venerdì 6 giugno 2025

Destroying domestic demand: il disegnino

Credo che qui tutti ricordino le parole di Monti: "We are actually destroying domestic demand..." (per chi se le fosse dimenticate o non le avesse mai sentite sono qui), la spudorata confessione del fatto che le politiche procicliche, il consolidamento fiscale, insomma, l'austerità, era stata una politica deliberata volta a recuperare competitività, come oggi ammette lo stesso Draghi:


(per i diversamente capaci di unire i puntini: in altre parole, il risanamento dei conti pubblici era solo un pretesto per effettuare politiche redistributive accampando uno stato di necessità, e infatti i conti pubblici non li abbiamo risanati e mai avremmo potuto farlo così per i motivi a suo tempo esposti).

Per un qualche motivo mi è venuta voglia di fare il disegnino di questo bel capolavoro, non tanto quello dell'Italia (ormai lo conoscete), quanto quello dell'Unione Europea:


Qui vedete i dati dell'OCSE. Notate che gli Stati Uniti viaggiano su livelli di domanda interna (definita come somma di consumi, compresi quelli pubblici, e investimenti, compresa la variazione delle scorte) superiori al 100% del Pil: è un dato coerente con la loro posizione di importatori netti. Noterete anche che dalla metà degli anni '90 sostanzialmente all'inizio della crisi dei subprime questa percentuale è andata crescendo, fino a quando il botto del 2008 non ha un po' ridimensionato la domanda interna (via crollo del credito).

Il tracciato europeo è molto diverso. Per sedici anni il peso della domanda interna è rimasto sostanzialmente costante. Poi, dopo il 2011, si è ridimensionato bruscamente, scendendo di più di due punti percentuali, per poi rimanere su un sentiero inferiore.

Questa cosa si vede anche coi dati AMECO:


e anche coi dati Eurostat:


Insomma: è nei dati.

Nei dati, naturalmente, c'è anche quella che abbiamo chiamato la "sostituzione etnica" di una platea di consumatori con un'altra:


Si vede bene, no?

Qui gli ultimi tre anni sono previsti, e la previsione è che a breve questo assetto rimanga invariato, nonostante i pressanti e accorati appelli a rinvigorire la domanda interna (ma anche la competitività, cioè la domanda estera) dell'Eurozona. Il grafico si divide esattamente in due: nella prima metà, il mercato interno funziona (i tedeschi vendono e i PIGS comprano), e quindi i conti con l'estero sono in equilibrio. Nella seconda metà il mercato interno non funziona: i tedeschi vogliono vendere ma i PIGS non possono più comprare (essendo stata destroyed their domestic demand, cioè i loro redditi), per cui il surplus produttivo si scarica all'estero generando gli squilibri che sappiamo e cui gli Stati Uniti hanno reagito come sappiamo.

Dice: "E vabbè, ma quanto sò incazzosi gli americani! Che vuoi che siano tre punti di Pil di surplus!? Sta a gguardà er Pil nell'uovo..."

Beh, come vi ho spiegato il 5 marzo a Roma, tre punti di Pil sò 400 mijardi di euro, e la storia ci insegna che gli americani hanno ucciso (figuratamente, e non solo) per molto meno:


Lo so, sono cose che sapete, che sappiamo, soprattutto qui (le sappiamo dal 2011, da prima che ce le spiegasse Monti, cui noi spiegammo in anticipo il suo fallimento: Draghi con tutto il rispetto non è nemmeno in partita!...).

Tuttavia, pensavo che questo disegnino:


potesse interessarvi.

Sperando di aver fatto cosa gradita, mi pregio pertanto di porgervi i miei più cordiali saluti (e vado a fare un altro disegnino).

Il vostro affezionatissimo,

Guru.

11 commenti:

  1. Riguardo il grafico dei 50 anni di squilibri globali, immagino che valutando gli squilibri con gli USA in termini di dollari costanti, o magari in percentuale del PIL di quest'ultimo, il deficit degli anni '80 col Giappone (che a valori nominali appare relativamente piccolo) risulterebbe forse paragonabile a quello odierno con l'area Euro.

