venerdì 30 giugno 2023

Qu’ils viennent!

(…io dei media mi fido! Affermano di dire la verità, e quindi quello che dicono è vero! Tuttavia, siccome ho molto tempo da perdere, e molti amici, ogni tanto un controllo a campione lo faccio…)

Io: Comment ça va chez vous? Es-tu en France en ce moment? En Italie arrivent des images assez préoccupantes de la situation à Nanterre, et non seulement: Strasbourg, etc.

Amico francese (AF): Je suis à Paris ce weekend. C'est la guerre civile ! C'est la cocotte minute qui vient d'exploser. Plus de soupape!

Io: Donc ce qu’on nous laisse voire est plus ou moins vrai!?

AF: C'est plus que vrai. Des blindés de la gendarmerie vont être déployé

Io: Fais attention! Il n’y a plus les sanculottes du temps jadis. Ces sanculottes sont plus noirs que rouges!

AF: C'est pour cela que le politique n'a aucun moyen d'action. Macron fait des annonces mais ces gens là ne lisent pas les journaux.

Io: A-t-on compris pourquoi ces deux policiers ont descendu cet ado?

AF: C'est compliqué. L'avocat vient de donner sa version. Mais la crise est structurelle.

Io: Et pourtant les lecteurs de mon blog sont convaincus que la France soit un paradis sur terre parce que le PIB par tête y est plus haut qu’en Italie.

AF: Qu'ils viennent !

(…ormai avete capito come funziona: io vi riporto quello che mi dicono i dati, e quindi non ho una mia ragione: ho le ragioni dei dati! Che poi qui venga la simpatica ciurma awanagan-gianniniana a contestarli è irrilevante: i fatti quelli sono! “M’ha detto micuggino che lui a Pariggi ce vive tanto bene” non è un fatto: è un’opinione (de sucuggino). “Il Pil pro capite in Francia è più alto che in Italia” invece è un fatto, ma è platealmente inconferente. Se evidenzio un problema nel livello dei consumi, dirmi che “però la Francia ci ha il Pil più alto!” significa non capire la natura del problema, che è evidentemente un problema di distribuzione del reddito - cioè di austerità, da fare per recuperare competitività. È proprio perché il Pil in Francia è più alto che lì dovrebbero essere più alti (rispetto a noi) i consumi. Se non lo sono, qualcosa non torna. Che cosa non torni oggi dovrebbe essere evidente, ma se non lo capite il mio amico francese, come avete letto, vi aspetta per mostrarvelo da vicino! Lui, intanto, si appresta a traslocare in Cambogia per stare tranquillo. E ho detto tutto…).

Rimettiamo le lancette

 (…sto ascoltando con relativo sconcerto un dibattito di rara sciatteria lessicale e argomentativa, uno sterminato mucchio di letame logico dal quale germoglia il fiore di un’unica verità: la spregiudicatezza di chi in tutti i modi anela a mettere nei guai il Paese sperando di metterne in difficoltà il Governo. Se avrò tempo, più tardi, lo chioserò per voi. A caldo ho un unico commento: gli stimati colleghi dovrebbero rimettere le lancette del calendario, almeno quella dei decenni! Non siamo nel 2012: siamo nel 2023. Questo dibattito oggi non ha alcun senso, ed è lo stesso fatto che loro ci stimolino dall’opposizione a chiarirne il perché. Loro, infatti, all’opposizione ci sono finiti perché hanno detto di sì a questa merda, e noi, che lo sappiamo, se non vogliamo finirci dobbiamo dire di no. Tutto qua. Io, intanto, per dare il buon esempio le lancette del calendario le ho rimesse, e ho fatto quello che avrei fatto nel 2012…)






giovedì 29 giugno 2023

Un dettaglio sul MES

Vabbè, lo sapete: quello sul MES per noi è un dibattito chiuso ormai più di dieci anni fa. Possiamo quindi permetterci di affrontarlo con maggiore serenità e competenza di quanto ordinariamente si faccia in giro, possiamo addentrarci nei dettagli, che fanno la gioia degli intenditori (cioè nostra), ci aiutano ad arricchire il quadro d'insieme, e fanno crescere dialetticamente quelli di noi (io) che devono attardarsi negli anacronistici dibattiti pubblici su questo tema stantio. 

Si dice che la trattativa (se esiste) sulla riforma del MES sia legata a quella sulla riforma delle regole europee. Questo discorso secondo me non fila del tutto, e poi vi dico perché, ma qualche affinità nei due dibattiti si ravvisa, anche se non è del tipo che ai nemici del Paese fa comodo evidenziare. Il dettaglio che non è un dettaglio consiste nel fatto che il MES non è un'istituzione dell'Unione Europea, non è previsto e regolato dai Trattati, ma è un fondo istituito con un Trattato intergovernativo. Perché questa cosa dovrebbe interessarci? Perché non è un unicum. Ricordate il Fiscal compact? Quanto ne abbiamo parlato su questo blog!  Con quanto pathos!

Il pathos che la materia e il momento richiedevano, naturalmente. Fra le varie previsioni dello scellerato Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la "governans" nell'Unione Economica e Monetaria, all'art. 4, c'era questa:


Una disposizione assurda perché penalizzante per il nostro Paese, e anche perché ridondante: la "regola del ventesimo" era infatti già prevista da uno dei "pacchi" del Six pack, il regolamento (UE) n. 1177/2011, che all'art. 1, comma 1, lettera b riportava:

Quindi, "de preciso", il Fiscal compact a che cosa serviva? A niente: a costringere il nostro Paese a un ulteriore atto di sottomissione, uno dei tanti, di quelli che secondo la Commissione servirebbero a rassicurare iMercati, e secondo iMercati servono a placare la Commissione (quello sì che è un gioco delle parti)!

Ne volete una prova? Ve la do subito! Ora che, per attirarci nella trappola di un accordo che secondo me è peggiore del Patto di stabilità, ci viene detto che si abbandonerà la regola del ventesimo riformando il Six pack (i testi sono in arrivo, ve li faccio vedere appena ho tempo), qualcuno si è posto il tema: ma come facciamo a derogare al Fiscal compact? La regola del ventesimo è anche lì, e il Trattato è ancora in vigore! Non possiamo promettere che elimineremo una regola assurda se oltre a riformare il diritto comunitario non rivediamo anche questo trattato internazionale!

Sorprendentemente, la risposta della dottrina giuridica quella vera (quella della supremazia del diritto comunitario, per capirci), è stata un semplice: sctaapposct! Il problema esiste:

ma la soluzione è a portata di mano:


cioè: siccome nel Trattato si afferma che le sue norme non possono essere interpretate in difformità dal diritto dell'Unione e non possono avere esiti incompatibili con questo diritto, allora se questo diritto cambia, il Trattato si disapplica, anzi: non si disapplica nemmeno. Semplicemente, non esiste! (fonte: Audizione di Tosato in Commissione bilancio).

E qui si arriva al punto, perché, come voi ben sapete, anche nel Trattato istitutivo del MES, e più esattamente nella sua riforma, si afferma il principio di supremazia del diritto unionale:


Questo che cosa ci suggerisce? Semplice! Che anche il MES sarebbe applicato a noi, e interpretato per gli altri. Noi dobbiamo metterci i soldi, gli altri devono prenderli. Noi dobbiamo rispettare condizioni, gli altri devono porle. E così via.

Va da sé che, anche a prescindere da queste considerazioni, qualsiasi prospettiva di "scambio" fra revisioni di un Trattato intergovernativo e emendamenti del diritto comunitario è mal posta, perché considera grandezze diverse.

Ma soprattutto: la creazione di un ceto di burocrati immuni da qualsiasi giurisdizione:


e che in qualsiasi momento può scatenare un attacco speculativo contro un Paese lasciando trapelare valutazioni negative sul merito di credito di quel Paese:


è qualcosa di ovviamente non negoziabile. Si capisce che al PD faccia comodo far fallire un Governo di destra con una semplice telefonata in Lussemburgo, nella vana illusione di poterlo rimpiazzare. Ma non fa comodo a noi, e quando dico noi intendo in primo luogo quelli che sono qui.

Correre non il rischio, ma la certezza, di saltare per aria il giorno dopo aver firmato una cosa che quando dovesse applicarsi agli altri sarebbe immediatamente superata dal fantomatico diritto unionale?

Anche no.

E ora parliamo di altro.

mercoledì 28 giugno 2023

Parere (sul CRMA)

 (...questa mattina, mentre in Commissione VI partecipavo alle votazioni degli emendamenti alla delega fiscale, ho elaborato questa proposta di parere sul regolamento CRMA...)

PROPOSTA DI REGOLAMENTO SULLE MATERIE PRIME CRITICHE

(COM(2023)160)

PROPOSTA DI DOCUMENTO DEL RELATORE, On. Bagnai,

La XIV Commissione,

esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche e che modifica i regolamenti (UE) n. 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1724 e (UE) 2019/1020;

preso atto della relazione trasmessa dal Governo ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, sul documento; 

tenuto conto degli elementi di conoscenza e di valutazione emersi nel corso delle audizioni svolte nell’ambito dell’esame della proposta;

premesso che:

