(...scusate: fare l'intellettuale mi prendeva già parecchio tempo, ma ora di tempo ne ho decisamente molto meno. Come sapete, ho sempre guardato con grande scetticismo quelli che "i politici nun fanno gnente, è tutto un magna magna", e via grilleggiando. Non sono ancora un politico, e già ho il mio bel da fare, non fosse che a rispondervi. Nel frattempo, continua il giochino dei media: storpiare il mio nome di battesimo. Ormai è chiaro che una certa faciloneria e la fretta cui i giornalisti sono condannati - dalla Natura matrigna e dalla società dei consumi - c'entrano poco. Quello che desiderano, i megafoni del capitale estero, è che voi non arriviate qui. E perché lo desiderano? Ma è chiaro: perché quando ci arrivate succede questo...)
Costanza Bonacieux ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sul voto":
Gentile professor Bagnai,
dal 2010 al 2015 ho avuto problemi familiari gravi che hanno assorbito tutte le mie energie, poi ho incontrato il libro di Gustavo Zagrebelski “Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini”, Laterza-La repubblica, 2014, che ha cominciato a dare qualche risposta alle domande che mi facevo da almeno quindici/vent'anni sulla situazione italiana che stava andando sempre più verso l'ingiustizia e la disuguaglianza sociale, sul motivo per cui stavamo perdendo, negli anni, quei diritti che le mondine avevano rivendicato - col sudore e il sangue - anche per noi.
Lei, l'avevo vista di sfuggita in una trasmissione televisiva alcuni anni fa, e mi aveva fatto istintivamente un'ottima impressione, tanto che mi ero ripromessa di cercare il suo libro sul tramonto dell'euro per approfondire l'argomento; ma, un po' perché di economia non ho mai capito un fico e un po' per i motivi familiari di cui sopra, non ne ho fatto nulla.
In questi ultimi due mesi mi è capitato di trovare su YouTube due sue interviste sul canale Byoblu (“Ce lo chiede l'Europa” e “Dimenticatevi la democrazia”) e – pur continuando ad essere ignorante come una cucuzza in economia - ho cominciato a capire.
Dopo tanti anni, lei è la prima persona che sento fare discorsi “di sinistra”: lei parla con lucidità, coerenza, chiarezza, onestà, e anche con passione.
È una cosa che consola, trovare ancora persone come lei.
In questi giorni sono bloccata in casa con la bronchite, ma mi sono già fatta un elenco di libri suoi, di Giacché e di altri studiosi ospitati nei convegni dell'associazione a/simmetrie da acquistare e leggere, e ho pensato di sostenere l'associazione con un contributo economico – modesto ma sentito.
Ormai ho visto almeno una trentina di ore di suoi interventi su YouTube, per cui due idee sono riuscita a metterle in fila, perfino nei miei neuroni a-economici.
Da circa tre mesi mi stavo lambiccando il cervello per trovare qualcuno da votare il 4 marzo, se non a cuor leggero, almeno senza avere il magone quando entrerò nel seggio, come mi è successo le ultime volte, quando, contrariamente alle mie abitudini, sono andata a votare a dieci minuti dalla chiusura dei seggi, per la pesantezza che sentivo in cuore.
Io odio votare per il meno peggio – sono sempre andata a votare da quando ho compiuto diciotto anni e ora ne ho cinquantatré - e ho sempre cercato qualcuno che fosse la scelta migliore per me, ma negli ultimi anni mantenermi fedele a questo modo di essere è diventato sempre più difficile.
Siccome io la considero affidabile anche umanamente (direi che, se la cosa non la offende, la considero ormai parte della mia famiglia) ed è oggettivamente molto più competente e informato di me, avevo mezzo pensato di scriverle sul blog chiedendo quale sarebbe potuto essere un voto sensato, nel panorama di macerie democratiche che abbiamo oggi in Italia.
Sappia quindi che la sua candidatura mi ha risolto un problema.
Fino a dieci giorni fa, se qualcuno mi avesse detto che avrei votato per la Lega gli avrei risposto che era ubriaco, e non potrò comunque votare lei direttamente perché io abito in Emilia-Romagna, ma lascerò andare ogni mia eventuale resistenza ideologica e voterò per la Lega, convintamente.
Grazie per il suo impegno, io ci sono.
Postato da Costanza Bonacieux in Goofynomics alle 29 gennaio 2018 22:05
(...grazie. Cercherò di non deluderti...)
(...ai giornalisti: in qua mensura mensi fueritis remetietur vobis. Ah, e tranquilli: non sono parole mie...)
(...a tutti gli altri: ho oltre cento commenti in coda. Prometto di rispondervi questa sera dopo le 17. Sarà la prima promessa da politico che... non manterrò! Intanto, per non rendere impossibile il mantenerla, blocco i commenti: ma è solo per non perdere le critiche che cominciano - finalmente! - ad arrivare...)
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
martedì 30 gennaio 2018
domenica 28 gennaio 2018
Sul voto
...un argomento sul quale torneremo spesso. Oggi lo faccio in modo particolarmente succinto, perché il tempo è poco e ho molto da studiare (anche per preparare le lezioni, che iniziano fra esattamente due settimane). Mi limito quindi a un'unica osservazione. Nelle tante lettere che ricevo, praticamente tutte di consenso, ricorrono frasi come "purtroppo non potrò votarla perché sono a Milano (o Palermo, o Udine, o wherever)", oppure "la voterei volentieri se capitasse nel mio collegio".
Devo dire che ho qualche difficoltà a capirne il senso. Lette così, queste frasi, pare dicano che sareste disposti ad aiutare me, ma non la squadra che mi sono scelto.
Ora, capisco che fra noi è maturato, lungo sette anni e quasi duemila post, un rapporto personale molto stretto. Io sono entrato nelle vostre famiglie (spesso nel modo sbagliato: i mariti si sono innamorati di me, e le mogli quindi, giustamente, mi odiano), e voi siete entrati nella mia. Abbiamo condiviso non solo le esperienze di lotta, i successi e gli insuccessi nell'impari tenzone con gli obnubilati "de sinistra", quelli che "sanno di sapere", quelli che hanno il coraggio delle idee altrui, e le difendono ultra vires sprezzanti del ridicolo, ma anche le esperienze di vita quotidiana, le foto delle vacanze, le gioie e le apprensioni per i nostri figli, i lutti, gli amori. Il legame che ci unisce fa di questa comunità un luogo speciale, e capisco quindi quale potrà essere la soddisfazione di chi troverà il mio nome sulla scheda. Molti sono miei amici, corrispondo con loro quasi quotidianamente, e sono lieto di aver dato loro questa gioia, la speranza di poter fare qualcosa di costruttivo: per questo dico che quale che sia l'esito, per me questa esperienza è già un successo.
Tuttavia, a me sembrano abbastanza chiare due cose, sulle quali magari tornerò con maggiori dettagli.
La prima è che avremmo comunque dovuto tutti votare Lega, per il semplice fatto che il potere che avversiamo perché ci opprime ci aveva chiaramente, se pure indirettamente, detto che questo era quanto gli faceva più paura (so che non ve ne siete accorti, quindi su questo senz'altro torneremo). La seconda è che, se veramente avete fiducia nella mia persona, allora dovete metterla in condizione di lavorare con efficacia, facendo qualsiasi cosa possa rafforzare il peso politico della squadra in cui ho deciso di schierarmi.
Roberta ieri sera mi diceva: "Ma sai, la gente non riesce a compiere uno strappo così lacerante con la propria storia politica: se tu sei sulla scheda, può giustificare ai propri occhi, e magari anche a quelli altrui, una scelta altrimenti incomprensibile".
