venerdì 30 gennaio 2015

Lettere

(...godo molto nel pubblicarle, perché so che questo fa schiumare di livore i mediocri...)

Da un lettore
Ritengo che effettivamente ci siano poteri economici dominanti che dopo la scomparsa del comunismo - che era la loro paura - hanno ripreso i vecchi vizi: sono antidemocratici, pongono l'accumulazione capitalista al vertice della loro scala dei valori sociali, e [..] ci riescono sfruttando l'ignoranza del popolo su materie difficili e delicate; lo terrorizzano. Stiamo attraversando la fase del terrore.
 
Professore, innanzitutto sbrodolo un pochetto ringraziandola per il lavoro che sta facendo. Seguo il blog da un po' di tempo e questo mi fa guardare la politica in una nuova prospettiva. È come aver tolto un paio di occhiali con le lenti deformanti: d'un colpo tutto è diverso, ed è anche disorientante. L'economia non è intuitiva... O forse non ci hanno insegnato le basi per "intuirla". Spesso va addirittura contro una sorta di "logica apparente": perché un paese con un enorme surplus (si dice così?) è dannoso per i propri partner? Se ha tutti questi crediti evidentemente è bravo, no?!?
È per aver svelato queste "sottigliezze" che si merita la mia eterna riconoscenza. 

Ora cerco di rientrare in argomento: proprio oggi ho letto questa citazione, che lei fa nel suo libro. Sarà stato forse il caso, o forse perché quando ti spiegano il trucco poi sai riconoscerlo quando lo incontri, ma oggi sono rimasto scioccato almeno un paio di volte. 
La prima è stata discutendo con la ragazza che sta al bar: scherzava sul fatto che se le dovesse prendere l'influenza non potrebbe mettersi in malattia visto la carenza di personale. Carenza dovuta, a suo dire, alla mancanza di voglia e serietà delle persone che non vogliono fare quegli orari. 'Ste ragazze lavorano 8-10 ore al giorno per 6 giorni a settimana. Il turno la mattina inizia alle 5. La sera finisce alle 22-23. Quando faccio notare che forse 800 euro al mese (perché questo è il loro stipendio!) non sono adeguati al carico di lavoro che viene svolto, la barista ha aggredito me, me!, dicendo che se lei può fare questi orari con questi soldi, allora non vede perché gli altri se ne debbano lamentare. Sono semplicemente svogliati. 

La seconda cosa è che siamo stati promossi: io e un gruppo di colleghi abbiamo avuto un grado superiore che "impone conseguentemente un suo maggiore impegno di collaborazione nell'attività di sevizio e di sobria (cazzo, anche qui la sobrietà!) sollecitazione al rispetto delle regole che disciplinano l'attività di vigilanza nei confronti dei colleghi a lei subordinati". 
Naturalmente "il grado che le è stato conferito, a valere solo a titolo gerarchico e onorifico" (Cito testualmente, e onestamente non capisco nemmeno se sono errori grammaticali o sono io che non riesco a mettere a fuoco per la rabbia che ho).
Non solo ci impongono "maggiore impegno", non solo ci spingono alla delazione... Ma pure a costo zero. 
Finita qui? No! 
Perché come la ragazza del bar che difendeva la sua situazione, evidentemente considerandola equa e giusta, allo stesso modo alcuni miei colleghi ritengono giusta questa situazione. 
La giustificano col fatto che l'azienda è in crisi, col fatto che l'azienda ti riconosce un qualcosa in più rispetto ad altri, col fatto che l'azienda non è obbligata a darti niente per contratto.
Almeno i kapò avevano un tozzo di pane in più e se non ricordo male un alloggio un pochino migliore. Ma potrei dire una bestialità. 

Mi si è chiuso lo stomaco per la rabbia dovuta al modo in cui i datori ci trattano e per la mancanza di stima che i colleghi hanno in loro stessi. Perché nel "macro" le elitee, sfruttando l'ignoranza del popolo, ci terrorizzano... La Cina, il petrolio, siamo importatori di tutto, la terza guerra mondiale; ma nel "micro" l'ignoranza viene sfruttata per farti credere che tu non vali un cazzo e come tale devi ringraziarmi e stare zitto perché ho scelto te, proprio te, da assumere; ti ho dato un lavoro e ti lamenti pure, stronzo?

Perché questo atteggiamento non è mica l'unico che viene messo in atto: pagamento con molto ritardo degli stipendi, mancato riconoscimento delle qualifiche, totale mancanza di organizzazione che ci obbliga a essere a disposizione in qualsiasi momento... Insomma, un Jobs Act di fatto e ante litteram. E tutti zitti e muti. 

Siamo vittime della sindrome di Stoccolma 2.0: amiamo i nostri carcerieri, li giustifichiamo, li aiutiamo ad arricchirsi e, in fondo in fondo, vorremmo essere al loro posto. 

Se è arrivato fin qui, Caro Professore, la ringrazio; e se vorrà continuare, potrà leggere la risposta che potrei darle se io fossi un suo allievo e se mi chiedesse, in sede di esame, cosa è il mercato e cosa implica. 

Diciamo che c'è un piccolo aeroporto, e che questo aeroporto è più o meno centrale in quella regione.
Col tempo diventa sempre più importante: da qualche aereo al giorno arriva a una quindicina di voli. Nel periodo estivo triplicano quasi. 
All'inizio la maggior parte degli aerei sono della nostra ex compagnia di bandiera; col tempo arriva anche Ryanair. 
Poi Alitalia inizia a "essere salvata" e di conseguenza licenzia personale e taglia rotte. Ryanair, forte di questo e dei suoi prezzi assolutamente concorrenziali, aumenta le rotte. I passeggeri sono contenti per il prezzo, i lavoratori sono contenti perché si lavora di più, i politi/dirigenti vanno in brodo di giuggiole.
Il sogno! La crescita! L'orgoglio di un aeroporto che è diventato importante. 
In un giorno normale di inverno, ci sono circa 7-9 Alitalia e 8-10 Ryanair.
Solo che poi i passeggeri iniziano a scoprire che se sbagli qualcosa  ti costa più di "tasse" che di biglietto, che se c'è ritardo o si rompe l'aereo puoi anche aspettare 12 ore mentre con Alitalia ti riproteggono su altri voli o mandano un aereo sostitutivo; i laboratori scoprono che il salario è di nemmeno 1000 euro (e grazie che ti puoi permettere quel prezzo per i biglietti); i politici scoprono che Ryanair è un tiranno, che non fa l'interesse del cittadino ma quello degli azionisti e quindi per restare vuole soldi... Perché sono aiuti di stato se il governo dà soldi ad Alitalia per mantenere l'occupazione ma sono incentivi giusti se li dà il singolo aeroporto, magari sotto forma di sconti, a Ryanair per non tagliare le tratte che secondo lei non sono abbastanza remunerative (o almeno così si dice...). Incentivi che devi dare perché ti sei guardato attorno e ti sei accorto che non esiste più una Banca Centrale che possa fanculizzare i mercati se gli chiedono un tasso troppo alto per rifinanziare il debito e non esiste più una Compagniadibandiera Centrale che possa far abbassare la cresta alla multinazionale irlandese minacciandola di fregarsene delle sue minacce. E allora scopri che questa compagnia è così potente da poter decidere di accettare solo il documento che vuole più le aggrada e se lo Stato si lamenta, minaccia che toglie tutti i voli che ha sul territorio italiano. E le conseguenze sarebbero ovvie. E altrettanto ovvie sono le risposte: ma si, dai... Dai da lavoro a così tante persone, fai come ti pare. 
La cosa brutta è che sono costretto a volare pure io con Ryanair, nonostante tutto. Purtroppo è conveniente. E i miei dubbi morali devo metterli da parte perché non me lo posso permettere di scegliere quello che è italiano fino a quando quello che è straniero (anche se qualitativamente scarso) costa meno: il mio reddito complessivo (complessivo con mia moglie) ha subito una svalutazione competitiva: da 2600 5 anni fa (quando ho comprato casa) a circa 1500/1600 ora... Con una 
tendenza "deflazionistica" a breve.  

Grazie per aver letto lo sfogo... O comunque grazie in generale perché almeno mi sono sfogato. 
Continui così.

A un amico
(commentando le vignette di Floh che avete visto in un post precedente...)

Come ben sai, la satira precede la storia (vedi allegati). Mi ricordo di quando nel 2001 la striscia Zits su Linus (l'adolescente disfunzionale, tipo er Palla, non so se lo ricordi) enunciava chiarissimissimamente la genesi della bolla creditizia. Nel 2001. Non aggiungo altro, se non che quando dico che sono terrorizzato non scherzo. Sono in contatto con una storica dell'antisemitismo che mi parla delle dinamiche dell'informazione mainstream prima dell'Olocausto. Sono ovviamente quelle attuali e quindi sono terrorizzato (ma mantengo il controllo). S. e A. sono ottime persone, sicuramente più preparate di me su tante cose, e io sono sicuramente un violento e un settario. Tuttavia è un dato di fatto che abbiamo a che fare con persone (i nostri fratelli germanici, ai quali sai quanto io sia legato emotivamente e culturalmente) che passano dallo stato "Erbarme dich" allo stato "Cavalcata delle Valchirie" con quello che in teoria del controllo si chiama "controllo bang-bang" (quello della caldaia). Ottimo per i sistemi lineari. In un sistema non lineare come la SStoria questa cosa fa ogni tanto qualche milione di morti. L'ultimo switch allo stato "Valchirie" è stato l'entrata nell'euro. Questo è il referto unanime di tutti quelli che conosco a Bruxelles, incluse persone "de passaggio" come Jean-Paul Gauzès. Non dimentichiamoci che i tedeschi ora devono far pagare a noi l'umiliazione di essere stati loro i responsabili della più grave, o comunque più nota, strage nella storia dell'umanità. Questa vergogna li ha tenuti buoni fino alla metà degli anni '90. Poi ha prevalso Wagner su Bach. Per riportarli allo stato Bach sappiamo quale sia il prezzo da pagare, e in Ucraina si stanno portando avanti col lavoro. Lo dico con grande compassione per il proletariato tedesco (Wessis inclusi).

Dire "io l'avevo detto" è uno sport appassionante, ma stavo meglio quando potevo dedicarmi alla vela.

Un abbraccio, nella speranza che tu possa indicarmi uno spiraglio di luce.

