(...il riferimento come comprenderete è all'immortale Loretta:
non la Napoleoni, che in effetti poi è scomparsa - qualcuno se la ricorda!? - ma quella impersonata da Eric Idle dei Monthy Pyton in uno sketch che oggi sembra profetico, ma forse contiene semplicemente una lezione: quel delirio e quella degenerazione che ci sembrano marcare in modo tanto caratteristico quanto irrimediabile la nostra epoca, forse si erano già affermati, o si stavano affermando, nella nostra indifferenza o nella nostra disattenzione, fin dagli anni '70. Insomma: può darsi che più che "profeti", i Monthy Pyton, come altri artisti, fossero semplici "testimoni" di una realtà. Ma non è di questo che volevo parlarvi...)
Qualche giorno fa il nostro amico Durezza del vivere ha fatto un commento giustamente acidulo a proposito di certe dichiarazioni della ombudswoman europea uscente (do per scontato che si identifichi come she/her, poi vai a sapere...), la O'Reilly (Emily), che, insomma, pareva si fosse accorta, a fine mandato, che la Commissione europea non è esattamente il tempio della trasparenza (tema a noi caro e affrontato più volte, ad esempio con riferimento ai processi decisionali dell'Eurogruppo). Le parole della ombudswoman (or man) sembravano un po' sconclusionate (ad esempio, "non mi sono mai trovata a mio agio coi membri del Gabinetto von der Leyen perché sono persone intelligenti ma non elette": ma perché, quando mai i membri di un gabinetto sono eletti? Gli uffici di diretta collaborazione del ministro li sceglie, nella misura del possibile, il ministro, non li scelgono certo gli elettori che non avrebbero le competenze tecniche per assistere il ministro in una scelta così delicata, come ben sanno quelli di voi che hanno avuto la bontà di leggere i testi obbligatori).
Le parole della O'Reilly sembravano insomma una gigantesca "rosicata" per non essere stata riconfermata (ma Durezza non direbbe così perché è meneghino, e poi la O'Reilly in effetti era già stata riconfermata un paio di volte, tra l'altro col nostro voto!), o comunque un andarsene sbattendo inelegantemente la porta, cosa che dalle istituzioni non si dovrebbe mai fare, come del resto non si dovrebbe fare in generale. Avrei voluto commentare l'intervento di Durezza, ma il 20 dicembre alle 10 ero in studio a Coffee Break, e così rispondeva un'altra amica, Francesca:
Durezza il personaggio non lo conosceva: io, purtroppo, sì (dove il purtroppo non è una connotazione personale: non ce l'ho con lei, semplicemente patisco la fatica di dover lottare contro il Leviatano), e a questo punto aggiungerei qualche considerazione a quelle contenute nel suo ottimo articolo che probabilmente avrete letto.
Perché, insomma, la O'Reilly ci ha provato, e diverse volte, a fare un po' di chiarezza su situazioni, come dire, un po' al limite. Può essere utile ricapitolarne alcune, per ricordarci con chi abbiamo a che fare, per valutare le conclusioni cui giunge Durezza, ma soprattutto per darvi contezza del lavoro immenso che ogni giorno si fa per cercare di arginare questa marea dilagante: un lavoro così sterminato, così assorbente, così sfibrante, che anche a quelli di noi più disposti ad arringare le folle manca il tempo di riferirvelo, se non, talora, in modo fugace e allusivo (per scrivere un post così ci vanno quattro ore, e non è detto che sia tempo speso bene).
Ma non si tratta di cose di piccolo conto...
Il caso Selmayr
Dell'ineffabile Selmayr il blog fa menzione qui, ma voi dovreste anche averne sentito parlare ne La mappa asimmetrica del potere europeo, scritta quando lui era Capo di gabinetto dell'altrettanto ineffabile Juncker (il predecessore della von der Leyen, cioè presidente della Commissione dal 2014 al 2019).
