mercoledì 25 dicembre 2024

Romania: i mercati hanno fatto anche cose buone

Partiamo dal grafico che sta alle nostre diagnosi come le analisi del sangue stanno a quelle di qualsiasi medico:

La Romania è un paese strutturalmente dipendente dall'estero (il saldo dell'estero nei riguardi della Romania, in verde, è positivo, il che significa che il saldo della Romania nei confronti dell'estero è negativo), e negli ultimi anni vediamo due cicli di "espansione" di questo deficit: il primo iniziato più o meno verso il 2002 e culminato nell'anno dell'ingresso nell'Unione Europea (il 2007), dove in tutta evidenza il deficit con l'estero (cioè il surplus dell'estero) era guidato dal settore privato (cioè: dall'insufficienza dei risparmi rumeni rispetto agli investimenti rumeni che portava il Paese a indebitarsi con l'estero - la linea blu sprofondava simmetricamente all'innalzarsi di quella verde). C'è poi stato un reversal, sulle cui cause non mi soffermo, e ora siamo in un nuovo ciclo di espansione del deficit estero (il surplus dell'estero verso la Romania, linea verde, sta nuovamente crescendo), questa volta trainato dall'indebitamento pubblico (la spezzata arancione simmetricamente sprofonda), a fronte di un sostanziale equilibrio fra risparmio e investimento privato.

Un'occhiata agli stock, anche se, come i medici sanno "frazionare" a mente il colesterolo in buono e cattivo con la formula di Friedewald, qui sappiamo, naturalmente, che quando cresce il debito cattivo (quello privato), il debito pubblico scende, e quindi ci immaginiamo benissimo che le cose stiano come in effetti stanno:


Dal 2000 al 2007 abbiamo la classica fenomenologia del "ciclo di Frenkel": il debito pubblico scende perché quello privato sale. Poi le cose cambiano. I dati mostrati fin qui vengono dal World Economic Outlook del Fmi. Usiamo la External Wealth of Nations per vedere cosa succede allo stock di debito estero netto:


(e i conti più o meno tornano).

Ho passato la vigilia del Santo Natale col Prof. Santarelli, personaggio noto ai frequentatori del blog e in fondo vero, ancorché involontario, fondatore della community, come qualcuno ricorderà. L'idea di aprire il blog in effetti nacque da lunghe conversazioni con lui fra il 2010 e il 2011. Per motivi personali facilmente intuibili il Prof. ha una conoscenza piuttosto approfondita della Romania, e ha attirato la mia attenzione su un dettaglio che mi era sfuggito, vittima come sono del mio scetticismo radicale nei riguardi dei media, che mi porta a essere disinformato per non essere male informato. Preferisco non sapere che sapere una balla, insomma, e in questo sono in bella compagnia:


Ci vuole però un pizzico di sale, altrimenti si rischia di perdere dettagli interessanti.

Quello che è successo in Romania lo sappiamo tutti e forse chi come me si aspettava da tempo roba simile è in posizione svantaggiata: non riesco a indignarmi (avendo da tempo evidenziato la natura inevitabilmente totalitaria del progetto europeo) più di quanto mi indignerebbe veder cadere dall'albero la famigerata mela di Newton (cioè zero)! 

In estrema sintesi, la Corte suprema ha annullato le elezioni presidenziali per sospette influenze filorusse che si è poi scoperto essere state finanziate da un partito europeista! Insomma: pare che gli europeisti abbiano pagato una campagna "filorussa" per poi poter dire che il candidato "filorusso" aveva vinto le elezioni con mezzi illeciti e chiederne l’annullamento. La verità la sapremo col tempo, o mai, ma intanto vi ho dato apposta il link del braccio secolare piddino (Fanpage), perché se sono costretti ad ammettere loro la possibilità di un'enormità simile potete essere certi che dietro c'è del vero. Qui il problema è evidente: l'Unione Europea, la difensrice (cit.) dello "Stato di diritto", cerca di affermare l'idea che le elezioni sarebbero veramente libere solo in assenza di propaganda. Naturalmente quello che l'UE vuole è il monopolio della propaganda, che esercita attraverso mille canali e istituzioni (come i Centri di documentazione europea). Altrettanto ovviamente, questa linea argomentativa evidenzia il totalitarismo europeo, consistente nel ritenere che gli elettori siano degli imbecilli condizionabili con spot da un minuto su TikTok! Ma se anche fosse, il rimedio sarebbe a portata di mano: invece di fare spot "filorussi" per poi poter dire che il dibattito era stato inquinato, gli europeisti avrebbero potuto fare spot "filoeuropei"!

Insomma: vogliono che l'unica propaganda sia la loro, proprio perché sanno che essa sarebbe inefficace, cioè proprio perché sanno che le persone votano con la testa, e non con TikTok.

Questo è quello che sapevate anche voi, ma lo sapevate da anni: non è un caso se il tag più in risalto nel tagcloud qui sotto (per chi legge da PC) è: "Propaganda". Quello della propaganda, delle sue dinamiche, della sua relazione inestricabile con la libertà di espressione, e via dicendo, è sempre stato un tema centrale nella nostra riflessione, se non altro perché essendo noi partiti da dove Draghi è arrivato, cioè dal fatto che l'Unione Europea è un progetto di compressione dei salari, ci era ben chiaro che per tenere sedati gli elettorati avrebbe dovuto fare un massiccio sforzo propagandistico e anche un massiccio sforzo repressivo.

Quello delle elezioni presidenziali rumene quindi è un gigantesco QED.

C'è però un problemino, questo:


Dopo l'alzata d'ingegno degli europeisti, Fitch ha rivisto al ribasso, considerandole negative, le prospettive dell'economia rumena (che ad agosto erano state confermate stabili), argomentando che:


Insomma, la prima motivazione della decisione è l'incertezza politica determinata dall'annullamento dell'elezione presidenziale!

Certo, dopo c'è la litania standard di tutte le cose che sappiamo: erdeficitdebbilancio, erdebbitopubblico, ecc. Ma in questo caso, come nel caso francese, il key driver della decisione è politico. I mercati sono preoccupati dall'aumento del rischio politico, e, forse (non sono nelle loro stanze), anche dal modo in cui viene gestito da Leuropa, perché non sembra il modo migliore per  ridurlo: caso mai, il rischio è di aumentarlo!

L'agenzia Fitch è stata fondata 111 anni fa a New York.

(...magari con calma approfondiamo il quadro macro: stiamo però constatando che per quanto esso continui a essere utile, gli investitori ormai guardano - giustamente! - ad altro, cioè alla stabilità. Quindi... stiamo fermi!...)

Energia oscura (ovvero: perché in fondo vi voglio bene).

Lunedì 23/12/2024 ore 18:59 via Whatsapp:


Onorevole buona sera, sono "Alex". 

Faccio la punta al cazzo io prima che te la faccia qualcun altro.

Quello cui tu ti riferivi a Sagredo era la materia oscura non barionica (WIMPS); una Piddinata degna del miglior Etarcos visto che la curva di rotazione  delle galassie si  desume applicando il teorema del viriale che  a sua volta è  applicabile SOLO SE il sistema è dinamicamente  "fully relaxed" il che è, appunto,  un bel "whisful thinking", un bel "passar sopra".

Viceversa nell'articolo che tu segnali oggi sull'ex-tuider invece, parlano di Dark Energy

Per carità, altro epiciclo gigante, ancora più gigante della dark matter, ma non è la stessa cosa.

E comunque il tutto naturalmente non sposta di una virgola il senso del discorso che facevi a Sagredo.

Detto giusto così, per la cronaca. Mica che poi salti fuori il   pirla di turno "Ah Bagnai anche  Cosmologo"  (minchia, dev'essere difficilissimo navigare "laggiù").

Buone feste.

Alex


wendellgee985 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Epistemologia for dummies: paradigmi e rivoluzioni nel pensiero di Kuhn":

E alla fine, anche sulla materia oscura aveva ragione Bagnai


Pubblicato da wendellgee985 su Goofynomics il giorno 24 dic 2024, 07:16


Allora...

Innanzitutto, riallacciandomi al tema del post precedente, un plauso ad Alex per la raffinatissima strategia elusiva adottata allo scopo di aggirare il mio divieto di auguri natalizi!

Entrando nel merito: Alex ha ragione (quindi wendellgee985 ha torto), ma vorrei però rassicurarlo sul fatto che so distinguere fra materia ed energia. So anche che la prima può convertirsi nella seconda, ed è anche nel tentativo di realizzare questo piccolo miracolo quotidiano che mi inerpico per i pendii della Majella: perché di materia addosso ne ho sempre più di quella che mi servirebbe, e convertirla in energia potenziale mi mette di buon umore... Non mi stupirebbe se anche che la seconda potesse convertirsi nella prima, e in effetti credo che lo si possa fare, ma con un'attrezzatura un po' più complessa di un paio di scarponi.

Mi rendo conto che il mio riferimento su Twitter saltava un passaggio, perché a Ca' Sagredo vi avevo parlato di che cosa si sono inventati gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità per spiegare come mai le stelle esterne delle galassie a spirale non vengono scagliate nell'infinito nulla come altrettanti ciottoli dalla fionda di Davide, mentre il paper che citavo si riferisce ad altro, cioè a quello che gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità si sono inventati per giustificare il fatto che l'espansione dell'universo sta accelerando, anziché decelerando (cosa in effetti strana, perché ci si aspetterebbe che, per via della forza di gravità, tutta questa massa prima o poi collassi su se stessa...).

Ovviamente il collante logico fra due temi così diversi sono appunto gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità, quelli che confondono la frontiera della ricerca con la fine della storia, immemori delle cantonate prese per secoli (tutta 'sta roba "oscura" a istinto mi ricorda, come forse vi ho detto, il paradigma della materia chiara, cioè l'etere).

