(come molti blog, credo,
anche questo si è basato e si basa sul sano principio del facit indignatio
versum. In un periodo in cui tutto è
così prevedibile – per noi che studiamo insieme da quattro anni – da dire ci
sarebbe veramente poco. Anche ciò di cui vi parlerò oggi era prevedibile e da
noi previsto, ma il modo in cui si verifica mi turba lievemente e mi motiva a
condividere seco voi, dilettissimi fratelli e sorelle, alcune serene considerazioni...)
(Vladimiro Giacché
freundlich gewidmet...)
Nella lotta contro qualsiasi forma di criminalità
organizzata i pentiti costituiscono una risorsa preziosa, che l’investigatore
saggio cercherà di sfruttare al meglio. Il pentito, si badi, non dà solo
informazioni agli investigatori. Sono spesso molto più preziose le informazioni
che, per il fatto stesso di pentirsi, dà ai suoi ex-complici: l’aria sta
cambiando! Starà alla sagacia dell’investigatore far tesoro sia delle
informazioni che riceve lui, sia di quelle che ricevono (indirettamente) i
membri dell’organizzazione (che quando succede una cosa del genere magari si
sfalda un po’).
Certo, l’investigatore deve essere bravo. Ma anche il
pentito bisognerà che ci metta del suo. Questo vale anche e soprattutto per
quella forma di criminalità particolarmente male organizzata che è il
cosiddetto “progetto europeo”. Vi propongo un esempio, a seguito del quale
svilupperò alcune brevi e pacate considerazioni.
Allacciate le cinture...
Luciano Gallino 2011
Alla domanda su un eventuale ritorno alle valute nazionali
risponde:
“Sarebbe una pura follia. In primo luogo il ritorno a
diciassette monete diverse solleverebbe difficoltà tecniche assai complicate da
superare, poiché l’integrazione economica, finanziaria e legislativa tra i
rispettivi paesi ha fatto nel decennio e passa dell’euro molti passi avanti.
Inoltre parecchi paesi avrebbero a che fare con tassi di scambio catastrofici.
Tra di essi vi sarebbe sicuramente l’Italia. Il giorno dopo un eventuale ritorno
alla lira ci ritroveremmo con il franco a 500 lire (era a 300 quando venne
introdotto l’euro), il marco a 2.000 (era a 1.000) e la sterlina a oltre 3.000.
A qualche imprenditore simili tassi possono far gola, poiché favoriscono le
vendite all’estero; ma essendo quella italiana un’economia di trasformazione,
che all’estero deve comprare tutto, dal gas ai rottami di ferro, il costo degli
acquisti dall’estero le infliggerebbe un colpo insostenibile.”
Insomma, una roba tipo
questa.
Luciano Gallino 2015
“Nel caso invece che qualcosa si volesse fare, una soluzione
potrebbe esserci. La UE convoca una Conferenza sul Sistema Monetario Europeo,
il cui punto principale all’ordine del giorno dovrebbe essere la soppressione
consensuale dell’euro, ed il ritorno alle monete nazionali con parità iniziale
di 1 rispetto all’euro. Altri punti dovrebbero riguardare la preparazione
tecnica della transizione, e una estesa campagna di informazione pubblica
prolungata per mesi.”
(il link ve lo cercate perché personalmente non ritengo di
dover collaborare, perdonatemi...)
Dal vangelo secondo
Luca
Ita dico vobis: Gaudium fit coram angelis Dei super uno
peccatore paenitentiam agente quam super nonaginta novem iustis, qui non
indigent paenitentia.
Considerazioni
Colpo di scena! Cosa abbiamo qui? Abbiamo uno studioso che,
per mia colpa, non conoscevo se non per la sfolgorante lieve imprecisione nella
quale mi ero imbattuto nel 2011, ma del quale so essere sciamano
particolarmente autorevole presso la tribù piddina, che dice (oggi) l’ovvio.
Si tratta di un dato politico da non sottovalutare e da
gestire con oculatezza.