Può darsi che sia così, mi rendo conto, ma allora, perdonatemi, per dimostrarvi che io non sono esattamente un politico (quindi...), vi dico una cosa, con umiltà e serenità: se proprio dovete vergognarvi nel votare Lega, l'unico partito che ha offerto un concreto spazio politico alle nostre idee più scomode e più urgenti, se proprio questa cosa vi fa sentire a disagio, bene: non fatelo, ma allora non votate nemmeno me! Voi non dovete rendere conto del vostro voto a niente e a nessuno, nemmeno alla vostra storia: il voto è libero e segreto, e dovete darlo guardando avanti. Voi non dovete metterci la faccia: la faccia ce l'ho messa io perché non doveste mettercela voi, e l'ho fatto intuendo i costi che avrebbe avuto. Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe: inutile discutere con care persone che decenni di propaganda hanno trasformato in invasati pericolosi a se stessi e agli altri, perché ebbri di odio ideologico e presaghi di una meritata sconfitta che li consegna a un panico irrazionale e autodistruttivo. Io non mi vergogno per nulla della scelta convinta che ho fatto, per le tante motivazioni che discuterò con voi, e senza vergogna vi chiedo di sostenerla integralmente non solo votando me dove sono candidato, ma votando comunque la mia squadra anche nei collegi in cui non sono candidato. Se certe squadre scelgono certe persone, e se, di converso, certe persone rispondono alla chiamata di certe squadre, un motivo ci sarà pure, no? Qualcuno ha mostrato di capirlo, e spero proprio di non deluderlo (deludere una persona che scrive bene sarebbe un lutto difficile da elaborare).
Aggiungo un dettaglio tecnico.
Dato il meccanismo piuttosto complesso della legge elettorale, sappiate che in ogni caso, cioè anche per votare me laddove io sia presente, dovrete mettere la vostra X sul simbolo della squadra (la Lega) e non sul mio nome. Infatti il voto sulla lista (Lega) va alla lista e al candidato della coalizione all'uninominale (quindi a me se siete a Firenze, o ad altri, magari non della Lega, in altri collegi), mentre il voto al candidato uninominale non va alla sua lista, ma alla coalizione (qui lo spiegone tecnico). Per rafforzare il peso negoziale della Lega, e sperare quindi in un atteggiamento meno passivo e più costruttivo del nostro paese nei riguardi delle istituzioni "europee", c'è quindi un'unica cosa da fare: barrarne il simbolo.
Seguirà disegnino, a ridosso del momento cruciale.
E ora, pensateci bene. La mia scelta è convinta, e così deve essere la vostra. So che lo sarà e che non mi abbandonerete, che io sia, o non sia, nel vostro collegio.
Devo dire che ho qualche difficoltà a capirne il senso. Lette così, queste frasi, pare dicano che sareste disposti ad aiutare me, ma non la squadra che mi sono scelto.
Ora, capisco che fra noi è maturato, lungo sette anni e quasi duemila post, un rapporto personale molto stretto. Io sono entrato nelle vostre famiglie (spesso nel modo sbagliato: i mariti si sono innamorati di me, e le mogli quindi, giustamente, mi odiano), e voi siete entrati nella mia. Abbiamo condiviso non solo le esperienze di lotta, i successi e gli insuccessi nell'impari tenzone con gli obnubilati "de sinistra", quelli che "sanno di sapere", quelli che hanno il coraggio delle idee altrui, e le difendono ultra vires sprezzanti del ridicolo, ma anche le esperienze di vita quotidiana, le foto delle vacanze, le gioie e le apprensioni per i nostri figli, i lutti, gli amori. Il legame che ci unisce fa di questa comunità un luogo speciale, e capisco quindi quale potrà essere la soddisfazione di chi troverà il mio nome sulla scheda. Molti sono miei amici, corrispondo con loro quasi quotidianamente, e sono lieto di aver dato loro questa gioia, la speranza di poter fare qualcosa di costruttivo: per questo dico che quale che sia l'esito, per me questa esperienza è già un successo.
Tuttavia, a me sembrano abbastanza chiare due cose, sulle quali magari tornerò con maggiori dettagli.
La prima è che avremmo comunque dovuto tutti votare Lega, per il semplice fatto che il potere che avversiamo perché ci opprime ci aveva chiaramente, se pure indirettamente, detto che questo era quanto gli faceva più paura (so che non ve ne siete accorti, quindi su questo senz'altro torneremo). La seconda è che, se veramente avete fiducia nella mia persona, allora dovete metterla in condizione di lavorare con efficacia, facendo qualsiasi cosa possa rafforzare il peso politico della squadra in cui ho deciso di schierarmi.
Roberta ieri sera mi diceva: "Ma sai, la gente non riesce a compiere uno strappo così lacerante con la propria storia politica: se tu sei sulla scheda, può giustificare ai propri occhi, e magari anche a quelli altrui, una scelta altrimenti incomprensibile".
Può darsi che sia così, mi rendo conto, ma allora, perdonatemi, per dimostrarvi che io non sono esattamente un politico (quindi...), vi dico una cosa, con umiltà e serenità: se proprio dovete vergognarvi nel votare Lega, l'unico partito che ha offerto un concreto spazio politico alle nostre idee più scomode e più urgenti, se proprio questa cosa vi fa sentire a disagio, bene: non fatelo, ma allora non votate nemmeno me! Voi non dovete rendere conto del vostro voto a niente e a nessuno, nemmeno alla vostra storia: il voto è libero e segreto, e dovete darlo guardando avanti. Voi non dovete metterci la faccia: la faccia ce l'ho messa io perché non doveste mettercela voi, e l'ho fatto intuendo i costi che avrebbe avuto. Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe: inutile discutere con care persone che decenni di propaganda hanno trasformato in invasati pericolosi a se stessi e agli altri, perché ebbri di odio ideologico e presaghi di una meritata sconfitta che li consegna a un panico irrazionale e autodistruttivo. Io non mi vergogno per nulla della scelta convinta che ho fatto, per le tante motivazioni che discuterò con voi, e senza vergogna vi chiedo di sostenerla integralmente non solo votando me dove sono candidato, ma votando comunque la mia squadra anche nei collegi in cui non sono candidato. Se certe squadre scelgono certe persone, e se, di converso, certe persone rispondono alla chiamata di certe squadre, un motivo ci sarà pure, no? Qualcuno ha mostrato di capirlo, e spero proprio di non deluderlo (deludere una persona che scrive bene sarebbe un lutto difficile da elaborare).
Aggiungo un dettaglio tecnico.
Dato il meccanismo piuttosto complesso della legge elettorale, sappiate che in ogni caso, cioè anche per votare me laddove io sia presente, dovrete mettere la vostra X sul simbolo della squadra (la Lega) e non sul mio nome. Infatti il voto sulla lista (Lega) va alla lista e al candidato della coalizione all'uninominale (quindi a me se siete a Firenze, o ad altri, magari non della Lega, in altri collegi), mentre il voto al candidato uninominale non va alla sua lista, ma alla coalizione (qui lo spiegone tecnico). Per rafforzare il peso negoziale della Lega, e sperare quindi in un atteggiamento meno passivo e più costruttivo del nostro paese nei riguardi delle istituzioni "europee", c'è quindi un'unica cosa da fare: barrarne il simbolo.
Seguirà disegnino, a ridosso del momento cruciale.
E ora, pensateci bene. La mia scelta è convinta, e così deve essere la vostra. So che lo sarà e che non mi abbandonerete, che io sia, o non sia, nel vostro collegio.
venerdì 26 gennaio 2018
Grazie
Carissimi, sto ricevendo centinaia di email e commenti, nel 97% dei casi di sostegno e comprensione della mia scelta, nel 100% dei casi utili e meritevoli di risposta. Nel frattempo la vita va avanti: i figli vanno accompagnati a scuola, le lezioni vanno preparate (i corsi iniziano il 12 febbraio), la salute, soprattutto, va preservata.
(...per gli ansiosi: HDL 53, LDL 54, trigliceridi 91. Se vi ricordate da dove siamo partiti...)
So anche, naturalmente, che i mille cenni di plauso si convertiranno, al momento, in un paio di voti al massimo, perché l'uomo è fatto così: una parola, a spenderla, non costa nulla, poi se fuori piove, o se c'è il sole, o se il tempo è nuvoloso, insomma, quali che siano le condizioni atmosferiche, al momento di passare all'azione un motivo per astenersi si trova sempre, tanto (pensa ciascuno) a votare ci andrà qualcun altro, e poi nel millenovecentonovantordici Fanfullino ha detto..., e nel duemilacredici Piripillo ha fatto..., e io non mi fido, e di su, e di giù...