Alzi la mano chi si ricorda il Selmayr-gate (altresì detto Scandalo della nomina di Martin Selmayr)? La storia è semplice. Per deferenza verso la Germania, il 21 febbraio 2018 Juncker nominò Selmayr vicesegretario generale della Commissione. Nella stessa riunione della Commissione, Juncker disse che siccome purtroppissimo l'allora segretario generale, Italianer, voleva rassegnare le dimissioni, allora Selmayr, che pochi minuti prima era stato fatto vice, diventava segretario generale. Selmayr subentrava così in un ruolo delicato, di estrema influenza, e che gli dava agio di sopravvivere al gabinetto Juncker, senza uno straccio di concorso, di evidenza pubblica, di procedura che desse agli altri Paesi la possibilità di dire la loro, di fare proposte. Utile ricordare che in quegli stessi giorni noi eravamo prima in campagna elettorale, solcando un Appennino piuttosto innevato, e subito dopo assorbiti dal processo di formazione del mitologico governo carioca (con Claudio nella stanza dove si scriveva il mitico "Contratto di Governo"). In Europa tuttavia la cosa non venne trovata di estrema eleganza: scoppiò uno scandalo, di cui noi, presi nel turbinio delle vicende romane, nulla avremmo saputo senza l'ottimo Marco Zanni, e l'ombudsman (or woman) ricevette due segnalazioni l'8 maggio. Il 31 agosto del 2018 l'ombudsman emise un parere piuttosto reciso, sollevando un discreto clamore: c'erano state delle evidenti forzature, e per ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee come minimo occorreva disciplinare in modo formale la nomina di una carica così importante.
Alla fine Selmayr si dimise il primo agosto del 2019 (e anche in quel periodo avevamo altri problemi da gestire, ma naturalmente seguivamo anche questa storia) per andare a fare prima il rappresentante permanente in Austria, e poi, indovinate un po':
...da settembre scorso il rappresentante permanente presso al Santa Sede (se lo incontrate salutatemelo)!
Diciamo che in questo caso l'ombudswoman (or man) non era stata totalmente inefficace, e infatti il potente Selmayr, noto come "il mostro di Berlaymont", avrebbe tanto voluto fargliela pagare, ma...
Lo scandalo Volkswagen
Mentre questa vicenda stava avviandosi a conclusione, interveniva un altro parere piuttosto bombastico della nostra ombudsman (or woman), su una vicenda di cui non credo vi sia rimasta traccia. Vi ricordate il Dieselgate? Beh, era saltato fuori che il meccanismo utilizzato per truccare le vetture in modo che passassero i test sulla qualità delle emissioni era stato escogitato con una ricerca che la Banca Europa degli Investimenti aveva finanziato per ben 400 milioni! Capito la virtuosa Tedeschia? Su questa storia aveva aperto subito un'inchiesta l'OLAF (l'Ufficio Europeo per la lotta alle frodi) che nel 2017 aveva trasmesso gli atti alla procura tedesca, ma l'8 maggio 2018 era stata adita anche l'ombudswoman (or man), da parte di un giornalista investigativo cui la BEI aveva negato un accesso agli atti (quella roba che va sotto il nome un po' bestiale di FOIA). Il giornalista si era quindi rivolto all'ombudsman (or woman) che il 29 marzo emetteva questa raccomandazione:
chiedendo il rilascio in forma anonima dei documenti richiesti. Ne seguì una interessante schermaglia in cui la BEI si nascondeva dietro la richiesta di anonimato avanzata dall'OLAF, e se dovessi dirvi com'è andata a finire non saprei darvi una risposta precisa (potrei chiedere ai nostri uffici a Bruxelles, ma mi sembra già sufficientemente eloquente il tentativo di insabbiare: la sintesi è che il casino messo su dal Dieselgate lo avete finanziato anche voi pro-quota, salvo prova contraria, e spero che ne siate soddisfatti!).
Decisivi!
A dicembre del 2019, quando lo scorno della Commissione sul caso Selmayr era ancora ben presente agli addetti ai lavori, la O'Reilly scadeva e si andava a nuove elezioni, da svolgersi col doppio turno. Il 17 dicembre si svolse il primo turno e al ballottaggio andarono la O'Reilly e una sostenuta dal PPE. Per non saper né leggere né scrivere il gruppo ID sostenne l'ombudsman (or woman) in carica, che così venne rieletta. I nemici dei miei nemici sono miei amici, forse...
Il MES
In questa storia torbida, poteva mancare il nostro amico MES? A dicembre 2019, come forse ricorderete, il ministro Gualtieri era stato in audizione in Senato, sotto tutela di un torvo e trepidante Rivera (direttore generale del Tesoro), e il risultato, al suo ritorno dall'Eurogruppo, era che non ci si capiva nulla: secondo Gualtieri aka l'incompetente l'Italia aveva chiesto un rinvio, secondo Centeno (Presidente del consiglio dei governatori del MES) si stava andando avanti, e insomma alla fine un Antonio Grizzuti piuttosto inFOIAto fece una richiesta di accesso agli atti dell'Eurogruppo il 17 dicembre del 2019, sollevando un tema a noi caro (come vi ho ricordato sopra), quello della trasparenza dell'Eurogruppo, su cui nel frattempo, con un caso clamoroso di friendly fire, si è espressa in forma postuma anche Transparency International, che noi, però, avendo capito in che squadra gioca, preferiamo chiamare Durchsichtigkeit International.
