Da un lettore
Ritengo che effettivamente ci siano poteri economici dominanti che dopo la scomparsa del comunismo - che era la loro paura - hanno ripreso i vecchi vizi: sono antidemocratici, pongono l'accumulazione capitalista al vertice della loro scala dei valori sociali, e [..] ci riescono sfruttando l'ignoranza del popolo su materie difficili e delicate; lo terrorizzano. Stiamo attraversando la fase del terrore.
Professore, innanzitutto sbrodolo un pochetto ringraziandola per il lavoro che sta facendo. Seguo il blog da un po' di tempo e questo mi fa guardare la politica in una nuova prospettiva. È come aver tolto un paio di occhiali con le lenti deformanti: d'un colpo tutto è diverso, ed è anche disorientante. L'economia non è intuitiva... O forse non ci hanno insegnato le basi per "intuirla". Spesso va addirittura contro una sorta di "logica apparente": perché un paese con un enorme surplus (si dice così?) è dannoso per i propri partner? Se ha tutti questi crediti evidentemente è bravo, no?!? È per aver svelato queste "sottigliezze" che si merita la mia eterna riconoscenza. Ora cerco di rientrare in argomento: proprio oggi ho letto questa citazione, che lei fa nel suo libro. Sarà stato forse il caso, o forse perché quando ti spiegano il trucco poi sai riconoscerlo quando lo incontri, ma oggi sono rimasto scioccato almeno un paio di volte. La prima è stata discutendo con la ragazza che sta al bar: scherzava sul fatto che se le dovesse prendere l'influenza non potrebbe mettersi in malattia visto la carenza di personale. Carenza dovuta, a suo dire, alla mancanza di voglia e serietà delle persone che non vogliono fare quegli orari. 'Ste ragazze lavorano 8-10 ore al giorno per 6 giorni a settimana. Il turno la mattina inizia alle 5. La sera finisce alle 22-23. Quando faccio notare che forse 800 euro al mese (perché questo è il loro stipendio!) non sono adeguati al carico di lavoro che viene svolto, la barista ha aggredito me, me!, dicendo che se lei può fare questi orari con questi soldi, allora non vede perché gli altri se ne debbano lamentare. Sono semplicemente svogliati. La seconda cosa è che siamo stati promossi: io e un gruppo di colleghi abbiamo avuto un grado superiore che "impone conseguentemente un suo maggiore impegno di collaborazione nell'attività di sevizio e di sobria (cazzo, anche qui la sobrietà!) sollecitazione al rispetto delle regole che disciplinano l'attività di vigilanza nei confronti dei colleghi a lei subordinati". Naturalmente "il grado che le è stato conferito, a valere solo a titolo gerarchico e onorifico" (Cito testualmente, e onestamente non capisco nemmeno se sono errori grammaticali o sono io che non riesco a mettere a fuoco per la rabbia che ho). Non solo ci impongono "maggiore impegno", non solo ci spingono alla delazione... Ma pure a costo zero. Finita qui? No! Perché come la ragazza del bar che difendeva la sua situazione, evidentemente considerandola equa e giusta, allo stesso modo alcuni miei colleghi ritengono giusta questa situazione. La giustificano col fatto che l'azienda è in crisi, col fatto che l'azienda ti riconosce un qualcosa in più rispetto ad altri, col fatto che l'azienda non è obbligata a darti niente per contratto. Almeno i kapò avevano un tozzo di pane in più e se non ricordo male un alloggio un pochino migliore. Ma potrei dire una bestialità. Mi si è chiuso lo stomaco per la rabbia dovuta al modo in cui i datori ci trattano e per la mancanza di stima che i colleghi hanno in loro stessi. Perché nel "macro" le elitee, sfruttando l'ignoranza del popolo, ci terrorizzano... La Cina, il petrolio, siamo importatori di tutto, la terza guerra mondiale; ma nel "micro" l'ignoranza viene sfruttata per farti credere che tu non vali un cazzo e come tale devi ringraziarmi e stare zitto perché ho scelto te, proprio te, da assumere; ti ho