Tutto comprendere è tutto perdonare (forse).
Quindi mi dispongo ad accettare con serenità il mio destino, che, sotto qualsiasi scenario, è quello di continuare a combattere per la libertà (col vostro permesso, prima la mia, e poi la vostra)!
Su queste premesse, dato che devo fare molto ordine nei miei pensieri (col vostro aiuto) e nella mia vita (senza l'aiuto di nessuno), vi segnalo che per qualche ora o qualche giorno sospenderò i commenti del blog. Li riaprirò quando avrò qualcosa di interessante da dirvi e su cui ascoltare le vostre osservazioni. Ora ho bisogno di un po' di silenzio. So che ci siete, so che siete con me, so che capite che ho deciso per rispondere a una vostra urgenza, so che siete pronti come me ad accettare tutte le conseguenze di questo gesto, so che intuite le rinunce che esso comporta, prima fra tutte quella di portare a compimento la carriera universitaria (come mi hanno gentilmente annunciato, fra le righe, alcuni colleghi: non bocconiani - sono meno stupidi di come li dipingete - ma "de sinistra")!
Caffè, quante scemenze si dicono in tuo nome!
Da parte mia, desidero che sappiate che, se ci saranno, la mia forza e il mio coraggio verranno da voi. Estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae.
(...per gli ansiosi: HDL 53, LDL 54, trigliceridi 91. Se vi ricordate da dove siamo partiti...)
So anche, naturalmente, che i mille cenni di plauso si convertiranno, al momento, in un paio di voti al massimo, perché l'uomo è fatto così: una parola, a spenderla, non costa nulla, poi se fuori piove, o se c'è il sole, o se il tempo è nuvoloso, insomma, quali che siano le condizioni atmosferiche, al momento di passare all'azione un motivo per astenersi si trova sempre, tanto (pensa ciascuno) a votare ci andrà qualcun altro, e poi nel millenovecentonovantordici Fanfullino ha detto..., e nel duemilacredici Piripillo ha fatto..., e io non mi fido, e di su, e di giù...
Tutto comprendere è tutto perdonare (forse).
Quindi mi dispongo ad accettare con serenità il mio destino, che, sotto qualsiasi scenario, è quello di continuare a combattere per la libertà (col vostro permesso, prima la mia, e poi la vostra)!
Su queste premesse, dato che devo fare molto ordine nei miei pensieri (col vostro aiuto) e nella mia vita (senza l'aiuto di nessuno), vi segnalo che per qualche ora o qualche giorno sospenderò i commenti del blog. Li riaprirò quando avrò qualcosa di interessante da dirvi e su cui ascoltare le vostre osservazioni. Ora ho bisogno di un po' di silenzio. So che ci siete, so che siete con me, so che capite che ho deciso per rispondere a una vostra urgenza, so che siete pronti come me ad accettare tutte le conseguenze di questo gesto, so che intuite le rinunce che esso comporta, prima fra tutte quella di portare a compimento la carriera universitaria (come mi hanno gentilmente annunciato, fra le righe, alcuni colleghi: non bocconiani - sono meno stupidi di come li dipingete - ma "de sinistra")!
Caffè, quante scemenze si dicono in tuo nome!
Da parte mia, desidero che sappiate che, se ci saranno, la mia forza e il mio coraggio verranno da voi. Estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae.
giovedì 25 gennaio 2018
Alcune critiche
Carissimi, come sapete, voi che siete qui da tempo, questo blog ha scardinato i meccanismi della divulgazione economica, insegnando ai sofi e sofoni delle "scienze della comunicazione" che si può attirare un grande pubblico anche presentando dati, o parlando di Proust. Ogni tanto vi sfugge che questo blog ha anche scardinato le piattaforme più abituali di comunicazione. Ad esempio, se i commenti superano i 200 (cosa che qui è già successa qualche volta), blogspot me li gestisce male: quando li sblocco, poi non li vedo pubblicati, e quindi non riesco a replicare (o comunque non ho certezza di avervi dato voce).
Questi sono momenti un po' complessi: è il momento delle carte, dei timbri e delle ceralacche. La cosa più importante è che io non me ne perda nemmeno una (di quelle), ma non vorrei nemmeno perdermi i vostri commenti, e quindi apro qui un altro post, nel quale incollo un paio di critiche che ho trovato in coda e che non so se sarebbero pubblicate qualora le sbloccassi.
Non lo faccio per metterle alla berlina: di dubbi ne ho avuti tanti anch'io. Beato chi può, in vita sua, fare sempre la cosa giusta sapendo che essa è giusta. Una vita serena, anche se un po' noiosa. Vi invito quindi a considerare queste critiche con rispetto, qualora intendiate rispondere (cosa che senz'altro intendo fare io, non appena mi sarà restituito un po' del mio tempo).
A tutti (entusiasti e depressi) va il mio ringraziamento.
Unknown ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sul conservatorismo":
Ma perché con quella gente?
Postato da Unknown in Goofynomics alle 24 gennaio 2018 20:25
amaryllide ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sul conservatorismo":
quelli del Bagnai leghiste prendono atto dell'onestà intellettuale di un professore che si candida con un partito alleato di un signore che ha promesso solennemente che non si sgarrerà di una virgola dal fiscal compact.
Anzi, se c'è una cosa su cui Salvini e Berlusconi saranno d'accordo, sarà per l'ulteriore devastazione del Welfare state che è la flat tax, che una volta era la bestia nera per i neokeynesiani come il professore.
Ma prendiamo atto che per una poltrona, non ci si fa problemi a rinnegare qualunque cosa si sia mai sostenuta.
Postato da amaryllide in Goofynomics alle 24 gennaio 2018 20:30
(...altre non rilevanti non ne trovo, o sono arrivate in messaggi privati e quindi risponderò loro in privato, anche se naturalmente riassumerò gli argomenti nel blog per sottoporli alla vostra valutazione. Solo una cosa: io non sono neokeynesiano. I neokeynesiani sono tecnicamente neoclassici - individualismo metodologico, agenti ottimizzanti, ecc. Io sono postkeynesiano. Prima di entrare in politica avrei detto che chi non sa almeno questo dovrebbe tacere: ma ora che ho scelto di impegnarmi so che ne sentirò di ben peggiori! Tutto comprendere è tutto perdonare...)
Questi sono momenti un po' complessi: è il momento delle carte, dei timbri e delle ceralacche. La cosa più importante è che io non me ne perda nemmeno una (di quelle), ma non vorrei nemmeno perdermi i vostri commenti, e quindi apro qui un altro post, nel quale incollo un paio di critiche che ho trovato in coda e che non so se sarebbero pubblicate qualora le sbloccassi.
Non lo faccio per metterle alla berlina: di dubbi ne ho avuti tanti anch'io. Beato chi può, in vita sua, fare sempre la cosa giusta sapendo che essa è giusta. Una vita serena, anche se un po' noiosa. Vi invito quindi a considerare queste critiche con rispetto, qualora intendiate rispondere (cosa che senz'altro intendo fare io, non appena mi sarà restituito un po' del mio tempo).
A tutti (entusiasti e depressi) va il mio ringraziamento.
Unknown ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sul conservatorismo":
Ma perché con quella gente?
Postato da Unknown in Goofynomics alle 24 gennaio 2018 20:25
amaryllide ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sul conservatorismo":
quelli del Bagnai leghiste prendono atto dell'onestà intellettuale di un professore che si candida con un partito alleato di un signore che ha promesso solennemente che non si sgarrerà di una virgola dal fiscal compact.
Anzi, se c'è una cosa su cui Salvini e Berlusconi saranno d'accordo, sarà per l'ulteriore devastazione del Welfare state che è la flat tax, che una volta era la bestia nera per i neokeynesiani come il professore.