(dopo aver scritto questa lettera, ho visto il commento su Isaiah Berlin, e qualcuno - vedi sotto - mi ha ricordato la frase di qualcun altro che diceva "i tedeschi non perdoneranno mai agli ebrei l'Olocausto". Frase che non comprendi fino a che non parli con chi lavora a Bruxelles. So che può sembrare paradossale, ma ciò che rende pericolosi i nostri fratelli tedeschi non è il loro complesso di superiorità, ma la sua matrice, che è un complesso di inferiorità. Chi vive in Svizzera e osserva il rapporto fra Est e Ovest probabilmente mi capisce. È per questo che dobbiamo amarli con forza...)

Da un amico

Caro Alberto,
è tutto vero, ma io posso soltanto restituirti l’abbraccio. Di luce proprio non ne vedo. Casino sì, parecchio.

Da un altro amico
Caro Alberto,

tu non sei né violento né settario, sei semplicemente attento alla realtà, prendi in esame la realtà nella sua interezza. Non era Hegel che diceva: “Das Wahre ist das Ganze”? Ecco: il vero è l’intero. E l’intero, nel nostro caso, significa attenzione a tutto ciò che viene fatto, ma anche, e soprattutto, detto in questa fase tragica della nostra vita. E a tutto quello che è stato fatto e detto in passato.  In una prima redazione avevo scritto un profluvio di cose con considerazioni di ogni genere, che poi ho deciso di tagliare di netto; meglio la sobrietà tra persone che si capiscono. Non siamo noi ossessionati, sono loro incoscienti, compresi i marxisti-normalisti allevati nel culto sconsiderato della Germania. Siamo in pieno anni ’30 e ci aspettano tempi durissimi. E’ storia, storia della cultura, degli usi e costumi, delle persistenze storiche, sai quelle delle Annales?, ma la gente non lo capisce. C’è già in giro un razzismo molle spaventoso e un antisemitismo in pelle in pelle raccapricciante. Basta vedere che cosa scrivono i giornali popolari tedeschi, basta sentire i commenti della gente comune, che sono la vera spia di un clima culturale. E basta leggere le scemenze che hanno detto e scritto autorevoli germanisti come Gianenrico Rusconi e Angelo Bolaffi. Vedere e sentire Paolo Mieli è sgomentevole: da quando in qua gli ebrei collaborano così felicemente con i Nazi? In fondo abbiamo distrutto una volta di più la ragione: emettiamo giudizi che non si basano sull’analisi dei fatti, ma sulle inclinazioni e le qualità dei popoli. Roba pazzesca. Persino un eurista a 24 carati come Cacciari sa, e afferma, che nella tradizione tedesca c’è una pericolosa tendenza all’egemonia, diciamo meglio, al dominio senza mezzi termini. In un secolo hanno aggredito tre volte l’Europa, naturalmente con l’aiuto di molti altri poi vittime, ma hanno sfruttato magnificamente l’occasione della globalizzazione, che per loro è un autentico lavacro culturale e politico, da cui riescono a emergere nuovamente vergini. Ma io, come te e qualche altro, sono convinto che è cecità, che è ignoranza. E tornerà fuori, in forma nuova, la questione ebraica, che già preme alle porte francesi. Uno psichiatra ebreo, non ricordo più il nome, una volta disse una cosa fulminante: “I tedeschi non potranno mai perdonare Auschwitz agli ebrei”. Siamo esattamente in questo contesto psicologico e culturale. E anche in quel luogo benedetto, che è il tuo blog, avrai notato che le tue considerazioni hanno scatenato alcune, poche per fortuna, reazioni scomposte, culturalmente e storicamente ridicole, potenzialmente criminali. Sono solo l’antipasto.
Dissento da te solo musicalmente. Io adoro Wagner, anche se non mi sfugge che uomo abietto fosse. Ma è stato un sublime musicista. E’ il dramma dell’arte come sai, e Proust ci ha insegnato a distinguere l’uomo dall’artista, e Boulez ci ha spiegato che spesso in Wagner il testo è reazionario e la musica progressiva. In realtà credo che Bach e Wagner siano due facce della stessa medaglia, che non si possa separare l’uno dall’altro (non dimenticare il testo disgustoso di cantate pasquali basate su quell’energumeno che era Lutero; che Dio ci preservi dal protestantesimo); anche nel caso artistico di tratta di un intero che non si può dividere a piacere. Sta a noi prendere ciò che è sublime facendo passare in seconda linea il limaccioso, cioè senza fermarsi agli aspetti aneddotici, cioè di contesto storico, di un artista. Ma può darsi che mi sbagli e che pecchi di eccesiva indulgenza; nel caso puoi rimproverarmi.
Non hai idea di come si esprimevano i comunisti normalisti nei confronti della Germania negli anni ’80: era il mondo ideale della grande industria contrapposto alla feccia della piccola e media industria, come tu ben sai e spieghi).

(per inciso: io adoro Wagner. Nessuno meglio di lui ha espresso il senso di sconforto per il tradimento intellettuale che i miei maestri hanno perpetrato: Wohin ist Tugend nun entflohn? Ora mi credi, Andrea? E me lo studio anche, cosa che getta Rockapasso nello sconforto: dopo due ore di Tristano al pianoforte, quasi quasi mi chiede di suonarle un altro suo autore spreferito, Sweelinck. È proprio vero che la felicità è assenza di dolore, e il cromatismo è dolore: lo sapeva Sweelinck, lo sapeva Bach, lo sapeva Mozart, lo sapeva Chopin... Vedete cos'è l'Europa? Ad esempio, è essere tutti un po' diatonici dentro. Uno come il Clark Kent dei poveri che gira per gli studi televisivi in questo momento, uno che non distingue un clarinetto da un contrabbasso, non potrà mai essere europeo, potrà al più essere europeista...)

Da un altro lettore
Professore, ho appena finito il suo ultimo libro e volevo dirle grazie.
Lo so, ci ho messo un intero mese a leggerlo, ma non essendo particolarmente sveglio ho dovuto meditare parola per parola, in pratica ho dovuto «studiare» e non semplicemente leggere. Ma quello che volevo dirle, per giustificare il grazie che le ho rivolto, è che sono riuscito a superare le mie limitazioni ideologiche e diventare più consapevole del mondo che mi circonda e delle sue dinamiche (non solo economiche).
Io divido il modo di pensare della gente in due grandi categorie: menti analitiche e menti sintetiche (concetto preso dal libro “lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta”). Io ho una mente sintetica, riesco a vedere, alla fine di un processo di conoscenza, l'intero. Da qui, se mi va bene, riesco a scendere ai vari particolari e ai dettagli che costruiscono il tutto. Ma conoscendo bene il mio modo di pensare, capisco che sono più fortunati quelli che hanno il pensiero analitico, cioè dai piccoli particolari che vedono ogni giorno nella loro vita, riuscire ad arrivare ad una comprensione generale e articolata. Io quasi mai riesco a far questo.
Di lezioni particolari nella mia vite ne ho avute tante, e anche tanti maestri. Sono stato sindacalista CGIL e poi dei CUB, ho fatto lotte di sinistra giovanili nella FGCI, ho approfondito le tematiche del potere e delle sue manifestazioni, sono approdato a pensieri anarchici (anche se non ho mai trovato un modo teorico di metterle in pratica), sono antireligioso (non semplicemente ateo), sono pacifista e obiettore di coscienza, antirazzista e, infine, mi sono fatto un'idea del neoliberismo grazie al libro “shock economy”. Ma tutti questi dettagli non sono mai riuscito a tradurli in un unico schema generale. I suoi due libri mi hanno aiutato molto a crearmi questa grande idea che trovo ora, assai convincente. Il primo libro “il tramonto dell'euro” mi ha aperto la mente, ma l'ho trovato troppo ostico e pesante perché, io credo, è adatto a menti analitiche. Ma questo secondo libro sembra calibrato proprio sul mio modo di pensare. Adesso in una discussione non mi limito più a riportare a memoria slogan (giusti e convincenti, spero) che però non ho compreso a fondo. Adesso ho una comprensione sufficiente (appena sufficiente) a trovare modi e parole mie per esprimere questi concetti. Per me, ex intellettualoide di sinistra con la mente sintetica, è un passo importante.
Per questo ho aperto la mail con un “grazie!”. Grazie pur sapendo che lei preferisce le critiche, anche dure, alle frasi compiacimenti e serviliste ( e peggio ancora per i travisamenti). Ma il mio non è solo un grazie di riconoscenza di un allievo verso il maestro; è soprattutto un dialogo; è l'inizio (per me) di una discussione e di una pratica; è tornare ad avere idee ottimistiche e non solo nichiliste.
Grazie, professore.

A un imprenditore
Gentile dottore,

la ringrazio per le sue cortesi parole e mi scuso per il ritardo col quale le rispondo.

Intanto, per restare sul punto economico, le segnalo che nel frattempo un mio lettore mi ha mostrato che Simon Wren-Lewis di Oxford condivide l'analisi che ho esposto (http://mainlymacro.blogspot.it/2015/01/when-central-bank-losses-matter.html), e che peraltro mi era stata suggerita da Claudio Borghi Aquilini. Il QE è ovviamente un regalo fatto alle banche: i soldi vanno dove ce n'è più bisogno, e quindi non al Sud, ma al Nord, dove le banche sono molto più marce (anche se grazie all'Unione Bancaria la Germania ha messo tonnellate di povere sotto il tappeto, escludendo dal monitoraggio gli istituti a maggior rischio, come tutti sanno). Naturalmente si torna sempre al punto focale dalla mia analisi: la necessità di sbarazzarsi del dogma antidemocratico dell'indipendenza della Banca centrale. Wren-Lewis ha il coraggio di suggerirlo, non quello di dirlo, ma lui sta a Oxford, io a Pescara, quindi lui ha più da perdere di me!

Quindi anche quello che ho detto a Omnibus è assolutamente "mainstream" e a tutti noto, come tutto quello che vado dicendo da cinque anni a questa parte (un esempio di cosa dicevo nel 2010: http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Se-cade-anche-il-muro-dell-euro-4411).