Per quanto riguarda la materia oscura (cioè, per capirci, la massa mancante - forse!), il fatto che non la si sia ancora trovata non implica necessariamente che non ci sia. Lo stato dell'arte, per i "puntacazzisti", mi risulta essere quello riassunto da questo grafico di Ciaran O'Hare (qui trovate le sue slides divulgative):


dove in ascissa avete la massa dell'eventuale particella, in ordinata la sua sezione d'urto con un protone (diciamo le sue dimensioni), e in verde la zona in cui possiamo escludere che ricada l'eventuale materia oscura perché chi ne è andato in cerca lì non l'ha trovata (XenonIT è l'esperimento del Gran Sasso). Come dice una mia amica, è un po' come giocare a battaglia navale, e la parte in verde è quella dove non abbiamo colpito (rectius: dove gli strumenti a nostra disposizione non sono stati colpiti da) nulla! 

Comunque, se questi temi vi interessano, non c'è bisogno di andare in Australia. Qui da noi c'è un ottimo divulgatore, Amedeo Balbi, che fa un eccellente lavoro. In questo video vi spiega il problema che ha portato all'invenzione della materia oscura:


e in questo vi (o meglio: ci) aiuta a capire il senso del paper di Seifert at al.:


Apro e chiudo una parentesi: a istinto, immagino che Balbi, uscendo dal proprio ambito e venendo ai temi che qui ci convocano, sarebbe uno di quelli che la liretta, le generazzzionifuture, erdebbitopubblico, Leuropachecidalapace (inteso nel senso: l'Europa che ci restituisce i soldi dei contribuenti italiani per costruire i giocattoli con cui esploriamo la vastità del cosmo). Magari mi sbaglio. Ma il suo sforzo di divulgazione è veramente apprezzabile e da ognuno dobbiamo prendere quello che può dare. Rispetto alla divulgazione che abbiamo fatto qui ha avuto il vantaggio di porsi su un piano apparentemente meno controverso perché meno esposto politicamente, il che gli conferisce serenità e margini di espressione a noi preclusi, ma va riconosciuto che la sua formula di brevi video tematici è ben concepita e bene eseguita. Del resto, la cosmologia era politicamente esposta quattro secoli or sono, e magari tornerà ad esserlo fra altri quattro secoli. E tanto per capirci: i costosi giocattoli ci vogliono, perché come abbiamo capito leggendo Kuhn il progresso scientifico avanza prendendo cantonate, ed è solo andando fino in fondo a ogni cantonata, approfondendola in particolare tramite strumenti di misurazione sempre più precisi (compito della "scienza normale"), che si può arrivare a percepire l'anomalia, e fare un passo avanti. Quindi, naturalmente, nulla contro la ricerca di base, anzi! Mi limito ad evidenziare che si è sempre fatta, e si potrebbe fare, anche con meccanismi di coordinamento diversi da questa caricatura di Superstato che (oltre a essere deprecata da diversi lavori scientifici) ci opprime e che sta, lei sì, collassando sotto il proprio peso, esattamente come le galassie dovrebbero fare, ma non fanno, e il nostro non capire perché non lo facciano lo chiamiamo energia oscura.

Qui, invece, ciò che resta oscuro è il perché i piddini, che pure vedono l'accelerazione del cosmo, non vedano il collasso del loro microcosmo, del piccolo mondo antico europeo. In questo caso non è il resdhift, ma il blackshift che dovrebbe segnalarglielo, cioè quel fenomeno che modestamente descrivemmo (o descrimmo) sul manifesto nel 2011: "Le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra".

(...sintesi: vi voglio bene perché da voi imparo tanto. Ovviamente, restano esclusi da questo perimetro gli ingengngnieri, ma con qualche fulgida eccezione...)

martedì 24 dicembre 2024

Il meteo

Sicuramente non sarà “clima”, ma quest’anno, se non altrove, in Abruzzo, l’inverno è almeno incominciato. Non so se proseguirà, ma la neve che ha fatto finora certamente non risolve, ma altrettanto certamente attenua, la crisi idrica in cui le zone pedemontane si trovano dalla primavera scorsa. In questo momento a Pizzoferrato sta nevicando e proseguirà nelle prossime 24/48 ore. Chi mi segue su Instagram ha visto i bei paesaggi degli altopiani maggiori d’Abruzzo, e delle montagne che li circondano, innevati. Il manto nevoso tiene da almeno tre settimane, non è acqua che scorre sulla superficie e finisce nei torrenti, è acqua che lentamente impregna queste montagne carsiche, autentiche spugne, tutte doline e inghiottitoi. Non farei quest’anno quello che avevo fatto l’anno scorso, cioè salire in montagna durante la bufera, perché quest’anno le cose mi sembra che si mettano in modo un po’ diverso, più severo: e poi, la neve tiene, e quindi si può aspettare che esca il sole prima di infilare gli scarponi e quello che le condizioni della superficie consigliano (ciaspole, ramponi).

La bufera, chi può, è meglio che se la goda di fronte al caminetto.

In questo momento, sul massiccio del Gran Sasso sono dispersi due alpinisti. Sto seguendo con apprensione e discrezione la loro vicenda. Non è il primo caso quest’anno. La montagna, la sua solitudine, la sua imponenza, le sfide atletiche e tecniche che pone, attirano sempre più persone. Si va in montagna, o almeno io ci vado, anche per avere paura, per gestire le proprie emozioni, per essere costretti a concentrarsi sul significato dei propri gesti, per cogliere nel grande libro della natura i segnali che possono servirci a tornare in sicurezza. 

Speriamo che questa storia finisca bene. Ad anno nuovo organizzerò alla Camera una giornata sulla sicurezza in montagna. Non so quanto possa interessarvi, ma credo abbia delle lezioni da offrire da cui chiunque, anche chi fa una vita più sedentaria e meno spericolata, possa trarre giovamento.








Fenomenologia degli auguri di Natale


Intervengo sull'ordine dei lavori per condividere con voi una breve riflessione natalizia.

La premessa è che nella mia rubrica ho 4463 contatti. Non so se siano molti o pochi: voi quanti ne avete?

Di questi 4463, tolto qualche doppione, alcuni per fortuna mi odiano, altri purtroppo (o per fortuna) sono morti, ma insomma saremo sempre ben oltre i 3000.

La domanda che mi pongo è: a quale scopo si fanno gli auguri di Natale?

Non so rispondere, e anche qui chiedo il vostro aiuto.

Essendo io attualmente classificato dagli ingenui fra i potenti, suppongo che ci sia una fisiologica quota di "servo encomio": persone che vogliono ricordarmi che esistono. Ci sta.

Avendo io esercitato un certo fascino intellettuale su un'orda di sciroccati (voi), suppongo che ci sia un'altrettanto fisiologica quota di fidanzate: persone che vogliono ricordarmi che mi amano. Ci sta.

Ci sono poi (e non sono pochi) contatti, chiamiamoli così, di lavoro: persone che si sentono in dovere di esercitare un minimo sindacale di cortesia istituzionale. Ci sta e lo apprezzo: del resto, lo faccio anch'io, inviando un po' meno di 400 biglietti di auguri ai sindaci, ai comandanti di vario livello delle varie articolazioni dell'esercito e delle forze dell'ordine, insomma: a tutte le autorità civili, militari e religiose del mio collegio (che, tanto per dirne una, si intreccia con quattro diocesi, con quel che ne consegue...).

Mettiamola così: in linea di principio uno vorrebbe passare il Natale in pace con i propri cari. Certo, non c'è pace per chi non vuole pace, ma quelli sono fatti miei. D'altra parte, mi fate capire bene che senso ha infliggere a un povero Cristo appena uscito dal frullatore della legge di bilancio e che magari vorrebbe semplicemente farsi una corsetta e leggersi un libro (cosa che passo immediatamente a fare) il cilicio di centinaia e centinaia di messaggi (col rischio di perdere quelli importanti, che potrebbero comunque esserci: uno sbarco di extraterrestri non è molto probabile, ma non possiamo nemmeno ritenerlo impossibile)!

Questo atteggiamento è incomprensibile soprattutto da parte degli amici!

Ma cazzo!

"Ti amo, ti voglio bene, quanto sei bravo, quanto sei bello, quanto ti spendi, quanto fatichi, ma come fai a tenere questi ritmi..."

E poi, appena uno può rallentare un attimo, arriva la slavina di tanti piccoli IO che ti scassano la uallera sul telefono perché IO ti sono amico e quindi ho il diritto di assillarti perché IO non sono come gli altri e sicuramente a te farà piacere parlare con IO...

No, perdonami: a me non fa piacere.

Io sono un parlamentare. Per me parlare è lavoro, e sarei in vacanza. Niente di personale: sto semplicemente cercando, per un attimo, di provare a parlare con me stesso e con i miei prossimi. E se veramente tu mi amassi di questo travolgente ammmmoooorrreeee, forse (ma dico forse) potresti capirmi e magari dedicarmi del tempo di qualità: quello che occorre per prendere una cartolina, scriverci qualcosa a mano, e inviarla. Quella è una cosa che indica considerazione e che resta (e infatti le conservo). Il resto è stalking.

Quindi gli "amici" (concetto un po' evanescente, dato che un amico dovrebbe se non capirti almeno conoscerti) o comunque i membri della community che mandano Whatsapp finiscono dritti (senza apertura di messaggio) nelle chat archiviate, cioè vengono ghostati integralmente: spiace per M., spiace per Q., ecc. Oh, va da sé che io al telefono non rispondo mai, e che ora i vostri messaggi non li vedo più! Quindi non potete mandarmi un messaggio per chiedermi di uscire dalla Gehenna, ma d'altronde avete il numero del mio segretario, quindi, se non lo assillate, sarà lui a venirmi a dire dopo le vacanze di assolvervi. Intanto, buon Natale e un consiglio: non assillate la mia segreteria!

