domenica 1 dicembre 2024

Quota e aliquota

(...dedicato ai parico' dell'81° AUC...)

Consideriamo un sistema di pura flat tax: una singola aliquota al 23%. Questa proposta non è quella della Lega, ma questo qui non ci interessa particolarmente. Ci interessa solo fissare alcuni concetti teorici. In un sistema simile, chi guadagna 0 paga 0 (e fino a qui ci siamo), chi guadagna 1000 paga 230, cioè la sua imposta aumenta di 230 (cioè del 23% del suo aumento di reddito), chi guadagna 2000 paga 460, cioè la sua imposta aumenta da 230 a 460 (cioè di 230, cioè del 23% del suo aumento di reddito, pari a 1000, da 1000 a 2000), ecc.

Il rapporto fra imposta pagata e reddito (cioè l'aliquota effettiva media) è sempre del 23%, quello fra incremento dell'imposta pagata e incremento del reddito (cioè l'aliquota marginale effettiva) è sempre del 23%.

Se dovessimo mettere queste informazioni in una tabella le vedreste così:


(e giù così verso il reddito di Bill Gates e oltre) e se dovessimo rappresentarle graficamente, concentrandoci sulle aliquote effettive, ovviamente le vedreste così:


(ne vedete una sola perché le due coincidono).

Ovviamente questo sistema non funziona perché "non è progressivooooooh11!1!1!", e in effetti non lo è: è un'imposta proporzionale pura, come quelle che vigono sui redditi da capitale (12,5% sugli interessi dei titoli di Stato, 26% sulle plusvalenza da vendita di titoli o sull'incasso di dividendi azionari), sui redditi da impresa (24% sui redditi delle società), ecc. (solo per ricordare en passant che ai redditi dei ricchy la progressività non si applica comunque...). In quanto tale, si può argomentare che essa non sia conforme al dettato costituzionale.

Immaginiamo allora di adottare un sistema a due aliquote: il primo scaglione, cui si applica l'aliquota al 23%, arriva a 28.999,99, mentre allo scaglione da 29.000,00 in su applichiamo un'aliquota più elevata, del 38%. Qui c'è la prima cosa che il piddino non capisce: la progressività funziona per scaglioni. Quindi, non funziona che se sei "ricco" (inteso come uno che guadagna magari 29.001,00 euro) ti viene tolto il 38% del reddito! Fino a 28.999,99 ti viene sempre tolto il 23%. Questo significa, ovviamente, che qui, a partire da un certo punto, l'aliquota marginale e quella media divergono.

Lo si può vedere con una tabella:


ma probabilmente è più espressivo vederlo con un grafico:


(...per i più - giustamente - sofisticati: sto discretizzando a incrementi di 1000 euro la scala dei redditi, e questa è ovviamente una forzatura didattica che però non altera il senso del messaggio. La distribuzione dei redditi è comunque discreta, perché sotto al centesimo di euro non si può andare...)

Allora, dunque...

Sì, ora un po' di progressività c'è: i ricchy pagano progressivamente più imposta, ma la progressione è molto lenta. Il rapporto fra imposte e reddito infatti è dato dall'aliquota media, la linea arancione, non (come talora si crede) dalla linea azzurra, che descrive solo il rapporto fra gli incrementi di imposta e reddito. Quindi, insomma, i ricchy così piangono troppo poco, ovvero, in termini aulici: non c'è abbastanza progressività.

Bene!

Allora aumentiamo il numero delle aliquote!

Potremmo pensare a un sistema a tre scaglioni, dove da 56.000,00 euro in su si applica un'aliquota del 43%. "Oh!", pensa l'odiatore sociale, finalmente appagato, "Questo significa che il mio vicino, che ha una RAL di 56.001,00 euro, finalmente pagherà 24.080,43 euro di IRPEF!"

No, naturalmente non è così, perché il 43% lo pagherà solo sull'ultimo euro, ma questo al nostro amabile interlocutore ideale rinunciamo a farlo capire. Da qui in avanti abbandoniamo queste figure al loro destino (infelice, perché ci sarà sempre qualcuno che ha qualcosa più di te...) e proseguiamo con la solita tabella:


ma soprattutto, o forse soprattuttamente (dato il tema...) con il solito grafico:


...e insomma: sì, i ricchy piangono un po' di più, ma in fondo mica poi così tanto! Il sistema diventa progressivo solo da un certo punto in poi, a chi guadagna (poniamo) 1000 euro al mese (12000 l'anno) ne rimangono in tasca solo 770 (il 23% in meno), mentre l'odiato vicino che guadagna 56.000,00 euro paga "solo" 17.130 euro di imposta, cioè il 30.6%.

Presto!

Urge aumentare il numero delle aliquote!

Quando nell'autunno del 2021 mi sedetti al tavolo del MEF con i colleghi responsabili economia dei partiti (Misiani, Guerra, ecc.) per ragionare insieme con il ministro Franco su come ridurre da cinque a quattro le aliquote, la situazione era questa:


cioè quella descritta in questo utile articolo dell'IPSOA:

e, se ci fate caso, aumentando il numero delle aliquote, o innalzandole, la situazione non è che cambiasse poi in modo così drastico, soprattutto per i meno abbienti, che restavano comunque soggetti a un regime proporzionale almeno fino ai 15.000 euro.

Ma la situazione non era esattamente questa, e perché?

Perché, come vi ho sempre detto, e come cercavo di far capire ai miei gentili interlocutori televisivi, in Italia la progressività non è assicurata dal sistema delle aliquote, ma da quello delle detrazioni!

Che cosa significa? Significa che all'imposta che i "poveri" dovrebbero pagare in teoria, in pratica si sottrae un certo ammontare, e quindi solo i "ricchi" pagano l'imposta che deriverebbe dall'applicazione delle aliquote formali.

Esempio: decidiamo che a chi guadagna fino a 24.000,00 euro si detraggono dall'imposta 1.880 euro. Ovviamente, con questo sistema uno che guadagna 7.000,00 euro all'anno, e quindi paga 1.610,00 euro d'imposta perché soggiace all'aliquota del 23%, dovrebbe pagare un'imposta di 1.610,00-1.880,00 = -270.00 euro, cioè sarebbe soggetto a un'aliquota media negativa di -270/7000 = 3,86%. Però non funziona così: se guadagni "troppo poco", cioè se la tua imposta lorda è inferiore alla detrazione, lo Stato semplicemente ti esenta dall'imposta, così non paghi tu, ma non paga nemmeno lui! Ricordo che al tempo del reddito di cittadinanza si parlò di sistemi a imposta negativa: qui vedete come potrebbero venire fuori. Ma analizziamo con le solite tabelle e grafici questo sistema (detrazione di 1.880,00 euro dall'imposta per lo scaglione fino a 24.000,00 euro).

