sabato 31 marzo 2018

Home, sweet home

(...s'era detto che avremmo continuato a parlare di noi come prima, e così sia...)

Vi ricordate il vaso di coccole? Ieri ho sentito il bisogno di aprirlo (chi era in ufficio sa perché), e ci ho trovato questo:


Mi ha fatto un po' sorridere l'idea che cinque anni fa Uga ritenesse di coccolarmi lusingandomi con l'idea di essere famosissimo. Chi mi ha guardato negli occhi sa che della poca fama che ho acquistato ne avrei anche fatto a meno. Comunque, se pensate a dove eravamo cinque anni fa, e a dove siamo ora, possiamo dire che Uga dal suo babbino non ha preso solo la tenacia (qui), ma anche una certa qual capacità di intuire come andranno a finire le cose.

E ora, aspettiamo sereni lo svolgersi degli eventi, che si dipaneranno lungo la loro inevitabile traiettoria, quella che la logica economica ha tracciato per essi...


(...dopo, in effetti, saremo tutti un po' più famosi...)

mercoledì 28 marzo 2018

Senatori: ieri, e oggi.

...oggi portiamo un nastro giallo, per solidarietà col popolo della Catalogna.

Una signora di gentile aspetto, mentre me ne vado dalla buvette alla sala Maccari per un problema di certificato di sicurezza del PC, che andava sottoposto ai nostri esperti, incrocia il mio sguardo (o viceversa), e interloquisce: "Scusi, volevo chiederle, ma perché portate quel nastro?"

Io: "Sa, è per solidarietà con la Catalogna, perché noi siamo questi qui..." (e mi tocco l'Albertino - aka Power Ranger - qui in una rara immagine di repertorio risalente al 2015:


quando avevo dormito a Legnano di ritorno da un concerto).

Lei sorride, e dice: "Ah, io pensavo che avesse a che fare con la ricerca...".

Io: "Certo! Con la ricerca della libertà."






(...Com’io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l’altro polo,
là onde ’l Carro già era sparito,

vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.

Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a’ suoi capelli simigliante,
de’ quai cadeva al petto doppia lista...
)



(...oh, naturalmente adesso si scatenerà un appassionante dibbbattito sulle autonomie e la loro relazione più o meno sana col progetto europeo. Io da fiorentino mi avvalgo della facoltà di non rispondere, limitandomi a una serena, fattuale constatazione: se esiste il Belgio, potrebbe tranquillamente esistere la Serenissima! Immagino ora la ridda di interpretazioni. Vi esorto serenamente a farle collassare in un unico punto, questo: meglio perdere un amico, che una buona risposta...)

martedì 27 marzo 2018

Gebirge

(...oggi un gentile operatore - o forse era un'operatrice - informativo mi ha cercato, fra i tanti. Bontà sua. Conformandomi al mio principio di dire sempre e solo quello che penso, gli ho fatto presente che difficilmente avrei potuto essergli utile, perché questa giornata la stavo dedicando alla mia famiglia, e non avevo l'abitudine di seguire i giornali, per cui le dichiarazioni di tizio sul problema tale mi erano ignote e le avrei comunque ritenute inaffidabili se mi fossero pervenute tramite i media. Il mio gentile interlocutore mi ha replicato che lui capiva benissimo il fatto che io non volessi esprimermi apertamente. A questo punto mi è salito il fra Cristoforo, e gli ho detto una cosa più o meno così: "Senta, lei mi sta seguendo perché è costretto a farlo, ed è costretto a farlo perché sono diventato senatore, e senatore di un partito che è cresciuto molto per motivi che qualcuno aveva intuito, ma se invece di seguirmi per costrizione lo avesse fatto per suo interesse, come hanno fatto tante migliaia di persone, avrebbe capito che per me esprimermi apertamente non è proprio un problema, che poi è il motivo per cui sono diventato senatore: se non le dico nulla è perché non ho nulla da dirle: un giorno imparerò - da voi - a fare il tuttologo, ma intanto spero di poterle dimostrare che quando ho qualcosa da dire lo dico, e a farle apprezzare la differenza da chi parla anche quando da dire non ha nulla".

Ma con grande cordialità e semplicità: perché questo è quello che penso...

Poi sono sceso dal taxi, e al tassista, che mi chiedeva se facciamo il governo - sufficit diei malitia sua -  e mi diceva che lui non aveva votato perché "nun è possibbile che in un paese civile voti e er giorno dopo nun se sa chi governa" ho fatto cordialmente notare che in Germania per fare un governo ci son voluti sei mesi. Risposta: "Ma è la prima volta...".

Io rappresento anche lui.