è complessivamente condivisibile l’obiettivo generale della proposta, volta a definire un quadro normativo comune per garantire l'accesso dell'UE a un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche. Tale approvvigionamento infatti dipende attualmente in misura quasi esclusiva dalle importazioni, spesso concentrate in un numero ristretto di paesi terzi;

lo scenario globale è caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche e da una concorrenza sempre più forte per l'accaparramento e il controllo delle risorse. Alcuni paesi inoltre sfruttano la loro posizione di forza come fornitori di materie prime critiche nei confronti dei paesi acquirenti;

l'UE e gli Stati membri non hanno sinora valorizzato il potenziale di crescita delle proprie capacità di estrazione, trasformazione e riciclaggio, a causa della lentezza e della complessità delle procedure di autorizzazione, delle resistenze dell’opinione pubblica motivate da preoccupazioni ambientali, e di un clima ideologio che ha esaltato la capacità delle forze di mercato di sovvenire in modo automatico e autoregolato alle esigenze dei sistemi produttivi nazionali, nel contesto della cosiddetta “globalizzazione”;

le criticità dell’ideologia mercatista, d’altra parte, non devono spingere ad aderire in modo acritico a un approccio che si sbilanci nel senso dell’economia pianificata, attribuendo un disvalore alla coesistenza di libere iniziative economiche e ignorando il potenziale distorsivo sul sistema dei prezzi e quindi sull’efficiente allocazione delle risorse di interventi che incentivino la concentrazione, anziché la libera concorrenza, di attività economiche;

in questo senso, la proposta sembra basarsi sul presupposto implicito che il carattere strategico di una filiera giustifichi una compressione della concorrenza, dal che si potrebbe dedurre che filiere come quella bancaria, che nel nostro Paese sono state soggette in nome della concorrenza a interventi così incisivi da essere censurati ex post dagli stessi tribunali dell’Unione, non vengano considerate strategiche per un’economia monetaria e creditizia di mercato come quella europea e come tutte le economie avanzate ed emergenti;

va altresì considerato che l’approvvigionamento di materie prime è un ambito in cui si esaltano per motivi di carattere oggettivo, riferibili alle diverse disponibilità dei singoli minerali e all’evoluzione dei sistemi industriali, le asimmetrie fra i singoli Paesi membri, asimmetrie la cui complessità non può essere risolta con l’imposizione di target arbitrari;sotto questo profilo, la proposta presenta due ordini di criticità distinti ma convergenti: in primo luogo, l’elenco delle materie prime preso in considerazione è nettamente sbilanciato in favore dei cosiddetti “metalli per batteria”, ovvero delle materie prime impiegate nella filiera dell’elettrico, mentre trascura materie prime essenziali per settori manufatturieri che, pur essendo più maturi, non possono essere considerati meno strategici, tanto più che, con il progredire della transizione ecologica, i confini fra le due filiere si fanno più sfumati, per cui un eventuale tentativo di favorire la filiera dell’elettrico e i Paesi membri in cui essa è più sviluppata a danno delle filiere che potremmo definire “tradizionali” rischia di avere effetti controproducenti. Lo dimostra l’omissione dagli elenchi delle materie prime strategiche e di quelle critiche dell’alluminio, che pur essendo il terzo elemento più abbondante sulla crosta terrestre presenta rilievi oggettivi di scarsità, determinati da un lato dalla natura estremamente energivora del suo processo di estrazione dal minerale e dall’altro dall’inevitabile aumento della sua domanda nell’ambito della filiera dell’automotive, conseguente al fatto che le motorizzazioni elettriche spingono verso un uso più intenso di metalli più leggeri, con aumenti che nel caso dell’alluminio sono stimati dell’ordine del 47% nei prossimi sette anni, ma anche quella dello zinco, considerando che metalli esplicitamente menzionati nell’elenco delle materie, come il germanio, sono estratti dalla polvere di lavorazione del minerale di zinco;

in secondo luogo, nonostante la loro indubbia efficacia sotto il profilo comunicativo, gli obiettivi quantitativi considerati dalla riforma non sembrano tutti realistici e sono forieri di difficoltà e distorsioni. Ad esempio, per quanto riguarda il cobalto, la produzione europea è concentrata in un singolo Stato membro, la Finlandia, ma si ritiene irrealistico che possa raggiungere il target del 10% del consumo dell’Unione Europea entro il 2030; per quanto riguarda il litio, l’obiettivo di soddisfare il consumo col 15% di prodotto riciclato entro il 2030 è chiaramente irrealistico, semplicemente perché mancherà il rottame da riciclare; per quanto riguarda il cobalto, l’obiettivo di confinare la provenienza da un singolo Stato entro la soglia del 65% appare particolarmente difficile da soddisfare;

va quindi attentamente ponderato, con riferimento al rispetto del principio di attribuzione, quanto la proposta sia correttamente fondata sull’articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in quanto mira a garantire il buon funzionamento del mercato interno, anche evitando il moltiplicarsi di iniziative unilaterali e non coordinate a livello nazionale in risposta alle perturbazioni nell'approvvigionamento delle materie prime critiche;

va anche accesa un’attenzione sulla conformità della proposta al principio di sussidiarietà, in quanto se da un lato si può argomentare che gli l’azione a livello UE sembra in grado di assicurare un chiaro valore aggiunto in quanto garantirà che i progetti di investimento siano sviluppati tenendo conto delle esigenze del mercato unico complessivo, dall’altro occorre considerare che il rischio che il  "coordinamento dello sviluppo di scorte strategiche nazionali" e l'agevolazione degli acquisti congiunti esercitino ulteriori pressioni sull'offerta già scarsa, alla stregua di quanto avvenuto nel mercato del gas nel terzo trimestre del 2022 proprio in conseguenza delle sollecitazioni della Commissione Ue agli acquisti. La diversificazione degli acquisti rappresenta in termini sia teorici che pratici l’elemento in grado di garantire efficienza al mercato.

osservato tuttavia che la proposta attribuisce alla Commissione il potere di integrare e precisare ulteriormente numerosi aspetti di dettaglio della nuova normativa attraverso l’adozione di atti delegati che interverrebbero a disciplinare questioni anche rilevanti, come gli elenchi di materie prime critiche e strategiche. Tali previsioni andrebbero valutate attentamente alla luce dell'articolo 290 del TFUE, che consente l'adozione di atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati "elementi non essenziali dell'atto legislativo";

considerato, altresì, che la proposta rispetta il principio di proporzionalità, ma che occorre, per un verso, non sovraccaricare le imprese con eccessivi oneri amministrativi e di rendicontazione e, per altro verso, valutare approfonditamente il suo impatto sull’ordinamento nazionale e sull’organizzazione della PA con riferimento alle disposizioni che prescrivono agli Stati membri di:

adeguare i propri ordinamenti alle procedure autorizzative semplificate (che avranno altresì un’incidenza sulle competenze regionali e delle autonomie locali); 

nominare un’unica autorità nazionale competente, dotandola di personale e risorse sufficienti; 

prevedere sanzioni efficaci nell’ordinamento nazionale per le imprese che non rispettano gli obblighi;

attivare procedure per il monitoraggio delle scorte e per condurre delle prove di stress per valutare la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento;

garantire l’accessibilità online delle informazioni amministrative inerenti ai progetti relativi alle materie prime critiche;

elaborare un programma nazionale di esplorazione generale per le materie prime critiche e programmi nazionali contenenti misure volte a sostenere la circolarità;

rilevata, inoltre, l’esigenza nel corso del negoziato di apportare le modifiche appropriate alla proposta al fine di:

estendere l’elenco delle materie prime critiche includendo, accanto alle 34 indicate nella proposta della Commissione, quelle fondamentali per l’industria manifatturiera di base, come il fosforo e il neon;

raggiungere un adeguato bilanciamento tra standard ambientali e necessità di approvvigionamento e mettere in campo iniziative e campagne europee per comunicare i benefici dei nuovi progetti di estrazione e più in generale per agevolare l’accettazione sociale delle misure proposte;

rafforzare la ricerca e l’innovazione per portare rapidamente sul mercato materie sostitutive, in particolate delle terre rare, e promuovere lo sviluppo di competenze professionali specifiche;

incentivare maggiormente il riciclo, perché in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi in un arco temporale di breve/medio periodo rispetto a quello per le attività estrattive;

approfondire gli aspetti connessi alla condivisione di informazioni che attiene alla sicurezza nazionale;

stanziare risorse finanziarie adeguate a livello UE, anche attraverso l’istituzione di un fondo di sovranità europeo, per l’attuazione del regolamento proposto, anche per rendere fruibili le tecnologie meno impattanti sul fronte ambientale;

sottolineata pertanto l’opportunità di operare, nel corso del prosieguo dell’esame della proposta a livello di Unione europea, un’analisi approfondita dei profili di criticità richiamati in precedenza;

ritenuto necessario che:

nell'elenco delle materie prime strategiche si tenga conto di alluminio, e in quello delle materie prime critiche di zinco, fosforo, e neon;

si tenga adeguato conto dell’eventuale impatto sulla dinamica dei prezzi delle materie prime di operazioni congiunte massive di adeguamento delle scorte.

rilevata infine l’esigenza che il presente documento sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea,

VALUTA CONFORME

la proposta al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del Trattato sull’Unione europea.



(... la cosa interessante, che mi ha spinto a chiedermi dove avessi sbagliato, è che il parere è stato approvato all’unanimità: anche il PD, che per prassi di opposizione al più si astiene, anche quando è d’accordo, questa volta ha votato a favore. Eppure, in Parlamento, in quello vero, non in quello immaginato da Foffolina47345 e Napalm52678, più chiari di così non si può essere. Mi direte che non servirà a molto: e grazie tante! Perché, scusate, farsi esplodere con una cintura esplosiva, come ragliano i cascami di Casabau che popolano le stanze “giuste” su Twitter, a che potrebbe servire? A passare per scemi. Non era il momento di farne un caso: un parere contrario sarebbe stato appropriato ma necessitava di tanto lavoro in più, e il tempo non c’era. Mi dà abbastanza fastidio che il gioco del “grignudyl” - riconvertire l’industria tedesca coi soldi nostri - diventi così sfacciatamente esplicito. Ma qualche volta è meglio accompagnare i processi, per mandare a sbattere gli avversari, piuttosto che logorarsi a contrastarli, e sinceramente vedere il PD ammettere col voto questo infelice stato delle cose non ha prezzo. Per tutto il resto c’è l’Aedes longagnanus - e lo zampirone!…)

Parametri (ancora sul CRMA)

Se sei un martello, ogni problema è un chiodo. Se sei l'UE, ogni soluzione è un parametro (possibilmente veicolato da una elegante infografica):



Con questi parametri il CRMA vuole risolvere il nostro problema delle materie prime (più esattamente, quello dell'industria tedesca). Se Maastricht vi è sembrata un insuccesso, state tranquilli: il CRMA ve la farà rimpiangere, nonostante il coro giulivo degli “steicholderz”, per lo più eredi e interpreti della stagione del Migliore!

Eppure, basterebbe un minimo di equilibrio mentale, intellettuale, emotivo, per capire che se nei guai ci ha messo la globalizzazione e il suo mercatismo (con l’idea che “Basta poco, che cce vò? Se non trovi uno spazzolino da denti dal farmacista puoi comprarlo online in Jacuzia, e se non trovi il gas in Russia…”), dai guai non ci tirerà fuori l’economia di piano “tutta target e distintivo” e il suo cinismo sinistro (consistente nel ridurre le emissioni nascondendo la polvere dell’inquinamento sotto il tappeto dei Paesi socioeconomicamente svantaggiati: “noi in ZTL vogliamo respirare, e i diversamente bianchi, quando non interpretano Giulietta e Romeo in una fiction inclusiva, si fottano”).