Ci insegna infatti Vladimiro ne La fabbrica del falso, e ci ripete assiduamente su Twitter, che
oggi dire l’ovvio è un gesto rivoluzionario. Nulla di nuovo sotto il sole:
l’ovvio altro non è che la declinazione più stucchevole del vero, di quella
verità che sola potrà renderci liberi, come diceva un noto blogger del primo
secolo, e che, come avrebbe poi detto una nota mummia del XX secolo, è in sé
rivoluzionaria.
Mi sovviene qui un altro dibattito in corso fra me e
Vladimiro, laddove lui mi esorta a decidere se io preferisca avere
niccianamente ragione da solo, o tentare di aggregare un fronte politico. Nel
secondo caso, va da sé, sarebbe meglio accogliere a braccia aperte chiunque, e
tanto più personaggi che per la loro valenza simbolica possono dare un segnale
significativo alla cosca di Bruxelles e soprattutto ai suoi capibastone locali.
Io, figuratevi, sono evangelico. Qui abbiamo gioito per la redenzione di così
tanti peccatori insignificanti! Quante volte abbiamo condiviso la vostra
esultanza per aver incrinato le ottuse certezze dei vostri parenti piddini (in
senso antropologico, non politico, lo ricordo:
il
piddino è il mediocre che sa di sapere, a prescindere dall’appartenenza
politica al PD, che pure registra una percentuale statisticamente anomala di
questi soggetti), il vostro gaudio per aver seminato il germe nel dubbio nel
collega, o nel compagno di squadra, insomma: nel prossimo vostro. Erano piccole
vittorie, ma quanto sudate! E perché costava così tanto convincere persone
altrimenti sensate di ciò che in fondo era, appunto, ovvio (nonché affermato
dalla migliore letteratura scientifica, come voi ben sapete)? Perché mai il
vostro compito era così arduo?
Perché
tanto strazio?
Perché
tante famiglie lacerate? Perché questo clima di incipiente guerra civile?
Leggete Gallino 2011 per darvi una risposta.
Non se ne abbia il professor Gallino se per inquadrare la
sua figura ho usato il termine “sciamano”: non l'ho certo fatto per dileggio, anzi. Ho usato questo termine in senso tecnico e non
figurato (per intenderci, non come quando quelli della sua parte mi chiamano
guru)! Il fatto è che lui è studioso
autorevole nel suo campo (che non è il mio) e questo, ovviamente, nessuno
glielo toglie. Ma c’è un’altra dimensione da tenere in considerazione
nel problema che qui ci tocca. Ed è il fatto che se un sistema così irrazionale
si è potuto sostenere così a lungo, se ha lacerato così tante famiglie, se ha
frantumato la coscienza di classe di intere generazioni, condannandole a una
sottoproletarizzazione apparentemente irreversibile, se ha fatto così tanti
morti (e tanti altri ne farà),
ciò
dipende essenzialmente dalla regressione della sinistra a un pensiero magico
sull’Europa, pensiero del quale tutti gli autorevoli padri nobili che hanno
sostenuto il “progetto europeo” sono stati sciamani, intesi, in senso tecnico,
come “persone che assumono all’interno della propria comunità il ruolo di
tramite con le entità soprannaturali come gli spiriti del cielo o degli inferi,
le anime dei defunti, l’Europa” (dalla
Treccani, con una lieve
integrazione).
Come dice un homme de
qualité che sta lanciando un progetto nel quale sarò lieto di farmi
coinvolgere “il Verbo della tecnocrazia e della moneta unica e irreversibile è assurto
a dogma provvisto di ieraticità e sacralità (elementi squisitamente premoderni,
indice di spaventosa regressività)”. E questa moneta unica, mi par di vedere
che nel 2011 il professor Gallino la difendesse, direi in modo oltremodo premoderno,
à la Platerotì, per gli intenditori...
Attenzione!