Poi, mentre aspettavo Uga, rispondendo a non so più quale email, mi ferma uno (di voi), e mi saluta, e mi ringrazia, e mi dice che lui non avrebbe mai votato Lega ecc. E io: "Spero che non si sia già pentito!" E lui: "Ma no, certo, Salvini è stato bravissimo...". E mi saluta con un gesto di incoraggiamento, abbozzando quasi una pacca su una spalla. Teoricamente io sarei un senatore, uno di quei tipi alla Marco Papirio che se li tocchi ti danno una tortorata in testa - salvo poi patirne stoicamente le conseguenze (nota: negli ambienti del Senato era conosciuto come un uomo molto altezzoso, dice Wiki...: vi ricorda qualcuno?).

Ma evidentemente voi volete toccarmi, volete accertarvi che io esista.

E io, ancora per un po', esisto, e non è assolutamente mia intenzione rinunciare al mio rapporto con voi, quel rapporto dal quale tutto è nato - questo luogo di resistenza, la possibilità di trasformarlo in azione politica... - e che non è mia intenzione snaturare. Questo blog continuerà a vivere, e, se proprio devo dirvi come la penso, non credo che essere vostro rappresentante - coi risultati che vedremo - debba limitare la mia libertà di espressione (ovviamente, nel rispetto della segretezza alla quale sarò tenuto per dovere d'ufficio, e che voi certo non mi chiedereste mai di violare né io violerei) e non debba alterare in nulla nostri rapporti. Certo, ora qui verranno occhi indiscreti. Quello che dirò potrà essere strumentalizzato - come del resto potrebbe, o avrebbe potuto, esserlo quello che ho detto nel tempo, e certamente lo sarà. E allora, cari operatori informativi, divertitevi: andate a cercare parole scandalose, create pure il caso! Buon divertimento! Ma siate però coscienti di una cosa: chi viene qui, poi, ci resta - a differenza di quanto avviene per chi si imbatte nelle vostre testate - e qualcosa impara. Non esiste pubblicità negativa. Tante persone mi porterete, e tante persone resteranno con me. Buon lavoro!

E proprio perché questo è lo spazio che solum è nostro, per quanto sia aperto, voglio, prima di entrare in argomento - e i non diversamente europei già sanno, dal titolo, quale sia - darvi una notizia che ci riguarda, che riguarda tutti noi.


Davide Bortoletto ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Da indi scese folgorando a Iuba (diario di campagn...": 

Alberto da Giussano reincarnato 

Postato da Davide Bortoletto in Goofynomics alle 15 febbraio 2018 18:07


Questo, un po' irridente, com'era nel suo stile, è stato l'ultimo commento di Davide sul blog, nel post col quale annunciavo il calendario della mia campagna elettorale. Come sa chi è su Twitter, Davide ci ha lasciato. Lo avevamo visto un po' cambiato, al nostro ultimo convegno. Gli avevo fatto promettere di esserci al prossimo. Non ha potuto mantenere la promessa. Dal suo sguardo, capivo che lo sapeva, e che vedeva che lo avevo capito, nonostante il mio sforzo di non farglielo capire. Non si contano le volte che ci eravamo accapigliati su questo blog: per averne una pallida idea potete seguire le discussioni qui. Così come, del resto, non avevo capito, io, quanto profondo fosse il rapporto che questi litigi avevano creato fra noi, prima ancora che li ricomponessimo di fronte alle magnum di prosecco con le quali allietava i nostri simposi. Alla fine, è dei lettori quello che Flaiano dice delle donne.

E dopo avervi parlato di un amico che non è più con noi, lasciate che ora vi parli di un amico del nostro blog, direi quasi il cofondatore, con il professor Santarelli, che invece è ancora con noi...).



Depongo la scheda nell'urna e mi riavvio verso i banchi alti (montagnardi si nasce). Mi cade l'occhio su una vecchia conoscenza, e mi avvicino.

Io: "Buongiorno, professore, si ricorda? Ci siamo incontrati a Omnibus, poi ai seminari di Luigi Paganetto...".

Lui (mi tende la mano, grande, fredda, asciutta): "Ah, sì, buongiorno, come sta?"