Ciò pone il problema politico del perché si sia deliberatamente imboccata una strada sbagliata. A questo problema ho dedicato il mio ultimo libro, che spero mi permetterà di inviarle. Dopo averlo letto credo le sarà più chiaro che i termini del problema sono più gravi di quelli già gravissimi che lei descrive. Quello che è a rischio non sono solo le nostre imprese, ma la nostra democrazia e la nostra vita (nel senso più ovvio del termine, quello di vita biologica). Le dinamiche in atto oggi, in termini di economia, di strategie dei media, di evoluzione sociale, sono esattamente quelle che hanno preceduto l'ultima guerra civile europea (la cosiddetta Seconda guerra mondiale): lo sto studiando con storici dell'economia e dei media, e non sono affatto tranquillo. Non sto dicendo che si arriverà necessariamente a un conflitto guerreggiato, ma se lei segue i fatti saprà che Jugoslavia ieri e Ucraina oggi sono il risultato di un certo modo di impostare i rapporti economici e politici. E naturalmente nessuno si aspettava né le stragi in Jugoslavia, né quelle in Ucraina, delle quali per ora nessuno sa niente (ma io ho amici anche lì).

Dopo aver letto il mio libro, se riterrà condivisibile l'analisi e soprattutto la prospettiva di politica economica che in esso espongo, starà a lei decidere se e quanto sostenere l'associazione a/simmetrie (http://www.asimmetrie.org/), che è lo strumento grazie al quale sono in grado di portare avanti la mia opera di divulgazione e ricerca scientifica ad alto livello e con qualificata visibilità mediatica.

I complimenti mi fanno naturalmente piacere, ma a me servono, banalmente, soldi, perché la schiavitù è gratis, ma la libertà è cara, come dice il nostro padre Dante. Se riesco a risponderle è perché in questo momento un collaboratore dell'associazione guida la macchina. Se riesco ad andare in trasmissione è perché una collaboratrice dell'associazione tiene i contatti con le redazioni. Se riesco a fare ricerca di eccellenza come quella che le allego (un articolo sulle conseguenze della svalutazione sul costo dei carburanti pubblicato sulla più importante rivista scientifica mondiale del settore: incomprensibile per i profani, ma testimonianza del livello al quale opero), è perché grazie alla mia associazione ho potuto assumere un ricercatore di valore.

a/simmetrie è l'unico centro studi indipendente in Italia, ed è l'unico ad unire elevato profilo scientifico (al nostro prossimo seminario parteciperà Lars Feld, consigliere economico della Merkel e economista nel top 5% mondiale), a efficacia mediatica (i miei libri si vendono a migliaia di copie nonostante parlino di economia, il mio blog è il primo blog di economia in Italia). Io sono l'unico economista italiano che difende la piccola e media impresa, e sto portando su queste posizioni tutti i partiti, PD incluso.

Gli imprenditori italiani si dividono in due categorie: quelli sterminati dalla crisi, e quindi totalmente inebetiti dallo shock, i quali non contribuiscono al mio progetto perché sono ormai privi di risorse e perché la prostrazione psichica causata dal veder andare in fumo il lavoro di una vita li rende incapaci di prendere iniziative strategiche; poi ci sono quelli che la crisi non ha ancora toccato, e che quindi pensano di essere molto migliori di quelli che sono falliti, si crogiolano nell'idea che a loro non toccherà mai, e quindi non contribuiscono al mio progetto perché lo ritengono inutile.

Fermo restando che io le auguro ogni bene, a lei e alla sua impresa, e che lei certamente non ricade nella prima categoria, le suggerisco di riflettere sul fatto che questa crisi, in quanto crisi non solo economica ma soprattutto di modello politico (come le sarà spero più chiaro dopo aver letto il mio libro) ci sta già colpendo comunque tutti.

Le sarò grato per qualsiasi suggerimento su come coinvolgere gli imprenditori (cominciando da lei) nel salvataggio della piccola e media impresa italiana, salvataggio che necessariamente passa da una corretta informazione e dalla proposta di un'articolata piattaforma politica come quella dettagliata in L'Italia può farcela.




(...oltre a tutto quello che vedete, c'è anche questo, e molto altro ancora. Voi credete che l'imprenditore risponderà? Io credo di no. I complimenti sono gratis, come la schiavitù. E dove non c'è guadagno, la remissione è certa. Come la morte, d'altronde...)


(...prima dell'ultimo concerto c'era stata una messa. Il tempo per accordare era pochissimo. Finita la prova, col pubblico già in sala, mi attardo ad accordare. Stranamente, c'era silenzio. Questa cosa non era normale: non succede mai. Alzo il capo, e vedo che dal microfono, dietro la balaustra, un vescovo mi guarda compiacente, abbottonato in rosso. Capisco che voleva parlare, mi scuso, lascio il cembalo, e me ne vado in sacrestia. Cominciavamo in quattro con la Sonnerie di Marais, che avevamo provato solo due volte. Un pezzo semplice, quindi difficile. Ma che meraviglia suonare con persone brave! Entriamo, respiro, attacco, e me ne stavo lì sereno, come fossi nel salotto di casa, invece che davanti a un centinaio di persone, e tutte gens de qualité. Eravamo quattro persone che si son viste forse sei volte (di cui due per questo concerto), ed eravamo liberi, della libertà vera, la libertà di esprimersi, la libertà dal bisogno, quella di Machiavelli: "non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte". Poi arrivano gli altri e si continua. Alla fine, incontro il prelato, e: "Je m'excuse, je n'avais pas saisi que vous étiez là". E lui: "L'accordature est plus importante. J'adore le clavecin, et on voyait que vous l'adorez aussi". E io: "Merci. Il faut que cela se voie". Perché quello della musica è un lavoro un po' strano. Devi provare emozioni, per trasmetterle, ma devi controllarle, per non fare errori. Insomma, è il lavoro che sto facendo qui. I colleghi non è che non siano bravi. È solo che sono un tantinello anaffettivi - quando non sono sociopatici come Monti. Solo per dire che se a leggerli vi rompete i coglioni, la colpa non è vostra...)

giovedì 29 gennaio 2015

Dal mio diario

Oggi ho incontrato, tanto per cambiare, la banalità del male. E mi si è anche presentata! "L'Italia ha un problema di TFP...", affermava, nel dibattito. Io urlavo: "Ma Dio santo, voi volete le riforme strutturali perché potete permettervi di aspettarle!" Un amico diceva: "Io ho chiesto a TPS: 'Ma scusa, vedi che la moneta unica non funziona?' e lui: 'Certo, lo so, ma l'Europa va avanti solo nelle crisi'". La banalità del male annuiva: "Eh, già, è così, proprio così". Io scleravo completamente: "Ma cazzo, lo capite o no, Cristo, che non ha senso chiedersi come salvare una cosa del genere? Lo capite che è immorale salvare una cosa costruita sul presupposto che per tenerla in vita le si sarebbero dovuti fare dei sacrifici umani!?" Niente. Come in quei sogni nei quali un tuo amico è in pericolo, urli per avvertirlo, ma non senti la tua voce, sei afono. Ma quei sogni terminano presto: sono incubi, e ti svegli! Questo sogno non terminava mai... Mi avviavo all'uscita, indossavo il giubbotto, e la banalità del male mi si avvicina: "Bagnai, senti, fammi una previsione. Io voglio vivere altri dieci anni: cosa succederà alla mia pensione?"

Uno di voi era lì, e sa che è tutto vero. Sa che io sono ovunque quello che sono qui con voi, perché se me ne fottevo di tutto quando avevo qualche speranza, figuratevi ora, che sono disperato!

Ma ai nostri nemici manca la saggezza di Kutuzov.

Leggetemi domani sul blog del Fatto Quotidiano...

mercoledì 28 gennaio 2015

Comunicazzione di servizzio

Scusate, forse ho dimenticato di dirvi che questa sera alle 20:30 la Cappella Ludovicea esegue Marais (Sonnerie), Mozart (Messa K49), Cavalli (Beatus vir), Bencini e Fauré (Requiem) per l'Ambasciata di Francia presso la S. Sede, a s. Luigi dei Francesi in Roma (dietro al Senato).

Il vostro guru sarà umile servo nella vigna del (basso) continuo.

Astenersi europeisti.

martedì 27 gennaio 2015

Germania e Grecia nel giorno della memoria

οὐ γὰρ ἐγὼ Τρώων ἕνεκ' ἤλυθον αἰχμητάων
δεῦρο μαχησόμενος, ἐπεὶ οὔ τί μοι αἴτιοί εἰσιν·
οὐ γὰρ πώποτ' ἐμὰς βοῦς ἤλασαν οὐδὲ μὲν ἵππους,
οὐδέ ποτ' ἐν Φθίῃ ἐριβώλακι βωτιανείρῃ        155
καρπὸν ἐδηλήσαντ', ἐπεὶ ἦ μάλα πολλὰ μεταξὺ
οὔρεά τε σκιόεντα θάλασσά τε ἠχήεσσα·
ἀλλὰ σοὶ ὦ μέγ' ἀναιδὲς ἅμ' ἑσπόμεθ' ὄφρα σὺ χαίρῃς,
τιμὴν ἀρνύμενοι Μενελάῳ σοί τε κυνῶπα
πρὸς Τρώων
Iliade, I, 152-160

Ἦ ῥα, καὶ Ἕκτορα δῖον ἀεικέα μήδετο ἔργα.
ἀμφοτέρων μετόπισθε ποδῶν τέτρηνε τένοντε
ἐς σφυρὸν ἐκ πτέρνης, βοέους δ' ἐξῆπτεν ἱμάντας,
ἐκ δίφροιο δ' ἔδησε, κάρη δ' ἕλκεσθαι ἔασεν·
ἐς δίφρον δ' ἀναβὰς ἀνά τε κλυτὰ τεύχε' ἀείρας
μάστιξέν ῥ' ἐλάαν, τὼ δ' οὐκ ἀέκοντε πετέσθην.        400
τοῦ δ' ἦν ἑλκομένοιο κονίσαλος, ἀμφὶ δὲ χαῖται
κυάνεαι πίτναντο, κάρη δ' ἅπαν ἐν κονίῃσι
κεῖτο πάρος χαρίεν· τότε δὲ Ζεὺς δυσμενέεσσι
δῶκεν ἀεικίσσασθαι ἑῇ ἐν πατρίδι γαίῃ.
Iliade, 22, 295-404

(Martinet o Nat saranno lieti di tradurre...)