Ma questo so che lo intuite…


lunedì 26 giugno 2023

Il malato d'Europa

Vi ricordate il vecchietto che guida contromano? Sì, lui, il giornalista germanico esperto di economia. Non uno stupido, a differenza dei suoi omologhi italiano e francese, se non altro perché sui social ha saputo darsi una linea editoriale interessante. Parte dai dati, che qualche volta interpreta in modo lievemente impreciso, come qui (quando voleva dimostrarci che tutto il mondo cattivo stava complottando contro la povera Germania), ma altre volte, come oggi, non può che consegnarci nella loro nuda verità:


Come ho cercato più volte di chiarirvi, in questa fase "il malato d'Europa" è la Germania, che ha serie difficoltà a recuperare il livello di reddito pre-crisi pandemica: come mostra il nostro amico, è l'unica grande economia a essere rimasta sotto al livello di partenza (quello pre-crisi).

Constato sconsolato l'estrema difficoltà di praticamente tutti voi a uscire dalla dimensione calcistica, da Italia-Germania ai mondiali (o agli europei, o in una delle mille coppe di cui nulla so e nulla voglio sapere, anche considerando come deteriorano il neurone di chi le frequenta...). Sono ugualmente scemi i tifosi della Germania (quelli che "eh, ma che dici, lì si sta comunque meglio, i salari sono comunque più alti, ecc."), quanto i tifosi dell'Italia (quelli che "finalmente, gli sta bene, ecc.").

La scemenza dei tifosi della Germania sta nel non vedere come la difficoltà della loro squadra, che non è mai stata la locomotiva d'Europa, sia indicativa di un affanno complessivo del progetto europeo, non tanto e non solo per motivi di ordine economico, quanto per motivi di ordine geopolitico. La bramosia di surplus dell'industria tedesca è un fatto destabilizzante per l'economia mondiale, e quest'ultima reagisce rintuzzandola in modi sempre più efficaci. Ma questa reazione non deve rallegrarci perché, purtroppo, ci coinvolge.

La scemenza dei tifosi dell'Italia sta nel non capire che quando la Germania è in difficoltà, i suoi governanti sono costretti, per sopravvivere elettoralmente, a scaricare la responsabilità sugli altri Paesi, e conseguentemente a irrigidirsi nelle sedi dei vari negoziati europei. Non c'è quindi niente di rassicurante per noi nel fatto che l'irrazionalità del progetto europeo mieta una vittima così illustre: significa ulteriore intransigenza nel difendere regole irrazionali, significa quindi, in definitiva, una ulteriore cronicizzazione di questa fase di sofferenza.

Ovviamente, si va sempre a cadere sul solito punto: la Germania dovrebbe transitare da un sistema di crescita export-led a un sistema di crescita wage-led. La teoria economica, astrattamente, ci dice che così poi staremmo meglio tutti:


Ma naturalmente l'aumento della quota salari significa una riduzione della quota profitti e quindi potete immaginarvi come andrà: se n'è parlato tanto, qui, dove nessuno ascolta.

Di una cosa però vi pregherei: se vi dico che a noi in questa fase non va poi così male, non scatenatevi in cori da stadio, non citatemi vostro cuggino, non spiegatemi l'economia. Cercate di capire (e magari di aiutarmi a capire) quali siano vantaggi e svantaggi di una situazione simile, perché la situazione è questa (da discutere c'è poco), ma quali ne siano le conseguenze, o più esattamente quale sia il saldo di queste diverse e eterogenee conseguenze (positivo, negativo, nullo), è tutto da valutare e da scoprire.

Il gioco delle parti

C’è una cosa che i ppdm, i nuovi amici, o meglio, la nuova, ributtante trasformazione (rectius: decomposizione) dei tanti vecchi amici che abbiamo dovuto relinquere perché inetti ai margini del nostro sentiero che non c’è e che non ci ha portati da nessuna parte, purtroppo senza la proverbiale borraccia d’acqua (perché c’è la siccità!) e senza la proverbiale pistola con un colpo in canna (perché siamo disarmati e non violenti), c’è una cosa che questi esseri, l’intensità del cui allucinato delirio, della cui perentoria apodeixis, è direttamente proporzionale alla facilità con cui si bevono le balle di quella stampa che “è veramente nostra amica”, e inversamente proporzionale, in iperbole equilatera, all’esiguità del loro non contare nulla, c’è una cosa, ma una sola, che vorrei sapere da questi omuncoli (rectius: prodotti di omuncoli), che ossessivamente spendono il tanto, troppo tempo libero che hanno a disposizione tempestandoci di domande, col ghignetto sarcastico di chi la sa lunga, di chi le cose le sa o pensa di poterle dedurre tutte more geometrico, dalla propria ossessione paranoide di essere immerso in un lucido e articolato disegno unitario, in una cosmologia di cui è il centro e lo scopo, ecco: a chi si sforza così poco di nasconderci che sa tutto e che a lui non la si fa, una cosa vorrei chiedere, una sola, così poi la tronchiamo lì con questa menata e ci troviamo, cioè si trovano, un modo meno cretino di ostentare intelligenza: ma Giancarlo è nostro nemico, o nostro amico?

Decidetevi.

Perché mi sembra evidente che tertium non datur!

E quindi, cari relitti umani di ex amici, delle due l’una: o decidete che siamo dei coglioni perdenti, alla mercé di un cavaliere oscuro il cui unico scopo sarebbe quello di fotterci, cosa di cui noi, da veri babbei, non ci renderemmo conto (forse anche perché avendo avuto un’intera legislatura a disposizione non mi pare che ci sia riuscito: diciamo che all’ingresso della Camera mi lasciano ancora passare…), ma in questo caso è evidente che non potete venire a dirci che siamo i suoi fedeli esecutori; o, in alternativa, decidete che siamo i suoi comparuzzi di anello, i complici di un articolato e condiviso “gioco delle parti” (espressione che esprime il 666 dell’imbecillità, il nuovo marchio del coglione!), un gioco che condurremmo in perfetto affiatamento ed elegante sincronismo, con notevole dispendio di energie e di tempo (che troveremmo non si sa dove: forse nella melma grillina del parenchima cerebrale di chi pensa che noi si sia lì a non fare un cazzo!), al mero scopo di tirarlo in tasca al centro della galassia, che in questa nuova cosmologia non è un buco nero supermassiccio, ma un qualche giurista, docente, economista o insegnante rigorosamente perdente e indefettibilmente di provincia, ma in questo caso è evidente che dovreste smettere di considerarci sue vittime, perché saremmo suoi complici, e se è pur vero che Crono ha divorato i suoi figli, non credo che nessun puparo abbia mai divorato le proprie marionette: la cartapesta si impasta al palato e i fili si impigliano nei denti…

Quando due cose non possono essere simultaneamente vere, magari sono simultaneamente false. Magari, visto che Giancarlo non può essere simultaneamente nostro nemico e nostro amico, non è né l’uno né l’altro, ma è il nostro ministro (parola la cui etimologia vi sfugge) e noi siamo parlamentari della sua maggioranza, ovvero, detto in altri termini: mentre voi vi rifinite dalle seghe mentali, noi, semplicemente, lavoriamo. Bene o male non sta a me dirlo, ma a voi, e non ogni singolo nanosecondo che l’orologio atomico della vostra miserabile paranoia scandisce, ma fra quattro anni.

Agli altri, quelli normali, quelli con una vita, dico una cosa sola: non aiutatemi!

Neanche con tutto il nostro sforzo più assiduo riusciremmo a produrre un miliardesimo del disprezzo che merita chi violenta così la radice più profonda del nostro essere occidentali che, non me ne voglia nessuno, è la logica aristotelica, non fosse altro perché Sant’Agostino le ha dedicato il suo tempo, e perché il credo quia absurdum va radicato, appunto, in una razionalità forte, e non nella sua caricatura, nel complottismo di persone che stanno invecchiando come meritano, cioè male, senza affetti, senza soddisfazioni professionali, senza un cane perché son troppo pigri mentalmente per portarlo a giro, e senza un gatto, perché i gatti sanno scegliere i loro padroni.

E voi direte: ma se sono, come in tutta evidenza sono, delle nullità, perché gli dedichi tanto tempo?

Per due motivi: perché una zanzara tigre, essere infinitamente più utile e piacevole di loro, mi ha svegliato (e quindi galleggio visibilmente in una bolla di buonumore); e perché una volta, quando facevano finta di saper stare al posto loro, alcuni di questi relitti erano anche amici, e restano comunque, nella loro petulante insignificanza, persone per bene, per cui un po’, umanamente, spiace.

Ogni religione ha i suoi angeli caduti: quelli dell’appostismo sono i ppdm! Non hanno le corna (o forse sì, e magari questo spiega tanta acredine), non hanno la coda, non puzzano di zolfo (in molti casi sarebbe preferibile!). E allora, direte voi, come li riconosceremo? Non dai loro frutti, perché sono sterili, ma dalla loro abitudine di snocciolare ossessivamente un rosario di incongruenti litanie: “oppofinzioneeeh”, “non vi voto più”, e, naturalmente: “gioco delle parti”!

(…il vantaggio di non esistere è quello di poter parlare chiaro: questo blog che non c’è e che nessuno legge alla fine è un messaggio in una bottiglia. Se sei un ppdm e ti ci imbatti è inutile che tu lo apra, tanto quello che c’è scritto lo sai…)

domenica 25 giugno 2023

Chivasso

 (…anche per chiarire il senso del post precedente…)

Qui.

(…ma naturalmente siccera lui…)

Le confessioni di uno zerovirgolista

Fiorenzo Fraioli ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Altro giro, altra corsa (le consultive sul MES)":


Per conoscenza e senza secondi fini.

https://egodellarete.blogspot.com/2023/06/la-politica-i-clan-e-il-gioco-delle.html


Pubblicato da Fiorenzo Fraioli su Goofynomics il giorno 24 giu 2023, 17:55


Ma figurati!

Quale secondo fine puoi avere, caro amico, e se anche lo avessi in cosa potrebbe indurmi a comprimere il tuo diritto di espressione?