La tabella si presenta così (non ve la metto tutta per ovvi motivi di impaginazione):


e forse già vedete che c'è un problema e ne intuite il motivo, ma se vi metto le aliquote in forma grafica non potrete non vederlo:


OMG! 

Houston, abbiamo un serio problema con l'aliquota marginale! Siccome al raggiungimento dei 25.000,00 la detrazione cessa, nel passaggio fra i 24.000,00 e i 25.000,00 l'incremento dell'imposta effettivamente pagata (quella al netto della detrazione) è la somma dell'imposta che paghi in più perché hai guadagnato di più (270 euro, perché in quello scaglione l'aliquota è al 27%), più l'imposta che paghi in più perché non sei più soggetto a detrazione (cioè 1880 euro, ovvero l'importo della detrazione). Insomma: sui 1.000,00 euro in più che guadagni passando da 24.000,00 a 25.000,00 di reddito, paghi 1.880,00+270,00 = 2.150,00 euro di imposta in più: un'aliquota marginale del 215%.

Risultato: mentre il tuo reddito lordo aumenta da 24.000 a 25.000, il tuo reddito netto diminuisce da 20.000 a 18.850 (lavori di più per guadagnare di meno): un bel disincentivo, no?

Ma guardiamo anche il bicchiere mezzo pieno, che si vede di meno. Per vederlo bene, riportiamo al 50% il massimo della scala verticale del grafico: questo significa che non vedremo l'orrendo picco al 215% (resterà fuori dal grafico) ma potremo confrontare meglio quello che succede all'aliquota media rispetto a quanto accade nel sistema senza detrazioni:


Qualcosa di positivo in effetti c'è! Ora i povery non pagano per nulla imposta, poi c'è una progressività che, a dire il vero, è più accentuata nel segmento povery che nel segmento ricchy, ma è pur sempre meglio di nulla.

Siccome il blip nell'aliquota marginale dipende, come abbiamo visto, dal fatto che la detrazione termina in modo abrupto (lo so, non si può dire, ma a me piace così!), per salvare capra e cavoli potremmo pensare di farla sfumare, di applicare quello che viene definito un décalage. In effetti, la situazione che trovammo quando ci sedemmo al tavolo delle cinque aliquote era quella che vedete descritta qui:


(...apro e chiudo una parentesi per evidenziare come chi nel dibattito accusava il sistema di Armando Siri di essere troppo complesso forse non si era studiato come funzionava il sistema vigente...)

e prevedeva un décalage spalmato fino ai redditi da 55.000,00 euro, cioè una roba di questo tipo:


che forse è più comprensibile nella rappresentazione grafica, dalla quale salta fuori una impercettibile anomalia:


La vedete? Oltre i 55.000,00 l'aliquota marginale diminuisce. "Ma come diminuisce!? Ma se sono più ricchy!?" Sì, sono più ricchi, ma il problema è che oltre i 55.000 cessa l'effetto del décalage: negli scaglioni precedenti l'aliquota marginale è superiore perché a mano a mano che il reddito aumenta dall'imposta ti viene tolto un po' di meno, e quindi ha, spalmato su tutti i redditi dall'inizio a 55.000, quel picco abnorme che si vedeva nel grafico precedente. Se ci perdete un po' di tempo, lo capirete anche voi, come lo capii anch'io all'epoca.

Ma... attenzione! La storia mica finisce qui!

Perché, come sapete, le detrazioni erano due: c'era anche il bonus Renzi. Ora, questo bonus è stato camaleontico almeno quanto il suo escogitatore, ma all'epoca la forma che prendeva era quella di una detrazione che da un massimo teorico di 100 euro al mese (1200 all'anno) scendeva con un décalage piuttosto rapido, arrestandosi dopo i 39.000,00 euro:


Se avete seguito fin qui, avrete capito che (non) è strano come una rapida diminuzione di una detrazione all'aumentare del reddito somigli a un consistente aumento dell'aliquota marginale! E infatti con il bonus Renzi l'aliquota marginale mostrava una discreta gobba:


che, per avviarmi a concludere, si potrebbe sintetizzare così: a noi ci stanno mettendo in croce perché gli ha detto micuggino che sta al quinto piano di San Macuto (l'UPB) che noi abbiamo portato l'aliquota marginale al 50%, ma loro l'avevano portata oltre il 60%! E non è tutto: forse ve lo siete dimenticato, forse non lo avete mai saputo, ma se questa era la situazione che avevo trovato io nel 2021, la situazione determinata dal bonus nella versione originaria era ben peggiore, determinando un'aliquota marginale che raggiungeva l'80% (a causa di un décalage ancora più repentino del bonus).

Chiaro il concetto?

Spero di sì: io più chiaro di così non so essere.

Oggi, all'inaugurazione della piscina di Castel di Sangro, ho incontrato il segretario regionale del PD e je so ditte: "Scusa: ma noi facciamo talmente tante scemenze, che chi ve lo fa fare di attaccarci proprio su quella che avete fatto peggio di noi? Guarda che l'UPB, dando un quadro parziale della faccenda, vi manda in giro a dire una storia, quella dell'aliquota marginale al 50%, che da domani non attaccherà più, perché spiegherò ai miei che voi avete fatto peggio!"

Ecco: ogni promessa è debito (dopo di che, soprattutto sul territorio, siamo tutti amici, soprattutto fra avversari, quindi nelle mie parole non c'era alcuna acredine ma solo una genuina sollecitudine).

E con questo abbiamo esaurito l'argomento aliquote: spero che abbiate fissato in mente i seguenti punti:

1) la progressività di un sistema fiscale dipende molto più dalle detrazioni che dalle aliquote;

2) le imposte che si pagano sono misurate dall'aliquota media;

3) una aliquota marginale alta ha un effetto disincentivante, ma solo nel caso in cui superi il 100% determina un calo di reddito netto.

