venerdì 27 dicembre 2024

Ombudsman (or woman)

(...il riferimento come comprenderete è all'immortale Loretta: 


non la Napoleoni, che in effetti poi è scomparsa - qualcuno se la ricorda!? - ma quella impersonata da Eric Idle dei Monthy Pyton in uno sketch che oggi sembra profetico, ma forse contiene semplicemente una lezione: quel delirio e quella degenerazione che ci sembrano marcare in modo tanto caratteristico quanto irrimediabile la nostra epoca, forse si erano già affermati, o si stavano affermando, nella nostra indifferenza o nella nostra disattenzione, fin dagli anni '70. Insomma: può darsi che più che "profeti", i Monthy Pyton, come altri artisti, fossero semplici "testimoni" di una realtà. Ma non è di questo che volevo parlarvi...)

Qualche giorno fa il nostro amico Durezza del vivere ha fatto un commento giustamente acidulo a proposito di certe dichiarazioni della ombudswoman europea uscente (do per scontato che si identifichi come she/her, poi vai a sapere...), la O'Reilly (Emily), che, insomma, pareva si fosse accorta, a fine mandato, che la Commissione europea non è esattamente il tempio della trasparenza (tema a noi caro e affrontato più volte, ad esempio con riferimento ai processi decisionali dell'Eurogruppo). Le parole della ombudswoman (or man) sembravano un po' sconclusionate (ad esempio, "non mi sono mai trovata a mio agio coi membri del Gabinetto von der Leyen perché sono persone intelligenti ma non elette": ma perché, quando mai i membri di un gabinetto sono eletti? Gli uffici di diretta collaborazione del ministro li sceglie, nella misura del possibile, il ministro, non li scelgono certo gli elettori che non avrebbero le competenze tecniche per assistere il ministro in una scelta così delicata, come ben sanno quelli di voi che hanno avuto la bontà di leggere i testi obbligatori).


Le parole della O'Reilly sembravano insomma una gigantesca "rosicata" per non essere stata riconfermata (ma Durezza non direbbe così perché è meneghino, e poi la O'Reilly in effetti era già stata riconfermata un paio di volte, tra l'altro col nostro voto!), o comunque un andarsene sbattendo inelegantemente la porta, cosa che dalle istituzioni non si dovrebbe mai fare, come del resto non si dovrebbe fare in generale. Avrei voluto commentare l'intervento di Durezza, ma il 20 dicembre alle 10 ero in studio a Coffee Break, e così rispondeva un'altra amica, Francesca:


Durezza il personaggio non lo conosceva: io, purtroppo, sì (dove il purtroppo non è una connotazione personale: non ce l'ho con lei, semplicemente patisco la fatica di dover lottare contro il Leviatano), e a questo punto aggiungerei qualche considerazione a quelle contenute nel suo ottimo articolo che probabilmente avrete letto.

Perché, insomma, la O'Reilly ci ha provato, e diverse volte, a fare un po' di chiarezza su situazioni, come dire, un po' al limite. Può essere utile ricapitolarne alcune, per ricordarci con chi abbiamo a che fare, per valutare le conclusioni cui giunge Durezza, ma soprattutto per darvi contezza del lavoro immenso che ogni giorno si fa per cercare di arginare questa marea dilagante: un lavoro così sterminato, così assorbente, così sfibrante, che anche a quelli di noi più disposti ad arringare le folle manca il tempo di riferirvelo, se non, talora, in modo fugace e allusivo (per scrivere un post così ci vanno quattro ore, e non è detto che sia tempo speso bene).

Ma non si tratta di cose di piccolo conto...

Il caso Selmayr

Dell'ineffabile Selmayr il blog fa menzione qui, ma voi dovreste anche averne sentito parlare ne La mappa asimmetrica del potere europeo, scritta quando lui era Capo di gabinetto dell'altrettanto ineffabile Juncker (il predecessore della von der Leyen, cioè presidente della Commissione dal 2014 al 2019).

Alzi la mano chi si ricorda il Selmayr-gate (altresì detto Scandalo della nomina di Martin Selmayr)? La storia è semplice. Per deferenza verso la Germania, il 21 febbraio 2018 Juncker nominò Selmayr vicesegretario generale della Commissione. Nella stessa riunione della Commissione, Juncker disse che siccome purtroppissimo l'allora segretario generale, Italianer, voleva rassegnare le dimissioni, allora Selmayr, che pochi minuti prima era stato fatto vice, diventava segretario generale. Selmayr subentrava così in un ruolo delicato, di estrema influenza, e che gli dava agio di sopravvivere al gabinetto Juncker, senza uno straccio di concorso, di evidenza pubblica, di procedura che desse agli altri Paesi la possibilità di dire la loro, di fare proposte. Utile ricordare che in quegli stessi giorni noi eravamo prima in campagna elettorale, solcando un Appennino piuttosto innevato, e subito dopo assorbiti dal processo di formazione del mitologico governo carioca (con Claudio nella stanza dove si scriveva il mitico "Contratto di Governo"). In Europa tuttavia la cosa non venne trovata di estrema eleganza: scoppiò uno scandalo, di cui noi, presi nel turbinio delle vicende romane, nulla avremmo saputo senza l'ottimo Marco Zanni, e l'ombudsman (or woman) ricevette due segnalazioni l'8 maggio. Il 31 agosto del 2018 l'ombudsman emise un parere piuttosto reciso, sollevando un discreto clamore: c'erano state delle evidenti forzature, e per ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee come minimo occorreva disciplinare in modo formale la nomina di una carica così importante.

Alla fine Selmayr si dimise il primo agosto del 2019 (e anche in quel periodo avevamo altri problemi da gestire, ma naturalmente seguivamo anche questa storia) per andare a fare prima il rappresentante permanente in Austria, e poi, indovinate un po':


...da settembre scorso il rappresentante permanente presso al Santa Sede (se lo incontrate salutatemelo)!

Diciamo che in questo caso l'ombudswoman (or man) non era stata totalmente inefficace, e infatti il potente Selmayr, noto come "il mostro di Berlaymont", avrebbe tanto voluto fargliela pagare, ma...

Lo scandalo Volkswagen

Mentre questa vicenda stava avviandosi a conclusione, interveniva un altro parere piuttosto bombastico della nostra ombudsman (or woman), su una vicenda di cui non credo vi sia rimasta traccia. Vi ricordate il Dieselgate? Beh, era saltato fuori che il meccanismo utilizzato per truccare le vetture in modo che passassero i test sulla qualità delle emissioni era stato escogitato con una ricerca che la Banca Europa degli Investimenti aveva finanziato per ben 400 milioni! Capito la virtuosa Tedeschia? Su questa storia aveva aperto subito un'inchiesta l'OLAF (l'Ufficio Europeo per la lotta alle frodi) che nel 2017 aveva trasmesso gli atti alla procura tedesca, ma l'8 maggio 2018 era stata adita anche l'ombudswoman (or man), da parte di un giornalista investigativo cui la BEI aveva negato un accesso agli atti (quella roba che va sotto il nome un po' bestiale di FOIA). Il giornalista si era quindi rivolto all'ombudsman (or woman) che il 29 marzo emetteva questa raccomandazione:

chiedendo il rilascio in forma anonima dei documenti richiesti. Ne seguì una interessante schermaglia in cui la BEI si nascondeva dietro la richiesta di anonimato avanzata dall'OLAF, e se dovessi dirvi com'è andata a finire non saprei darvi una risposta precisa (potrei chiedere ai nostri uffici a Bruxelles, ma mi sembra già sufficientemente eloquente il tentativo di insabbiare: la sintesi è che il casino messo su dal Dieselgate lo avete finanziato anche voi pro-quota, salvo prova contraria, e spero che ne siate soddisfatti!).

Decisivi!

A dicembre del 2019, quando lo scorno della Commissione sul caso Selmayr era ancora ben presente agli addetti ai lavori, la O'Reilly scadeva e si andava a nuove elezioni, da svolgersi col doppio turno. Il 17 dicembre  si svolse il primo turno e al ballottaggio andarono la O'Reilly e una sostenuta dal PPE. Per non saper né leggere né scrivere il gruppo ID sostenne l'ombudsman (or woman) in carica, che così venne rieletta. I nemici dei miei nemici sono miei amici, forse...

Il MES

In questa storia torbida, poteva mancare il nostro amico MES? A dicembre 2019, come forse ricorderete, il ministro Gualtieri era stato in audizione in Senato, sotto tutela di un torvo e trepidante Rivera (direttore generale del Tesoro), e il risultato, al suo ritorno dall'Eurogruppo, era che non ci si capiva nulla: secondo Gualtieri aka l'incompetente l'Italia aveva chiesto un rinvio, secondo Centeno (Presidente del consiglio dei governatori del MES) si stava andando avanti, e insomma alla fine un Antonio Grizzuti piuttosto inFOIAto fece una richiesta di accesso agli atti dell'Eurogruppo il 17 dicembre del 2019, sollevando un tema a noi caro (come vi ho ricordato sopra), quello della trasparenza dell'Eurogruppo, su cui nel frattempo, con un caso clamoroso di friendly fire, si è espressa in forma postuma anche Transparency International, che noi, però, avendo capito in che squadra gioca, preferiamo chiamare Durchsichtigkeit International.