Io sono quello del bicchiere mezzo pieno! Fa tanto più onore
al professore, che procedeva da un punto di partenza lievemente svantaggiato
(oggettivamente, una crisi economica può essere meglio compresa da un
economista), essere infine pervenuto alle conclusioni cui è arrivato, e per
questo vedi alla voce “gaudium fit...”. Tuttavia è un dato di fatto, che
purtroppo assume rilevanza politica (e in quanto tale non può essere ignorato,
e deve essere gestito in qualche modo, nell’interesse di tutti), che se in
effetti ci sarebbe bisogno oggi di una campagna di informazione particolarmente
capillare e prolungata, come il professor Gallino giustamente mette in
evidenza, questo è anche perché per tanto tempo persone come il professor
Gallino hanno attivamente disinformato, e lo hanno fatto in un modo ahimè censurabile
(mi duole rilevarlo) sotto il profilo dell’etica professionale: parlando ex cathedra in materia che non era la
loro (vedi l’annata 2011, una delle migliori), della quale ignoravano visibilmente
i rudimenti (qui tutti sapete cos’è il pass-through,
ma non è detto che a sociologia lo si insegni, il che non toglie certo valore a
questa materia, s’intende...), motivo per il quale erano irresistibilmente e
inconsciamente portati, anche laddove pensavano bona fide di voler combattere il neoliberismo (sempre “neo”, eh, mi
raccomando! Non si capisca che è un film già visto...), ad adagiarsi sul linguaggio
magico del più bieco liberismo da Chicago boy, sine dolo, s’intende, quasi
modo geniti infantes, va da sé...
Ora voi direte: se non vuoi ispirarti a Nostro Signore,
ispirati almeno a Vozutuk! A nemico che accorre ponti d’oro! (Soprattutto se
chi accorre è stato fino a poc’anzi discepolo di Etarcos...).
Eh, sì, io sarei anche d’accordo con voi, ma non so se ve ne
rendete conto (il professor Gallino temo di no, perché è stato assente dal
luogo del vero dibattito, ma voi forse sì): purtroppo i ponti attraverso i
quali potevamo far accorrere i nemici (perché tali sono stati, non
nascondiamoci dietro un dito: nemici del nostro paese – ha ragione Roberto
Buffagni – perché nemici del buon senso – ha ragione Alberto Montero Soler),
quei ponti, ahimè, sono saltati con la pubblicazione del mio post sul Manifesto,
e definitivamente distrutti da quattro anni di attività divulgativa (e,
dall’altra parte, di solenni minchiate) che hanno scavato un autentico burrone
fra i
pasdaran del Fogno europeo e
gli umili servitori del buon senso. Io potrei anche starmi zitto, e forse farei
bene a farlo, chissà. Ma ormai il dibattito su questi temi, ahimè, ha tratto
linfa e forma dalla mia divulgazione (
esempio).
Ne consegue che chi oggi scopre l’acqua calda si trova
in re ipsa dall’altra parte del burrone, dalla parte di quelli che
finora hanno attivamente ostacolato la nascita di un dibattito (ricorrendo
anche a forme più o meno velate di censura) e lo hanno comunque inquinato
disinformando.
Forse potremmo gettare
una corda, provare a fare un ponte tibetano, ma per operazioni di questo tipo
occorre che anche e soprattutto chi è dall’altra parte collabori, e per
collaborare occorre che scelga bene i tempi, i luoghi e i contenuti.
I tempi (e le
responsabilità)
Chi si pente oggi deve partire dalla consapevolezza, profondamente
vissuta e dolorosamente esibita, del fatto che è comunque troppo tardi.
Questo lo dico soprattutto a beneficio di Vladimiro, che in
privato mi ha visto prendere a badilate (e in qualche caso anche a badialate)
nei denti alcuni timidi pentiti, che mi si rivolgevano non so bene perché. In
questi casi a me torna in mente sempre
questa scena,
ed essendo io animale letterario, più che sociale, a quel modello mi ispiro per
gestire i pentiti. Dopo di che Vladimiro mi cazzia. Ma il problema secondo me è
questo: posto che
un
certo tipo di operazione, per quanto sterile sia, ha comunque un valore
liberatorio (per cui rinunciare ad essa a me personalmente costa), cosa
pensiamo di poter ottenere da chi si converte oggi, soprattutto se non sceglie
bene luoghi e contenuti (per i quali vedi sotto)? Pensiamo veramente che si
possa arrivare, ormai, a una soluzione politica del casino nel quale ci hanno
messo i diversamente sagaci che pensavano di poter risolvere il nazionalismo
creando una supernazione europea (salvo poi accorgersi d’un tratto, come il
professor Gallino efficacemente fa, che questo progetto era appoggiato da una
serie di falangi armate dell’ultraliberismo mondiale)? Pensiamo che la loro
diversa sagacia possa esserci di aiuto in queste circostanze?