Aggiungo che questo discorso è puramente ipotetico, perché ci sono decinaia e decinaia di situazioni: le spese mediche, le spese per le ristrutturazioni edilizio, i figli a carico (un tempo), che determinano una pletora di ulteriori detrazioni, per cui sapere quale sia effettivamente la propria aliquota marginale non è (solo) impossibile: alla fine diventa anche inutile, perché quante imposte pagherai dipende da eventi che spesso sono fuori dal tuo controllo (come tipicamente lo sono le spese mediche, quelle spese che tutti preferiremmo non fare)...

Ma insomma, così si allargherebbe il discorso.

Mi basta però avervi fatto capire quanto sia disonesta la semplificazione da talk show, quella secondo cui il problema dell'ingiustizia sociale si risolverebbe esclusivamente agendo sulle aliquote degli scaglioni più alti. Gli esempio che avete visto qui mostrano che a meno di misure esteticamente improponibili (aliquote al 110% oltre certi redditi, per capirci...) l'effetto sull'aliquota media non è poi così determinante, e per quanto riguarda il gettito complessivo torno a ricordarvi che i miliardari non pagano l'IRPEF, e non perché la evadano (hanno sufficienti soldi per pagarla senza accorgersene) ma perché i loro redditi veri sono soggetti a forme sostitutive flat (che si tratti di interessi, di dividendi o di capital gain).

E buona notte!

(...si, vabbè, aliquota abbiamo capito perché. Ma perché quota? Perché ieri, come vi avevo detto, dopo Sky TG, sono corso su, perché sapevo che oggi sarebbe stato così:


e me ne sono andato un po' in giro, prima di fare i miei tre incontri, a pestare la neve prima degli altri, ma non di tutti gli altri:


Mi avevano detto che era in giro da quelle parti, e in effetti qualcosa si vedeva, ma era già stata quasi riempita dalla neve. Non ci andrei di notte, e non senza il mio amico, che questa volta si era svegliato tardi...
)

(...correzione di bozze a vostro carico, domani voglio camminare ed è già fin troppo tardi...)

 

giovedì 28 novembre 2024

Unicredit

 …ma con tutte le rogne che ho, pure questa!?

Io (sconsolatamente) boh…

E voi che invece sapete sempre tutto, come la vedete?

sabato 23 novembre 2024

La kuestione salariale

Questa osservazione del Comico (l'infiltrato del complesso ecologista-industriale cinese: qui nun se famo mancà ggnente...):


Il Comico ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Un giorno ci pagheranno le pensioni...":

Cito solo un paio di articoli (se mi spiegate come mettere i link metto anche quelli). putroppo il tempo a mia disposizione è limitato: mi piacerebbe andare sui vari siti (OCSE, ISTAT, EUROSTAT) e fare un fact checking ancora più puntuale, ma al momento bastano questi due estratti per dire quello che voglio dire:

Salari reali, nel 2024 l’Italia è (ancora) il Paese con il maggior calo: -6,9% rispetto al pre-pandemia. di Diana Cavalcoli (Corriere.it, luglio 2024)

Nel primo trimestre del 2024, i salari reali erano ancora inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia. «L’inflazione è stata a livelli record nell’Ocse e i salari in tutti i Paesi ci hanno messo del tempo a reagire - ha spiegato Andea Garnero, economista dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico-. In Italia non solo la reazione è partita in ritardo, ma è anche decisamente lenta. Si è creata una perdita di potere d’acquisto che richiederà tempo per essere colmata».

"Secondo il rapporto dell’Ocse la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere contenuta nei prossimi due anni in Italia. Si prevede che i salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia aumenteranno del 2,7% nel 2024 e del 2,5% nel 2025. Sebbene questi aumenti siano «significativamente inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi Ocse», consentiranno comunque un recupero di parte del potere d’acquisto perduto, dato che l’inflazione è prevista all’1,1% nel 2024 e al 2% nel 2024." di Giorgio Pogliotti, sole24ore, 27/07/2024

"A settembre, dopo tre mesi di crescita, l’occupazione è risultata in diminuzione (0,3%, pari a -63mila unità)" (...) "Il livello di occupazione (calcolato sulla base dei dati mensili provvisori) è comunque in aumento nel terzo trimestre (+0,4% rispetto al secondo, una crescita di 84mila occupati); a questo andamento si associa una diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-8,5%, pari a -147mila unità) e un aumento degli inattivi (+1,1%, pari a +138mila unità). "

fonte: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027 (C. 2112-bis) Audizione del Presidente dell’Istituto nazionale di statistica Prof. Francesco Maria Chelli

Dunque: sarà che i salari non sono fermi al palo, ma siamo ancora sotto ai livelli pre-covid. Stiamo sbandierando come successo il processo di adeguamento dei salari all'inflazione, che peraltro è arrivato in ritardo.

Chiudo:

Che l'immigrazione sia un fenomeno che va gestito, in quanto porta con sè delle conseguenze problematiche, non ci sono dubbi. Non è di destra nè di sinistra. E' solo ragionevole. Questo vuol dire che vada favorito? assolutamente no.

Rimane quanto detto prima: questo governo sta ulteriormente criminalizzando l'immigrazione, gettando i presupposti per lo sfruttamento dei migranti e la riduzione dei diritti dei lavoratori (tant'è che, come se servisse un'ulteriore prova, chi protesta e sciopera viene dileggiato). E, mentre tutti parlano di una nave che naviga verso l'Albania, distratti, nessuno si accorge del fatto che le retribuzioni reali sono ancora ai livelli pre-covid.

ripeto l'appello all'onesta intellettuale

Pubblicato da Il Comico su Goofynomics il giorno 22 nov 2024, 13:12


che, conformemente al nostro scrupolo filologico, vi restituisco nella sua disgrafia (va pure detto che l'interfaccia di questo blog non è molto agevole da usare...), e che non ho tempo di analizzare in dettaglio (non oggi, ovviamente: ma ci torneremo), mi ha messo voglia di riprendere un vecchissimo post, quello sulla svalutazione competitiva dei salari tedeschi. Perché se le cose stanno come ha detto LVI a La Hulpe:

(e come diceva Luciano Barca alla direzione del PCI, peraltro), allora bisogna ammettere che i tedeschi sono stati veramente furbi. Come vi ho spiegato più e più volte, nel blog e nei libri, la strategia di  recupero della competitività basata compressione dei salari considerata sic et simpliciter non è necessariamente destinata al successo. Mi spiego: supponiamo che in un ipotetico mondo "di prima" la Germania riuscisse a contenere il costo del lavoro offrendo prodotti di prezzo relativamente accessibile se confrontato alla qualità dei prodotti stessi. Questo avrebbe ovviamente spinto su le esportazioni tedesche. Nel mondo "di prima", però, la domanda di beni tedeschi (cioè le esportazioni tedesche) era essenzialmente in primo luogo domanda di valuta tedesca, e causava quindi un apprezzamento del cambio. Come vi ho spiegato, non era l'Italia a svalutare: era la Germania a rivalutare e i dati lo mostrano con chiarezza:

Affinché il suo particolare modello di relazioni industriali potesse conferirle un vantaggio definitivo, la Germania aveva quindi bisogno di bloccare questo meccanismo compensativo. Picchiare uno più piccolo di te è relativamente facile, ma nel caso in cui tu sia tedesco, per rendere questo esercizio più divertente devi anche legargli le mani dietro la schiena...