dato un lavoro e ti lamenti pure, stronzo? Perché questo atteggiamento non è mica l'unico che viene messo in atto: pagamento con molto ritardo degli stipendi, mancato riconoscimento delle qualifiche, totale mancanza di organizzazione che ci obbliga a essere a disposizione in qualsiasi momento... Insomma, un Jobs Act di fatto e ante litteram. E tutti zitti e muti. Siamo vittime della sindrome di Stoccolma 2.0: amiamo i nostri carcerieri, li giustifichiamo, li aiutiamo ad arricchirsi e, in fondo in fondo, vorremmo essere al loro posto. Se è arrivato fin qui, Caro Professore, la ringrazio; e se vorrà continuare, potrà leggere la risposta che potrei darle se io fossi un suo allievo e se mi chiedesse, in sede di esame, cosa è il mercato e cosa implica. Diciamo che c'è un piccolo aeroporto, e che questo aeroporto è più o meno centrale in quella regione. Col tempo diventa sempre più importante: da qualche aereo al giorno arriva a una quindicina di voli. Nel periodo estivo triplicano quasi. All'inizio la maggior parte degli aerei sono della nostra ex compagnia di bandiera; col tempo arriva anche Ryanair. Poi Alitalia inizia a "essere salvata" e di conseguenza licenzia personale e taglia rotte. Ryanair, forte di questo e dei suoi prezzi assolutamente concorrenziali, aumenta le rotte. I passeggeri sono contenti per il prezzo, i lavoratori sono contenti perché si lavora di più, i politi/dirigenti vanno in brodo di giuggiole. Il sogno! La crescita! L'orgoglio di un aeroporto che è diventato importante. In un giorno normale di inverno, ci sono circa 7-9 Alitalia e 8-10 Ryanair. Solo che poi i passeggeri iniziano a scoprire che se sbagli qualcosa ti costa più di "tasse" che di biglietto, che se c'è ritardo o si rompe l'aereo puoi anche aspettare 12 ore mentre con Alitalia ti riproteggono su altri voli o mandano un aereo sostitutivo; i laboratori scoprono che il salario è di nemmeno 1000 euro (e grazie che ti puoi permettere quel prezzo per i biglietti); i politici scoprono che Ryanair è un tiranno, che non fa l'interesse del cittadino ma quello degli azionisti e quindi per restare vuole soldi... Perché sono aiuti di stato se il governo dà soldi ad Alitalia per mantenere l'occupazione ma sono incentivi giusti se li dà il singolo aeroporto, magari sotto forma di sconti, a Ryanair per non tagliare le tratte che secondo lei non sono abbastanza remunerative (o almeno così si dice...). Incentivi che devi dare perché ti sei guardato attorno e ti sei accorto che non esiste più una Banca Centrale che possa fanculizzare i mercati se gli chiedono un tasso troppo alto per rifinanziare il debito e non esiste più una Compagniadibandiera Centrale che possa far abbassare la cresta alla multinazionale irlandese minacciandola di fregarsene delle sue minacce. E allora scopri che questa compagnia è così potente da poter decidere di accettare solo il documento che vuole più le aggrada e se lo Stato si lamenta, minaccia che toglie tutti i voli che ha sul territorio italiano. E le conseguenze sarebbero ovvie. E altrettanto ovvie sono le risposte: ma si, dai... Dai da lavoro a così tante persone, fai come ti pare. La cosa brutta è che sono costretto a volare pure io con Ryanair, nonostante tutto. Purtroppo è conveniente. E i miei dubbi morali devo metterli da parte perché non me lo posso permettere di scegliere quello che è italiano fino a quando quello che è straniero (anche se qualitativamente scarso) costa meno: il mio reddito complessivo (complessivo con mia moglie) ha subito una svalutazione competitiva: da 2600 5 anni fa (quando ho comprato casa) a circa 1500/1600 ora... Con una tendenza "deflazionistica" a breve. Grazie per aver letto lo sfogo... O comunque grazie in generale perché almeno mi sono sfogato. Continui così.
A un amico
(commentando le vignette di Floh che avete visto in un post precedente...)
