(scusate, faccio un passo indietro per rispondere a una domanda sulla crescita della Germania. Sapete, noi fiorentini siamo così. Vi ricordate Dante: “io ch’era d’ubbidir desideroso non gliel celai, ma tutto glielo apersi”. Ecco, uno mi ha fatto una domandina, e io ora glielo apro. Enjoy responsibly!).
Quando si parla di contributi alla crescita tedesca, forse, prima di chiedersi “contributi da parte di chi”, bisognerebbe chiedersi: “quale crescita tedesca”? Perché il primo dato, da non dimenticare, è che la crescita della Germania è stata piuttosto deludente, soprattutto negli ultimi anni. Negli ultimi 30 anni la Germania è cresciuta in media 0.3 punti in meno della media degli altri paesi dell’eurozona, e 1.2 punti in meno della media mondiale. La situazione si è aggravata nell’ultimo ventennio, cioè, in pratica, dall’ultimo “riallineamento” importante dei cambi all’interno del Sistema Monetario Europeo (SME): in questo periodo la Germania è cresciuta mezzo punto in meno degli altri paesi euro, e 1.5 punti in meno della media mondiale.
Questi i numeri del “miracolo” tedesco.
Se il capitale avesse più equamente remunerato il lavoro, la Germania si sarebbe avviata su un processo di crescita sostenuto dalla domanda interna, diventando la locomotiva d’Europa. Avrebbe cioè seguito un percorso naturale e virtuoso, quello che sta seguendo oggi la Cina. Questo non è successo, per una scelta di politica economica deliberata (quella di aggredire commercialmente le economie periferiche per poi appropriarsene, come tutti possono vedere nel caso della Grecia), ma non voglio parlarvi di questo oggi. Voglio parlarvi dell’antispam di Google.
Anche le macchine hanno un’anima
Mi sono accorto che l’antispam di Google, pietoso, magnanimo, mi filtra tutti e soli i messaggi di quei pochi, pochissimi lettori che fanno domande delle quali non possono capire la risposta. Questi lettori hanno alcune caratteristiche: sono tutti rigorosamente anonimi, sono tutti sterilmente polemici, mi accusano tutti di truccare i dati, e nessuno sa nulla l’economia. A dire il vero, credo di averne uno solo di lettori così: il solito. E cosa mi trovo infatti nella cartella dell’antispam?
"Qualcuno ora dice (si legga interventi e commenti precedenti) che la Germania è stata brava perché facendo moderazione salariale è stata in grado di competere con la Cina". Come rigirarsi quanto detto - nonostante sia sotto gli occhi di tutti - per arrampicarsi sul solito specchio.
Le esportazioni nette dell'eurozona sono diminuite, quelle della Germania no, nemmeno verso il "resto del mondo", che non è solo la Cina. Ma lei conferma di vedere solo la Cina. Caro Bagnai, se non le piacciono i miei grafici, cerchi almeno di essere coerente con i suoi! E non nasconda la verità sotto un fiume di parole. Risponda a due semplici domande: E' VERO O NO CHE LA GERMANIA E' IN SURPLUS ANCHE VERSO IL RESTO DEL MONDO? E' VERO O NO CHE SENZA LA GERMANIA L'EUROZONA NEL SUO COMPLESSO SAREBBE IN DISAVANZO VERSO IL RESTO DEL MONDO? Lucrezia (si fa per dire) PS: Per il Sig. Istwine. Il mio ragionamento è molto semplice. Se si vedono solo l'eurozona e la Cina, sembra che la Germania sarebbe in deficit se non vantasse un surplus in Europa. I dati raccontano una storia diversa: la Germania è in surplus verso il resto dell'eurozona ma anche verso il resto del mondo. La Germania è riuscita in quello in cui altri hanno fallito. È meglio piagnucolare perché l'orso tedesco è cattivo, oppure ragionare sui propri errori? È meglio tramare vendette contro il perfido crucco (moderno sostituto della perfida Albione) o rendersi finalmente conto che la competizione è globale?
Google perdona, io no.
Mi sono fatto un sacco di risate pensando a questo perdente che si macerava nel suo ottuso livore: “hai visto, però, gliele ho cantate a quel Bagnai, vedi, lui trucca i dati, ma quando arriva uno preparato come me, l’unica cosa che sa fare è censurarlo! Tutti uguali questi comunisti! E poi prendersela con una collega per un errore di distrazione, che meschinità...”.
