L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
Fedele a uno degli aforismi di Flaiano che mi sono più cari (e che vi ho citato qui), potrei dire: "Io della crisi francese ne parlavo nel 2012, ora ne parlano anche gli operatori informativi!", e tirare dritto. Questo atteggiamento blasé e autoreferenziale non sarebbe però compatibile con il mio codice deontologico di insegnante. Per quanto io sia consapevole dell'inutilità dei misi sforzi, mi permetto di insistere con voi su un punto, che non è inedito, perché lo avevo esplicitato già preparando l'intervento del 5 marzo al convegno del Dipartimento Economia della Lega (in questo post). Per evidenziarvi quello che (non) sta succedendo in Francia (ma dovrà succedere), prendo questo grafico di quel post:
e lo modifico leggermente, togliendo la Spagna (di cui ci interessa il giusto), e prendendo come base dell'indice il 1999 (l'inizio dell'età dell'euro):
Ecco, così si capisce molto bene, purché si ricordi che stiamo lavorando con indici, e che quindi prendere come base il 1999 non significa che nel 1999 i salari di Germania, Francia e Italia fossero uguali, ma che vogliamo vedere sinteticamente in che modo sono variati da allora.
Nel 2004 inizia la svalutazione interna (deflazione salariale) tedesca, che nel 2008 porta l'indice un po' sotto 94 (quindi con il famoso calo dei salari reali del 6% di cui il governo menava vanto, come ricorderete). È il crollo della spezzata azzurra.
Nel 2011 (e quindi sì, lo so bene, già con il Governo Berlusconi) l'Italia comincia a seguire, ma solo nel 2012 si vede un deciso e protratto crollo dei salari reali italiani, sostanzialmente analogo. È il crollo della spezzata grigia, reso necessario per recuperare competitività rispetto alla Germania.
E i salari reali francesi, cioè la spezzata arancione?
Non sono ancora crollati. Stanno sì flettendo, ma lentamente, molto lentamente, troppo lentamente, e quindi la Francia non recupera competitività, e continua ad accumulare debito estero, come abbiamo detto parlando dello sprofondo rosso:
Arriverà prima il sudden stop, o se volete il current account reversal, o arriverà prima la Fornère?
Rispondere a questa domanda è piuttosto difficile ma anche piuttosto futile: che siano i mercati a smettere di rifinanziare il debito estero francese (con conseguente necessità del Governo francese di tirare i remi in barca tagliando salari e pensioni), o che sia il Governo francese a tirare i remi in barca tagliando pensioni e salari (con conseguente recupero di competitività e rimborso dei debiti esteri), in ogni caso quello che si osserverà sarà il ritorno del saldo delle partite correnti in territorio positivo, e una massiccia esplosione di disordine sociale.
Quello che non è ancora successo, ma succederà, quindi, è il crollo della spezzata arancione. Ma la spezzata arancione potrebbe anche "slittare" (verbo che di questi tempi si applica in contesti nautici). Come detto mille e una volta: se i salari "slitteranno" (come stanno in parte facendo), l'accumulazione di debito estero e di debito pubblico rallenterà, ma il problema non si risolverà, resterà lì. Se crolleranno, il problema del debito estero si risolverà e quello del debito pubblico si accentuerà.
Chi è qui da un po' sa già perché, chi è qui da poco può chiedere, e gli sarà dato. A me interessava fissare una volta di più questo punto, nella mia umile qualità di persona che ha capito nel 2012 che cosa (non) sarebbe successo nel 2025, e che quindi ha interesse a restare ahead of the curve dicendovi quello che potrebbe succedere nel 2026. Va da sé che se fa il botto la Francia noi potremmo trovarci di fronte a scenari inediti, e che quindi, naturalmente, si farà di tutto per non farglielo fare, questo botto, cercando magari di tenere lo spread in caldo per una eventuale ascesa di un governo lepenista.
Fosse così, non sarebbe il 2026 ma il 2027 (o il 2028).
(...ieri sera ero abbastanza usurato, dopo una lunga giornata, iniziata a Venosa, da cui ero risalito fino a Pizzoferrato, per poi scendere ad Ateleta per partecipare a un raduno, per poi risalire, finalmente, nelle mie highlands. Nicola si era maternamente raccomandato di non tenere la finestra aperta, perché di notte rinfresca, e io filialmente l'avevo quindi spalancata, tirando giù la zanzariera, non tanto per difendermi dalle zanzare, che qui non si sa cosa siano - altro motivo per venirsene via da Roma, dove ormai imperversano da marzo a dicembre - quanto per ostacolare l'ingresso a qualche creatura mitologica tutta elitre e aculei, di quelle di cui in città invece s'è persa la memoria - magari perché qualche immigrato clandestino ne ha occupato la nicchia ecologica. Mi sono quindi andato spegnendo lentamente, nella lunga dissolvenza del crepuscolo, immaginando che alle 5:26, come da effemeridi, il Sole mi avrebbe svegliato, essendo io piuttosto insofferente - o se volete reattivo - alla luce, ed essendo la mia finestra esposta a ostro. Fatto sta che siccome la finestra davanti ha un bell'albero, io forse ero più stanco del solito, e la temperatura era ideale, mi sono svegliato solo alle 6:30, e insomma, fra una chiacchiera e un altra col mio ospite, mi son trovato all'imbocco del sentiero per il Porrara alle 8:45. C'erano già sette macchine, ma era un po' troppo tardi per andare in cerca di solitudine - che comunque non avrei trovato - più avanti, sul Monte Amaro, un monte che non cessa di darci soddisfazioni [qui e qui], dove mi preoccupava non tanto la neve o il ghiaccio, che ancora in quota c'è, quanto il fatto di dover risalire la valle di Fondo di Majella col sole negli occhi [per evitarlo devi partire almeno alle 7:30]. Così, mi sono messo in marcia, e fedele al motto "mai niun davanti", pur con un passo che non è ancora dei miei migliori, mi sono lasciato dietro una dozzina abbondante di escursionisti, riguadagnandomi rapidamente la tanto agognata solitudine. Non è solo spirito agonistico: diciamo che è anche prudenza. Quando vado da solo, preferisco che dietro di me ci sia qualcuno che, se le cose vanno storte, possa raccattarmi da terra. Ma perché lui sia dietro di me, non devo spiegarvi, dopo tanti anni di Goofynomics, che io devo stare davanti a lui! L'unico modo per essere veramente solo in montagna è andare per montagne che nessuno frequenta perché non hanno nome o reputazione, quindi in generale perché non hanno quota: lì la solitudine può essere un problema serio, anche perché lo spazio che l'uomo non riempie, lo riempie Natura matrigna Inc., lo sponsor di Musica Perduta, rappresentata in zona da lupi e soprattutto orsi. Ma in una domenica di giugno un qualsiasi duemila degli Appennini tutto è tranne che un posto solitario, il che ovviamente non ne fa di per sé un posto sicuro - vedi sopra! Alle 8:45 nel lato occidentale della montagna, quello verso il Quarto Santa Chiara e Roccaraso, per capirci, e all'ombra degli alberi, si poteva andare, il caldo ancora si sopportava. E così, mentre salivo col mio passo geriatrico, mi immaginavo i due cicli che si intersecavano al mio andare: quello del carbonio 6CO2 + 6H2O + luce → C6H12O6 + 6O2, e quello di Krebs acetil-CoA + 3 NAD+ GDP + FAD + Pi + 2 H2O → CoA + 3 NADH + 3 H+ + FADH2 + GTP + 2 CO2 [ovviamente non questo Krebs, ma questo Krebs, e altrettanto ovviamente non questo GDP, che se qualcuno capisse veramente cos'è tutti staremmo meglio, ma questo GDP, di cui, confesso, fino a oggi ignoravo l'esistenza: il che non gli ha impedito di fare finora il suo lavoro per me...]