In risposta Grizzuti ottenne, dopo il mese prescritto, questa cortese missiva:

Il 30 gennaio 2020 il povero Grizzuti, scoraggiato dall'inanità dei suoi sforzi, mi segnalò le sue iniziative, assolutamente lodevoli, che aveva riassunto in un articolo dal titolo (e dal contenuto) piuttosto interessante:


Io prima feci un cazziatone ai nostri del seguente tenore:

Continuano a prenderci per il culo ma facciamo troppo poco anche in termini meramente di testimonianza formale. Le richieste FOIA le ha fatte Grizzuti (non noi)! Certo che non servono a un cazzo, ma almeno servono a sollevare un problema (ad esempio il problema che non servono a un cazzo).

(perché sì, con tutto quello che facciamo, ed è molto, io mi sento sempre come se non avessi fatto niente - eppure, visto col senno di poi, qualcosa abbiamo fatto: abbiamo decapitato la riforma del MES!), poi mi rivolsi a un amico esperto di FOIA (e non vi dovrebbe essere difficile capire chi) che mi propose questa succinta ma esauriente analisi:

Ci sarebbero un bel po' di cose da dire... riassumo:

1. il regolamento sul diritto di accesso agli atti istituzioni UE (1049/2001) fa cagare, è antiquato, ha dato pessima prova di sè, tant'è che da almeno 10 anni che deve essere rivisto (perché non in linea con il Trattato di Lisbona), ma ovviamente non lo fanno.

2. In UE, il diritto alla trasparenza è considerato stabilmente dalla Corte di giustizia UE come un diritto di rango non così fondamentale, certamente subordinato (ad esempio) alla privacy, privo di una reale capacità di disclosure.

3. La letteratura è piena di casi in cui il richiedente accesso, prima viene sfanculato (spesso nel modo ridicolo segnalato dal tuo interlocutore) dagli organi UE, e poi perde sistematicamente le cause.

4. Nello specifico, poi, le motivazioni sono - appunto - ridicole (e non è che non manchino appigli per fare dinieghi più rispettosi del sistema di limiti contenuto nel regolamento). 

- Riguardo l'eurogruppo, e la fantasiosa idea per cui che siccome è una "riunione informale" sarebbe fuori dal campo di applicazione del diritto di accesso, basterebbe verificare che il regolamento, all'art. 2, comma 3. stabilisce che "Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un'istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d'attività dell'Unione europea." Se una istituzione UE detiene un documento, a quello si applica l'accesso.

- ancora più ridicola è la motivazione addotta per il diniego delle minute dell'eurosummit. Infatti, se uno si va a guardare cosa dicono le "Rules for the organisation of the proceedings of the Euro Summits" (che secondo loro determinerebbero la sottrazione di quei documenti all'accesso), scopre che l'art. 7. (Professional secrecy and production of documents in legal proceedings), così recita:

"Without prejudice to the provisions on public access to documents applicable under the law of the Union, the deliberations of the Euro Summit shall be covered by the obligation of professional secrecy, except insofar as the Euro Summit agrees otherwise."

"Without prejudice" a casa mia significa che prevalgono le norme del regolamento.

Ora, perché motivazioni così ridicole?

Perché quelle "buone" se le riservano per eventuali contestazioni, in sede amministrativa o giurisdizionale. Perché così allungano il brodo, costringono a lunghi e defatiganti procedure di ricorso, scoraggiano chi volesse provarci.

(io consiglierei a Grizzuti di cominciare rivolgendosi all'Ombudsman UE)

Questo era lo stato dell'arte il 30 gennaio del 2020. Ma vi ricordate che giorni erano? Era esattamente tre giorni dopo il fatidico "Siamo prontissimi!" in diretta dalla Gruber, su cui si sta facendo un faticoso lavoro in Commissione COVID, era il giorno in cui veniva ricoverata allo Spallanzani la prima coppia di cinesi ammalati, che comunque all'epoca andavano abbracciati e non quarantenati (come ricorderete).

Insomma: dato che come Paese non eravamo assolutamente pronti, le buone intenzioni di Grizzuti e mie vennero travolte. Non sappiamo quindi se in quel caso l'ombudswoman (or man) avrebbe potuto fare qualcosa. Io a Grizzuti girai il suggerimento subito, ma poi credo che abbia avuto altro da fare, e della sua eventuale richiesta sul sito dell'ombudsman (or woman) non c'è traccia.

D'altra parte, questa storia che non si è mai svolta contiene in sé un insegnamento: non vitro sed ferro recuperanda est patria, ovvero, i problemi non si risolvono con la trasparenza ma con i rapporti di forza. Se non avessimo un Governo di destra stabile e se i nemici dei nostri risparmi non si trovassero in serie difficoltà, hai voglia a trasparire!

La riforma del MES ce la beccavamo e zitti!

Ma non è andata così...

Porte girevoli

La pandemia ci travolse, e a maggio 2020 eravamo alle prese col decreto Rilancio (quello del Superbonus, per capirci), con poca voglia di star dietro alla Leuropa, se non per evitare quello che poi non riuscimmo ad evitare, ovvero il commissariamento via PNRR. Accadevano però cose interessanti, come questa:


In sintesi, la nostra amica ombudswoman (or man) prendeva a sportellate l'Autorità Bancaria Europea (EBA: European Banking Authority), perché il suo direttore esecutivo, tal Adam Farkas, senza fare un plissé passava da un ruolo chiave nell'autorità di vigilanza (direttore esecutivo dell'EBA) a un ruolo altrettanto rilevante nel vigilato (funzionario dell'Associazione per i Mercati Finanziari Europei, una specie di FEBAF europea, se ben capisco. Ora, voi magari non lo sapete, ma in Italia ci sono organi di vigilanza, come la CONSOB, che sono autentici buchi neri: una volta che superi l'orizzonte degli eventi venendo nominato, uscirne è sostanzialmente impossibile, se sei uomo veramente di mercato, perché per almeno due anni non puoi andare a lavorare altrove! Nella Leuropa della Latrasparenza invece non si fanno mica tanti problemi!

A dire il vero, il 20 settembre 2019 l'eccellente Marco Zanni aveva presentato una interrogazione (la risposta immagino sia stata: "le faremo sapere, chiamiamo noi..."). L'associazione Change Finance invece si era rivolta all'ombudsman (or woman) che aveva preso la cosa piuttosto sul serio, e alla fine la cosa è finita così: che il 18 novembre 2020 l'EBA ha detto che in futuro eviterà, accettando la raccomandazione dell'ombudswoman (or man). Per dire: erano i giorni in cui qui si veniva a sapere che la Protezione Civile non distingueva fra morti "per" e "con" COVID. Il destino di Farkas o di consimili paraculi era l'ultima delle nostre preoccupazioni, ben altro marciume stava per venire a galla...

Ursula

Il 29 giugno 2022 Marco ci segnalava questa comunicazione dell'ombudswoman (or man) sullo Pfizergate. L'ombudsman (or woman) aveva chiesto alla Commissione perché fossero spariti i messaggi con cui si erano negoziate le forniture, e la Commissione aveva risposto in modo evasivo. La conclusione, nel mese successivo, fu che questo era stato un caso di malamministrazione (e dagli torto)!

Non è servito a non far rieleggere la von der Leyen, ma è servito a sapere chi è stata eletta, e soprattutto chi ha deciso di votare per lei (noi no, tanto per essere chiari, e i motivi vi dovrebbero essere evidenti da questo rapporto che chiarisce con quanto scrupolo e in quale dettaglio riuscivamo a seguire le vicende europee).

Conclusioni

Ecco: vi ho sgranato il rosario delle nostre rogne quotidiane (avrei altri episodi da riportare, ma credo bastino questi). Roba così arriva fra una convocazione di seduta, una telefonata del capo, una riunione di staff, una votazione in Commissione, un postulante da ricevere, un intervento a un convegno, una dichiarazione di voto in aula, ecc., e cerchiamo sempre di gestirla. L'unica conclusione che mi sento di trarre è che quando l'Unione Europea non ci sarà più avremo più tempo per occuparci del Paese, cioè di voi, non in chiave meramente difensiva, ma anche propositiva. Per ora, una metà del tempo va così: è tanto sfibrante quanto umiliante, ma non lo abbiamo voluto noi.

Ricordatevi nelle vostre preghiere di chi lo ha voluto.


(...e sì, questi sono esattamente quelli che annullano le elezioni a casa altrui per difendere lo stato di diritto, come dicevamo nel post precedente. E fa già ridere così...)

mercoledì 25 dicembre 2024

Romania: i mercati hanno fatto anche cose buone

Partiamo dal grafico che sta alle nostre diagnosi come le analisi del sangue stanno a quelle di qualsiasi medico:

La Romania è un paese strutturalmente dipendente dall'estero (il saldo dell'estero nei riguardi della Romania, in verde, è positivo, il che significa che il saldo della Romania nei confronti dell'estero è negativo), e negli ultimi anni vediamo due cicli di "espansione" di questo deficit: il primo iniziato più o meno verso il 2002 e culminato nell'anno dell'ingresso nell'Unione Europea (il 2007), dove in tutta evidenza il deficit con l'estero (cioè il surplus dell'estero) era guidato dal settore privato (cioè: dall'insufficienza dei risparmi rumeni rispetto agli investimenti rumeni che portava il Paese a indebitarsi con l'estero - la linea blu sprofondava simmetricamente all'innalzarsi di quella verde). C'è poi stato un reversal, sulle cui cause non mi soffermo, e ora siamo in un nuovo ciclo di espansione del deficit estero (il surplus dell'estero verso la Romania, linea verde, sta nuovamente crescendo), questa volta trainato dall'indebitamento pubblico (la spezzata arancione simmetricamente sprofonda), a fronte di un sostanziale equilibrio fra risparmio e investimento privato.