Io: "Molto bene, grazie. In effetti, è una bellissima esperienza, aveva ragione Giorgio La Malfa a dirmi che avrei dovuto farla, che mi avrebbe arricchito culturalmente. Del resto, non posso fare a meno di pensare che senza l'austerità io non sarei mai arrivato qui, e per questo mi sento di ringraziarla sinceramente."








































































































(...l'uomo che ad Avezzano, dopo il comizio con Giorgetti, mi si è avvicinato per raccontarmi la sua storia - perso il lavoro all'età mia, figli da mantenere, un'invalidità non riconosciuta, ecc. - e mi stringeva la mano, mi si aggrappava, chiedendomi cosa avrebbe dovuto fare, quando a giugno il sussidio di cui campava sarebbe terminato... "Devo andare a rubare?" Quell'uomo io avrei voluto abbracciarlo: parole non ne avevo. Ma sono un po' Papirio, in effetti, e ho deciso che non sarebbe stato il caso. Ho pensato alle generazioni future, quelle cui vogliamo lasciare un esempio: "Non dica così davanti a suo figlio: ci lasci il tempo di provare ad aiutarla". Più di questo non mi veniva, e lui se l'è fatto bastare, perché ha capito che ero con lui e che ci avrei provato sul serio.

Lui non credo ci legga, e se anche ci leggesse, non credo potrebbe apprezzare, come potete farlo voi che siete qui da tempo, l'intima soddisfazione che Taquin le superbe ha provato nel dire certe parole a una certa persona in un certo luogo. Gliele ho dette in nome e per conto di tutti voi, e ringrazio tutti voi per avermi messo in condizione di dirgliele...)

(...i miei post tecnici ora si chiameranno interrogazioni, mozioni, e via dicendo. Ma certo torneremo a parlare di numeri, di quei numeri dei quali, secondo gli espertoni di comunicazione, non vi avrei dovuto parlare, se avessi voluto aver successo. Ah, gli espertoni... Comunque, questo piccolo retroscena ve lo dovevo. Chissà: magari qualche operatore, dalla piccionaia, lo avrà anche immortalato, col suo teleobiettivo, e forse avrà anche provato a leggere il labiale... Ma non credo: non sono ancora così importante! Quello che lui si è perso, era giusto che non ve lo perdeste voi. Dieu et mon droit...)

domenica 11 marzo 2018

Il cambio fisso e i suoi correttivi (lettere dal mercato unico)

(...vi aspettavate il post politico, vero? E invece no: per dispetto, ve ne offro uno tecnico...)


C'è un modo fastidiosamente truffaldino di raccontare Keynes, quello adottato da certi intellettuali della Magna Grecia senza arte e con molta parte che ci siamo lasciati parecchie leghe indietro (ma in realtà ne è bastata una, di Lega, per consegnarli alla Gehenna, dove è pianto e stridore di denti): quello secondo cui la costruzione dell'Eurozona sarebbe keynesiana perché Keynes era per i cambi fissi di Bretton Woods.

Chi ragiona così prende due piccioni con una fava (se stesso): dimostra cioè di non conoscere né Keynes, né Bretton Woods, e questo per due ben precisi e individuabili motivi.

Non conosce Keynes, perché la proposta di Keynes, come vi ho spiegato diverse volte (gratis qui) prevedeva, fra le tante cose, che gli squilibri inevitabilmente prodotti dai cambi fissi venissero penalizzati in maniera simmetrica, scongiurando quindi tentazioni mercantilistiche (ovvero, la tentazione di esportare sistematicamente più di quanto si importa). Ventidue anni prima di Bretton Woods, del resto, Keynes era stato piuttosto esplicito nel dire che comunque i cambi flessibili erano un meccanismo di aggiustamento superiore, perché alla deflazione (taglio dei salari) era senz'altro preferibile la svalutazione (un discorso che abbiamo iniziato ma non concluso qui).

Non conosce Bretton Woods, perché anche il sistema di Bretton Woods prevedeva un importante correttivo agli squilibri di bilancia dei pagamenti. Quale? Ma è semplice: il controllo dei movimenti di capitali. Insomma: la famigerata "repressione finanziaria" di cui qui tante volte abbiamo parlato.

In che modo la repressione finanziaria tutela i paesi dagli squilibri di bilancia dei pagamenti? Ma, sostanzialmente perché se i capitali non sono totalmente liberi di muoversi da un paese all'altro, se i loro spostamenti sono disciplinati, il governo ha la possibilità di fissare il tasso di interesse, e quindi di stimolare o frenare la propria economia, e, soprattutto, di determinare il costo del proprio debito (ovviamente, di quello collocato sul mercato interno). Quindi, se il resto del mondo va in recessione, ma non puoi svalutare, puoi però rilanciare l'economia con politiche monetarie espansive senza che i capitali defluiscano all'estero (deflusso di capitali significa Ideal Standard, significa Brioni, significa Honeywell, significa Embraco: il capitale va altrove e lascia il "fattore lavoro", cioè i disoccupati, a te). Al tempo stesso, con apposite restrizioni valutarie, puoi governare i flussi di import/export (se non ti do la valuta per acquistare un prodotto estero devi acquistare un prodotto italiano e quindi generare reddito e occupazione in Italia).