. Sotto i miei occhi quello che gli scemi chiamano inquinamento stava diventando glucosio attraverso la fotosintesi, come nelle mie cellule, da qualche parte e in qualche modo per me misterioso, attraverso la beta-ossidazione stavano diventando glucosio - o qualcosa di simile - gli acidi grassi, di cui in questo momento ho oggettiva disponibilità [se mi fate un buon prezzo ve ne posso cedere almeno quattro chili!]. Insomma, il mio metabolismo finalmente andava a un regime tale da garantirmi un minimo di benessere, e in questo stato di beatitudine emettevo tanta CO2, che però non sembrava disturbare i faggi e i tassi sul mio cammino, lieti anzi di assorbirla [naturalmente parliamo di questi tassi, non di questi tassi, che sono anch'essi emettitori, e anch'essi si incontrano da queste parti - ma non alle 9 del mattino: l'ultimo l'ho incontrato alle 23 di una serata dell'agosto scorso scendendo da Rosello]. Così, di sorpasso in sorpasso, su per la cresta, arrivavo in cima, dove trovavo quattro persone, fra cui un poliziotto in congedo, da cui ho imparato tante cose: che alla Rava del ferro la scorsa settimana c'era ancora un metro e mezzo di neve ghiacciata, lui era andato coi ramponi, aveva visto altri in "lieve difficoltà"; che una volta in servizio di polizia stradale era intervenuto sul luogo di un incidente, il responsabile dell'incidente senza alcun segno che potesse lasciar presagire una simile reazione gli aveva sparato al braccio [il buco si vede ancora] e poi l'aveva buttato a terra cercando di finirlo, ma la pistola gli si era inceppata per tre volte, e dopo tutta questa bella storia lui, che non aveva nemmeno fatto in tempo a estrarre l'arma, si era dovuto pagare l'avvocato; e altre varie ed eventuali del territorio e delle sue montagne. Inutile dire che dopo un episodio simile [quello del buco e dell'avvocato] se non sei leghista lo diventi, e infatti abbiamo salutato dalla vetta il comune amico Gianni Tonelli. Ah, il più anziano lassù non ero io: c'era un signore del '46, quasi ottantenne, con un suo amico settantacinquenne. Il loro passo era più geriatrico del mio [alla fine ci avevo messo due ore e cinque minuti rispetto a un tempo tabellare di 2:10], ma chissà se fra vent'anni avrò ancora voglia di andare lassù?
Questione - anche - di metabolismo.
Occupiamoci allora di un prodotto del metabolismo, cioè di un pdm...)
Anonimo Keynesiano ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Storia di un referendum":
L'Italia ha recuperato il livello di Pil del 2007 solo nel 2023. Calcolando i livelli di crescita del PIL nel 2024 e 2025 fanno 18 anni di sostanziale stagnazione economica. Tra il 1990 ed il 2023 i salari sono diminuiti. La produttività continua a non crescere. I neolaureati continuano ad andarsene. A fronte di tutto questo la diminuzione del tasso di disoccupazione dice ben poco sull'andamento complessivo del paese, soprattutto se si considerano le tipologie di posti di lavoro creati (in settori a basso valore aggiunto, con salari di conseguenza mediamente bassi).
In sintesi: il paese continua serenamente a declinare e questo governo non ha fatto (e continua a non fare) nulla per invertire il trend (d'altronde non può farlo, non avendo il controllo delle leve fondamentali della politica economica). Siete stati al governo in 5 degli ultimi 7 anni e ci siete in pianta stabile ormai da 3: le battute sono simpatiche, ma a un certo punto dovreste spiegare - e rendere conto - della situazione complessiva del paese.
Ps: 12 milioni di voti contronon sono esattamente pochissimi, e io non sputerei in faccia a chi è andato a votare perché costoro potrebbero ricordarsene. Per ulteriori informazioni, vedasi il "ciaone" di Renzi.
Pubblicato da Anonimo Keynesiano su Goofynomics il giorno 9 giu 2025, 23:51
Alberto Bagnai 10 giugno 2025 alle ore 06:36
Grazie per avermi spiegato le dinamiche macroeconomiche che avevo annunciato ex ante. Così facendo ti sei reso ridicol* e quindi mi sollevi dal compito di risponderti. Coí keynesiani pro-euro ci abbiamo lastricato il nostro percorso, ignoravo che esistessero ancora…
Anonimo Keynesiano 10 giugno 2025 alle ore 09:07
Onorevole, ero contro l'euro da prima che lei "scendesse in campo". E lo sono rimasto mentre lei votava la fiducia a Draghi. Invece che insultare, potrebbe (forse dovrebbe) rispondere nel merito. Ripeto: siete al governo, e dovreste cominciare a rispondere della situazione che - nonostante la diminuzione del tasso di disoccupazione - resta terribile. Cordiali saluti!
Alberto Bagnai 10 giugno 2025 alle ore 10:11
No, guarda, tu non eri niente perché non sei nessuno, sei solo uno che ha paura di metterci la faccia, e devo dirti che in questo solidarizzo con te (ho appena scritto una lettera a un collega per dirgli di stare attento, perché siamo ancora nel regime di Vichy messo su dalla sinistra), ma solidarizzare non significa autorizzarti a venire qui a farmi lezioncine di cui onestamente non c’è bisogno, non ne ho bisogno io, e non ne hanno bisogno gli altri lettori, anche perché le condisci con cose fattualmente false. Tu non hai dovuto votare la fiducia a draghi perché non conti un cazzo. Goditi il tuo non contare un cazzo, ma rivolgiti in un altro modo a chi da tanti anni sta lottando per cambiare le cose, mettendoci la faccia.
Anonimo Keynesiano ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Storia di un referendum":
Di seguito le fonti delle cose “fattualmente false”:
2) Sulla diminuzione dei salari dal 1990 al 2023, i dati sono tratti dal Rapporto Annuale OCSE sul lavoro e sono stati ripresi abbondantemente dalla stampa negli ultimi mesi, basta usare Google:
5) Sull’inversione del trend del declino italiano:
Credo che dedurla dal grafico sull’andamento del rapporto tra Pil pro-capite ITA/WLD e ITA/EMU contenuto nel post da lei citato sia un filo azzardato. Se guardiamo all’insieme dei dati che abbiamo a disposizione (quelli di cui sopra e altri che si potrebbero aggiungere) quello che emerge chiaramente è che il declino è vivo e lotta insieme a noi.
6) Sui posti di lavoro prodotti:
Confesso che questa era più che altro una deduzione fatta mettendo insieme: a) scarsa crescita del PIL nel post rimbalzo-covid (2023,2024,2025) b) calo della produttività c) diminuzione dei salari d) aumento dell’occupazione over-50.
I dati settoriali non me li sono guardati, ma se mi smentisce dimostrandomi che stiamo producendo posti di lavoro in settori ad alto valore aggiunto sono ben contento.
Con immutata stima,
Dunque...
Intanto sgombriamo il campo da un equivoco, o almeno proviamoci, perché mi sono ormai rassegnato all'evidente impossibilità di riuscirci, per circostanze oggettive che comprenderete.
Tutti qui ci ricordiamo quando e come abbiamo conosciuto Giorgia Meloni: undici anni fa in questa tavola rotonda:
nel convegno intitolato al mio saggio cui venne riconosciuto lo status di best seller (ma insomma, che cosa ne penso lo sapete...), convegno a margine del quale la Meloni rilasciò questa intervista:
Erano, naturalmente, altri tempi.