La successione temporale è stata perfetta, così azzeccata da portarmi a escludere, dopo anni di esperienza in politica attiva, che dietro ci sia stato un qualche pensiero strategico: prima si sono legate le mani dietro la schiena agli altri Paesi fissando il loro cambio in modo irrevocabile, e poi si è praticata una pesantissima svalutazione competitiva interna (taglio dei salari reali) guadagnando un vantaggio che solo una cosa poteva a questo punto compensare: il fallimento dei concorrenti. In effetti, un taglio dei salari del 6% in un Paese in cui non si sta malissimo è più sostenibile che in un Paese relativamente arretrato. Quindi la cosa va così: prima tu, relativamente ricco, tagli i salari; poi gli altri non ti possono seguire (a pena di rivolte di piazza) e quindi cominciano a comprare i tuoi beni; per farlo si indebitano (con te); alla prima crisi finanziaria tu vuoi i soldi indietro e li mandi per stracci; a questo punto, e solo a questo punto, ti rendi conto che non hai più a chi vendere i tuoi beni; aggredisci il mercato anglosassone; vieni respinto con perdite; crolli e ti tiri dietro tutti gli altri.

Non è meraviglioso?

Comunque: come ricorderete, dodici anni fa c'era qualche imbecille che negava il dato statistico del taglio dei salari in Germania, nonostante di esso avesse menato vanto niente meno che un importante consulente della Merkel, Roland Berger, elogiando la crescita dei salari "inferiore a quella della produttività" (altra cosa cui nessuno credeva e che vi ho poi documentato qui) e la creazione di un segmento del mercato del lavoro a bassi salari (i famigerati minijob). Feci quindi i calcoli in questo post:


e oggi ho passato il pomeriggio a rifarli per vedere se quella fisiologica riscrittura della storia che chiamiamo armonizzazione o adeguamento delle basi dati avesse in qualche modo alterato la situazione. Sono quindi andato a riprendere le stesse fonti sui database dell'OCSE e del Fmi (i dettagli sulle variabili sono nel post del 2012 e ho ripetuto i calcoli non solo per la Germania, ma anche per gli altri tre grandi Stati membri dell'Eurozona. Vi risparmio quindi la tabella (che non entrerebbe nella pagina: ma se lo desiderate cerco di metterla su Telegram o in altro luogo raggiungibile) e vi faccio vedere i risultati grafici. Ovviamente questo lavoro non è un mero Amarcord, ma è prodromico a entrare nel merito di quanto ci dice (de relato) l'amico Comico.

Cominciamo allora dalla triste storia dei salari alamanni (e non solo) dodici anni dopo. La vedete qui:


Allora: per l'Italia Excel ha scelto il grigio, perché la situazione era abbastanza grigia, in effetti, caratterizzata da quell'elettrosalariogramma piatto di cui abbiamo parlato più volte (ieri sera anche in TV). Ma il motore del casino in cui ci stiamo dibattendo è, tanto per cambiare, la Germania (in arancione). Si vede molto bene come dal 2003 al 2008 il salario medio annuo in termini reali (cioè espresso in termini di effettivo potere d'acquisto) cala dell'8,8%. All'arrivo della crisi, per compensare, Spagna prima, e Italia poi, devono giocare il gioco descritto da LVI, tirando giù i salari reali rispettivamente del 9,9% e 6,7%. Altro modo di rianimare la domanda estera non c'era se non distruggere quella interna amputando i salari.

L'operazione è riuscita, il chirurgo è morto.

Vi faccio rapidamente vedere gli stessi dati espressi come indice, in modo che ne sia chiara la dinamica, astraendo dalla scala del fenomeno (che è ovviamente diversa nei vari Paesi, perché gli stipendi tedeschi non erano e non sono quelli spagnoli, per dire):


La storia è la stessa, ma si apprezzano meglio alcuni dettagli (ad esempio, il fatto che Zapatero sia stato un bancarottiere - o uno stolto - di ragguardevoli dimensioni: non a caso era l'idolo della nostra sinistra coccodè).

Per venire incontro al Comico (è un caro ragazzo) dobbiamo però passare dal dato annuale a quello trimestrale, visto che quello viene commentato nelle fonti che il nostro amico ci cita. Ma prima di farlo vorrei che fosse ben chiaro un punto: in una unione monetaria il saggio di crescita dei salari non lo detta la produttività (cha cha cha), ma la crescita dei salari del Paese più forte: se lui taglia, gli altri devono tagliare, prima o dopo una crisi di debito estero (di solito dopo). Quindi, volendosela prendere con una donna il cui nome inizia per "M", forse Merkel è una candidato più idonea di Meloni (cui qui abbiamo voluto bene da tempi non sospetti).

Chiaro?

Sicuri?

E allora vediamo i dati trimestrali:


che poi ci raccontano la stessa storia, "spalmata" sui trimestri. Attenzione però: una differenza c'è. Qui l'indice dei prezzi al consumo non viene dal Fmi, ma dall'Eurostat (è l'HIPC, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo). Le altre variabili (compensation of employees e total employees) sono sempre di fonte OCSE, anche se, a dire il vero, non ho visto se siano congruenti col dato annuale (cioè se, nel caso del flusso di salari, la somma dei dati trimestrali restituisca il dato annuale: ma a occhio direi di sì e sarebbe più un problema loro che mio, atteso che se due basi dati diversa dicono la stessa cosa - e la dicono - il mio ragionamento esce rafforzato).

E fino a qui ci siamo: possiamo anche mostrare gli stessi dati in forma di indice:


operazione utile perché ci permette di capire chi è che sta veramente male male male...

(...un aiutino per i diversamente perspicaci:


Ora lo vedete? Perché era una roba che andava avanti dal 2017, e i più attenti sanno bene perché...)