Le cose che si potrebbero fare sono tante, e i paesi che le mettono in pratica sono tanti, come anche qui abbiamo imparato, leggendo gli studi del Fmi (andate a vedere come è classificata la Germania).

Noi, però, i Leuropei, la razza eletta che con empito prometeico si è data il compito di forgiare una forma di governo che nessun'altra accolita di paesi liberi aveva mai pensato di potersi dare, noi, questi controlli, in Leuropa, non possiamo praticarli.

Il Single European Act del 1986 (entrato in vigore nel 1987, avviando un processo che si sarebbe completato nel 1992) trasformava la Comunità Europea in un mercato unico. E cos'è un mercato unico? Il quarto stadio di integrazione economica, che si ottiene quando a una unione doganale (cioè un insieme di paesi che non hanno barriere doganali al proprio interno e hanno una politica tariffaria comune verso l'esterno), si aggiunge la libera circolazione dei fattori produttivi: capitale e lavoro. Dal 1992 i controlli dei movimenti di capitali sarebbero stati eliminati. Noi, in verità, li eliminammo dal 1990. Ottima scelta! Proprio in quel periodo la Germania aveva bisogno di tassi elevati per finanziare la propria riunificazione, mentre a noi facevano comodo tassi bassi per rifinanziare il nostro debito pubblico elevato per i noti motivi (divorzio Tesoro-Banca d'Italia). La scelta era fra lasciare che i capitali defluissero dall'Italia, o lasciare che diventassero più costosi per il governo italiano. La conseguenza fu la crisi del 1992.

Tutta roba che ci siamo lasciati dietro le spalle, naturalmente.

I soloni dei giornali di regime vi diranno che oggi (?) c'è la globalizzazione (?) e quindi non è possibile rifugiarsi nell'autarchia (?) anche perché siamo troppo piccoli (?) e quindi non possiamo opporci alla tendenza all'apertura (?) che caratterizza l'economia mondiale (Trump, che è uomo di mondo, la sta interpretando alla perfezione)...

E, se in trasmissione non ci siamo io o Claudio Borghi, a questi bei tomi nessuno ride in faccia (ma ora c'è un nuovo sceriffo in città, e presto se ne accorgeranno: quanto a Siri, lui, Armando, è troppo un signore e si contiene...).

Perché rido in faccia a questi cialtroncelli? Semplice. Perché purtroppo, e sottolineo purtroppo, l'apertura di questo blog ha portato alla mia conoscenza tante cose che avrei preferito evitare di conoscere. Non parlo solo delle sofferenze che condividete con me e dello sfacelo che i nostri governi hanno fatto del nostro paese. Parlo anche e soprattutto della consapevolezza ormai assoluta e totale che i media ci forniscono sistematicamente una visione travisata della realtà, il cui risultato, se non il cui scopo, è quello di impedirci di reagire come popolo italiano alle ingiustizie e alle vessazioni cui veniamo sottoposti.

(...apro e chiudo una parentesi politica, dopo avervi dato nel blog innumerevoli esempi in materia economica: qualsiasi cosa i media vi dicano della Lega in questo momento è falsa, per il semplice motivo che siamo gli unici che allarmino chi li controlla, come si è visto qui. Quindi fategliela dire, sorridete e annuite cortesemente, e poi interpretate al contrario quello che vi viene detto...)

A titolo di ulteriore esempio di questa pervasiva e truffaldina distorsione della realtà, condivido con voi una lettera che mi viene da uno de passaggio che oggi è in America Latina, perché le piccole imprese non sono produttive e non si aprono al commercio estero e via scemenzando (ma questo è un altri filone di scemenze da bar: restiamo sul discorso dei capital controls che non si possono fare perché autarchiabbrutta e italiettapiccola...).



A: amministrativa@unodepassaggio.it

Da: amministrativa@paesepiùpiccolodellitalia.gr

Data: 23/02/2018 02.31PM

Oggetto: Order No: 666 - Payment

Dear Gesualda,

Thank you very much for the explanation.

Customer made the transfer. Because of the capital controls he was not able to send the total amount, as there is a monthly allowed limit which he has exceeded. Beginning of March he will be able to send the remaining amount (about €45)

As soon as we receive the bank documents we will let you know.