Avevo conosciuto la Meloni circa un anno prima, grazie a un uomo buono e coraggioso di cui molti parlano ma che credo nessuno conosca, perché penso di essere l'unico, essendo stato lì, avendo respirato quell'aria, avendo ascoltato i deliranti sproloqui degli organizzatori, che sembravano provenire dritti dritti da un ciclostile della militanza armata "comunista" anni '80 (negriani, credo fossero...), penso, dicevo, di essere l'unico a poter valutare e apprezzare il coraggio che Antonio ebbe nel venirmi ad ascoltare qui:
Per me Antonio non è una bandiera o un hashtag (come lo è diventato nella cloaca): è carne della mia carne viva, è la persona che è riuscita, nel 2013, dodici anni fa, col suo coraggio, col suo umorismo, con la sua mitezza, insomma: con la sua umanità, a farmi fare quell'operazione di igiene intellettuale di cui tanto ci sarebbe bisogno in questo Paese, ma che a sinistra temo di aver fatto solo io e vedo preclusa agli altri (il che mi ha reso peraltro indispensabile schierarmi a destra): apprezzare le ragioni dell'avversario politico, ammetterlo come interlocutore su un piano paritario di reciproco rispetto. Tanti sono i ricordi di Antonio, ma uno commovente e doloroso su tutti: quello di una volta che era venuto a trovarmi in Senato, e che per qualche motivo avevamo deciso di andare alla Camera (probabilmente per raggiungere l'infido Borghi). Passiamo i varchi e io mi avvio col passo spedito del parlamentare abituato a rimbalzare freneticamente da un palazzo all'altro, sospinto dalla spasmodica brama di raggiungere la prossima stanza con aria condizionata. Dopo un attimo lui non era più accanto a me, realizzo che era in affanno, lo guardo e mi prega di rallentare, ricordandomi che in fondo era vivo grazie a un intervento, e che non gli avevano dato tantissimo tempo. Me ne aveva parlato, ma me ne ero dimenticato. Lui sapeva di avere un tempo limitato, il che non gli impediva di spendersi.
Se non avessi imparato da Antonio che anche le ragioni dell'altro hanno pari dignità di esistere e di essere rappresentate, non avrei mai accettato nel 2013 l'idea di incontrare una "fascista" come la Meloni. Antonio non fu quindi soltanto il tramite di quell'incontro, cosa che gli fu possibile grazie al suo ruolo nell'organizzazione di quel partito: ne fu anche e soprattutto l'indispensabile presupposto culturale. Per Claudio parlare con Salvini fu piuttosto facile, nonostante che all'epoca non credo che questi avesse ancora letto Il tramonto dell'euro per i buoni uffici di Lorenzo Fontana: erano entrambi milanesi, erano entrambi conservatori. Il salto che dovetti fare io all'epoca era lievemente più ampio, ma insomma si fece, con la consueta liturgia: "Mi raccomando, sii conciso e concentrato, perché ha pochissimo tempo, potrà ascoltarti solo un quarto d'ora!" E poi l'incontro durò quasi due ore, al palazzo dei gruppi, che ora è casa mia, e che allora mi sembrava il distante, kafkiano e labirintico palazzo del Potere (che ovunque risiede tranne che in quelle stanze logore)...
Vedendo ora la frustrazione del mio assistente quando uno dei tanti postulanti riesce a catturare la mia attenzione e si trattiene più del previsto, mandando all'aria un'agenda fatta di incastri giapponesi, e costringendolo a entrare in modalità disaster recovery annullando e spostando quello che viene dopo, posso solo immaginare l'incazzatura di Arianna (se era lei il capo segreteria) di fronte a un evento simile. Va detto però che quando ci incontriamo mi sorride, quindi non porta rancore (o la mia esondazione non fu disastrosa)...
Era, o sarebbe, stato così con tutti, del resto, da Berlusconi in giù. Evidentemente succede in alto quello che succede in basso: ai primi come ai penultimi piace ascoltare quello che ho da dire. Una discreta soddisfazione personale che però solo in un caso ha avuto un riscontro politico:
(n.b.: tanto per essere chiari, ricordo - e ricorderà chi mi era vicino - che all'epoca questa foto non mi fece assolutamente piacere, perché significava la morte del dialogo con gli interlocutori che cercavo di coinvolgere, che poi sono gli stessi che a partire da qui, per l'igiene del Paese, oggi preferisco estirpare...).
Io continuavo (e continuo) a essere convinto che la battaglia in difesa della teoria delle aree valutarie ottimali sia una battaglia "di sinistra", pro labour, mentre il negazionismo di questa teoria sia evidentemente "di destra", contro il lavoro (per il semplice fatto che è contro il salario)! Tuttavia, è pur vero che bisogna fare il pane con la farina che si ha. La Meloni era piaciuta molto a molti di noi (ad esempio a Marco Basilisco, che pure stingeva anche lui sul negrismo - nel senso di Tony). Nel tempo ci ho mantenuto un rapporto non fittissimo ma cordiale: non ho consigli da darle, non è il mio ruolo e non ce n'è bisogno, come mi pare dimostrino i fatti. Credo che nessuno la ritenga una persona stupida, anche se probabilmente pochi si aspettavano (e molti me lo confessano) quello che invece forse qui ci potevamo aspettare, direi, visto che avevamo conosciuto la persona nella sua verità.
Ma insomma, per farla breve, quello che voglio dire è che avrei più di un pregiudizio positivo nei riguardi della Meloni e naturalmente di Matteo: sono persone che hanno voluto conoscermi quando non ero nessuno (vero è che a quei tempi a consenso forse stavo meglio io...), che hanno manifestato genuino interesse e rispetto per il mio pensiero, che stimo e con cui sono in rapporti cordiali (in un caso direi di amicizia). Poi naturalmente sono anche il premier e il vicepremier di un Governo che sostengo col mio voto (anche perché il vicepremier è il Segretario federale del mio partito). Ma soprattutto sono due bimbi grandi che non hanno bisogno che io li difenda, e per questo mi secca la dialettica idiota di chi viene qui a rompere i coglioni "ar parlamentare da 'a Lega" con atteggiamenti di sterile polemica. Non è questo (cioè la militanza leghista, che è arrivata dopo per me e non vi chiedo di condividere) quello che ci unisce qui. Ma capisco anche che non posso sottrarmi, che oltre a essere impossibile forse non è neanche opportuno (veramente non riesco a valutarlo) che io tenga separati i piani, e quindi all'anonimo keynesi-
ano voglio rispondere, e naturalmente risponderò su base fattuale. Mi ero tenuto indietro il suo commento perché avendomi lui fornito dei link pensavo che ci fosse da studiare e approfondire. Invece no: come vedrete, il suo compitino da pieiccdì expat in qualche università scandinava di terz'ordine è totalmente inconferente. Sinceramente, credevo meglio: invece è solo diversamente brillante, e come tale lo gestiremo, sempre fedeli alla nostra linea sui prodotti del metabolismo, dettata dal cantore di un altro importante ciclo, quello dell'azoto. Da ogni nostro interlocutore, per quanto azotato sia, e anzi tanto più quanto più azotato è, può nascere il fiore della conoscenza.
Difendo quindi la mia tesi: il vile usurpatore del caro nome di un genio che qui vi ho insegnato ad apprezzare perché ve ne ho riportato i testi, quelli che nessuno conosce, e tanto meno i sedicenti keynesi-
ani (vi ricordate quel soggetto di Iodice? Circola ancora per i tubi del dibattito?) fa affermazioni fattualmente false, diluendole in una serie di affermazioni non originali e inconferenti, perché non sono oggetto di disputa sul blog che le ha anticipate di alcuni lustri.
