domenica 19 febbraio 2012

Premiata armeria Hellas: saldi di fine stagione (2° parte)

(che anno difficile...)

Riassunto della puntata precedente
Nella puntata precedente abbiamo visto che a ogni paese succede qualcosa di molto simile a quello che succede ai suoi abitanti: questi, se guadagnano abbastanza (o spendono abbastanza poco) da poter risparmiare, accumulano ricchezza; se invece per andare avanti devono chiedere soldi in prestito, accumulano debiti. Può sembrare banale, ma anche per un paese (che poi è la somma dei suoi abitanti) le cose vanno così: se genera abbastanza reddito e quindi abbastanza risparmio, può finanziare da solo le proprie spese e magari prestare soldi ad altri paesi, cioè all’estero; altrimenti, deve chiedere soldi ad altri paesi, cioè indebitarsi con l’estero. L’accreditamento(+)/indebitamento(-) estero netto di un paese si chiama saldo delle partite correnti, CA. Questo saldo può essere visto in tre modi complementari:

CA = YN – C – I = SN – I

(differenza fra reddito nazionale e spesa per consumi e investimenti, ovvero differenza fra risparmi e investimenti), oppure:

CA = X – M + RNE

(differenza fra i soldi che entrano per esportazioni di merci o remunerazione di fattori esportati, e soldi che escono per importazioni di merci o remunerazione di fattori importati), e in ogni caso si avrà:

CA = PNE – PNE-1

(l’accreditamento/indebitamento netto coincide con la variazione della posizione netta sull’estero; ricordiamo che se PNE<0 il paese ha un debito estero – netto – mentre se PNE>0 il paese è creditore estero – sempre al netto). Chi si fosse messo in ascolto in questo momento, può andarsi a vedere il post per capire come queste tre definizioni indichino in effetti la medesima variabile.

Nel caso della Grecia abbiamo notato che:

1)      CA è sempre negativo e peggiora bruscamente con due bruschi scalini: il primo fra 1998 e 2000 (quando un aumento degli investimenti innesca la spirale del debito estero, ponendo RNE su un trend negativo); il secondo fra 2004 e 2007, grazie a uno scivolone del risparmio.

2)      il fatto che la situazione greca fosse insostenibile era chiaramente iscritto nei dati fin dal 2000: lo indicava il livello eccezionalmente elevato di indebitamento estero, pari a circa il doppio di quello che la letteratura scientifica internazionale indica come premonitore immediato di una crisi debitoria (Manasse e Roubini, 2005).

Se poi, dopo i suoi begli exploit, non vi fidate della letteratura scientifica, forse avete ragione (io però di Manasse e Roubini mi fido). Vi fornisco allora due dati. Nel 2000 il saldo delle partite correnti greche era a -7.7 punti di Pil, esattamente come quello della Tailandia prima della crisi asiatica, e metà di quello argentino prima della crisi argentina. Possibile che chi prestava ignorasse la situazione? Forse. Ma l’art. 43 del Codice Penale ci ricorda che un delitto è colposo “quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia”. Direi che ci siamo. Quello contro la Grecia è un delitto colposo.

Ciò posto, rimaneva da vedere chi in Grecia si fosse indebitato con l’estero, ponendo le condizioni per l’esplosione della crisi, cioè chi non avesse risparmiato abbastanza, o, il che è lo stesso, speso troppo: i privati (famiglie e imprese) o il settore pubblico?



Lo Stato consuma
Sappiamo che il risparmio nazionale, SN, è il saldo fra il reddito nazionale, YN, e i consumi nazionali, C:

SN = YN – C

Ora, la contabilità nazionale considera due tipi di consumi. La lettera C indica quelli privati, cioè la spesa delle famiglie per beni di consumo. Ma anche al settore pubblico vengono attribuiti dei consumi, che sono indicati con la lettera G (da Governo). Il grosso di questi “consumi” in effetti è dato dal consumo da parte dei cittadini di servizi offerti dallo Stato: istruzione, sicurezza, sanità. Come si misurano questi consumi?

Per i beni e servizi privati normalmente c’è un prezzo di mercato: vuoi un chilo di mele? 2 euro. Vuoi assistenza legale in una causa? 20000 euro (meglio il chilo di mele). Ma qual è la “parcella” del vigile che controlla il traffico, o dell’insegnante, o della guardia medica? Il valore dei servizi erogati dai dipendenti pubblici non ha generalmente un prezzo di mercato (il “ticket”, per dire, o le “tasse universitarie”, non lo sono, e se non ci credete la prossima volta andate in una clinica privata o alla Bocconi...), e quindi non si può ricorrere ad esso per quantificare i servizi offerti.

E allora che si fa?

Semplice: la contabilità nazionale valuta i servizi pubblici consumati dai cittadini  in base alla remunerazione percepita da chi li eroga. I consumi collettivi coincidono in massima parte con le retribuzioni dei dipendenti pubblici, cui si aggiungono gli acquisti di beni di consumo veri e propri da parte dello Stato (la carta per le fotocopiatrici, o i blocchetti per le multe, o i gessetti per le lavagne, ecc.).

Il risparmio nazionale quindi in effetti andrebbe scritto così:

SN = YN – C – G

cioè: reddito nazionale, meno consumi privati C, meno consumi collettivi G.


Lo Stato risparmia
I servizi offerti ai cittadini vengono finanziati, in tutto o in parte, con imposte, che sono un’uscita per i cittadini (come sapete) e un’entrata per lo Stato. Chiamiamole T.

Posso fare un piccolissimo trucco aritmetico? Uno solo? Prendiamo l’espressione del risparmio nazionale:

SN = YN – T – C + T – G

Che ho fatto? Ho aggiunto e sottratto le imposte. Quindi il totale non è cambiato, perché ad esso ho aggiunto e sottratto lo stesso numero. Ma sono riuscito a esprimere il risparmio come somma di due parti:

1)      il risparmio privato, dato da quello che entra nelle famiglie (YN), meno quello che ne esce (T e C)

2)      quello pubblico, dato da quello che entra nel settore pubblico (T), meno quello che ne esce (G).

In altre parole:

SN = SP + SG

cioè: il risparmio Nazionale è la somma di quello Privato e di quello del Governo (cioè pubblico), dove:

SP = YN – T – C

cioè: il risparmio Privato si ottiene sottraendo ai redditi percepiti le imposte e i consumi delle famiglie, e

SG =  T – G

cioè: il risparmio pubblico (del Governo) si ottiene sottraendo alle entrate pubbliche le spese pubbliche. Insomma: il risparmio pubblico è il saldo del bilancio pubblico, e quindi, come immaginate, può essere positivo o negativo. Se lo Stato è in deficit, il suo risparmio è negativo, SG<0, ovvero, come amano dire gli omodossi, lo Stato “distrugge” risparmio. Loro dicono così. Che lo Stato col risparmio che “distrugge” magari stia “creando” qualcos’altro a loro non interessa. Affrontano un problema alla volta. E di solito non lo risolvono. Poveretti.



Mettiamo i pezzi insieme
Torniamo a noi. Riprendiamo l’equazione più importante. La ricordate?

CA = SN – I

Ora, siccome il risparmio nazionale è la somma di quello privato e di quello pubblico, possiamo anche scrivere questa equazione così:

CA = SP + SG – I

o anche così:

CA = SP – I + SG

Lo preferisco, perché in questo modo riusciamo a vedere che la capacità(+)/bisogno(-) di finanziamento del paese (non del suo settore pubblico, di tutto il paese) è uguale alla somma:

1)      della capacità(+)/bisogno(-) di finanziamento del settore privato, data da quanto risparmio privato resta dopo aver finanziato gli investimenti, SP - I,

2)      con la capacità(+)/bisogno(-) di finanziamento del settore pubblico, data dal saldo del bilancio pubblico, SG.