Con tutti gli altri, il protocollo (di sopravvivenza) è molto semplice: se il messaggio è a me, cioè c'è scritto qualcosa che mi identifichi (Alberto, professore, onorevole, guru, maestro,...) viene "processato", altrimenti semplicemente si passa oltre: quelli che mandano a tutta la loro rubrica un messaggio impersonale più o meno lezioso, più o meno corredato da immagini più o meno pacchiane andrebbero processati per creazione ultronea di CO2 (anche i PC inquinano...)!

Ci sarebbe un'altra strada, quella tentata con successo dal callido V. e da pochi altri: ingaggiare il contatto con un messaggio di lavoro (finto) per poi inserire in replica alla mia replica gli auguri! A tanta raffinatezza non posso che inchinarmi, ma è una strada che non consiglio a tutti: siete sull'orlo del precipizio delle chat archiviate...

Per inciso, e passando per un attimo all'email: non vi dico che cosa succede quando in una popolazione di circa 400 persone si comincia col giochino del Reply all sugli auguri che qualcuno ha mandato a tutta la lista! Un autentico devasto! Ma per fortuna la mia email non la leggo io. Lo fanno persone pagate lautamente per farlo, questo sporco lavoro: sono il mio preziosissimo ed efficientissimo filtro antidisagio.

Sui messaggi personalizzati, cioè esplicitamente indirizzati al Grinch, e che quindi esordiscono con Alberto, professore, onorevole, guru, ecc. (esclusi quelli degli amici, perché, come vi ricorderete, sono già tutti in chat archiviate) si procede così: se fanno parte delle centinaia di persone già "augurate", che quindi in qualche modo sanno che l'onoré ha pensato a loro e li considera, reagisco con emoji.

Il caso si apre con le persone che non sono già state "augurate" (essendo entrato in politica uso il verbo augurare in modo transitivo, come Cetto Laqualunque). Ma questo setaccio lo passano veramente in pochi, e fra quei pochi ci sono quelli il cui pensiero mi sorprende, qualche volta mi allieta, spesso mi comanda uno sforzo di memoria ("e questo chi diavolo è?") comunque salutare.

A loro rispondo.

Ed è così che un po' in virtù del grande cerchio della vita, un po' applicando il crivello di Bagnai sopra descritto, dalle poche migliaia si passa alle poche decine, e resta un po' di tempo per andare a correre e leggere un libro, cosa che quindi passo immediatamente a fare.

Con l'occasione:



(...avete capito benissimo: vi voglio bene, ma desidero nascondere questa mia inesplicabile fragilità...)

(...non abbiamo parlato dei commenti sul blog: quelli potete usarli, questa è la casa della nostra famiglia, e quando dico che voglio passare il Natale in famiglia intendo dire che voglio passarlo anche qui: non nella cloaca nera, non sulle messaggerie istantanee, che servono ad altro. A proposito: se vedete un extraterrestre, mandatemi un Whatsapp, non una cartolina!...)

domenica 22 dicembre 2024

Politicizzazione (s.f.)

Volevo condividere qui una riflessione che ho svolto molto succintamente, e forse imperfettamente, su uno di quei media locali che, come ci siamo spesso detti (sulla base di una esperienza ormai pluriennale), svettano come giganti nel panorama piuttosto degradato del nostro sistema informativo:

Mi riferisco in particolare a questo passaggio, che "sbobino" per la vostra convenienza:

"La politicizzazione della magistratura è un dato di fatto, che l'ordinamento prevede. L'organo di autogoverno della magistratura è composto anche di membri di nomina politica [i dieci membri laici, NdCN], è diviso in correnti politiche, e questo è un fatto di per sé sano, non malsano. Sarebbe un problema però se le opinioni politiche si nascondessero dietro dei fatti. Nel caso della sentenza di Palermo questo è scongiurato perché è stato affermato che 'il fatto non sussiste'...".

Vorrei chiarire meglio che cosa intendo, partendo dal solito principio che ognuno ha diritto alle proprie opinioni e nessuno ha diritto ai propri fatti (quindi, ad esempio, l'opinione che Salvini sia un puzzone non può diventare, e non è diventata, il fatto che abbia sequestrato delle persone, perché questo fatto non sussiste).

Intanto, è chiaro che negazionare la politicizzazione della magistratura, come fanno certi esponenti di sinistra, non ha alcun senso in re ipsa. Intanto, come chiarivo nell'intervista sopra riportata, l'articolo 104 della Costituzione definisce percorsi esplicitamente politici per la nomina di componenti del suo organo di autogoverno (incluso un importante membro di diritto, il Presidente della Repubblica, che è anche lui eletto dal Parlamento in seduta comune). Ricordo a me stesso che un'elezione non è una sorta di Pentecoste laica in cui i parlamentari si raccolgono, attendendo che cali su di loro la fiammella del "voto secondo coscienza". Un'elezione è il punto di arrivo e di suggello di un negoziato politico, condotto per trovare un compromesso e un equilibrio fra esigenze politiche, equilibrio che spesso si raggiunge trovando compensazioni in altri "tavoli".

Va anche considerato che se le elezioni dei membri laici sono in mano ai partiti stricto sensu, come sapete benissimo le elezioni dei togati sono in mano alle "correnti", che sono, di fatto, il riflesso nella comunità dei magistrati di quello che i partiti sono nella società: strutture organizzate per affermare e difendere una linea di indirizzo politico. In trasmissione da Pancani ho fatto un noto esempio, quello del Congresso di Magistratura Democratica nel 2019, intitolato: "Il giudice nell'Europa dei populismi". Il collega Bonelli, la cui ignoranza è assolutamente scusabile (ignorantia legis non excusat, ma qui si parla dell'ignoranza di un fatto storico, e quindi la scusiamo), evidentemente non sapeva che quella che lui considerava una semplice vignetta satirica era la locandina di quel convegno, ancora rinvenibile nel sito dell'associazione:


Ora: che i magistrati, essendo persone colte, siano anche persone spiritose, lo trovo più rassicurante che preoccupante! Vauro può piacere o non piacere, ma è senz'altro un vignettista efficace (sarà per questo che qualche volta ci infastidisce, ma dobbiamo ammettere che anche quella è efficacia: strano come una vignetta efficace vista da sinistra sembri fastidiosa vista da destra)!

Ma il problema di questo convegno non è la locandina e se essa sia o meno spiritosa (non lo è: è semplicemente apologetica), cosa su cui lui si è incaponito nel corso della trasmissione:

(dal minuto 10 in poi).

No, il problema di quel congresso, volendo vederci un problema, è nel suo assunto programmatico secondo cui "nell'età dei populismi il giudice è chiamato a un lavoro difficile, in bilico tra governo della realtà e ideali di giustizia" (ve l'ho evidenziato in giallo anche nello screenshot, perché so che sembra abbastanza incredibile). Ora, a meno di non voler far rientrare queste parole nella categoria cara a Flaiano delle grandi frasi che non significano niente (non sono sicuro che lui dicesse così, ma il senso era questo), e volendole prendere invece nel loro senso letterale, queste parole letteralmente dicono che secondo MD, nel 2019, il giudice poteva anche parzialmente derogare agli ideali di giustizia per assumere il difficile compito di governare la realtà nell'età dei populismi. Nel concetto di "essere in bilico" è implicito il significato di equilibrio instabile fra due elementi inconciliabili (cioè del cadere da una parte o dall'altra), e qui mi pare che si suggerisca in modo non troppo velato che alla fine sbilanciarsi dalla parte del governo della realtà sia considerato un caso ammissibile. Peraltro, il diritto, la legge, non sono la giustizia: e il giudice in teoria è soggetto solo alla legge, non a (quello che lui legittimamente ritiene sia) la giustizia. Sono due cose diverse.

Aggiungo un'altra sottolineatura precisazionista: perché questo "sporco lavoro che qualcuno deve pur fare" (il governo della realtà) MD sente il bisogno di farlo "nell'età dei populismi"? Perché, ad esempio, non nell'età dei liberismi, quella in cui si crea tanta povertà e ingiustizia sociale che da una parte capisco possa interessare poco l'unico ceto realmente protetto dall'aumento del costo della vita, ma che dall'altra costituisce l'antecedente logico dei populismi che tanto preoccupano certi magistrati?

Cioè: ti preoccupano "i populismi" e vuoi reprimerli, ma non ti preoccupi quando l'austerità fa aumentare significativamente il numero delle persone a rischio di povertà ed esclusione sociale:


portando in terreno negativi gli investimenti pubblici al netto degli ammortamenti (cioè riducendo lo stock di capitale pubblico):


(lo vedete il "tempo in cui si chiudevano gli ospedali" senza che qualcuno avvertisse l'esigenza di governare la realtà?), creando i presupposti del fenomeno che tanto ti spaura?

Il fatto che oggi in Italia dei magistrati di sinistra apparentemente considerino "much social injustice and apparent cruelty as an inevitable incident in the scheme of progress" istintivamente porta a collocarli nel blocco sociale che sosteneva il paradigma economico che Keynes chiama "ricardiano" e loro chiamerebbero "neoliberista", nel quale probabilmente abitano, ma "a loro insaputa", per citare un altro esponente politico (di centrodestra, però...), cioè quello dei rentiers.

Quindi: la politicizzazione c'è, è indiscutibile, negarla sarebbe futile, ma... esattamente come vi ho chiarito che le certezze non vanno valorizzate negativamente quando si parla di ricerca, così vorrei esortarvi a non scagliarvi in modo acritico contro la "politicizzazione", che in determinate circostanze e con determinati accorgimenti mantiene un suo valore positivo (altrimenti dovremmo pensare che la Costituzione è stata scritta male, e qui non credo che nessuno lo pensi: riscritta male sì, scritta male no).