Prima affermazione fattualmente falsa: semo mijoni!
"12 milioni di voti contro non sono esattamente pochissimi, e io non sputerei in faccia a chi è andato a votare perché costoro potrebbero ricordarsene."
Allora: innanzitutto non vedo dove avrei sputato in faccia a dodici milioni di persone. Non che non voglia o che reputi sbagliato farlo! Semplicemente, non ho sufficiente saliva per farlo. Se chi dimentica come il PD lo ha massacrato ricorda che Bagnai gli ha sputato in faccia è perché se ne vuole ricordare. Potrei anche blandirlo, un poveraccio simile: voterebbe comunque PD. Si chiama sindrome di Stoccolma e non mi interessa: non sono uno psichiatra. Tanto vale quindi dire le cose come stanno.
Fino a qui però siamo nell'ambito delle opinioni. Ma in questa frase del diversamente brillante c'è un dato fattualmente falso: i "dodici mijoni" semplicemente non ci sono!
I milioni sono nove (il 25% in meno, per capirci), e la fonte è questa. Di quello che ti ha detto tucuggino o la tua pravdetta provinciale a noi qui non ce ne frega un cazzo (perdonami, ma anche qui siamo cultori dell'ermetismo...), per cui, a meno che tu non intenda accusare di brogli il Ministro dell'Interno e sostanziare la tua accusa, forse è meglio che ti dai una regolata. Sul tema vero (il resto era un fumogeno, quello che interessa alla sinistra non sono i diritti dei lavoratori ma il voto degli immigrati) la sconfitta è stata cocente.
Quindi abbasserei le penne.
Seconda affermazione fattualmente falsa: "il Paese continua serenamente a declinare"
Il nostro amico diversamente brillante a giugno 2025 ci produce una serie di fonti:
che, basta leggerne l'URL, si fermano al 2023, per dimostrarci che un Governo insediato a fine 2022 non ha arrestato il declino del Paese.
Ora, qui non si sa se sia più la scioccaggine o la malafede (hai altri due anni di dati: perché non li guardi, gioia bella?), ma propenderei per la seconda. Vero è che la scioccaggine e la malafede non si escludono, in particolare perché se sei in malafede devi anche essere molto sciocco ad affacciarti su un blog dove non solo l'autore, ma anche i lettori conoscono i dati! Quello che però mi fa propendere per la seconda è lo scombiccherato discours sur la méthode del nostro amico keynesi-
ano: "credo che dedurla dal grafico sull’andamento del rapporto tra Pil pro-capite ITA/WLD e ITA/EMU contenuto nel post da lei citato sia un filo azzardato. Se guardiamo all’insieme dei dati che abbiamo a disposizione (quelli di cui sopra e altri che si potrebbero aggiungere) quello che emerge chiaramente è che il declino è vivo e lotta insieme a noi."
Ora, premesso che sono io il primo a dire che non sta andando tutto bene, e che ovviamente chiunque in qualsiasi condizione può serenamente e tautologicamente argomentare che sarebbe meglio se le cose andassero meglio (invoco su di me la Grazia di Graziella!), innanzitutto segnalo che nella letteratura sul declino del Paese si considera uniformemente come variabile il Pil, semplicemente perché questa è la variabile riassuntiva dell'andamento economico generale del Paese. Di che cosa pensi uno che non capisce di che cosa parla sinceramente non so quale conto dovremmo tenere! Qui siamo al livello di chi, portando dal medico le analisi del sangue, dica: "Dottore, i livelli di colesterolo non mi interessano, perché ho un'ottima vitamina D!" Ma gioia mia, il rischio cardiovascolare si misura con certi parametri, e la recessione (o la crescita) con altri, e se sono quelli un motivo ci sarà. Se non ti piacciono, prenditi un Nobel per l'economia come Kuznets rifondando la contabilità nazionale e dopo (ma solo dopo) vieni qui a rompere i coglioni. Posto quindi che la variabile da osservare è in primo luogo il Pil, contesto la frase sinceramente stupefacente secondo cui non avrebbe senso valutarne il declino in termini relativi rispetto alla media europea. Questa frase del nostro amico diversamente brillante evidenzia una profonda, profondissima ignoranza della teoria della crescita. Come vi ho spiegato partitamente parlandovi dei cialtroni del declino (a volta ritornano!) è assolutamente fisiologico che il tasso percentuale di crescita di un Paese avanzato esibisca un rallentamento, tant'è che in Europa (ma direi nel mondo) nell'ultimo mezzo secolo questo succede più o meno a tutti (i Paesi avanzati). Di declino all'interno del consesso dei Paesi avanzati si può quindi parlare solo in termini relativi, cioè valutando se il rallentamento della crescita di un Paese (fatto fisiologico dovuto al catch-up) è maggiore o minore di quello dei Paesi consimili. Il senso del grafico della vergogna, quello che ultimamente ha rispolverato Milanovic, e che vi proposi nel 2014, è esattamente questo, e se una cosa che Milanovic trova corretta non piace al primo presuntuoso di passaggio capite bene che posso farmene, e forse anche voi potreste farvene, una ragione.
Ora, tanto per essere chiari, i dati trimestrali dicono questo:
dove il pallino rosso indica l'arrivo del Governo Meloni e nello spazio fra le due rette verticali tratteggiate è stata applicata la clausola di sospensione generale del Patto di Stabilità. Non mi sembra di vedere, dal quarto trimestre del 2022 in avanti, una derapata simile a quella che i dati mostrano dal 2002 al 2018. Voi la vedete? E vi rendete conto del fatto che, piaccia o meno, senza il Superbonus questo Governo non avrebbe un buco di oltre un punto di Pil da tappare ogni anno (dettagli qui)? Anche al nostro interno c'è stato un dibattito su quanto fosse possibile e opportuno adottare una stance più espansiva, ma con un buco da 100 miliardi (l'ordine di grandezza è quello) da tappare in cinque comode rate vedrai che fare più di quello che è stato fatto non è così ovvio.
Mi chiedo anche se ci sia qualcuno di così imbecille da rimproverare al Governo Meloni di non aver fatto una cosa simile:
perché se è questo che viene rimproverato, allora mi arrendo! Per tornare sul tendenziale a fine 2025 saremmo dovuti crescere del 10% l'anno nel triennio 2023-25, ma questo spero si capisca che è impossibile, giusto? E quindi, anche con una vigorosa crescita reale al 2%, al massimo avremmo ottenuto questo:
Tanto è il disastro ereditato dal PD e dai suoi anonimi...
Quanto al fatto che i salari siano diminuiti rispetto al 1990 (?) e che si sia tornati al livello del Pil pre-crisi solo nel 2023, le osservazioni da fare sarebbero due.
Primo, lo vieni a dire a noi? Il tuo primo commento su questo blog è del 2021, per venire a rompermi i coglioni in un momento particolarmente complesso (magari se avanza tempo ne parliamo sotto). Forse dovresti tornare indietro e leggerti qualche post fondamentale sui salari, come questo, per capire che da insegnarci hai veramente poco.
Secondo: ma ti sembra intelligente rimproverare a questo Governo una dinamica insufficiente dei salari quando i dati dicono questo:
Se volessi attaccare il mio Governo, sceglierei qualsiasi fronte tranne quello dei salari! La questione salariale è stata creata dal PD entrando nell'euro, questo è il dato. Che oggi la scopra cercando di addossarla al centrodestra sarebbe già ridicolo di per sé. A fronte di questi dati, credo che chi ha venduto il Paese farebbe meglio a starsene zitto, non trovi?