Un'occhiata agli stock, anche se, come i medici sanno "frazionare" a mente il colesterolo in buono e cattivo con la formula di Friedewald, qui sappiamo, naturalmente, che quando cresce il debito cattivo (quello privato), il debito pubblico scende, e quindi ci immaginiamo benissimo che le cose stiano come in effetti stanno:


Dal 2000 al 2007 abbiamo la classica fenomenologia del "ciclo di Frenkel": il debito pubblico scende perché quello privato sale. Poi le cose cambiano. I dati mostrati fin qui vengono dal World Economic Outlook del Fmi. Usiamo la External Wealth of Nations per vedere cosa succede allo stock di debito estero netto:


(e i conti più o meno tornano).

Ho passato la vigilia del Santo Natale col Prof. Santarelli, personaggio noto ai frequentatori del blog e in fondo vero, ancorché involontario, fondatore della community, come qualcuno ricorderà. L'idea di aprire il blog in effetti nacque da lunghe conversazioni con lui fra il 2010 e il 2011. Per motivi personali facilmente intuibili il Prof. ha una conoscenza piuttosto approfondita della Romania, e ha attirato la mia attenzione su un dettaglio che mi era sfuggito, vittima come sono del mio scetticismo radicale nei riguardi dei media, che mi porta a essere disinformato per non essere male informato. Preferisco non sapere che sapere una balla, insomma, e in questo sono in bella compagnia:


Ci vuole però un pizzico di sale, altrimenti si rischia di perdere dettagli interessanti.

Quello che è successo in Romania lo sappiamo tutti e forse chi come me si aspettava da tempo roba simile è in posizione svantaggiata: non riesco a indignarmi (avendo da tempo evidenziato la natura inevitabilmente totalitaria del progetto europeo) più di quanto mi indignerebbe veder cadere dall'albero la famigerata mela di Newton (cioè zero)! 

In estrema sintesi, la Corte suprema ha annullato le elezioni presidenziali per sospette influenze filorusse che si è poi scoperto essere state finanziate da un partito europeista! Insomma: pare che gli europeisti abbiano pagato una campagna "filorussa" per poi poter dire che il candidato "filorusso" aveva vinto le elezioni con mezzi illeciti e chiederne l’annullamento. La verità la sapremo col tempo, o mai, ma intanto vi ho dato apposta il link del braccio secolare piddino (Fanpage), perché se sono costretti ad ammettere loro la possibilità di un'enormità simile potete essere certi che dietro c'è del vero. Qui il problema è evidente: l'Unione Europea, la difensrice (cit.) dello "Stato di diritto", cerca di affermare l'idea che le elezioni sarebbero veramente libere solo in assenza di propaganda. Naturalmente quello che l'UE vuole è il monopolio della propaganda, che esercita attraverso mille canali e istituzioni (come i Centri di documentazione europea). Altrettanto ovviamente, questa linea argomentativa evidenzia il totalitarismo europeo, consistente nel ritenere che gli elettori siano degli imbecilli condizionabili con spot da un minuto su TikTok! Ma se anche fosse, il rimedio sarebbe a portata di mano: invece di fare spot "filorussi" per poi poter dire che il dibattito era stato inquinato, gli europeisti avrebbero potuto fare spot "filoeuropei"!

Insomma: vogliono che l'unica propaganda sia la loro, proprio perché sanno che essa sarebbe inefficace, cioè proprio perché sanno che le persone votano con la testa, e non con TikTok.

Questo è quello che sapevate anche voi, ma lo sapevate da anni: non è un caso se il tag più in risalto nel tagcloud qui sotto (per chi legge da PC) è: "Propaganda". Quello della propaganda, delle sue dinamiche, della sua relazione inestricabile con la libertà di espressione, e via dicendo, è sempre stato un tema centrale nella nostra riflessione, se non altro perché essendo noi partiti da dove Draghi è arrivato, cioè dal fatto che l'Unione Europea è un progetto di compressione dei salari, ci era ben chiaro che per tenere sedati gli elettorati avrebbe dovuto fare un massiccio sforzo propagandistico e anche un massiccio sforzo repressivo.

Quello delle elezioni presidenziali rumene quindi è un gigantesco QED.

C'è però un problemino, questo:


Dopo l'alzata d'ingegno degli europeisti, Fitch ha rivisto al ribasso, considerandole negative, le prospettive dell'economia rumena (che ad agosto erano state confermate stabili), argomentando che:


Insomma, la prima motivazione della decisione è l'incertezza politica determinata dall'annullamento dell'elezione presidenziale!

Certo, dopo c'è la litania standard di tutte le cose che sappiamo: erdeficitdebbilancio, erdebbitopubblico, ecc. Ma in questo caso, come nel caso francese, il key driver della decisione è politico. I mercati sono preoccupati dall'aumento del rischio politico, e, forse (non sono nelle loro stanze), anche dal modo in cui viene gestito da Leuropa, perché non sembra il modo migliore per  ridurlo: caso mai, il rischio è di aumentarlo!

L'agenzia Fitch è stata fondata 111 anni fa a New York.

(...magari con calma approfondiamo il quadro macro: stiamo però constatando che per quanto esso continui a essere utile, gli investitori ormai guardano - giustamente! - ad altro, cioè alla stabilità. Quindi... stiamo fermi!...)

Energia oscura (ovvero: perché in fondo vi voglio bene).

Lunedì 23/12/2024 ore 18:59 via Whatsapp:


Onorevole buona sera, sono "Alex". 

Faccio la punta al cazzo io prima che te la faccia qualcun altro.

Quello cui tu ti riferivi a Sagredo era la materia oscura non barionica (WIMPS); una Piddinata degna del miglior Etarcos visto che la curva di rotazione  delle galassie si  desume applicando il teorema del viriale che  a sua volta è  applicabile SOLO SE il sistema è dinamicamente  "fully relaxed" il che è, appunto,  un bel "whisful thinking", un bel "passar sopra".

Viceversa nell'articolo che tu segnali oggi sull'ex-tuider invece, parlano di Dark Energy

Per carità, altro epiciclo gigante, ancora più gigante della dark matter, ma non è la stessa cosa.

E comunque il tutto naturalmente non sposta di una virgola il senso del discorso che facevi a Sagredo.

Detto giusto così, per la cronaca. Mica che poi salti fuori il   pirla di turno "Ah Bagnai anche  Cosmologo"  (minchia, dev'essere difficilissimo navigare "laggiù").

Buone feste.

Alex


wendellgee985 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Epistemologia for dummies: paradigmi e rivoluzioni nel pensiero di Kuhn":

E alla fine, anche sulla materia oscura aveva ragione Bagnai


Pubblicato da wendellgee985 su Goofynomics il giorno 24 dic 2024, 07:16


Allora...

Innanzitutto, riallacciandomi al tema del post precedente, un plauso ad Alex per la raffinatissima strategia elusiva adottata allo scopo di aggirare il mio divieto di auguri natalizi!

Entrando nel merito: Alex ha ragione (quindi wendellgee985 ha torto), ma vorrei però rassicurarlo sul fatto che so distinguere fra materia ed energia. So anche che la prima può convertirsi nella seconda, ed è anche nel tentativo di realizzare questo piccolo miracolo quotidiano che mi inerpico per i pendii della Majella: perché di materia addosso ne ho sempre più di quella che mi servirebbe, e convertirla in energia potenziale mi mette di buon umore... Non mi stupirebbe se anche che la seconda potesse convertirsi nella prima, e in effetti credo che lo si possa fare, ma con un'attrezzatura un po' più complessa di un paio di scarponi.

Mi rendo conto che il mio riferimento su Twitter saltava un passaggio, perché a Ca' Sagredo vi avevo parlato di che cosa si sono inventati gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità per spiegare come mai le stelle esterne delle galassie a spirale non vengono scagliate nell'infinito nulla come altrettanti ciottoli dalla fionda di Davide, mentre il paper che citavo si riferisce ad altro, cioè a quello che gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità si sono inventati per giustificare il fatto che l'espansione dell'universo sta accelerando, anziché decelerando (cosa in effetti strana, perché ci si aspetterebbe che, per via della forza di gravità, tutta questa massa prima o poi collassi su se stessa...).

Ovviamente il collante logico fra due temi così diversi sono appunto gli scienziati-che-sanno-tutto-perché-ci-hanno-il-metodo-scientifico-che-non-cambierà-mai-più-per-l'eternità, quelli che confondono la frontiera della ricerca con la fine della storia, immemori delle cantonate prese per secoli (tutta 'sta roba "oscura" a istinto mi ricorda, come forse vi ho detto, il paradigma della materia chiara, cioè l'etere).