L'unico fine che hai è il primo, quello di rientrare per un attimo nel cono di luce, e te lo faccio fare ben volentieri anche perché il tuo documento, nella sua ingenuità, ha un valore di cui evidentemente non intuisci la portata (il che, come vedremo, è perfettamente coerente col messaggio che il documento trasmette).

Intanto, la descrizione profondamente sofferta ma sostanzialmente onesta della tua perdenza (non sconfitta: può essere sconfitto anche un winner: la tua è perdenza) chiarisce, a chi fosse interessato (pochi) e non lo avesse già ben chiaro (pochissimi) i motivi di quella che pudicamente chiami la tua "rottura"  con la community (cioè, come poi correttamente spieghi, del tuo allontanamento dalla community): di petulanti e perdenti ambizioncelle politiche non ne avevo bisogno, non erano loro che mi avrebbero permesso a quel tempo di accrescere la potenza del mio messaggio, e dopo di ostacolare con una discreta efficacia l'avanzata del nemico (il MES doveva essere ratificato nel 2019, e lo sarebbe stato se non ci fosse stato il discorso di Pescara, che tu, come un pennivendolo qualsiasi, collochi chissà perché al Papeete, mentre ora si parla di rinviare il dibattito, e in un contesto in cui il tempo è dalla nostra parte - l'unico dato politico da comprendere è questo e chi non lo comprende è meglio che non si avventuri a politicheggiare! - questo è già un (altro) successo).

Detto in sintesi: l'appostismo è una fede che non tollera blasfemia.

Poi, perché il tuo resoconto lucido e dettagliato chiarisce e avvalora meglio di quanto io saprei o potrei fare la mia reticenza, il mio fastidio verso lo spontaneismo zerovirgolista, in particolare verso quello "de sinistra", litigioso, rissoso, inconcludente, ma soprattutto impalpabile.

Fa bene, fa benissimo Daniele Capezzone quando invita tutti a smussare gli angoli e unirsi in vista del conseguimento di obiettivi comuni. Dimentica, per eleganza, di aggiungere un dettaglio: deve valerne la pena. Il compromesso costa comunque una fatica, non fosse che quella di mordersi la lingua, e perché vi sia, se non un avanzamento, almeno un equilibrio, occorre che questa fatica sia compensata da qualcosa: o dalla qualità del soggetto con cui ci si aggrega, o dalla quantità della sua base elettorale.

Il mio rapporto con Daniele è un preclaro esempio del primo caso. Volendo partire dalle cose che ci separano, non sarebbe difficile trovare ostacoli insormontabili. Io sono un keynesiano, lui un neoclassico (in termini dottrinali): già qui il discorso potrebbe chiudersi, e invece no, perché due cose ci accomunano: la volontà di difendere la libertà di chiunque, e l'eccellenza nel difendere le nostre posizioni. Ci sono probabilmente delle cose su cui saremmo destinati a non capirci, soprattutto se (ma non è questo il caso) fossimo disposti a lasciarci ingabbiare dalle rappresentazioni stereotipate delle nostre rispettive posizioni, ma intanto sappiamo che potremmo confrontarci con onestà intellettuale perché la nostra è una vita di risultati politici, non di ambizioni politiche.

¿Entiendes?

Tanto per chiarire con qualche esempio pratico a beneficio di chi ha difficoltà a orientarsi nel Dibattito, esattamente come io sono un keynesiano che riconosce il ruolo dei prezzi relativi (cioè un keynesiano vero), mi pare di intuire che Daniele sia un liberale che riconosce il ruolo dello Stato nel fornire una infrastruttura che vada oltre il mitologico "Stato minimo". Ma non mi addentro ulteriormente in questo.

Moreno, Stefano, tu, siete tutte persone che ho care e che mi ha confortato incontrare quando lanciai il mio grido di allarme che ritenevo fosse solitario. Poi ho visto che era ascoltato da decine (di migliaia) di persone. Bene, ma non abbastanza. Il dato che però emergeva era la mancanza di cultura politica in chi la politica pretendeva di insegnarmela (e io con la mia connaturata umiltà ascoltavo), ma soprattutto le conseguenze di questa mancanza di cultura: l'incapacità ontologica di aggregare un consenso!

E quindi, caro amico e cari amici zerovirgolisti tutti, perché mai non dovrei mandarvi a stendere? Quale beneficio mi offrirebbe il porgervi un ramoscello o un nodoso randello di ulivo? Nessuno! Non sareste in grado né di difendere le nostre ipotetiche posizioni comuni con la lucidità e la distinzione di un Daniele, né di aggregare in qualche luogo che non sia la bollicina di CH4 dei social qualcosa di simile a una significativa constituency elettorale. Come chiarisco spesso ai miei amici, il mio lavoro è ingrato: devo dedicare più tempo ai nemici che agli amici, e alle persone che non mi interessano che a quelle che mi sono simpatiche. Devo abolire (in modo controllato) la mia umanità per conservare (auspicabilmente) un minimo di lucidità e tensione verso l'obiettivo. E allora, amici cari: tanto affetto e tanta stima, ma da qui a perder tempo con voi ce ne corre...

Anche questo, del resto, lo ha detto Daniele: bisogna sì aggregare, ma anche fare attenzione a chi ci si accompagna, perché l'unica arma che ha il mainstream nei confronti di chi porta tesi scientificamente resistenti è quella del discredito. Ora, con tutto il rispetto, il mondo zerovirgolista mi pare pulluli di soggetti che espongono a questo rischio (esclusi i presenti, ça va sans dire). Può sembrare un dettaglio, ma uno degli svantaggi tattici del dibattito sulla punturina rispetto al Dibattito è che nel primo il tizio coi baffi a manubrio stava dalla parte dei "buoni", nel secondo da quella dei "cattivi" (tanto per chiarire con un esempio)!

E anche qui, parliamone...

Ho cercato di spiegarvi fin dall'inizio che la minaccia esistenziale diretta, la paura di morire (di COVID o di vaccino), per quanto possa essere uno strumento potente di mobilitazione, non riesce a creare una autentica coscienza di classe. In altre parole, a me è stato evidente fin da subito che tutto quel fermento di cui parli, tutte quelle proposte "olistiche" (la regina delle parole che non vogliono dire un cazzo!) si sarebbero sciolte come neve al sole alla scomparsa della minaccia. Ma scusate: ma ci vuole tanto a capire che se ti svegli se e solo in quanto hai paura per te, questa è la migliore prova del fatto che degli altri non te ne frega un beneamato cazzo? E che quindi non ti interesserà, né sarai in grado di, tenere botta quando sarà necessario spendersi per un obiettivo (uno fra i tanti: arrestare la riforma del MES) che non ti tocca direttamente? Ma ve li ricordate i volenterosi studenti e docenti contro il green pass? Che ne è di loro? Tanto afflato, tanto Agamben, tanta vibrante eloquenza, di cui oggi resta solo un collega invidioso e perdente che ogni tanto mi si affaccia a trollare su Twitter, anche lui senza secondi fini: con il solo primo fine di entrare in quel cono di luce che non è riuscito a crearsi, senza intuirne le ragioni!

Chi si è illuso di raccogliere consenso pescando in quello stagno ha raggiunto risultati elettorali a una cifra (non in percentuale, in numero assoluto!) e ora rosica come un capibara, e di converso chi ha voluto dare in tempi e modi impropri uno sbocco politico a una battaglia che era ed è giusta, quella per il diritto di decidere sul proprio corpo, nel rispetto della dignità della persona umana, ha commesso un errore da cui in tutti i modi avevo cercato di mettere in guardia: quello di segnalare questa battaglia come politicamente irrilevante perché incapace di muovere numeri.

Ecco: forse questo esempio dell'oggi ci aiuta a spiegare qualche fatto di ieri. Questo era esattamente l'errore che volevi farmi fare tu, ed è esattamente per non farlo che ti ho allontanato. Se in certe stanze sul MES si usa più cautela che, per dirne una, sui vaccini, è esattamente perché io non ho sbagliato, e altri hanno sbagliato.

Tutto qui.

Grazie per avermi offerto il destro di chiarirlo, anche se, parafrasando il compianto Sergio Cesaratto, ormai siamo nel 2023, e chi voleva capire ha già capito.

Agli altri ci penserà la SStoria.

venerdì 23 giugno 2023

Altro giro, altra corsa (le consultive sul MES)

Dato che prevenire è meglio che curare, desidero segnalarvi quali saranno i prossimi passaggi dei disegni di legge "gemelli omozigoti" sulla ratifica del MES, prima del passaggio in aula. Come sapete, quando un disegno di legge viene pubblicato, il Presidente lo assegna a una Commissione in sede referente. La Commissione in sede referente è anche detta Commissione "di merito" perché è quella che analizza nel merito il provvedimento e riferisce all'Assemblea legislativa (votando il mandato al relatore). Per le ratifiche la Commissione di merito è la III, Affari esteri, anche se le ratifiche riguardano temi europei (per questo motivo io, che sono in Commissione XIV in sostituzione permanente di Giorgetti, mi sono fatto assegnare alla III in sostituzione di Angelucci per seguire i lavori da vicino). Dato che il mondo è complicato, è difficile che un disegno di legge coinvolga solo le competenze di una specifica Commissione. Per ovviare a questa evenienza ci sono due strumenti: l'assegnazione a Commissioni riunite, e l'assegnazione in sede consultiva. Nel primo caso, l'esame viene svolto da due (o più, ma non l'ho mai visto succedere) Commissioni "di merito". Nel secondo caso, altre Commissioni vengono chiamate a esprimere un parere, che può essere favorevole o contrario, e in entrambi i casi può essere "secco", o con osservazioni, o con condizioni (parere favorevole a condizione che ecc.).

Le Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio vengono coinvolte di routine per una verifica della costituzionalità del disegno di legge in esame e del suo impatto sul bilancio pubblico. Sono le Commissioni cosiddette "filtro", il loro coinvolgimento è un atto dovuto (per i motivi che vi ho appena esposto) e in particolare il parere della V (Bilancio) è indispensabile per accertare che la legge in esame non ponga nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato. L'organo che accerta questi eventuali oneri è la Ragioneria Generale dello Stato, un dipartimento del MEF, e nel caso in cui accerti nuovi oneri per cui manca una copertura dà un parere negativo ai sensi dell'art. 81 terzo comma della Costituzione, che recita: "Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte". Se la legge non indica "i mezzi per farvi fronte" (la copertura) la Ragioneria dà un "81" (e l'emendamento o la proposta di legge muoiono).