Hallaron grandes poblaciones de gentes muy bien dispuestas, cuerdas, políticas y bien ordenadas. Hacían en ellos grandes matanzas (como suelen) para entrañar su miedo en los corazones de aquellas gentes. Afligíanlos y matábanlos con echarles cargas como a bestias. Cuando alguno cansaba o desmayaba, por no desensartar de la cadena donde los llevaban en colleras otros que estaban antes de aquél, cortábanle la cabeza por el pescuezo e caía el cuerpo a una parte y la cabeza a otra, como de otras partes arriba contamos.
Entrando en un pueblo donde los rescibieron con alegría e les dieron de comer hasta hartar e más de seiscientos indios para acémilas de sus cargas e servicio de sus caballos, salidos de los tiranos, vuelve un capitán deudo del tirano mayor a robar todo el pueblo estando seguros, e mató a lanzadas al señor rey de la tierra e hizo otras crueldades. En otro pueblo grande, porque les pareció que estaban un poco los vecinos dél más recatados por las infames y horribles obras que habían oído dellos, metieron a espada y lanza chicos y grandes, niños y viejos, súbditos y señores, que no perdonaron a nadie.


Bartolomé de Las Casas,  Brevísima relación de la destruición de las Indias, año 1552


Perchè li popoli in privato sieno ricchi, la ragione è questa, che vivono come poveri, non edificono, non vestono e non hanno masseri­tie in casa; e basta loro abundare di pane, di carne e avere una stufa dove refugire il fredo; e chi non ha dell’altre cose, fa sanza esse e non le cerca. Spendonsi in dosso 2 forini in 10 anni, e ogniuno vive secondo il grado suo ad questa proportione, e nessuno fa conto di quello li manca, ma di quello che ha di necessità, e le loro necessità sono assai minori che le nostre. Et per questi loro costumi ne resulta che non esce danari del paese loro, sendo contenti a quello che il loro paese produce. Et nel loro paese sempre entra ed è portato danari da chi vuole delle loro robe, lavorate manualmente: di che quasi condi­scono tutta la Italia. Et è tanto magiore il guadagno che fanno, quanto il forte che perviene loro nelle mani è delle facture e opere di mano, con poco capitale loro d’altre robe. Et così si godono questa loro roza vita e libertà: e per questa causa non vogliano ire alla guerra se non sono soprapagati; e questo anche non basterebbe loro, se non fussino comandati dalle loro communità. Et però bisogna a uno inperadore molti più danari che ad uno altro principe: perché, quanto meglio stanno li uomini, peggio volentieri escono alla guerra.

Nicolò Macchiavelli, Ritratto delle cose della Magna, 1512




Bene.

Rapido commento per chi non sa unire i puntini.

Questo è un blog europeo, il blog di un europeo che parla quattro lingue europee, che ha passato la mattinata a provare Marais e Cavalli, che lavora in un paio di paesi europei, insomma, di uno che quando parla di Europa ha una vaga (vaghissima) idea di ciò di cui sta parlando, un pochino più del pisciapenne o dell'intellettuale critico di regime mediano, quello che va a Helsinki a lamentarsi che la pasta è scotta, quello che se te lo trovi a pranzo in qualsiasi posto non sia la casa della sua riverita mamma ti fa perdere tre ore sottoponendo il cameriere a un terzo grado: "Cos'è? Com'è fatto?"...

Oggi, mi dicono, è la giornata della memoria.

Da quando ho aperto questo blog, per me ogni giorno è la giornata della memoria, perché ogni giorno convivo con una sensazione angosciosa, che molti di voi condividono con me, e me lo hanno esplicitamente detto (in pubblico o in privato): quella di cominciare a capire come si sia potuti arrivare all'inaudita esplosione di violenza che ci ricordiamo oggi, per meglio dimenticarla negli altri 364 o 365 giorni dell'anno.

Cerchiamo di spiegarci bene, perché l'argomento è delicato. Quello che ho cominciato a capire (e ovviamente non a giustificare, né a condividere) è attraverso quali meccanismi perversi la menzogna e l'ingiustizia partoriscano la violenza. Prima, quando mi guardavo indietro, e vedevo quei fatti storici così distanti, apparentemente, li vedevo come fatti di una umanità altra da me, diversa, superata, perché così mi era stato insegnato e perché così credevo che sarebbe stato. Non riuscivo cioè a capire come gli europei, persone "come noi", avessero potuto portare le armi gli uni contro gli altri, e arrivare addirittura a pianificare lo sterminio di un popolo (che ha toccato, se pure indirettamente, anche la mia famiglia, come credo quelle di praticamente tutti voi). Sì, la guerra c'era (il Vietnam, ad esempio), c'erano anche i genocidi (ho incontrato tanti ruandesi, ad esempio), ma era una cosa che comunque riguardava gli altri: pelle scura, occhi a mandorla,...

Vi prego, cercate voi di capirmi, mi ripeto: non sto dicendo solo che non condividevo (è ovvio) i massacri che hanno macchiato la nostra storia, che non li giustificavo (è ovvissimo!): sto dicendo che non li capivo proprio, come non capisco in base a quale logica le formiche costruiscano i loro formicai, o gli storni si aggreghino nei loro stormi, così elastici e imprevedibili. Queste violenze mi sembravano ancora possibili, forse, in persone che percepivo come culturalmente e in qualche modo anche storicamente molto distanti da me, perché in diverse fasi dello sviluppo economico e sociale, se pure cronologicamente contemporanee.

Ora invece capisco come sia potuto succedere, qui e a noi, e come potrebbe succedere nuovamente, e lo capisco perché lo vedo sotto i miei occhi: la cieca, pervicace volontà delle élite europee di proseguire sulla loro strada di esasperazione delle disuguaglianze e degli squilibri fra i nostri paesi, di ottusa e suicida difesa degli interessi particolari di pochi, e il supporto che a questa strategia autodistruttiva viene fornito da una stampa indegna, menzognera più per conformismo che per tornaconto, piaga purulenta sul corpo martoriato della nostra democrazia, mi fanno disperare che si possa trovare una soluzione democratica ai problemi nei quali siamo invischiati. La violenza, e una sospensione anche formale di quella democrazia che nei fatti è già fortemente coartata dal progetto europeo, mi si profilano all'orizzonte come uno sbocco difficilmente evitabile, che mi terrorizza, come credo terrorizzi chiunque abbia dei figli. I miei amici ucraini già mi capiscono. Voi ci metterete un po' di più, forse. I meccanismi in atto oggi sono esattamente quelli del 1929: è un tema che ho solo in parte sviluppato nell'ultimo libro, che necessiterebbe di una ricerca interdisciplinare, e che se ben esposto credo ci darebbe ulteriori motivi di preoccupazione. Sarebbe interessante andare oltre le dinamiche macroeconomiche, magari andarsi a leggere un po' di annate di giornali nell'ameno periodo fra il 1935 e il 1939. Molto interessante e certo molto istruttivo, e sono sicuro che qualcuno lo ha fatto, e che fra di voi qualcuno ne ha nozione.

Credo che le analogie ci atterrirebbero.

Ora, per tornare al triste tema del giorno, avete mai dato un'occhiata alla lista dei genocidi?

Si divide in due: prima e dopo il 1490. Convenzione storica, s'intende.

O no?

Dopo quattro anni passati a sentirmi dire "io non sono un economista ma...", permettetemi un piccolo "io non sono uno storico ma...".

Nella definizione di genocidio data da Gregory Stanton apprendo che il primo degli otto stadi di un genocidio è la divisione in "noi" e "loro". Non è un'enorme intuizione, ma senz'altro aiuta a mettere le cose in prospettiva. Ora, molto schematicamente, nelle relazioni economiche fra gruppi di uomini (li vogliamo chiamare nazioni? Popoli? Fate voi, non sono un esperto...) c'è un momento piuttosto preciso nel quale sorge il "noi contro loro", ed è quando qualcuno decide che gli altri sono il suo mercato di sbocco, i suoi clienti.

Intendiamoci: non sto dicendo che il barista sotto casa, o il ferramenta del mio libro, siano dei potenziali genocidi in quanto venditori di caffè o di trapani, ovviamente non è questo il problema. Sto dicendo una cosa diversa: che un approccio mercantilista alla politica (economica) fatalmente conduce a (e forse è originato da) una distinzione fra la razza eletta dei venditori, e quella inferiore degli acquirenti. Provate a leggere così la storia dell'Eurozona. E provate a leggere così la storia del mercantilismo europeo. Quanti genocidi sono stati commessi, da quando abbiamo cominciato ad andare in giro per il mondo a cercare mercati di sbocco, e, naturalmente, materie prime?

Molti.

Non ne parliamo per tanti motivi, ma non è che la memoria ne sia totalmente spersa: sopra ne trovate un esempio (si riferisce alla Florida, ma Las Casas è un florilegio di esempi simili, come sanno gli europei). I conquistadores, che a quel tempo si sentivano gli eletti, oggi sono i porci, i PIGS: sono cambiati i suonatori, certamente, ma quanto è cambiata la musica?

Mi rendo conto che questa frase susciterà un turbine di espertonismo. Qual è la frase che contraddistingue l'espertone in economia? "Oggi c'è la Ciiiiiiiiiiiiiiiiiiina!" È proprio dell'espertone applicare alla propria riverita cornea due belle foglie, belle spesse, magari due pale di fico d'India, onde andare più serenamente a sbattere contro l'albero. Tendo più che mai a diffidare metodologicamente di chi si oppone ad apprendere le lezioni del passato sulla base del fatto che "oggi c'è la Cina". Cortés non era Hitler, mi sembra sufficientemente ovvio. Eppure ancora oggi la gente in giro per il mondo muore in conseguenza di tre o quattro secoli di mercantilismo europeo, che hanno lasciato i loro segni sul mappamondo: avete presente quegli stati i cui confini son tirati col righello? Ecco, sto parlando proprio di questo: se ci fate caso, in sette casi su dieci lì la gente si sta ammazzando ancora oggi, e di quelli che c'erano molti non si ammazzano più perché non possono farlo, li abbiamo "eradicati" noi...

Cosa voglio dire con questo?