Per quanto riguarda la materia oscura (cioè, per capirci, la massa mancante - forse!), il fatto che non la si sia ancora trovata non implica necessariamente che non ci sia. Lo stato dell'arte, per i "puntacazzisti", mi risulta essere quello riassunto da questo grafico di Ciaran O'Hare (qui trovate le sue slides divulgative):


dove in ascissa avete la massa dell'eventuale particella, in ordinata la sua sezione d'urto con un protone (diciamo le sue dimensioni), e in verde la zona in cui possiamo escludere che ricada l'eventuale materia oscura perché chi ne è andato in cerca lì non l'ha trovata (XenonIT è l'esperimento del Gran Sasso). Come dice una mia amica, è un po' come giocare a battaglia navale, e la parte in verde è quella dove non abbiamo colpito (rectius: dove gli strumenti a nostra disposizione non sono stati colpiti da) nulla! 

Comunque, se questi temi vi interessano, non c'è bisogno di andare in Australia. Qui da noi c'è un ottimo divulgatore, Amedeo Balbi, che fa un eccellente lavoro. In questo video vi spiega il problema che ha portato all'invenzione della materia oscura:


e in questo vi (o meglio: ci) aiuta a capire il senso del paper di Seifert at al.:


Apro e chiudo una parentesi: a istinto, immagino che Balbi, uscendo dal proprio ambito e venendo ai temi che qui ci convocano, sarebbe uno di quelli che la liretta, le generazzzionifuture, erdebbitopubblico, Leuropachecidalapace (inteso nel senso: l'Europa che ci restituisce i soldi dei contribuenti italiani per costruire i giocattoli con cui esploriamo la vastità del cosmo). Magari mi sbaglio. Ma il suo sforzo di divulgazione è veramente apprezzabile e da ognuno dobbiamo prendere quello che può dare. Rispetto alla divulgazione che abbiamo fatto qui ha avuto il vantaggio di porsi su un piano apparentemente meno controverso perché meno esposto politicamente, il che gli conferisce serenità e margini di espressione a noi preclusi, ma va riconosciuto che la sua formula di brevi video tematici è ben concepita e bene eseguita. Del resto, la cosmologia era politicamente esposta quattro secoli or sono, e magari tornerà ad esserlo fra altri quattro secoli. E tanto per capirci: i costosi giocattoli ci vogliono, perché come abbiamo capito leggendo Kuhn il progresso scientifico avanza prendendo cantonate, ed è solo andando fino in fondo a ogni cantonata, approfondendola in particolare tramite strumenti di misurazione sempre più precisi (compito della "scienza normale"), che si può arrivare a percepire l'anomalia, e fare un passo avanti. Quindi, naturalmente, nulla contro la ricerca di base, anzi! Mi limito ad evidenziare che si è sempre fatta, e si potrebbe fare, anche con meccanismi di coordinamento diversi da questa caricatura di Superstato che (oltre a essere deprecata da diversi lavori scientifici) ci opprime e che sta, lei sì, collassando sotto il proprio peso, esattamente come le galassie dovrebbero fare, ma non fanno, e il nostro non capire perché non lo facciano lo chiamiamo energia oscura.

Qui, invece, ciò che resta oscuro è il perché i piddini, che pure vedono l'accelerazione del cosmo, non vedano il collasso del loro microcosmo, del piccolo mondo antico europeo. In questo caso non è il resdhift, ma il blackshift che dovrebbe segnalarglielo, cioè quel fenomeno che modestamente descrivemmo (o descrimmo) sul manifesto nel 2011: "Le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra".

(...sintesi: vi voglio bene perché da voi imparo tanto. Ovviamente, restano esclusi da questo perimetro gli ingengngnieri, ma con qualche fulgida eccezione...)

martedì 24 dicembre 2024

Il meteo

Sicuramente non sarà “clima”, ma quest’anno, se non altrove, in Abruzzo, l’inverno è almeno incominciato. Non so se proseguirà, ma la neve che ha fatto finora certamente non risolve, ma altrettanto certamente attenua, la crisi idrica in cui le zone pedemontane si trovano dalla primavera scorsa. In questo momento a Pizzoferrato sta nevicando e proseguirà nelle prossime 24/48 ore. Chi mi segue su Instagram ha visto i bei paesaggi degli altopiani maggiori d’Abruzzo, e delle montagne che li circondano, innevati. Il manto nevoso tiene da almeno tre settimane, non è acqua che scorre sulla superficie e finisce nei torrenti, è acqua che lentamente impregna queste montagne carsiche, autentiche spugne, tutte doline e inghiottitoi. Non farei quest’anno quello che avevo fatto l’anno scorso, cioè salire in montagna durante la bufera, perché quest’anno le cose mi sembra che si mettano in modo un po’ diverso, più severo: e poi, la neve tiene, e quindi si può aspettare che esca il sole prima di infilare gli scarponi e quello che le condizioni della superficie consigliano (ciaspole, ramponi).

La bufera, chi può, è meglio che se la goda di fronte al caminetto.

In questo momento, sul massiccio del Gran Sasso sono dispersi due alpinisti. Sto seguendo con apprensione e discrezione la loro vicenda. Non è il primo caso quest’anno. La montagna, la sua solitudine, la sua imponenza, le sfide atletiche e tecniche che pone, attirano sempre più persone. Si va in montagna, o almeno io ci vado, anche per avere paura, per gestire le proprie emozioni, per essere costretti a concentrarsi sul significato dei propri gesti, per cogliere nel grande libro della natura i segnali che possono servirci a tornare in sicurezza. 

Speriamo che questa storia finisca bene. Ad anno nuovo organizzerò alla Camera una giornata sulla sicurezza in montagna. Non so quanto possa interessarvi, ma credo abbia delle lezioni da offrire da cui chiunque, anche chi fa una vita più sedentaria e meno spericolata, possa trarre giovamento.








Fenomenologia degli auguri di Natale


Intervengo sull'ordine dei lavori per condividere con voi una breve riflessione natalizia.

La premessa è che nella mia rubrica ho 4463 contatti. Non so se siano molti o pochi: voi quanti ne avete?

Di questi 4463, tolto qualche doppione, alcuni per fortuna mi odiano, altri purtroppo (o per fortuna) sono morti, ma insomma saremo sempre ben oltre i 3000.

La domanda che mi pongo è: a quale scopo si fanno gli auguri di Natale?

Non so rispondere, e anche qui chiedo il vostro aiuto.

Essendo io attualmente classificato dagli ingenui fra i potenti, suppongo che ci sia una fisiologica quota di "servo encomio": persone che vogliono ricordarmi che esistono. Ci sta.

Avendo io esercitato un certo fascino intellettuale su un'orda di sciroccati (voi), suppongo che ci sia un'altrettanto fisiologica quota di fidanzate: persone che vogliono ricordarmi che mi amano. Ci sta.

Ci sono poi (e non sono pochi) contatti, chiamiamoli così, di lavoro: persone che si sentono in dovere di esercitare un minimo sindacale di cortesia istituzionale. Ci sta e lo apprezzo: del resto, lo faccio anch'io, inviando un po' meno di 400 biglietti di auguri ai sindaci, ai comandanti di vario livello delle varie articolazioni dell'esercito e delle forze dell'ordine, insomma: a tutte le autorità civili, militari e religiose del mio collegio (che, tanto per dirne una, si intreccia con quattro diocesi, con quel che ne consegue...).

Mettiamola così: in linea di principio uno vorrebbe passare il Natale in pace con i propri cari. Certo, non c'è pace per chi non vuole pace, ma quelli sono fatti miei. D'altra parte, mi fate capire bene che senso ha infliggere a un povero Cristo appena uscito dal frullatore della legge di bilancio e che magari vorrebbe semplicemente farsi una corsetta e leggersi un libro (cosa che passo immediatamente a fare) il cilicio di centinaia e centinaia di messaggi (col rischio di perdere quelli importanti, che potrebbero comunque esserci: uno sbarco di extraterrestri non è molto probabile, ma non possiamo nemmeno ritenerlo impossibile)!

Questo atteggiamento è incomprensibile soprattutto da parte degli amici!

Ma cazzo!

"Ti amo, ti voglio bene, quanto sei bravo, quanto sei bello, quanto ti spendi, quanto fatichi, ma come fai a tenere questi ritmi..."

E poi, appena uno può rallentare un attimo, arriva la slavina di tanti piccoli IO che ti scassano la uallera sul telefono perché IO ti sono amico e quindi ho il diritto di assillarti perché IO non sono come gli altri e sicuramente a te farà piacere parlare con IO...

No, perdonami: a me non fa piacere.

Io sono un parlamentare. Per me parlare è lavoro, e sarei in vacanza. Niente di personale: sto semplicemente cercando, per un attimo, di provare a parlare con me stesso e con i miei prossimi. E se veramente tu mi amassi di questo travolgente ammmmoooorrreeee, forse (ma dico forse) potresti capirmi e magari dedicarmi del tempo di qualità: quello che occorre per prendere una cartolina, scriverci qualcosa a mano, e inviarla. Quella è una cosa che indica considerazione e che resta (e infatti le conservo). Il resto è stalking.