La Ragioneria ragiona in modo ragionieristico: questo non è un problema, è una caratteristica del tutto fisiologica. Il problema sorge quando in modo ragionieristico argomentano gli economisti, ma oggi non ci occupiamo di questo. Tornando al tema che tanto appassiona tutti, sappiamo bene quali conseguenze avrebbe la ratifica del MES per la nostra economia, così come qualcuno (che all'epoca non era in Parlamento) sapeva quali conseguenze avrebbe avuto l'Unione bancaria.

Tuttavia, in termini ragionieristici, una ratifica per lo Stato ha il costo dell'inchiostro usato per firmarla: zero.

Di conseguenza, quando la proposta di legge sulla ratifica del MES andrà in Commissione bilancio per la sede consultiva, avrà un parere positivo del MEF (più esattamente della Ragioneria), per il semplice motivo che questa dirà che non ravvede particolari oneri a carico della Stato. Possiamo facilmente immaginare che gli operatori informativi faranno un altro giro di titoli sul MEF "favorevole alla ratifica". Sta a voi scegliere se venire a infastidire noi, che vi informiamo, o chi vi disinforma per evidenti motivi di faziosità politica.

Io un'idea su che cosa sarebbe più razionale fare ce l'avrei: niente. Montano la panna perché vedono che abboccate. Se non abboccaste, ne dovrebbero inventare altre.

In alternativa, anche se nessuno sta pensando di approvarla, la ratifica della riforma del MES, può aver senso manifestare la propria contrarietà a questa ipotesi. Ma anche qui, naturalmente, non sui social di chi vi ha spiegato perché dovreste essere contrari: mi sembrerebbe una perdita di tempo particolarmente idiota! Andate invece a spiegarlo a chi, se non vi ha disinformato, quanto meno per informarvi non ha fatto nemmeno un milionesimo di quello che è stato fatto qui, andate a convincere quelli su cui potete avere qualche dubbio, non me: ci sono modi meno stupidi di rendersi ridicoli.

E ora aspettiamo serenamente il prossimo giro, consci del fatto che it's not over until it's over (e verosimilmente neanche dopo: quando si arriva di fronte a un muro lo si può scavalcare, come ci insegna Frank Gramuglia).

giovedì 22 giugno 2023

Sinite stultos sepelire stultos suos

Amici cari, è normale che i cretini facciano i cretini, e in democrazia è anche normale lasciarglielo fare, within reason. Sarebbe anche normale, ancorché inelegante, che qualora un cretino mi venisse a cercare io lo troncassi a fare in culo. Sarebbe normale, sarebbe umano, sarebbe comprensibile, ma da quando sono un uomo politico devo dare il buon esempio e quindi non posso farlo, neanche in questo blog che non esiste, che non ha influenzato la storia del Paese, perché nessuno lo ha mai letto e conseguentemente non ha mobilitato una community di un certo peso. Sarebbe però spiacevole se qualcuno di voi, andando dietro alle cretinate dei cretini, si esponesse al rischio di una affettuosa e composta censura.

Onde evitare, vi chiarisco un punto, così almeno lasceremo che i cretini seppelliscano i loro cretini, e noi potremo dedicarci ad altro.

Oggi in Commissione III si votava il testo base del disegno di legge parlamentare di ratifica della riforma del MES. Mi scuso per l'affastellamento di genitivi (e per l'abbottamento di genitali), ma in questo caso neanche Flaubert riuscirebbe ad evitarlo.

Che cosa significa votare il testo base?

Semplice: l'opposizione aveva presentato due progetti di legge identici, il 712 De Luca:

 e il 722 Marattin:

Può succedere. Quando succede, l'articolo 77 del Regolamento stabilisce che:

  1. Se all'ordine del giorno di una Commissione si trovano contemporaneamente progetti di legge identici o vertenti su materia identica, l'esame deve essere abbinato.
  2. L'abbinamento è sempre possibile fino al termine della discussione in sede referente a norma dell'articolo 79.
  3. Dopo l'esame preliminare dei progetti abbinati, la Commissione procede alla scelta di un testo base ovvero alla redazione di un testo unificato.

Oggi eravamo al passaggio stabilito dall'art. 77 comma 3: scelta di un testo base, quindi il sì o il no erano sulla proposta (fatta dal relatore) di quale testo scegliere come base. Un voto procedurale sulla scelta del testo, non un voto di merito sull'approvazione del testo.

Ora, dal nostro punto di vista il dibattito sul MES è altrettanto attuale, ma meno fondato, di quello fra nestoriani e monofisiti. Una cosa fuori dal tempo e di nessuna utilità che l'opposizione tira fuori al mero scopo di infastidirci. Lei fa bene a provarci, ma per evitare che ci riuscisse oggi siamo usciti dalla III Commissione (c'ero anch'io) e abbiamo lasciato che lei si scegliesse il suo testo base.

Votare contro il testo base avrebbe significato precludere all'opposizione la possibilità di discutere un disegno di legge: avrebbe rappresentato una forzatura, una compressione difficilmente giustificabile del diritto dell'opposizione a perdere tempo su una cosa che poi sarà comunque bocciata. Votare a favore di uno dei due testi base (peraltro perfettamente identici, il che vi evidenzia plasticamente l'inutilità di un simile voto) avrebbe significato dare a qualche cretino o a qualche farabutto la possibilità di sparare il titolone: "Il centrodestra vota sì al MES"! Oggi il cretino è specializzato, diceva Flaiano, e di cose simili ne abbiamo viste accadere non poche. Dopo di che, su Twitter, l'avvocato Timballo, il professor Campagnoli, l'economista Babordi, l'opinionista Cadonetti, avrebbero cominciato a trinciarceli con la solfa dell'"hai tradito! Gioco delle parti! Schiavi dei poteri forti!" e via coglioneggiando.

Capite bene che anche no!

Io me ne sono andato a fare due commissioni e poi a fare agenda in ufficio, e i colleghi sono andati dove gli è parso.

Ora siamo nell'ansia amletica di sapere quale dei due testi sarà stato votato! Dovremo bocciare il 712 De Luca o il 722 Marattin? Perché delle sfumature, delle differenze, fra i due testi, ci sono: ma solo nella pronuncia. E quindi anche la bocciatura dovrà tenerne conto...

Quale sia la linea credo che chi non è cretino lo abbia capito:



e come insigne cortesia vi chiedo, nel caso incontriate un cretino, di fare in modo che la sua cretinaggine resti un suo problema e non diventi un problema sistemico. Semplicemente passate oltre con rispetto e cortesia, ma anche con silenzio. Non avvicinate mai simili escrementi alle mie narici: ve l'ho sempre chiesto, e sapete anche che la vita politica ha dolorosamente messo, e ogni giorno dolorosamente mette, alla prova questa mia sensibilità.

Non sapremo se bocceremo il testo in napoletano o quello in ferrarese (diciamo così). Ma questa sarà la fine, per quanto mi riguarda. Il dibattito sul MES, volendo rifarlo (visto che è già stato fatto) sarebbe una cosa seria: ma non ha ovviamente alcun senso condurlo così, e condurlo ora.

Punto.

E ora, siccome più chiaro di così non posso essere, ma non sono mai abbastanza chiaro, si aprano le gabbie!


(...sì, quello che volevo dire è che quelli che "Gnegnegnè Bagnai non ha votato contro!" sono dei gpdm: suggerisco di non andargli dietro: toglierseli da sotto le scarpe non è un'operazione piacevole. Poi, fate voi...)

(...ovviamente lo avete capito: la prossima mossa in questa scaltra strategia della sinistra sarà quella di portare in aula la ratifica del Trattato di Campoformio per farci litigare con Zaia e Fedriga. Loro, i sinistri, sono fuuuuuuuuuuuuuuuuuurbi! E qualche volta, purtroppo, anche voi. Non vi chiedo un'adesione fideistica, non pretendo immunità dal diritto di critica. Ma un minimo di rispetto per quanto ho fatto finora e per quanto sto facendo, quello magari sì. Non aspettatevi altro che reciprocità, ma se poi non ce la fate a sostenerla, non piagnucolate...)

L’espace d’un mâtin

 (…il titolo è una citazione, ma nessuno di voi sarà in grado di individuarla, dato che Google coi segni diacritici è poco a suo agio…)


++ Mes: Salvini, 'decidera il Parlamento' ++


++ Mes: Salvini, 'decidera il Parlamento' ++ Da Mef risposta tecnica. Sintonia con Giorgetti (ANSA) - ROMA, 22 GIU - "Sul Mes decide il Parlamento. Se arriverà la discussione in Parlamento, lì si voterà. Quella del ministero dell'Economia è un'opinione tecnica. Tecnicamente uno può fare i conti per quello che è il bilancio pubblico poi politicamente tutto il centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è uno strumento utile per il paese". Così il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini a margine dei cantieri della metro C a Roma. "Ieri ero a pranzo con Giorgetti - ha detto ancora - Abbiamo parlato di questo è di tanto altro e siamo in perfetta sintonia". (ANSA). J5J-C

Poveri, piccoli pdm (pppdm)!

Ci avevano proprio sperato…

Ma è andata male!

Mi permetto solo di sottolineare una lieve incongruenza. Non sembra strano anche a voi che proprio quelli che si atteggiano a baluardi duri e puri e inscalfibili contro l’U€, a strenui, incorrotti e irriducibili combattenti del piddume, poi ragionino esattimissimamente come il piddume? Perché esattamente come la tattica (che non è strategia, perché strategia non c’è) del piddume è augurarsi che il Paese vada in vacca, che il Governo fallisca, nella speranza che questo fallimento riapra alla sinistra degli spazi elettorali, la tattica dei pppdm è augurarsi che noi falliamo nella nostra difesa del Paese, che siamo costretti a ingoiare il rospo, nella speranza che questo riapra loro spazi di dibattito, dopo che il Dibattito li ha sputati dalla sua bocca…

Poveri, piccoli pdm (pppdm)!

Io me ne sto in aula, con l’aria condizionata, a votare contro le querimonie dell’opposizione, più tardi andrò in Commissione Esteri, a fare quello che mi avete mandato a fare. E loro restano fuori, sul marciapiede, calcinati dal solleone, nell’attesa che un acquazzone sciacqui via le loro oscene reliquie…

Poveri, piccoli pdm (pppdm)!