Ci siamo? Capite a cosa ci serve questa equazione? Diciamo che ci serve a capire in che misura l’accreditamento(+)/indebitamento(-) estero di un paese (CA) è determinato dalle risorse/necessità finanziarie private o pubbliche. Vi ricordo che CA è sempre quella variabile che secondo Manasse e Roubini (2005) è particolarmente utile per prevedere le crisi debitorie. E Roubini sapete chi è: credo che anche un piddino si fiderebbe, se gli diceste: “lo ha detto Roubini”.

Vogliamo fare un esempio coi numeri finti, prima di fare quello coi numeri veri? E dai, fàmolo... Ve lo faccio vedere in due forme: diagramma di flusso e tabella.




Dunque. Nel diagramma di flusso i riquadri rossi sono mercati (del lavoro, finanziari, e dei beni), i riquadri grigi sono settori (famiglie, imprese, settore pubblico, settore estero), le frecce grigie indicano trasferimenti finanziari, e quelle rosse i relativi trasferimenti di beni e di servizi, e stanno lì per ricordarci che non si dà niente per niente (caso mai non ve ne foste accorti)!

Comincia così: le famiglie offrono sul mercato dei fattori i loro servizi di lavoro e li conferiscono alle imprese, che realizzano una produzione di 100, che costituisce il reddito delle famiglie. Di questo 100, 5 va allo Stato (AAPP/BC significa Amministrazioni Pubbliche/Banca Centrale) sotto forma di imposte (T). Del rimanente 95 (il reddito disponibile), 75 viene speso sul mercato dei beni per acquisto di beni di consumo. Il risparmio privato quindi è 95-75 = 20 e se ne va verso il mercato finanziario. Il mercato finanziario convoglia 5 verso lo Stato: F è il fabbisogno, e se il fabbisogno è 5, vuol dire che il saldo pubblico SG è negativo e uguale a -5: lo Stato ha bisogno di 5. Siccome il risparmio è 20, togli 5 e diventa 15. Bene: le imprese effettuano investimenti per 10 (la loro spesa sul mercato dei beni), quindi assorbono 10 del risparmio residuo, che era 15. Rimane 5. Questo residuo di risparmio coincide con un saldo attivo delle partite correnti: CA=5>0, cioè con soldi che vengono prestati all’estero.

E coincide anche, necessariamente, con la domanda netta di beni del settore estero: X-M=5.

Seguite un po’ le freccette, vedrete che funziona. In ogni mercato e in ogni operatore tanto entra e tanto esce. La situazione è riassunta da questa tabella:



Ripeto: questo è quello che deve succedere per motivi contabili, ed è quello che ci serve per cominciare a orientarci. Lo schema è semplice (le imprese non pagano imposte, gli RNE sono messi pari a zero per semplicità, ecc.), ma già abbastanza complesso. E comunque ricordiamo sempre che questo schema ha (almeno) due limiti:

1)     non ci dice se quello che è successo è quello che le persone avrebbero voluto che succedesse, cioè non ci dice se il necessario bilanciamento contabile coincide con un equilibrio economico;

2)     non ci permette di capire cosa succederebbe se alterassimo una delle variabili in gioco, perché esse sono legate da mille fili e non si muovono in modo indipendente l’una dall’altra (e i fili cambiano a seconda di che teoria hai in mente).

Del resto, una bussola non è un pilota automatico. Per ora ci accontentiamo della bussola.


Tutte le crisi sono diverse! O no?
Bene: e i due scivoloni della Grecia, i due raddoppi successivi di CA, anzi, purtroppo, di –CA, cosa li ha guidati? Abbiamo visto in un post precedente (nella Fig. 3) che lo scivolone più grande dell’indebitamento (quello fra 2005 e 2007) è stato causato da un crollo del risparmio nazionale, SN. Ora possiamo chiederci: quale componente del risparmio si è ridotta? Quella privata, SP, o quella pubblica, SG (cioè è aumentato il fabbisogno pubblico)?

Ma prima di rispondere voglio fare una premessa.

Ci raccontano che ogni paese ha la sua storia, che ogni paese ha la sua cultura, che ogni paese ha il suo percorso, e quindi le crisi dei paesi periferici dell’eurozona sono tutte diverse. Lo avete sentito dire, no? Bene. Io credo che le cose stiano esattamente nel modo opposto. Credo cioè che almeno dalla Tailandia in qua stiamo vedendo sempre e solo repliche della stessa crisi. Ma questa è la mia opinione e incidentalmente, anche quella di Roberto Frenkel e Martin Rapetti, che l’hanno pubblicata sul Cambridge Journal of Economics.

Comunque, passiamo ai dati. Poi vi chiederò cosa ne pensate. Siccome qualcuno è allergico ai grafici, aggiungo anche le tabelle. I dati vengono sempre dal database del World Economic Outlook di settembre 2011. Notate che il risparmio netto privato non viene calcolato nel database, ma siccome noi sappiamo che per definizione:

CA = SP – I + SG

allora sarà necessariamente:

SP – I = CA - SG

cioè il risparmio netto privato è semplicemente dato dal saldo delle partite correnti meno il saldo dei conti pubblici (general government balance). L’Imf non nasconde i dati: semplicemente, evita ridondanze. Lo dico seriamente. Certo però che se uno un minimo di teoria non la sa, allora un po’ di ridondanza aiuta. Ma c’è Goofy per questo, Goofy è molto ridondante, c’est là son moindre défaut...







La Grecia
La Fig. 1 e la Tab. 1 ci raccontano una storia interessante. Intanto, la situazione dei conti pubblici (rappresentati, guarda caso, in rosso) in Grecia all’inizio degli anni ’90 era catastrofica, ma... forse non ve lo ricordate... quella italiana non era poi tanto migliore. Vogliamo confrontarle? Lo fa la Fig. 2, costruita coi soliti dati del Imf.




Nel periodo dell’avvicinamento a Maastricht, evidenziato in celeste, il bilancio pubblico greco e italiano si sono comportati in modo quasi identico: quello italiano è migliorato di 9 punti di Pil, quello greco di 7, con una correlazione di 0.92 (per gli statistici). Due storie parallele, almeno fino a lì. Poi l’Italia è riuscita a rientrare nella soglia del 3%, e la Grecia no...

Ma torniamo alla Fig. 1. Il primo riquadro celeste evidenzia il primo scivolone dell’indebitamento estero (che è sempre in verde, come nel post collegato).

In tutta evidenza, questo scivolone non è dovuto a un calo del risparmio netto pubblico, ma a un calo del risparmio netto privato: di cinque punti scende il risparmio netto privato, e di cinque punti scendono le partite correnti. Il risparmio pubblico? Praticamente invariato (in effetti, aumenta di 0.2).

Nel periodo intermedio, fra 2000 e 2004, il fabbisogno pubblico comincia a peggiorare (la linea rossa scende), ma il settore privato compensa con un aumento del proprio risparmio netto (la linea azzurra sale), e quindi l’indebitamento estero non cresce.

Poi il secondo scivolone (evidenziato dal riquadro celeste a destra): fra il 2004 e il 2007 l’indebitamento estero più che raddoppia: ma ancora una volta questo brusco cambiamento di struttura non è attribuibile al bilancio pubblico: il risparmio netto privato scende di 9.2 punti, il saldo pubblico migliora di 0.7, e così l’indebitamento estero aumenta di 8.5 punti. E poi scoppia la crisi, e con la crisi le cose cambiano: il bilancio pubblico va a picco (arrivando a -15 punti di Pil nel 2009), mentre il settore privato corregge la propria posizione.