Immagino le reazioni: "Ma come!? Il giudice non deve essere imparziale, e quindi privo di giudizi di valore? Non deve attenersi esclusivamente ai fatti, in modo asettico, direi quasi scientifico?" [CSI docet, NdCN]

Ecco, torna in campo la nostra amica scienza... ed è proprio da uno scienziato che vorrei ripartire, da Gunnar Myrdal, premio Nobel per l'economia nel 1974 insieme a Friedrich von Hayek (ma per motivi ben distanti, tant'è che Myrdal propose di abolire il premio quando seppe che lo prendeva anche von Hayek...). L'opera di Myrdal era citata nel testo di politica economica di Federico Caffè, che ne ricordava il contributo dato all'analisi del ruolo dei giudizi di valore nelle scienze sociali. Il punto che solleva Myrdal è molto semplice: le scienze che si occupano della società, di come organizza il lavoro, di come distribuisce la ricchezza, e quindi in particolare l'economia, che è una scienza sociale, non possono prescindere da giudizi di valore, da una valutazione preliminare di cosa sia "meglio" per una società, di cosa sia, per capirci, il fantomatico "bene comune" (quello di cui blaterano i dilettanti dell'economia e della politica - e dell'economia politica e della politica economica). E siccome non possono farne a meno, sarebbe erroneo che avessero la pretesa di farlo: i giudizi di valore non vanno rimossi freudianamente, ma vanno esplicitati, affinché chi si accosta a una ricerca sia in grado di tenerne conto. 

Vedo (ma forse lo vedo solo io) un filo rosso che lega la pretesa di neutralità ideologica della "vera" scienza (di cui l'assenza di giudizi di valore nelle scienze sociali è una declinazione), alla pretesa di imparzialità del giudice, come, del resto, alla pretesa di obiettività del giornalista che "separa i fatti dalle opinioni": è il filo rosso dell'ingenuità.

Per sostanziare questi argomenti, sono andato a riprendere il testo di Myrdal, ma non avendo sotto mano la mia edizione italiana (nella Nuova Biblioteca Scientifica Einaudi: forse lo vedete alle mie spalle quando parlo ai telegiornali), mi sono trovato un pdf online, e rileggendolo a distanza di forse trent'anni c'è una cosa che mi ha colpito moltissimo:


Come esempio di termine value-loaded, cioè che porta con se un giudizio di valore (positivo), Myrdal sceglie proprio "integrazione economica", cioè, nel nostro contesto: "più Europa"!

Per capire che cosa si intende con termini value-loaded o con giudizi di valore: siccome la disintegrazione è un processo violento e doloroso, ovviamente l'integrazione è, a contrario, una bella cosa a prescindere, mi seguite? Ecco in che modo i giudizi di valore si insinuano nel ragionamento scientifico (e non solo nelle scienze sociali). Tuttavia Myrdal evidenzia che il fatto che un termine, anche se usato in un'indagine scientifica, abbia una implicita connotazione valoriale, non è di per sé un motivo per rifiutarlo. Aggiunge Myrdal che è stato un errore il tentativo fatto per oltre un secolo di rendere "oggettivi" i principali concetti dandone una definizione "puramente scientifica" ipoteticamente non associabile a valutazioni politiche. Questo esercizio di purificazione si è risolto nell'invenzione di sinonimi dall'aspetto più innocente: un tentativo che era destinato all'insuccesso. I giudizi di valore infatti avevano una loro logica e una loro funzione, e quindi hanno perforato anche la corazza delle definizioni "puramente scientifiche".


In effetti, "una scienza sociale disinteressata non è mai esistita e non può esistere per motivi logici". Le società umane possono essere studiate solo dal punto di vista degli ideali umani, sono questi a provocare il nostro interesse per lo studio, a indirizzarlo, e a rendere significative le nostre conclusioni. Quindi i concetti stessi, le categorie, delle scienze sociali, non possono essere definiti se non in termini di valutazioni politiche, ed è per garantire il rigore scientifico del ragionamento che queste valutazioni dovrebbero essere esplicitate. 

Questo è il punto: non è un buono scienziato sociale chi nasconde i propri pregiudizi politici magari dietro la cortina fumogena di qualche formula matematica, ma chi li dichiara e li pone esplicitamente a base del discorso.


Naturalmente i giudizi di valore su cui una ricerca si fonda devono essere rilevanti e significativi per la società in cui viviamo. Tuttavia, non è così immediato orientare la propria ricerca su "quello che gli uomini effettivamente desiderano", per il semplice fatto che "gli uomini" (non nel senso di risorse, nel senso di individui) hanno informazioni molto incomplete. Una premessa di valore rilevante dovrebbe essere corretta nel senso di interpretare che cosa le persone desidererebbero se la loro conoscenza del mondo fosse più completa, ma non c'è metodo econometrico che consenta di fare questo esercizio prescindendo dalle valutazioni individuali delle persone. E quindi, ad esempio, nessuna discussione sull'opportunità di una maggiore integrazione economica internazionale ("più Europa!") è sensata, se prescinde da un insieme di valutazioni politiche che devono essere rese esplicite. Se si attribuisce un significato al termine "integrazione" senza esplicitare alcuna premessa di valore, restano le premesse implicite, che corrispondono alle preferenze politiche dell'autore, o a quelle del suo contesto nazionale. Ma, conclude Myrdal, dato che queste premesse restano nascoste, non solo lo studio è pretenzioso (perché cerca di affermarsi come neutrale e oggettivo), ma effettivamente fraudolento, anche laddove la frode sia inconsapevole.

Per sintetizzare quanto detto fin qui: una buona scienza sociale deve essere politicizzata, perché solo questo le conferisce la necessaria trasparenza, consentendo di verificare il rigore logico degli argomenti usati. Del resto, è questo, non la matematizzazione, ad affratellare le scienze sociali alle cosiddette scienze "naturali" o "dure": il fatto che si configurino come scontro politico fra paradigmi, fra concetti value-loaded, cioè il fatto che siano, entrambe le categorie di scienza, umane (eh, sì, devo darvi una brutta notizia: non esiste la scienza disumana, come non esiste la società incivile...).

Per esemplificare, e rifacendoci alla nostra esperienza di crescita in questo blog: è stata una chiara indicazione delle premesse di valore ad aiutarci a distinguere il pensiero sciamanico del "ci vuole più qualcosa (Europa, dosi, ecc.)" da un corretto ragionamento scientifico, è stata la corretta individuazione ed esplicitazione degli interessi di classe sottostanti, ad esempio, a farci capire perché per ridurre il rapporto debito/Pil sono state fatte politiche che secondo i manuali di economia lo fanno aumentare e che conseguentemente lo hanno fatto aumentare, e così via. Insomma: senza premesse di valore è pretenzioso pensare di poter unire i puntini.

Bene.

Ma con Palermo questo che c'entra?

Un po' forse c'entra. 

Sì, sono d'accordo: la moglie di Cesare ecc., la forma è sostanza ecc. Quindi l'apparenza dell'imparzialità, della de-politicizzazione, andrebbe forse mantenuta, e quando non si desideri farlo e si scenda in piazza forse è meglio trarne le conseguenze.

Ma si può anche ragionare in modo diverso. Partiamo dal presupposto che anche i magistrati non possano prescindere, nella loro attività, che è un'attività di ricerca, da giudizi di valore (mi sembra un dato fattuale: basta leggersi gli atti dei loro convegni)! E allora sarebbe ingenuo tentare di imporre loro un atteggiamento "puramente giurisdizionale", come sarebbe ingenuo nelle scienze sociali tentare di imporre un lessico e un'agenda "puramente scientifica".

Quello però che si può fare è garantire equilibrio fra i vari concorrenti nel mercato della politica: non può esserci una concorrenza sana se alcuni partecipanti possono privare gli altri della libertà, ma il reciproco non è consentito. E quindi, le cose stanno così: o si consente ai vostri rappresentanti di inquisire i magistrati (ma sinceramente, con tutto il lavoro che abbiamo da fare, e non avendo una preparazione professionale specifica, ne farei anche a meno), o si ritorna alla Costituzione del 1948, e al suo articolo 68, che assicurava l'immunità ai rappresentanti del popolo sovrano.

Il problema, insomma, non è la politicizzazione! Sarebbe molto peggio l'ipocrisia o la dissimulazione! Il problema è lo squilibrio (non la mancanza di separazione: la mancanza di equilibrio) fra i poteri.

La soluzione a questo problema è piuttosto ovvia, e i Costituenti, che ci avevano pensato, l'avevano anche introdotta in Costituzione: l'articolo 68 nella sua versione originale.

Non è l'unica soluzione, va da sé! Se ne possono immaginare tante altre: ad esempio, riformare l'art. 104 introducendo un criterio di sorteggio per il CSM, o prevedendo un CSM di soli laici o comunque con una maggioranza (o una più forte rappresentanza) di laici, o adottare un modello ibrido come quello francese in cui il procuratore mantiene un rapporto forte con l'esecutivo, o quello che volete (qui gli esperti siete voi, non crediate che me ne sia dimenticato, e certo non io).

Certo è che qualcosa andrà fatto, e probabilmente il miglior modus operandi, per chi, come noi, ha ampiamente studiato i danni fatti dall'antipolitica, è tentare di risalirne la china: finanziamento pubblico ai partiti e immunità parlamentare. Non sarà un compito facile, ma è un compito che voi dovreste ritenere necessario se non altro per esercitare quel diritto il cui esercizio è più dolce e liberatorio e tanto vi molce il cuore da mane a sera nella cloaca nera (rima intenzionale): il diritto al mugugno! Perché, questo possiamo dircelo, lamentarsi di una classe politica cui sono stati tolti strumenti fondamentali per strutturare un ceto politico e per sottrarsi a condizionamenti impropri non è un esercizio particolarmente onesto intellettualmente. Qui credo siano pochi quelli che si sono lasciati convincere che vincendo la sua lotta contro la politica il popolo si sarebbe liberato! Ma altrove sono ancora egemoni, e questo richiede un dispiego di mezzi e di impegno che nelle condizioni attuali è impossibile.