Quindi gli "amici" (concetto un po' evanescente, dato che un amico dovrebbe se non capirti almeno conoscerti) o comunque i membri della community che mandano Whatsapp finiscono dritti (senza apertura di messaggio) nelle chat archiviate, cioè vengono ghostati integralmente: spiace per M., spiace per Q., ecc. Oh, va da sé che io al telefono non rispondo mai, e che ora i vostri messaggi non li vedo più! Quindi non potete mandarmi un messaggio per chiedermi di uscire dalla Gehenna, ma d'altronde avete il numero del mio segretario, quindi, se non lo assillate, sarà lui a venirmi a dire dopo le vacanze di assolvervi. Intanto, buon Natale e un consiglio: non assillate la mia segreteria!

Con tutti gli altri, il protocollo (di sopravvivenza) è molto semplice: se il messaggio è a me, cioè c'è scritto qualcosa che mi identifichi (Alberto, professore, onorevole, guru, maestro,...) viene "processato", altrimenti semplicemente si passa oltre: quelli che mandano a tutta la loro rubrica un messaggio impersonale più o meno lezioso, più o meno corredato da immagini più o meno pacchiane andrebbero processati per creazione ultronea di CO2 (anche i PC inquinano...)!

Ci sarebbe un'altra strada, quella tentata con successo dal callido V. e da pochi altri: ingaggiare il contatto con un messaggio di lavoro (finto) per poi inserire in replica alla mia replica gli auguri! A tanta raffinatezza non posso che inchinarmi, ma è una strada che non consiglio a tutti: siete sull'orlo del precipizio delle chat archiviate...

Per inciso, e passando per un attimo all'email: non vi dico che cosa succede quando in una popolazione di circa 400 persone si comincia col giochino del Reply all sugli auguri che qualcuno ha mandato a tutta la lista! Un autentico devasto! Ma per fortuna la mia email non la leggo io. Lo fanno persone pagate lautamente per farlo, questo sporco lavoro: sono il mio preziosissimo ed efficientissimo filtro antidisagio.

Sui messaggi personalizzati, cioè esplicitamente indirizzati al Grinch, e che quindi esordiscono con Alberto, professore, onorevole, guru, ecc. (esclusi quelli degli amici, perché, come vi ricorderete, sono già tutti in chat archiviate) si procede così: se fanno parte delle centinaia di persone già "augurate", che quindi in qualche modo sanno che l'onoré ha pensato a loro e li considera, reagisco con emoji.

Il caso si apre con le persone che non sono già state "augurate" (essendo entrato in politica uso il verbo augurare in modo transitivo, come Cetto Laqualunque). Ma questo setaccio lo passano veramente in pochi, e fra quei pochi ci sono quelli il cui pensiero mi sorprende, qualche volta mi allieta, spesso mi comanda uno sforzo di memoria ("e questo chi diavolo è?") comunque salutare.

A loro rispondo.

Ed è così che un po' in virtù del grande cerchio della vita, un po' applicando il crivello di Bagnai sopra descritto, dalle poche migliaia si passa alle poche decine, e resta un po' di tempo per andare a correre e leggere un libro, cosa che quindi passo immediatamente a fare.

Con l'occasione:



(...avete capito benissimo: vi voglio bene, ma desidero nascondere questa mia inesplicabile fragilità...)

(...non abbiamo parlato dei commenti sul blog: quelli potete usarli, questa è la casa della nostra famiglia, e quando dico che voglio passare il Natale in famiglia intendo dire che voglio passarlo anche qui: non nella cloaca nera, non sulle messaggerie istantanee, che servono ad altro. A proposito: se vedete un extraterrestre, mandatemi un Whatsapp, non una cartolina!...)

domenica 22 dicembre 2024

Politicizzazione (s.f.)

Volevo condividere qui una riflessione che ho svolto molto succintamente, e forse imperfettamente, su uno di quei media locali che, come ci siamo spesso detti (sulla base di una esperienza ormai pluriennale), svettano come giganti nel panorama piuttosto degradato del nostro sistema informativo:

Mi riferisco in particolare a questo passaggio, che "sbobino" per la vostra convenienza:

"La politicizzazione della magistratura è un dato di fatto, che l'ordinamento prevede. L'organo di autogoverno della magistratura è composto anche di membri di nomina politica [i dieci membri laici, NdCN], è diviso in correnti politiche, e questo è un fatto di per sé sano, non malsano. Sarebbe un problema però se le opinioni politiche si nascondessero dietro dei fatti. Nel caso della sentenza di Palermo questo è scongiurato perché è stato affermato che 'il fatto non sussiste'...".

Vorrei chiarire meglio che cosa intendo, partendo dal solito principio che ognuno ha diritto alle proprie opinioni e nessuno ha diritto ai propri fatti (quindi, ad esempio, l'opinione che Salvini sia un puzzone non può diventare, e non è diventata, il fatto che abbia sequestrato delle persone, perché questo fatto non sussiste).

Intanto, è chiaro che negazionare la politicizzazione della magistratura, come fanno certi esponenti di sinistra, non ha alcun senso in re ipsa. Intanto, come chiarivo nell'intervista sopra riportata, l'articolo 104 della Costituzione definisce percorsi esplicitamente politici per la nomina di componenti del suo organo di autogoverno (incluso un importante membro di diritto, il Presidente della Repubblica, che è anche lui eletto dal Parlamento in seduta comune). Ricordo a me stesso che un'elezione non è una sorta di Pentecoste laica in cui i parlamentari si raccolgono, attendendo che cali su di loro la fiammella del "voto secondo coscienza". Un'elezione è il punto di arrivo e di suggello di un negoziato politico, condotto per trovare un compromesso e un equilibrio fra esigenze politiche, equilibrio che spesso si raggiunge trovando compensazioni in altri "tavoli".

Va anche considerato che se le elezioni dei membri laici sono in mano ai partiti stricto sensu, come sapete benissimo le elezioni dei togati sono in mano alle "correnti", che sono, di fatto, il riflesso nella comunità dei magistrati di quello che i partiti sono nella società: strutture organizzate per affermare e difendere una linea di indirizzo politico. In trasmissione da Pancani ho fatto un noto esempio, quello del Congresso di Magistratura Democratica nel 2019, intitolato: "Il giudice nell'Europa dei populismi". Il collega Bonelli, la cui ignoranza è assolutamente scusabile (ignorantia legis non excusat, ma qui si parla dell'ignoranza di un fatto storico, e quindi la scusiamo), evidentemente non sapeva che quella che lui considerava una semplice vignetta satirica era la locandina di quel convegno, ancora rinvenibile nel sito dell'associazione:


Ora: che i magistrati, essendo persone colte, siano anche persone spiritose, lo trovo più rassicurante che preoccupante! Vauro può piacere o non piacere, ma è senz'altro un vignettista efficace (sarà per questo che qualche volta ci infastidisce, ma dobbiamo ammettere che anche quella è efficacia: strano come una vignetta efficace vista da sinistra sembri fastidiosa vista da destra)!

Ma il problema di questo convegno non è la locandina e se essa sia o meno spiritosa (non lo è: è semplicemente apologetica), cosa su cui lui si è incaponito nel corso della trasmissione:

(dal minuto 10 in poi).

No, il problema di quel congresso, volendo vederci un problema, è nel suo assunto programmatico secondo cui "nell'età dei populismi il giudice è chiamato a un lavoro difficile, in bilico tra governo della realtà e ideali di giustizia" (ve l'ho evidenziato in giallo anche nello screenshot, perché so che sembra abbastanza incredibile). Ora, a meno di non voler far rientrare queste parole nella categoria cara a Flaiano delle grandi frasi che non significano niente (non sono sicuro che lui dicesse così, ma il senso era questo), e volendole prendere invece nel loro senso letterale, queste parole letteralmente dicono che secondo MD, nel 2019, il giudice poteva anche parzialmente derogare agli ideali di giustizia per assumere il difficile compito di governare la realtà nell'età dei populismi. Nel concetto di "essere in bilico" è implicito il significato di equilibrio instabile fra due elementi inconciliabili (cioè del cadere da una parte o dall'altra), e qui mi pare che si suggerisca in modo non troppo velato che alla fine sbilanciarsi dalla parte del governo della realtà sia considerato un caso ammissibile. Peraltro, il diritto, la legge, non sono la giustizia: e il giudice in teoria è soggetto solo alla legge, non a (quello che lui legittimamente ritiene sia) la giustizia. Sono due cose diverse.

Aggiungo un'altra sottolineatura precisazionista: perché questo "sporco lavoro che qualcuno deve pur fare" (il governo della realtà) MD sente il bisogno di farlo "nell'età dei populismi"? Perché, ad esempio, non nell'età dei liberismi, quella in cui si crea tanta povertà e ingiustizia sociale che da una parte capisco possa interessare poco l'unico ceto realmente protetto dall'aumento del costo della vita, ma che dall'altra costituisce l'antecedente logico dei populismi che tanto preoccupano certi magistrati?

Cioè: ti preoccupano "i populismi" e vuoi reprimerli, ma non ti preoccupi quando l'austerità fa aumentare significativamente il numero delle persone a rischio di povertà ed esclusione sociale:


portando in terreno negativi gli investimenti pubblici al netto degli ammortamenti (cioè riducendo lo stock di capitale pubblico):


(lo vedete il "tempo in cui si chiudevano gli ospedali" senza che qualcuno avvertisse l'esigenza di governare la realtà?), creando i presupposti del fenomeno che tanto ti spaura?