Ma prendiamo atto che per una poltrona, non ci si fa problemi a rinnegare qualunque cosa si sia mai sostenuta.
Postato da amaryllide in Goofynomics alle 24 gennaio 2018 20:30
(...altre non rilevanti non ne trovo, o sono arrivate in messaggi privati e quindi risponderò loro in privato, anche se naturalmente riassumerò gli argomenti nel blog per sottoporli alla vostra valutazione. Solo una cosa: io non sono neokeynesiano. I neokeynesiani sono tecnicamente neoclassici - individualismo metodologico, agenti ottimizzanti, ecc. Io sono postkeynesiano. Prima di entrare in politica avrei detto che chi non sa almeno questo dovrebbe tacere: ma ora che ho scelto di impegnarmi so che ne sentirò di ben peggiori! Tutto comprendere è tutto perdonare...)
martedì 23 gennaio 2018
Sul conservatorismo
(...ho passato lo scorso fine settimana a Napoli, a due passi dalla casa dove morì Giacomo Leopardi:
Ero in compagnia del mio violoncellista neoborbonico preferito:
Incidevamo, nel coro della chiesa di S. Agostino degli Scalzi (quella dove l'amico Ranieri cercò un prete per Leopardi morente), detta anche della Madonna della Verità (perché la edificò, dopo aver dimostrato la propria innocenza, un funzionario ingiustamente accusato di castacriccacoruzzzione), le sonate per violino di Emanuele Barbella:
Immersi in un tripudio di arte mariana, sotto le monumentali tele di Giacomo del Pò (che nonostante il nome non era padano):
Roba che in una grande capitale europea si sognano, e se ce l'hanno è perché l'hanno trafugata in una delle tante guerre coloniali precedenti a quella che stiamo vivendo, e che qui, a Napoli, si trova dietro l'altare di una chiesa che nessuno conosce, virtualmente chiusa ai turisti, aperta solo al culto di quattro o cinque anziane signore, sperse in una navata monumentale, dalla volta meravigliosamente ornata di stucchi:
E ogni metro quadro della navata e del coro è un dettaglio prezioso, una esempio di arte, o almeno di artigianato, di elevatissima qualità, una testimonianza del genio della nostra gente, un lascito di una storia secolare che neanche chi blatera di "turismo come petrolio dell'Italia", neanche chi ci vuole "popolo di bagnini e camerieri", sa valorizzare, semplicemente perché non è né può essere in sintonia spirituale con essa:
Cosa volete capisca di questa roba chi fa del liceo classico un oggetto di odio ideologico, perché "l'ha detto l'OCSE!" (quella stessa OCSE che ha smesso di pubblicare gli indicatori sulla flessibilità del mercato del lavoro appena è cominciato a emergere che eravamo più flessibili della Germania - e questo prima del jobs act!)?
Io bubbolavo dal freddo, seduto al clavicembalo, fermo e immobile (nessun rumore prima, nessun rumore dopo, le note giuste durante: grande concentrazione):
Ma sub tuum praesidium tutto andò bene, e terminammo di incidere in orario:
Con grande soddisfazione degli amici, e con la speranza, chissà, di avere una peer review favorevole al nostro lavoro:
eseguito in un luogo in cui qualsiasi centimetro quadrato di pavimento era un'opera d'arte, il che, senz'altro, contribuiva ad ispirarci:
Poi sono tornato a Roma...)
Circola su Internet questo commento di una gentile utente social:
Non so se sia vero, ma senz'altro è verosimile. Come qualcuno ha notato su Twitter, la filosofia politica che permea queste affermazioni è del tutto analoga all'allucinato delirio del simpatico giornalista tedesco il quale, in un altro tweet che abbiamo commentato qui, sosteneva che Francia e Italia cattive avevano complottato svalutando ai danni della Germania, quando l'evidenza dei dati mostra come dal dopoguerra in poi in effetti sia stata la Germania a rivalutare la propria valuta verso praticamente tutte le altre valute, con la sola eccezione di quella di un paradiso fiscale (il franco svizzero), e di quella di un paese costretto dagli Stati Uniti a rivalutare tramite una convincente moral suasion (il Giappone).
Certo, per capire questo bisogna intanto conoscere i dati, che di per sé parlano, e poi disintossicarsi dal ciarpame liberista che ci ha infettato, la cui cifra distintiva è il considerare la moneta come una merce il cui valore deriva dalla scarsità, anziché come una istituzione il cui valore deriva dai rapporti sociali. Nonostante quanto stiamo vedendo coi nostri occhi smentisca le analisi sempliciotte degli spaghetti-liberisti (andiamo gagliardamente verso i 3000 miliardi di euro immessi dalla Bce, e l'obiettivo del 2% di inflazione è ancora lontano), media e politici (a ricasco dei media) sono obnubilati da teorie ridicole e false, e si regolano di conseguenza. Il fatto che l'apprezzamento della valuta tedesca verso tutte le altre rifletta le peculiari istituzioni tedesche (fra cui la Mitbestimmung, cioè, sintetizzando brutalmente, il corrompere i sindacati perché facciano gli interessi dell'impresa) non gli passa nemmeno per la testa: eppure, i titoli dei giornali sono lì, e chiariscono che la valuta tedesca è forte perché il capitalismo tedesco non condivide con i lavoratori tedeschi i frutti di un successo ottenuto con una formula semplice ed efficace, il classico segreto di Pulcinella: pagare i lavoratori in modo meno che proporzionale alla loro produttività (la Mitbestimmung a questo serve), come qui chiarimmo tanto tempo addietro, e come oggi ammettono anche i migliori economisti tedeschi.
Quindi basta analizzare la realtà, le istituzioni prevalenti nei singoli paesi, gli andamenti dei dati, per capire che non è tutto il mondo a svalutare: è la Germania a guidare contromano, perché ha deciso di adottare un patto sociale che, finché tiene, le garantisce un vantaggio competitivo. Terrà a lungo? Chissà. In ogni caso, questo patto è equivalente a una svalutazione competitiva, e gli Stati Uniti mostrano insofferenza. Ma non torno qui su questo punto.
Torno invece al commento della cara Silvia (e come poteva chiamarsi la gentile commentatrice, in un post che inizia con un mesto ricordo leopardiano?). Le parole di Silvia ci rimembrano quelle attribuite a Bertold Brecht: "Il comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d'accordo, bisogna nominare un nuovo popolo". Se gli operai non votano PD, bisogna nominare un altro popolo della sinistra. Ma anche qui, forse, bisognerebbe fermarsi e fare una banale riflessione: nel fluire torrenziale del "progresso", chi guida contromano? Chi è il salmone nel torrente della storia? In altre parole, volendo dare alla "sinistrità" una connotazione positiva, chi è di destra: gli operai, o il PD?
Esattamente come nel caso della Germania e della sua peculiare gestione dei rapporti sociali, anche qui dovremmo andare ad analizzare la sostanza delle cose. Il PD è stato esecutore per conto terzi di un programma di riforme sociali pesantemente orientato contro gli interessi dei lavoratori, che ora finge di volersi rimangiare, ma rispetto al quale, come sappiamo, non può tornare indietro, semplicemente perché la logica dell'unione monetaria, chiarita da Rudiger Dornbusch (MIT) 21 anni or sono, glielo impedisce. In assenza di svalutazione esterna, alle recessioni mondiali bisogna rispondere con la svalutazione interna, cioè coi tagli dei salari, e affinché ciò avvenga rapidamente occorre mettere in ginocchio i lavoratori.
Questo approccio a me sembra di "destra" (per rifarci alle categorie un po' primitive della nostra nuova amica), e quindi, secondo me, è il PD a nuotare contromano nel torrente del progresso. Il salmone è lui, e, come i suoi congeneri, rischia di incontrare un orso, l'orso dei mercati, che alla prossima crisi farà del nostro simpatico amico d'acqua dolce un solo boccone, come tanti documentari ci hanno insegnato.