Povero fesso!
Ellissoidi di rotazione
Questo giovanotto deve essere quello che nel commento a un post precedente sosteneva di voler preservare l’anonimato perché altrimenti avrei potuto insultarlo! Ma amico, è esattamente il contrario!
È proprio perché tu (non senza ragione, devo dire) ti vergogni di dirci chi sei che posso francamente dirti che sei un povero
ellissoide. Nel permettermi questa franchezza infatti non ledo la tua onorabilità, che è comunque, indipendentemente dalla tua scelta, l’onorabilità di nessuno. Eventualmente ledo l’onorabilità degli ellissoidi, che però, qualcosa mi lascia supporre, non verranno a lamentarsene. Sono, si sa, una maggioranza silenziosa. Che talora preferisce tacere, per non togliere il dubbio all’interlocutore. Tu, certo, sei una fulgida eccezione.
Vedi, tu termini accusandomi di essere un nostalgico dell’autarchia, e quindi un fascista (la perfida Albione...). Ma il vero fascista qui (e mi dispiace per i miei amici) sei tu. Perché tu continui a commettere, come è costume dei tuoi pari, quello squallido atto di teppismo, di squadrismo verbale che consiste nel mettere in bocca all’avversario cose che non ha detto. Con l’aggravante, nel tuo insulso caso, che lo fai concentrandoti su dettagli che non hanno nulla a che fare con il nocciolo del problema, dimostrando così un totale analfabetismo economico. E con l’ulteriore aggravante che i fascisti hanno tanti noti difetti, ma almeno amano e non calunniano la propria patria, cosa che tu sistematicamente e goffamente ti ostini a fare.
(Perdonami, Massimo. Tu mi trovi inasprito. Hai ragione. Ma vedi, se l’amico mi avesse detto che la mia mamma lavorava con la sua, sinceramente non me ne sarebbe fregato niente, e non perché so che non è vero, ma perché è irrilevante per il dibattito. Ma insinuare che sto truccando le carte è una cosa che mi infastidisce parecchio. Credo sia la cosa più offensiva che si possa dire a un uomo di scienza. Comunque... ora mi attacco sullo schermo la tua fotina con sotto scritto: “non correre, pensa a me...”).
La prima risposta
Rispondo quindi alla prima domanda: “E' VERO O NO CHE LA GERMANIA E' IN SURPLUS ANCHE VERSO IL RESTO DEL MONDO?” (rinuncio, per carità di patria, a spiegarti che e’ in italiano è un pronome, non un verbo). La risposta è ovviamente sì, ma vorrei proprio capire in quale parte del mio intervento lo negavo! Ho fatto un grafico e una tabella apposta per mostrare che la Germania è in surplus sia con l’eurozona sia con il resto del mondo! Lo vedi? Eccolo qui:
La seconda risposta
Veniamo ora alla seconda domanda. Una domanda che non mi ero mai posto, per il semplice motivo che non è pertinente, come poi spiegherò a chi può capirlo. Vediamo: “E' VERO O NO CHE SENZA LA GERMANIA L'EUROZONA NEL SUO COMPLESSO SAREBBE IN DISAVANZO VERSO IL RESTO DEL MONDO?” Non lo so, aspetta che guardo. Dunque: prendo i paesi dell’eurozona, calcolo il loro commercio extra-zona, aggrego, poi tolgo la Germania dal mucchio, riaggrego. To’, guarda! Hai ragione tu! In effetti se prendiamo il periodo 1995-2010 mi risulta che in media il saldo commerciale consolidato dell’eurozona (cioè escludendo il commercio intra-zona) sia stato 0.1% del Pil, mentre senza la Germania sarebbe stato -0.6% del Pil. Bravo, che occhio! Solo che
... ho due domande:
1) ho forse detto il contrario nel mio articolo? e, soprattutto:
Perché vedi, caro, tu proprio non ci arrivi, io non so come spiegartelo. Chissà, forse tu ricordi quando l’eurozona era a undici paesi, come una squadra di calcio, e per analogia ti sei abituato a tifare “eurozona”. Certo, la psicologia di molti “eurofili” è un po’ quella del tifoso d’ a ‘a maggica o d’a ‘a Lazzzzio: “avemo vinto noi!” (eventualmente, ha vinto chi ha giocato, ma questo rinuncio a spiegartelo).