Ma sento che il Comico freme e urge: lui vive nel futuro, nel mondo delle girandole cinesi, e l'infastidisce questo ozioso risalire alle cause. Veniamo quindi alla sua preoccupazione, che lo deve veramente destabilizzare psicologicamente, se lo porta ad accusarmi di "propaganda governativa" e "disonestà intellettuale". Poverino: soccorriamolo nella sua angoscia.

Allora, intanto il dato OCSE citato dall'operatrice informativa ("Salari reali, nel 2024 l'Italia è ancora il Paese con il maggior calo"), viene dall'OECD Employment Outlook 2024, di cui vi raccomando soprattutto il sottotitolo, e specificamente da pagina 31, dove trovate questo bel grafico:


dal quale, in effetti, si constata che, paragonando l'ultimo dato disponibile all'ultimo dato del 2019, l'Italia è messa maluccio. Coi dati dei nostri grafici, in effetti, a primavera 2024 la Francia è il 3% sotto all'autunno 2019, la Germania il 2,7%, l'Italia il 4,2%. Non è il -6,9% di cui parla questa pubblicazione, ma è comunque un risultato deludente. La differenza fra le nostra ricostruzione e quella fornita dall'Employment Outlook potrebbe dipendere da vari fattori relativi a definizione e misurazione delle variabili, su cui non mi soffermo, perché sono senz'altro meno determinanti del dato macroscopico, che credo vediate da voi e che comunque vi evidenzio:


Beh, sì, noi ora siamo (di poco) sotto Francia e Germania, ma il problema è che laggiù ci ha tirato LVI, the best one. Il fondo lo abbiamo toccato nell'autunno del 2022, quando ce lo siamo scrollato di dosso, e da allora abbiamo ricominciato a crescere, tornando verso Francia e Germania.

D'altra parte, come volete che uno che vi ha detto in faccia che lo scopo del gioco è tagliare i salari potesse giocare un gioco diverso?

Il mio educated guess è che a questo Governo (se proprio vogliamo parlare di politica) questo gioco piaccia meno che a LVI. E quindi chi fa propaganda? Chi ci dice che dall'autunno 2022 alla primavera 2024 i salari reali italiani hanno ripreso il 4,2% (quelli tedeschi hanno perso lo 0,8%), o chi non ci dice che dall'inverno del 2021 all'autunno del 2022 avevano perso l'8,3% (in Germania il 4,6%)?

(...ma perché, perché, perché?...)

(...devo scappare, i refusi li lascio a voi...)

venerdì 22 novembre 2024

Ancora sulla sanità (pe' malati c'è la china...)

Dunque: cominciamo dai dati, che stanno al PD come l'aglio sta ai vampiri (ricordo sempre che invece Aristotele sta ai piddini come un crocefisso ai vampiri). Li trovate qui. Chiarisco subito che sto utilizzando, in questo post (o parte di post, dipende da quante rotture di scatole soggiungeranno) il database COFOG (Classification Of the Functions Of Government) dell'Eurostat perché mi interessa fare qualche confronto internazionale. Il semicolto piddino è per sua intima indole "indernescional", rappresentando la malattia senile di quel cosmopolitismo borghese che, come è noto agli intellettuali di sinistra, si è storicamente posto in contraddizione con l'internazionalismo proletario (esempio pratico: l'internazionalismo proletario è sempre stato contro l'importazione di manodopera o di crumiri a basso costo, il cosmopolitismo borghese è sempre stato animato da un afflato filantropico rousseauiano di accoglionanza verso il "bon sauvage"...). Facciamogli quindi vedere qualche confronto internazionale. Ovviamente la necessità di armonizzare i dati determina una non adeguata tempestività delle informazioni, quindi quello che guadagniamo in appeal "indernescional" lo perdiamo in aderenza all'attualità: COFOG a oggi si ferma al 2022, cioè a quello fatto da LVI, il migliore (the best one). A questo rimedieremo coi dati del ministero, che sono parzialmente diversi (quindi non confrontabili internazionalmente) ma più tempestivi (con le previsioni della legge di bilancio arrivano al 2025). Non so se questo update riesco a darvelo oggi, ma ci provo.

Qui avete il confronto fra i livello assoluti della spesa nominale:


Il dato che emerge è la divergenza fra Italia e Germania (la Francia mantiene la barra) nel periodo successivo alla crisi dei subprime. La spiegazione non è difficile: da noi arrivarono le politiche di austerità, da loro un aiuto insperato e di cui non avevano necessità: le politiche di quantitative easing (acquisto di titoli pubblici) da parte della Bce seguivano la cosiddetta capital key, erano cioè proporzionali alle dimensioni dei Paesi, non dei rispettivi problemi, e quindi la Germania poteva finanziare la spesa pubblica a tassi sostanzialmente negativi mentre noi passavamo il calvario che ricorderete.

Questo "fatto stilizzato" è utile tenerlo presente, in particolare per ricordare chi ha tagliato cosa, ma è chiaro che il confronto fra valori assoluti della spesa lascia il tempo che trova, dato che si riferisce a Paesi di dimensioni molto diverse.

Può essere interessante però mettere in evidenza la dinamica dei volumi di spesa, ponendo il 1995 uguale a 100:


Ovviamente questo, che è un indice, va letto come un indice, nel senso che ci informa sulla dinamica del fenomeno. Dal 1995 alla crisi dei subprime in Italia la spesa è cresciuta più che nella media dell'Eurozona, in qualche modo, nonostante gli sforzi per entrare nella moneta unica. Il divario si stava colmando. Poi tutto si è fermato (sindacati e medici muti).

Può però essere più utile una normalizzazione, e ve ne propongo due, cominciando dalla più ovvia, quella rispetto al Pil (che è fornita direttamente da COFOG):


Naturalmente i dati sono sempre quelli e quindi raccontano, in un modo o nell'altro, la stessa storia, con ulteriori sfumature che vanno sottolineate. Intanto, la percentuale di spesa sanitaria pubblica rispetto al Pil è andata aumentando un po' ovunque, come risultato, immagino, dell'invecchiamento della popolazione e del progresso tecnologico, che ci ha fornito strumenti diagnostici più efficaci ma anche più costosi. Poi, è evidente che l'Italia nel 1995 partiva molto svantaggiata in termini comparativi, ma la dinamica sostenuta della sua spesa le consentiva di recuperare posizioni, superando nel 2005 il dato tedesco e tenendosi incollata fino al 2012 alla media dell'Eurozona. Dopo, com'è ovvio per voi, la situazione si deteriora rapidamente, con un'inversione di tendenza verso la fine, dovuta al COVID, e una brusca discesa (dovuta a un'espansione del Pil nominale più vigorosa che in altri Paesi). Anche qui, quando e chi ha causato il problema mi pare sia evidente.