Terza affermazione fattualmente falsa: "questo Governo non ha fatto nulla"
E raschiamolo, il fondo del barile! Qualsiasi deputato di provincia è in grado di vociferare tonitruante in qualche "Tele Provincia Profonda" che "il Governo non ha fatto nulla! Bisogna fare di più!", e via tautologizzando... Perché togliere anche a te questo innocente piacere, gentile amico? Poi però ci sono i fatti, e non te la faccio lunga (se vuoi i dettagli cercati le audizioni alle leggi di bilancio), per cui te ne ricordo solo alcuni:
1) il taglio del "cuneo fiscale" esteso e reso strutturale nel 2025 (spiegazioni qui), con un importo in legge di bilancio pari a 13.214 milioni di euro di indebitamento netto, comprensivi dell'effetto della revisione delle aliquote IRPEF, nella legge di bilancio per il 2025;
2) l'esonero contributivo totale o parziale per le lavoratrici madri (i dettagli sono qui);
3) le deduzioni fino al 130% del costo del lavoro dall'imponibile IRES per le aziende che assumono particolari categorie di dipendenti (giovani under 30, donne disoccupate da oltre sei mesi, eccetera: i dettagli sono qui);
e ovviamente potrei continuare. Questo ci porta al punto successivo...
Quarta affermazione fattualmente falsa: l'occupazione non aumenta e se aumenta è precaria e se non è precaria è nei settori a basso valore aggiunto
Naturalmente raggiunto il fondo del barile si può scavare.
L'occupazione che non aumenta suppongo sia questa qui:
il precariato sono pressoché certo che sia questo qui:
dove si vede che l'incidenza dei contratti a termine sul totale dei contratti di lavoro dipendente è tornata ai valori pre-jobs act (il che contribuisce a spiegare perché coi referendum ve la siete presa nel keynesiano), e la prevalenza di creazione di posti di lavoro in settori a basso valore aggiunto suppongo sia questa qua:
anche se a me sembra di vedere che ICT e ricerca abbiano avuto una dinamica superiore alla media, mentre ce l'abbia avuta inferiore il settore primario, per dire. Ma sarò un po' stanco dopo una lunga escursione...
Concludendo
Non sto difendendo Giorgia o Giancarlo perché sono amici o perché dalla loro tenuta dipende la famosa poltronaaaah!11! (che lascerò volentieri, ora che so quali sono i lavori pagati veramente bene!). Sto semplicemente enunciando i fatti. E attenzione: enunciare i fatti non significa dire che questo Governo sia particolarmente bravo. Nonostante io creda che Giorgetti sia un ottimo ministro, metterei la cosa in altri termini. In fondo, non è questo Governo a essere bravo: è il PD ad aver fatto un disastro, rispetto al quale anche un normodotato avrebbe potuto fare la differenza. O, se volete, potremmo metterla anche in un altro modo: la configurazione particolarmente favorevole dei fondamentali macroeconomici di cui questo Paese gode secondo le metriche di Bruxelles è senz'altro dovuta al diligente lavoro dei volenterosi carnefici del PD, al loro fiscal overkill che ha senz'altro scosso dall'albero le mele marce, alla medicina amara e velenosa che se non ti uccide ti rende più forte!
Oh, gran virtù dei governanti antiqui!
Peccato però che gli elettori siano ingrati. C'è tanta ingiustizia e tanta cattiveria, signora mia... Ma soprattutto c'è, qui, tanta insofferenza verso i saccenti pretini di sinistra tutti presunzione e distintivo che vengono ad elargirci ex cathedra le loro verità pezzotte da analfabeti dell'economia. Ne abbiamo i coglioni pieni di uomini di scarse o pessime letture che si credono il sale della Terra ma ignorano i dati statistici e la logica elementare. Lo dico con ermetismo ma anche con affetto.
Un suggerimento: le tue controdeduzioni tienile per te. Riparliamone nel 2027. Se avrai avuto ragione, a quel punto, sarà impossibile non dartela. Oggi, purtroppo per te, è impossibile dartela, e le ributtanti contorsioni logiche con cui cercheresti di prendertela sinceramente vorremmo che tu ce le risparmiassi.
Con immutata stima (quella che questa analisi dimostra ti meriti).
Personalmente l'avevo sempre visto come una carenza di investimenti, quindi logica conseguenza dell'asimmetria dei tassi di interesse reali (molti pseudo economisti tipo Boldrin non sanno o fanno finta di non sapere la distinzione tra reale e nominale) che è cominciata con lo SME e diventata cronica con l'Euro. Già ho detto che prima ancora di pensare all'uscita dall'Euro occorrono soluzioni per sanare l'asimmetria. Comunque anche il concetto del PIL può essere distorto e possiamo vedere crescita dove in sostanza non ve ne è (la ricostruzione del ponte Morandi e il risarcimento delle vittime ha contribuito a far crescere il PIL o no?).
Pubblicato da Corrado Luciani su Goofynomics il giorno 29 mag 2025, 12:02
Non c'è proprio niente da fare! Il nostro Corrado è un irriducibile discepolo di Etarcos, un piddino di stretta osservanza micugginista: ma noi gli vogliamo bene per questo, perché ci permette di entrare in quel mondo misterioso che è la testa degli individui che sanno di sapere. Dunque, secondo lui (second him, semicit.) la produttività in Italia si è arrestata per carenza di investimenti.
Bene.
So che a lui non interessa, ma magari a voi sì: e secondo i dati?
Per farvelo vedere, estendo questo grafico:
tratto da questo post (cui vi rinvio per tutti i riferimenti alle fonti, che comunque sono queste), inserendo anche l'indice degli investimenti.
Come sappiamo (vedi il post citato), i salari reali in Italia smettono di crescere all'inizio della terza globalizzazione (inizio anni '80) e la produttività alla fine del secolo, quindi la crisi dei salari non può essere legata alla stagnazione della produttività. Ma la stagnazione della produttività può essere legata a una stagnazione degli investimenti?
No, anche se "l'ha detto micuggino" (che fa rima con Giannino) o se "second me" (cit.) dipende da quello, semplicemente perché gli investimenti sono andati crescendo fino al 2007, mentre la produttività già stava calando dal 2000.
Ci siamo?
I fatti stilizzati (chi è del mestiere sa che cosa vuol dire) sono questi, e non altri. Quindi le vostre opinioni avete libertà di esprimerle, almeno qui, ma se poi vi vengono forniti dei dati suggerirei cortesemente di spiegarci perché questi ultimi non si conformano ad esse! Fermo restando che ovviamente post hoc ergo propter hoc è una fallacia logica, ante hoc ergo propter hoc è una impossibilità logica. Quindi sicuramente il nesso causale non può essere: stagnazione degli investimenti -> stagnazione della produttività -> stagnazione del salari, perché anche se c'è un modello teorico (evidentemente sbagliato) secondo cui le cose potrebbero stare così, i dati mostrano il pattern esattamente opposto: salari -> produttività -> investimenti, e anche questa successione di eventi può essere vista come catena causale secondo un altro modello teorico (che a questo punto dobbiamo considerare molto probabilmente giusto, visto che i dati ci dicono quello che ci dice lui...).
Quindi?
Quindi il 99% del dibattito sui media e l'80% del dibattito accademico sono sostanzialmente basati su un approccio teorico profondamente errato, e basterebbe una rapida occhiata (a glance) ai dati per rendersene conto.
Consolatevi: ci sono stati periodi della storia umana in cui entrambe queste percentuali erano più alte (do you remember Ptolemy?).