La verità, amico caro, è che del risultato aggregato dell’eurozona a noi non ce ne torna, e quindi non ce ne frega, niente. La verità è che mentre tu ti fai le tue belle pugnette mentali su uno zero virgola (0.1, -0.6), i paesi che sono competitivi sulle proprie gambe hanno surplus di 4, 5, 10 punti di Pil. L’eurozona invece ha un surplus statisticamente indistinguibile da zero perché la Germania è competitiva sulle gambe nostre, e quindi tanto guadagna lei, tanto perde la periferia.
Tu ragioni (anzi, “ragioni”) come uno che rientra a casa dalla moglie e le dice: “che bello, cara, siamo più ricchi, perché il nostro vicino ha vinto 1000 euro al gratta e vinci!”. Credo che lei ti porrebbe la domanda numero 2 (riclicca sopra), e non senza ragione. Ma il tuo caso è ancora più disperato: perché il tuo vicino i 1000 euro te li ha sfilati dal portafogli sotto i tuoi occhi, e tu non te ne sei nemmeno accorto! Ma ciononostante torni a casa e racconti: “il vicino ha 1000 euro in più! Il nostro caseggiato è più ricco! Se lui non ci fosse, il caseggiato avrebbe 1000 euro in meno”. E invece, se lui non ci fosse, saresti tu ad avere 1000 euro in più.
E già questo fa capire che vacuo e patetico dilettante tu sia. Ma il vero problema (che tu non puoi capire) è che tutta questa discussione è comunque fondata sul nulla, per il semplice motivo che il dato nominale, sull’effettivo stimolo alla crescita, ci dice poco. Guarda, fai una cosa, smetti di leggere. Quello che segue non lo capiresti, non perdere tempo, mettiti davanti alla televisione, a cuccia, giù, c’è l’Infedele. Questa cosa la spiego a chi, oltre a un nome, ha almeno un neurone. Cioè tutti gli altri. Come vedi, sono di poche pretese.
Cos’è ‘sta storia del nominale?
Adesso ve la spiego.
Supponiamo che per produrre un tappeto un tedesco impieghi un giorno di lavoro (mi piace immaginare il tedesco levantino che tesse il suo tappeto, basta parlare di BMW, è pubblicità occulta!). Poi lo vende a 10 euro. Esportazioni tedesche: 1 tappeto per 10 euro, totale 10 euro. Supponiamo che i prezzi raddoppino. Esportazioni tedesche: 1 tappeto per 20 euro, totale 20 euro. Caspita, direbbe il nostro ellissoide di rotazione, le esportazioni tedesche sono raddoppiate, è per quello che in Germania non c’è disoccupazione! Ma veramente quello che il nostro uovo di quaglia non sa è che... è raddoppiato solo il valore delle esportazioni, non il volume! Non è stato prodotto il doppio dei tappeti, quindi l’occupazione è rimasta quella di prima. E non è stato nemmeno guadagnato un gran che di più, perché è vero che ora guadagno il doppio... ma siccome i prezzi sono raddoppiati, col doppio dei soldi compro gli stessi beni. Chiaro, no?
In generale, quando si parla di crescita si ragiona in termini reali, depurando le variabili dall’inflazione, e quindi per ragionare sui contributi alla crescita bisogna considerare i dati in termini reali, cioè depurati dall’effetto dei prezzi, cioè divisi per un opportuno indice di prezzo, cosa che mi accingo a fare. Ma prima vi spiego un’altra cosa.
Scomponiamo la crescita
Abbiamo visto in un post precedente che:
Y+M = C + G + I + X
cioè: le risorse che un paese ha a disposizione per i propri consumi privati (C), consumi pubblici (G), investimenti (I) e esportazioni possono essere prodotte nel paese (Y) o importate (M). Siccome le importazioni si pagano (il problema è tutto lì), esse corrispondono a un reddito non per noi, ma per chi ce le vende. Quindi, quando definiamo il reddito nazionale, le sottraiamo:
Y = C + G + I + X – M
Ora: già da qui si capisce che se le esportazioni aggiungono qualcosa alla crescita del reddito, Y, le importazioni in effetti sottraggono. Bisogna ragionare sul netto.
Come si fa?
Uno dei modi, il più semplice, è quello di calcolare il contributo alla somma Y di ogni suo addendo (C, G, I, X), sottraendo (ovviamente) quello di M (perché ha un meno davanti). Ci siamo?