Io credo di no.
Temo che uno sbocco di inaudita violenza sia ormai
ineluttabile, dopo trent’anni di pensiero magico perché regressivo e regressivo
perché magico, e quindi mi chiedo sinceramente che senso abbia tendere una mano
a chi se non ci ha sputato in faccia ci ha comunque messo i bastoni fra le ruote
diffondendo una visione terroristica dell’unico scenario razionale, a chi
comunque è politicamente e intellettualmente responsabile di tanto orrore e di
tanta distruzione.
Perché il problema della responsabilità morale e politica
esiste, e non dovremmo dimenticarlo, soprattutto se vogliamo almeno far finta
di evitare uno sbocco violento.
Attenzione! Nel caso del professor Gallino l’effetto
reputazionale (vulgo: il pizzino
implicitamente mandato agli ex-complici del progetto eurista) ha un valore
notevole, del quale sarebbe stupido privarsi.
Tuttavia, se il professor Gallino oggi è sincero – come
credo che sia – nel suo gesto di proclamazione dell’ovvio, mi permetto di
dargli un consiglio del quale se non lui, spero che gli altri illustri pentiti,
che non tarderanno ad arrivare, facciano tesoro, proprio allo scopo di rendere
più efficace (in primo luogo nell’interesse di chi lo compie) un gesto che
comunque deve essere costato un certo travaglio interiore. Affinché da questo
travaglio non nasca un aborto, mi permetto di esortare il professor Gallino se
non a chiedere scusa, quanto meno ad ammettere di essersi sbagliato. Fra le sue
affermazioni del 2011 e quelle attuali c’è un baratro che deve essere comunque colmato, nell’interesse di chi lo ha prima scavato e poi miracolosamente attraversato.
In questo modo il gesto acquisirebbe una valenza politica
clamorosa.
Certo, sarebbe pienamente efficace, un simile gesto, solo se
un politico di rilievo della cosca di Bruxelles (un Bersani, per dire), uno di
quelli che dicevano “noi siamo quelli dell’euro”, avesse il coraggio morale e
civile di compierlo. Se arrivasse da livelli così alti il segnale che è stato
commesso un errore cui bisogna rimediare nel comune interesse, il dibattito in
Italia progredirebbe veramente, veramente si avrebbe quella discontinuità che
Fassina spesso invoca. Ci sono mille e uno modi per ammettere un errore riducendo
i costi politici che una simile ammissione porta con sé. Basterebbe dire, ad
esempio, che non era possibile percepire immediatamente quanto un sistema nato
quando il principale problema economico era l’inflazione e l’Unione Sovietica
era ancora temibile non avesse cittadinanza in un mondo in deflazione, nel
quale tutti gli assi geopolitici hanno cambiato orientamento. Mica dico di
mettersi il cappio al collo e cospargersi il capo di cenere, s’intende. Dico di
evitare che qualcuno tuffi studiosi autorevoli, o politici onesti (definizione
sulla quale non mi dilungo), nel catrame e li cosparga di piume (prassi
statunitense, come statunitense è il progetto europeo, e che io depreco in
quanto sbagliata, non in quanto statunitense, come sbagliato è il progetto
europeo).
L’ammissione di aver emesso
valutazioni errate, e la descrizione del cammino che ha condotto a mutare il
proprio orientamento, avrebbe un enorme valore politico, anche perché chi
ancora è radicato nel pensiero magico grazie alla disinformazione dei conversi potrebbe,
dalla descrizione di quel cammino, trarre stimolo per evolvere verso un
pensiero razionale, dal quale, per necessità logica, consegue l’esigenza di
smantellare l’orrore europeo.
