione di medio periodo, qualcosa di riassorbibile. Invece, purtroppo, è una catastrofe epocale, il che significa (lo chiarisco a chi sta leggendo queste pagine nell'anno in cui sono state scritte) che stiamo vivendo in una catastrofe epocale (che non è la pandemia ma l'austerità). Per rendersene conto basta andare sul sito dell'Istat, alla cui homepage trovate questo bel grafico:


La serie storica secolare del Pil ci mostra che nei 159 anni che hanno seguito l'Unità d'Italia non si è mai vista una catastrofe simile: solo la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato una cicatrice ugualmente percettibile, ma riassorbita molto rapidamente, a differenza di quanto vediamo dal 2007 in poi. Immaginate di vedere questo grafico nel 2200 (qualcuno lo vedrà, magari qualche archeologo del web ritroverà queste parole): la cicatrice sarà ancora molto ben visibile, e così nei secoli e nei millenni a venire (fatto salvo ovviamente il caso di evento astronomico, visto che con la virologia - e i suoi adepti - abbiamo già dato uscendone, se non migliori, almeno non estinti).

Vorrei che foste profondamente coscienti di questo, e che usaste questo dato (e il fatto che la classe politica italiana nella sua vasta maggioranza è culturalmente incapace di relazionarcisi) come principale lente per osservare qualsiasi cosa vi stia accadendo attorno, perché, che lo vogliate o no, il dato storico principale del periodo che stiamo vivendo assieme è, e resterà nei dati, questo, non altri.

Vado a un terzo punto, a una curiosità che potrebbe spontaneamente sorgere: ma agli altri com'è andata? Perché se per noi è stata una catastrofe, se si è creata una voragine simile, potrebbe anche darsi che la colpa sia nostra, visto che siamo dei lazzaroni, siamo corotti (#aaaaacoruzzione), siamo eticamente e ontologicamente inferiori ai nostri vicini di casa, ecc. ecc. (gli argomenti da bar dello Sport che sentite in televisione e leggete sui giornaloni). La prima osservazione ovvia viene in realtà dal confronto intertemporale, più che da quello internazionale: banalmente, se fossimo veramente quelle merde che certi nostri editorialisti a libro paga dipingono, la nostra storia sarebbe costellata di altri episodi simili. E invece no: c'è solo questo, visto che perfino dalla Seconda Guerra Mondiale ci siamo ripresi con una discreta scioltezza, ed eravamo molto più liberi di oggi, molto meno contornati di cari amici europei che ci danno tanti buoni consigli, ma anche tanti cattivi esempi...

Tuttavia il confronto internazionale fornisce spunti interessanti. Vediamo ad esempio come se la sono cavata Germania e Francia, i nostri fratelli maggiori nell'area euro:



Intanto, si vede che in fondo in Germania il modello un po' banale che abbiamo utilizzato per stimare la crescita ipotetica dal 2008 in avanti (usando i dati dal 1980 al 2007) non va poi così male: nel 2019 lo scarto fra le linee arancione e blu (l'errore di previsione) era solo del 2,8% per una previsione a dodici anni! Che è come dire che se da noi le cose vanno così male, se i dati effettivi si discostano così tanto da quelli estrapolati, la colpa non è del modello... Tuttavia, si vede che anche nel Paese meno svantaggiato dall'attuale contesto (perché beneficia di un sostanziale dumping valutario, perché ha lasciato una parte consistente del suo sistema bancario fuori dallo scrutinio della occhiuta vigilanza europea, ecc.) la crisi del 2009 ha lasciato una traccia, determinando uno slittamento della crescita storica al di sotto (se pure di poco) di quella ipotizzabile coi dati fino al 2007. Considerazioni analoghe valgono per la Francia, che però, avendo problemi di competitività (come qui sapete da tempo), nel 2019 si trovava sotto del 5,2% (non il nostro 30%, ma sempre qualcosa di ben visibile).

Insomma: uno slittamento verso il basso c'è stato per tutti, inutile girarci intorno, anche se il nostro è particolarmente grave per motivi sostanzialmente uguali e contrari a quelli del nostro principale concorrente.

Ma se ci allarghiamo un po', se usciamo dall'Eurozona, o dall'UE?


Nel Regno Unito abbiamo un quadro sostanzialmente simile a quello offerto dalla Francia (persistenza dello shock del 2008, ma senza il secondo tracollo nel 2012 causato a casa nostra dall'austerità, con scarto dalla crescita tendenziale pari al 4,6% nel 2019, mentre in Polonia applicando lo stesso metodo le cose si presentano così:


e finalmente abbiamo un grafico in cui la crescita effettiva supera, e di gran lunga, quella tendenziale! Però, qui c'è un problema: la crescita tendenziale della Polonia è sottostimata perché nel calcolarla abbiamo tenuto dentro gli anni '80, quando le cose per tanti motivi non è che andassero benissimo. Se calcoliamo la crescita tendenziale (la linea arancione) usando i dati "post-portuali di Danzica" (diciamo dal 1991), come  è forse più corretto fare, la cosa si presenta così:


e insomma ci siamo capiti: per qualcuno l'ingresso nell'UE è stato veramente un'opportunità, ma è chiaro che questa discesa, vista dal basso (cioè da sud) sembra una salita... 

Sintesi: il disastro è successo solo dove si è fatto austerità, e a questo proposito vi ricordo che secondo il PNRR nel 2023 dobbiamo riprendere la spending review. Siete pronti?