Ma come si fa a calcolare il contributo delle parti alla crescita del tutto?
Il principio è semplice, mi capiranno soprattutto le donne giovani e gli uomini di mezza età. Secondo voi, prendete più peso se il vostro giro vita aumenta del 5%, o se la circonferenza del vostro pollice aumenta del 10%? La risposta è ovvia: dato che il pollice conta per molto meno dello 0.1% del peso corporeo, mentre l’addome pesa parecchio, è chiaro che un aumento del 5% del girovita vi fa crescere molto (di peso), mentre un aumento del 10% del “giropollice” non riuscite nemmeno a misurarlo con la vostra bilancia. La morale della favola è che per calcolare il contributo delle parti alla crescita del tutto bisogna ponderare i tassi di crescita delle parti con le rispettive quote del totale. In altre parole: il tasso di crescita di una somma è uguale alla somma dei tassi di crescita degli addendi, ponderati con le rispettive quote del totale. Dio che mal di testa... Mi rendo conto. Guardate: è una rottura di palle. Ma mai quanto sentirsi dire da dei patetici incompetenti che la Germania è la nostra locomotiva, giusto? Per facilitare chi questa cosa non la sa (è un semplicissimo fatto matematico) ho messo un esempio in fondo: chi vuole può guardarselo subito, chi non vuole può non guardarselo mai. Ma il principio è semplice e intuitivo, e ve lo ripeto: un addendo contribuisce tanto di più alla crescita di una somma quanto più:
1) cresce in fretta (grande tasso di crescita), o:
2) rappresenta una parte importante del totale (grande quota del totale).
Le locomotive della Germania
Applicando questa logica è possibile calcolare il contributo del commercio intra ed extra-eurozona alla crescita tedesca. Come si fa? Semplice. Si prendono i dati in termini reali di prodotto, consumi, investimenti e commercio (questi ultimi divisi per zona). Avremo quindi:
Y = C + G + I + Xeuro + Xnoneuro – Meuro – Mnoneuro
e si applica il procedimento di cui sopra.
Io l’ho fatto per il periodo 1980-2010, cioè dall’anno dopo la creazione dello SME, all’ultimo anno per il quale avevo dati. I risultati? Eccoli qui:
Tassi e quote sono le medie su tutto il campione (1980-2010). Tutte le variabili sono espresse in punti percentuali (insomma: sono moltiplicate per 100, altrimenti le virgole impicciano). I contributi sono il prodotto dei tassi per le quote (es.: il contributo del consumo è 0.009=0.016´0.574). L’ultima riga, evidenziata e in grassetto, esprime gli stessi contributi come percentuale del totale, cioè della crescita del Pil, che è pari a 1.7 (come abbiamo visto anche sopra, e come risulta dalla colonna Totale).
Notate, ad esempio, che le esportazioni verso la zona euro, Xeuro, sono cresciute tre volte più velocemente dei consumi privati, C, rispettivamente al 5% e all’1.6% (nella prima riga della tabella). Tuttavia, siccome i consumi rappresentano una quota molto più importante della spesa rispetto alle esportazioni di zona (57.4% invece di 10.7%), il contributo dei consumi alla crescita è stato più alto di quello delle esportazioni: i consumi hanno contribuito per 0.016´0.574=0.009=0.9% (terza riga), e le esportazioni hanno contribuito per 0.05´0.10=0.005=0.5% (sempre nella terza riga). Il primo contributo, quello di C, rappresenta il 54.9% della crescita totale (ultima riga), mentre quello di Xeuro rappresenta solo il 31.8%. Vi ricordate l’esempio? In questo caso i consumi sono la pancia e le esportazioni il pollice.
Che ci dice l’ultima riga? Che nel periodo considerato hanno contribuito alla crescita tedesca, come già detto, i consumi delle famiglie per il 54.9% (0.9 su un totale di 1.7), quelli collettivi per il 16.1% (0.3 su un totale di 1.7), gli investimenti per il 16.8%, le esportazioni verso l’eurozona per il 31.8%, quelle all’esterno dell’eurozona per il 46.5% ECCOVEDICHESEIDISONESTOLOAVEVODETTOIOCHELAGERMANIACRESCEVADIPIÙPERMERITODELMERCATOEXTRAEURO... (cuccia, guardati Ballarò, ellissoide!), dicevo: mentre le importazioni dalla zona euro hanno sottratto il 23.4% e quelle extra-zona il 43.8%. Risultato: il contributo netto dell’eurozona è stato dell’8.44%, mentre quello dell’extra-zona di meno della metà: 3.69%. Perché? Ma perché, come vi ho detto, è vero che la Germania esporta di più verso l’extra-zona, ma siccome importa dall’extra-zona in misura quasi paritetica, i due effetti si compensano.