Una cosa molto semplice. Oggi Stiglitz ci ha ricordato che il problema non è la Grecia, è la Germania. Ma guarda, non ce ne eravamo accorti! Un amico (sareste sorpresi) mi ha segnalato questo suo intervento. Visto dall'ottica statunitense, mi rendo conto, sembrerà particolarmente pregnante. Ma non credo che a chi ha letto Machiavelli dica moltissimo: il problema è già esposto tutto lì. Il mercantilismo, quello che uno di voi definì "la politica del mangiare solo una patata per vendere le altre tre al mercato", è chiaramente descritto nella sua meccanica economica (l'accumulazione di capitale finanziario) e nella sua logica politica (la Wille zur Macht c'era già tutta, se non si chiudono gli occhi). Ho sintetizzato il concetto in questo tweet che si è rivelato quello che voleva essere: un efficace strumento di individuazione di forme di vita diversamente intelligenti. Storicamente il mercantilismo è fortemente correlato allo sterminio. Certo, non quello organizzato, banalmente malvagio, dei nazisti: forme più artigianali, diciamo così. Nessuno vuole fare paragoni azzardati, certo non io. Constato invece con grande amarezza che tutti continuano a classificare i morti secondo categorie calcistiche: serie A, serie B, serie C, e questa ovviamente è la strada maestra verso la ripetizione di esperienze sgradevoli...

Ma torniamo al punto.

Mi sembra di star dicendo una cosa non particolarmente astrusa (e, come al solito, non particolarmente originale): è incontestabile che chi imposta la propria politica economica secondo rapporti di forza, cioè non secondo reciprocità, imbocca una strada che fatalmente conduce alla violenza.

E questo tipo di approccio, lo sappiamo, non possiamo, non dobbiamo negarcelo, il popolo tedesco, che ci ha regalato tanto (per chi sa capirlo) lo ha interiorizzato e praticato da secoli (per chi sa capirlo). Non è l'unico a praticarlo al mondo, beninteso, ma che in Europa ne sia il più fervente seguace è cosa consegnata alla letteratura scientifica: Cesaratto e Stirati, ad esempio, ci hanno documentato come in Germania cinque secoli dopo Machiavelli la politica dei redditi fosse e sia indirizzata allo stesso stessissimo identico medesimo scopo: comprimere i salari (vivere come poveri) per espandere le esportazioni (accumulare "danari da chi vuole delle loro robe").

Ora, cercate di capire il mio sconcerto e il mio imbarazzo nel dirvi queste cose.

Io sono quello che per primo ha visto chiaramente come la via di fuga delle élite periferiche (qui in Italia, del partito di Repubblica), sarebbe stata quella di ricondurre il conflitto europeo fra capitale e lavoro (del quale l'euro è stato un elemento) a un: "tutta colpa della Germania se l'euro non ha funzionato"! Ve lo ricordate, e lo state vedendo, anche in questi giorni. I nuovi nazisti, gli europeisti, sono quelli che fomentano l'odio antitedesco pur di salvare la loro svastica, l'euro. E io vivo questo sleale tentativo di salvare le proprie terga fomentando l'odio antigermanico come un vulnus profondissimo alla mia identità europea, e ve l'ho detto mille e una volta (ma è opportuno ripeterlo oggi).

Attenzione, però.

Se dobbiamo combattere chi banalizza il "fallimento" di un progetto che ha motivazioni complesse e finalità in parte raggiunte (come l'euro), riducendolo a un mero "tutta colpa dei crucchi cattivi" (la linea di Repubblica, per capirci), d'altra parte dobbiamo riconoscere che la Germania è un serio problema per l'Europa. Ve la dico con una frase a effetto, poi ci ragioniamo. L'ideologia dei popoli che "vivono come poveri", per dirla con Machiavelli, cioè che hanno fatto e fanno del godersi la vita un atto biasimevole, riprovevole (perché è per mera logica macroeconomica ostativo al "vendere agli altri" le famose tre patate), è in re ipsa una ideologia di morte, un'ideologia distruttiva, e prima ancora autodistruttiva.

Noi abbiamo compassione dei popoli tedeschi, presso i quali la disuguaglianza è aumentata, più che da noi, e presso i quali la povertà dilaga (e i nostri giornali ogni tanto se ne ricordano). Ma ne abbiamo anche paura, e direi che abbiamo fondati motivi per averne. Credo che sarebbe semplicistico e suicida non vedere il collegamento fra certi atteggiamenti stratificatisi nei secoli, e certi esiti letali.

Cosa voglio dire con questo? Ma sempre la solita cosa: che uscire dall'euro ovviamente non risolverà tutti i problemi. Uno dei problemi residui sarà, purtroppo, quello della Germania: una nazione così scomoda, che chiunque ne parli affrontando il problema in termini razionali è costretto ad ammettere che i suoi vicini hanno necessità di dotarsi di armi difensive nei suoi riguardi. Ricordate l'articolo di Meade (1957) che tanto spesso vi cito? Parla di "arma difensiva del tasso di cambio", necessaria per isolare i mercati del lavoro nazionali dalle politiche aggressive di quel popolo di persone che "vivono come poveri", che mangiano una sola patata, pur di costringerti ad acquistare le altre tre, preferibilmente prestandoti i soldi a strozzo. Del resto, per uno dei tanti paradossi della storia, lo stesso euro, nella vulgata un po' beota dei neonazisti de cujus, era stato proposto come arma difensiva contro la Germania, non ricordate? Si dice che Mitterrand l'avesse propugnato per evitare che la grande Germania diventasse pericolosa, cercando di espandersi a Est (cosa nella quale il progetto nazionaleurista l'ha invece favorita, per non entrare in altre considerazioni).

Al di là della farloccaggine di questo argomento, resta il fatto che anche Mitterrand vedeva nella Germania un pericolo, e questo a causa delle di lei strategie mercantiliste (consolidate nei secoli).

Questo è il principale problema culturale che il progetto di "unione politica europea" si trova davanti, ed è un ostacolo insormontabile, ed è un problema da gestire e da non ignorare. Portata alle estreme conseguenze (ma anche molto prima di arrivarci) la politica mercantilista è, oggettivamente e nei fatti, una politica di sterminio, per il semplice fatto che essa traduce in pratica il delirio asimmetrico di élite che individuano negli altri popoli un mezzo, anziché individuare nel proprio popolo un fine: tale è stata storicamente, tale si presenta oggi ai nostri occhi.

La divisione in "noi" e "loro" nasce da lì, e sono certo che più di un vero storico avrà usato questa chiave interpretativa (ma mi affido a voi, che siete molto più colti di me).

Come si gestisce questo problema, come si gestisce, quindi, qui in Europa, il problema tedesco? Questo l'ho detto ne "L'Italia può farcela": l'evoluzione verso un sistema monetario internazionale come quello proposto da Fantacci e Amato, tale cioè da scoraggiare automaticamente le politiche di surplus estero strutturale, è senz'altro il first best; il second best è tornare alla flessibilità del cambio, come strumento che costringa i tedeschi a godersi i meritati frutti del proprio lavoro, a non "vivere come poveri", a riequilibrare il loro modello politico e culturale sullo sviluppo della domanda interna.

Come spiego in L'Italia può farcela, c'è una insanabile incoerenza logica nell'affidare a una nazione mercantilista la gestione di un mercato comune: una nazione che vuole solo vendere, e mai comprare, non potrà mai gestire in modo equilibrato e razionale un'area di libero scambio. Di questa palese incoerenza logica stiamo morendo. Molti discorsi apparentemente "astratti" hanno ricadute drammaticamente concrete (con buona pace dei "qualcosisti").

Siamo noi che dobbiamo fraternamente insegnare ai nostri amici tedeschi le virtù dell'equilibrio dei conti esteri, ma per riuscirci, per essere veramente convincenti, prima dobbiamo capirlo noi, dobbiamo apprendere questa semplice lezione della storia: il mercantilismo porta allo sterminio.

Anche se oggi c'è la Cina.

E che c'entra l'Iliade?

Be', io l'Iliade la vedo così: inizia con Achille che dice ad Agamennone "questa guerra non è la mia guerra", e termina con Achille che dimostra ad Ettore il suo peculiare e liberatorio concetto di rispetto per il nemico.

Come sapete, questa guerra non è la mia guerra.

Auguri.




(P.s.: ringrazio Barbara, l'unica altra persona che riesco a leggere oltre a me, per aver riportato nel suo blog l'illuminante passo di Machiavelli che ho ritenuto di offrire alla vostra riflessione...)

Grecia: segni e segnali

Oggi a PUDE Pagina la rassegna stampa viene tenuta da una giornalista greca. Un evidente caso di tokenism, che fa capire quale sia la considerazione che l'establishment politico-mediatico europeo ha del popolo greco (i negri d'Europa, per i negrieri di Bruxelles, come abbiamo già visto: e ricordatevi: non si dice "uominidicolorieri", si dice "negrieri", il che significa che quando c'è un negriero, dall'altra parte c'è un uomo, o un popolo, che viene percepito e dichiarato negro, inferiore: e questo è quello che hanno fatto con la Grecia i negrieri di Bruxelles e i loro media asserviti, conformisti e corrotti, come vi ho documentato).

Sarebbe interessante avere il commento della giornalista greca (zia Tom malgré soi) su questo grafico:


che descrive l'andamento del cambio euro/dollaro in un intorno della vittoria elettorale di Grillo (spezzata blu, scala di sinistra) e di Tsipras (spezzata ovviamente rossa, riportata ovviamente sulla scala di destra). Le date si riferiscono all'episodio Grillo, e il grafico Tsipras è stato slittato in modo da far coincidere l'annuncio del risultato greco con quello delle politiche italiane del 2013. Un cerchietto rosso evidenzia i "crolli" dei mercati e delle valute, paventati sia nel caso di Grillo che in quello di Tsipras, e millantati anche ieri mattina in apertura dagli organi di regime.

In entrambi i casi non è successa una beneamata fava di nulla (nel caso Tsipras a fine giornata l'euro, che per "La Stampa" stava crollando, si è addirittura lievemente rafforzato). Lo si vede meglio, ovviamente, se gli episodi vengono messi in prospettiva, magari guardando cosa era successo nei tre mesi precedenti:


Questo grafico è costruito prendendo tre mesi di osservazioni precedenti il giorno dell'annuncio dei risultati: nel caso di Grillo l'euro perse un centesimo (che poi recuperò), restando sempre più forte di tre mesi prima. Nel caso di Tsipras ha addirittura invertito (se pure per un solo giorno) la tendenza ribassista che, come sapete, è iniziata prima dell'estate.

Sapete anche che io (ego) l'avevo annunciata sulla base del presupposto che, se non si fosse indebolito, l'euro sarebbe esploso. Perdonatemi se lo ripeto a beneficio degli ultimi arrivati. Lo feci il 19 maggio sul Fatto Quotidiano, data evidenziata da un puntino rosso nel grafico qui sotto:


Niente male, eh? Bene, così i nuovi lettori sanno dove sono arrivati...