Loro parlano, parlano, parlano, ma non si rendono conto che il loro chiacchiericcio non dice nulla di fatti che non hanno gli strumenti per valutare, e ci dice tutto di persone che hanno l’imprudenza di sopravvalutare: loro stessi. Quanto disagio, quanta frustrazione, quanta miseria umana! A questa miseria umana, a questo coacervo di sentimenti autodistruttivi vorremmo pietosamente sovvenire, ma il nostro percorso professionale non ci ha fatto psichiatri, e nella guerra che combattiamo non siamo stati arruolati come crocerossine.

Spiace: ai pppdm dovrà pensare qualcun altro.

Giove Pluvio, appunto…

martedì 20 giugno 2023

L'irresponsabilità della Banca centrale

All’inizio di giugno 2022 il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento al sistema bancario, quello praticato dalla Bce alle banche che le chiedono liquidità, era ancora pari allo 0%. Un anno dopo, con effetto da domani, a seguito di una raffica di aumenti senza precedenti, lo stesso tasso raggiungerà il 4% (i dati dell'inflazione sono qui e quelli dei tassi di interesse qui).

I risultati non si sono fatti attendere:


(i dati del Pil vengono da qui e i tassi di interesse sono espressi come media trimestrale).

L’Eurozona ha prima visto dimezzare la sua crescita dallo 0,8% della primavera 2022 allo 0,4% dell’estate, poi dall’autunno è entrata in recessione (quella recessione che i media pudicamente qualificano di "tecnica", quasi a sminuirne l'importanza), in controtendenza rispetto ai Paesi OCSE non europei, dove la crescita prosegue a tassi trimestrali attorno allo 0,6%.

Il capolavoro della Bce risalta meglio zoomando sugli ultimi trimestri:


Questo risultato fatalmente danneggerà un Paese come l’Italia, che grazie alla resilienza del proprio sistema produttivo ha finora stupito in positivo tutti i previsori internazionali. Ma è soprattutto un risultato di cui non si capiscono né la tempistica, né la logica. L’inflazione dell’Eurozona è aumentata di 9 punti dalla fine del 2020 al giugno del 2022. Perché la Bce non è intervenuta prima, in modo graduale, anziché applicare all’ultimo momento una terapia d’urto, per di più mentre l'inflazione stava rientrando? Forse perché non ha capito la natura del processo inflattivo in atto. I prezzi sono mossi dalle forze della domanda e dell’offerta, e in questo momento i commentatori più autorevoli vedono l’origine del processo inflattivo nei vincoli di offerta, nella mancanza di investimenti in ambiti come quello delle fonti di energia e delle infrastrutture. Ma la Bce, invece di creare un ambiente favorevole agli investimenti, mantenendo i tassi di interesse a un livello sostenibile per imprese e famiglie, ha deciso che l’unico rimedio contro una inflazione da offerta è strozzare la domanda, col rischio di creare condizioni di insolvenza per famiglie, imprese, istituzioni finanziarie. Il risultato sarà che domanda e offerta si incroceranno a un livello più basso: sarà cioè una recessione strutturale.

Sono loro a dirlo, seguiti dallo stormo dei pappagalli commentatori: bisogna raffreddare la domanda (un proposito insensato, quando in tutta evidenza il problema non è l'eccesso di spesa ma la carenza di alcuni beni: prima le fonti di energia, ora le materie prime necessarie per la transizione ecologica). Significa, in pratica, che l'unica soluzione che la Bce ha da offrirci per combattere l'inflazione è lasciar crescere la rata del mutuo delle famiglie, costringendole a spendere di meno, così che il negoziante non venda e pur di liberare gli scaffali abbassi i prezzi. In sintesi: affamare la famiglia e far fallire il negoziante. Lo stesso ragionamento vale per le imprese e la loro domanda di beni (che in macroeconomia si chiama "investimenti fissi lordi", cioè spese per formazione di capitale fisso: macchinari, capannoni industriali, mezzi di trasporto, ecc.).

In sintesi: l'induzione deliberata di una recessione è l'unico strumento di cui disponga la Bce.

Decenni di elaborazioni teoriche raffinatissime, ispirate a un altezzoso disprezzo delle teorie keynesiane, viste come semplicistiche e non al passo coi tempi, ci restituiscono come unico risultato la saggezza popolare dei keynesiani anni '50, quelli che dicevano che non puoi spingere un oggetto con una corda (per significare che con la corda della politica monetaria non puoi spingere la crescita, ma solo tirarla indietro, cioè, appunto, impiccare l'economia). Tanti studi, tanta spocchia, tante brillanti carriere accademiche costruite inanellando banalità col latinorum dell'analisi funzionale, per poi ritrovarsi nel momento del bisogno alla casella di partenza dell'elaborazione macroeconomica postbellica!

L'inflazione viene spesso paragonata alla febbre. Se un paziente ha la febbre, ucciderlo è un modo efficace per riportare la sua temperatura sotto controllo, e l'impiccagione è una delle possibili strade. Chi usasse questo metodo però non vorrebbe considerato un medico, ma un assassino (indipendentemente dalla sua laurea). Se la Bce non sa proporre altri antipiretici, occorrerà necessariamente aprire un dibattito sul suo ruolo. Un'istituzione che imposta le proprie politiche su previsioni la cui comica fragilità e fallacia hanno meritato una menzione di disonore negli annali della statistica:


un'istituzione sistematicamente incapace di raggiungere e mantenere quell'obiettivo di inflazione al 2% che non i Trattati, ma lei stessa si è data (manifestando così uno spettacolare quanto inquietante difetto di prudenza e lungimiranza), sarà chiamata, se non dai cittadini e dai loro rappresentanti, dalla Storia, a fare un passo indietro. Per quel poco che valgono le correlazioni, e avendo sempre riguardo alla loro natura meramente descrittiva, è interessante notare che la correlazione fra tasso di inflazione e tasso di interesse nel primo grafico è positiva e significativa (a 0,46), mentre quella fra tasso di inflazione e tasso di crescita nel secondo grafico è negativa (a -0,10), ma sale a un simmetrico -0,46 se si elimina il vistoso evento anomalo determinato dalla pandemia (che ovviamente inquina la stima del coefficiente).

Paperoga Bce funziona quindi solo a metà come i libri di testo dicono che dovrebbe funzionale: se da un lato i suoi aumenti del tasso di interesse mandano l'economia in recessione (in pieno accordo con la teoria economica standard), dall'altro non frenano, ma accompagnano, l'inflazione (in totale disaccordo con la teoria economica standard). Abbiamo a che fare con un problema culturale (la fallacia della teoria tautologica secondo cui l'inflazione "è un fenomeno monetario") che diventa un problema politico di prima grandezza.

Errare è umano, perseverare è Lagarde: indipendenza non può voler dire irresponsabilità, una moderna democrazia semplicemente non può permettersi una simile gigantesca mancanza di accountability. Quello che oggi diciamo solo noi qui inascoltati diventerà presto una richiesta corale: un'istituzione che si pone al di sopra di tutte le leggi, tranne quella di Murphy, è una minaccia seria e attuale alla stabilità economica e sociale del nostro lembo di terra emersa.

lunedì 19 giugno 2023

Volare via…

 


(…ci sono momenti in cui vorrei poterlo fare, come ognuno di noi. Questo è uno di quelli. Sorridiamo…)

sabato 17 giugno 2023

La Brexit, i cretini, e il governo delle aspettative

 (...giornata di sopralluoghi: a Montesilvano per il #goofy12 [nella nuova sede!], a Chieti per il mio ufficio [ho promesso di aprirlo e mantengo la promessa], a Chieti Scalo per i mobili dell'ufficio. Ora la giornata volge al termine. Di fronte al caminetto, in beata solitudo, posso mantenere una promessa: dopo avervi parlato qui dei ppdm, vi intrattengo un po' sui gpdm, a cominciare dall'OCSE...)

Come ci ha detto Roger Bootle al #goofy10, parafrasando Zhou Enlai, è un po' presto per giudicare se la Brexit sia stata un successo o meno.

A una cosa però la Brexit è senz'altro servita, e non è una cosa trascurabile: è uno strumento pressoché infallibile per l'individuazione dei cretini. Quelli che "gnegnegnè la Brexit!", nelle loro varie declinazioni, si autocertificano come cretini non tanto perché un giudizio compiuto su certi processi storici richiederebbe un minimo di prospettiva, ed è quindi da sciocchi superficiali tranciare giudizi con l'accetta, per lo più appoggiandosi a dati che non si hanno le minime basi culturali per valutare, e che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno statisticamente consolidati, quanto soprattutto perché dimostrano di essere del tutto inermi rispetto al "governo delle aspettative" da parte degli organi di "governans" sovranazionale. Insomma, per dirlo con parole che forse anche loro potrebbero capire: perché abboccano, da autentici babbei, ai fattoidi che i vari Fmi, OCSE, G7, G20, Commissione Europea ecc., diffondono, al preciso scopo di convincere i babbei (e i mercati, cioè i babbei cui affidiamo i nostri soldi) che indicibili sciagure attendono chi osi abbandonare il solco tracciato dai sinedri sovranazionali.

Che organismi come l'OCSE costruiscano una rappresentazione del mondo tendenziosa, orientata a sostenere tesi politiche ben precise, a costo di alterare i dati, lo abbiamo visto bene in un caso che molti di voi ricorderanno: quello delle statistiche sulla flessibilità del mercato del lavoro. Chi non se lo ricorda o non c'era fa bene ad andarselo a guardare, ma comunque riassumo brevemente il succo della questione.