Eurea prima sata est aetas...
E nell’età dell’euro? Cambiano le cose? Eccome! Ecco qua:
Vedete? La Germania ora campa molto di più sul commercio che sui consumi privati (il che mi fa pensare – con buona pace di Savonarola – che i tedeschi potrebbero star meglio, se i loro governanti volessero). E campa molto di più sul commercio che sugli investimenti (che poi è la cosa che preoccupava l’amico tedesco linkato sopra, perché lui pensa che nel lungo periodo investire poco non sia una buona idea: chi vivrà vedrà). Ma il contributo dei consumi pubblici, guarda un po’, è aumentato (il che mi fa pensare che a differenza della virtù femminile, la virtù di bilancio sia qualcosa che i politici preferiscono trovare a casa altrui, piuttosto che a casa propria. Del resto sappiamo che prima di imporre agli altri il Fiscal Compact, la Germania aveva violato per prima il Patto di Stabilità...).
Sintesi: nell’età dell’euro il contributo dei consumi privati alla crescita in Germania è crollato di 23 punti arrivando al 31.1% (0.4 punti su un totale di 1.4), il contributo di quelli pubblici è leggermente aumentato (16.8%), quello degli investimenti si è più che dimezzato (7.5%). E il commercio, la locomotiva? Il contributo del commercio intra-zona, del commercio con i fratelli nell’euro, è triplicato dall’8.44% al 26.03%. E quello del commercio extra-zona? Sempre indietro, al 18.6%.
Direte: sta indietro ma ha avuto una progressione più importante (da 4 a 19, arrotondando, cioè quasi cinque volte di più, anziché da 8 a 26, cioè quasi tre volte di più). Risponderò: amici cari, ma l’eurozona ha una crescita mediamente asfittica (chissà perché) mentre gli emergenti corrono a tassi fra il 5% e il 10%! Quindi non è per nulla strano che il loro contributo alla crescita tedesca cresca. Eventualmente, è strano che continui a crescere quello dell’eurozona. O meglio: sarebbe strano... se non sapessimo a cosa è servito l’euro! Chiaro, no?
E naturalmente, avrete capito: se noi facciamo crescere la Germania, in effetti è difficile che lei faccia crescere noi: visto che le sue esportazioni (nette) sono le nostre importazioni (nette), a casa nostra quel contributo netto (Nxeuro) cambia segno. Ma questi numeri ce li vediamo un’altra volta.
P.s.: scomposizione della crescita di una somma (per i tecnici)
Supponiamo che z sia la somma di x e y. Il primo anno x = 4, y = 6, quindi z = 6+4=10. Poi x aumenta del 25%, da 4 a 5, e y aumenta del 100%, da 6 a 12. Di quanto aumenta z? Spero non diciate del 125%! No: il nuovo z è z = 5 + 12 = 17, quindi è aumentato solo del 70%.
Come si calcola il contributo di x e y alla crescita di z?
Nel primo periodo x è il 40% di z (4/10=0.4), mentre y è il 60% (6/10=0.6). I contributi di x e y alla crescita di z sono il prodotto dei rispettivi tassi di crescita per queste quote. Il contributo di x quindi è 0.25´0.4 = 0.1, e quello di y è 1´0.6=0.6. E infatti il tasso di crescita della somma (cioè di z) è la somma di questi contributi: 0.1+0.6=0.7.
Se poi vogliamo, possiamo standardizzare il tutto notando che 0.1 è il 14% di 0.7, mentre 0.6 è l’86%. Quindi fatta 100 la crescita del totale, x contribuisce per 14 e y per 86.
Non s'incazzi prof. che le fa male alla salute!!!
RispondiEliminaTanto "Er sordo che nun sente a prima voce, se vede che er discorso nun je piace"
Tranquillo! E ti dirò: sono sempre grato a chi viene qui a romperci gli ellissoidi con le sue lezioncine sbagliate, perché ci fornisce l'occasione di ribadire e precisare dei concetti che è meglio non dimenticare mai!