Vi propongo anche un'altra normalizzazione, che non so perché non viene mai discussa in pubblico: quella rispetto al numero di abitanti. Perché in effetti non è il Pil ad ammalarsi, come dice l'amico Quirino Biscaro: sono le persone, quindi magari è utile vedere quanti soldi mette lo Stato a testa, no? Lo vedete qui:


Nota bene: COFOG questa statistica non la fornisce, quindi i dati sulla popolazione li ho presi dal World Economic Outlook del Fmi. Che cosa vediamo in questo grafico? Che, come prima, a metà degli anni '90 l'Italia partiva svantaggiata in termini di spesa nominale pro-capite (indicatore che comunque va anch'esso preso con le pinze, visto che i prezzi in Italia, Francia e Germania non sono gli stessi: ma dati a parità internazionale di potere d'acquisto non ne abbiamo). Dopo di che, in virtù della dinamica che vi ho evidenziato, l'Italia recupera e si allinea alla Germania, il Paradiso terrestre dei piddini (e in effetti, se non suonasse come una deportazione - che è contraria ai miei principi etici - li manderei tutti a stare lì...). Dopo di che arriva la crisi subprime ecc.

A scanso di equivoci come quelli sollevati dal comico "Il Comico", mi sembra sufficientemente ovvio che in tutta questa roba il Governo Meloni non c'entra né sotto il profilo ideologico (adesso sono un parlamentare di maggioranza, ma che il PD stesse macellando il Paese era fattuale e lo avevo preannunciato quando ero un intellettuale di estrema sinistra) né sotto il profilo cronologico (il Governo Meloni arriva alla fine del 2022, cioè in corrispondenza dell'ultimo dato rappresentato in questo grafico). Questi grafici quindi descrivono la situazione prima dell'arrivo dell'attuale Governo: una situazione molto eloquente e che dovrebbe indurre alla prudenza, se non al silenzio, chi si accorge solo oggi, per motivi evidentemente tattici, che nella sanità qualcosa non torna. Cosa non torni e da quando (e quindi per responsabilità di chi) è sufficientemente ovvio dalla lettura dei grafici.

Per vedere invece come stanno andando le cose ora, dobbiamo rinunciare ai confronti internazionali e tornare sui dati italiani, approfondendo l'analisi già svolta qui.

Ma questo lo facciamo in un'altra occasione: per oggi abbiamo abbastanza materia!


(...ho scritto di corsa e senza occhiali: se ci sono refusi, mettete nei commenti e poi li tolgo. Rileggere fa bene all'ortografia ma fa male alla salute, e devo mediare fra queste due esigenze...)

giovedì 21 novembre 2024

Un giorno ci pagheranno le pensioni...

...ma intanto frenano produttività e salari, anche perché si prestano a eludere le norme a difesa dei diritti dei lavoratori, se pure, facendosi carico dei lavori più rischiosi, riducono l'incidentalità dei residenti (ma  purtroppo non la propria).

Ah, non succede solo da noi?

Strano!

Ma non fatevi sentire: una volta dirlo sarebbe stato di sinistra:


Oggi è da fascisti, e credo che a voi dispiacerebbe passare per brutte persone, no? Che cosa volete che sia rinunciare a un po' di diritti, a un po' di salario, e a un po' di sicurezza, per difendere il supremo valore del bon ton?

Fate i bravi e ci vediamo domani in TV.

(...3, 2, 1: "hai fatto cherry pickiiiiiing!11!!!"...)

mercoledì 20 novembre 2024

Gli accopp(i)amenti giudiziosi: tragicommedia in due atti

Gli operatori informativi


Gli operatori sanitari




 (...scioperi dei medici nel 2012 ne ricordate? Io no. Questo che cosa significa? Non saprei dirvelo. Certo, se le professioni giornalistica e medica - e anche un'altra che non cito per carità di patria - si sono screditate, la colpa non pare essere tutta del destino cinico e baro: ci hanno messo del loro, e pesantemente! La faziosità nel sostenere chi avrebbe distrutto il Paese semplicemente perché si pensava che potesse sbarazzarli di un avversario politico ha avuto conseguenze per tutti. Anche i giornalisti, anche i medici hanno segato il ramo su cui erano seduti. Ora nessuno gli crede più, ma si può sempre aggiungere al discredito il ridicolo: basta mettere i dati in prospettiva, e la riflessione sorge spontanea: o stavano troppo bene prima, talché, quando la spesa sanitaria si è arrestata per un decennio, in fondo questa purga non li ha troppo debilitati, o vedono il mondo al contrario, talché ora che la spesa ha ricominciato a crescere, a loro sembra che stia calando. Altre spiegazioni non so darmele. Che peccato quando istituzioni in cui vorremmo avere fiducia, o peggio ancora in cui siamo costretti ad avere fiducia per mancanza di alternative, si fanno strumentalizzare da una parte politica! Poi ci si lamenta della perdita di fiducia e di rispetto dei cittadini! Ma considerando come i giudici di sinistra trattano gli imputati di destra, perché un paziente di destra dovrebbe fidarsi di un medico di sinistra, soprattutto se un giornale di sinistra invece lo esorta a fidarsi - e a quel punto fuggire a gambe levate diventa l'unica strategia razionale! La faziosità cattiva e sciocca del PD ha lacerato il tessuto sociale e istituzionale del Paese in un modo difficilmente ricomponibile e le querimonie postume dei medici PD-diretti sui tagli alla sanità sono solo la punta di un iceberg che in realtà è uno Scheissberg...)

(...la fonte dei dati sulla spesa sanitaria è riportata qui, quella dei dati sul Pil è riportata qui...)


lunedì 18 novembre 2024

Grazie!

Grazie a quelli che si sono impegnati, ma soprattutto grazie a quelli che continueranno a farlo. Oggi il PUDE fa il suo goal della bandiera, e va bene così. Noi continuiamo per realizzare il programma che vi avevo descritto qui, senza dimenticare chi è il nostro avversario, né chi è il nostro nemico (chi ci propone avversari fittizi).

domenica 17 novembre 2024

Simmetrie

In un post precedente ho insistito con un minimo sindacale di veemenza sul fatto che la politica, fra l’altro, è responsabilità.