Ricapitolando: i due eventi che hanno guidato verso il basso l’indebitamento estero del paese sono stati determinati da un calo del risparmio netto privato, mentre quello pubblico rimaneva sostanzialmente invariato o in lieve aumento. A giudicare dai saldi, così, di primo acchito, non sembra proprio che l’avvitamento della Grecia nella spirale del debito estero sia colpa di uno Stato corrotto e truffatore. Le due spinte verso il basso all’indebitamento estero le ha date il settore privato. E quindi viene da pensare che buona parte del debito estero della Grecia sia in capo al settore privato, non a quello pubblico. D’altra parte, chi ha un po’ d’occhio lo vede subito: nella Fig. 1 l’indebitamento estero (spezzata verde) si muove in modo molto simile al risparmio netto privato (spezzata blu) e non al risparmio netto pubblico (spezzata rossa). La correlazione fra indebitamento estero e risparmio netto privato è 0.8; quella fra indebitamento estero e saldo pubblico è 0.0. Il bilancio pubblico, con l’indebitamento estero della Grecia, ha poco a che fare.

Ma questa non è una novità per chi queste cose le studia.



Gemelli diversi, anzi, diversissimi
Che indebitarsi con l’estero possa porre dei problemi gli economisti lo capiscono. Quelli totalmente panglossiani no, certo: per loro i movimenti di capitali obbediscono sempre e comunque alla logica dei rendimenti decrescenti e quindi favoriscono sempre e comunque il recupero delle economie in via di sviluppo (infatti il più grande importatore netto di capitali è l’amico USA, notoriamente sottosviluppato!). Ma molti altri vedono i movimenti in entrata, cioè il fatto che i mercati internazionali ti prestino soldi, cioè il fatto che un paese accumuli debito estero, come un dato che può suscitare attenzione, quando non preoccupazione.

Questi economisti preoccupati applicano allora un sillogismo basato sulla solita premessa: lo Stato è male, anzi il Male. Il sillogismo (un po’ zoppo) funziona così: lo Stato è male, l’indebitamento estero è male, ergo l’indebitamento estero è colpa dello Stato. Diciamo, per la gioia di Schneider, che più che un sillogismo è un entimema (cioè una cacata). Gli economisti lo chiamano twin deficit hypothesis, o ipotesi dei deficit gemelli: il deficit estero sarebbe “gemello” di quello pubblico, cioè, ad esempio, nel caso della Grecia, di tanto scende (o sale) SG (la spezzata rossa in Fig. 1), di tanto dovrebbe scendere (o salire) CA (la spezzata verde).

Solo che... vedete tutti che le cose non vanno così! I supposti gemelli sono diversissimi! La spezzata rossa e quella verde ogni tanto si muovono nella stessa direzione, ogni tanto in direzione opposta, in media quindi sono indipendenti (correlazione zero). L’indebitamento estero si muove invece in sincrono con il risparmio netto privato (cioè la spezzata verde si muove in sincrono con la blu).

Ma non è che questa cosa non succede perché la Grecia è diversa dagli altri paesi. Non succede in Grecia perché non succede praticamente mai, come sa chiunque sia del mestiere (economia internazionale applicata).

Tutti gli studi di cui disponiamo ci indicano che il deficit pubblico si scarica su quello estero per una percentuale che va dal 20% al 30%. Ovvero: lo Stato si rivolge all’estero per una percentuale dal 20% al 30% delle sue necessità finanziarie. Un euro di deficit pubblico “causa” 30 centesimi di indebitamento estero. Guardatevi ad esempio questo studio di Bartolini e Lahiri (2006), che considera i paesi OCSE, dei quali la Grecia fa parte. Il numero sta nella quarta colonna della loro Table 2. , Oppure guardatevi la versione working paper di questo studio di Menzie Chinn e Eswar Prasad (2000), pubblicato sucessivamente dal Journal of International Economics, una delle riviste “top 20” per impact factor.

In genere questi studi sono condotti con la tecnica del panel: si mettono insieme i dati di un gruppo di paesi, si fa un bel minestrone, poi si chiama un dottorando sveglio, gli si fa applicare uno stimatore a casaccio di quelli implementati nell’ultima versione di EViews o di Stata, e si manda il paper. Certo che se metti insieme Corea, Finlandia e Grecia... Fratelli, confesso: lo faccio anch’io! Ogni tanto mi piace giocare con le regole degli altri. Ma in questo caso ho derogato. Il mio studio del 2006 sui deficit gemelli considerava i paesi OCSE individualmente. Certo, si perde più tempo (soprattutto se ti manca il dottorando, il quale giustamente ti sfugge, sentendo puzza di cadavere), ma si capiscono più cose. In Grecia a partire dal 1988 il coefficiente del bilancio pubblico scende a 0.2 (il 20%), mentre sale a 0.35 quello dell’investimento privato. Sintesi: nel periodo che ci interessa, un terzo dell’investimento privato risultava finanziato da capitale estero, contro solo un quinto del deficit pubblico. Bagnai, A. (2006).

Come al solito, non vi sto proponendo le riviste un po’ sgangherate degli “eterodossi”. Qui siamo nella più rigorosa ortodossia (Journal of International Economics). La quale, come noterete, ci dice che in generale solo un terzo dell’indebitamento estero è originato dal settore pubblico (nel caso della Grecia un quinto). Il che significa, se la matematica non è un’opinione, che gli altri due terzi hanno origine nel settore privato (nel caso della Grecia, gli altri quattro quinti).


Questa è una cosa che non riesco a far capire a certi colleghi, ma forse con voi sarà meno difficile. Mi dicono: “ma perché ce l’hai tanto con il debito estero?”. Rispondo: “Perché Manasse e Roubini (2005) lo indicano nella loro Tab. 6 come la variabile più importante per la previsione di una crisi debitoria, e credo che dipenda dal fatto che, come ci dice la letteratura sui twin deficits, esso ha prevalente origine privata. Insomma: mettendo a sistema queste informazioni, concludiamo che l’indebitamento estero è pericoloso perché indica che la situazione finanziaria del settore privato sta diventando fragile. E nel dubbio fra dare retta a voi e dare retta a uno che ha previsto la crisi, preferisco dare retta a lui”.

E gli amici aumentano. Amicus Plato, sed magis amica veritas.



Arrivano i piddini
Eccoli. Quindi ora cominciano le obiezioni intelligenti. La più intelligente (non secondo me) in questo caso è la seguente: “ma il problema in Grecia è il debito pubblico, perché il debito pubblico era alto. Quindi non sommergerci col tuo solito fiume di parole: lo Stato deve tagliare, è colpa sua, e ora paghino i cittadini incauti che hanno eletto dei politici corrotti.”

Sarà...

Dunque, veniamo ai fatti...

Nessuno nega che il debito pubblico greco sia e fosse alto. Ma... esattamente come nel caso di quello italiano... il fatto è che... lo è sempre stato! E allora perché la crisi è scoppiata solo ora? Si sono trovati anche loro con un primo ministro tutt'a un tratto sensibile alle lusinghe del gentil sesso?