Le parole allucinate della nostra Silvia, molto lieta e poco pensosa, cui ovviamente auguro lunga vita, mi spingono a una riflessione più generale, che traggo dalla lettura de Le complexe d'Orphée di Jean-Claude Michéa, e che condivido rapidamente con voi, prima di andare, come ognuno di noi, incontro al mio destino. In un mondo in cui i rapporti di forza sono totalmente squilibrati a vantaggio di un capitalismo finanziario del quale tutti, a chiacchiere, riconoscono l'instabilità e l'irrazionalità (vi ricordo un critico particolarmente autorevole), in un sistema che in tutta evidenza fa dello sradicamento degli individui e della distruzione delle istituzioni (da quelle create nel secondo dopoguerra, come lo stato sociale, a quelle di tradizione più antica, come la famiglia) uno strumento di dominio delle masse, di rimozione della loro identità e quindi di una sia pur minima possibilità di autocoscienza e di tutela dei propri interessi, vendendoci questa nostra sconfitta come un elemento di progresso, in un mondo, in estrema sintesi, che moltiplica i diritti civili da barattarci in cambio dei nostri diritti sociali e politici, in nome di una ipocrita liturgia del "progresso", in questo mondo credo che esista un unico modo di schierarsi a difesa di quella che Orwell chiamava la common decency, e la nostra Costituzione chiama "un'esistenza libera e dignitosa": essere conservatore.
Anche qui, assistiamo a un film già visto. Come spiega Michéa, e come Marx sapeva, il "progresso" realizzato tramite le enclosures (naturalmente, in nome dell'aumento della produttività: un totem che veneriamo da sempre, a dimostrazione che di nuovo non c'è nulla), sradico, sottoproletarizzò, migliaia di inglesi, che privi della tradizionali fonti di sussistenza garantite loro dal retrivo diritto feudale affuirono verso i centri urbani, dove divennero, nel corso degli anni, la carne da macello della rivoluzione industriale. Ovviamente non sto difendendo il mondo feudale. Mi è chiaro il progresso che la rivoluzione industriale ha recato (se pure al costo di compromettere gli equilibri ecologici): siamo passati da un mondo in cui mangiare e vestirsi non erano cosa scontata (Carlo Cipolla lo descrive molto bene) a un mondo in cui questi e altri problemi, sia pure con enormi disparità geografiche, sono risolti, o almeno sarebbero risolvibilili. Ecco: sarebbero risolvibili, se si capisse che certi processi non sono meramente tecnici, ma intrinsecamente politici, e come tali vanno compresi e gestiti. Vale per il progresso tecnologico, e vale per l'immigrazione. Non gestirle espone al rischio di reazioni irrazionali (luddismo, razzismo), nonché al rischio di tornare a un mondo in cui mangiare e vestirsi non siano cosa scontata (come già oggi non lo è il curarsi).
Ed è proprio questo il punto che il commento di Silvia , tanto dolorosamente quanto involontariamente, sottopone alla nostra attenzione. I contadini costretti dalle enclosures alla mendicità e all'esodo rurale erano una manodopera non solo a buon mercato, ma soprattutto (nota Michéa) culturalmente sradicata e quindi molto più facilmente manipolabile. E per capire cosa si intenda per manipolabile, basta rileggere l'assurdo commento della nostra Silvia (sia essa vera, o solo verosimile), che, in cuor suo, pur di non riflettere sulle dinamiche politiche in atto, ha già nominato un nuovo popolo, i nuovi ultimi, cui lei vuole dedicarsi, liquidando come "fascisti" quei penultimi la cui miseria, più prossima e quindi più visibile, si erge a monito verso questo suo afflato da crocerossina di buona famiglia.
Su queste premesse, costruire una visione alternativa del mondo sarà molto, molto complesso.
Non c'è niente di nuovo: è tutto scritto in Michéa, compreso il fatto che esistono fasi storiche in cui, per difendere gli ideali "di sinistra", occorre prima distruggere la sinistra.
Amen.
Ero in compagnia del mio violoncellista neoborbonico preferito:
Incidevamo, nel coro della chiesa di S. Agostino degli Scalzi (quella dove l'amico Ranieri cercò un prete per Leopardi morente), detta anche della Madonna della Verità (perché la edificò, dopo aver dimostrato la propria innocenza, un funzionario ingiustamente accusato di castacriccacoruzzzione), le sonate per violino di Emanuele Barbella:
Immersi in un tripudio di arte mariana, sotto le monumentali tele di Giacomo del Pò (che nonostante il nome non era padano):
Roba che in una grande capitale europea si sognano, e se ce l'hanno è perché l'hanno trafugata in una delle tante guerre coloniali precedenti a quella che stiamo vivendo, e che qui, a Napoli, si trova dietro l'altare di una chiesa che nessuno conosce, virtualmente chiusa ai turisti, aperta solo al culto di quattro o cinque anziane signore, sperse in una navata monumentale, dalla volta meravigliosamente ornata di stucchi:
E ogni metro quadro della navata e del coro è un dettaglio prezioso, una esempio di arte, o almeno di artigianato, di elevatissima qualità, una testimonianza del genio della nostra gente, un lascito di una storia secolare che neanche chi blatera di "turismo come petrolio dell'Italia", neanche chi ci vuole "popolo di bagnini e camerieri", sa valorizzare, semplicemente perché non è né può essere in sintonia spirituale con essa:
Cosa volete capisca di questa roba chi fa del liceo classico un oggetto di odio ideologico, perché "l'ha detto l'OCSE!" (quella stessa OCSE che ha smesso di pubblicare gli indicatori sulla flessibilità del mercato del lavoro appena è cominciato a emergere che eravamo più flessibili della Germania - e questo prima del jobs act!)?
Io bubbolavo dal freddo, seduto al clavicembalo, fermo e immobile (nessun rumore prima, nessun rumore dopo, le note giuste durante: grande concentrazione):
Ma sub tuum praesidium tutto andò bene, e terminammo di incidere in orario:
Con grande soddisfazione degli amici, e con la speranza, chissà, di avere una peer review favorevole al nostro lavoro:
eseguito in un luogo in cui qualsiasi centimetro quadrato di pavimento era un'opera d'arte, il che, senz'altro, contribuiva ad ispirarci:
Poi sono tornato a Roma...)
Circola su Internet questo commento di una gentile utente social:
Non so se sia vero, ma senz'altro è verosimile. Come qualcuno ha notato su Twitter, la filosofia politica che permea queste affermazioni è del tutto analoga all'allucinato delirio del simpatico giornalista tedesco il quale, in un altro tweet che abbiamo commentato qui, sosteneva che Francia e Italia cattive avevano complottato svalutando ai danni della Germania, quando l'evidenza dei dati mostra come dal dopoguerra in poi in effetti sia stata la Germania a rivalutare la propria valuta verso praticamente tutte le altre valute, con la sola eccezione di quella di un paradiso fiscale (il franco svizzero), e di quella di un paese costretto dagli Stati Uniti a rivalutare tramite una convincente moral suasion (il Giappone).
Certo, per capire questo bisogna intanto conoscere i dati, che di per sé parlano, e poi disintossicarsi dal ciarpame liberista che ci ha infettato, la cui cifra distintiva è il considerare la moneta come una merce il cui valore deriva dalla scarsità, anziché come una istituzione il cui valore deriva dai rapporti sociali. Nonostante quanto stiamo vedendo coi nostri occhi smentisca le analisi sempliciotte degli spaghetti-liberisti (andiamo gagliardamente verso i 3000 miliardi di euro immessi dalla Bce, e l'obiettivo del 2% di inflazione è ancora lontano), media e politici (a ricasco dei media) sono obnubilati da teorie ridicole e false, e si regolano di conseguenza. Il fatto che l'apprezzamento della valuta tedesca verso tutte le altre rifletta le peculiari istituzioni tedesche (fra cui la Mitbestimmung, cioè, sintetizzando brutalmente, il corrompere i sindacati perché facciano gli interessi dell'impresa) non gli passa nemmeno per la testa: eppure, i titoli dei giornali sono lì, e chiariscono che la valuta tedesca è forte perché il capitalismo tedesco non condivide con i lavoratori tedeschi i frutti di un successo ottenuto con una formula semplice ed efficace, il classico segreto di Pulcinella: pagare i lavoratori in modo meno che proporzionale alla loro produttività (la Mitbestimmung a questo serve), come qui chiarimmo tanto tempo addietro, e come oggi ammettono anche i migliori economisti tedeschi.