In risposta Grizzuti ottenne, dopo il mese prescritto, questa cortese missiva:
Il 30 gennaio 2020 il povero Grizzuti, scoraggiato dall'inanità dei suoi sforzi, mi segnalò le sue iniziative, assolutamente lodevoli, che aveva riassunto in un articolo dal titolo (e dal contenuto) piuttosto interessante:
Io prima feci un cazziatone ai nostri del seguente tenore:
Continuano a prenderci per il culo ma facciamo troppo poco anche in termini meramente di testimonianza formale. Le richieste FOIA le ha fatte Grizzuti (non noi)! Certo che non servono a un cazzo, ma almeno servono a sollevare un problema (ad esempio il problema che non servono a un cazzo).
(perché sì, con tutto quello che facciamo, ed è molto, io mi sento sempre come se non avessi fatto niente - eppure, visto col senno di poi, qualcosa abbiamo fatto: abbiamo decapitato la riforma del MES!), poi mi rivolsi a un amico esperto di FOIA (e non vi dovrebbe essere difficile capire chi) che mi propose questa succinta ma esauriente analisi:
Ci sarebbero un bel po' di cose da dire... riassumo:
1. il regolamento sul diritto di accesso agli atti istituzioni UE (1049/2001) fa cagare, è antiquato, ha dato pessima prova di sè, tant'è che da almeno 10 anni che deve essere rivisto (perché non in linea con il Trattato di Lisbona), ma ovviamente non lo fanno.
2. In UE, il diritto alla trasparenza è considerato stabilmente dalla Corte di giustizia UE come un diritto di rango non così fondamentale, certamente subordinato (ad esempio) alla privacy, privo di una reale capacità di disclosure.
3. La letteratura è piena di casi in cui il richiedente accesso, prima viene sfanculato (spesso nel modo ridicolo segnalato dal tuo interlocutore) dagli organi UE, e poi perde sistematicamente le cause.
4. Nello specifico, poi, le motivazioni sono - appunto - ridicole (e non è che non manchino appigli per fare dinieghi più rispettosi del sistema di limiti contenuto nel regolamento).
- Riguardo l'eurogruppo, e la fantasiosa idea per cui che siccome è una "riunione informale" sarebbe fuori dal campo di applicazione del diritto di accesso, basterebbe verificare che il regolamento, all'art. 2, comma 3. stabilisce che "Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un'istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d'attività dell'Unione europea." Se una istituzione UE detiene un documento, a quello si applica l'accesso.
- ancora più ridicola è la motivazione addotta per il diniego delle minute dell'eurosummit. Infatti, se uno si va a guardare cosa dicono le "Rules for the organisation of the proceedings of the Euro Summits" (che secondo loro determinerebbero la sottrazione di quei documenti all'accesso), scopre che l'art. 7. (Professional secrecy and production of documents in legal proceedings), così recita:
"Without prejudice to the provisions on public access to documents applicable under the law of the Union, the deliberations of the Euro Summit shall be covered by the obligation of professional secrecy, except insofar as the Euro Summit agrees otherwise."
"Without prejudice" a casa mia significa che prevalgono le norme del regolamento.
Ora, perché motivazioni così ridicole?
Perché quelle "buone" se le riservano per eventuali contestazioni, in sede amministrativa o giurisdizionale. Perché così allungano il brodo, costringono a lunghi e defatiganti procedure di ricorso, scoraggiano chi volesse provarci.
(io consiglierei a Grizzuti di cominciare rivolgendosi all'Ombudsman UE)
Questo era lo stato dell'arte il 30 gennaio del 2020. Ma vi ricordate che giorni erano? Era esattamente tre giorni dopo il fatidico "Siamo prontissimi!" in diretta dalla Gruber, su cui si sta facendo un faticoso lavoro in Commissione COVID, era il giorno in cui veniva ricoverata allo Spallanzani la prima coppia di cinesi ammalati, che comunque all'epoca andavano abbracciati e non quarantenati (come ricorderete).