Ora, ricapitolando, nei due casi non è successo nulla, e quindi bisognerebbe chiedersi almeno due cose: perché sarebbe dovuto succedere qualcosa, e perché i giornali in entrambi i casi hanno cercato di farci capire che stava succedendo qualcosa.

La risposta alle due domande è legata, come sapete. La legge della domanda e dell'offerta ci dice che l'euro sarebbe caduto se tutti l'avessero offerto e nessuno domandato, cioè se ci fosse stata una fuga dall'euro. La motivazione di questa fuga dall'euro avrebbe potuto essere, in entrambi i casi, l'arrivo al "potere" di un partito "antieuro", o comunque, se non antieuro, con orientamento tale da far esplodere le contraddizioni dell'Eurozona. Certo che nessuno vuole in tasca una moneta che rischia di subire profonde trasformazioni (vulgo: scomparire)!

Che né Grillo né Tsipras avessero questa caratteristiche siamo stati i primi e pressoché gli unici a dirlo: nel caso di Grillo, ad esempio, molto chiaramente qui (se ci fate caso, è successo tutto quello che prevedevo nelle prime righe del post), e nel caso di Tsipras qui (non è ancora successo ma succederà).Quindi per noi non è stata una sorpresa che non sia successo niente: i mercati, a modo loro, capiscono...

Rimane allora da chiedersi perché la stampa di regime si sforzi di farci capire che è successo o sta succedendo qualcosa, e qui la risposta è ancora più ovvia: per tenerci buoni! La stampa di regime, insomma, vi ripete quello che ripete l'on. Gozi: "Tranquilli, vedrete che adesso tutto cambia, non vedete come hanno paura i mercati?"

La paura dei mercati si vede nei primi due grafici: stanno tremando dalle risate!

Il dato oggettivo è che se non c'è riuscita la Francia, a far cambiar verso alla Germania, come avevo previsto per primo, unico e solo come al solito (me ne fotto di sembrare saccente: se sapeste cosa sembrate voi a me!), ovviamente non ci riuscirà la Grecia, quindi Tsipras, come Hollande, dovrà tradire le promesse fatte ai propri elettori, e poi cedere il passo alla destra fascista. Dice: "Ma non è possibile che invece esca?" No, non credo, altrimenti, se una sia pur remota possibilità esistesse, i media di regime non lo starebbero pompando così tanto. Poi, naturalmente, può anche darsi che voi crediate a Babbo Natale. Uga ci crede e io mi ben guardo dal disilluderla...

Poi c'è il dato soggettivo.

La vulgata della sinistra "de sinistra" è "Sì, va bene, il tipo è un po' ambiguo, forse non ha sufficiente potere negoziale, però lasciamolo lavorare, aiutiamolo, perché ha dato un segnale...".

Ora, questo dicorso a me fa un po' girare i coglioni, per diversi motivi.

Intanto, perché quelli che oggi dicono "lasciamo lavorare Tsipras" sono gli stessi che hanno detto "lasciamo lavorare Monti", "lasciamo lavorare Renzi"... Chi dice "lasciamo lavorare X prima di giudicare" dichiara una cosa molto semplice: di avere il culo al caldo, e di potersi permettere di aspettare l'ennesimo fallimento annunciato mentre la gente muore.

Poi, perché la retorica "der segnale politico" è abbastanza frusta e logora: scusate, amici belli, ma le elezioni europee non l'hanno dato un segnale politico? E l'avanzata della Le Pen, da me paventata nel 2011, non l'ha dato un segnale politico? Se continuiamo a scambiare queste puzzette per "segnali politici" il risultato sarà che la Grecia sarà tirata fuori dal pantano dai colonnelli. Scommettiamo?

Qui gli unici segnali politici autentici sono due: il primo è che le elezioni politiche in un paese che conta per il 2% del Pil dell'Eurozona hanno tenuto l'Eurozona col fiato sospeso, e il secondo è che nessuno si chiede se i tanti morti greci avranno mai giustizia.

Anche qui, i due segnali sono legati.

Il fatto che le elezioni di un paese quantitativamente insignificante possano tenere in scacco un intero subcontinente ha due sole intepretazioni ammissibili: o l'Eurozona è un sistema fragilissimo, o campa sui simboli, e quindi è un costrutto ideologico. Io credo che siano vere entrambe le cose, e soprattutto la seconda: l'euro sta agli europeisti come la svastica ai nazisti, e già questo ci dovrebbe mettere in allarme. Perché poi c'è il secondo aspetto: scusate, ma se ora risolviamo tutto col "basta sacrifici!", col "whatever it takes!", chi lo va a dire alle famiglie dei suicidati che un'altra soluzione c'era ed era a portata di chiacchiera? Chi lo va a dire alle madri che hanno visto partire tutti i loro figli? Ci mandiamo er Nasone?

Salvare la Grecia (cioè l'euro) non è solo impossibile: è anche immorale, ora, perché lo si sarebbe potuto e dovuto fare prima. Un'unica cosa è eticamente accettabile adesso: restituire al popolo greco la sua libertà. Sono intimamente convinto che Tsipras non rappresenti la soluzione, ma naturalmente spero di sbagliarmi.

C'è sempre una prima volta...






P.s.:  proposito di segnali. A me piace giocare a carte scoperte: stimola l'intelligenza dell'avversario. Avrete notato il comportamento tutto sommato civile del dr. Manfellotto in trasmissione. Ha provato a dire due luoghi comuni sui greci, è stato respinto con perdite, ed è finita lì. Ovviamente questo post c'entra. Si vis pacem para bellum (che poi è il motivo per il quale Meade raccomandava i cambi flessibili). Lui sapeva che io avevo pronto questo bel grafico, che metteva in relazione con l'andamento delle vendite dell'Espresso (giornale da lui diretto fino al settembre scorso) due simpatici titoli: uno dell'Espresso, e uno di Dagospia:


Voi non lo vedevate, ma io l'avevo pronto sulle ginocchia, nel monolocale dal quale ero collegato. Un atteggiamento irrispettoso nei miei riguardi (prima della trasmissione ce ne sono stati) sarebbe stato prontamente respinto con eccesso doloso di legittima difesa...

Eh già. Il dr. Manfellotto merita la nostra solidarietà, perché è una delle tante vittime della crisi. Il mercato della diffamazione spicciola è in forte calo, si preferiscono i dati (come vedete dall'indicatore di contatti di questo sito). Da persona brillante qual è saprà riposizionarsi, e in effetti abbiamo avuto un interessante e civile scambio di idee. Intanto, nel backstage, io mi sono permesso di dirgli: "Vede? Mi dipingono come aggressivo, ma sono una brava persona! Non vi ho nemmeno querelato per l'articolo su Bagnai profeta..." E lui (dimostrando di sapere benissimo a cosa mi riferivo): "Avrebbe perso!" E io: "Be', questo lo vedremo quando arriverà la querela di Borghi, ma io, da economista, ho preferito appellarmi al tribunale del mercato...".

Per tutto il resto c'è Mastercard.

E ora vi lascio, che devo accordare organo e cembalo...





lunedì 26 gennaio 2015

Schizzi...

(...a sinistra quello di Piazza pulita, a destra quello di Omnibus. I tassi non schizzano, la verità sì... Torno in prova...)



sabato 24 gennaio 2015

Comunicazzione di servizzio

Mi serve a Roma entro le 20 di domani una copia cartacea (cioè di carta) del numero dell'Espresso nel quale Malaguti scrisse il suo capolavoro di arte povera sui guru dell'euro. Se volete vedere come si addestra il miglior amico del cane, datevi da fare e chi la trova mi scriva.

Mi servono anche dettagli sulla situazione finanziaria e societaria del giornale nell'ultimo anno (diciamo, da quando hanno fatto quella penosa scorrettezza).

Infine, mi sarà utile se mi riposterete qua sotto le perle di PUDE dell'Espresso, in versione anche digitale (mi riferisco alla disinformazione spicciola pre-europee, ma anche al resto, se ce n'è).

Datevi da fare che ci divertiamo.

Grazie.

Diritto di replica

(ricevo dal prof. Beniamino Moro e doverosamente pubblico...)

Caro, si fa per dire, Bagnai,

non mi dilungo sui tuoi insulti. Io non ho detto che nel 1997 i tassi di rendimento dei decennali erano al 14%, ma ho detto che erano a quel livello prima del processo di convergenza verso l’Unione monetaria europea (Ume), processo che fu avviato dal governo Prodi nel 1996.  Prima, ancora a metà del 1995, come puoi leggere dal grafico qui sotto, che ti puoi ingrandire a piacimento per vedere bene, erano del 14%, salvo la discesa a circa il 10% a cavallo tra il 1993-94. La differenza tra il 14 e il 5%, che si stabilisce per i rendimenti dei decennali di tutti i Paesi candidati all’Ume (ad eccezione della Grecia che entrerà qualche anno dopo) a partire dall’inizio del 1998, ci da un abbattimento medio di 9 punti percentuali del tasso di rendimento, che su 1.000 miliardi di debito corrispondono a minori interessi pari a 90 miliardi/anno e che, cumulati per 13 anni sino allo scoppio della crisi nel 2010, fanno un potenziale risparmio di 1.170 miliardi di euro. Ti pare poco, anche per un anti-euro come te?



Sulla questione del numero di svalutazioni della lira nello Sme, tu stesso pubblichi nel tuo blog una tabella di riallineamenti e ne conti 7 dal 1981 al 1987. Ti dimentichi che dopo il 1987 ce ne sono stati altri 6, compreso quello del 1992 (composto, rispetto alla parità centrale di quel momento, dalla svalutazione della lira del 7% e una pari rivalutazione del marco, per cui è come se il tasso del cambio lira/marco fosse stato svalutato del 14%). In totale, perciò, le svalutazioni o riallineamenti sono state 13 e non 4. Nelle tue 4 non includi le rivalutazioni del marco che per noi equivalsero ad altrettante svalutazioni della lira, ti attacchi a una questione nominalistica, non alla sostanza. Ma anche così, resta il fatto che almeno quella del 1992 fu una doppia svalutazione della lira (-7%) e rivalutazione del marco (+7%).