Quindi basta analizzare la realtà, le istituzioni prevalenti nei singoli paesi, gli andamenti dei dati, per capire che non è tutto il mondo a svalutare: è la Germania a guidare contromano, perché ha deciso di adottare un patto sociale che, finché tiene, le garantisce un vantaggio competitivo. Terrà a lungo? Chissà. In ogni caso, questo patto è equivalente a una svalutazione competitiva, e gli Stati Uniti mostrano insofferenza. Ma non torno qui su questo punto.
Torno invece al commento della cara Silvia (e come poteva chiamarsi la gentile commentatrice, in un post che inizia con un mesto ricordo leopardiano?). Le parole di Silvia ci rimembrano quelle attribuite a Bertold Brecht: "Il comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d'accordo, bisogna nominare un nuovo popolo". Se gli operai non votano PD, bisogna nominare un altro popolo della sinistra. Ma anche qui, forse, bisognerebbe fermarsi e fare una banale riflessione: nel fluire torrenziale del "progresso", chi guida contromano? Chi è il salmone nel torrente della storia? In altre parole, volendo dare alla "sinistrità" una connotazione positiva, chi è di destra: gli operai, o il PD?
Esattamente come nel caso della Germania e della sua peculiare gestione dei rapporti sociali, anche qui dovremmo andare ad analizzare la sostanza delle cose. Il PD è stato esecutore per conto terzi di un programma di riforme sociali pesantemente orientato contro gli interessi dei lavoratori, che ora finge di volersi rimangiare, ma rispetto al quale, come sappiamo, non può tornare indietro, semplicemente perché la logica dell'unione monetaria, chiarita da Rudiger Dornbusch (MIT) 21 anni or sono, glielo impedisce. In assenza di svalutazione esterna, alle recessioni mondiali bisogna rispondere con la svalutazione interna, cioè coi tagli dei salari, e affinché ciò avvenga rapidamente occorre mettere in ginocchio i lavoratori.
Questo approccio a me sembra di "destra" (per rifarci alle categorie un po' primitive della nostra nuova amica), e quindi, secondo me, è il PD a nuotare contromano nel torrente del progresso. Il salmone è lui, e, come i suoi congeneri, rischia di incontrare un orso, l'orso dei mercati, che alla prossima crisi farà del nostro simpatico amico d'acqua dolce un solo boccone, come tanti documentari ci hanno insegnato.
Le parole allucinate della nostra Silvia, molto lieta e poco pensosa, cui ovviamente auguro lunga vita, mi spingono a una riflessione più generale, che traggo dalla lettura de Le complexe d'Orphée di Jean-Claude Michéa, e che condivido rapidamente con voi, prima di andare, come ognuno di noi, incontro al mio destino. In un mondo in cui i rapporti di forza sono totalmente squilibrati a vantaggio di un capitalismo finanziario del quale tutti, a chiacchiere, riconoscono l'instabilità e l'irrazionalità (vi ricordo un critico particolarmente autorevole), in un sistema che in tutta evidenza fa dello sradicamento degli individui e della distruzione delle istituzioni (da quelle create nel secondo dopoguerra, come lo stato sociale, a quelle di tradizione più antica, come la famiglia) uno strumento di dominio delle masse, di rimozione della loro identità e quindi di una sia pur minima possibilità di autocoscienza e di tutela dei propri interessi, vendendoci questa nostra sconfitta come un elemento di progresso, in un mondo, in estrema sintesi, che moltiplica i diritti civili da barattarci in cambio dei nostri diritti sociali e politici, in nome di una ipocrita liturgia del "progresso", in questo mondo credo che esista un unico modo di schierarsi a difesa di quella che Orwell chiamava la common decency, e la nostra Costituzione chiama "un'esistenza libera e dignitosa": essere conservatore.
Anche qui, assistiamo a un film già visto. Come spiega Michéa, e come Marx sapeva, il "progresso" realizzato tramite le enclosures (naturalmente, in nome dell'aumento della produttività: un totem che veneriamo da sempre, a dimostrazione che di nuovo non c'è nulla), sradico, sottoproletarizzò, migliaia di inglesi, che privi della tradizionali fonti di sussistenza garantite loro dal retrivo diritto feudale affuirono verso i centri urbani, dove divennero, nel corso degli anni, la carne da macello della rivoluzione industriale. Ovviamente non sto difendendo il mondo feudale. Mi è chiaro il progresso che la rivoluzione industriale ha recato (se pure al costo di compromettere gli equilibri ecologici): siamo passati da un mondo in cui mangiare e vestirsi non erano cosa scontata (Carlo Cipolla lo descrive molto bene) a un mondo in cui questi e altri problemi, sia pure con enormi disparità geografiche, sono risolti, o almeno sarebbero risolvibilili. Ecco: sarebbero risolvibili, se si capisse che certi processi non sono meramente tecnici, ma intrinsecamente politici, e come tali vanno compresi e gestiti. Vale per il progresso tecnologico, e vale per l'immigrazione. Non gestirle espone al rischio di reazioni irrazionali (luddismo, razzismo), nonché al rischio di tornare a un mondo in cui mangiare e vestirsi non siano cosa scontata (come già oggi non lo è il curarsi).
Ed è proprio questo il punto che il commento di Silvia , tanto dolorosamente quanto involontariamente, sottopone alla nostra attenzione. I contadini costretti dalle enclosures alla mendicità e all'esodo rurale erano una manodopera non solo a buon mercato, ma soprattutto (nota Michéa) culturalmente sradicata e quindi molto più facilmente manipolabile. E per capire cosa si intenda per manipolabile, basta rileggere l'assurdo commento della nostra Silvia (sia essa vera, o solo verosimile), che, in cuor suo, pur di non riflettere sulle dinamiche politiche in atto, ha già nominato un nuovo popolo, i nuovi ultimi, cui lei vuole dedicarsi, liquidando come "fascisti" quei penultimi la cui miseria, più prossima e quindi più visibile, si erge a monito verso questo suo afflato da crocerossina di buona famiglia.
Su queste premesse, costruire una visione alternativa del mondo sarà molto, molto complesso.
Non c'è niente di nuovo: è tutto scritto in Michéa, compreso il fatto che esistono fasi storiche in cui, per difendere gli ideali "di sinistra", occorre prima distruggere la sinistra.
Amen.
mercoledì 17 gennaio 2018
Deficit in Francia e in Italia: due paroline a Moscovici
Le dichiarazioni di Moscovici secondo cui portare il deficit oltre il 3% del Pil "sarebbe un controsenso", questo perché il tetto del 3% avrebbe un significato preciso, quello di evitare che il debito slitti ulteriormente, e quindi le elezioni italiane provocherebbero un "rischio politico" dato che da noi alcuni partiti si stanno interrogando sulla fondatezza di queste regole, sono non solo inopportune politicamente (come perfino Tajani è stato costretto ad ammettere, dando prova di buon senso e di un minimo di orgoglio nazionale), ma del tutto infondate sotto il profilo economico e anche storico: questo perché prima di fare lezioncine, bisognerebbe verificare di essere stati coerenti con i principi che si sbandierano a beneficio degli altri paesi (ma che in patria ci si è guardati bene dall'applicare).
Ho commentato queste dichiarazioni, aggiungendo alcuni numeri, i numeri che la nostra stampa, molto sensibile e accondiscendente verso interessi esterni al nostro paese, naturalmente non vi dà:
Mi limito ad aggiungere, per vostra erudizione, un grafichetto che potrete incidere su una lastra di piombo, da arrotolare e sbattere sul musetto dei botoli ringhiosi dell'austerità:
Come vedete i francesi (les bleus) sono sempre stati sopra a noi, e sempre oltre il parametro di Maastricht (in rosso), e lo saranno almeno fino al 2019, con in più il fatto che il divario fra loro e noi è destinato ad aumentare (a indicare che noi saremo, secondo il Fmi, sempre più virtuosi di loro, oltre a essere di fatto in regola con Maastricht già da sei anni: sei anni di sacrifici che l'Europa ci riconosce così, sberteggiandoci!).