Andiamo intanto a vedere i dati. La Fig. 3 riporta gli stock di debito estero e di debito pubblico in Grecia, espressi in rapporto al Pil. Possiamo vederla in relazione alla Fig. 1: quella riporta l’indebitamento (cioè l'aumento del debito), mentre la 3 riporta il debito (cioè la somma degli indebitamenti). Ora, qualcuno sveglio dirà, ad esempio guardando indebitamento e debito pubblico (le spezzate rosse): ma com’è possibile che dal 1994 al 2007, con un indebitamento in media attorno al 6% del Pil (SG = -6, vedi anche la Tab. 1) il debito pubblico (spezzata rossa in figura 3) sia rimasto fisso attorno al 100%, invece di aumentare ogni anno di 6? Se, oltre a essere svegli, siete anche piddini (che per me non significa cretini, anzi, magari!), allora aggiungerete: “ecco, ci vuoi fregare, i dati del debito evidentemente sono falsi, perché con un deficit al 6% è impossibile che il debito pubblico non stesse esplodendo, quindi tu vuoi solo sommergere con un fiume di parole la verità, per sostenere le tue tesi antagoniste e complottiste!” (che poi sono quelle del Journal of International Economics, organo ufficiale della quarta internazionale comunista, suppongo...). Cazzo! Io vorrei fregarvi... ma siete troppo furbi, mi beccate sempre! Allora apro e chiudo una parentesi...

(aperta parentesi)

Stabilizziamo il debito
Amico piddino, girati, che ti spiego. La risposta è un po’ tecnica, mi dispiace (purtroppo sono un tecnico), e dipende dal fatto che stiamo parlando di rapporti al Pil. Definiamo:

1)      dt, il rapporto debito/Pil (D/Y)

2)      ft, il rapporto fabbisogno/Pil (cioè –SG/Y)

3)      g il tasso di crescita del Pil nominale.

Con queste definizioni si verifica che:

dtdt-1 » ft - g´dt-1

Ovvero: la variazione del rapporto debito/Pil è approssimativamente uguale al fabbisogno meno il prodotto del tasso di crescita del Pil per il valore del debito all’inizio del periodo. La dimostrazione matematica l’ho messa in fondo, ma il senso è chiaro: se Y cresce in fretta, cioè se g è relativamente grande, il rapporto D/Y, a parità di altre condizioni, tenderà a calare, perché aumenta il denominatore (quello che sta sotto).

Ora: quand’è che il rapporto rimane stabile, come lo è stato in Grecia dal 1993 al 2005? Semplice: quando la sua variazione è nulla, cioè quando dtdt-1 = 0. Ma se dtdt-1 = 0, l’equazione diventa:

0 » ft - g´dt-1

cioè:

f = g´d

cioè: il rapporto fabbisogno/Pil che stabilizza il rapporto debito/Pil è uguale al prodotto del tasso di crescita nominale per il rapporto debito/Pil.

Si dà il caso che in Grecia, all’epoca, il tasso di crescita nominale fosse attorno al 6%. Quindi con un f = g´d = 0.06´1 = 0.06 = 6% il governo greco riusciva a mantenere stabile il rapporto debito/Pil. In altre parole, quello che vedete nella Fig. 3 è perfettamente compatibile con quello che vedete nella Fig. 1 (dai, se sai tirare la sfoglia, sai anche la tabellina dell’uno)!

(chiusa parentesi)



Due cose importanti
Ma se il debito pubblico era alto da sempre, cosa cambia alla fine dell’ultimo decennio, portando all’esplosione della crisi? Guardate la Fig. 3... Non vedete niente? Esatto! L’esplosione del debito estero, in conseguenza degli sprofondamenti successivi di CA, visti in Fig. 1, determinati da due successivi crolli del risparmio netto privato.

Attenzione: torniamo allo studio di Manasse e Roubini (2005). Si poteva capire che qualcosa non stava andando per il verso giusto? La variabile più importante per la previsione di una crisi è il rapporto debito estero netto/Pil. Quanto vale in media questo rapporto nell’anno precedente allo scoppio di una crisi? Ecco, se permettete mi metto panni reali e curiali e lo chiedo a Manasse e Roubini, i quali per loro humanità mi rispondono: Table 2, prima riga: 54.7. Valore che il debito estero netto della Grecia ha superato nell’anno del Signore 2002. Non 2009. 2002. In lettere: duemiladue. Chiaro? Ma sì, prestiamo... qualcuno pagherà...

E attenti anche a un’altra cosa: è importante, perché succede sempre, in tutte le “crisi fotocopia” che stiamo vivendo (se pure in gradi lievemente diversi). Quello che ha mantenuto stabile il rapporto debito pubblico/Pil, cioè la crescita, è anche quello che ha condotto all’esplosione del rapporto debito estero/Pil. Ricordate:

CA = SN – I = X – M + RNE

Ora, se cresco molto, il rapporto debito pubblico/Pil rimane stabile, ma al contempo importo molto, e quindi CA tende a peggiorare. D’altra parte, una crescita troppo sostenuta si accompagna a pressioni della domanda, quindi a inflazione. Nel periodo in cui il rapporto debito/Pil è stato stabile (circa dal 1993 al 2005), l’inflazione è scesa dal 12% al 3.5%. Molto, ma non abbastanza: alla fine di questo processo, favorito da una serie di provvedimenti di politica monetaria, dall'evoluzione dei prezzi delle materie prime (come negli altri paesi europei), ecc., ma contrastato dalla forte crescita, l'inflazione greca era sempre il doppio di quella tedesca (questa era intorno all'1.7%). La competitività di prezzo della Grecia verso i suoi più importanti partner del Nord si è deteriorata, e anche per questa via CA è diminuito.

Ma questa è una costante di tutte le “crisi fotocopia” (ci torneremo): si spinge sul pedale dell’acceleratore, finanziando la crescita coi capitali esteri, e determinando da un lato un apprezzamento reale del cambio, che amplifica il deficit con l’estero, e dall’altro un illusorio miglioramento (o, nel caso della Grecia, “non peggioramento”) della situazione della finanza pubblica, mentre la fragilità finanziaria del paese si accresce per l’accumulazione di debito privato.



Debito sovrano, debito sovrano, debito sovrano...
Ma qualcuno dirà: “be’, però il tuo grafico in fondo ci dice solo che il debito pubblico, che era elevato, è diventato pericoloso quando è diventato tutto estero: all’inizio il debito pubblico greco era 100, ma quello estero 20, per cui 80 era in mano ai greci. Nel 2007 i due debiti coincidono, cioè tutto il debito pubblico è in mano all’estero. E questo certo rende più difficile la situazione, data la perdita di sovranità monetaria. O no?”.

Insomma... le cose non è che stiano proprio così... diciamo che intanto stai facendo un po’ di casino fra lordo e netto: ricordi? Il debito estero è definito in termini netti, quindi la spezzata verde nella Fig. 3 è la differenza fra PFE (passività finanziarie sull’estero, il debito estero lordo) e AFE (attività finanziarie sull’estero). Essendo un debito netto (debiti meno crediti) non puoi confrontarla direttamente con la spezzata rossa, che è il debito lordo del settore pubblico. E poi in effetti il debito estero, che già nel 2002 aveva un valore abnorme, non era guidato dalle necessità finanziarie del settore pubblico. Il fatto è che siccome il tema non è interessante (!), l’OCSE non ci fornisce statistiche sulla quantità di debito pubblico in mano a non residenti (che ci permetterebbe di stabilire subito quanto il settore pubblico abbia contribuito alle PFE totali, e al debito estero netto). Ma abbiamo due evidenze indirette: la prima è l’analisi dei flussi, ovvero dei saldi, ovvero di quanto risparmio hanno generato i settori: come si vede in Fig. 1, l’indebitamento estero è correlato al risparmio netto privato.