L’esigenza (che il Galateo avvalora) di scusarsi per il
ritardo è naturalmente tanto meno pressante quanto minore il ritardo. Anche
qui, come dire, una oculata scelta dei tempi può fare molto.
Le parole del professor Gallino escono, mi par di capire, il
19 luglio del 2015, ma, si dice, sono state scritte a giugno. Episodi, certo involontari,
di questo tipo sono controproducenti, perché si prestano a una interpretazione
maliziosa, che noi certo non condividiamo: quella che l’autore abbia voluto
aspettare di vedere come andava la vicenda dell’amico Tsipras, e poi, preso in
faccia lo schiaffo della sconfitta, si sia affacciato a dire la sua, che forse
non avrebbe detto se una “vittoria” di Tsipras avesse affermato – per quanto in
modo effimero – la menzogna che tutti gli utili tsiprioti del capitale
internazionale ci ripetevano: quella che un altro euro fosse possibile. In
effetti, questa scelta dei tempi, volontaria o meno, oggettivamente denota un
tatticismo che la posta in gioco rende francamente incomprensibile: la verità,
se la si è capita, brucia in tasca, nessuno lo sa meglio di noi. Ne consegue che
chi aspetta a spenderla forse non ne è sinceramente convinto.
Il fatto è che, appunto, altre parole del professor Gallino
ci fanno capire come la sua affermazione dell’ovvio poggi su basi ancora
fragili (e quindi forse non sia tanto rivoluzionaria). Dice infatti il
professore:
“La richiesta di una Conferenza sull’Unione Monetaria
dovrebbe essere presentata alla UE da alcuni paesi di primo piano, con il
sottinteso che un rifiuto netto potrebbe indurre ognuno di essi o all’uscita
dall’euro o al disconoscimento di numerose norme UE che violano i diritti umani
o addirittura si configurano come foriere di crimini contro l’umanità. Non
mancano nella UE i giuristi in grado di predisporre la documentazione
necessaria. Al presente, i soli paesi disponibili a tal fine sono forse la
Grecia, ammesso che “al presente” essa sia ancora nell’euro o il governo
Tsipras non sia stato strangolato dalla Troika; e la Spagna, nel caso di una
vittoria di Podemos alle elezioni dell’autunno 2015.”
Nel dire questo il professore dimostra una preoccupante
difficoltà di lettura dei processi in atto.
Par di capire che egli ritenga che
Syriza avesse margini di manovra, e che Syriza e Podemos siano movimenti
progressivi. Che Tsipras avrebbe fallito noi lo sapevamo da gennaio, e non
perché giochiamo a dadi con Dio (ma solo per rispetto: lui, si sa, non ama questo passatempo), ma
perché
la
nostra lettura della deriva demagogica e paternalista (quindi regressiva) e
della impreparazione tecnica delle sinistre cosiddette “radicali”, lettura avvalorata
da argomenti estremamente cogenti, conduceva necessariamente a questa conclusione.
Non c’era
dubbio che il governo Tsipras si sarebbe fatto strangolare dalla troika, per il
semplice motivo che chi dice “sì euro, no austerità” di fatto è la troika (nel
senso che, affermando una menzogna tecnica, si costituisce utile idiota delle
forze reazionarie). Vis grata puellae.
Aspettarsi quindi che Syriza o Podemos potessero
o addirittura possano oggi avere una funzione progressiva (se non
indirettamente, attraverso la loro necessaria e da noi prevista umiliazione)
prova una certa ingenuità nella percezione dei processi in atto. Chi procede da
una menzogna (“esiste un altro euro!”) è necessariamente condannato a rinnegare
le promesse elettorali, quando la verità bussa alla porta (magari annunciata da
un beffardo Schäuble), per poi fallire. Questa è la principale lezione della
vicenda greca, e come può aiutarci chi non la impara in fretta?
Qui si apre un altro tema di riflessione.