Insomma: è il classico caso di bue che dice cornuto all'asino. Le differenze fra asino e bue vi sono note: credo che tutti noi (almeno noi maschietti) preferiremmo essere asini. Concludo con una nota: l'Italia sarà un paese libero quando un giornalista vi darà i numeri che trovate qui, e quando avrà il coraggio di sbatterli in faccia al nostro nuovo amico con le corna, giusto così, per vedere l'effetto che fa, e per ricordargli che, fra le tante differenze cui accennavo, c'è anche quella che l'anello al naso ce l'hanno i buoi, non gli asini. Ma per questo ci vorrebbe un giornalista col retrotreno più simile a quello di un asino che a quello di un bue. Sono sicuro che da qualche parte, nascosto, ci sia e ci legga. Speriamo che si palesi presto: altri seguiranno, perché non se ne può più: ad ognuno puzza questo barbaro dominio.
Con preghiera di far circolare, ricordando a chi leggerà che dire basta dipende da ognuno di noi.
Ho commentato queste dichiarazioni, aggiungendo alcuni numeri, i numeri che la nostra stampa, molto sensibile e accondiscendente verso interessi esterni al nostro paese, naturalmente non vi dà:
Mi limito ad aggiungere, per vostra erudizione, un grafichetto che potrete incidere su una lastra di piombo, da arrotolare e sbattere sul musetto dei botoli ringhiosi dell'austerità:
Come vedete i francesi (les bleus) sono sempre stati sopra a noi, e sempre oltre il parametro di Maastricht (in rosso), e lo saranno almeno fino al 2019, con in più il fatto che il divario fra loro e noi è destinato ad aumentare (a indicare che noi saremo, secondo il Fmi, sempre più virtuosi di loro, oltre a essere di fatto in regola con Maastricht già da sei anni: sei anni di sacrifici che l'Europa ci riconosce così, sberteggiandoci!).
Insomma: è il classico caso di bue che dice cornuto all'asino. Le differenze fra asino e bue vi sono note: credo che tutti noi (almeno noi maschietti) preferiremmo essere asini. Concludo con una nota: l'Italia sarà un paese libero quando un giornalista vi darà i numeri che trovate qui, e quando avrà il coraggio di sbatterli in faccia al nostro nuovo amico con le corna, giusto così, per vedere l'effetto che fa, e per ricordargli che, fra le tante differenze cui accennavo, c'è anche quella che l'anello al naso ce l'hanno i buoi, non gli asini. Ma per questo ci vorrebbe un giornalista col retrotreno più simile a quello di un asino che a quello di un bue. Sono sicuro che da qualche parte, nascosto, ci sia e ci legga. Speriamo che si palesi presto: altri seguiranno, perché non se ne può più: ad ognuno puzza questo barbaro dominio.
Con preghiera di far circolare, ricordando a chi leggerà che dire basta dipende da ognuno di noi.
domenica 14 gennaio 2018
Banche e politica in Germania
(...sono ancora sulla famosa recensione del partigiano Joe - quella dell'extension. Pacta sunt servanda, ma che due palle! Per distrarmi, mi sono attaccato un momento alla webcam e vi ho raccontato una simpatica storia che ho appreso da Francesco Canepa, un giornalista di Reuters, il quale, a sua volta, non l'aveva saputa da sucuggino, ma dalla Bce. Pare, dico pare, che nella virtuosa Germania le banche locali, che sono sotto il diretto controllo dei politici locali, decidano i loro acquisti di titoli degli stati federati - che non sono lo stato federale - non solo in base a considerazioni puramente economiche, ma anche per ingraziarsi i governi degli stati dove hanno sede. Ve lo sareste mai creduto? O anche: ve lo foste mai creso? Voi forse sì, ma sono sicuro che in giro per l'Italia ce n'è di gente che ancora crede che "l'Italia è un paese di merda perché qui decide tutto la politica, gli italiani sono tutti corrotti, mica come i tedeschi...", e via scemenzando. Siccome ognuno di noi ne conosce un po', di questi bei tomi, magari, se il video vi piace, fateglielo vedere - o segnalategli le fonti: ma in genere chi odia l'Italia non sa l'italiano e quindi nemmeno l'inglese - così, magari, si ricrede...)
(...la qualità dell'audio lascia ancora a desiderare, ma stiamo lavorando per migliorare il servizio: i mezzi non sono certo quelli di Claudio Messora, e certo che l'occhio e l'orecchio vorrebbero la parte loro - ma allora andrebbe cambiato anche lo speaker: vi farete bastare quello che c'è, così come faccio io, ricordandovi il messaggio, che è quello delle nostre nonne: tutto il mondo è paese, tranne la Germania, che è strapaese...).
(...la qualità dell'audio lascia ancora a desiderare, ma stiamo lavorando per migliorare il servizio: i mezzi non sono certo quelli di Claudio Messora, e certo che l'occhio e l'orecchio vorrebbero la parte loro - ma allora andrebbe cambiato anche lo speaker: vi farete bastare quello che c'è, così come faccio io, ricordandovi il messaggio, che è quello delle nostre nonne: tutto il mondo è paese, tranne la Germania, che è strapaese...).
sabato 13 gennaio 2018
La Grecia non esiste (QED 87).
(...voi vi lamentate del fatto che scrivo in Leuropeo, cioè nella lingua dell'unico paese che nel frattempo ha lasciato Leuropa, come da me vaticinato il 7 dicembre 2013 - qualcuno lo ricorderà... E fate male, malissimo! Bisogna scrivere in Leuropeo, perché occorre che anche altri sappiano a quale livello di orrore si sta spingendo il cosiddetto progetto leuropeo. Macron che elogia la Domus Aurea "testimonianza del genio europeo" non è un gaffeur che sproloquia per ingenuità. No. Non lo è. Tutt'altro: è un astuto comunicatore che sta seguendo una ben precisa agenda politica. Quale? Questa...)
(...a seconda dei punti di vista, mantenere l'anonimato di Nessuno può essere immediato, o impossibile. Tuttavia, a noi qui non serve un esperto di logica formale. Quello che ci occorre è riflettere a quali culmini di abiezione è stato portato il concetto di "dissolvere le nazionalità" in una "identità europea" per combattere "le guerre e i nazionalismi". In poche parole, questi qui si stanno avviando, coscientemente, a compiere un genocidio culturale su vasta scala, per ripulirsi la coscienza da un disastro causato semplicemente per nascondere il letamaio delle loro banche sotto lo zerbino. Il simpatico funzionario di cui ci parla Nessuno, o, a un livello infinitamente superiore, Macron, si muovono lungo questa stessa logica, quella del genocidio. Ora, di fronte a giornalisti che continuamente ci trattano da Untermenschen, per distruggere il nostro orgoglio nazionale (quella cosa che, come diceva Rorty, è per un paese ciò che il rispetto di sé è per gli individui - santo subito Massimo D'Antoni, un uomo che alcuni di voi non sanno capire: è un po' papalino, ma è tanto una brava persona!), di fronte a questo attacco massiccio e indiscriminato alla nostra identità, sarebbe certo errato reagire esaltando in modo acritico l'italianità. Tuttavia, se un giusto mezzo non si può avere, allora vi confesso che fra i due errori preferisco il secondo. Perché, sinceramente, a me l'idea che quattro scribacchini residenti da una mera espressione geografica come il Belgio e provenienti da qualche paese diversamente iscritto negli annali della storia e della cultura mondiale venga a dire a noi cosa dobbiamo fare, sinceramente non va molto giù. Ed ho una buona, anzi, ottima notizia per voi: non sono più solo. Esistono altri italiani che scrivono in italiano, e quindi pensano da italiani che l'Italia non sia uno shithole. Naturalmente, a loro non verranno mai conferiti simili prestigiosi incarichi. Ma di questo parleremo un'altra volta. Vi esorto a tenere alta l'attenzione e a non reagire alle provocazioni. Nervi saldi, e tanta pazienza. L'Italia non si è desta, ma è uscita dalla fase REM...)