Come ben sai, la satira precede la storia (vedi allegati). Mi ricordo di quando nel 2001 la striscia Zits su Linus (l'adolescente disfunzionale, tipo er Palla, non so se lo ricordi) enunciava chiarissimissimamente la genesi della bolla creditizia. Nel 2001. Non aggiungo altro, se non che quando dico che sono terrorizzato non scherzo. Sono in contatto con una storica dell'antisemitismo che mi parla delle dinamiche dell'informazione mainstream prima dell'Olocausto. Sono ovviamente quelle attuali e quindi sono terrorizzato (ma mantengo il controllo). S. e A. sono ottime persone, sicuramente più preparate di me su tante cose, e io sono sicuramente un violento e un settario. Tuttavia è un dato di fatto che abbiamo a che fare con persone (i nostri fratelli germanici, ai quali sai quanto io sia legato emotivamente e culturalmente) che passano dallo stato "Erbarme dich" allo stato "Cavalcata delle Valchirie" con quello che in teoria del controllo si chiama "controllo bang-bang" (quello della caldaia). Ottimo per i sistemi lineari. In un sistema non lineare come la SStoria questa cosa fa ogni tanto qualche milione di morti. L'ultimo switch allo stato "Valchirie" è stato l'entrata nell'euro. Questo è il referto unanime di tutti quelli che conosco a Bruxelles, incluse persone "de passaggio" come Jean-Paul Gauzès. Non dimentichiamoci che i tedeschi ora devono far pagare a noi l'umiliazione di essere stati loro i responsabili della più grave, o comunque più nota, strage nella storia dell'umanità. Questa vergogna li ha tenuti buoni fino alla metà degli anni '90. Poi ha prevalso Wagner su Bach. Per riportarli allo stato Bach sappiamo quale sia il prezzo da pagare, e in Ucraina si stanno portando avanti col lavoro. Lo dico con grande compassione per il proletariato tedesco (Wessis inclusi).
Dire "io l'avevo detto" è uno sport appassionante, ma stavo meglio quando potevo dedicarmi alla vela.
Un abbraccio, nella speranza che tu possa indicarmi uno spiraglio di luce.
(dopo aver scritto questa lettera, ho visto il commento su Isaiah Berlin, e qualcuno - vedi sotto - mi ha ricordato la frase di qualcun altro che diceva "i tedeschi non perdoneranno mai agli ebrei l'Olocausto". Frase che non comprendi fino a che non parli con chi lavora a Bruxelles. So che può sembrare paradossale, ma ciò che rende pericolosi i nostri fratelli tedeschi non è il loro complesso di superiorità, ma la sua matrice, che è un complesso di inferiorità. Chi vive in Svizzera e osserva il rapporto fra Est e Ovest probabilmente mi capisce. È per questo che dobbiamo amarli con forza...)
Da un amico
Caro Alberto,
è tutto vero, ma io posso soltanto restituirti l’abbraccio. Di luce proprio non ne vedo. Casino sì, parecchio.
Da un altro amico
Caro Alberto,
tu non sei né violento né settario, sei semplicemente attento alla realtà, prendi in esame la realtà nella sua interezza. Non era Hegel che diceva: “Das Wahre ist das Ganze”? Ecco:
il vero è l’intero. E l’intero, nel nostro caso, significa attenzione a
tutto ciò che viene fatto, ma anche, e soprattutto, detto in questa
fase tragica della nostra vita. E a tutto quello che è stato fatto e
detto in passato. In una prima redazione avevo scritto un profluvio di
cose con considerazioni di ogni genere, che poi ho deciso di tagliare di
netto; meglio la sobrietà tra persone che si capiscono. Non siamo noi
ossessionati, sono loro incoscienti, compresi i marxisti-normalisti
allevati nel culto sconsiderato della Germania. Siamo in pieno anni ’30 e
ci aspettano tempi durissimi. E’ storia, storia della cultura, degli
usi e costumi, delle persistenze storiche, sai quelle delle Annales?, ma
la gente non lo capisce. C’è già in giro un razzismo molle spaventoso e
un antisemitismo in pelle in pelle raccapricciante. Basta vedere che
cosa scrivono i giornali popolari tedeschi, basta sentire i commenti
della gente comune, che sono la vera spia di un clima culturale. E basta
leggere le scemenze che hanno detto e scritto autorevoli germanisti
come Gianenrico Rusconi e Angelo Bolaffi. Vedere e sentire Paolo Mieli è
sgomentevole: da quando in qua gli ebrei collaborano così felicemente
con i Nazi? In fondo abbiamo distrutto una volta di più la ragione:
emettiamo giudizi che non si basano sull’analisi dei fatti, ma sulle
inclinazioni e le qualità dei popoli. Roba pazzesca. Persino un eurista a
24 carati come Cacciari sa, e afferma, che nella tradizione tedesca c’è
una pericolosa tendenza all’egemonia, diciamo meglio, al dominio senza
mezzi termini. In un secolo hanno aggredito tre volte l’Europa,
naturalmente con l’aiuto di molti altri poi vittime, ma hanno sfruttato
magnificamente l’occasione della globalizzazione, che per loro è un
autentico lavacro culturale e politico, da cui riescono a emergere
nuovamente vergini. Ma io, come te e qualche altro, sono convinto che è
cecità, che è ignoranza. E tornerà fuori, in forma nuova, la questione
ebraica, che già preme alle porte francesi. Uno psichiatra ebreo, non
ricordo più il nome, una volta disse una cosa fulminante: “I tedeschi
non potranno mai perdonare Auschwitz agli ebrei”. Siamo esattamente in
questo contesto psicologico e culturale. E anche in quel luogo
benedetto, che è il tuo blog, avrai notato che le tue considerazioni
hanno scatenato alcune, poche per fortuna, reazioni scomposte,
culturalmente e storicamente ridicole, potenzialmente criminali. Sono
solo l’antipasto.