Il fatto che oggi in Italia dei magistrati di sinistra apparentemente considerino "much social injustice and apparent cruelty as an inevitable incident in the scheme of progress" istintivamente porta a collocarli nel blocco sociale che sosteneva il paradigma economico che Keynes chiama "ricardiano" e loro chiamerebbero "neoliberista", nel quale probabilmente abitano, ma "a loro insaputa", per citare un altro esponente politico (di centrodestra, però...), cioè quello dei rentiers.

Quindi: la politicizzazione c'è, è indiscutibile, negarla sarebbe futile, ma... esattamente come vi ho chiarito che le certezze non vanno valorizzate negativamente quando si parla di ricerca, così vorrei esortarvi a non scagliarvi in modo acritico contro la "politicizzazione", che in determinate circostanze e con determinati accorgimenti mantiene un suo valore positivo (altrimenti dovremmo pensare che la Costituzione è stata scritta male, e qui non credo che nessuno lo pensi: riscritta male sì, scritta male no).

Immagino le reazioni: "Ma come!? Il giudice non deve essere imparziale, e quindi privo di giudizi di valore? Non deve attenersi esclusivamente ai fatti, in modo asettico, direi quasi scientifico?" [CSI docet, NdCN]

Ecco, torna in campo la nostra amica scienza... ed è proprio da uno scienziato che vorrei ripartire, da Gunnar Myrdal, premio Nobel per l'economia nel 1974 insieme a Friedrich von Hayek (ma per motivi ben distanti, tant'è che Myrdal propose di abolire il premio quando seppe che lo prendeva anche von Hayek...). L'opera di Myrdal era citata nel testo di politica economica di Federico Caffè, che ne ricordava il contributo dato all'analisi del ruolo dei giudizi di valore nelle scienze sociali. Il punto che solleva Myrdal è molto semplice: le scienze che si occupano della società, di come organizza il lavoro, di come distribuisce la ricchezza, e quindi in particolare l'economia, che è una scienza sociale, non possono prescindere da giudizi di valore, da una valutazione preliminare di cosa sia "meglio" per una società, di cosa sia, per capirci, il fantomatico "bene comune" (quello di cui blaterano i dilettanti dell'economia e della politica - e dell'economia politica e della politica economica). E siccome non possono farne a meno, sarebbe erroneo che avessero la pretesa di farlo: i giudizi di valore non vanno rimossi freudianamente, ma vanno esplicitati, affinché chi si accosta a una ricerca sia in grado di tenerne conto. 

Vedo (ma forse lo vedo solo io) un filo rosso che lega la pretesa di neutralità ideologica della "vera" scienza (di cui l'assenza di giudizi di valore nelle scienze sociali è una declinazione), alla pretesa di imparzialità del giudice, come, del resto, alla pretesa di obiettività del giornalista che "separa i fatti dalle opinioni": è il filo rosso dell'ingenuità.

Per sostanziare questi argomenti, sono andato a riprendere il testo di Myrdal, ma non avendo sotto mano la mia edizione italiana (nella Nuova Biblioteca Scientifica Einaudi: forse lo vedete alle mie spalle quando parlo ai telegiornali), mi sono trovato un pdf online, e rileggendolo a distanza di forse trent'anni c'è una cosa che mi ha colpito moltissimo:


Come esempio di termine value-loaded, cioè che porta con se un giudizio di valore (positivo), Myrdal sceglie proprio "integrazione economica", cioè, nel nostro contesto: "più Europa"!

Per capire che cosa si intende con termini value-loaded o con giudizi di valore: siccome la disintegrazione è un processo violento e doloroso, ovviamente l'integrazione è, a contrario, una bella cosa a prescindere, mi seguite? Ecco in che modo i giudizi di valore si insinuano nel ragionamento scientifico (e non solo nelle scienze sociali). Tuttavia Myrdal evidenzia che il fatto che un termine, anche se usato in un'indagine scientifica, abbia una implicita connotazione valoriale, non è di per sé un motivo per rifiutarlo. Aggiunge Myrdal che è stato un errore il tentativo fatto per oltre un secolo di rendere "oggettivi" i principali concetti dandone una definizione "puramente scientifica" ipoteticamente non associabile a valutazioni politiche. Questo esercizio di purificazione si è risolto nell'invenzione di sinonimi dall'aspetto più innocente: un tentativo che era destinato all'insuccesso. I giudizi di valore infatti avevano una loro logica e una loro funzione, e quindi hanno perforato anche la corazza delle definizioni "puramente scientifiche".


In effetti, "una scienza sociale disinteressata non è mai esistita e non può esistere per motivi logici". Le società umane possono essere studiate solo dal punto di vista degli ideali umani, sono questi a provocare il nostro interesse per lo studio, a indirizzarlo, e a rendere significative le nostre conclusioni. Quindi i concetti stessi, le categorie, delle scienze sociali, non possono essere definiti se non in termini di valutazioni politiche, ed è per garantire il rigore scientifico del ragionamento che queste valutazioni dovrebbero essere esplicitate. 

Questo è il punto: non è un buono scienziato sociale chi nasconde i propri pregiudizi politici magari dietro la cortina fumogena di qualche formula matematica, ma chi li dichiara e li pone esplicitamente a base del discorso.


Naturalmente i giudizi di valore su cui una ricerca si fonda devono essere rilevanti e significativi per la società in cui viviamo. Tuttavia, non è così immediato orientare la propria ricerca su "quello che gli uomini effettivamente desiderano", per il semplice fatto che "gli uomini" (non nel senso di risorse, nel senso di individui) hanno informazioni molto incomplete. Una premessa di valore rilevante dovrebbe essere corretta nel senso di interpretare che cosa le persone desidererebbero se la loro conoscenza del mondo fosse più completa, ma non c'è metodo econometrico che consenta di fare questo esercizio prescindendo dalle valutazioni individuali delle persone. E quindi, ad esempio, nessuna discussione sull'opportunità di una maggiore integrazione economica internazionale ("più Europa!") è sensata, se prescinde da un insieme di valutazioni politiche che devono essere rese esplicite. Se si attribuisce un significato al termine "integrazione" senza esplicitare alcuna premessa di valore, restano le premesse implicite, che corrispondono alle preferenze politiche dell'autore, o a quelle del suo contesto nazionale. Ma, conclude Myrdal, dato che queste premesse restano nascoste, non solo lo studio è pretenzioso (perché cerca di affermarsi come neutrale e oggettivo), ma effettivamente fraudolento, anche laddove la frode sia inconsapevole.

Per sintetizzare quanto detto fin qui: una buona scienza sociale deve essere politicizzata, perché solo questo le conferisce la necessaria trasparenza, consentendo di verificare il rigore logico degli argomenti usati. Del resto, è questo, non la matematizzazione, ad affratellare le scienze sociali alle cosiddette scienze "naturali" o "dure": il fatto che si configurino come scontro politico fra paradigmi, fra concetti value-loaded, cioè il fatto che siano, entrambe le categorie di scienza, umane (eh, sì, devo darvi una brutta notizia: non esiste la scienza disumana, come non esiste la società incivile...).

Per esemplificare, e rifacendoci alla nostra esperienza di crescita in questo blog: è stata una chiara indicazione delle premesse di valore ad aiutarci a distinguere il pensiero sciamanico del "ci vuole più qualcosa (Europa, dosi, ecc.)" da un corretto ragionamento scientifico, è stata la corretta individuazione ed esplicitazione degli interessi di classe sottostanti, ad esempio, a farci capire perché per ridurre il rapporto debito/Pil sono state fatte politiche che secondo i manuali di economia lo fanno aumentare e che conseguentemente lo hanno fatto aumentare, e così via. Insomma: senza premesse di valore è pretenzioso pensare di poter unire i puntini.

Bene.

Ma con Palermo questo che c'entra?

Un po' forse c'entra. 

Sì, sono d'accordo: la moglie di Cesare ecc., la forma è sostanza ecc. Quindi l'apparenza dell'imparzialità, della de-politicizzazione, andrebbe forse mantenuta, e quando non si desideri farlo e si scenda in piazza forse è meglio trarne le conseguenze.

Ma si può anche ragionare in modo diverso. Partiamo dal presupposto che anche i magistrati non possano prescindere, nella loro attività, che è un'attività di ricerca, da giudizi di valore (mi sembra un dato fattuale: basta leggersi gli atti dei loro convegni)! E allora sarebbe ingenuo tentare di imporre loro un atteggiamento "puramente giurisdizionale", come sarebbe ingenuo nelle scienze sociali tentare di imporre un lessico e un'agenda "puramente scientifica".

Quello però che si può fare è garantire equilibrio fra i vari concorrenti nel mercato della politica: non può esserci una concorrenza sana se alcuni partecipanti possono privare gli altri della libertà, ma il reciproco non è consentito. E quindi, le cose stanno così: o si consente ai vostri rappresentanti di inquisire i magistrati (ma sinceramente, con tutto il lavoro che abbiamo da fare, e non avendo una preparazione professionale specifica, ne farei anche a meno), o si ritorna alla Costituzione del 1948, e al suo articolo 68, che assicurava l'immunità ai rappresentanti del popolo sovrano.