Non ci vuole più Europa: ci vuole più politica.

E chi è qui da un po' sa quanto, e perché, questi due termini, presi nella loro accezione corrente, siano così radicalmente antitetici...

venerdì 20 dicembre 2024

Perché il fatto non sussiste

…spiace per chi ci sperava, e fa invece piacere poter confermare la fiducia nelle istituzioni, o almeno (per evitare la reificazione!) nel senso dell’opportunità di chi le popola.


(…mentre vi scrivo, aspettando di esprimere il voto finale sulla “manovra”, i fatti di Magdeburgo sono ancora riportati dalla stampa con la formula “un uomo”. Vedrete che sarà l’ennesima conferma che il capo forse non ha sempre ragione, ma non ha quasi mai torto…)

giovedì 19 dicembre 2024

L’esegesi di Draghi, parte prima

Ed è finalmente apparso il testo di LVI, sul quale credo che dovremo soffermarci a più riprese.

Oggi è stata una giornata molto lunga, perché alla Camera, a differenza di quanto accade al Senato, per non so quale motivo che approfondirò nel mio testo di antropologia parlamentare comparata, non è possibile scegliere la fascia oraria in cui si preferisce intervenire, né tantomeno saperla prima di aver varcato la soglia dell’AVLA. Quando ieri la capogruppo in commissione bilancio Silvana Comaroli mi ha chiesto se volessi intervenire in discussione generale ho  accettato immediatamente, non per presenzialismo ma per liberare le colleghe e i colleghi della commissione, che si erano tanto spesi nelle notti precedenti, da un impegno ulteriore. Ciò comportava essere lì alle 8:00, Ma questo non è un problema, perché, come sapete, io mi sveglio presto. Per qualche disguido organizzativo però, il governo non era presente in aula e senza governo (cioè senza un sottosegretario - di solito - o un ministro - nelle occasioni particolari) i lavori parlamentari non possono svolgersi. Mettici l’attesa del sottosegretario, mettici le giuste rimostranze dell’opposizione sull’ordine dei lavori (sull’ordine dei lavori può intervenire un rappresentante per gruppo, e quindi: misto, PD, 5 Stelle, Italia Viva, e un altro), Mettici lo svolgimento della relazione, che la relatrice di maggioranza ha semplicemente depositato per tagliare corto, io, che alle 7:55 avevo appreso che avrei parlato intorno alle 9:30, mi sono ritrovato a parlare alle 10:57. Poi c’è stato un giro di auguri di Natale, poi c’è stato un giro di disbrigo di corrispondenza, poi c’è stato un giro di sindaci del territorio (a uno il vento ha scoperchiato una chiesa, e non è una cosa bella; ad altri l’ANAS riprenderà in carico una provinciale che li collega e che la provincia, grazie alla riforma Delrio, non riesce a tenere in ordine, e questa invece è una cosa positiva, non tanto la centralizzazione, quanto il fatto che di una strada che una volta era statale e poi è stata declassata a provinciale, torni ad occuparsi lo Stato che ha un po’ più di risorse della provincia), poi sono passate a visitarmi delle persone, poi mi hanno telefonato altre persone, insomma: la sintesi è che ho dimenticato il pc in ufficio e quindi vi sto scrivendo dal telefonino per cui la faccio molto corta, nel mio perenne scrupolo di essere severo, sì, ma giusto.

L’agenzia che ho citato nel post precedente, infatti, riportava il pensiero del nostro omettendo una parte potenzialmente rilevante, che vorrei utilizzare a suo discarico. Il virgolettato giornalistico (perifrasi per: menzogna) era, lo ricorderete: “tutti i governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna, ma almeno fino alla fine della pandemia, hanno preferito non utilizzare questo spazio“. 

Messa così suona veramente assurda, perché, come abbiamo imparato, al punto di intestargli una associazione scientifica che qualcosa ha prodotto, la situazione europea è caratterizzata da asimmetrie rilevanti, per cui suona strano di per sé che tutti i governi possano trovarsi nella stessa posizione. Il testo, in realtà, comincia un rigo sopra. Il virgolettato è tradotto bene, insomma, ma ne manca il primo pezzo, che provo a tradurvi io: “e squilibri commerciali globali molto grandi producevano una pressione al ribasso sui tassi di interesse reali che faceva sì che tutti i governi, ecc.”.

Ora, se dovessi dirvi, io così, a mente, il nesso fra squilibri commerciali (di quale segno?) e pressione al ribasso sui tassi di interesse non riesco a spiegarmelo. Se ci rifacciamo al modello che abbiamo spesso considerato, quello del ciclo di Frenkel, il paese importatore è tale anche perché in esso l’inflazione è più alta, il che determina:

1. uno svantaggio di prezzo dei suoi beni rispetto a quelli dei concorrenti (un apprezzamento del cambio reale);

2. Un tasso di interesse nominale più alto, che ha il duplice scopo di cercare di raffreddare l’inflazione da un lato, e dall’altro di attirare i capitali esteri necessari per finanziare il saldo negativo della bilancia dei pagamenti.

Possiamo immaginare che un discorso uguale e contrario valga per il paese esportatore, che intanto riesce ad esserlo in quanto controlla i prezzi, controllando i salari (e questo pezzo del ragionamento Draghi non riesce più a nasconderlo e lo svolge molto bene), il che gli consente di tenere bassi i tassi di interesse e quindi, in ipotesi, di creare spazio fiscale, cioè, spazio di manovra per la politica di bilancio (posto che questo spazio non si crea solo con bassi tassi di interesse, ma anche con alti tassi di crescita).

Insomma: nella versione abbreviata il discorso di Draghi non gira ed ha anzi il sapore acre di una atroce beffa a chi ha subito un danno superiore a quello di un conflitto mondiale. Nella versione estesa, però, non è che giri molto meglio. A mio sommesso avviso, ma può darsi che mi sbagli, girerebbe meglio se fosse scritto così: “surplus molto grandi di bilancia dei pagamenti producevano in alcuni Stati una pressione al ribasso sui tassi di interesse reale, che creava uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda, ma almeno fino alla pandemia in Europa gli Stati in surplus hanno fatto la scelta deliberata di non utilizzare questo spazio”.

Così il discorso fila, e diventa quello a noi ben noto del partigiano Joe, ma anche di quello che, all’inizio del Blog, chiamavamo affettuosamente l’hidalgo de la Sierra, e che il senatore Garavaglia all’epoca chiamava il “ragioniere Monti”. Un discorso meno beffardo (perché accusare l’Italia di non aver speso da parte di chi gli aveva proibito di spendere sarebbe oggettivamente un’atroce beffa), ma non meno fallace sotto almeno due ordini di considerazioni.

Intanto, la storia che abbiamo sentito più volte, anche dall’Hidalgo, secondo cui la Germania avrebbe dovuto, dovrebbe, dovrà, spendere di più per sostenere la crescita europea, è abbastanza futile sotto il profilo politico, rientrando in quella categoria di fallacie logiche che in questo blog abbiamo definito pinball theorem (il teorema del flipper: se mio nonno avesse cinque palle sarebbe un flipper). L’Hidalgo, se ricordate, la enuncia nel famoso video sulla distruzione della domanda interna. Dice, l’Hidalgo: “Abbiamo distrutto domanda interna per ristabilire la competitività e quindi ci dovrà essere un rilancio della domanda europea”. Ora, esistono 200 casi di poliorchia attestati in letteratura, ma non si va oltre le quattro palle. Mi affretto ad aggiungere che non è solo per questo, e non è neanche principalmente per questo, che un nonno non è un flipper. Di converso, sappiamo che esistono molti tedeschi generosi: lo sono, ad esempio, quelli che generosamente finanziano le navi delle ONG al nobile scopo di destabilizzare politicamente il nostro paese. Tuttavia, desumere da questo che la Germania possa avere una fiscal stance generosa sarebbe da ingenui, per restare in argomento. Di ingenui ne conosciamo almeno due: uno è il partigiano Joe, e l’altro è l’Hidalgo. Se ci dovessimo aggiungere anche Draghi, sarebbe poliorchia. Una posizione fiscale austera serve al capitalismo tedesco a regolare i conti coi propri lavoratori, e quindi difficilmente la prenderà indipendentemente dal fatto che al governo ci siano socialisti, democristiani, verdi, gialli, neri, rossi o blu. Semplicemente, i loro rapporti sociali di produzione funzionano in quel modo lì, da secoli, e chi tentasse di contrastare una tendenza simile manderebbe il sistema in una contraddizione tale da restare stritolato (e fra un po’ avrete conferma di quello che vi sto dicendo).

Supponiamo, però, che il ragionamento di Draghi sia effettivamente questo, che lui abbia voluto fare quello che in realtà non ha fatto, cioè rimproverare alla Germania quello che praticamente tutti gli altri le hanno rimproverato, cioè di essere la causa della crisi europea, il tumore del nostro sistema economico e politico. Se fosse così, il suo pensiero odierno non andrebbe in contraddizione con la sua lettera del 2011, perché andrebbe letto nel senso che l’Italia, essendo un paese in deficit estero, spazio fiscale non ne aveva, e quindi non doveva usarne. Ma questo aprirebbe a due altre considerazioni. Intanto, si chiarirebbe una volta per tutte che la misura dello spazio fiscale non è il deficit pubblico ma quello estero: posso spendere, e quindi spingere sulla crescita, finché non vado in deficit di bilancia dei pagamenti. Significherebbe cioè dare ragione a chi proponeva, nei lontani anni 10 di questo secolo, un external compact come cardine della politica di bilancio degli Stati membri. Cioè, a me. Qualcosa (compresi gli sguardi a 0 K) mi dice che non fosse questa la principale motivazione dello scritto del presidente Draghi. 

