(...correva l'anno 2015...)
Se siete qui probabilmente non siete lì, e quindi riassumere qui le regole e le leggi di Twitter potrebbe sembrarvi una perdita di tempo. Penso invece che enunciarle in un singolo post possa avere una sua utilità, e comunque ci porta via poco tempo.
La premessa è che non mi interessa se avete ragione o se avete torto, se mi date ragione o se mi date torto, se siete veri o finti, se mi insultate o mi adulate. Se interagite con me e violate le regole sarete bloccati, perché questo contribuisce a rendere Twitter un posto (per me) migliore. Voi ovviamente fate come vi pare e applicate tutta la reciprocità che ritenete di applicare.
La regola del "chennepenZa"
Alla rituale domanda "Senatore (un tempo: Professore) che ne pensa?" (preferibilmente pronunciato in crasi: chennepenZa) la risposta non può essere che un click (cioè un blocco: ma il termine click lo abbiamo coniato qui, all'epoca degli sciocchi che "creiamo moneta col click del mouse" - da cui la mia risposta: "col click del mouse ti blocco"), e questo per due motivi non negoziabili:
- il mio desiderio di essere libero di decidere io di che cosa voglio parlare;
- la mia esigenza di non alimentare polemiche inutili indugiando nel commento di frasi altrui riportate fuori contesto dai migliori amici dell'uomo che si vuole informare.
Il "chennepenZa" sarà sempre da me percepito come un attacco alla mia libertà o come una provocazione più o meno deliberata. Seguirà inevitabile click. Ovviamente ci sarà un certo tasso di falsi positivi, ma che ci volete fare? La vita è ingiusta, e ogni tanto dovrà pur dimostrarlo.
La regola del "guarda che dicono di te!"
Chi mi riporta giudizi altrui su di me, i miei scritti, il mio operato, verrà spietatamente bloccato. Non mi interessano né gli insulti né i complimenti altrui, so farmeli entrambi meglio da solo, e non mi interessa litigare. Do per scontato che il mondo (soprattutto, illo tempore, quello accademico) sia popolato da una percentuale fisiologica di cretini (diciamo il 79% - in Parlamento sono molti di meno o imparano a nascondersi molto meglio), la cosa non mi ha mai preoccupato, ho molta pazienza, e a nessuno di voi deve mai venire in mente di fare di me il ventilatore di qualsivoglia escremento.
Io non voglio farlo, e se voi volete farmelo fare vi blocco.
La regola dello "stampare moneta"
Amici cari: questo è un blog tecnico. Qui si è disquisito ad altissimi livelli dell'endogenità della moneta, si è ragionato su come funzionano le banche centrali, si sono analizzate le dinamiche della creazione monetaria sotto vari profili tecnicamente rigorosi.
Poi ci sono i vari bar radiotelevisivi dove la moneta si "stampa". Il dilettante cretino secondo cui la moneta è una merce che trae valore dalla propria scarsità ce lo risparmiamo, e quindi click.
Scienza
...uguale click. Nel 2015 sicuramente non avrete capito perché. Ora (o comunque dopo la pubblicazione del post che nel 2017 definì Lascienza) vi sembrerà evidente. In realtà le motivazioni del click sono leggermente cambiate nel tempo, muovendo però da una comune radice, il mio invalicabile rispetto delle competenze altrui, che è una delle tante sfaccettature della mia profonda umiltà. C'è una scienza che si occupa di scienza: è l'epistemologia. Sapete Kuhn, Lakatos, Popper? Ecco: quella roba lì. Che il primo (o anche l'ultimo) pirla che passa, ancorché assistito da cariche pubbliche o da posizioni accademiche altisonanti, usurpi di fronte a me il ruolo di epistemologo è una cosa che mi fa immediatamente girare le scatole, con inevitabile epilogo: click.
Voglio però segnalarvi in che modo la motivazione del click è cambiata nel tempo. Nel 2015 mi veniva il sangue agli occhi quando vedevo alcuni "colleghi" economisti che per deresponsabilizzarsi da quel disastro annunciato (e da loro voluto) che era stata l'austerità calciavano la palla in tribuna argomentando che "l'economia non è una scienza" e quindi il risultato di una politica sbagliata non sarebbe stato prevedibile col determinismo proprio di quella che secondo loro, nella loro concezione paleo-ottocentesca del pensiero scientifico, sarebbe stata "la scienza". La frase trigger era "l'economia non è una scienza (esatta)". Ma siccome io non sono un chiromante, e utilizzando esattamente la scienza economica avevo previsto il disastro che quei cialtroni ignavi conformisti dei miei colleghi stavano apparecchiando, a chi cercava di sottrarsi così alle sue responsabilità (una in particolare: quella di non essere uno scienziato intellettualmente onesto) applicavo immediatamente il click.
Dici: ma non potevi dialogarci, argomentare?