La seconda è l’analisi degli stock, ovvero di quanto debito lordo hanno accumulato i settori interni, e di quanto debito lordo è stato accumulato verso l’estero. Questa analisi è effettuata in Fig. 4. In rosso abbiamo il solito debito pubblico lordo, del quale non vediamo la componente estera perché le fonti non la riportano. In blu vediamo le passività lorde delle famiglie (mutui a breve e lungo termine). Infine, in verde il debito estero lordo, cioè lo stock di PFE (passività finanziarie sull’estero, gross foreign liabilities). Come vedete, è molto più alto del debito estero netto (la spezzata verde della Fig. 3), semplicemente perché qui non abbiamo sottratto le attività finanziarie sull’estero (AFE).

Il grafico che ci dice? Intanto, che all’alba della crisi il debito estero (verde) era al 200% del Pil, e quindi se anche tutto il debito pubblico (rosso) fosse stato detenuto da non residenti, siccome il debito pubblico era “solo” il 100% del Pil, metà del debito estero sarebbe stato di origine privata. In realtà era certamente di più, visto che non tutto il debito dello Stato greco era collocato all’estero.

Poi, ci dice che mentre il debito estero complessivo cresceva, quello pubblico rimaneva fermo, mentre quello delle famiglie cresceva. Dal 1995 (primo anno per il quale abbiamo i dati sulle famiglie) al 2008 (l’anno prima della crisi), il debito estero lordo è cresciuto di 110 punti di Pil, il debito pubblico di soli 16, e quello delle famiglie di 50. Secondo voi, chi ha più responsabilità nell’accumulazione del debito estero greco?

Sintesi
La storia che la crisi greca è diversa dalle altre perché in Grecia la colpa è dello Stato corrotto ecc. ecc. è una delle tante storie che i giornali raccontano in un modo, e i dati in un modo diverso. Il che ovviamente non vuol dire che in Grecia non ci fosse un problema di debito pubblico, che evidentemente c’era (come in Italia), e nemmeno che i governi greci fossero sempre immuni da biasimo. Vuol dire però che se si “suggeriscono” (cioè impongono) terapie basate sulla diagnosi sbagliata (debito sovrano, debito sovrano, debito sovrano, questo è un disco, debito sovrano...) il male si aggraverà. Che poi significa, per fare un esempio: le famiglie greche hanno 140 miliardi di mutui da rimborsare. Dove troveranno i soldi per farlo se tutto quello che si propone loro sono licenziamenti e tagli dei redditi? Ma di questo non si può parlare, di questo non si deve parlare, perché la colpa deve essere del nemico ideologico, dello Stato, del Leviatano. E chi i prestiti li ha estesi quando era già chiaro che non avrebbero potuto essere restituiti? Lui non ha responsabilità? Be’, il mercato ogni tanto sbaglia, suvvia, non siate troppo puntigliosi. Tanto, per fortuna, quando le cose vanno male, per rimetterle a posto basta far pagare il conto allo Stato, e poi prendersela con lui. O no?



(continua)



Ah, sì, la dimostrazione... eccola:

54 commenti:

  1. e dopo questo post il piddino ha perso la verginita' (Anche la piddina) sta' valutando di ritirsi in africa a vivere fra le tribu' etiopi ancora alla stato di natura per i prossimmi anni
    e meditare meditare meditare ....

    ps:questo bagnai è bravo ma krugman è piu' sintetico è ha la barba!!^^

    ps2:tremendo , che anno difficile...

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    1. Krugman informa, io formo! ;) Studia, che ti interrogo...

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    2. Mai fidarsi di un piddino che vuole andare in Africa!
      Ci ha illusi già una volta...

      antonino

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  2. Il fatto è che siccome il tema non è interessante (!), l’OCSE non ci fornisce statistiche sulla quantità di debito pubblico in mano a non residenti

    gia' non è interessante...(>>)

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    1. Quella è una pura malignità da parte mia. Si vede che le fonti nazionali non li forniscono...

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    2. Complottisti!
      Giuseppe

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  3. Scusi l´off topic, intervengo solo per ringraziarLa per aver reso accessibili dei concetti che per me sarebbero stati fruibili e comprensibili solo tra un centinaio di reincarnazioni(sempre che non mi fossi reincarnato in un piddino). Sono contento anche di aver visto sotto una luce nuova tutta una serie di capolavori della letteratura e di autori che ai tempi della scuola snobavo ed evitavo come avrebbe fatto un Lucignolo e, per finire, Le sono grato per aver dato la possibilitá ad un povero diavolo di scoprire della musica che, da profano, riesco solo a definire celestiale, questo significa che per “ravvedersi” non è mai troppo tardi(eccetto che per i piddini, evidentemente).

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    1. E poi questi bei disegnini li facciamo anche per l'Italia...

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  5. Buonasera,
    Vorrei fare innanzitutto i complimenti all autore di questo blog, che ho scoperto da poco e che mi fornisce non pochi tasselli per completare il puzzle che la propaganda neoliberista mainstream ci vorrebbe nascondere. Vorrei aggiungerne un altro che ci riporta ad un evento troppo poco discusso ma che torna attualissimo in questa crisi del debito odierna: il divorzio tra ministero del tesoro e banca d italia, avvenuto nel 1981 per mano del(criminale) Nino Andreatta, maestro di Prodi.
    Linko un articolo illuminante a riguardo, che sto cercando il più possibile di diffondere. Mi piacerebbe avere l opinione di Bagnai a riguardo, che ringrazio comunque per l importanza del lavoro svolto Saluti
    Valentino Fancello
    http://www.umanista.info/spip.php?article1

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    1. Vorrei dei giudizi più pacati per persone che hanno solo obbedito alle parole d'ordine del tempo. Non la prenda come una critica: sono io il primo a essere molto acceso, ma dovrò cambiare.

      Per il resto,

      1) che il divorzio sia stato il primo passo obbligato per l'adozione della filosofia del "vincolismo" (cioè per poter governare i paesi periferici disciplinando i sindacati con lo spauracchio del "vincolo esterno") è dato riconosciuto anche da alcuni libri di testo (cito il fatto non perché questi siano abitualmente considerati fonte di rivoluzionarie verità scientifiche, ma normalmente propongono quello che è dato per assodato nella letteratura scientifica);

      2) leggendo una riga sì e tre no l'analisi del debito pubblico proposta dal suo commento ho trovato tutte cose che piuttosto sensate. Dopo vado a vedere cose c'era scritto nelle altre tre righe... ma intanto grazie.

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  6. Un annetto fa mi capitò tra le mani questa tabella (http://www.idealista.it/news/archivio/2010/06/09/08720-quanti-dipendenti-pubblici-ci-sono-europa-tabella), che riporta il numero di dipendenti pubblici in percentuale sulla popolazione dei paesi europei. Non sono sicuro che i dati siano affidabili ma, se lo fossero, costituirebbero una conferma evidente e intuitiva di quanto lei sostiene. Ricordo che, leggendo il dato della Grecia, rimasi sbalordito.

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    1. Uomo di poca fede! A cosa ti servono le conferme, se hai la parola di Quèlo... Vai a vedere il prossimo post. Hai messo il dito nella piaga...