Ho trovato difficoltà a inserire questa precisazione direttamente nel tuo blog, perché confesso di non essere un esperto di informatica. Perciò, se non sei ancora totalmente in malafede, ti chiedo di pubblicarla tu nel tuo blog, grafico compreso.

Non posso dire che incontrare gente come te nella vita sia una cosa piacevole, ma il dovere di usare l’educazione anche con gente sgradevole come te, mi impone di mandarti, anche qui si fa per dire, i miei

Cordiali saluti

Beniamino Moro

PS: se mi risparmi ulteriori insulti te ne sono grato, anche se non ti ritengo capace.



(...dunque: registro con sollievo il fatto che il prof. Moro voleva dire una cosa diversa da quella che ha detto. Quella che ha detto è a disposizione degli interessati qui. Sui suoi altri argomenti mi sono espresso nel mio altro blog. Vi avverto che non pubblicherò alcun commento che contravvenga alle regole dell'ospitalità. Insultare il prof. Moro non sarebbe solo scortese: sarebbe anche inutile. Se e quando avrò tempo interverrò per chiarire alcune cose. Per oggi basta così, e speriamo che questo esempio serva agli altri. Il prossimo sarà Salvati, quando avrà pubblicato le strampalate oscenità di Biasco. Se qualcuno legge Il Mulino mi avverta...)


(scusate, solo per dovere di cronaca: siccome io, a differenza di Agon channel, faccio un controllo di qualità, mi permetto di rilevare che nella sua replica il prof. Moro commette un'altra imprecisione. Il riallineamento, tardivo e inutile, del settembre 1992 fu del 3.5% - non del 7% - al ribasso per la lira e del 3.5% al rialzo per tutte le altre valute - fonte; chi lavora coi dati è abituato a controllare se stesso e quello che dice. La differenza è flagrante, ed è per questo che dicevo che essere scortesi sarebbe inutile...)

(...ah, una cosa per il prof. Moro: oggi gli ho riconosciuto dignità di interlocutore, e lui ne ha fatto buon uso producendo un altro dato falso. Ma non intendo ci si abitui. Intendo invece che egli sappia che io non lo considero un interlocutore, ma un nemico del mio paese, di quel paese al quale lui, con aristocratico disprezzo, nega il diritto di governarsi da solo. Credo gli convenga informarsi. Non sono più i tempi che nel PCI l'aristocrazia sarda dei Berlinguer, di quel Berlinguer che già negli anni '70 tifava austerità - cioè troika - spadroneggiava a Roma e altrove. Nel PD qualcuno sta capendo. E non è detto che chi sta capendo sia destinato a perdere. Chiaro?...)

venerdì 23 gennaio 2015

Fact checking: i tassi di interesse nel 1997

Poco fa il professor Beniamino Moro dell'Università di Cagliari ha detto a Times Squares (Agon Channel) che nel 1997 i tassi di interesse italiani erano al 14%.

Questa è la schermata delle IFS che riporta i tassi italiani dal 1997 in poi:


Come vedete, tutti i tassi di interesse di policy (da quello di sconto, a quello sui Bot, a quelli sui titoli a medio e lungo termine) nel 1997 erano a una cifra. Solo il tasso sugli impieghi bancari era a due cifre, all'11.4% a inizio anno. I tassi sul debito pubblico erano la metà di quello che il professor Moro ha detto in trasmissione.

E questa è solo una delle tante perle che il gentile collega ha inanellato. A lui, lo si è capito, di chi muore non interessa molto, e tutti noi dobbiamo resistere, affinché il sogno europeo si realizzi, e quelli come lui non debbano ammettere di aver sbagliato.

Cosa c'è che non va nell'euro?

Semplice: che chiunque lo difenda mente sui dati.

Questa sera mi vergogno di essere un economista, e mi vergogno di aver partecipato a una trasmissione di disinformazione. Non si possono mettere sullo stesso piano dati e menzogne. Chi lo fa, se pure inavvertitamente, si squalifica. Il mercato non paga ogni giorno. Agon non nasce bene. Speriamo per lei che finisca meglio.

Di megafoni della propaganda ne abbiamo fin troppi.

Continuate così...

giovedì 22 gennaio 2015

La svalutazzzzzione sarà imprevedibile però sarà devastante (leggende metropolitane bipartisan)

Cari amici, quanta pazienza ci vuole per gestire questo ameno dibattito! Perché il problema, vedete, non è tanto, come sosteneva in una piacevolissima conversazione due sere fa Carlo Alberto Carnevale Maffè, la mancanza generalizzata di istruzione (lui forse diceva educazione) economica. No. Il problema è la mancanza di cultura. "Vuoi dire cultura generale?" No: voglio dire cultura. "Cultura generale" è un'espressione pleonastica e anche contraddittoria. Quando arriva la specializzazione (per capirci, il modello americano) la cultura (per capirci, il modello fiorentino: Leon Battista Alberti, Leonardo, ecc.) fa ciao ciao con la manina e se ne va, inosservata e insalutata.

Abbiamo a che fare con una massa di amorfi il cui peccato originale non è non aver letto il Blanchard (o il De Grauwe, che Carlo Alberto carinamente mi ostendeva), ma non aver letto Manzoni. Diciamo: non aver letto, punto. Sapete come viene classificato un "forte lettore" dall'ISTAT? Me l'ha detto il mio attuale editore, Luca Formenton: uno che legge più di dodici libri l'anno. Come fai ad aspettarti una sia pur rudimentale padronanza dei nessi logici elementari da simili iloti?

L'esempio più lampante è quello che nella vulgata della sentina 2.0 è noto come uno dei tanti argomenti con cui l'amico Emiliano mi avrebbe asfaltato: quello secondo il quale "la svalutazzzzzione sarà imprevedibile però sarà devastante".

Un argomento che ovviamente non sta in piedi: scusate! Se la svalutazione fosse imprevedibile, chi ci darebbe la certezza che sarebbe devastante? E se invece è prevedibile, be', allora proviamo a prevederla, andiamo a vedere cos'è successo nelle tante occasioni precedenti nelle quali uno sganciamento valutario ha determinato un brusco riallineamento, e vediamo se l'entità di questo riallineamento ha una qualche relazione con i fondamentali e con i modelli economici di riferimento degli operatori di mercato. Io questo lavoro nel Tramonto dell'euro l'ho fatto, ma nessuno ha inteso prenderne atto. Questo è segno di scarsa permeabilità o di malafede, due caratteristiche che rendono poco costruttivo il dialogo, ma lasciamo perdere.
 
Apro e chiudo una parentesi per chiarire che quanto precede ovviamente non si applica a Emiliano, che non ha messo le cose nel modo in cui i suoi hooligan le presentano (del resto, anche voi mica scherzate...).

Citando un noto studio del 1983, condotto da Meese e Rogoff, che faceva esplicito riferimento ai modelli usati negli anni '70 per prevedere i tassi di cambio, Emiliano riportò, in quella conversazione, il risultato del geniale Rogoff (quello della grezza con Excel, per capirci) secondo cui i modelli di previsione del cambio venivano battuti dalla random walk (passeggiata aleatoria).

Che vuol dire, in pratica?

Vuol dire che la migliore previsione del cambio di domani è il cambio di oggi, ovvero che (secondo Meese e Rogoff, 1983 - millenovecentottantatré) i fondamentali macroeconomici non ci forniscono alcuna informazione su dove andrà il cambio (in su o in giù)? In altre parole, per sapere se il cambio andrà in su o in giù fai meglio se te la giochi a testa o croce (dicevano Meese e Rogoff nell'anno in cui la temperatura più bassa di sempre, -89.2 Celsius, venne registrata nella base antartica di Vostok: era il 1983, trentuno anni or sono...).

Vi faccio osservare intanto tre cose:

1) nel 1983 Meese e Rogoff avevano a disposizione al più una quarantina di osservazioni trimestrali sui tassi di cambio, stante che:

a) fino alla metà del 1971 questi erano stati fissi (e quindi la prima osservazione disponibile era l'ultimo trimestre del 1971);
b) che l'articolo pubblicato nel 1983 sarà stato scritto nel 1982;
c) che per fare esperimenti di previsione Meese e Rogoff dovevano ovviamente utilizzare per la stima del modello sottocampioni, e per poi proiettarlo nel sottocampione restante (insomma: usare venti dati per prevedere il ventunesimo, poi ventuno dati per prevedere il ventiduesimo ecc.).

2) nel 1983 Meese e Rogoff vivevano la splendida stagione della controrivoluzione monetarista, e quindi i loro modelli di riferimento erano:

a) costruiti su basi ideologiche fallimentari, e
b) (per gli econometrici) assolutamente non sottoposti ad alcuna diagnostica (con la scusa che la specification search avrebbe introdotto un elemento "soggettivo" nella loro analisi), per cui mancavano di qualsiasi congruenza statistica nel senso di Spanos, un elemento rafforzato dal fatto che
c) la teoria della cointegrazione, e più in generale il trattamento di modelli con serie non stazionarie, non faceva parte del patrimonio condiviso dagli economisti applicati, visto che lo sarebbe diventata quattro anni dopo (e notate che gli autori di questo paper hanno entrambi avuto il Nobel).

3) nel frattempo la ricerca è andata avanti: nonostante i progressi della pornografia online, gli econometrici non si sono solo battuti il belino.

Poi, vi faccio anche notare, terra terra, che siccome non ho né una, né due palle di vetro, se i fondamentali non ci dicessero nulla sul cambio, come facevo io a maggio a essere sicuro che il cambio dell'euro avrebbe ceduto?

Faccio disegnino, così capite:


Questo è il cambio euro/dollaro, e il puntino rosso indica la data del 19 maggio, quella in cui dicevo a quelle povere merde di troll del Fatto Quotidiano che il cambio avrebbe comunque ceduto, per cui se il loro problema era la svalutazione, avrebbero fatto bene a fare come me, acquistando quote di fondi diversificate su azionario e obbligazionario Usa.

L'onestà intellettuale paga.

Non ho idea del perché Emiliano abbia voluto oppormi i vetusti argomenti di due ruderi veterolibberisti "a zampa d'elefante" (nel senso di "anni '70"), dai quali lui è senz'altro ideologicamente lontano. Credo lo abbia fatto nel giusto intento di esortarmi a un sano principio di prudenza, e ovviamente farò tesoro del suo insegnamento, soprattutto a livello dialettico.