Ci servono veramente alleati che, ancorché dotati di
autorevolezza e quindi meritato seguito, non hanno pienamente compreso cosa sta
succedendo? Ci serve portarci dietro persone che pensavano e forse ancora
pensano che un’altra “Europa” (cioè euro) sia (stata) possibile? Noi sappiamo
che non lo è mai stata perché abbiamo con umiltà letto nella politica
economica, nella storia, e nelle scienze politiche, le motivazioni profonde
della costruzione di questa “Europa”: in sintesi, l’affermazione del pensiero
unico liberista, dell’amica TINA, come (oggi) il professor Gallino lucidamente
vede. Ma chi non ha fatto questo percorso, il nostro percorso, quanto potrà
essere convinto, e quindi convincente? Le esperienze che ho fatto, in compagnia
di Vladimiro, ma anche da solo, di coinvolgimento di quelli che “sì vabbè le
cose ora non vanno ma comunque un altro euro era possibile” sono state
totalmente fallimentari. Purtroppo la dimensione magica, sciamanica, tende a
prevaricare il ragionamento razionale, anche quando ti sei preso uno stivale
chiodato sui denti, non c’è nulla da fare. E allora, forse, magari evitando di
baciare un cavallo, ma la soluzione nicciana non mi sembra meno efficace di
quella “politica”, perché quest'ultima è destinata a sicuro fallimento se i compagni di strada sono malfermi nel loro passo.
I luoghi
La ritrattazione del professor Gallino esce sul sito dell’Altra
Europa per Tsipras. A vedere il bicchiere mezzo pieno, questo le conferisce un
valore dirompente, spettacolare: la lista “Altra Europa per Tsipras” pubblica
un documento che smentisce e contraddice le sue parole d’ordine nella campagna
elettorale per le europee (e dopo). È come far brillare una mina nella
roccaforte nemica (perché, lo ribadisco: chi si trastulla con l’idea che un
altro euro sia possibile è un nemico della nostra democrazia, come io e pochi
altri abbiamo sufficientemente argomentato e come ora la stampa internazionale
gradatamente ammette. Ripeto: la democrazia non ha "avversari": ha nemici).
C’è però anche un downside,
come sempre.
Il luogo della promozione del dibattito sull’euro in Italia
è stato un altro. Rinuncio a spiegarvi quale, voi lo sapete. E anche qui: chi
non lo sa, quanto è affidabile come catecumeno? Due best seller, uno
pluripremiato, un altro vedremo, dei quali è difficile che chi è interessato al
tema non abbia sentito parlare, un blog in costante crescita perché è diventato
il cuore della resistenza al regime, una associazione che ha organizzato e
organizza eventi di livello internazionale, dei quali la stampa estera (e ormai
anche quella italiana) riferisce. Chi lo ignora, questo luogo, lo fa a rischio
della propria credibilità, e comunque della propria efficacia: io oggi sono
1567° in Italia nella classifica Alexa, il sito della Lista Tsipras è 15523°.
Ce
lo siamo detto varie volte...
Lo dico in un altro modo: è inutile, e sottilmente sleale,
nei risultati se non nelle intenzioni, scagliarsi contro Renzi, assurto al
ruolo di nemico di turno (qualcosa di cui la sinistra pare abbia un gran
bisogno), se lo si fa dalla tribuna di quelli che oggettivamente sono stati i
suoi (di Renzi) utili tsiprioti (e ci siamo capiti),
perché hanno condiviso con lui, come valore fondante di un discorso e
di un percorso politico, il mantenimento senza se e con un solo ma della moneta
unica: teniamoci l’euro ma facciamo meno austerità. Anche chi non aveva
tutti gli strumenti per capire
a priori,
deduttivamente, quanto questa posizione fosse intrinsecamente truffaldina, dopo
la débâcle greca e le brillanti analisi che ne sono state proposte in varie
sedi (
qui,
qui
e
qui:
la mia era stata fatta a gennaio e non l’ho ripetuta) può arrivarci
induttivamente,
a posteriori.