Di converso, però, sappiamo che il ragionamento secondo cui chi è in deficit deve tirare i remi in barca, vale solo in determinate circostanze. Siccome, con buona pace degli economisti della troika, il moltiplicatore keynesiano esiste, l’idea di tirare i remi in barca quando si è in deficit estero funziona solo finché il rapporto debito/Pil è inferiore a uno. Se il rapporto debito/Pil è una frazione impropria, invece, questa idea è sbagliata, come io vi dissi nel 2012 in un post che vale sempre la pena di rileggere e far leggere, e che ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale una autorevole conferma (di cui 11 anni dopo non ci facciamo un cazzo di niente): i riferimenti estesi li trovate in questo post sugli spingitori di austerità.

Insomma, tiriamo le somme che domani è un’altra giornata lunga: o non capisco io, e ci può stare, perché la bibliometria non è una scienza esatta, oppure il discorso che Draghi conduce è spiacevolmente reticente e ambiguo. Lo spazio fiscale ce l’avevano tutti gli Stati (ma allora perché hai fatto quel cazziatone a noi?) o solo quelli in surplus? E se l’interpretazione è quest’ultima, siamo sicuri che gli Stati in deficit non avessero spazio per fare politiche espansive, visto che impedirgli di farle ha portato il loro debito a crescere, nel nostro caso dal 120% al 135% del Pil?

Insomma, come la metti la metti, in questo discorso c’è sempre qualcosa che non torna, e solo due cose sono assolutamente nitide ed evidenti: la prima è che tutte queste seghe mentali argomentazioni sono solo un gigantesco spot pubblicitario per la CMU. La seconda è che da quest’ultima dovremmo stare ben distanti in base al principio timeo Danaos et dona ferentes. Niente di personale, naturalmente, ma se chi ci dice di mettere nella cassa comune i nostri risparmi è la stessa persona che ci dice che seguendo i suoi consigli abbiamo determinato una massiccia fuga di capitale all’estero, se chi ci chiede di mobilitare la nostra liquidità oziosa è la stessa persona che quando ci diceva di tirare i remi in barca, sbagliava, che ne fosse consapevole o meno, allora forse è meglio che i nostri risparmi ce li teniamo per noi e la nostra liquidità la mobilitiamo se ci va e quando ci va e agli scopi che decidiamo noi.

E, ancora una volta, se sbaglio certamente mi correggerete. Ma, come vi dicevo, su questa seconda parte dovremmo intrattenerci un po’ più.

Per questa sera è tutto, ci vediamo domattina a Coffee Break.


domenica 15 dicembre 2024

Dr. Draghi and Mr. Mariou, per gli amici: uva.

In una delle tante chat di coordinamento che ho messo su nella scorsa legislatura un giorno apparve questo emoji: 🍇. Uva! "Perché?", chiedemmo al geniale amico che ne aveva fatto un uso apparentemente decontestualizzato. E lui rispose con la nota frase di Cossiga. L'emoji era un acronimo. Da allora al posto dello scontato  🐲 lui per noi è 🍇.

Ora, io pensavo, perché sono di animo buono: affarista sì. In fondo, anche se suona un po' spregiativo, è però fattuale. Il nostro ha lavorato per anni in banche d'affari, quindi un affarista, oggettivamente, lo è stato. Viviamo in un'economia monetaria e finanziaria, non siamo necessariamente nostalgici dei soviet, quel lavoro (il banchiere d'affari, in sintesi l'affarista) qualcuno deve pur farlo, non si vede perché inveire come Cossiga.

E poi, pensavo, l'economia la sa, e ultimamente ce l'ha anche dimostrato, a La Hulpe, e anche oggi, quando è riuscito a stupirci con una dichiarazione che sarebbe per noi banale, se non provenisse da una fonte così autorevole (il mezzo è il messaggio):


E certo, voi frasi simili ("una bassa crescita dei salari come strumento per aumentare la competitività esterna, aggravando la debolezza del ciclo reddito consumo") le conoscevate bene, ma finora le avevate incontrate solo in questo blog o in un libro scomodo, Il tramonto dell'euro, ad esempio a pag. 230:

ma anche qui, proprio all'inizio, a pag. 11:


Ah, che il libro fosse scomodo non l'ho detto io: l'ha detto l'ex presidente di JP Morgan Italia qui, in pubblico, specificando che due istituzioni erano intervenute per scongiurare che gli si conferisse un premio letterario particolarmente prestigioso. 

Ma insomma, essere confortati nella nostra analisi (che poi nostra non era: era di Mundell) dal prestigio di cotanto studioso sarebbe comunque una soddisfazione, no?

Peccato che questa soddisfazione sia velata da un filo di amarezza. Non di acredine, né di acrimonia, né di acribia: ne sono immune, come ben sapete. No, solo di amarezza, perché ho finalmente capito che cosa intendesse il Presidente Cossiga per viltà.

Vedete: è vero che "tutti i Governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna" (notate bene: tutti)! E certo, noi lo sapevamo bene: ciò dipendeva dal fatto che il debito pubblico con la crisi c'entrava ben poco, come vi avevo spiegato all'inizio del blog!

Ma è vile dire che essi "hanno scelto deliberatamente di non usare questo spazio", perché almeno uno, il nostro, questo spazio non l'ha utilizzato non per sua scelta deliberata, ma perché ha ricevuto una letterina, questa:

(il testo integrale lo trovate ancora qui), e in quella lettera no, non c'era scritto "usa pure il tuo spazio fiscale". C'era scritto: "ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie", "fabbisogno netto all'1% nel 2012", riforma delle pensioni, blocco del turnover, riduzione degli stipendi pubblici, clausole di riduzione automatica del deficit, ecc.

Insomma: tutta la galleria degli orrori dell'austerità, quella che ha causato questo disastro:


questo eccidio economico di cui il PD è stato volenteroso esecutore e spietato carnefice (qui il dettaglio delle misure prese dal PD in attuazione della lettera). E quella lettera non l'aveva scritta Barbablù, Dracula, o qualche grigio Eichman di Bruxelles: no, l'aveva scritta lui, 🍇. E in questo consiste la viltà: che dopo aver fatto il possibile per ignorare il grido di allarme che veniva non solo, ma soprattutto da qui, e verosimilmente per tentare anzi di silenziarlo, ora lui se ne esca così, attribuendo ai governi che teneva per la gola la responsabilità politica di quello che era stato lui a chiedere di fare.

Con qualcuno, in effetti sono comunque stato ingiusto.

Ma non con 🍇.

Con Cossiga.

Da dove sei, scusami, Presidente: avevi ragione da vendere, e io facevo male a diffidare del tuo senno. 


(...mai vista una faccia di bronzo simile!...)

Ca' Sagredo: die Ewige Wiederkunft des Gleichen

 ...e non mi riferisco al fatto che dopo quattro secoli un politico fiorentino (questa volta vivo) si aggirava per le stanze della nobile dimora sul Canal Grande ragionando dei massimi sistemi del mondo (che nel frattempo sono diventati più di due, per via di una serie di anomalie succintamente descritte qui).

Mi riferisco invece all'ansia, che qui all'inizio abbiamo tutti provato e condiviso, dei portatori di una verità tecnica in contrasto con la narrazione unica e accettata di dare alla propria visione del mondo uno sbocco politico rivoluzionario (in senso proprio, non epistemologico). La verità tecnica può essere un qualsiasi banale dato misurabile, come ad esempio il fatto che la crisi del 2010 non potesse essere da debito pubblico ma evidentemente fosse da debito estero (lo dicevano le dimensioni relative di questi due tipi di debito e la loro dinamica), o il fatto che l'inoculo di una certa sostanza non si arresti nel deltoide ma circoli per il corpo umano. Le conseguenze di simili, banali, misurabili dati di realtà tendono ad essere naturalmente "disturbanti", potenzialmente "devastanti" per un insieme di assetti istituzionali costituiti (dalle Banche centrali agli Ordini professionali ai Governi alle multinazionali), il che spiega ovviamente la resistenza che si incontra nel portarli all'attenzione del pubblico e del cosiddetto decisore cosiddetto politico.

La fortuna di ContiamoCi è che Dario Giacomini è una persona tenace, posata e intelligente, che ha avuto l'opportunità, tramite Elisabetta, di confrontarsi con me e Claudio e avere un rapido primer sulle cose da non fare per assicurare al proprio progetto un minimo di sopravvivenza. In qualche modo siamo riusciti a trasmettergli un po' della nostra esperienza. Il Dibattito (cioè questo blog) non è stato del tutto inutile: sta aiutando i suoi nipotini, i dibattitini, a non sbattere il capino a qualsiasi spigolo e a non sbucciarsi le ginocchia ad ogni inciampo. Noi moriremo, loro cresceranno, e se ci sarà travaso di conoscenza cresceranno più sani e più forti. Certo, molte previsioni del Dibattito, come quella che non si può costruire una coscienza di classe sulla base di una minaccia esistenziale individuale e diretta, si stanno rivelando drammaticamente corrette (l'ho appena condivisa col Prof. Frajese, mi interesserebbe sapere che ne pensa e mi sembra abbastanza smaliziato da essere giunto autonomamente a certe conclusioni, esattamente come Giacomini). Gli studenti contro il greenpass si addormentarono leoni e non si sono più svegliati (e se si svegliassero farebbero rima, probabilmente obnubilati dall'odio estetico verso Salveeneeh...), in generale l'adesione ai movimenti che si proponevano di difendere la libertà è rapidamente decelerata al riapparire di una parvenza di libertà, ma anche qui si vede l'intelligenza di ContiamoCi, che ha spostato il piano del conflitto là dove esso è situato, nei rapporti fra capitale e lavoro, costituendo un sindacato. Ci sono forme di vita associativa intelligente su questo pianeta...

Riporto quindi qui a caldo qualche considerazione politica sulle osservazioni politiche fatte a margine del dibattito, da alcuni astanti e da alcuni relatori.

Intanto, era da parecchio tempo che non sentivo più a tavola la parola "proporzionale".