Il problema, insomma, non è la politicizzazione! Sarebbe molto peggio l'ipocrisia o la dissimulazione! Il problema è lo squilibrio (non la mancanza di separazione: la mancanza di equilibrio) fra i poteri.

La soluzione a questo problema è piuttosto ovvia, e i Costituenti, che ci avevano pensato, l'avevano anche introdotta in Costituzione: l'articolo 68 nella sua versione originale.

Non è l'unica soluzione, va da sé! Se ne possono immaginare tante altre: ad esempio, riformare l'art. 104 introducendo un criterio di sorteggio per il CSM, o prevedendo un CSM di soli laici o comunque con una maggioranza (o una più forte rappresentanza) di laici, o adottare un modello ibrido come quello francese in cui il procuratore mantiene un rapporto forte con l'esecutivo, o quello che volete (qui gli esperti siete voi, non crediate che me ne sia dimenticato, e certo non io).

Certo è che qualcosa andrà fatto, e probabilmente il miglior modus operandi, per chi, come noi, ha ampiamente studiato i danni fatti dall'antipolitica, è tentare di risalirne la china: finanziamento pubblico ai partiti e immunità parlamentare. Non sarà un compito facile, ma è un compito che voi dovreste ritenere necessario se non altro per esercitare quel diritto il cui esercizio è più dolce e liberatorio e tanto vi molce il cuore da mane a sera nella cloaca nera (rima intenzionale): il diritto al mugugno! Perché, questo possiamo dircelo, lamentarsi di una classe politica cui sono stati tolti strumenti fondamentali per strutturare un ceto politico e per sottrarsi a condizionamenti impropri non è un esercizio particolarmente onesto intellettualmente. Qui credo siano pochi quelli che si sono lasciati convincere che vincendo la sua lotta contro la politica il popolo si sarebbe liberato! Ma altrove sono ancora egemoni, e questo richiede un dispiego di mezzi e di impegno che nelle condizioni attuali è impossibile.

Non ci vuole più Europa: ci vuole più politica.

E chi è qui da un po' sa quanto, e perché, questi due termini, presi nella loro accezione corrente, siano così radicalmente antitetici...

venerdì 20 dicembre 2024

Perché il fatto non sussiste

…spiace per chi ci sperava, e fa invece piacere poter confermare la fiducia nelle istituzioni, o almeno (per evitare la reificazione!) nel senso dell’opportunità di chi le popola.


(…mentre vi scrivo, aspettando di esprimere il voto finale sulla “manovra”, i fatti di Magdeburgo sono ancora riportati dalla stampa con la formula “un uomo”. Vedrete che sarà l’ennesima conferma che il capo forse non ha sempre ragione, ma non ha quasi mai torto…)

giovedì 19 dicembre 2024

L’esegesi di Draghi, parte prima

Ed è finalmente apparso il testo di LVI, sul quale credo che dovremo soffermarci a più riprese.

Oggi è stata una giornata molto lunga, perché alla Camera, a differenza di quanto accade al Senato, per non so quale motivo che approfondirò nel mio testo di antropologia parlamentare comparata, non è possibile scegliere la fascia oraria in cui si preferisce intervenire, né tantomeno saperla prima di aver varcato la soglia dell’AVLA. Quando ieri la capogruppo in commissione bilancio Silvana Comaroli mi ha chiesto se volessi intervenire in discussione generale ho  accettato immediatamente, non per presenzialismo ma per liberare le colleghe e i colleghi della commissione, che si erano tanto spesi nelle notti precedenti, da un impegno ulteriore. Ciò comportava essere lì alle 8:00, Ma questo non è un problema, perché, come sapete, io mi sveglio presto. Per qualche disguido organizzativo però, il governo non era presente in aula e senza governo (cioè senza un sottosegretario - di solito - o un ministro - nelle occasioni particolari) i lavori parlamentari non possono svolgersi. Mettici l’attesa del sottosegretario, mettici le giuste rimostranze dell’opposizione sull’ordine dei lavori (sull’ordine dei lavori può intervenire un rappresentante per gruppo, e quindi: misto, PD, 5 Stelle, Italia Viva, e un altro), Mettici lo svolgimento della relazione, che la relatrice di maggioranza ha semplicemente depositato per tagliare corto, io, che alle 7:55 avevo appreso che avrei parlato intorno alle 9:30, mi sono ritrovato a parlare alle 10:57. Poi c’è stato un giro di auguri di Natale, poi c’è stato un giro di disbrigo di corrispondenza, poi c’è stato un giro di sindaci del territorio (a uno il vento ha scoperchiato una chiesa, e non è una cosa bella; ad altri l’ANAS riprenderà in carico una provinciale che li collega e che la provincia, grazie alla riforma Delrio, non riesce a tenere in ordine, e questa invece è una cosa positiva, non tanto la centralizzazione, quanto il fatto che di una strada che una volta era statale e poi è stata declassata a provinciale, torni ad occuparsi lo Stato che ha un po’ più di risorse della provincia), poi sono passate a visitarmi delle persone, poi mi hanno telefonato altre persone, insomma: la sintesi è che ho dimenticato il pc in ufficio e quindi vi sto scrivendo dal telefonino per cui la faccio molto corta, nel mio perenne scrupolo di essere severo, sì, ma giusto.

L’agenzia che ho citato nel post precedente, infatti, riportava il pensiero del nostro omettendo una parte potenzialmente rilevante, che vorrei utilizzare a suo discarico. Il virgolettato giornalistico (perifrasi per: menzogna) era, lo ricorderete: “tutti i governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna, ma almeno fino alla fine della pandemia, hanno preferito non utilizzare questo spazio“. 

Messa così suona veramente assurda, perché, come abbiamo imparato, al punto di intestargli una associazione scientifica che qualcosa ha prodotto, la situazione europea è caratterizzata da asimmetrie rilevanti, per cui suona strano di per sé che tutti i governi possano trovarsi nella stessa posizione. Il testo, in realtà, comincia un rigo sopra. Il virgolettato è tradotto bene, insomma, ma ne manca il primo pezzo, che provo a tradurvi io: “e squilibri commerciali globali molto grandi producevano una pressione al ribasso sui tassi di interesse reali che faceva sì che tutti i governi, ecc.”.

Ora, se dovessi dirvi, io così, a mente, il nesso fra squilibri commerciali (di quale segno?) e pressione al ribasso sui tassi di interesse non riesco a spiegarmelo. Se ci rifacciamo al modello che abbiamo spesso considerato, quello del ciclo di Frenkel, il paese importatore è tale anche perché in esso l’inflazione è più alta, il che determina:

1. uno svantaggio di prezzo dei suoi beni rispetto a quelli dei concorrenti (un apprezzamento del cambio reale);

2. Un tasso di interesse nominale più alto, che ha il duplice scopo di cercare di raffreddare l’inflazione da un lato, e dall’altro di attirare i capitali esteri necessari per finanziare il saldo negativo della bilancia dei pagamenti.

Possiamo immaginare che un discorso uguale e contrario valga per il paese esportatore, che intanto riesce ad esserlo in quanto controlla i prezzi, controllando i salari (e questo pezzo del ragionamento Draghi non riesce più a nasconderlo e lo svolge molto bene), il che gli consente di tenere bassi i tassi di interesse e quindi, in ipotesi, di creare spazio fiscale, cioè, spazio di manovra per la politica di bilancio (posto che questo spazio non si crea solo con bassi tassi di interesse, ma anche con alti tassi di crescita).

Insomma: nella versione abbreviata il discorso di Draghi non gira ed ha anzi il sapore acre di una atroce beffa a chi ha subito un danno superiore a quello di un conflitto mondiale. Nella versione estesa, però, non è che giri molto meglio. A mio sommesso avviso, ma può darsi che mi sbagli, girerebbe meglio se fosse scritto così: “surplus molto grandi di bilancia dei pagamenti producevano in alcuni Stati una pressione al ribasso sui tassi di interesse reale, che creava uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda, ma almeno fino alla pandemia in Europa gli Stati in surplus hanno fatto la scelta deliberata di non utilizzare questo spazio”.

Così il discorso fila, e diventa quello a noi ben noto del partigiano Joe, ma anche di quello che, all’inizio del Blog, chiamavamo affettuosamente l’hidalgo de la Sierra, e che il senatore Garavaglia all’epoca chiamava il “ragioniere Monti”. Un discorso meno beffardo (perché accusare l’Italia di non aver speso da parte di chi gli aveva proibito di spendere sarebbe oggettivamente un’atroce beffa), ma non meno fallace sotto almeno due ordini di considerazioni.