Dal punto di vista della contraddizione principale che affrontiamo
Renzi e la Spinelli sono del tutto equipollenti ed equivalenti. Sì, certo,
differiscono per antropologia (e per genere, come oggi si suol dire). Ma il
loro discorso politico è comunque di subalternità al progetto fallimentare che
ci opprime. Ripeto: scegliere questo megafono per lanciare un messaggio così
rilevante può anche essere una scelta acuta, dirompente.
Ma solo se viene fatto in modo deliberatamente provocatorio.
Se questa non fosse l’intenzione, rimarrebbe negli astanti
il dubbio che il professore non abbia esattamente colto le regole del gioco. C’è una linea tracciata in mezzo al campo,
e quella linea è l’euro: ironia della sorte, esattamente quell’oggetto che
nella narrazione degli im...genui avrebbe dovuto cancellare quelle altre linee, gli
aborriti confini nazionali, da abolire perché l’Eurogendfor possa venirti a
prendere ovunque tu sia, se non ti pieghi al pensiero unico. Chi è da una
parte della linea non può essere dall’altra, per il principio aristotelico del
terzo escluso (visto che va di moda la Grecia). Semplice, no? Il difficile, per
molti, mi pare sia capire da che parte della linea si trovano, prima e più
ancora del perché sarebbe opportuno o meno trovarcisi!
Scusiamo il disorientamento, e ci offriamo umilmente come
ago magnetico. Chi attira 700000 lettori al mese (che sono pochi, ma buoni) un
certo magnetismo può rivendicare di averlo...
I contenuti
Eh, insomma, anche i contenuti... Ci sarebbe quella cosa
delle scuse, o quanto meno dell’ammissione esplicita di averla pensata
diversamente, corredata da una esauriente e convincente spiegazione di come si
è passati da una posizione all’altra, che possa aiutare chi ancora erra a
vedere la luce. E questo è il tema fondamentale.
Poi ci sono delle considerazioni accessorie. Io devo, con
rispetto e amarezza, mettere all’evidenza del professor Gallino il fatto che
certe cose, oggi, non si possono più dire.
Dopo quattro anni di Goofynomics, con tutto quello che ha
significato per la coscienza collettiva di chi intuiva quale disastro ci fosse
stato regalato dai padri “nobili”, si perde fatalmente credibilità se si dicono
cose del tipo “gli economisti hanno sbagliato”! Siamo proprio sicuri che
sia così? Quello che oggi la stampa internazionale scopre, i miei lettori lo
sanno già da quattro anni:
gli
economisti non hanno sbagliato. Questa non è una difesa corporativa. Anzi,
al contrario! È una chiara messa in stato di accusa di quei complici del
progetto eurista, di quei nemici del nostro paese, che hanno tradito i principi
primi della propria professione proclamando il pensiero magico (e inducendo
così nell’errore anche intellettuali stimabilissimi, ma sprovveduti delle
necessarie competenze tecniche, come il professor Gallino).
Buttarla però sul qualunquista, accusando
una intera professione del fallimento di alcuni suoi esponenti marci dentro,
non è progressivo, perché se si rifiuta l’idea che esista un pensiero
scientifico l’alternativa qual è? Il pensiero magico, appunto! Esprimersi
in termini razzisti su una intera professione senza avere la benché minima idea
di quanto essa abbia fatto per mettere in guardia i politici da certe scelte è
quindi funzionale al mantenimento di un potere sciamanico al quale oggi occorre
che tutti rinunciamo, per fare, tutti noi intellettuali, la scelta che è stata
fatta qui: quella di metterci al servizio della nostra comunità educandola a
pensare collegando in modo corretto le evidenze fattuali.
Avrei qualcosa da dire anche sui ragionamenti che il
professor Gallino svolge circa l’importanza della ricerca e sviluppo (ragionamenti
che, se pur non privi di fondamento, risentono un po’ del pensiero magico
“offertista” alla base dell’ideologia che il professore ritiene di combattere –
ma queste sono sfumature per gli addetti ai lavori), sui motivi del calo degli
investimenti, e su altre questioni di dettaglio. Queste sono cose sulle quali,
appunto, si può discutere, e in alcuni di questi aspetti (esempio: le
conseguenze sociologiche dell’automazione) io mi inchino volentieri alla sua
autorità.