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  7. Confesso che spaventato dalla mole del paper, sono stato tentato di passare subito a leggere i commenti. Poi ho pensato che questa sia un'indole piddina, e allora ho cominciato a sorbirmi formule e figure.
    Perciò una prima domanda (di filosofia economica?): condivido (si parva licet)la diagnosi delle "crisi fotocopie" che prescindono dalla cultura, la storia, il percorso e financo la geografia di uno Stato, ossia dalla sua specificità (del resto, come non potrebbero essere repliche della stessa crisi dati i fulcri speculazione finanziaria internazionale e globalizzazione neoliberista?). Ma la risposta alla crisi che dovrebbe dare uno Stato non dovrebbe essere commisurata sulla propria cultura, storia, percorso, geografia, ossia su quelle specificità che costituiscono le diversità (dunque la forza, dunque la ricchezza) dei singoli Stati? Be', mi rendo conto che tutto ciò non può prescindere dalla questione della sovranità politica di uno Stato, uno Stato cioè che risponda alla crisi facendo leva sulle proprie capacità specifiche senza imitare quelle di altri Stati e mettendo in atto una competizione diversificata. Un esempio grossolano, tanto per rendere l'idea: se la Germania esporta da noi le sue automobili più di quanto noi esportiamo da loro le nostre (ma... nostra la Fiat?), l'Italia dovrebbe perciò competere puntando sulla carta vincente turismo, che è appunto legata alla sua specificità geografica, storica, culturale. Altrimenti mi pare avrà buon gioco il Grande Timoniere programmato nei laboratori germanici a convincerci che la risposta giusta alla crisi fotocopia è quella di creare stati fotocopia. (Però, quanti condizionali ho usato).
    roberto

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  8. bisognerebbe che tutti leggessero la lettera aperta di Mikis Theodorakis(anche su megachip) sull'agonia della sua Grecia. Chissà che non possa essere di ispirazione a quelle particolari teste....di cui tanto ci preoccupiamo qui

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  9. Professore, per prima cosa un sentito ringraziamento per la sua attività di divulgazione da parte di un laureato in giurisprudenza che non ha avuto bisogno di studiare l'ultimo capitolo del programma dell'esame economia politica sull'economia internazionale per passare il relativo esame. La mia domanda è probabilmente stupida, ma la faccio lo stesso: perchè dalla sua fig. 1 a partire dal 2009 il CA greco cessa di essere correlato con l'indebitamento netto privato e diviene invece correlato con l'indebitamento pubblico? Significa che essendo i risparmi e gli investimenti privati pari a zero (la gente non ha più una lira), il saldo delle partite correnti si identifica solo coll'indebitamento pubblico, giusto? Ma, allora - domanda ancora più stupida, probabilmente -, dal punto di vista terapeutico (per continuare la sua metafora), se l'obiettivo giusto per ripristinare una situazione sostenibile è ridurre le partite correnti a 0, questo obiettivo può essere ottenuto riducendo l'indebitamento pubblico fino a 0, purchè nel frattempo l'offerta di risparmio privata rimanga a 0. Non ha molto senso, temo che mi sia perso da qualche parte...
    Michele

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    1. Mi sembra che sia un problema condiviso. State usando la bussola come pilota automatico. Fuor di metafora, la contabilità organizza i fatti passati, consente diagnosi, ma per definire una terapia occorre un modello, occorre sapere in che modo le variabili si muoveranno in futuro. Faccio qualche esempio in un post.

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  10. Caro Prof.

    complimenti per l'articolo. Capita raramente di vedere una lezione (gratuita) e di alta qualità su internet! Spero che i prossimi articoli siano ricchi di contenuti tecnici ma chiari e semplici da capire - per chiunque voglia capire, sia chiaro.

    Vorrei proporre questo piccolo articolo:
    http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/02/19/wars-and-growth/

    La conclusione, è: "Clearly, expansionary policy is expansionary, and contractionary policy is contractionary."

    Se qualcuno non l'abbia ancora letto, propongo questo dossier favoloso sulla crisi:
    http://www.nytimes.com/2009/09/06/magazine/06Economic-t.html?ref=paulkrugman

    Carlo

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    1. Grazie. Come Krugman dimostra, siamo messi talmente male che l'ovvio è diventato rivoluzionario, e così son diventato rivoluzionario mio malgrado anch'io. E dire che avrei tante altre cose da fare...

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  11. Vediamo se ho capito il succo ponendo la seguente domanda: ad un abbassamento del deficit pubblico corrisponde un innalzamento del deficit estero privato? In caso affermativo, una operazione inversa, ossia una spinta in alto del deficit pubblico, con interventi diretti dello stato nella propria economia, rovescerebbe la drammatica situazione? (fermo restando la nessità di riappropriarsi della politica monetaria e valutaria)

    Chiedo venia in anticipo se ho dedotto delle strafalcionate invece di un corretto ragionamento.

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    1. Premessa: la contabilità è necessaria ma non sufficiente. Ci aiuta a capire cosa è successo, ma è pericoloso usarla DA SOLA per capire cosa succederebbe se. Detto in altre parole, la contabilità ci consente di interpretare i dati ex post, ma non di definire traiettorie ex ante.

      Non so a quale figura ti riferisci. Quello che volevo far capire io è che lo sprofondamento del deficit estero si associa a una riduzione del risparmio privato. Il che suggerisce che le famiglie e le imprese si siano indebitate con l'estero.

      Se lo Stato "taglia", e quindi aumenta il proprio risparmio, contabilmente nel paese c'è più risparmio e quindi il saldo estero migliora. Ma solo in teoria, perché qui stiamo ragionando non più ex post, ma ex ante. E allora dobbiamo associare alla contabilità delle ipotesi teoriche. La mia ipotesi è che se lo stato taglia, il Pil cala, i redditi delle famiglie calano, il risparmio privato cala ancora di più, e quindi in realtà, siccome al risparmio pubblico si associa un minore risparmio privato, ecco che la situazione con l'estero rimane invariata.

      Che poi, se ci fai caso, è esattamente quello che è successo fra 2009 e 2010 (Fig. 1: il rosso sale - si riduce il deficit pubblico, ma il blu scende - diminuisce il risparmio privato).

      Capito mi hai? Altrimenti chiedi, perché questo è il punto più importante, non ci devono essere equivoci su questo.

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  12. Ci sto ancora ragionando su...
    C'è un punto che non mi è chiarissimo: quello che mi ha portato al ragionamento ex ante è che il risparmio privato diminuisce appunto in seguito ad un risparmio dello Stato (i famosi tagli).
    Per cui una espansione dello stato, un deficit cioè, dovrebbe corrispondere ad un innalzamento del risparmio privato. In parole povere: il debito pubblico è la ricchezza dei cittadini.
    Se è contabile il primo ragionamento, perchè il suo inverso dovrebbe essere solo teorico?

    Continuo a ragionarci su.
    Postmessa: non sono ne un economista, ne un matematico: sono solo un semplice operaio che si è reso conto da un bel pó che mi stavano portando per il culo, a mie spese.
    L'unica soluzione per difendersi è capire come fanno....

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    1. è una cosa che ho notato pure io, provando a fare i compiti a casa e calcolando il risparmio netto privato dell'italia con i dati del ifm di settembre. sembra che le due curve ("SP - I" e "SG") si muovano in maniera speculare rispetto al CA come nella fig. 1 del secondo post sulla Grecia. ha un qualche senso quello che ho visto oppure ho preso una cantonata?
      m.

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    2. Scusate: se capisco quello che vi preoccupa, vredo che la risposta sia il "Leitmotiv" di Piga e di tanti altri economisti sensati: le recessioni non sono il momento più opportuno per fare tagli.