Rimane il fatto che se è vero che due coglioni libbbbberisti con un modello sbagliato e pochi dati non possono prevedere l'andamento del cambio, è anche vero che una persona di buon senso, sulla base di molta esperienza, un'idea se la può fare (devo ricordarmi di dirlo alla dottoressa Arcazzo).

Ora, questo è tanto vero che, come altresì chiarivo nel Tramonto dell'euro (p. 289), noi sappiamo benissimo quali sono i modelli di riferimento a medio termine dei previsori che operano sul forex, perché esiste una letteratura specifica su questo. Quindi anche l'argomento che "nun potemo da sapè quello che succede perché dipenne da 'aspettative der mercato" è una lieve imprecisione, atteso che noi sappiamo che il mercato le sue aspettative le forma in base a due modelli: quello della parità relativa dei poteri d'acquisto (PPA), e quello di Balassa-Samuelson (spiegato qui). Di conseguenza, i movimenti a medio termine del cambio sono spiegati dal differenziale di inflazione cumulato. Il paese dove i prezzi sono cresciuti di più, a un certo punto, deve svalutare per recuperare via prezzo della moneta (che scende, svalutando) quello che ha perso in competitività via prezzo dei beni (che è salito per l'inflazione).

Ora, vi prego, vi esorto: non fate come quel patetico cialtrone dilettante "keynesiano" che viene a farmi la lezzzzioncina sul fatto che "i differenziali di inflazione non ci forniscono informazioni perché il modello della parità dei poteri d'acquisto non è verificato dai dati". Cazzo! Basta dilettanti cialtroni! Io conosco Peter Pedroni, che ho incontrato a Coimbra a un suo corso e benignamente mi elargisce i suoi consigli quando devo fare analisi su panel cointegrati. Pensate che abbia bisogno di un simpatico intellettuale della Magna Grecia per sapere quanto vale la teoria della parità relativa dei poteri di'acquisto? (ecco, bravi, leggetevi il paper, che poi se non lo capite andate in Puglia a farvelo spiegare!)

Il punto che sollevavo nel Tramonto dell'euro era un altro, più sottile (quindi fuori dalla soglia di percezione di eventuali intellettuali della Magna Grecia): il punto non è se la teoria della PPA sia giusta o sbagliata. Il punto è se è una delle tante cose (preferibilmente sbagliate) cui i mercati credono e che quindi guidano le loro aspettative. E la risposta è sì, e ce la dà uno studio del Fondo Monetario Internazionale.

Quindi i movimenti a medio temine del tasso di cambio saranno governati dalla PPA non solo perché è una cosa relativamente logica (altrimenti il tasso di cambio reale schizzerebbe all'infinito, e non lo fa: chi non l'ha capita lo dica, e anche chi l'ha capita), ma anche perché i mercati si aspettano che lo faccia!

Ora, nel Tramonto dell'euro io non solo davo questo argomento, ma fornivo anche evidenze, mostrando come l'entità delle svalutazioni sperimentate nei cicli che Frenkel e Rapetti mostravano nel loro paper fosse molto correlata con i differenziali di inflazione che si erano accumulati negli anni dei rispettivi agganci valutari:


Mi sembra abbastanza evidente, no, che una relazione c'è? I paesi dove durante il cambio fisso i prezzi sono cresciuti di più rispetto a quelli del paese cui sono agganciati (maggiore inflazione cumulata) sono anche i paesi che quando il tappo salta svalutano di più.

Per completezza, ho ripetuto la stessa analisi per i paesi considerati da Weisbrot e Ray, quelli dei quali ci siamo occupati nel nostro ciclo sulle leggende metropolitane bipartisan. E, guarda un po', cosa strana... invece pure:


Per gli amici delle cifre, la correlazione fra inflazione cumulata dall'ultimo riallineamento del cambio effettivo nominale e svalutazione del cambio effettivo nominale al momento dell'abbandono dell'aggancio valutario è 0.85, e lo scarto quadratico medio della differenza fra differenziale di inflazione cumulata e svalutazione (misurate in punti percentuali) è 9. Quindi, come vedete, di norma e in media succede (con un margine quantificabile di incertezza) quello che deve succedere, e che deve succedere fra l'altro anche perché i mercati si aspettano che succeda, motivo per il quale guidano con le loro operazioni speculative verso quel target la dinamica delle variabili, esattamente come ci spiegava Keynes un po' prima di quel cialtrone di Rogoff:

"I make no forecast as to the figure to which sterling may fall in the next few days, except that it will have to fall for a time appreciably below the figure which cool calculators believe to represent the equilibrium. There will then be speculation and profit-taking in favour of sterling to balance speculation and panic selling on the other side. Our authorities made a great mistake in allowing sterling to open so high, because the inevitable gradual fall towards a truer level must sap confidence and produce on the ignorant the impression of a slide which cannot be stayed. Those who were guilty of undue optimism will quite likely succumb to undue pessimism. But the pessimism will be as unfounded as the optimism was. The equilibrium value of sterling is the same as it was a month ago. There are tremendous forces to support sterling when it begins to fall too far. There is no risk, in my judgement, of a catastrophic fall."

(qui, grassetto mio)



Tornando ai grafici, mi riferisco, notate bene, ai cambi effettivi nominali (media dei cambi nominali bilaterali fra un paese e i suoi principali partner commerciali) e ai differenziali di inflazione misurata con gli indici dei prezzi al consumo. Nel caso dell'Italia, per capirci, il differenziale di inflazione cumulato rispetto alla Germania dal momento in cui ci siamo agganciato all'ECU (1997) è pari a 10 (anche perché in tre anni lo abbiamo corretto al ribasso).

Vogliamo dire che ci dice veramente sfiga (pardon: "vogliamo applicare all'uscita quel principio di precauzione che abbiamo 'dimenticato' di applicare all'entrata")?

Allora aggiungiamo due scarti quadratici medi, e abbiamo una svalutazione attesa del 28% (10 + 9 + 9). Questa è una stima prudenziale di cosa potrebbe succedere al nostro cambio effettivo nominale se ci sganciassimo. Il resto è delirio (o dolo) bipartisan, del tutto assimilabile a quello che abbiamo visto qui, qui, qui e qui.

Ma dobbiamo proprio parlare di questa banalità? Purtroppo sì, perché i colleghi "de destra" e "de sinistra" non brillano né per lealtà dialettica, né per conoscenza della letteratura rilevante (esclusi, come sempre, i presenti, va da sé).

Le responsabilità della mia professione sono enormi.

Solo i giornalisti sono più colpevoli. Ma, per vostra gioia, vi segnalo che ieri a Milano il mio editore ha accettato il progetto di un libro nel quale provvederò a cauterizzare questa piaga purulenta della nostra democrazia. Tutte le vostre segnalazioni mi saranno preziose.

Tiremm innanz...




(...scusate: mi dicono che c'è un pugliese che raglia da qualche parte. No, non parlo di D'Alema vs Le Pen, parlo di altra roba, ancor più irrilevante. Sentite, ve lo dico con grande umiltà: lasciamo che a parlare siano le pubblicazioni scientifiche, volete? Perché altrimenti perdiamo solo tanto tempo. Stay tuned...)

mercoledì 21 gennaio 2015

A proposito di schizzi...

Come ricorderete, qualche post fa abbiamo smentito la solenne cialtronata secondo la quale in caso di abbandono di un aggancio valutario i tassi "schizzerebbero" (verso l'alto). Manco a dirlo, qualche giorno dopo, interpellato a tal proposito da Corrado Formigli durante la trasmissione alla quale ho partecipato, Corrado Passera non si è lasciato sfuggire l'occasione di ripeterla. Alcuni di voi mi hanno rimproverato l'eccessiva flemma con la quale ho accolto questa esternazione truffaldina, menzognera, e in quanto tale profondamente, intrinsecamente antidemocratica. Ora, vedete, perfino l'on. Bonafè, che ha un temperamento più sanguigno del mio, ha rinunciato a sparare sulla patetica ambulanza... Cosa volete dire a uno che ha preso il potere sulla base di un golpe che veniva legittimato asserendo l'insostenibilità del debito pubblico italiano e il rischio di commissariamento, e che oggi viene lellero lellero a dirci in trasmissione che il problema non è il debito ma la crescita?

Ricordo a tutti che quando il "presentabile" golpista prese il potere (con la protezione del Presidente della Repubblica, che lo aveva blindato nominandolo senatore a vita) il rapporto debito pubblico/Pil in Italia era al 121% (e per Passera era un problema). Oggi è al 137% (e per Passera non è un problema). Evidentemente Passera dal punto di vista economico è un invertito, e qui rispettiamo tutti gli orientamenti (in particolare, economici).

Devo aggiungere altro?

Sì.

C'è un altro motivo per il quale ascoltavo con un olimpico sorriso sulle labbra le oscene bestialità profferite da molti degli astanti. Vediamo se lo capite...

Servizio Pubblico 14 novembre 2013



Piazza Pulita 19/1/2015








(...in altre parole: "A Corra', nemmeno me ce 'ncazzo...". E comunque, forse tuo malgrado, hai fatto informazione, e questo ti sarà contato, un giorno...)

(notate che rispetto a un anno e dispari fa, la media dei contatti giornalieri è così cresciuta - quasi raddoppiata - che una trasmissione con share sotto al 5% mi fa un picco di contatti sul blog quasi impercettibile su scala giornaliera. San Toro mi arrivò quasi a 6000 contatti in mezz'ora... E io - io! - dovrei scaldarmi se qualcuno pianta in pubblico il chiodo di un'altra menzogna sulla bara del proprio insuccesso politico? Ma dai, su, io ormai ho altri interlocutori, in politica e nei media! Purtroppo non posso sempre parlarvene, e questo probabilmente vi genera una immotivata frustrazione (ma solo perché siete disattenti...). Il senso di andare in posti simili, come diceva ieri il buon Claudio, non è certo quello di fare "informazione": è solo quello di rinsaldare il morale della truppa. Altrimenti, impatto zero virgola. Hanno fatto di più tre copie del mio libro lette dalle persone giuste che trenta ore di trasmissioni simili. E poi, scusate, ribadisco: prendete dalle persone il buono. Formigli ha fatto del bene mostrando la realtà. Questo glielo potete riconoscere. Per il resto, rimane attuale la poesia che gli dedicai.

Grazie per l'attenzione e arginate la deriva sessista scatenata dalla presenza dell'on. Bonafè, altrimenti dicono che siete berlusconiani...)