Quando il ritornello era (esattamente come oggi, del resto) che l'Italia doveva "fare le riforme", l'OCSE portava a sostegno di questa petizione di principio le sue statistiche sulla protezione dei lavoratori, cioè, in altri termini, sulla rigidità del mercato del lavoro (dipendente protetto = mercato rigido). Da queste statistiche risultava, come ricorderete, che in Italia il mercato del lavoro era troppo rigido, in particolare più rigido di quello tedesco, e quindi doveva essere ulteriormente riformato, come richiesto dalla lettera di Draghi a Berlusconi. Fatto sta che dopo che gli interventi del PD (le varie riforme Fornero e Giovannini, il jobs act) ebbero reso il mercato del lavoro italiano così flessibile che nelle statistiche avremmo battuto la Germania per flessibilità, togliendo vigore alla canzoncina del "fare le riforme", l'OCSE semplicemente smise di pubblicare i dati che le avrebbero dato torto smentendo la sua ansia riformatrice! Se si fosse visto che l'Italia aveva fatto più riforme della Germania, si sarebbe dovuto smettere di chiedere riforme all'Italia (o magari cominciare a chiederne alla Germania): una cosa inammissibile per la governans sovranazionale, secondo cui chi si deve riformare è sempre e solo l'Italia. Nel corso di lunghi anni, ogni volta che incontravo un funzionario dell'OCSE, che fosse un amico o un estraneo, facevo in modo scherzoso o ingenuo questa domanda: "Ma come mai non pubblicate più le vostre statistiche così utili sulla protezione del lavoratori?" La risposta degli amici era un sorriso ironico, quella degli estranei un costernato imbarazzo: loro, sia gli amici che i nemici, lo sapevano perché non stavano pubblicando quei dati! Semplicemente perché avrebbero sconfessato il messaggio politico che i padroni del vapore volevano che venisse (e tuttora vogliono che venga) dato: quello della necessità ontologica del nostro Paese di riformare se stesso, in un perenne conato di adeguamento alla struttura dei migliori (cioè di quelli che ora sono col culo per terra in recessione, per capirci). A riprova, come vi feci vedere a suo tempo, è il fatto che le statistiche riapparvero quando, dopo aver un pochino taroccato i dati con la scusa di renderli più aderenti alla realtà (cioè alla loro ideologia), e dopo che il decreto Dignità aveva reintrodotto delle rigidità nel mercato del lavoro italiano, si poteva nuovamente sostenere che l'Italia doveva fare le riforme perché aveva un mercato del lavoro più rigido di quello della Germania!

Capito?

Facile impostare una governans così! O i dati ti danno ragione, oppure li tarocchi, o al limite smetti di pubblicarli finché, per qualche accidente della storia, non tornano a darti ragione! All'OCSE piace vincere facile, peraltro coi soldi nostri (e con redditi esentasse, come credo sappiate)!

Chi si fida del discorso di truffatori di questa risma non ne esce benissimo in termini intellettuali. Tuttavia, va anche detto che per svelare una truffa di questa natura occorre un minimo di perizia tecnica. Non è un caso che sia sfuggita praticamente a tutti i commentatori. Non si pretende quindi che i babbei diventino diffidenti per avere appreso una lezione che sicuramente non sono in grado di capire! Nel caso della Brexit, però, non occorre addentrarsi in sofisticati indicatori: basta sapere (o almeno far finta di sapere!) che cosa sia il Pil, e avere un minimo sindacale di memoria (o di capacità di navigare sul web). Chi si fa prendere in giro, quindi, è proprio un cretino, e solo un cretino.

Passo a dimostrarvi quello che intendo, dati alla mano.

Il referendum sulla Brexit ebbe luogo a giugno 2016. Tutti ricordano l'epica maratona in cui Claudio Borghi tenne fieramente testa a un "mitraglietta" che da strafottente trascolorò in depresso. Eh, no, non era andata come volevano loro (cioè, direbbe Luciano, Essi). Ma la rappresaglia non tardò ad attendere. Basta confrontare lo scenario previsionale che il Fmi aveva emesso ad aprile (prima della Brexit), con quello che emise a ottobre (dopo la Brexit):


Lo scenario costruito post-Brexit, ovviamente, era a tinte fosche: secondo il Fmi, il Pil a partire dal 2017 sarebbe stato sistematicamente inferiore a quello che ci si attendeva ragionevolmente nello scenario pre-Brexit, con un divario crescente dall'1.2% nel 2017 al 2.5% nel 2021. I traditori sarebbero stati puniti! La Strafexpedition dei mercati avrebbe scongiurato eventuali tentativi di emulazione, chiarendo che extra Europam nulla salus. Del resto, questo è quello che all'epoca diceva Lascienza, cioè che nel lungo periodo ci sarebbe stato un calo del Pil, rispetto al sentiero tendenziale, in un range dal -1% al -25%.

A quel tempo si poteva chiacchierare quanto si voleva (mi ricordo uno spassosissimo seminario a Villa Mondragone, dove tutto il Santo Sinedrio di Tor Vergata si stracciava le vesti, con qualificatissimi ospiti indernescional, e io mi aggiravo sornione, nascondendo i miei sentimenti sotto una plumbea cappa di indifferenza)...

Ora però, sette anni dopo, i dati ci sono. E com'è andata? Così:


Dal 2017 al 2019, per tre lunghi anni, i dati storici si sono allineati pressoché esattamente allo scenario "alto", quello costruito nell'aprile 2016, cioè prima della Brexit. Lo scenario "basso", quello punitivo, quello diffuso dopo la Brexit perché i gonzi potessero ululare, come effettivamente hanno ululato, "la Brexit sarà un disastroooooo...." si è quindi rivelato totalmente farlocco: uno strumento di governo delle aspettative (dei gonzi), un esercizio di retorica politica, una pessima prova di capacità econometrica.

Poi è arrivato il COVID a ricordarci che...

Ma questo giochetto di deprimere le previsioni del Regno Unito per alimentare il coro dei gonzi non lo ha mica fatto solo il Fmi!

Magari!

In questo blog che non c'è (anche se ultimamente qualche giornalista s'è accorto della sua esistenza) abbiamo spesso evidenziato la simpatica distorsione positiva, l'ottimismo della volontà, che anima le previsioni macroeconomiche dei padroni del vapore. Qui un esempio:


discusso in dettaglio in questo post.

Può essere interessante quindi andare a vedere le previsioni a due anni che l'OCSE pubblica e mantiene regolarmente sul suo sito. Se tanto mi dà tanto, così come quelle dell'Italia sono sbagliate per eccesso, perché promettevano, a un Paese che si era piegato, una crescita che non arrivava mai, quelle per il Regno Unito saranno sbagliate per difetto, perché minacciavano a un Paese che non si era piegato una recessione che non arrivava mai!

E infatti:


Le previsioni per il Regno Unito sono sistematicamente distorte al ribasso, con due sole eccezioni: quella fatta a metà 2019 per il 2020 (e grazie!), e quella fatta a metà 2021 per il 2022. Insomma: Britannia delenda est. Ma l'unica cosa che esce distrutta da questo accanimento è la repiutescion degli economisti dell'OCSE (e dei loro lauti stipendi esentasse: perché qui Grillo ferit Grillo pereat!). A riprova, vi fornisco lo stesso esercizio fatto con la Germania:


Ed ecco che, (un)surprisingly enough, le previsioni sono per lo più distorte verso l'alto, con l'unica significativa eccezione della previsione fatta a metà 2020 (in pieno panico) del tonfo che si sarebbe fatto nel 2020. In quel caso la previsione è distorta verso il basso, causa panico, appunto, situandosi attorno al -8% a fronte di uno storico che è stato poco meno del -4%. In tutti gli altri casi le previsioni sono ridicolmente ottimistiche, a partire da quella fatta lo scorso anno per l'anno in corso, con una crescita vicina al 2% quando ora si ritiene che il risultato annuale sarà zero se va bene, data la recessione in cui la Germania è prevedibilmente caduta (e quando questa previsione ridicola è stata fatta tutti gli elementi che ci portavano a dubitare della solidità della crescita tedesca erano già lì: la crisi  delle materie prime, quella energetica, e la guerra - mancava solo il suicidio dei gasdotti, che sarebbe arrivato a settembre).

Diciamo che per essere dei peracottari sono pagati bene, troppo bene. Oppure, ed è questa la cosa su cui inviterei a riflettere (se questo blog esistesse) chi cretino non è, o magari lo è, ma non vuole sembrarlo, il lavoro di certi geni delle previsioni non è quello di fornire un quadro asettico degli scenari probabili, ma quello di "governare" le aspettative, di far credere che la realtà si stia conformando ai pregiudizi che si vogliono disseminare per sostenere una certa azione di governo.

Ecco: se le cose stessero così, avremmo a che fare con dei veri professionisti!

E ora, chi vuole ragionare, ragioni, e chi vuole ululare, ululi! Io il mio dovere l'ho fatto, e col vostro permesso ci dormo sopra!

venerdì 16 giugno 2023

Vittoria!

 


Circoscrizzione, nun te temo!

Perché alla fine è questione di metodo. Come dico sempre: nel lungo periodo saranno tutti morti! E a questo proposito domani parliamo di OCSE e FMI, perché se i ppdm sono un piccolo problema, i gpdm sono un grande problema…

(…all’edicola di Piazza Gerundio si respira un’aria di altri tempi. Pare di essere negli anni ‘80, quando la PA esisteva, e i certificati li faceva lei. Mi sono attardato in questa oasi di extratemporalità, ho comprato il caffè alla torrefazione, le caramelle per l’ufficio, e naturalmente il giornale, e l’ultimo libro di Mario Giordano, perché gli amici si aiutano con gesti concreti. Poi, tornato a casa, impregnato dalla sofisticata cultura aziendale del mio nuovo guru, con l’irrilevante aiuto dello sciacquino che deve solo scrivere ho redatto il programma del #goofy12, non per altro, ma perché avevo voglia di infliggere un click day a qualcuno…)

mercoledì 14 giugno 2023

Il certificato

(...oggi è una giornata non per tutti lieta, perché alcuni ricordano un uomo cui l'umanità non difettava. Allietiamola con un esempio di quel particolare derivato dell'umanità che è la romanità...)

(...scrivo oppresso da un rombo continuo e no, non è uno stormo di B52 - per fortuna - ma un unico tuono che mi arriva, senza soluzioni di continuità, dai Lucretili, interrotto solo dal fragore dei rovesci d'acqua, quando il secondo riesce a sovrastare il primo. Nel caso incontraste la siccità, salutatemela. Deve essere brutto avercela quasi fatta, veder baluginare di fronte a sé un futuro da superstar, e ritrovarsi in un niente fradicia e negletta, abbandonata dai titolisti e rinnegata dagli ecoscemi, per colpa di questi eventi "eccezionali", sulla cui eccezionalità ci intratterremo al #goofy12. Perché ci sarà un #goofy12 e cercheremo, questa volta, di avere più poltrone che... iscritti!...)