EliminaI dati parlano chiaro, come è noto che fin da prima dell'euro, voci importanti avevano messo in guardia su quanto poi si è avverato. Sono convinto che non tutti i nostri politici sono ellissoidi. Rimane da rispondere alla domanda: perché dei non ellissoidi si sono impegolati in una avventura irta di pericoli noti? In che speravano? Quale era il loro progetto? Forse la domanda principale è, cui prodest?
RispondiEliminaCarissimo, me la sono posta anch'io, ma con la "P" maiuscola, e mi sono dato la risposta che trovo nei libri di testo che adotto all'università. Una sintesi la trovi nel mio articolo famigerato. Non so se lo avevi letto, ma forse no. Comunque, la mia risposta è sempre quella, un'altra per il momento non ne ho. Ma possiamo discuterla.
EliminaProfessore,
RispondiEliminaresista...tanto prima o poi capiranno che non serve a niente attaccarsi ai decimali per sostenere tesi che non stanno nè in cielo nè in terra...
Io da profano di economia pura (sono un ingegnere gestionale), non ho resistito la settimana scorsa alla voglia di fare un bignamino delle sue tesi, che sono perfette, chiarissime, comprensibili anche a occhio nudo da un non addetto ai lavori...
http://tempesta-perfetta.blogspot.com/2012/02/la-germania-non-e-mai-stata-la.html
Spero di non avere commesso troppe leggerezze formali, ma la logica rimane inattaccabile...consideri che parto pure svantaggiato perchè sono stato un ex-piddino (anche se con il PD mi sono incontrato per sbaglio e per sfuggita sul solito bivio fra il minore dei due mali...), ma oggi mi sento pentito, contrito e redento e posso guardare al futuro con rinnovata fiducia proprio perchè mi sono scrollato di dosso il peso di false ideologie...resista e continui con il suo lavoro di formazione e informazione, perchè la gente che ha voglia ed è in grado di capire come stanno le cose aumenta di giorno in giorno...
Grazie di tutto!!!
Piero
"Ita dico vobis: Gaudium fit coram angelis Dei super uno peccatore paenitentiam agente."
EliminaIl miracolo si è verificato! E, come promesso, da oggi non parlerò più male dei piddini (quasi mai).
Il tuo pezzo l'avevo letto e mi era sembrato fatto molto bene, con grande intelligenza didattica. Io non faccio sempre un grande sforzo per venire incontro al mio interlocutore. Me lo rimproverano, e fanno bene. Ma il mio lavoro non è cercare il consenso.
Grazie a te per l'incoraggiamento.
L'analisi nell'articolo famigerato è lucida e convincente. Per una scelta così scellerata (l'euro) non può che esserci una ragione, economica o di potere, forte. Nascondendosi dietro il sogno umanistico dell'Europa dei popoli, ce stanno a fà la sola.
RispondiEliminaRibadisco che l'analisi non è interamente mia, ma in buona parte di Nicola Acocella (il vincolo esterno come strumento di "disciplina", ecc.). Non che voglia scaricarmi responsabilità. Solo, non voglio prendermi meriti altrui.
Eliminachi va piano va sano e va lontano, dove mi sa che te lo immagini
RispondiEliminaA Ballarò?
EliminaL'ellissoide è Oscar Giannino! Dopo aver esaltato Usa, Spagna e Irlanda ora è diventato il cantore delle magnifiche sorti e progressive della Germania (fossi un tedesco importerei qualche centinaio di cornetti da Napoli....).
RispondiEliminaQuanto ai calcoli "fantasiosi" dei teutonici sul pil (e agli atteggiamenti da Tafazzi che ormai caratterizzano gli italiani) rinvio all'articolo di Marco Fortis "C'è del doping nel pil di Germania e Francia?", Il Sole 24 Ore, 19 maggio 2010. Per l'autore c'è del doping nei calcoli tedeschi, non in quelli francesi.
Fuori tema il seguente link di un articolo di Giulio Sapelli. Ma quello che sta succedendo è una vergogna assoluta. Io penso che, a questo punto, anche gente che la politica l'ha vissuta come mero saltuario tema di confronto, o non l'ha vissuta proprio, debba seriamente pensare di attivarsi per contrastare la disastrosa deriva tardo liberista (alle vongole) che ci stanno imponendo il governo dei tecnici, i partiti che lo sostengono e, last but not least, il presidente napolitano.