La cloaca, infrastruttura di rete deputata al trasporto di pacchetti di materiale organico (Synchronous Transmission Relay Of Non-Zero Information), pullula di forme di vita infestanti. Ieri le abbiamo viste particolarmente infastidite da questo grafico:
per il quale si sono affrettati a trovare una serie di esilaranti confutazioni (la maggior parte delle quali derivanti dalla loro ignoranza del fatto che il contrario di "reale" in economia non è "immaginario"...), ma c'è un altro grafico che gli ha fatto molto male, questo:
che del precedente è una conseguenza. Anche qui abbiamo sentito appassionate invocazioni alla complessità del reale, dotte disquisizioni sull'analisi delle serie storiche, acute requisitorie sul cherry picking, tutte a base di "legaiolo, insegni a Pescara, non sei un economista..." ecc., pronunciate da una corte dei miracoli lombrosiana di analfabeti funzionali che ci lascia esterrefatti di fronte al miracolo della democrazia: se degli imbecilli simili votano, è un miracolo che non siamo sprofondati nel Mediterraneo (qualcuno potrebbe invece dire che siamo sprofondati perché quegli imbecilli votano, ma spero che non lo faccia perché avrei difficoltà a confutarlo).
Ora, che ci sia un problema è ovvio e se n'è accorto anche lui:
come pure è ovvio che non ci sia una sola causa. Siamo tutti consapevoli del fatto che le famiglie del 1960 non sono quelle superstiti nel 2025, che una serie di fattori sociologici fra cui l'accresciuta (se pure sempre insufficiente) partecipazione femminile al mercato del lavoro possono aver influito sulle scelte di maternità, ecc. Immagino che ci saranno ponderosi saggi di esperti del settore che ci illuminerebbero su questo punto. Io posso solo farvi vedere i (pochi) dati che sono riuscito a reperire per chiarirvi il mio pensiero. Qui, ad esempio, vi rappresento per il periodo in cui sono disponibili il tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro (proveniente da ILOSTAT) e il tasso di fertilità (proveniente dai World Development Indicators):
Si intravedono benissimo tre periodi. Nel primo, che arriva al 1991, le due variabili si muovono per moto contrario, con una correlazione pari a -0.86. Nel secondo, che arriva fino al 2011, si muovono per moto parallelo (e quindi sì, è stato possibile partecipare al mercato del lavoro e procreare...), con una correlazione pari a 0.87. Poi, dal 2012, qualcosa cambia, e le due variabili ricominciano a muoversi per moto contrario, con una correlazione di -0.71.
Che sarà mai successo fra 2011 e 2012?
I dati del WDI arrivano fino agli anni '60 (ma non quelli sulla partecipazione al mercato del lavoro, che sono di fonte ILO), e quindi posso farvi vedere l'evoluzione nel lungo periodo del tasso di fertilità (bambini per donna) in Italia e in Europa:
Mia madre ne ha fatti tre, quindi era sopra la media per i suoi tempi, ma quello che volevo farvi notare è che tutto sommato gli andamenti sono piuttosto simili. L'Italia scende più rapidamente dell'Europa in due periodi, come si vede meglio prendendo il rapporto fra i due tassi:
Fra il 1973 e il 1986, e poi dal 2012 al 2021 (nel 2022 e 2023 c'è un rimbalzo determinato dal crollo della fertilità altrui: chissà perché, visto che la Germania è in recessione e quando si è disoccupati si ha tanto tempo libero...).
Che sarà mai successo fra 2011 e 2012?
Come al solito, i cantori della complessità del reale contraddicono se stessi incorrendo in un simpatico negazionismo selettivo. Qui nessuno nega che anche altri fattori sociologici influenzino e soprattutto abbiano influenzato il tasso di fertilità: ma bisogna essere ben imbecilli per negare che un ben preciso fattore economico lo abbia influenzato a partire dal 2012! Questo fattore (la depressione più prolungata dell'intera storia italiana):
ha delle caratteristiche di persistenza e di eccezionalità tali che possono benissimo aver determinato un cambiamento di struttura nella relazione fra ciclo economico e scelte di procreazione. Un conto è prendere certe decisioni in un'annata cattiva (come ce ne sono state tante fra A e B), un conto quando non hai un futuro davanti (come fra B e D).
Tutto qua...
Poi naturalmente usciranno dalla cloaca i ratti a ruttarci le loro banalità. Ma desidero sappiate che sulla relazione fra austerità e fertilità esiste una discreta letteratura: come al solito, qui non ci inventiamo nulla, e la nostra unica abilità, a volercene proprio riconoscere una, è quella di toccare con precisione i nervi scoperti del nemico.
La storia che ci racconta il PD dopo, cioè che in Italia la crisi salariale è stata causata dal fasheesmo (inteso come Governo di destra) è in fondo quella che raccontavamo noi prima, cioè che in Italia la crisi salariale sarebbe stata causata dal fascismo, inteso come PD, cioè come comitato d'affari del grande capitale internazionale, con annesso squadrone di mazzieri "tennici". Nell'articolo "genetico" di questo blog, quello pubblicato sul manifesto ad agosto 2011, specificavo appunto che:
"Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue stonano meno sul grembiule rosso. Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra."
Come vedremo, le cose sono andate esattamente così. Va da sé che non tanto i colpevoli, quanto le vittime di questo sviluppo storico così banale, così prevedibile, non ammetteranno mai di essere stati traditi e mazziati da quell'asinistra cui avevano affidato la rappresentanza dei loro interessi. Appunto in questo risiede l'illusione della politica economica che descrivevo quattordici anni or sono, prima che la vedessimo così apertamente all'opera: alla sinistra tutto è concesso non solo e non tanto perché nel corso dei decenni ha saputo egemonizzare stampa e magistratura (questo è un altro discorso, fondato e forse più rilevante, che però ci porterebbe su un altro livello di analisi), quanto perché si dà per scontato che la sinistra i lavoratori li difenda (?), e che quindi anche quando somministra una medicina amara lo faccia per il bene del paziente. Il paziente, a sua volta, per mantenere un minimo di considerazione di sé, per mantenere coeso e coalescente il proprio io o il proprio ego, tutto può fare tranne che ammettere di essere stato platealmente preso in giro, e quindi a tutto darà la colpa (a abberluscone, a #acoruzzzzzione, a #erdebbitopubblico, ecc.) tranne che a se stesso per il fatto di aver votato chi ha voluto, e gestito con spregiudicatezza, un sistema economico in cui l'aggiustamento degli squilibri esterni (il reperimento di valuta pregiata con cui rimborsare i creditori esteri) può avvenire solo in un modo: abbattendo i salari per promuovere le esportazioni (e quindi accumulare valuta pregiata con cui rimborsare i creditori esteri).
La vera sostituzione etnica è infatti la svalutazione interna, il cui esito (non necessariamente intenzionale né consapevole) è sostituire la platea di consumatori residenti con una platea di consumatori non residenti, i cui consumi sono quindi, per definizione, esportazioni, e in quanto tali provocano un surplus negli scambi con l'estero. Il produttore residente può rinunciare a conferire potere d'acquisto al lavoratore residente, e quindi può pagarlo di meno, solo perché e in quanto che così facendo può sostituirlo con un consumatore estero. Naturalmente, finché dura. Il consumatore residente ha un difetto: se non lo paghi abbastanza, non può consumare abbastanza. Da qui in giù mi capiterà di parlare di "potere d'acquisto delle retribuzioni", ma sarebbe finalmente ora di fare chiarezza e chiamarlo "potere di fatturazione delle imprese", perché quello è. Il consumatore non residente ha un difetto: risiede in altri Paesi, soggetti all'insicurezza dei rispettivi cicli politici. Ribadisco: chi esporta beni importa problemi, i problemi dei Paesi che acquistano i beni esportati. Nota bene: lo dico da prima che il conflitto ucraino (o meglio, il suo acutizzarsi) rendesse il concetto sufficientemente chiaro a chi voglia capirlo.