Ci sono però delle cose non negoziabili, nella necessaria
(ancorché radicalmente inutile, perché fuori tempo massimo) costruzione di un
percorso comune. La principale è questa: non si può più dire che un altro euro
o un’altra Europa siano possibili.
Con chi non riconosca esplicitamente questa impossibilità
fattuale non ha senso tentare un cammino comune. L’unica Europa possibile è
quella che è esistita prima dell’euro e che esisterà dopo di esso. Quello che i
fantocci di un potere totalitario e classista hanno chiamato “Europa” per un
trentennio è solo un esperimento particolarmente anomalo e fallimentare di
integrazione economica, mal assortito con un aborto di integrazione politica.
Di quest’ultima mi pare, a dire il vero, che il professor Gallino percepisca il
nonsenso. Un utile ausilio per comprenderla compiutamente lo fornisce l’opera
di
Giandomenico
Majone (ma potrei citare Frey, o Zielonka, o tanti altri...). Credo che vi sarà
necessario accostarla ai miei libri, su uno scaffale più alto della libreria
(il mio lavoro essendo più “basso”, perché ha voluto essere più vicino agli
umili, ai quali emotivamente mi sentivo prossimo e che non ho voluto, a rischio
della mia carriera, abbandonare agli sciamani).
Sintesi
Bene. Se vogliamo compendiare questo manualetto ad uso dei
pentiti di euro in tre rapide istruzioni, affinché il loro sforzo di
maturazione sia fruttuoso, ci sentiamo di dar loro tre suggerimenti:
1) Parlate ora: è già tardi.
2) Scegliete bene dove parlare: esperimenti politici falliti
non sono un pulpito autorevole dal quale esprimersi.
3) Parlate chiaro: valutazioni ambigue, o che esulino dal
proprio campo professionale, espongono fatalmente a perdita di credibilità.
Tutto molto semplice, che poi è il motivo per il quale ci si
domanda come mai si sia dovuto aspettare il luglio 2015 per arrivarci. Vedremo,
da domani, se chi è arrivato lo ha fatto con lo spirito giusto. Quando si
aspetta molto tempo a fare la cosa giusta, non conta più solo il farla, ma
anche e soprattutto il come la si fa. Non è un gioco: è morta tanta gente. L’empatia
è come il coraggio, che da essa, del resto, trae alimento: chi non ce l’ha non
se la può dare.
Ma fingerla non costa nulla
(...e mmo chi 'o sente a Vladimiro?...)
(...
ah, professore, se ha letto fino a qui, la ringrazio per aver rispolverato nel 2015 una nostra proposta che poteva avere un senso quando venne fatta, cioè nel 2013. Per aver aderito a quella proposta venni preso a sputi da tutti quelli per i quali lei è un augusto riferimento. Oggi la propone lei, e questo è il mio risarcimento, ma purtroppo c'è un problema: due anni di ritardi e di ulteriore disinformazione hanno reso la proposta totalmente inefficace non solo sotto il profilo operativo, ma anche, temo, sotto quello politico. Con la Grecia e la Spagna incapsulate dagli utili idioti, l'Italia si troverà a dover gestire da sola un passaggio molto difficile. Certo, l'uscita concordata sarebbe stata la soluzione più razionale, e lo resta tuttora, cosa che personalmente ho sempre affermato e che solo qualche persona particolarmente dura d'orecchi o di comprendonio può aver frainteso. Ma la razionalità tecnica, col caldo, tende a scollarsi dalla logica politica. Quindi tanto vale che ce lo diciamo e che ci prepariamo psicologicamente: chi vuole giocare alla politica, oggi, deve mettere in campo anche l'ipotesi di uscita unilaterale. Altrimenti sta facendo il gioco di Tsipras, cioè oggettivamente
quello di Bruxelles. Mi stia bene...)