Caro professore,
mi chiamo Nessuno, e non sono niente.
Ci siamo
conosciuti brevemente a Montesilvano quest'anno. Le ho raccontato di come il
blog ed il suo libro abbiano cambiato la mia vita e contribuito a squarciare il
velo di Maya.
E' la prima volta
che le scrivo e prometto di astenermi dal farlo ancora (giurin giurello).
Non voglio
discettare di economia, numeri e grafici, non ne sono in grado. Lo faccio per
condividere con lei quanto accadutomi ieri sera in pizzeria.
Ero a tavola con
amici della mia compagna, persone che conosco poco. Il tizio accanto a me
attacca bottone. Mi racconta che lui vive e lavora ad Atene per conto della
Commissione Europea. Il suo gruppo di lavoro si occupa di affiancare il governo
greco nell'applicazione dell'agenda della Troika (stia tranquillo prof, non le
scrivo per riportarle le “ragioni” economiche che mi sono dovuto sorbire, sono
sempre le stesse e lei le conosce molto meglio di me).
L'esigenza nasce
dallo sgomento che mi ha colto nello scoprire che l'operazione in corso è molto
più sofisticata e ideologicamente complessa della sola narrazione
politico-economica. Piccolo excursus: sono molto legato alla Grecia, la ritengo
la mia seconda casa. La conosco discretamente e, appena posso, ci torno spesso
a trovare un po' di amici. A casa sono cresciuto respirando epos ed ellenismo e
ho fatto studi classici.
Ma torniamo in
tema.
La sostanza del
discorso proferitomi è che i greci non hanno diritto di lamentarsi, anzi!Devono
ringraziare l'occidente (concetto che detesto, ma relata refero) per il solo
fatto di esistere. La Grecia, la nazione greca, sarebbe infatti una finzione
geo-politica, creata ad arte nel 1800 da Francia e Inghilterra per favorire
l'implosione dell'impero ottomano. “La Grecia era l'Israele dell' 800”. [cit.]
Il mio zelante vicino di posto non sosteneva che Francia e Inghilterra si
fossero limitate ad appoggiare le rivolte greche in funzione anti-ottomana,
sosteneva che il popolo greco non esiste. Che i greci siano soltanto ottomani
di religione ortodossa! Che la moderna lingua greca sia stata forgiata ad hoc
per dar loro un senso di comunità. Che la Grecia fu creata come Stato
cuscinetto per arginare l'espansione musulmana. Un avamposto militare riempito
di gente a caso accomunata soltanto dalla medesima religione: ”esattamente come
lo Stato d'Israele” (addendum – per esigenze di brevità e coerenza espositiva
ometto volutamente di entrare nel merito di cosa sia o non sia lo Stato
d'Israele).
Ho provato a
riportare sulla terra il mio pervicace commensale partendo dalla lineare B di
epoca micenea, passando per le guerre persiane, l'ellenismo e l'impero
bizantino, fino ad arrivare alla guerra greco-turca ed alle deportazioni di
massa dei greci dall'Anatolia, ad inizio '900. Gnente.
Per lui le mie
argomentazioni erano sofismi perché, data la storia del mediterraneo e la
mobilità delle popolazioni che lo hanno abitato e navigato per millenni,
sarebbe impossibile individuare i momenti di partenza della storia dei popoli e
delle nazioni.
Gli ho concesso,
sulla scorta di “Omero nel Baltico” (libro meraviglioso), che i “biondi achei”
dell'Iliade potrebbero sì avere origine dalle popolazioni scandinave che
discesero Vistola e Danubio in epoca antichissima (ipotesi da prendere comunque
cum grano salis), ma che poi da quel momento i greci sono sempre stati lì.
Gnente. I greci non esistono, sono un artifizio.
Alla fine,
sconfortato e provato dallo sforzo per mantenermi su toni civili, ho abbozzato
(come dite a Roma) e lasciato perdere.
Ma ho imparato
qualcosa.
La narrazione del
potere sta tentando un balzo qualitativo degno di nota. Non si tratta più di
esautorare lo Stato-Nazione raccontando la favoletta dei greci pigri,
improduttivi, corrotti e spreconi. Qui si tratta di provare a cancellare tre millenni
di storia con la retorica dell'ipse dixit degli “esperti”. I signori de quo
(nonché le loro giovani e zelanti nuove leve come il mio interlocutore) non
sono soltanto strozzini e mistificatori di dati, sono molto peggio.
Manipolatori di storia, geografia, antropologia, filologia et similia.
Le riflessioni
connesse ad un ragionamento (?) del genere sono abbastanza obbligate. Negando
le origini di un popolo, la sua storia, le sue tradizioni, la sua omogeneità
etnico-linguistica (al netto dei dialetti), si nega l'esistenza del popolo
stesso. E si sa, laddove non c'è popolo, laddove non c'è dèmos, non può esserci
democrazia. Ma solo dispotismo e barbarie.
In conclusione mi
chiedo, se è possibile manipolare la storia greca, una delle più antiche
d'Europa, con tanta impune facilità, quanto sarà agevole farlo con la storia di
nazioni molto più giovani ed eterogenee come l'Italia?
Serve vigilare
anche su questo perché, come lei insegna, i prossimi siamo noi.
Augurandomi di
non averla tediata oltremodo, la ringrazio per l'attenzione e per il tempo
dedicatomi, la saluto e le auguro buon lavoro.
P.S. Qualora
ritenesse interessante pubblicare questa mia, le chiedo cortesemente di
mantenere il mio anonimato.
(...a seconda dei punti di vista, mantenere l'anonimato di Nessuno può essere immediato, o impossibile. Tuttavia, a noi qui non serve un esperto di logica formale. Quello che ci occorre è riflettere a quali culmini di abiezione è stato portato il concetto di "dissolvere le nazionalità" in una "identità europea" per combattere "le guerre e i nazionalismi". In poche parole, questi qui si stanno avviando, coscientemente, a compiere un genocidio culturale su vasta scala, per ripulirsi la coscienza da un disastro causato semplicemente per nascondere il letamaio delle loro banche sotto lo zerbino. Il simpatico funzionario di cui ci parla Nessuno, o, a un livello infinitamente superiore, Macron, si muovono lungo questa stessa logica, quella del genocidio. Ora, di fronte a giornalisti che continuamente ci trattano da Untermenschen, per distruggere il nostro orgoglio nazionale (quella cosa che, come diceva Rorty, è per un paese ciò che il rispetto di sé è per gli individui - santo subito Massimo D'Antoni, un uomo che alcuni di voi non sanno capire: è un po' papalino, ma è tanto una brava persona!), di fronte a questo attacco massiccio e indiscriminato alla nostra identità, sarebbe certo errato reagire esaltando in modo acritico l'italianità. Tuttavia, se un giusto mezzo non si può avere, allora vi confesso che fra i due errori preferisco il secondo. Perché, sinceramente, a me l'idea che quattro scribacchini residenti da una mera espressione geografica come il Belgio e provenienti da qualche paese diversamente iscritto negli annali della storia e della cultura mondiale venga a dire a noi cosa dobbiamo fare, sinceramente non va molto giù. Ed ho una buona, anzi, ottima notizia per voi: non sono più solo. Esistono altri italiani che scrivono in italiano, e quindi pensano da italiani che l'Italia non sia uno shithole. Naturalmente, a loro non verranno mai conferiti simili prestigiosi incarichi. Ma di questo parleremo un'altra volta. Vi esorto a tenere alta l'attenzione e a non reagire alle provocazioni. Nervi saldi, e tanta pazienza. L'Italia non si è desta, ma è uscita dalla fase REM...)
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