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    3. ripensandoci, secondo me, se interpreto bene ciò che intende Marco, lui si riferisce ad un discorso di economia chiusa. cioè, lui fa il giusto ragionamento che il risparmio netto privato è uguale per definizione al risparmio pubblico negativo (cioè, il deficit pubblico).

      quando lui ti chiede questo non ha in mente (scusa se interpreto, Marco, nel caso libero di dirmi che non ho capito nulla) che un aumento del risparmio netto del privato dato da un aumento del deficit pubblico, potrebbe portare ad un aumento del deficit di partite correnti, perché aumentano (probabilmente) le importazioni, e non solo, se il debito per finanziare la spesa è acquistato all'estero.

      secondo me è importante il punto di vista da cui parti. se parti dal risparmio privato allora vedi il deficit pubblico come un bene. se lo stesso ragionamento lo fai partendo dal punto di vista del debito estero allora il deficit, con le teoriche conseguenze che comporta, diventa più complesso da analizzare.

      o poi, le cose sono molto più dinamiche ovviamente.

      che dite?

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    4. Sono contento che si stia capendo che il mondo è complicato! Facciamo così: vado a fare la spesa, mi compro anche una bottiglia di vino, e stasera se ne parla con calma...

      Per il momento manteniamo fermo questo punto: se vogliamo ragionare in termini di "cosa succederebbe se", non bastano le identità. Sotto questo profilo le critiche di certi prekeynesiani sono assolutamente corrette. Insomma: è un po' come chiedersi quanto peseresti di meno se ti togli un braccio. Il punto è che, soprattutto se lo fai da solo e non puoi suturarti, muori dissanguato. I pezzi dell'economia sono un organismo, ma mia analisi valeva "a posteriori", per ragionare "a priori" occorre qualche strumento in più.

      Ma si può fare, abbiate fede!

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    5. a bé ma è ovvio che il tutto sia sempre in ottica della supersemplificazione. però appunto una cosa è dire afferma una identità contabile, senza dire nulla di più (che è quello che sto facendo io e tu), una cosa è dire che quell'identità contabile è sbagliata accusando chi la utilizza di voler prevedere il futuro (come fanno i pre-keynesiani). insomma non dice niente più di quello che dice ma dice molto più di quello che non dicono (i prekeynesiani). mi spiego?

      PS: anche se va detto che 'sti prekeynesiani, per via del loro particolare vezzo antistatalista, quando una crisi sta arrivando non l'azzeccano mai.

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    6. Su questo siamo d'accordo. Allora, se volete, ci facciamo un paio di simulazioni con un modellino keynesiano. Basta Excel... Se ne parla dopo...

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    7. Per Marco e per l'anonimo, il punto discusso è abbastanza complicato, e anche io mi ci perdevo tempo fà, provo anche io a dare il mio contributo. Innanzitutto preferisco usare la formula scritta in questo modo, ma solo perché ci sono abituato di più:

      NX=S+(T-G)-I S=risparmio privato. T=imposte. G=spesa pubblica, quindi (T-G)=risparmio pubblico. I=investimenti

      Quando ci si chiede cosa succede al deficit pubblico e alla bilancia commerciale, io parto ragionando in questo modo(considerate però che guardo ad un orizzonte temporale piu lungo, il medio periodo): una diminuzione del deficit pubblico(cioè aumento del risparmio pubblico) provoca una diminuzione del risparmio privato: se il risparmio pubblico aumenta piu della diminuzione del risparmio privato, allora gli investimenti aumenteranno, e quindi diminuirà il saldo commerciale, situazione contraria nel caso in cui il risparmio pubblico aumenta meno dell'aumento del risparmio privato.
      Situazione del tutto opposta nel caso in cui lo Stato voglia aumentare il deficit. Vi lascio giocare con le variabili, senza che mi allunghi troppo nelle varie combinazioni che possono uscire da quel tipo di equazione.

      Insomma per farla breve nell'equazione parti dal risparmio pubblico, ipotizza poi cosa succederà al risparmio privato e valuta poi cosa succederà al risparmio complessivo, di conseguenza potrai ora valutare su come si muoveranno gli investimenti, dopodiché arrivato a questo punto saprai cosa sarà successo alla bilancia commerciale.

      Nonostanti mi affidi a questa equazione, non è del tutto completa in quanto in assenza della variabile del tasso di cambio reale, alcune ragionamenti possono risultare incompleti e quindi fuorvianti.

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    8. "situazione contraria nel caso in cui il risparmio pubblico aumenta meno dell'aumento del risparmio privato" intendevo invece "situazione contraria nel caso in cui il risparmio pubblico aumenta meno della diminuzione del risparmio privato", cioè mi avvicinavo ai concetti logici di Alberto visti in un ottica delle varie combinazioni possibili che poteva assumere l'equazione NX...in ogni caso mi sono spiegato malissimo fin dall'inizio per cui lascio la parola agli altri che sapranno spiegare molto meglio di me..

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    9. Nun te preoccupa', poi ci mettiamo dei numeri!

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  13. Marco, vedila molto molto semplicemente così, poi nel caso se è Alberto interviene a correggermi.

    Quando lo Stato spende la tua ricchezza aumenta, cioè, per andare sul pratico, nel caso di un finanziamento alle imprese (100) oppure un taglio delle imposte (100). perché? perché tu hai più reddito disponibile.

    immagina ora che i soldi per pagare quella data spesa in deficit li abbia dati tu (cosa che non avviene nella realtà mai), tramite l'acquisto dei titoli di Stato. Cosa succede? che tu ti ritrovi nel bilancio un -100 (spesa per l'acquisto dei titoli) e un +100 (il titolo, che è un'attività a tutti gli effetti) e un +100 di finanziamento. totale ricchezza 200.

    lo stesso vale se al posto di +100 di finanziamento metti +100 di imposte in meno da pagare.

    dunque la spesa statale è sempre contabilmente un aumento del risparmio netto privato. come si evince dalla tabella 1. questo ovviamente non significa che sia spesa produttiva o che sia spesa ben indirizzata o che sia spesa per chi ha realmente bisogno, il male del "livello aggregato" è sempre che in mezzo c'è di tutto. ma la cosa è ben distante dal dire come dicono i soliti che la spesa pubblica è una perdita di ricchezza delle famiglie perché c'è il debito da ripagare in futuro e quindi ecc ecc

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  14. Prof ho seguito passo passo tutto il discorso e penso di aver capito quasi tutto. Mi impiccio un pò nel paragrafo "due cose importanti" quando dice:"Ora, se cresco molto, il rapporto debito pubblico/Pil rimane stabile, ma al contempo molto, e quindi CA tende a peggiorare." é saltata qualche parola?
    Poi dice che la crescita troppo sostenuta si accompagna a inflazione, però contemporaneamente dice che in quel periodo in Grecia l'inflazione è diminuita passando dal 12% al 3,5%, però non abbastanza.
    Abbia compassione di un neofita dell'economia al quale però ha fatto venire una gran voglia di imparare.

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    1. Scusa, ho fatto casino io: ho omesso la parola "importo", e non ti ho spiegato abbastanza chiaramente che il problema è un problema di velocità. In economia non succede una cosa sola alla volta, e non succede mentre tutti gli altri stanno fermi. Guarda se ora è più chiaro quello che (secondo me) è successo.

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  15. Grazie istwine. Hai interpretato correttamente i miei dubbi, e ho compreso le tue risposte. Un passo avanti è fatto. Attendo il resto delle "complicanze" per capire ancora di più. Se non erro, il fulcro della questione successiva ai miei dubbi sta nella domanda: con chi bisogna indebitarsi e fino a quanto?

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    1. Io non ho capito né domanda né risposta, ma... aspetto fiducioso!

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    2. Magari poi faccio un esempio, così vedo se intanto ho capito la domanda. Comunque il reddito non è ricchezza, e se mio nonno avesse avuto cinque palle non sarebbe stato un flipper... (questo è per istwine, che è uomo di lettere).