Dissento da te
solo musicalmente. Io adoro Wagner, anche se non mi sfugge che uomo
abietto fosse. Ma è stato un sublime musicista. E’ il dramma dell’arte
come sai, e Proust ci ha insegnato a distinguere l’uomo dall’artista, e
Boulez ci ha spiegato che spesso in Wagner il testo è reazionario e la
musica progressiva. In realtà credo che Bach e Wagner siano due facce
della stessa medaglia, che non si possa separare l’uno dall’altro (non
dimenticare il testo disgustoso di cantate pasquali basate su
quell’energumeno che era Lutero; che Dio ci preservi dal
protestantesimo); anche nel caso artistico di tratta di un intero che
non si può dividere a piacere. Sta a noi prendere ciò che è sublime
facendo passare in seconda linea il limaccioso, cioè senza fermarsi agli
aspetti aneddotici, cioè di contesto storico, di un artista. Ma può
darsi che mi sbagli e che pecchi di eccesiva indulgenza; nel caso puoi
rimproverarmi.
Non hai idea di come si esprimevano i comunisti
normalisti nei confronti della Germania negli anni ’80: era il mondo
ideale della grande industria contrapposto alla feccia della piccola e
media industria, come tu ben sai e spieghi).
(per inciso: io adoro Wagner. Nessuno meglio di lui ha espresso il senso di sconforto per il tradimento intellettuale che i miei maestri hanno perpetrato: Wohin ist Tugend nun entflohn? Ora mi credi, Andrea? E me lo studio anche, cosa che getta Rockapasso nello sconforto: dopo due ore di Tristano al pianoforte, quasi quasi mi chiede di suonarle un altro suo autore spreferito, Sweelinck. È proprio vero che la felicità è assenza di dolore, e il cromatismo è dolore: lo sapeva Sweelinck, lo sapeva Bach, lo sapeva Mozart, lo sapeva Chopin... Vedete cos'è l'Europa? Ad esempio, è essere tutti un po' diatonici dentro. Uno come il Clark Kent dei poveri che gira per gli studi televisivi in questo momento, uno che non distingue un clarinetto da un contrabbasso, non potrà mai essere europeo, potrà al più essere europeista...)
Da un altro lettore
Professore, ho appena finito il suo ultimo libro e volevo dirle grazie. Lo so, ci ho messo un intero mese a leggerlo, ma non essendo particolarmente sveglio ho dovuto meditare parola per parola, in pratica ho dovuto «studiare» e non semplicemente leggere. Ma quello che volevo dirle, per giustificare il grazie che le ho rivolto, è che sono riuscito a superare le mie limitazioni ideologiche e diventare più consapevole del mondo che mi circonda e delle sue dinamiche (non solo economiche). Io divido il modo di pensare della gente in due grandi categorie: menti analitiche e menti sintetiche (concetto preso dal libro “lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta”). Io ho una mente sintetica, riesco a vedere, alla fine di un processo di conoscenza, l'intero. Da qui, se mi va bene, riesco a scendere ai vari particolari e ai dettagli che costruiscono il tutto. Ma conoscendo bene il mio modo di pensare, capisco che sono più fortunati quelli che hanno il pensiero analitico, cioè dai piccoli particolari che vedono ogni giorno nella loro vita, riuscire ad arrivare ad una comprensione generale e articolata. Io quasi mai riesco a far questo. Di lezioni particolari nella mia vite ne ho avute tante, e anche tanti maestri. Sono stato sindacalista CGIL e poi dei CUB, ho fatto lotte di sinistra giovanili nella FGCI, ho approfondito le tematiche del potere e delle sue manifestazioni, sono approdato a pensieri anarchici (anche se non ho mai trovato un modo teorico di metterle in pratica), sono antireligioso (non semplicemente ateo), sono pacifista e obiettore di coscienza, antirazzista e, infine, mi sono fatto un'idea del neoliberismo grazie al libro “shock economy”. Ma tutti questi dettagli non sono mai riuscito a tradurli in un unico schema generale. I suoi due libri mi hanno aiutato molto a crearmi questa grande idea che trovo ora, assai convincente. Il primo