Insomma: dato che come Paese non eravamo assolutamente pronti, le buone intenzioni di Grizzuti e mie vennero travolte. Non sappiamo quindi se in quel caso l'ombudswoman (or man) avrebbe potuto fare qualcosa. Io a Grizzuti girai il suggerimento subito, ma poi credo che abbia avuto altro da fare, e della sua eventuale richiesta sul sito dell'ombudsman (or woman) non c'è traccia.
D'altra parte, questa storia che non si è mai svolta contiene in sé un insegnamento: non vitro sed ferro recuperanda est patria, ovvero, i problemi non si risolvono con la trasparenza ma con i rapporti di forza. Se non avessimo un Governo di destra stabile e se i nemici dei nostri risparmi non si trovassero in serie difficoltà, hai voglia a trasparire!
La riforma del MES ce la beccavamo e zitti!
Ma non è andata così...
Porte girevoli
La pandemia ci travolse, e a maggio 2020 eravamo alle prese col decreto Rilancio (quello del Superbonus, per capirci), con poca voglia di star dietro alla Leuropa, se non per evitare quello che poi non riuscimmo ad evitare, ovvero il commissariamento via PNRR. Accadevano però cose interessanti, come questa:
In sintesi, la nostra amica ombudswoman (or man) prendeva a sportellate l'Autorità Bancaria Europea (EBA: European Banking Authority), perché il suo direttore esecutivo, tal Adam Farkas, senza fare un plissé passava da un ruolo chiave nell'autorità di vigilanza (direttore esecutivo dell'EBA) a un ruolo altrettanto rilevante nel vigilato (funzionario dell'Associazione per i Mercati Finanziari Europei, una specie di FEBAF europea, se ben capisco. Ora, voi magari non lo sapete, ma in Italia ci sono organi di vigilanza, come la CONSOB, che sono autentici buchi neri: una volta che superi l'orizzonte degli eventi venendo nominato, uscirne è sostanzialmente impossibile, se sei uomo veramente di mercato, perché per almeno due anni non puoi andare a lavorare altrove! Nella Leuropa della Latrasparenza invece non si fanno mica tanti problemi!
A dire il vero, il 20 settembre 2019 l'eccellente Marco Zanni aveva presentato una interrogazione (la risposta immagino sia stata: "le faremo sapere, chiamiamo noi..."). L'associazione Change Finance invece si era rivolta all'ombudsman (or woman) che aveva preso la cosa piuttosto sul serio, e alla fine la cosa è finita così: che il 18 novembre 2020 l'EBA ha detto che in futuro eviterà, accettando la raccomandazione dell'ombudswoman (or man). Per dire: erano i giorni in cui qui si veniva a sapere che la Protezione Civile non distingueva fra morti "per" e "con" COVID. Il destino di Farkas o di consimili paraculi era l'ultima delle nostre preoccupazioni, ben altro marciume stava per venire a galla...
Ursula
Il 29 giugno 2022 Marco ci segnalava questa comunicazione dell'ombudswoman (or man) sullo Pfizergate. L'ombudsman (or woman) aveva chiesto alla Commissione perché fossero spariti i messaggi con cui si erano negoziate le forniture, e la Commissione aveva risposto in modo evasivo. La conclusione, nel mese successivo, fu che questo era stato un caso di malamministrazione (e dagli torto)!
Non è servito a non far rieleggere la von der Leyen, ma è servito a sapere chi è stata eletta, e soprattutto chi ha deciso di votare per lei (noi no, tanto per essere chiari, e i motivi vi dovrebbero essere evidenti da questo rapporto che chiarisce con quanto scrupolo e in quale dettaglio riuscivamo a seguire le vicende europee).
Conclusioni
Ecco: vi ho sgranato il rosario delle nostre rogne quotidiane (avrei altri episodi da riportare, ma credo bastino questi). Roba così arriva fra una convocazione di seduta, una telefonata del capo, una riunione di staff, una votazione in Commissione, un postulante da ricevere, un intervento a un convegno, una dichiarazione di voto in aula, ecc., e cerchiamo sempre di gestirla. L'unica conclusione che mi sento di trarre è che quando l'Unione Europea non ci sarà più avremo più tempo per occuparci del Paese, cioè di voi, non in chiave meramente difensiva, ma anche propositiva. Per ora, una metà del tempo va così: è tanto sfibrante quanto umiliante, ma non lo abbiamo voluto noi.
Ricordatevi nelle vostre preghiere di chi lo ha voluto.
(...e sì, questi sono esattamente quelli che annullano le elezioni a casa altrui per difendere lo stato di diritto, come dicevamo nel post precedente. E fa già ridere così...)