Wishing you a lovely day,

Best regards


Chiara la solfa? La Grecia (paese più piccolo dell'Italia, se il mappamondo non mi inganna) continua ad applicare controlli ai movimenti di capitali, e questo a vari scopi, fra i quali quelli di gestire i flussi di importazioni (del resto, se avete letto Stiglitz avrete visto che anche lui fa una proposta del genere, ma molto più farlocca). Non potendoli controllare, come sarebbe naturale in un mercato, col prezzo della valuta, li controlla in via amministrativa, lesinando la liquidità necessaria (in questo caso l'importatore aveva sforato di 45 euro e l'esportatore italiano è rimasto col cerino in mano: piccolo, ma per sempre un cerino).

Quindi?

Quindi questo.

Il controllo dei movimenti di capitali, additato, insieme al finanziamento monetario degli investimenti pubblici (cui tanto dovremo arrivare), come retaggio di un passato di scialacquamento e di immoralità nella condotta della politica pubblica, è prassi corrente dentro un mercato unico, in una unione nella quale in teoria merci, servizi, lavoratori e capitali dovrebbero fluire come linfa in un albero a primavera, e invece... invece no: i movimenti di capitali possono essere controllati indipendentemente dalla dimensione del paese (li ha controllati Cipro, li controlla la Grecia, ma anche la Germania, come avrete visto, non è considerata paese aperto nella classificazione dell'IMF, il che è perfettamente sensato, perché da sempre chi è più potente si protegge e lascia che siano gli altri ad aprirsi - vedi alla voce Trump), l'integrazione del mercato dei servizi è lungi dall'essere completata (aggiungo: per fortuna, e ci metteremo di traverso alla Bolkestein senza se e senza ma), la mobilità del lavoro sconta, oltre alle ovvie barriere culturali, una serie di altre barriere amministrative che ha sempre scontato, il che non ha mai impedito di muoversi a chi volesse farlo, e via dicendo.

Ma allora, se poi, nella vita di tutti i giorni, ognuno fa come gli pare, se ogni volta che parto devo ricordarmi quale adattatore prendere per le prese di corrente, se controllare i movimenti di capitale è possibile, allora potrebbe essere possibile anche "stampare moneta" (come dicono i soloni) per ristrutturare la rete viaria di un paese, o no? Se ne parla nelle riviste scientifiche (qui un esempio, in chiave critica) e nei giornali finanziari dei paesi liberi. Qui, però, casca l'asino. Lasciare che sia la Bce a decidere se finanziare il raddoppio di una linea ferroviaria in Toscana o la manutenzione di un canale ad Amburgo significherebbe dare alla Bce funzioni politiche che non possono competerle e che nell'attuale quadro istituzionale non hanno un contrappeso politico. L'idea delirante di "ministro delle finanze europeo" nasce proprio per ovviare a questo strapotere (ed è un'idea francese da sempre, come abbiamo imparato qui).

Peraltro, come nota Stefan Kawalec in un libro che presto spero appaia in inglese, se l'aggiustamento di competitività restasse legato alla svalutazione interna, cioè al fatto che il paese in difficoltà tagliasse i salari, o quello prospero li aumentasse, invece di diminuire o aumentare il tasso di cambio, il novello imperatore di Leuropa (Weidmann?) si troverebbe di fronte a uno stravagante paradosso.

Infatti, se, poniamo, l'Italia fosse in crisi per difetto di competitività (poche esportazioni) e la Bce decidesse di aiutarla (finanziando opere pubbliche), la diminuzione dei disoccupati italiani impedirebbe ai salari italiani di diminuire. In queste circostanze, quindi, i maggiori redditi italiani, a parità di costi dei prodotti italiani, farebbero aumentare le importazioni dell'Italia, senza rilanciarne le esportazioni, aggravando la crisi di bilancia dei pagamenti. Se invece decidesse di finanziare un paese forte, sperando di rilanciare la sua domanda, e di aiutare così, indirettamente, i paesi deboli (la proposta ripetutamente fatta da De Grauwe: la Germania deve alzare i salari così gli operai verranno in vacanza a Rimini), lo Imperatore si esporrebbe alla critica di correre in soccorso del vincitore.

Insomma: il presidente della Bce farebbe il male cercando di fare il bene, ma se facesse il bene gli verrebbe imputato di fare il male.

Che uomo sfortunato!

Quindi?

Quindi basta guardarsi in giro per il mondo: a parte l'allegra brigata leuropea, altrove gli stati gestiscono i propri confini e la propria moneta. Qualcuno lo fa bene, qualcuno lo fa male, qualche volta per merito o colpa proprio, qualche altra volta per colpa o merito altrui. Ma dire che gli italiani sarebbero pregiudizialmente incapaci di farlo, oltre a urtare contro l'evidenza storica e la nostra stessa percezione, che ci indica chiaramente come quando lo facevamo non stessimo peggio, è una forma intollerabile di razzismo che dovremo espiantare da questo paese. Questa sarà, come sapete, la stella polare della mia azione politica: restituire al mio paese la sua dignità calpestata e derisa dai media di regime, propalatori finora incontrastati di fake news economiche e non solo, contrastando ovunque e con ogni mezzo mi sia possibile e lecito mettere in campo chi continuerà a farsi megafono di una campagna denigratoria il cui unico scopo è quello di convincere i cittadini che resistere è inutile.