libro “il tramonto dell'euro” mi ha aperto la mente, ma l'ho trovato troppo ostico e pesante perché, io credo, è adatto a menti analitiche. Ma questo secondo libro sembra calibrato proprio sul mio modo di pensare. Adesso in una discussione non mi limito più a riportare a memoria slogan (giusti e convincenti, spero) che però non ho compreso a fondo. Adesso ho una comprensione sufficiente (appena sufficiente) a trovare modi e parole mie per esprimere questi concetti. Per me, ex intellettualoide di sinistra con la mente sintetica, è un passo importante. Per questo ho aperto la mail con un “grazie!”. Grazie pur sapendo che lei preferisce le critiche, anche dure, alle frasi compiacimenti e serviliste ( e peggio ancora per i travisamenti). Ma il mio non è solo un grazie di riconoscenza di un allievo verso il maestro; è soprattutto un dialogo; è l'inizio (per me) di una discussione e di una pratica; è tornare ad avere idee ottimistiche e non solo nichiliste. Grazie, professore.
A un imprenditore
Gentile dottore,
la ringrazio per le sue cortesi parole e mi scuso per il ritardo col quale le rispondo.
Intanto, per restare sul punto economico, le segnalo che nel frattempo un mio lettore mi ha mostrato che Simon Wren-Lewis di Oxford condivide l'analisi che ho esposto (http://mainlymacro.blogspot.it/2015/01/when-central-bank-losses-matter.html), e che peraltro mi era stata suggerita da Claudio Borghi Aquilini. Il QE è ovviamente un regalo fatto alle banche: i soldi vanno dove ce n'è più bisogno, e quindi non al Sud, ma al Nord, dove le banche sono molto più marce (anche se grazie all'Unione Bancaria la Germania ha messo tonnellate di povere sotto il tappeto, escludendo dal monitoraggio gli istituti a maggior rischio, come tutti sanno). Naturalmente si torna sempre al punto focale dalla mia analisi: la necessità di sbarazzarsi del dogma antidemocratico dell'indipendenza della Banca centrale. Wren-Lewis ha il coraggio di suggerirlo, non quello di dirlo, ma lui sta a Oxford, io a Pescara, quindi lui ha più da perdere di me!
Quindi anche quello che ho detto a Omnibus è assolutamente "mainstream" e a tutti noto, come tutto quello che vado dicendo da cinque anni a questa parte (un esempio di cosa dicevo nel 2010: http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Se-cade-anche-il-muro-dell-euro-4411).
Ciò pone il problema politico del perché si sia deliberatamente imboccata una strada sbagliata. A questo problema ho dedicato il mio ultimo libro, che spero mi permetterà di inviarle. Dopo averlo letto credo le sarà più chiaro che i termini del problema sono più gravi di quelli già gravissimi che lei descrive. Quello che è a rischio non sono solo le nostre imprese, ma la nostra democrazia e la nostra vita (nel senso più ovvio del termine, quello di vita biologica). Le dinamiche in atto oggi, in termini di economia, di strategie dei media, di evoluzione sociale, sono esattamente quelle che hanno preceduto l'ultima guerra civile europea (la cosiddetta Seconda guerra mondiale): lo sto studiando con storici dell'economia e dei media, e non sono affatto tranquillo. Non sto dicendo che si arriverà necessariamente a un conflitto guerreggiato, ma se lei segue i fatti saprà che Jugoslavia ieri e Ucraina oggi sono il risultato di un certo modo di impostare i rapporti economici e politici. E naturalmente nessuno si aspettava né le stragi in Jugoslavia, né quelle in Ucraina, delle quali per ora nessuno sa niente (ma io ho amici anche lì).
Dopo aver letto il mio libro, se riterrà condivisibile l'analisi e soprattutto la prospettiva di politica economica che in esso espongo, starà a lei decidere se e quanto sostenere l'associazione a/simmetrie (http://www.asimmetrie.org/), che è lo strumento grazie al quale sono in grado di portare avanti la mia opera di divulgazione e ricerca scientifica ad alto livello e con qualificata visibilità mediatica.