Son dovuto tornare indietro di anni, ai tempi dei dibattiti cor Nutella o cor Melanzana (ve li ricordate? Ogni tanto riaggallano...), ai tempi in cui anche noi, o meglio voi, pur avendo io rifiutato in radice la prospettiva "famoerpartitista", vi ponevate, nella vostra lecita ansia per la salute del Paese, lo stesso problema che oggi si pongono altri, nella loro lecita ansia per la salute delle persone: portare in Parlamento qualcuno che sapesse la (nostra) verità e potesse dirla in quella sede! Il ragionamento era: con un sistema proporzionale puro (e un migliaio di parlamentari), se anche fossimo l'un per cento della popolazione ci sarebbe possibile portare in Parlamento un drappello di eroi (magari due deputati e un senatore), mentre col sistema attuale il consenso viene drenato dalle coalizioni, negli uninominali non c'è speranza, e nella quota proporzionale i candidati vengono messi in ordine di priorità dalle segreterie dei grandi partiti (per cui il portatore di una battaglia ideale può solo aspirare ad essere un riempilista).

Questa nostalgia del proporzionale mi appariva sbalorditiva, incongruente, alla luce della consapevolezza, diffusa nel mio partito, che il sacrificio fatto sostenendo Draghi fosse servito, fra l'altro, proprio ad evitare che il PD ursuleggiasse o nazzareneggiasse imponendo... una legge elettorale proporzionale! Eh sì, perché nel pacchetto, insieme allo jus soli, alla legge Zan, alla revisione del catasto, c'era anche questa roba qua, vista dal centrosinistra come uno strumento per garantire la propria sopravvivenza, impedendo al centrodestra di difendere le proprie posizioni nei collegi uninominali. La formula del "centrodestra di governo" impediva a FI di cedere alle sinistre sirene del PD: lo strappo sarebbe stato troppo visibile per i loro stessi elettori. Capite bene, tuttavia, che, dopo essere passati da un trauma simile, vedere persone tendenzialmente di destra e affezionate alla propria libertà considerare come liberatoria una prospettiva che per il centrodestra sarebbe stata suicida (e per scongiurare la quale ci eravamo letteralmente dissanguati) era piuttosto shoccante!

Ma ancor più devastante era il riandare con la memoria ai giorni ormai lontani in cui questa prospettiva era la nostra, o meglio la vostra, perché il mio radicale dissenso dal famoerpartitismo mi rendeva piuttosto freddo rispetto ai dibattiti su tecnicismi che avrebbero potuto agevolarne il percorso.

Può essere di qualche utilità ricapitolare i ragionamenti che mi portavano a ritenere un simile percorso pericoloso ex ante e mi portano a ritenerlo futile ex post (togliendo quindi qualsiasi appeal alle riflessioni sulla legge elettorale, anche al netto della inesorabile legge bronzea della riforma elettorale: 

Qualsiasi legge elettorale si risolve in una catastrofe per chiunque la proponga nel tentativo di avvantaggiarsi sull'avversario

...gli esempi portateli voi!).

Ex ante ero terrorizzato dal fatto che il nostro movimento culturale venisse infiltrato da persone il cui scopo fosse screditarlo o appropriarsi delle risorse che il consenso portava con sé, estromettendo chi questo consenso lo aveva, involontariamente, costruito. Non era un'ipotesi così assurda: qualcuno si ricorderà la storia di Badiale sprangato fuori dal suo blog, ad esempio, e molti ricorderanno personaggi un po' ambigui e oggettivamente pericolosi come quel simpatico operatore informativo che qui ribattezzammo Donald. Ero anche sconcertato dalla diffusa inettitudine dei più sfegatati sostenitori del famoerpartitismo, e non lo nascondevo (non a caso i due protagonisti di quel post sono diventati cheerleaders della squadra delle amanti tradite!). Il colpo di grazia alla dimensione famoerpartitista lo dette una cena organizzata in Emilia, il cui scopo era quello di esaminarne l'agibilità con dei volenterosi, resi  autorevoli da esperienze parlamentari relativamente fresche. Alla mia semplice domanda: "Va bene, allora supponiamo di andare avanti: quante firme bisogna raccogliere e come si fa?" nessuno seppe rispondere. RIP famoerpartito! Esporsi con una simile armata Brancaleone era ovviamente pericoloso, molto pericoloso, senza contare che, ancora una volta, avrei dovuto fare tutto io, sottraendo altro tempo non tanto alla famiglia (cui non ne dedicavo già più, ma al Dibattito e al lavoro). Tra l'altro, quanto potenti fossero i miei nemici voi forse non lo sapevate, ma io lo sapevo (e oggi viene raccontato anche in pubblico): non gli sarebbe parso vero di far fare un bel bagno di ridicolo a uno che li umiliava intellettualmente in qualsiasi confronto!

Quel tipo di obiezione è superata dai fatti: ex post, più che la pericolosità del percorso, mi demotiva la futilità dell'obiettivo, sotto due profili:

1) va bene, porti alla Camera un deputato, e poi?

2) ma soprattutto, come scegli l'eroe da portare al fronte?

Svolgiamo brevemente il punto (1): sull'effettivo impatto delle battaglie di pura testimonianza credo di non avere più nulla da spiegarvi. Il bottone rosso in faccia al MES l'ho schiacciato io, non Paragone, come pure il suggerimento di usare il milleproroghe come veicolo per l'abrogazione delle multe l'ho dato io, non la Cunial! Questo per il semplice fatto che loro non c'erano, e io invece sì, e il mio esserci non era frutto del caso, ma del non aver voluto fare una battaglia di pura testimonianza narcisistica (al costo di prendermi, quando necessario, le mie badilate di tiepido e fumante letame in faccia, e di deludere l'inconsolabile Silvia). Nulla contro queste tre persone sul piano umano, s'intende, ma la testimonianza non basta. Avere uno "speakers' corner" nel fritto Gruppo misto è meno rilevante che averlo ad Hyde Park, in tutta sincerità: tempi contingentati, esclusione dalle riunioni di maggioranza, difficoltà a seguire i lavori di Commissione, impossibilità di avere un qualsiasi tipo di incarico (e conseguentemente di avere staff)... Sapete bene che io non sono un alfiere del gigantismo come elemento catalizzatore della produttività (per uno strano caso del destino, proprio in questo momento un simile alfiere si siede di fronte a me), ma è indubbio che nell'ecosistema della politica le microimprese non trovano spazio. Qui i casi sono due: o sei totalmente sprovveduto, o sai positivamente che il voto che chiedi non servirà a nulla. In entrambi i casi, con che faccia vai dall'elettore a chiederlo? Abbiamo anche la controprova: la storia dimostra che se si creano le condizioni di agibilità politica il Rosatellum molto più del proporzionale consente di coinvolgere in Parlamento portatori di battaglie ideali. Oggi ne avete uno in Senato (Claudio) e uno alla Camera (io). Ovviamente questo coinvolgimento presuppone certe doti sia nel coinvolto che nel coinvolgente! Non è facile realizzare questa doppia coincidenza di interessi e di visione. Ma è sempre molto più facile che trovare l'unicorno politico che dai banchi del Gruppo misto, dicendo rigorosamente "la veritah" e lavorando alacremente, riesca a polarizzare il consenso attorno alla sua singola battaglia ideale, in un mondo in cui centinaia di persone si aggirano animate da un perenne moto browniano sospinto verso obiettivi estemporanei da sollecitazioni individuali randomiche (l'emendamento tale, l'ordine del giorno talaltro, la direttiva X, il regolamento Y, Confquesto, Assoquello, ecc.).

Chiaro, no?

Come pure l'idea, ancillare rispetto a questa, di "partire dal basso" prendendo "anche solo un consigliere in un Comune", per poi "crescere sul territorio" e infine espugnare la Bastiglia. Alla precisa domanda: "ma avere un vostro tesserato come sindaco che vantaggi vi sta dando in termini operativi o politici?" non c'è stata risposta e non ci poteva essere risposta, come io sapevo, perché anche questa è stata una declinazione del Dibattito (ricorderete la storia di Gianluca, un amico di Goofynomics che ha voluto tentare questa avventura, e sta insistendo con ammirevole pervicacia, nel quadro di quelle esperienze che qui abbiamo affettuosamente chiamato zerovirgoliste: ho grande affetto e rispetto per lui, ma la sua esperienza ci deve essere di insegnamento).

Svolgiamo ora il punto (2): posto comunque che anche una battaglia di testimonianza abbia una sua utilità e una sua dignità (in realtà l'unica utilità che ha - per le forze conservatrici - è quella di screditare chi come me cerca di orientare in una certa direzione l'azione delle forze potenzialmente rivoluzionarie), chi mandi a combatterla? Come lo scegli? Indipendentemente dalla legge elettorale, ci saranno sempre posizioni in cui ce la si gioca e posizioni in cui si è pressoché certi di andare a battere una musata. Ed è proprio qui, in questa fase genetica, che generalmente i movimenti zerovirgolisti esplodono (mi sembra di aver intravisto dinamiche simili in qualcosa cui partecipò il nostro amico Marco Basilisco): è infatti strano come persone così strenuamente disposte a combattere una battaglia di testimonianza dai banchi del Gruppo misto siano così risolutamente restie a combatterla nella trincea del territorio! Detto in altre parole, è strano come un idealista per cui l'importante è partecipare alla prova dei fatti si riveli come un opportunista che corre solo per vincere!

Questo per quanto riguarda le start-up: discorso che ora, in termini politici (ma anche di gestione del dibattito) non ci riguarda più.

Il dibattito sul proporzionale però deve essere condotto, se non altro per sottolineare come esso sia comunque mal posto, anche qualora si astragga dalla prospettiva opportunistica di chi non vuole rinunciare al privilegio dei propri rotten borough (che era, non ho difficoltà a confessarlo, la nostra).