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2012/2/21/J-ACCUSE-Sapelli-i-fan-del-mercato-distruggono-le-banche-anti-crisi-/246015/
Fuori ma troppo importante per non essere citato
Ma Giannino ha altro da fare! Comunque, fosse lui, mi dispiacerebbe averlo stropicciato così. Perché alla fine ho sempre pensato che lui, come certi miei colleghi, sappia benissimo perché siamo arrivati qui e come andrà a finere (come è SEMPRE andata a finire), ma che, da buon professionista, ispirandosi ai soldi che prende, abbia deciso di interpretare fino in fondo il suo personaggio. E di questi tempi, devo dire, stimo più chi intasca i 30 denari di chi non capisce una mazza. Quindi no, non è Giannino. Domine non sum dignus.
EliminaVa bene, poi il prof. mi riprende[1] ma si fa così, senza cattiveria...
RispondiEliminaE dunque.
<<Vi ricordate Dante: “io ch’era d’ubbidir desideroso non gliel celai, ma tutto glielo apersi”. Ecco, uno mi ha fatto una domandina, e io ora glielo apro>>
Caro anonimo "Lucrezia": era andata meglio a Damiens!
antonino
[1] Qui, a proposito della Reichlin
A prescindere dal fatto che qui stiamo eventualmente parlando di tradimento (al buon senso) e non di regicidio, ti segnalo che l'anonimo è di gomma (materia grigia compresa, va da sé), quindi l'applicazione di questi barbari e deprecabili metodi non avrebbe su di lui alcun effetto.
EliminaO visto che mi ha tirato in causa, pensando che io veramente non capissi cosa stesse dicendo. Anonimo Reichlin, lo capivo, era solo un modo diplomatico di dirti "fermati finché sei in tempo". non ce l'hai fatta, pazienza.
RispondiEliminaCaro Professore,
RispondiEliminale riporto una frase (che mi ha molto colpito) che lei ha scritto nell'Articolo Famigerato citato alla fine del post:
"Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%. Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani."
Come lei ben sa, da metà anni '80 fino alla svalutazione del 1992, con il progredire del deficit dei conti con l'estero, abbiamo avuto, purtroppo, bisogno di risparmio estero.
Dopo la svalutazione ci sono stati alcuni anni di surplus crescente della bilancia commerciale; una volta fissata la parità euro (dal 1998) questo surplus si è via via prosciugato ed è progressivamente diventato deficit: questo dicono i dati che lei cita e che Istat pubblica.
Sembrerebbe, leggendo le sue note e guardando i dati che il nostro paese non riesca a mantenere una competitività vs il resto del mondo (non solo i paesi in via di sviluppo, ma anche quelli sviluppati che hanno una struttura ed un costo dei fattori di produzione più vicini ai nostri, o detto in altri termini, livelli di salari lordi non così lontani dai nostri) se non tramite svalutazioni competitive.
E' così?
Grazie in anticipo per la su cortese risposta
Roberto Boschi
Roberto carissimo, i dati dicono anche altre cose. Mi danno un po' fastidio (ma non è colpa tua!) certi automatismi lessicali da "dizionario dei luoghi comuni" di Flaubert: svalutazioni? competitive! debito? pubblico! ecc. Ma, ripeto, non è colpa tua. Il mio però non è un fastidio puramente estetico, ma funzionale: questi automatismi non ci fanno capire cosa è successo.
EliminaLa tua domanda qui non è del tutto off topic, ma la risposta te la darò in un altro post, perché bisogna avere un quadro completo. Abbi paziemza, ci sto arrivando.
Ma intanto ti anticipo io una domanda, per farti vedere che ho studiato. Nel 1992, con un saldo delle partite correnti (indebitamento estero netto) al -2.6%, avevamo un debito estero (posizione netta sull'estero) al -8.6%. Nel 2007, con un simile indebitamento, avevamo in debito estero al -23% (quasi tre volte tanto). Lo sapevi? Che significa? Ne parliamo sotto al prossimo post.
Volevo segnalare questo articolo: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9920
RispondiEliminache riporta, pari pari, i discorsi che si fanno qui sul "traino" tedesco.
Noto che il primo commento è dell'utente Dana74...
Che come al solito non ha capito un cazzo e si ostina ad esaltarsi per un sistema che mantiene in stato di semi-indigenza un esercito di disoccupati nascosti, dandogli la mancetta, per disciplinare il mercato del lavoro. Nel resto del mondo questa politica non viene considerata molto lungimirante. E non parlo solo della Francia. Parlo anche della Germania. Ma Dana è granitica, e a noi piace ricordarla così, in attesa della mancetta. Come i giornalisti del Manifesto.