I complimenti mi fanno naturalmente piacere, ma a me servono, banalmente, soldi, perché la schiavitù è gratis, ma la libertà è cara, come dice il nostro padre Dante. Se riesco a risponderle è perché in questo momento un collaboratore dell'associazione guida la macchina. Se riesco ad andare in trasmissione è perché una collaboratrice dell'associazione tiene i contatti con le redazioni. Se riesco a fare ricerca di eccellenza come quella che le allego (un articolo sulle conseguenze della svalutazione sul costo dei carburanti pubblicato sulla più importante rivista scientifica mondiale del settore: incomprensibile per i profani, ma testimonianza del livello al quale opero), è perché grazie alla mia associazione ho potuto assumere un ricercatore di valore.
a/simmetrie è l'unico centro studi indipendente in Italia, ed è l'unico ad unire elevato profilo scientifico (al nostro prossimo seminario parteciperà Lars Feld, consigliere economico della Merkel e economista nel top 5% mondiale), a efficacia mediatica (i miei libri si vendono a migliaia di copie nonostante parlino di economia, il mio blog è il primo blog di economia in Italia). Io sono l'unico economista italiano che difende la piccola e media impresa, e sto portando su queste posizioni tutti i partiti, PD incluso.
Gli imprenditori italiani si dividono in due categorie: quelli sterminati dalla crisi, e quindi totalmente inebetiti dallo shock, i quali non contribuiscono al mio progetto perché sono ormai privi di risorse e perché la prostrazione psichica causata dal veder andare in fumo il lavoro di una vita li rende incapaci di prendere iniziative strategiche; poi ci sono quelli che la crisi non ha ancora toccato, e che quindi pensano di essere molto migliori di quelli che sono falliti, si crogiolano nell'idea che a loro non toccherà mai, e quindi non contribuiscono al mio progetto perché lo ritengono inutile.
Fermo restando che io le auguro ogni bene, a lei e alla sua impresa, e che lei certamente non ricade nella prima categoria, le suggerisco di riflettere sul fatto che questa crisi, in quanto crisi non solo economica ma soprattutto di modello politico (come le sarà spero più chiaro dopo aver letto il mio libro) ci sta già colpendo comunque tutti.
Le sarò grato per qualsiasi suggerimento su come coinvolgere gli imprenditori (cominciando da lei) nel salvataggio della piccola e media impresa italiana, salvataggio che necessariamente passa da una corretta informazione e dalla proposta di un'articolata piattaforma politica come quella dettagliata in L'Italia può farcela.
(...oltre a tutto quello che vedete, c'è anche questo, e molto altro ancora. Voi credete che l'imprenditore risponderà? Io credo di no. I complimenti sono gratis, come la schiavitù. E dove non c'è guadagno, la remissione è certa. Come la morte, d'altronde...)
(...prima dell'ultimo concerto c'era stata una messa. Il tempo per accordare era pochissimo. Finita la prova, col pubblico già in sala, mi attardo ad accordare. Stranamente, c'era silenzio. Questa cosa non era normale: non succede mai. Alzo il capo, e vedo che dal microfono, dietro la balaustra, un vescovo mi guarda compiacente, abbottonato in rosso. Capisco che voleva parlare, mi scuso, lascio il cembalo, e me ne vado in sacrestia. Cominciavamo in quattro con la Sonnerie di Marais, che avevamo provato solo due volte. Un pezzo semplice, quindi difficile. Ma che meraviglia suonare con persone brave! Entriamo, respiro, attacco, e me ne stavo lì sereno, come fossi nel salotto di casa, invece che davanti a un centinaio di persone, e tutte gens de qualité. Eravamo quattro persone che si son viste forse sei volte (di cui due per questo concerto), ed eravamo liberi, della libertà vera, la libertà di esprimersi, la libertà dal bisogno, quella di Machiavelli: "non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte". Poi arrivano gli altri e si continua. Alla fine, incontro il prelato, e: "Je m'excuse, je n'avais pas saisi que vous étiez là". E lui: "L'accordature est plus importante. J'adore le clavecin, et on voyait que vous l'adorez aussi". E io: "Merci. Il faut que cela se voie". Perché quello della musica è un lavoro un po' strano. Devi provare emozioni, per trasmetterle, ma devi controllarle, per non fare errori. Insomma, è il lavoro che sto facendo qui. I colleghi non è che non siano bravi. È solo che sono un tantinello anaffettivi - quando non sono sociopatici come Monti. Solo per dire che se a leggerli vi rompete i coglioni, la colpa non è vostra...)