Per qualche motivo che vi dirò quando sarà il momento mi occorreva un certificato.

Dice: "Ma tu ce l'hai lo SPID?" Eh, sì, lo SPID ce l'avevo, ma siccome non lo usavo praticamente mai pare sia scaduto. Insomma: l'identità digitale sarà anche una cosa pratica, ma è un po' effimera. D'altra parte, se ci dicono che nulla sarà più come prima, e che gli eventi eccezionali, e che le alluvioni, ecc., una persona prudente non può che preferire l'analogico al digitale.

Ma, soprattutto, l'esperienza dell'ufficio pubblico, riavvicinandoti alla tua fragilità, alla tua kafkiana impotenza di fronte alle indecifrabili logiche delle burocrazia, fa nascere nuove solidarietà, spinge quel brandello di umanità che alberga in ognuno di noi, sbigottito nella contemplazione del non senso, a ritrovare il senso più autentico della condivisione, costretti dall'ansia della sopravvivenza a un comune nemico, spietato, inflessibile, e soprattutto imprevedibile. E poi, se ti piace "er popolo", ti deve piacere anche "la circoscrizzione": un seminario perenne di antropologia (criminale), un manuale di (anti)estetica e di (anti)architettura, un caso (umano) da studiare con passione per capire perché restiamo i migliori (perché sopravviviamo ai nostri uffici), e quanto potremmo ancora migliorare (radendo al suolo quegli stessi uffici)...

Però, per uscire da questa esperienza arricchiti e non defedati, bisogna prenderla con lo spirito giusto, che è questo: lasciarsi compenetrare (ho detto "compenetrare"!) da una granitica, irrevocabile certezza: quella che, per quanto ci si sforzi, dall'ufficio si uscirà a mani vuote, senza aver combinato nulla. Bisogna disporsi serenamente, cristianamente alla rinuncia, alla privazione, al rifiuto delle proprie pulsioni disordinate, come quella di avere, appunto, un certificato che ti spetta avere. Deponi la superbia, utente! Chi sei tu per giudicare del tuo diritto di avere un foglietto gualcito che attesti che tu sei tu, e non un altro? Nessuno! Quindi disponiti alla rinuncia al sé (cioè al te). Solo al termine di questo percorso ascetico, solo dopo aver attraversato il deserto di corridoi fuligginosi e di androni graveolenti, solcati da altri miserabili, inebetiti e assorti nella propria traiettoria, pochi, i più meritevoli, o forse i meno (chi può dirlo?), vedranno sbocciare, quando meno se lo aspettano, quando ormai si sono arresi, e proprio perché si sono arresi, l'agognato fiore cartaceo del certificato!

Io ovviamente ero in questa disposizione d'animo: sapevo che avrei trovato il certificato tanto quanto Livingstone le sorgenti del Nilo. Anzi, per non sbagliare, per acquisire la più tombale certezza di non riuscire a compicciare nulla di nulla, mi ero caricato di un fardello di ben due cose da non volere: un certificato, e una nuova carta d'identità (sì, l'orrendo chip satanista voluto dal WEF e da quello che i coatti chiamano "Sciuàb", ma anche di questo parliamo un'altra volta)! Fortemente risoluto a non ottenerle, e conseguentemente a non inquinare con l'ansia di un desiderio irrealizzabile il piacere di un'esperienza paranormale, imbocco l'androne affollato di varia postulanza, rivolgendomi col consueto sorriso e con la mia connaturata intrepidezza al più elusivo e potente abitante dell'antro: la portinaia.

"Buongiorno, io dovrei fare il certificato tale, e dovrei anche rinnovare la carta d'identità!"

Ben disposta, più che indispettita, dal mio ardire (il mondo è controintuitivo), la padrona di casa benignamente mi risponde: "Per i certificati deve prendere un appuntamento con noi telefonando a quel numero" (e indica un foglio di carta plasticato che un esile scotch assicurava malamente al vetro sbreccato di un malfermo infisso in alluminio) "oppure può andare all'edicola di Piazza Gerundio, mentre per la carta di identità deve andare al primo piano che i ragazzi di Roma facile le spiegano tutto!" Un po' perplesso sul perché mai dovessi prendere appuntamento per telefono, visto che ero lì, chiedo trasognato: "Ma posso chiamarvi da qua dentro o devo uscire?" E lei: "No, può farlo da dove vuole, ma qua dentro c'è poco campo!"

Ringrazio, e vado dai ragazzi di Roma facile, nome che è tutto un programma.

Arrivo al primo piano (che in realtà è il secondo, perché c'è un ammezzato, ma ai miei vigili sensi questo dettaglio non era sfuggito...), busso a Roma facile, e naturalmente non c'è nessuno. Ma io, che sono venuto sapendo che non avrei ottenuto niente, non mi spazientisco nel non trovare nessuno. Nessuno è esattamente la persona che ti serve quando sai che non devi volere niente! Il segreto, posso dirvelo, è tutto lì: è un po' come in un videogame: se non ti spazientisci, si sblocca il livello, altrimenti resti piantato. Mi giro con un bel sorriso, e il livello si sblocca: da una porta anonima esce una donna delle pulizie che mi indica dove sono i ragazzi di Roma facile: nell'altra porta con su scritto Roma facile, quella nascosta da un angolo dell'ettagono concavo in cui l'architetto aveva sublimato il suo ideale di armonia rinascimentale (o qualche atroce violenza sessuale patita in tenera età). Aggiro l'angolo, ribusso, e mi ritrovo in una stanza dove metà dell'età la mettevo io e l'altra era ripartita fra tre antropomorfi.

Mi rivolgo al viciniore, e gli dico: "Buongiorno! Io dovrei rinnovare la carta d'identità, scade a dicembre, penso di dover fare quella elettronica...". E lui: "Guardi, io da qui il primo appuntamento posso darglielo il 9 gennaio". E io: "Ma quindi se la mia carta scade a dicembre resterò un mese senza sapere chi sono?" E lui mi trascina nel gorgo di una narrazione scombinata: "No, lei può chiedere l'appuntamento online, ma deve andare sul sito del Comune a mezzanotte, perché due volte a settimana si rilasciano 40 appuntamenti, oggi avevo quelli per il 5 luglio, se invece vuole venire di mattina deve aspettare a prenotarsi subito dopo la mezzanotte del giovedì, perché gli appuntamenti del martedì sono per il pomeriggio..." (potrei aver dimenticato qualcosa: me lo guardavo affascinato, e gli avrei tanto voluto dire: "Amico, io i click day li faccio, non li subisco!", ma mi piaceva ascoltarlo e pensare a quante domande ovvie avrei potuto porgli...).

Senza averci capito un gran che (me lo farò spiegare da qualcuno al Minint), prendo un foglietto di carta che riassume questa storia e esco, perché, come forse ricorderete, avevo un appuntamento telefonico. Discendo in disordine e senza speranza (che non avevo mai avuto) le scale scalene che avevo risalito con l'orgogliosa sicurezza che non sarebbe servito a un cazzo (e infatti...), varco la soglia, e appena fuori telefono al numero. Mi risponde una signora, cui chiedo: "Buongiorno, sono qui da voi e vorrei prenotarmi per avere il certificato tale...". Risposta: "Guardi, io qui il primo appuntamento posso darglielo il 10 luglio". E io: "Ma a me servirebbe un po' prima!" E lei: "Beh, allora deve andare a Via Dai Piedi 35 la mattina presto e prendere il numeretto!" E io: "Ma perché, da voi il numeretto non si può prendere?" E lei: "No, da noi no!"

Il cielo cominciava a incupirsi, a brontolare, quindi mi avviavo verso il parcheggio pensando a quante possibilità mi si aprivano, in quello che una volta sarebbe stato lo one-stop shop del Comune, e che oggi è l'hub di un groviglio di deliranti alternative: prendere appuntamento in situ per avere la carta d'identità troppo tardi, oppure partecipare a notte fonda a una specie di asta del pesce online per prendere un appuntamento in cui forse ti spiegano come andare avanti, e per il certificato, anche qui, o averlo in ritardo, o alzarsi in questo caso (per simmetria) ante lucem per andare a Via Dai Piedi e aspettare in piedi con altri reietti...

Metto in moto, parto, poi, al primo incrocio, provvidenzialmente un autobus incastrato fra due macchine parcheggiate in doppia fila mi obbliga a cercare un'alternativa: la trovo meccanicamente, mentre soppeso fra me e me le possibilità che mi sono state offerte, quando trasalisco: ma... ma... ma... sono a Piazza Gerundio, quella presso la cui edicola si possono fare i certificati! Quindi, forse, ce l'ho fatta!

L'edicola c'è, il parcheggio pure, quindi è matematico che il certificato non ci sarà (nei giochi c'è tanta matematica: pensate agli scacchi, ma anche al tresette...). Posto quindi che non ci sarà, sarebbe sciocco dubitarne, mi interessa però sapere come non ci sarà: la soluzione, vedrete, è di una intuitività quasi offensiva: ci sarei potuto arrivare subito. Scendo dalla macchina, mi avvicino circospetto, l'edicola sembra deserta, e qui mi sovviene il primo modo in cui avrei potuto mancare di ottenere l'agognato papiro: forse l'edicolante è stato rapito dagli alieni?... No: al mio buongiorno qualcosa emerge dalla penombra, e io: "Vengo da lì..." e lei: "E le hanno detto che qui si fanno i certificati!" E io: "Sì. Ma li fate?" E lei: "Che je serve?" E io: "Questo!" E lei: "Sì, questo lo facciamo!" E io: "Ma io devo darle qualcosa, la carta d'identità, un documento..." E lei: "No, no, io nun vojo sapè ggnente, nun devo vedé ggnente, mica sò l'ufficiale dello stato civile". E io: "Beh, sì, questo l'ho capito. E quanto costa?" E lei: "Un euro e cinquanta". E io: "Va bene, allora se possiamo procedere...". E lei: "Certo!"

Ma...

Da dietro a una catasta di riviste interviene il marito: "Guarda che nun lo pòi fa, perché oggi er sito der Comune è in manutenzione!" E io: "Lo davo per scontato. Ma quanto dura la manutenzione?" E lei: "Ma, dipende: qualche volta poche ore, qualche volta mesi...".

(...d'altra parte, in un Comune retto da un incompetente, come volete che funzionino le cose? Ah, se Claudio riuscisse a portarlo in Tribunale...)