Intanto, la storia che abbiamo sentito più volte, anche dall’Hidalgo, secondo cui la Germania avrebbe dovuto, dovrebbe, dovrà, spendere di più per sostenere la crescita europea, è abbastanza futile sotto il profilo politico, rientrando in quella categoria di fallacie logiche che in questo blog abbiamo definito pinball theorem (il teorema del flipper: se mio nonno avesse cinque palle sarebbe un flipper). L’Hidalgo, se ricordate, la enuncia nel famoso video sulla distruzione della domanda interna. Dice, l’Hidalgo: “Abbiamo distrutto domanda interna per ristabilire la competitività e quindi ci dovrà essere un rilancio della domanda europea”. Ora, esistono 200 casi di poliorchia attestati in letteratura, ma non si va oltre le quattro palle. Mi affretto ad aggiungere che non è solo per questo, e non è neanche principalmente per questo, che un nonno non è un flipper. Di converso, sappiamo che esistono molti tedeschi generosi: lo sono, ad esempio, quelli che generosamente finanziano le navi delle ONG al nobile scopo di destabilizzare politicamente il nostro paese. Tuttavia, desumere da questo che la Germania possa avere una fiscal stance generosa sarebbe da ingenui, per restare in argomento. Di ingenui ne conosciamo almeno due: uno è il partigiano Joe, e l’altro è l’Hidalgo. Se ci dovessimo aggiungere anche Draghi, sarebbe poliorchia. Una posizione fiscale austera serve al capitalismo tedesco a regolare i conti coi propri lavoratori, e quindi difficilmente la prenderà indipendentemente dal fatto che al governo ci siano socialisti, democristiani, verdi, gialli, neri, rossi o blu. Semplicemente, i loro rapporti sociali di produzione funzionano in quel modo lì, da secoli, e chi tentasse di contrastare una tendenza simile manderebbe il sistema in una contraddizione tale da restare stritolato (e fra un po’ avrete conferma di quello che vi sto dicendo).

Supponiamo, però, che il ragionamento di Draghi sia effettivamente questo, che lui abbia voluto fare quello che in realtà non ha fatto, cioè rimproverare alla Germania quello che praticamente tutti gli altri le hanno rimproverato, cioè di essere la causa della crisi europea, il tumore del nostro sistema economico e politico. Se fosse così, il suo pensiero odierno non andrebbe in contraddizione con la sua lettera del 2011, perché andrebbe letto nel senso che l’Italia, essendo un paese in deficit estero, spazio fiscale non ne aveva, e quindi non doveva usarne. Ma questo aprirebbe a due altre considerazioni. Intanto, si chiarirebbe una volta per tutte che la misura dello spazio fiscale non è il deficit pubblico ma quello estero: posso spendere, e quindi spingere sulla crescita, finché non vado in deficit di bilancia dei pagamenti. Significherebbe cioè dare ragione a chi proponeva, nei lontani anni 10 di questo secolo, un external compact come cardine della politica di bilancio degli Stati membri. Cioè, a me. Qualcosa (compresi gli sguardi a 0 K) mi dice che non fosse questa la principale motivazione dello scritto del presidente Draghi. 

Di converso, però, sappiamo che il ragionamento secondo cui chi è in deficit deve tirare i remi in barca, vale solo in determinate circostanze. Siccome, con buona pace degli economisti della troika, il moltiplicatore keynesiano esiste, l’idea di tirare i remi in barca quando si è in deficit estero funziona solo finché il rapporto debito/Pil è inferiore a uno. Se il rapporto debito/Pil è una frazione impropria, invece, questa idea è sbagliata, come io vi dissi nel 2012 in un post che vale sempre la pena di rileggere e far leggere, e che ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale una autorevole conferma (di cui 11 anni dopo non ci facciamo un cazzo di niente): i riferimenti estesi li trovate in questo post sugli spingitori di austerità.

Insomma, tiriamo le somme che domani è un’altra giornata lunga: o non capisco io, e ci può stare, perché la bibliometria non è una scienza esatta, oppure il discorso che Draghi conduce è spiacevolmente reticente e ambiguo. Lo spazio fiscale ce l’avevano tutti gli Stati (ma allora perché hai fatto quel cazziatone a noi?) o solo quelli in surplus? E se l’interpretazione è quest’ultima, siamo sicuri che gli Stati in deficit non avessero spazio per fare politiche espansive, visto che impedirgli di farle ha portato il loro debito a crescere, nel nostro caso dal 120% al 135% del Pil?

Insomma, come la metti la metti, in questo discorso c’è sempre qualcosa che non torna, e solo due cose sono assolutamente nitide ed evidenti: la prima è che tutte queste seghe mentali argomentazioni sono solo un gigantesco spot pubblicitario per la CMU. La seconda è che da quest’ultima dovremmo stare ben distanti in base al principio timeo Danaos et dona ferentes. Niente di personale, naturalmente, ma se chi ci dice di mettere nella cassa comune i nostri risparmi è la stessa persona che ci dice che seguendo i suoi consigli abbiamo determinato una massiccia fuga di capitale all’estero, se chi ci chiede di mobilitare la nostra liquidità oziosa è la stessa persona che quando ci diceva di tirare i remi in barca, sbagliava, che ne fosse consapevole o meno, allora forse è meglio che i nostri risparmi ce li teniamo per noi e la nostra liquidità la mobilitiamo se ci va e quando ci va e agli scopi che decidiamo noi.

E, ancora una volta, se sbaglio certamente mi correggerete. Ma, come vi dicevo, su questa seconda parte dovremmo intrattenerci un po’ più.

Per questa sera è tutto, ci vediamo domattina a Coffee Break.


domenica 15 dicembre 2024

Dr. Draghi and Mr. Mariou, per gli amici: uva.

In una delle tante chat di coordinamento che ho messo su nella scorsa legislatura un giorno apparve questo emoji: 🍇. Uva! "Perché?", chiedemmo al geniale amico che ne aveva fatto un uso apparentemente decontestualizzato. E lui rispose con la nota frase di Cossiga. L'emoji era un acronimo. Da allora al posto dello scontato  🐲 lui per noi è 🍇.

Ora, io pensavo, perché sono di animo buono: affarista sì. In fondo, anche se suona un po' spregiativo, è però fattuale. Il nostro ha lavorato per anni in banche d'affari, quindi un affarista, oggettivamente, lo è stato. Viviamo in un'economia monetaria e finanziaria, non siamo necessariamente nostalgici dei soviet, quel lavoro (il banchiere d'affari, in sintesi l'affarista) qualcuno deve pur farlo, non si vede perché inveire come Cossiga.

E poi, pensavo, l'economia la sa, e ultimamente ce l'ha anche dimostrato, a La Hulpe, e anche oggi, quando è riuscito a stupirci con una dichiarazione che sarebbe per noi banale, se non provenisse da una fonte così autorevole (il mezzo è il messaggio):


E certo, voi frasi simili ("una bassa crescita dei salari come strumento per aumentare la competitività esterna, aggravando la debolezza del ciclo reddito consumo") le conoscevate bene, ma finora le avevate incontrate solo in questo blog o in un libro scomodo, Il tramonto dell'euro, ad esempio a pag. 230:

ma anche qui, proprio all'inizio, a pag. 11:


Ah, che il libro fosse scomodo non l'ho detto io: l'ha detto l'ex presidente di JP Morgan Italia qui, in pubblico, specificando che due istituzioni erano intervenute per scongiurare che gli si conferisse un premio letterario particolarmente prestigioso. 

Ma insomma, essere confortati nella nostra analisi (che poi nostra non era: era di Mundell) dal prestigio di cotanto studioso sarebbe comunque una soddisfazione, no?

Peccato che questa soddisfazione sia velata da un filo di amarezza. Non di acredine, né di acrimonia, né di acribia: ne sono immune, come ben sapete. No, solo di amarezza, perché ho finalmente capito che cosa intendesse il Presidente Cossiga per viltà.

Vedete: è vero che "tutti i Governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna" (notate bene: tutti)! E certo, noi lo sapevamo bene: ciò dipendeva dal fatto che il debito pubblico con la crisi c'entrava ben poco, come vi avevo spiegato all'inizio del blog!

Ma è vile dire che essi "hanno scelto deliberatamente di non usare questo spazio", perché almeno uno, il nostro, questo spazio non l'ha utilizzato non per sua scelta deliberata, ma perché ha ricevuto una letterina, questa:

(il testo integrale lo trovate ancora qui), e in quella lettera no, non c'era scritto "usa pure il tuo spazio fiscale". C'era scritto: "ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie", "fabbisogno netto all'1% nel 2012", riforma delle pensioni, blocco del turnover, riduzione degli stipendi pubblici, clausole di riduzione automatica del deficit, ecc.

Insomma: tutta la galleria degli orrori dell'austerità, quella che ha causato questo disastro:


questo eccidio economico di cui il PD è stato volenteroso esecutore e spietato carnefice (qui il dettaglio delle misure prese dal PD in attuazione della lettera). E quella lettera non l'aveva scritta Barbablù, Dracula, o qualche grigio Eichman di Bruxelles: no, l'aveva scritta lui, 🍇. E in questo consiste la viltà: che dopo aver fatto il possibile per ignorare il grido di allarme che veniva non solo, ma soprattutto da qui, e verosimilmente per tentare anzi di silenziarlo, ora lui se ne esca così, attribuendo ai governi che teneva per la gola la responsabilità politica di quello che era stato lui a chiedere di fare.

Con qualcuno, in effetti sono comunque stato ingiusto.

Ma non con 🍇.

Con Cossiga.

Da dove sei, scusami, Presidente: avevi ragione da vendere, e io facevo male a diffidare del tuo senno. 


(...mai vista una faccia di bronzo simile!...)