Questo, naturalmente, non significa "autarchia unica via"! Ci mancherebbe altro! Significa solo che articolare un progetto di crescita sull'eccesso strutturale di esportazioni significa articolarlo sulla sopraffazione e la creazione di squilibri. Non è una buona base su cui costruire, e tutto il dibattito sui dazi andrebbe letto in questa ottica.
Tuttavia, qui ci occupiamo di un unico aspetto di questo vasto quadro: la dinamica della variabile che sostiene il peso dell'aggiustamento: i salari reali.
In questo post faccio un'operazione molto semplice: ripercorro con voi la storia del salari reali italiani, datando i principali fatti politici intercorsi dal 1999 a oggi (diciamo, dalla tredicesima legislatura ad oggi), in modo da attestare quando è successo cosa e possibilmente perché. Ovviamente per fare questo partirò da una succinta illustrazione delle fonti, e altrettanto ovviamente terrò da parte per il momento i vari fattori "confondenti" emersi nel dibattito avuto sotto ai post precedenti (potremo tornarci con calma), come il ruolo della fiscalità (nelle sue varie forme: il fiscal drag, il calcolo del reddito netto delle famiglie, ecc.).
Nel dibattito pubblico si parla di salari, abbiamo iniziato il blog parlando di salari, poi se volete parliamo di altro, ma intanto concludiamo questo discorso, anche per tacitare la pletora di imbecilli negazionisti che su Twitter continuano a voltare le spalle ai dati.
Una verifica delle fonti
Nei post precedenti abbiamo utilizzato come base dati l'Eurostat, perché facilita i confronti internazionali. Abbiamo però anche visto che la qualità dei dati non è sempre eccellente, che spesso non ne è chiaro il trattamento (grezzi? Destagionalizzati?), e soprattutto consideriamo che la polemica italiana si concentra sui dati Istat, per cui è meglio riferirsi a questi ultimi per evitare di essere accusati di "svicolare" utilizzando dati meno consueti al grande pubblico. Ho quindi rifatto rapidamente tutti i calcoli utilizzando il conto economico delle risorse e degli impieghi trimestrale (per estrarre le retribuzioni lorde e i deflatori dei consumi) e i dati sull'occupazione di contabilità nazionale per estrarre i lavoratori dipendenti:
L'impianto dei calcoli è questo:
(potete verificare e replicare scaricando i dati da qui) e il risultato è questo:
Storia dei salari
Per darvi un'idea, il momento in cui ho detto che il PD avrebbe tagliato i salari è evidenziato qui:
(terzo trimestre 2011) e sì, per evitare una lagna ricorrente vi dico che so benissimo che sotto Berlusconi già stavano calando (era anche scoppiata la crisi finanziaria globale, peraltro). Oscillazioni simili però, come quella dal picco precedente fino al puntino rosso, c'erano già state nella storia precedente, ad esempio fra 2002 e 2003. Un tuffo come quello causato da Monti subito a destra del puntino rosso, però, non si era mai visto (e in seguito si sarebbe visto solo fra 2021 e 2022 a causa di un imprevisto e del tutto eccezionale picco dell'inflazione).
Per aiutarvi nella lettura politica, di cui voi tanti siete vaghi, ho costruito questo specchietto cronologico:
(spero di non aver sbagliato le date), dove l'inizio di ogni Governo viene associato ovviamente al trimestre in cui il relativo primo ministro prestò giuramento al Quirinale. Nella seconda colonna vedete quindi il livello a cui si trovava il salario medio trimestrale (ai prezzi del 2020) quando i vari Governi hanno iniziato la loro avventura, mentre nella quarta colonna la variazione totale del salario medio trimestrale fra il primo e l'ultimo trimestre del rispettivo Governo, e nella quinta la variazione media (calcolata linearizzando, cioè dividendo la variazione complessiva per il numero di trimestri in cui il Governo è stato in carica). Quest'ultima operazione è indispensabile perché siccome Governi diversi hanno avuto diversa durata, una variazione complessiva anche importante può essere stata irrilevante in termini medi perché spalmata su diversi anni, così come può succedere il contrario.
Se ordiniamo i Governi secondo quest'ultimo criterio (la variazione media del salario reale trimestrale) otteniamo questa classifica:
da cui si riscontra facilmente che i due Governi che dentro l'euro sono riusciti a far crescere più rapidamente i salari sono il Meloni I e il Berlusconi III. Il governo Prodi I ha fatto bene, ma l'euro era di là da venire. I due killer invece sono stati, di gran lunga, Monti e LVI (Draghi), anche se va detto, a discolpa di quest'ultimo, che non era facile gestire una sorpresa inflazionistica come quella occorsa durante il suo mandato (ma era relativamente facile prevederla, come sapete).
Conclusioni
Non ve la faccio tanto lunga: la spiegazione che diedi ad agosto 2011, secondo cui si sarebbe dovuto ricorrere al PD per comprimere ulteriormente i salari, risulta completamente validata dai dati. La spiegazione del PD secondo cui la crisi salariale andrebbe attribuita al Governo di centrodestra è frontalmente smentita dai dati. Quando si spiega che nessuno può rimediare in un batter d'occhio a undici anni di politiche di deliberata compressione salariale (chieste da Draghi e attuate dal PD) la lagnetta è sempre la solita: "Ma ormai siete al Governo da tre anni, dovete fare qualcosa, la colpa non può essere sempre di quelli che c'erano prima!"
Il governo Meloni ha fatto qualcosa: ha realizzato l'incremento medio trimestrale del salario reale più alto di quelli registrati dal 1996 in qua. Non è abbastanza, naturalmente: performances come quelle dei governi Draghi e Monti sono difficili da compensare in un attimo. Ma la direzione è intrapresa, e, come ci dicevamo in una discussione precedente, lo stato deliquescente delle economie nemiche ci aiuta a mantenerla (giocherellare con lo spread gli farebbe esplodere il Paese sotto al sedere, quindi ora ci pensano due volte).
Va tutto bene?
No, naturalmente, né mi interessa dimostrarvelo in alcun modo. Vi ho solo fornito dei dati riproducibili, e vi posso anche dire un piccolo segreto: non andrà mai tutto bene! Le querimonie del PD in ogni parterre televisivo, da Porta a Porta a Rete 8, secondo cui "siete inzenzibbili, laggente stanno male e voi nun fate ggnente!" hanno rotto i coglioni perché sono pura demagogia! Che la gente stia male lo sappiamo meglio noi di loro, perché noi frequentiamo i nostri elettori (e questo blog ne è una dimostrazione), ma è altrettanto indubbio che dal 2022 in poi ogni giorno la gente sta meglio, e se contrastare la sorpresa inflazionistica era una priorità, il PD poteva metterci i soldi che desiderava finché era al governo con "the best one" (Draghi). Ora è un po' tardi per dire agli altri che cosa va fatto, e soprattutto per dirlo a uno che come me gli aveva detto prima perché quello che da utili idioti del capitale volevano fare sarebbe stato meglio non farlo.
Era chiaro ex ante (a me), spero sia limpido ex post (per qualcuno in più).