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    3. si il reddito non è ricchezza ma non c'ho badato troppo alla terminologia, e ho sbagliato. quello che volevo far capire è semplicemente il rapporto deficit pubblico = risparmio netto privato. poi certo, uno deve anche espandere su cosa sia il risparmio netto, soprattutto se si ritrova le statistiche in inglese.

      ad ogni modo, secondo me, ma è una mia idea, prendila così en passant, se tu scrivi risparmio privato e poi risparmio nazionale, uno si incasina. è giusto ovviamente, ma uno si incasina perché a livello psicologico uno che vede che aumenta il risparmio privato la vede come una cosa positiva e quando vede nell'immagine che è speculare (tenendo conto dei contributi di CA) al deficit pubblico, allora se gli parli di risparmio nazionale va in palla, proprio perché pensa

      "se risparmio privato è buona cosa, ma perché ci sia, è pressoché necessario deficit pubblico, allora le due cose cozzano".

      poi magari io la vedo in maniera sbagliata, ma a me personalmente da un punto di vista concettuale mi disturba. problema mio eh, non stiamo lì ad attaccarci a sta cosa.

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    4. Ho capito: anche tu sei un coreano del Nord. Io cerco di far capire ai miei studenti che dire "l'Italia" non è dire "il settore pubblico italiano". Ma loro pensano di essere in un paese comunista, dove tutto è pubblico e niente è privato!

      Finché c'era Berlusconi che glielo ripeteva, capisco pure! Ma adesso ha smesso!

      La relazione è molto semplice: il risparmio nazionale ha una componente privata e una pubblica. Sarebbe poi la relazione fra i tre deficit, quella che le "post-keynesian non-entities" strombazzano tanto, come se l'avessero scoperta loro!

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    5. Dai, lo so che non hai gli occhi a mandorla!

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    6. "problema mio eh, non stiamo lì ad attaccarci a sta cosa."

      ma tu la meni. c'hai ragione, è ovvio. ma vedila dal punto di vista psicologico. quanti rompono i coglioni tutti i giorni sulla necessità di pareggiare il bilancio o addirittura fare un surplus? tutti. e allora tu chiamalo pure risparmio nazionale (che non è solo pubblico, ma non l'ho neanche detto infatti) e vedi che la gente si gasa a sentire "risparmio". tu dirai "cazzi loro che non lo capiscono".

      è solo una faccenda psicologica mica tecnica.

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    7. Scusa, hai frequentato troppi post-keynesiani!

      ;)

      Allora: io sto facendo questo lavoro: sto spiegando l'economia coi concetti dell'economia. Se i concetti sono un problema è giusto dirlo e io rispiego. Ma la psicologia c'entra poco. Se chiamo il risparmio nazionale Qui, quello privato Quo, e quello pubblico Qua cosa cambia?

      Il vero problema è far capire che un'identità non è un modello. Lo vedrai dai prossimi commenti. Ma sono molto contento che il tema appassioni, perché veramente è importante cominciare a parlare di economia sul serio. Ce la faremo!

      La differenza fra nazionale e pubblico credo che sia ampiamente alla vostra portata!

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    8. ok, tralasciando che non ho presupposto particolari assunti, ma solo cercavo di spiegare a Marco quell'identità e che secondo me lui era confuso da quel concetto (marco se ci sei, batti un colpo, sarò felice di essermi sbagliato), se a uno gli dici che la somma di risparmio pubblico e privato è il risparmio nazionale, quello (digiuno di economia) sarà molto felice che uno dei due aumenti (qualunque sia) perché così, c'è più risparmio nazionale.

      cioè, per farla ancora più breve, gli dici che in un'economia chiusa il risparmio nazionale è 10, di cui +5 pubblico e +5 privato. se gli dici che il pubblico quest'anno ha fatto surplus di 7, lui penserà che il risparmio nazionale è +12. ha senso? no, perché neanche la premessa aveva senso. ma mica se n'è accorto!

      tutto qua.

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    9. ma poi, ma cosa sto a discutere col Sapir italiano...

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    10. Che bastardo! Ho covato una serpe in seno...

      Guarda che al Sapir italiano tu gli faresti un mazzo così in dieci minuti... Ma qui stai parlando col Bagnai francese...

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  16. Domanda per vedere se c'ho capito qualcosa (ho qualche dubbio): nel diagramma di flusso dell'esempio, F è un dato indipendente? Lo Stato comunque ha necessità di coprire il fabbisogno? e se fosse F=10, a parità delle altre cifre, alla fine dei giochi si avrebbe CA=0? E se F>10 si andrebbe in disavanzo? cioè i mercati finanziari dovrebbero prendere soldi dall'estero per pareggiare i conti? Sia clemente, non mi tratti come un piddino.

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    1. Assolutamente no, perché sei il primo, in questa dotta discussione, che si pone LA domanda: quali sono le variabili indipendenti?

      La risposta è che quelle sono identità, non ho fatto nessuna ipotesi circa quali siano le variabili indipendenti e quelle dipendenti (come sto cercando di far capire, ma credo di non aver usato le parole giuste), e domani facciamo qualche esempio, altrimenti qui ci incartiamo. Abbi pazienza.

      Ho capito che volete tutti capire cosa c'è da fare... Ma io prima volevo assicurarmi che aveste capito cosa è successo! Se siete pronti, domani si va avanti...

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    2. Eh... son contento che ha capito Prof. ;)

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    3. Ragazzi, per me è una assoluta novità. Non sono abituato a spiegare a persone interessate alla materia. Qualcuno ha letto superficialmente questa affermazione come "disprezzo" verso i miei studenti. Non è così. Li capisco benissimo. Questa materia interessa poco anche me e all'età loro non mi interessava per niente. Però se a voi interessa uno sforzo in più lo posso fare! Dai, domani parliamo del caso A e del caso B, così mettiamo d'accordo Marco, Andrea e istwine...

      Abbiate fede. Però non possiamo neanche pensare di fare in una notte il programma di un semestre. Quello lo pensano i miei studenti, e poi io li boccio. Ma restiamo amici (forse).

      Un pezzo alla volta...

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  17. Scusi Prof, ma grafici e tabelle non sono più accessibili.

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    1. C'è un problema sul server www.unich.it sul quale sono conservati. Prova più tardi. In futuro cercherò di allegare a ogni post un pdf conservato in più mirror in modo da evitare problemi di qualsivoglia natura. La carta è preziosa, ma la conoscenza di più, quindi stampate.

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  18. Buonasera professore,
    io avrei questa domanda - sempre se ritiene opportuno rispondere: se consideriamo un sistema chiuso senza scambi con l'estero dovremmo avere questa uguaglianza contabile

    (S - I) + (T - G) = O giusto?

    Se è così, allora se il privato ha risparmiato di più di ciò che ha investito, significa che il governo è andato in deficit, è corretto?
    Ciò che non capisco però è: s'intende che il privato ha risparmiato di più perché ora ha dei Buoni del Tesoro (che sono delle attività, diciamo) oppure perché lo Stato andando in deficit ha comunque pagato, chessò, stipendi eccetera?

    Perché, nel suo post, mi è sembrato di capire che il risparmio privato vada a finanziare il fabbisogno di 5 che ha il Governo (il suo S=-5), ma non è il contrario? Cioè, non è il governo che se aumenta la spesa pubblica fa aumentare la ricchezza dei cittadini?

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  19. 21 Maggio 2023, l’Annunziata a in Mezz’ora in più: “sulla Grecia aveva ragione il sovranismo”.

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