Fedele al mio principio di avere una parola buona per tutti, vorrei rapidamente evidenziarvi una conseguenza di questa affermazione. I nostri amici dei partituncoli e gli altri utili idioti dell’antipolitica concepiscono la relazione fra eletto ed elettore in modo antisimmetrico. Abbiamo appreso dallo zio dell’Uomo ragno che da un grande potere derivano grandi responsabilità. In effetti, da ogni potere, da ogni scelta, derivano delle responsabilità. Non è “colpevolizzare“ l’elettore ricordare che la scelta di esercitare o non esercitare il proprio potere di indirizzo votando comporta delle responsabilità. Certo, è chiaro che se una forza politica raccoglie un consenso circoscritto questo deriva dal fatto che la sua proposta non ha saputo convincere gli elettori o perché palesemente irrealistica o perché smentita, in sostanza o in apparenza, dalla condotta degli eletti. Va benissimo così e nel riconoscere che il popolo è sovrano non ci si può che sottomettere al verdetto delle urne. Tuttavia, il rapporto che c’è fra persone come me e Claudio, da un lato, e voi dall’altro, il modo in cui è nato e si è sviluppato in particolare in questo blog, mi legittima nel farvi notare una cosa: che quello che un politico può fare dipende dal consenso che la forza che ha deciso di coinvolgerlo raccoglie, e che quindi la valutazione sulla coerenza e sull’efficacia dell’azione politica dei singoli non può che essere effettuata condizionatamente al supporto che essi hanno avuto dal popolo sovrano. Questo supporto non può essere misurato dall’importanza che ogni singolo elettore legittimamente dà a se stesso, legittimamente ritenendosi dalla parte del giusto, e legittimamente ponendosi al centro del mondo. Insomma il discorso: “perché non hai fatto le cose che io ti avevo mandato a fare e che io ritengo giuste perché io so la verità!?” non funziona tantissimo. Ci vogliono parecchi “io“ perché in democrazia le cose funzionino, mi sembra sufficientemente ovvio.

Ora, tutte le volte in cui si fa notare che anche chi vota ha una responsabilità, parte la solfa del: “colpevolizzi l’elettore!”.

No, non è così.

Semplicemente, non lo deresponsabilizzo, cioè, se vogliamo, lo adultizzo. Perché quello che succede in democrazia non è responsabilità solo degli eletti: è, per definizione, responsabilità anche degli elettori, e questo dobbiamo dircelo e ricordarcelo, se vogliamo che il patto che qui abbiamo stretto resista all’usura del tempo.

Io non so se seguite, ad esempio, il lavoro che Claudio sta facendo con altri in Europa, raccogliendo il prezioso testimone di Marco Zanni, che è l’uomo senza il quale, posso confermarvelo per tabulas e lo farò quando sarà il momento, nulla di ciò cui assistiamo a livello europeo in questi giorni sarebbe stato possibile. Certe volte penso con amarezza a quanto sia ingiusto che chi tanto ha lottato per costruire, come Marco, chi tanto ha seminato, non possa avere la soddisfazione di raccogliere, e questo perché? Per tanti motivi, uno dei quali, spiace dirlo, ed è antipoliticamente scorretto dirlo, è che ci sono ancora tanti coglioni in giro che si fanno spiegare il mondo dai giornali, da giornali che visibilmente non sono nostri amici, non sono amici di chi li legge, non sono informati, non si pongono lo scopo di informare, non sono competenti, non sanno di che cosa parlano. Perché noi, per spiegarvi come e perché stavano andando le cose, e quello che stavamo cercando di fare per farle andare nel verso giusto, abbiamo dispiegato quotidianamente tempo ed energie, come nessun altro vostro rappresentante ha mai fatto. Nell’esporci a questo dibattito ci siamo presi le nostre palate di guano, e avremmo anche potuto non farlo, soprattutto se le nostre persone fossero state coerenti con la narrazione che veniva utilizzata per attaccarci dalle tante amanti tradite, quella dell’antipolitica anni ‘10 (“sono tutti uguali!” E dove sarebbero gli altri che passano ore sui social a spiegare la situazione? “Fanno opposizione per finta ma sono tutti parte dello stesso complotto!” Un complotto ordito con così tanta perizia che, al mero fine di dissimulare la propria esistenza, ha scelto di affidare come bersaglio al sistema di media solo due o tre persone: Salvini, Borghi, Bagnai… E potrei continuare.).

Il momento che stiamo vivendo è realmente storico e non lo è per caso: lo è perché lo abbiamo costruito in lunghi anni di lavoro. Chi è qui da un po’ credo che abbia non solo gli strumenti, ma anche, cosa più importante, la volontà di rendersene conto. Sostenere il fronte dei patrioti (lo scrivo con la minuscola per conservare a questo termine la sua accezione più vera e più profonda, senza nulla togliere alla sua accezione più recente e politica) in un momento come questo è determinante, e lo è nel grande, come nel piccolo, come nel piccolissimo. Ogni elezione conta, ogni occasione di esprimere il proprio dissenso e di rafforzare chi vi ha aiutato a maturare la coscienza della sua fondatezza, di chi vi ha dato argomenti, fatti, statistiche, per comprendere che il sistema che vi veniva proposto come unica alternativa era, ed è, un sistema intrinsecamente fragile, va colta.

Fermo restando che il mondo andrà nella direzione in cui deve andare, e che qui abbiamo indicato tanto tempo addietro, abbreviare il nostro travaglio sta a noi, e quello che succederà domani non sarà solo responsabilità di chi vi scrive, o dei suoi colleghi, ma sarà anche responsabilità di chi avrà voluto, o non voluto, cogliere questa occasione per motivi più o meno fondati.

Noi siamo responsabili rispetto a voi, ma anche voi siete responsabili rispetto a noi.

Questo, i piddini, lo sanno.

Quando lo imparerete sarà sempre troppo tardi.



venerdì 15 novembre 2024

Ulteriore addendum al dizionario

 (…aggiungo estemporaneamente al volo…)

Invece di dire: “Non ce ne frega un cazzo!”, dite “Terremo in debita considerazione questa sua esigenza!”

(…un giorno pubblicheremo tutto il dizionario…)

giovedì 14 novembre 2024

Quando un uomo con la piccozza incontra un uomo col dubbio...