Chi mi ha votato è convinto che resistere sia utile.

Questa volta siete stati abbastanza.

La prossima volta sarete di più, soprattutto se sarò riuscito a dimostrarvi che col tempo non avrò dimenticato l'arte di dire no:



(...bè, non era proprio un post solo tecnico: un po' era anche politico. Ma, del resto, la tecnica mi è servita a dimostrarvi per tabulas quale sia il metodo dei media. Se volete liberare il paese, ricordatevene anche quando leggete le loro analisi politiche, fatte con la stessa onestà intellettuale, con gli stessi riscontri fattuali, con le stessa libertà dai pregiudizi di quelle economiche. Perché, chi ce l'ha, fa tutto con la stessa testa, come mi diceva la mia mamma prima di perdere la sua...)

giovedì 1 marzo 2018

Lettere da Zombia (in viaggio per Livorno)

(...povera Albini! Io non ce l'avevo con lei, per carità! Ottima persona, il confronto era stato civile. Nulla a che vedere, in effetti, con il comportamento scorretto e rivoltante della sua compagna di partito che per motivi strumentali di bassa cucina politica aveva avallato e rilanciato il gossip di chi, non capendo un mio tweet, mi aveva dato del negazionista - a proposito: mi dicono che da senatore querelare è poco elegante, per cui le querele (per diffamazione, e per minacce gravi) partiranno tutte sabato, visto che le cose credo proprio andranno come devono andare: poi mi scuserete se non avrò modo di ritirarle, ma il da fare sarà tantissimo... Tuttavia, nonostante lei fosse e sia senz'altro un'ottima persona fino a prova contraria come tutti, il suo tentativo di chiamarsi fuori da una stagione politica estremamente buia per la sinistra italiana, quella della totale subalternità al progetto montiano, non ha sortito un ottimo effetto. Purtroppo, a sinistra non hanno proprio capito quale enorme laboratorio di pensiero è questo blog, e nemmeno, banalmente, quanti siamo! Sicché, alla supponente difesa dell'on. Albini (il blog "non affollatissimo", ecc.) è seguito uno scrupoloso lavoro di indagine dei miei lettori, cioè vostro, dal quale sono emersi reperti veramente strabilianti, fra i quali un bel voto favorevole al pareggio di bilancio in Costituzione (che, va detto, venne votato all'epoca anche dalla Lega ma sul quale occorrerà evidentemente tornare una volta avuti i numeri: peraltro, noi diciamo, e abbiamo anche espresso per tabulas, di voler violare il parametro del 3%, quindi anche quello dello 0%, visto che per noi 2+2=4 e quindi 3>0, mentre tutti gli altri ossequiano la logica delle cosiddette coperture, che Liberi e Uguali vuole garantire con una patrimoniale - come da dichiarazioni di Maria Cecilia Guerra nel noto dibattito). Risulta anche una serie di appassionati compitini, come quelli che ci ha collezionato un amico che vi invito a seguire: nella trepida attesa dell'on. Albini per la votazione che, con senso di responsabilità, avrebbe - secondo lei - cambiato le sorti del paese, si legge tutta l'impreparazione di una sinistra che ha preteso di essere marxista per evitare di essere keynesiana, condannandosi a essere pre-keynesiana, cioè, in buona sostanza, hayekiana o pinochettiana - che poi è la stessa cosa, e alienandosi così definitivamente il consenso della sua pretesa base. La ridotta Toscana forse terrà, l'on. Albini forse verrà riconfermata - chissà! - ma certo non riceverà lettere come questa, che ho ricevuto qualche giorno fa da Zombia, dove andai a spiegare una cosa che a sinistra proprio non volevano capire - tant'è che l'ultima persona che ho sentito parlare di "esercito industriale di riserva" è stata Giancarlo Giorgetti ad Avezzano, e con perfetta cognizione di causa...)