Ah, ma allora non è chiaro!? Ricordatevi sempre la prima legge della termodidattica: ci sono cose che se potessero essere capite non andrebbero spiegate, e ricordatevi il noto aforisma di Upton Sinclair: è difficile spiegare una cosa a qualcuno se il suo stipendio dipende dal non capirla.
Non so che idea abbiate voi del vostro tempo, ma il mio per me è prezioso, perché, come ho sentito dire oggi a un collega, durante un momento altissimo di fruttuosa dialettica con un esponente di spicco del deep state, "i soldi si perdono e si guadagnano, il tempo si perde e basta e io ho tanti interessi". Quindi le persone impreparate o in cattiva fede me le risparmio: sono una perdita di tempo. Da cui il click.
Oggi, poi, che la scienza è diventata la foglia di fico di una politica incapace di prendersi le sue responsabilità (l'ho detto in aula, lo ripeto qui), che viene confusa con la sua cugina puttana (Lascienza, quella praticata dai piazzisti da show), che viene invocata come ideologia (lo scientismo) anziché applicata come metodo critico, capirete bene che, quando la sento menzionare, essendo un pacifista non porto la mano alla metaforica fondina, ma il click ci sta tutto. La fase trigger è "credo nella scienza" (una confessione di ignoranza e incultura sublime nella sua ingenuità).
Quindi occhio.
Poi ci sono le leggi...
La legge di Guerrato o prima legge
Il legislatore ha ritenuto che chi interloquisce avendo meno di 100 follower vada bloccato, e io, che sono uomo rispettoso delle leggi, mi regolo così. Quindi, occhio: ripeto, non è il discorso "non sopporti le criticheeeehhh!!11!". Non sopporto nemmeno, anzi, detesto i complimenti. Chi ha solo 100 follower o non ha abbastanza amici (e un motivo ci sarà!), o non dice cose abbastanza interessanti (e allora perché viene a dirle a me?), o è attivo da troppo poco tempo (e allora la netiquette gli impone di stare muto e lurkare).
Quindi: follower<100 = click.
Spiace.
La seconda legge, o sindrome di Linkedin, o legge del baio (che non è un cavallo)
Il legislatore ha ritenuto che chi interloquisce con te avendo la bio in inglese (cioè la baio in inglisc, che non è un cavallo ma spesso un somaro) vada bloccato. A Roma dicono "parla come magni", e tutto sommato ci potremmo anche fermare qui. Gli "awanagana" ci hanno dato tante soddisfazioni, come ricorderete. Normalmente non sono interlocutori interessanti, per una serie di motivi socioantropologici sui quali non mi addentro per pietà e solidarietà (vera, profonda) umana: io li evito come posso, voi fate come credete.
La terza legge, o legge di Pennetta
Il legislatore ha ritenuto di fornire un criterio universale per la classificazione degli epic fail su Twitter: quando il numero delle repliche eccede quello dei "like" (i cuoricini), il tweet è un epic fail (e quindi chi l'ha scritto avrebbe fatto meglio a risparmiarselo). Non è un buon motivo per bloccarlo (infatti qui non c'è click), ma è un buon motivo per riflettere. Il dato è che soprattutto in questo momento chi ti replica lo fa per insultarti (perché gli animi sono abbastanza accesi, per motivi che io, che vivo nella mia bolla, proprio non riesco a capire...). Quindi se il rapporto fra repliche e cuori (il Pennetta's ratio) supera uno, tecnicamente si può dire che col tuo tweet hai pestato un merdone. Capita a tutti, ed è utile avere un indice sintetico per accorgersene.
Introducing: la quarta legge, o legge pandemica, o legge di Bagnai
Il legislatore, che in questo caso sono io, ha ritenuto di stabilire che chi interloquisce con te essendosi iscritto dal febbraio 2020 in poi (e quindi è un iscritto "pandemico"), vada bloccato fino al marzo 2023. La ratio legis è quella della prima legge, cui aggiungerei anche una sottolineatura: da quando è iniziata questa storia (la pandemia) la stretta del potere sui social si è fatta piuttosto soffocante. Agenti provocatori di varia natura, umani o meno, pullulano. Io blocco. Voi fate come vi pare, ma se vi siete accostati a Twitter con animo puro negli ultimi due anni e mi incontrate sul vostro cammino ignoratemi. Questo sempre che vi interessi seguirmi.
Conclusione
Ma allora nessuno ti può dire niente!? Ma allora er dialogo, er confronto, er dibbattito!?
Bè, no, non siate ingiusti! Possono dirmi quello che vogliono un sacco di persone! Tutte quelle iscritte prima di febbraio 2020, che hanno più di 100 follower, non hanno la baio in inglisc, non sono pettegole e non parlano di cose che non capiscono.
Di persone così mi pare che ce ne siano molte, anzi: troppe! Quasi quasi vado a bloccarne qualcuna...