...sapete come va a finire:


Ora, nel noto film di Sergio Leone alla fine la cosa prende una piega diversa, come ricorderete.

Viceversa, a me capita sempre che sia l'uomo col dubbio (io) a stendere l'uomo con la piccozza, o con la siringa, o con consimile simbolo-feticcio della nostra amica Lascienza (quella di cui parlammo qui).

Potrebbe trattarsi di una banale coincidenza. Io ritengo invece che sia una questione di metodo. Permettetemi di rinfrescarvi la memoria.

Cominciò qui quello che fa rima con Orione:

Poverino, nessuno gli contestava, né gli contesta, nel suo ruolo di simpatico bounty killer (è delegato alla character assassination da una delle tante testate sconfitte dalla storia, onestamente non ricordo nemmeno quale), la facoltà costituzionalmente garantita (da noi, non da loro) di esprimere le sue opinioni!

Però, sempre per restare nella grande filmografia:

"ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti", o almeno i propri avversari (le due cose non necessariamente coincidono ma entrambe possono salvarti se non la vita almeno la faccia).

Certo, se accecato dalla livorosa presunzione della tua superiorità morale sul "senatore della Lega" ti avventuri in un terreno che è impervio e ostile anche per molti ricercatori, quello dell'epistemologia, affermando che "la scienza è certezza" (Heisenberg scanzete, Kolmogorov nun ce penzà popo, Kuhn vatte a nasconne...), senza sapere che di fronte hai uno che per lavoro fa il ricercatore, che nella vita usa gli strumenti della statistica matematica, che ha subito decine e inflitto centinaia di referaggi su riviste di un certo prestigio, ma soprattutto che ha una forte personalità e mediamente le azzecca, la figura di merda te la sei andata a cercare. Si capisce poi che per lenire lo smacco tu ogni tanto ti esibisca in pezzi di colore il cui climax è sempre quella storia che io sarei un mediocre clavicembalista! Ricordo che i coglioni secondo cui io ero un mediocre economista, oltre a non averne azzeccata una, e a dover dire cinque o dieci anni dopo quello che io dicevo cinque o dieci anni prima, non sono comunque riusciti, con la loro simpatica mafietta, a impedirmi di avere un'idoneità da ordinario: il prossimo disco non credo che lo avrà (ci abbiamo investito poco tempo), ma quando quello dopo prenderà il suo diapason d'oro sarà mia cura recapitarlo all'uomo che fa rima con recensione, per avere, appunto, il suo giudizio informato...

Intanto AstraZeneca ha fatto dei morti accertati, salvo mio errore (ma saranno i giornal-

oni a smentirmi, eventualmente), e quindi io, se fossi nei panni in cui per fortuna non sono, mi vergognerei molto. Un simile endorsement ad Astrazeneca il giorno prima che venisse ritirato dal mercato: roba che in confronto Paperoga sembra James Bond!

Ma non voglio infierire...

Ieri ci siamo trovati da capo a dodici!

Arriva coso, come se chiama, lo scienziato a basso h-index, perché il mio è questo:


e il suo è questo:


(e lui in teoria dovrebbe fare solo quello, mentre io, come dire, ho anche qualche altro hobby, e non mi riferisco alle incisioni su organi storici), e in diretta dalla caverna di Platone (che fa rima anche lui, del resto) notifica a me, che garbatamente esortavo alla prudenza e al dubbio, che sul clima "la comunità scientifica si è espressa già!"


Ora, io mi rendo conto che il New York Times come testata giornalistica non può competere in influenza e autorevolezza con ReStart, e mi rendo conto che Gavin Schmidt:


o Zeke Hausfather:


non possono paragonarsi per competenza e produzione scientifica, come tutti vedono, al nostro showman preferito (per gli ignari: un indice di Hirsch pari a n indica che l'autore in questione ha almeno n pubblicazioni scientifiche citate almeno n volte in altre pubblicazioni scientifiche: quindi, se hai un'unica pubblicazione citata da 20.000 colleghi il tuo h-index è uno, ecc.).

L'uomo della caverna (di Roncone), del resto, su una cosa aveva assolutamente ragione: sul clima la scienza si è espressa!

Lo ha fatto per dirci che, in fondo, di quanto sta succedendo, non ci sta capendo un cazzo:


(perdonatemi se, nella mia umanistica ansia di intercettare l'attenzione operosa del mio interlocutore, mi sono situato per un attimo su un registro linguistico verosimilmente accessibile agli epistemologi all'amatriciana, alla variopinta cour des miracles di quelli che nel XXI secolo ancora si pascono di certezze, evidentemente ignari dei danni che questo atteggiamento ha causato nel XX secolo, e in tutti quelli precedenti, da che storia umana riporti...).

Apro e chiudo una parentesi per ricordarvi che è esattamente quello che un altro scienziato è venuto a dirci in Commissione COVID: che all'inizio non ci avevano capito molto (verità comprensibile), aggiungendo che per questo avevano lasciato libertà di scelta ai medici (menzogna assoluta):

(...apro e chiudo un’altra parentesi: mi scuso ma con quattro Commissioni non sempre riesco a essere presente...)

Ma questo è uno scienziato:


(vi spiegherò un giorno i limiti del confronto fra indicatori bibliometrici in settori scientifico-disciplinari diversi).

Sugli altri, invece, che cosa volete che vi dica?

Non volete studiare?

E va bene, è faticoso: se non lo so io!

Volete esprimervi su argomenti di cui non sapete un decimo di un centesimo della metà di un cazzo?

Transeat! Purtroppo da quando "sono in politica" capita anche a me di doverlo fare: vi esprimo la mia massima e più sincera solidarietà, segnalando che a quel punto diventa una questione di eleganza e di rispetto per l'interlocutore.

Ma una cosa, però, vi esorto a considerarla: non è colpa vostra, e non è merito mio, ma normalmente quello che dico si verifica. Per cui, se mi sentite pronunciare la parola "dubbio", nel vostro interesse un dubbio fatevelo venire.

Così non solo resteremo amici (io non ho nessuna animosità verso di voi, uno di voi due ce l'ha verso di me, ma gliene sono grato perché nell'attesa di rimpinguare il mio portafoglio rallegra le mie giornate!), non solo, dicevo, resteremo amici, ma soprattutto non farete figuracce!

Chi ve lo fa fare di schiantarvi contro uno che parla solo se sa quello che dice?

Poi, per carità, tutti i gusti son gusti (come disse quello che...).