Caro Alberto,
 

ho appena appreso la notizia della tua candidatura all'interno delle fila della Lega cosa che inevitabilmente porterà a polemiche, chiacchiericcio e gossip da bar di periferia. Nessuno, e ribadisco nessuno, si domanderà perché mai un uomo (un vero uomo libero) che per anni ha parlato in televisione di "lotta di classe", "imperialismo", "comunismo", che ha nominato più e più volte Lenin, Marx (dimostrando di averli letti, cosa che tra i miei "simili" è divenuta una casualità praticamente prossima allo zero) sia dovuto trasmigrare in una formazione che non è "de sinistra". Non si chiederanno mai perché questo sia successo, non sentiranno mai le tue (puntuali, oneste e realistiche) motivazioni, se ne fregheranno del perché i più capaci figli del popolo siano oramai altrove da quella che fu "aaasinistra". Del resto chi non si pone l'obiettivo reale di governare, di dirigere e di rivoluzionare realmente i processi, ma si limita a vivacchiare nello sloganismo da perenne opposizione, sceglie ovviamente di non decidere, di non rischiare, di non  abbandonare il 900 ma di rimanerci dentro conservando gelosamente quella pseudo identità che quel periodo storico riesce ancora a garantire a degli spossati che pretendono di fare politica senza conoscerne l'abc: ovvero il processo dialettico. Gente che si è messa in testa di superare scientificamente il capitalismo (definizione sconosciuta ai più del comunismo) non quello dell'italia del 2018 ma quello russo del 1917 (nei casi peggiori il 68 de noantri) e che pensa che ripetendo in maniera compulsiva gli slogan (anzi la parte di comodo degli slogan)  dei "maestri" questi possano risolvere i problemi di una società (quella attuale) che nemmeno i maestri stessi avrebbero potuto pensare di immaginare (e quindi di cambiare).
 

Il percorso per la giustizia sociale è un percorso lungo ed articolato ed è tanto più articolato e complesso tanto più la società si complica e si "capitalizza"  e quindi lascia sempre meno spazi per scelte ortodosse o "etiche". Una banale cosa che i comunisti Cinesi hanno capito, e quelli occidentali no.
 

Nessuno metterà mai sul piano della discussione l'enorme delusione per chi come (anche ) me si è trovato nel deserto della proposta politica "de sinistra" (tutta) fatta di principi non riproducibili per masse di lavoratori impoveriti o disoccupati, facendo maturare in persone come me l'idea che per noi poveri operai essere di "sinistra" è un essere che non ci possiamo permettere, e oltretutto nemmeno ce lo vogliamo permettere. Nessuno conosce la sofferenza di chi ha dovuto tagliare di netto le proprie radici con il 900, con la tradizione, con la famiglia e con i ricordi, con gli amici, con la maglietta del Cheguevara, con le manifestazioni e con tutto il bagaglio culturale/sociale che lo ha accompagnato da una vita. Nessuno sa quanto costa mettersi in testa di farla per davvero sta rivoluzione, quanto sia costata (se solo si fossero letti) ai "maestri" che l'hanno fatta davvero, che terribili decisioni abbiano dovuto affrontare, che livello di critiche abbiano dovuto sorreggere. Niente, nessuna domanda sensata sarà fatta, nessuna analisi degna di nota, nessuno che farà la giusta osservazione: "ma perché abbiamo lasciato Bagnai alla Lega?".
Posso solo ringraziarla per tutto quello che ha fatto da quando ha iniziato la sua opera di divulgazione.
 

Un operaio facchino Comunista


(...ex multis. Tuttavia, permettetemi di dire una cosa, anche all'amico che mi ha scritto questa lettera molto commovente, anzi, due. Sì, vorrei fare due commenti sul "lasciare Bagnai alla Lega!", frase che capisco, ma nella quale ravviso due lievi imprecisioni. La prima è nell'intonazione - ma c'est le ton qui fait la musique! Vorrei far sommessamente notare che la Lega è un partito come gli altri, fatto di persone che magari hanno opinioni diverse da quelle di altri, ma pari diritto di esprimerle - su questo torno dopo - e che sono per lo più persone normali, come lo sono io. Quindi, non vorrei che pensaste che stare con loro sia per me un grande sacrificio. Direi che è piuttosto un onore - e un sollievo - essere accolto con tanta deferenza e tanta partecipazione in una squadra di persone normali che vogliono fare una cosa normale: opporsi democraticamente a un sistema di governo che ha devastato il paese. Poi, c'è un'altra cosa che vorrei dire. La sinistra non ha lasciato alla Lega "Bagnai". Sì, certo, con una prova di insipienza tattica all'altezza della loro insigne tradizione questi gnucchi si son fatti il nemico sbagliato, che ha il sopravvento tecnico e comunicativo - come la vicenda dell'Albini ahimè dimostra! Ma il punto non è tattico, bensì strategico. Io le ricordo le conversazioni con Fassina e D'Attorre, quando - a dire il vero non da solo - cercavo di far capire che ci si doveva occupare di immigrazione, o di Europa. E la risposta era sempre la stessa: "Ma questo è un tema di Salvini!" Ora, a parte il fatto che fra quando io - e altri - siamo entrati nel dibattito e quando questi temi sono (per fortuna) diventati temi "di Salvini" son passati tre anni (perché era il 2010 quando un mio amico andò da Ferrero a dirgli che occorreva prepararsi al disastro, ed era anche il 2010 quando io scrissi il primo articolo di critica all'Europa su sbilanciamoci), voi capite bene quanto castrante sia questa strategia: quella che consiste nel valutare i problemi non in base all'impatto che hanno sulle persone, ma in base all'appartenenza di chi li porta nel dibattito. L'immigrazione non è un problema "di Salvini", è un problema della povera gente (inclusa quella che arriva). L'Europa non è un problema "di Salvini", è un problema dei lavoratori (inclusi quelli che partono).