Eliminache ne pensi del sito mercato libero?
RispondiEliminaProfessor Bagnai,
RispondiEliminaprima di permettermi di aggiungere commenti al suo blog, ho rispettato le istruzioni per l'uso, leggendo i suoi post per un paio di silenziose settimane..
I temi che lei affronta mi intressano particolarmente, ed e' curioso che certe idee mi ronzassero confusamente in testa prima di approdare su questo blog, dove hanno trovato un po' di chiarezza.
Le volevo segnalare questo articolo, a proposito della nostra Locomotiva...e' in inglese, ma dobbiamo farcene una ragione no?
http://www.spiegel.de/international/business/german-labor-reforms-create-greater-gap-between-rich-and-poor-a-830972.html
Martino
Caro Prof Bagnai, potrebbe anche spiegare il caso oscuro della riunificazione tedesca, delle sue dinamiche economiche e del suo influsso geostrategico sull' europa successiva? ci sono legami tra la pianificazione della sua riunificazione coi soldi non si sa' di chi...e l'attuale crisi generale della visione europea? grazie
RispondiEliminaO.T.
RispondiEliminaCaro Prof. Alberto,
Si, la voce della tortora ritorna...questo, invece, sarà lavoro per foniatri e logopedisti.
(Alessandra da Firenze...io son solo una cantante che studia le relazioni tra noi e gli altri animali...certo che se si toglie l'audio vengono i bachi...anche se non si toglie però) .
Avevo letto tempo fa un interessante articolo su lavoce.info relativo alla teoria quantitativa della moneta di Hume, che sostanzialmente si riassume così: una nazione povera di materie prime come l'Italia, con la sua moneta sovrana, importa le materie prime, esporta denaro e quindi la sua moneta sovrana si svaluta per effetto della bilancia commerciale in passivo. La svalutazione però, essendo l'Italia un paese manufatturiero, foraggia le esportazioni rendendo i prodotti competitivi. La bilancia commerciale torna in attivo e la moneta si rivaluta.
RispondiEliminaIn questo modo, con queste oscillazioni, anche un paese senza risorse che non siano la propria intelligenza e il proprio lavoro, può tenere il passo.
Ma se la moneta è l'euro e anche esportando capitale non si svaluta, come ripartono le esportazioni? Come si riequilibra la bilancia commerciale?
Nessuno nota fra i grandi commentatori che la crisi è deflagrata quando il barile di petrolio aveva superato i 120 dollari (la soglia "psicologica dei 100" dicevano allora) con addirittura gente che scommetteva sui future a Natale di quel 2008 scambiando già il barile a 200. Altro che mutui subprime e derivati.
Salve professore, ho deciso di commentare questo post perché ho appreso che la DEUTSCHE BANK è in una situazione davvero critica. La banca punta a tagliare circa 23.000 posti di lavoro, cioè circa un quarto di tutto il suo personale. Inoltre, negli ultimi 3 anni ha dovuto pagare più di 9.000.000.000 di dollari per contenziosi legali. Ma ci sono altri guai. Se la Deutsche Bank dovesse fallire completamente, sarebbe un disastro finanziario peggiore di quello di Lehman Brothers. Sarebbe come abbattere letteralmente l’intero sistema finanziario europeo e provocare a livello globale un panico finanziario mai visto prima d’ora. Questo è quello che dice Michael Snyder: uno scrittore, oratore e attivista che dirige e scrive nel suo blog The American Dream e Economic Collapse. Lei ne sa qualcosa? Cosa ne pensa?
RispondiEliminaCarissimo, grazie per essere rimasto "in topic". La notizia sui licenziamenti è stata data da Reuters: http://mobile.reuters.com/article/idUSKCN0RE1GD20150914. Cosa ne penso? La risposta è nella tua domanda. Per farsi un'idea dei possibili scenari bisognerebbe capire perché sua stata lasciata fallire Lehman Brothers. Non so se a oggi esista una visione condivisa sull'argomento. Ho come il sospetto che gli USA non abbiano interesse ora a far scoppiare un bubbone simile, e quindi DB non credo fallirà a breve. Per curare l'insubordinazione dei tedeschi basta VW!
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