(...nella prima parte di questo ciclo vi ho spiegato come recuperare il valore del monte salari complessivo, nella seconda vi ho spiegato come esprimerlo in termini di potere d'acquisto, cioè in termini reali, evidenziando alcuni problemi nel calcolo dei deflatori da parte di Eurostat, oggi parleremo di come commisurare il valore dei salari erogati alla quantità di lavoro prestata, e quindi come ottenere una misura dei salari - reali o nominali - pro capite, o come ottenere una misura del costo del lavoro per ora lavorata. Resterò nella misura del possibile all'interno del database Eurostat in modo che sia più facile gestire la gnagna del "in Germania i salari sono più alti" o "m'ha detto micuggino che in Francia laggente stanno meglio". In teoria Eurostat dovrebbe produrre dati confrontabili fra Paesi membri dell'Unione Europea, quindi una volta imparati i calcoli per l'Italia dovreste essere in grado di replicarli a piacere per qualsiasi altro Stato membro. In pratica, nella puntata precedente abbiamo visto che ogni tanto i dati presentano anomalie inesplicabili, ma insomma, se si ripresenteranno le gestiremo e non dipendono da me. Cominciamo...)
Il monte salari lo abbiamo, sia in termini nominali che reali:
In quanto segue farò riferimento al deflatore dei consumi, ponendomi quindi in un'ottica "potere d'acquisto del lavoratore" (il deflatore del Pil lo si usa invece quando ci si pone in un'ottica "costo del lavoro per l'imprenditore": gli inglesi in questo caso parlano di product wage).
Ora procuriamoci i dati sugli occupati, intesi come lavoratori dipendenti (quelli che percepiscono appunto un salario). La localizzazione nel data tree dell'Eurostat è abbastanza intuitiva (come funzioni il data tree l'ho spiegato nella prima puntata):
Il problema qui è che i dati trimestrali iniziano solo dal 2009!
Ai fini politici e giornalistici può essere abbastanza, ma a me interesserebbe avere una serie più lunga.
Cercando nell'albero trovo gli "historical data":
Li estraggo e li confronto con i più recenti:
La dinamica delle serie è molto simile, ma la serie più recente degli occupati (quella in grigio) è inferiore in media dell'1.5% alla serie degli occupati dai 15 ai 64 e dell'1% a quella degli occupati dai 20 ai 64 anni fornite dagli historical data.
In questi casi ci sono due modi di procedere: o ci si rivolge alla fonte nazionale, sperando che riporti serie omogenee su un campione sufficiente, o si ricostruisce all'indietro (si "retropola") la serie più recente utilizzando i tassi di crescita di quella più remota, purché questi tassi siano sufficientemente simili nel periodo in cui sono entrambi reperibili.
La correlazione fra i tassi di variazione della serie recente e di quella "storica" 20-64 nel periodo in cui sono entrambe disponibili (2009-Q2:2020-Q4) è altissima, pari al 96%, quindi per il momento scelgo la seconda strada e estendo all'indietro la serie "grigia" coi tassi della serie "arancione". Il risultato è questo:
e per il momento ce lo facciamo andare bene: la serie "grigia" sarà la nostra misura degli occupati (poi volendo rifaremo il tutto su fonti nazionali).
Per ottenere il salario (reale o nominale) pro capite dobbiamo dividere il monte salari per gli occupati, ricordando però che il primo è espresso in milioni e il secondo in migliaia. La formula giusta quindi è: UW = W/(N/1000), cioè il salario medio unitario (unit wage) è pari al monte salari in milioni diviso per gli occupati in migliaia divisi per mille (per riportarli a milioni), e il risultato è questo:
in euro per persona per trimestre. Non commento il dato, quello lo facciamo in separata sede, intanto suggerisco a chi ha voglia di rifarsi i conti, così se ho sbagliato mi correggerà.
Le ore lavorate invece non sono riportate fra gli indicatori di contabilità nazionale. Per reperirle nel database faccio la cosa più semplice: chiedo!
Scrivendo "hours worked" nella casella di ricerca in alto a destra compaiono una serie di possibilità: articoli, voci di glossario, basi dati. La base dati più pertinente mi sembra quella evidenziata. Cliccandoci sopra vengo portato qui:
e per capire in che modo questa informazione viene gerarchizzata dal database posso cliccare su "Show in data tree", che mi fornisce questo risultato:
Per qualche motivo, l'informazione che mi serviva sono riuscito a trovarle nel Conti economici regionali (che a loro volta sono una miniera di altre informazioni). Ovviamente come "regione" scelgo l'Italia, come campione tutti gli anni disponibili, come settore l'intera economia, ed ecco fatto! C'è solo un problema, questo:
L'Eurostata recepisce i dati con un certo ritardo (con la scusa di armonizzarli, suppongo), e quindi per ottenere una serie che arrivi almeno fino al 2024 mi tocca ancora una volta integrarla con l'Istat. Poco male, almeno vi faccio vedere come funziona (visto che questa sera funziona). Istat ha adottato un'interfaccia "simil-OCSE" (era tale anche prima, solo che... nel frattempo l'OCSE l'ha cambiata e l'ISTAT si è adeguata). L'indirizzo è cambiato ed è questo: https://esploradati.istat.it/databrowser/#/it, e in apertura si presenta così:
"Bella la boiserie, bello il lavoro...", ma i dati dove stanno? Cliccando su "Dati" si arriva qui:
dove la fascia evidenziata riporta i temi principali, e spostandosi su ognuno di essi sotto appaiono i vari database. Anche qui tiro dritto e invece di avventurarmi in ricerche gerarchiche uso il motore di ricerca interno:
che mi porta immediatamente a quello che mi serviva:
Devo solo selezionare "Ore lavorate" nella linguetta evidenziata e eccoci qua:
Per motivi affascinanti e misteriosi le due serie coincidono solo a partire dal 2021 (hint: nel database Eurostat la b accanto al valore del 2021 indica che in quella data si è verificato un break nella serie, cioè una modifica del metodo di calcolo. Ovviamente per quanto paghiamo i simpatici eurostatistici ci aspetteremmo che fossero così cortesi da omogeneizzare i dati non solo sincronicamente ma anche diacronicamente, ricostruendo le serie in modo da fornire con criteri omogenei spazialmente e temporalmente. Ma capiamo che è chiedere troppo e ci accontentiamo per il momento di constatare che i dati dell'Istat sono una prosecuzione attendibile di quelli dell'Eurostat:
(in realtà situazioni di questo genere possono essere gestite in un modo più accurato, ma di questo parliamo in un eventuale approfondimento, se richiesto).
Tuttavia, qui il problema è un altro: su Eurostat abbiamo trovato dati annuali (e parziali), ma a noi servono trimestrali. Istat li fornisce (basta cercare nei conti economici trimestrali), e possiamo utilizzarli per calcolare il salario medio per ora lavorata:
Il risultato è questo, e anche qui non commentiamo, riportiamo semplicemente, invitando chi lo desideri a rifarsi i conti. Chiaramente, se i profili delle due coppie di serie, che hanno gli stessi numeratori (il monte salari in termini nominali e reali), sono diversi, questo indica che il denominatore ha un profilo diverso, cioè che la dinamica degli occupati e delle ore lavorate ha avuto dei "disaccoppiamenti", come oggi si usa dire.
Possiamo vederlo riportando i due denominatori nello stesso grafico, dopo averli espressi come indici a base 2015:
Le ore lavorate hanno più varianza degli occupati (e se ne possono intuire i motivi), e dopo la crisi il numero di ore lavorate è aumentato più rapidamente rispetto a quello degli occupati (e anche questo è intuitivo, ma ne parleremo).
Bene: abbiamo molti dati da commentare, ma soprattutto ora sapete dove trovarli, così non dovrete "credere" a nulla. Il piddino "crede" nelle statistiche. Il normodotato le consulta. La differenza è tutta lì, e non è piccola come sembra...
Buona notte!
(...devo dormire perché domani mi aspettano ore di automobile: lascio i refusi alle vostre amorevoli cure...)