Insomma, per sintetizzare, la sinistra non ha lasciato Bagnai alla Lega, le ha lasciato molto di più: le ha lasciato il monopolio della proposta concreta sui temi dei quali lei sarebbe nata per occuparsi! Detto ancora in un altro modo, io non ho cambiato schieramento: io sono sempre stato con la mia gente e per la costruzione di una società più equa. Non sono io ad essermi spostato a destra: sono stati loro, col pareggio di bilancio in Costituzione, col jobs act, e con tutte le altre porcate espressamente richieste dalla Bce, a spostarsi progressivamente verso posizioni neoliberiste. Quelle posizioni che solo un partito disposto a arginare la globalizzazione finanziaria può contestare efficacemente.

Quindi, ora, cosa volete da me?

Riflettano a questo i lavoratori di Livorno che, a quanto mi si dice, vogliono boicottare il nostro incontro di stasera sulla base del fatto che noi saremmo xenofobi. Ottimo argomento! Mi ha colpito molto, leggendo Michéa, il resoconto di un esponente del movimento operaio francese del XIX secolo, che suscitò un certo scandalo perché ai suoi dibattiti desiderava che tutte le opinioni fossero espresse, e a questo scopo invitava perfino i veri antisemiti (non i pretesi "xenofobi"). Il suo argomento era limpido, e, peraltro, da me sempre applicato: se loro hanno torto, lasciamo che espongano le loro ragioni fallaci: questo sarà il modo migliore per sconfiggerle. Se ci fate caso, la stessa cosa si può dire dell'eurismo. Guardatevi ad esempio questa collezione di perle! Cosa c'è di più efficace per apprezzare l'inconsistenza logica degli argomenti euristi, e anche, in alcuni casi, quella etica dei loro sostenitori?

Ma con il passaggio dal movimento operaio, che mirava a ottenere un'esistenza libera e dignitosa per i lavoratori, alla "sinistra", che volgeva lo sguardo alle magnifiche sorti e progressive dei diritti civili e del cosmopolitismo, c'è stata una evidente involuzione. Da alfiere della libertà di pensiero, la sinistra è diventata lanzichenecca del politicamente corretto, ovvero, per dirla come sta, dell'idea che alcune opinioni non devono essere espresse.

Inutile farvi notare come questa sia un'ammissione di debolezza: non si permette che certe opinioni vengano espresse perché si teme che esse convincano gli elettori. Si affianca a questa idea fascista e controproducente l'altra idea ugualmente fascista che tutte le opinioni siano uguali. Non è così. Tutte le opinioni devono poter essere espresse, ma questo non significa che esse abbiano tutte uguale valore. In materia economica, la mia opinione, con tutto il dovuto rispetto, non vale quanto quella di un gazzettiere qualsiasi, laureato se va bene in niente e se va male in lettere. Non funziona così: dare a qualsiasi qualunquologo il diritto di mentire e disinformare senza contraddittorio e senza possibilità di rettifica, mentre si dà per scontato che chi mente abbia anche il sacro diritto di definire lo spettro delle opinioni esprimibili, è fascismo per il semplice motivo che inquina la democrazia, come ho diffusamente spiegato ne "L'Italia può farcela".

E ora l'Italia sta per farcela. Il 4 marzo voterete Lega, dopo di che sarà finito il tempo dei sette contro uno nei dibattiti televisivi, sarà finito il tempo dei dati statistici inventati dai quotidiani, sarà finito il tempo della propaganda fatta contro di noi ma coi nostri soldi. I compagni di Livorno non sono cattivi: sono disinformati. Auspico che dopo il 4 marzo possano farsi un'opinione più equilibrata e responsabile delle cause del loro disagio economico...)