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  2. Quindi dobbiamo prendere atto che oltre ad avere avuto una contrazione dei consumi interni per effetto della riduzione dei salari, anziché averne un beneficio come era nelle premesse dobbiamo invece subire ulteriori conseguenze con la guerra dei dazi (che va ad aggiungersi ad altre guerre ancora più drammatiche). La domanda che viene spontanea però è: quale politica economica possiamo fare per uscirne nel migliore dei modi?

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    1. Intanto si potrebbero dare agli infermieri e agli altri statali quei soldi già stanziati per il rinnovo dei contratti che la CGIL tiene bloccati "perché sono troppo pochi". Non ho capito perché bisogna ancora aspettare questo sindacato che ormai non ha più nessuna credibilità. Il governo dia pure i soldi unilateralmente che i lavoratori apprezzeranno ( e spenderanno).

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    2. Scusa, Corrado, ma semplicemente "fare il contrario" non ti basta come risposta? Certo, è chiaro che bisogna regolarsi con intelligenza, cioè non credendo come i piddini che l'euro sia una soluzione, ma essendo coscienti che è un problema, che pone un serio vincolo esterno (quello della bilancia dei pagamenti) a qualsiasi tipo di politica espansiva.

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  3. " ..... Ma non sarà che c'è qualcosa nell'Uem che impedisce di reagire correttamente a uno shock esterno? E, badate bene, questo "qualcosa" non può essere il cambio fisso ..... " dove per shock esterno si intende anche il conflitto geopolitico. Piergiorgio Rosso

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  4. Professor Bagnai, prima di conoscerla (2011) credevo di vivere nel migliore dei mondi possibili e, con qualche timida incertezza, ero fiducioso che la Montiterapia dopo un pò di sofferenza avrebbe rimesso le cose a posto. Poi è arrivato Goofynomics e, pian piano, ho compreso che da questo incubo non saremmo usciti indenni. Infatti. Ho capito che UE ed Eurozona in particolare sono costruzioni ontologicamente destinate a distruggere ciò che di buono abbiamo saputo costruire dopo la seconda guerra mondiale. Il prossimo passaggio devastante al quale gli europeisti convinti stanno lavorando sarà quello di modificare il principio dell'unanimità del voto. Ieri ho ascoltato una importante operatrice dell'informazione osservare che il voto all'unanimità non è democratico. Certo questo principio renderebbe ingovernabile un paese ma non l'UE formata da 27 stati ognuno diverso dagli altri e con culture ed economie profondamente diversi. L'unanimità è necessaria proprio per tutelare anche il più piccolo degli Stati aderenti. La stessa operatrice affermava anche che a non volere il voto a maggioranza sono i 4 paesi con governi sovranisti: le avrei voluto chiedere, quale sarà il suo pensiero in merito al tipo di maggioranza migliore quando i paesi sovranisti saranno 20 e più? Forse allora capirà l'importanza del voto all'unanimità, principio ispiratore dell'UE. Impazzisco. Nonostante tutto avanti, attraverso l'UE verso le stelle.

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    1. Non so se riusciremo a rovesciare i rapporti di forza, ma presumo di sì. L'alternativa, del resto, è morire soffocati, quindi non penso sia interessante! Però, se vuoi la mia opinione, quelli lì sono così scemi che non capiranno l'importanza del diritto di veto nemmeno quando saranno in minoranza. Resta comunque la difficoltà di allineare medio tempore le varie maggioranze nazionali (che sono poi quelle che determinano gli equilibri del Consiglio).

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    2. E, come nel gioco dell'oca, torniamo sempre alla casella di partenza: l'utopia di tenere insieme ciò che insieme non può legarsi! Peccato che durante il gioco, entropicamente, si distrugge ricchezza e si creano tensioni sociali il cui esito non sarà un bello spettacolo.

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  5. Professore buonasera, una domanda sul penultimo grafico: come mai le partite correnti degli USA non peggiorano già negli anni immediatamente successivi al 2011 nonostante quelle dell'Eurozona si fossero già gonfiate?

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