In termini apparentemente più alti, il tema viene di solito declinato secondo uno dei tanti frutti dell'albero avvelenato del grillismo: la dialettica fra "bobolo" buono e "bolidiga" cattiva. La politica, si dice, sarebbe migliore se potesse drenare dal popolo, che è buono, le sue migliori energie. Ci vogliono, si sostiene, politici veramente rappresentativi, non professionisti della politica (il primo grillino fu Berlusconi, in questo senso), ma rappresentanti della "società civile" (una delle tante espressioni vuote di senso, come "scienza umana" e "bene comune"), per moralizzare (o arricchire di competenze) la classe politica. Insomma: il vincolo di rappresentanza visto come un concorso per titoli ed esami, ma anche il lavoro parlamentare visto come un perenne "Sò Dieco, ti scpieco!" dove il "competente" e "civile" e "non professionista della politica" di turno chiama a sé l'avversario o (meglio mi sento!) l'alleato, gli spiega come va il mondo, e quello si compiega, il mondo in cui il miglior ingegnere di Milano, l'ingegner Fanfulletti, eletto nelle liste del "Partito della verità vera", convince con la sua competenza il miglior biologo di Teramo, il Prof. Di Giovanguidalberto, eletto nelle liste del "Partito dell'onestà competente" a votare l'emendamento 34.056, perché è in materia di ingegneria e il competente è lui, il Fanfulletti, per cui "stammi a sentire, bisogna fare così"...

Ma dove esiste questo mondo fiabesco? Dove esiste questa caricatura della (totalitaria, come da ieri sapete) Repubblica dei filosofi? L'avete visto voi?

Io, vi confesso, no...

E allora vado dritto al punto, che il viaggio volge al termine: non ha senso parlare di legge proporzionale se prima non si fa un ragionamento serio sul finanziamento pubblico dei partiti, perché i partiti, in quanto possano funzionare come tali (cioè avere una rete territoriale, con sedi e luoghi di dibattito), sono l'unico corpo intermedio che può garantire che le persone coinvolte nelle liste abbiano, oltre alle loro competenze professionali specifiche (che contano il giusto, perché per quanto possano essere dei bravi tecnici di qualsiasi materia, la competenza legislativa dei tecnici ministeriali è comunque superiore), anche quella meta-competenza che è l'arte regia, l'arte politica, come la chiama Platone nel Politico (dandole invero un significato un po' diverso, ma insomma ci siamo capiti). Altrimenti, meglio che scelgano i segretari, credetemi.

Non è un caso se prima di sferrare un attacco alla nostra economia si è sferrato un attacco alla "partitocrazia": demonizzare (per demolire) i partiti era uno snodo strategico sulla strada dell'indebolimento dei Parlamenti, unico contrappeso solido all'azione del Governo e della Presidenza della Repubblica.

Credo che questo percorso sia retrospettivamente leggibile per molti, e tutti quelli che sono in grado di leggerlo capiscono anche bene quanto sia difficile invertirlo. Dobbiamo però sapere che la strada per il nostro riscatto passa da lì: finanziamento pubblico, immunità parlamentare, separazione delle carriere, e altre due o tre riforme che restituiscano dignità e incisività ai vostri rappresentanti.

Altrimenti sarete rappresentati male (o, in caso di zerovirgolismo, per niente).

Ma l'avrete voluto voi.

(...al termine della giornata il Prof. Prodi mi si avvicina e fa: "Ma come fa ad avere questa preparazione fisica?" E io: "Semplice: vado a correre tutti i giorni. Sa, con la vita che facciamo è indispensabile mantenere l'efficienza...". E lui: "No, mi riferivo alla preparazione in fisica. Si vede che lei è appassionato di storia della scienza...". E io: "Sono un uomo del Rinascimento, contemporaneo di questo edificio. Come dice Flaiano: oggi il cretino è specializzato. Io mi rifiuto di specializzarmi per illudermi di non essere un cretino."...)

(...a cena ho chiesto: "Ma secondo voi quante auto blu ha la Camera?" Grillismo ovunque. Poi ho preso Google Maps e ho fatto vedere - perché si vede - dal satellite quanto è grande il parcheggio delle nostre auto blu, chiedendo in francese: "E secondo voi qui quaranta macchine come cazzo c'entrano?" Così non si poteva non capire, anche se non sono poi così convinto di aver dissipato ogni dubbio. Il dogma dei privilegi della casta prevale sul dato fisico dell'impenetrabilità dei corpi. Ma allora, gentili amici, dove vogliamo andare?...)

sabato 14 dicembre 2024

Epistemologia for dummies: paradigmi e rivoluzioni nel pensiero di Kuhn


(...qua sopra. Partendo dalle conclusioni, in questa scombiccherata epistocrazia che si prova a costruire, non posso non darvi, come vi diedi al tempo di Monti, degli strumenti per unire i puntini. Quando ti trovi di fronte un coglione qualsiasi che parla di scienza senza avere la benché minima competenza nel discorso sulla scienza, cioè molto, troppo spesso, forse saperne qualcosa in più può aiutare, non a controbattere - quello mai, coi coglioni non serve - ma a valutare gli argomenti che vengono portati, per minimizzare la probabilità dei due possibili errori: quello di considerare validi argomenti fallaci, o quello di rifiutare in radice argomenti potenzialmente corretti. Dal discorso di oggi si possono distillare molti succhi e ognuno trarrà il suo, ma quello che a me sembrava particolarmente importante trasmettere, e che forse non sono riuscito a trasmettere, alla fine è questo: che le persone che voi meritatamente odiate, perché si sono ammantate con autoritarietà di un'autorevolezza che certamente non possedevano, non erano delle eccezioni [negative], non erano particolarmente malvagie: la scienza normale funziona così: poveri Cristi che devono giustificare la propria esistenza a se stessi e alla propria comunità di riferimento, manovali di un progetto di cui non è né necessario né opportuno che conoscano né che critichino le fondamenta, una critica che non gli viene comunque chiesta dalla comunità autoreferenziale cui appartengono, e alla fine la storia dimostra che è giusto che sia così, perché solo questa autoreferenzialità conferisce alla comunità scientifica la massa critica necessaria per concentrare lo sforzo di ricerca su un determinato paradigma, e perché solo sullo sfondo del paradigma emerge l'anomalia, e perché solo la resistenza all'anomalia consente di affinare un nuovo paradigma.

Vedrete sulla pandemia che bei cambiamenti di paradigma che ci aspettano. Belli per alcuni, naturalmente, e meno belli per altri: strano come una immunizzazione vista dal basso sembri un effetto collaterale, si potrebbe dire parafrasando la declaratoria di questo blog. Del resto, quello che a me, da economista, è sempre sembrato fallace nel discorso pandemico è stato il vero negazionismo, quello sugli effetti collaterali, perché non ci sono free lunch, e quindi neanche la terapia unica moderna e accettata poteva esserlo.

E poi, voi che avete in tasca la verità [cha cha cha], come fino a prima di conoscermi avevate sempre a portata di mano l'onestà [cha cha cha], è anche giusto che sappiate che la verità non è il motore di nulla: non lo è della storia, e non lo è della ricerca! Galilei fondava la superiorità del proprio modello cosmologico su un fenomeno [le maree] di cui dava un'interpretazione falsa, mentre attaccava chi, con un'intuizione geniale, ne dava ante litteram l'interpretazione corretta [Keplero]. Euclide passava sopra alle cose che non quadravano col suo modello di ottica, quello di raggio visuale che si muove dall'occhio lungo una traiettoria rettilinea, ma lo faceva anche il grande Newton, perché il suo paradigma era quello corpuscolare, che derivava in qualche modo dalla sua dinamica, ma che non poteva spiegare pienamente un fenomeno che è [anche] ondulatorio, e tutto questo Newton lo sapeva benissimo perché già al suo tempo c'erano stati autori che ben prima di Fresnel avevano avanzato questa ipotesi, ma Newton semplicemente e scientemente non voleva dargli ragione! Eppure Galilei e Newton hanno cambiato il panorama della scienza moderna! Ma se perfino loro erano disonesti intellettualmente, perché non volete concedere un minimo di disonestà intellettuale a persone comunque infinitamente più piccine di loro? Perché vi hanno inseguito con l'aghetto? Anche i calabroni lo fanno, e le conseguenze immediate possono essere molto più dolorose e in qualche caso letali. Ognuno segue la propria inclinazione: la segue la Natura, e la segue il discorso sulla Natura, dove quelle che a noi sembrano aberrazioni [il ricorso al principio di autorità] sono fisiologiche, dove quello che a noi sembra che non porti da nessuna parte [il perseverare nell'errore] è in realtà l'unico vero motore di un progresso non rettilineo [come quello degli ebeti progressisti] ma proprio per questo tanto più duraturo!

E poi ci sarebbe da aprire il discorso su Platone: ma è meglio richiuderlo subito! L'attualità delle sue riflessioni è sconcertante, ma quando lo leggevo negli anni '80 oggettivamente mi mancavano gli strumenti per capirlo. Se non avessi cambiato facoltà e non fossi diventato un professore di economia non avrei mai potuto capire il Politico come mi sembra di capirlo ora, e le vicende degli ultimi quattro anni hanno senz'altro aiutato. Dategli un'occhiata anche voi...

Ho sforato dicendo circa i due terzi di quello che avrei avuto da dire: il resto, magari, scaturirà dalle reazioni ai vostri commenti. E comunque ricordate: nel progresso scientifico non è la certezza a nascere dal dubbio, ma il dubbio a nascere dalla certezza. La materia prima è la certezza. So che voi pensavate che fosse il contrario, ma purtroppo è così! Quindi non disprezzate troppo gli imbecilli armati di certezze: anche se non lo sanno, sono comunque utili idioti di una battaglia che l'umanità sta combattendo nel proprio interesse. Sembra paradossale, ma oggi vi ho dimostrato che è vero e perché non può non essere vero...)