martedì 28 luglio 2015

QED 54: La strana coppia

Mario Monti e Thomas Piketty sono due economisti estremamente diversi, uno pro-austerità, l'altro anti-austerità. Caso vuole, però, che una cosa in comune ce l'abbiano: entrambi pensano che siate troppo ricchi, in particolare se avete casa.

Per Piketty vi ricordo questo, e per Monti godetevi questo:


Si capisce perché è un QED? Perché dimostra che la diatriba sull'austerità vuole semplicemente distogliere la vostra attenzione dal vero problema, l'euro. Naturalmente chi vuole distogliere la vostra attenzione da un problema lo fa perché vuole fottervi. Anche in questo caso c'è chi, dovendo essere fottuto, preferisce esserlo "da sinistra": il capitale lo sa, e manda Piketty a fottere questo tipo di imbecilli. Per chi, lievemente meno imbecille, si accontenta di essere fottuto da destra, basterà il meno disonesto Monti!

QED 53: quando c'è la salute c'è tutto (tre anni dopo).

Molto brevemente, perché poi devo farvi un bel sermone a parte...

Come vedete, le cose stanno andando nella direzione nella quale temevamo sarebbero andate. Mi piacerebbe pensare di essere un menagramo. In realtà, come qui abbiamo studiato insieme, in quanto sta accadendo c'è una logica ben precisa, che ha operato decine di volte nel corso della "terza globalizzazione" (dal 1980 in poi). L'abbiamo descritta in termini letterari come "Romanzo di centro e periferia", e in termini scientifici come ciclo (minskyano) di Frenkel. Ora siamo alla fase finale: la liquidazione. Non potendo svalutare la nostra moneta, svalutiamo noi stessi e il nostro patrimonio...

C'è una frase del Tramonto dell'euro che sicuramente all'epoca molti avranno visto come un eccesso di enfasi retorica. È l'ultima di questo lungo passo che vi riporto, a p. 261:



Ecco: i governi periferici (in particolare, ora, quello greco) vengono messi sotto tutela, come preannunciavano (non è una mia previsione: lo scrivevo nel 2012 perché nel 2012 se ne parlava), e cresce in molti la consapevolezza di quanto fin dall'inizio vi avevo dichiarato: l'euro è il confine fra democrazia e totalitarismo di mercato. Un concetto che prima e dopo di me altri avevano sviluppato meglio di me.

Fin qui tutto bene, cioè tutto male, ma comunque niente di sorprendente. Quello che forse non era chiaro, e che suona relativamente profetico tre anni dopo, è l'ultimo corsivo: "non ci sono limiti a quello che ci potrà essere imposto".

Chissà se oggi laggente capiscono?

Credo che laggente non intuiscano cosa è il fondo da 50 miliardi (o 55?) miliardi di beni pubblici greci. Di fatto, si tratta di pignorare beni di uno Stato sovrano per soddisfare le richieste di creditori privati (banche) che hanno fatto male il proprio lavoro (ribadisco: secondo la stessa BCE), prestando soldi senza discernimento. Questo atto di inaudita violenza politica viene esercitato dalle cosiddette "istituzioni europee", che, come tutti noi sappiamo, hanno una legittimità democratica che va dal blando all'inesistente: non sono eletti i commissari europei (che però possono essere sfiduciati dal Parlamento Europeo, anche se finora quando le cose si son messe male hanno preferito una disonorevole ritirata a una disonorevole sconfitta); non sono eletti i vertici della BCE (che non rispondono a nessuno, nemmeno alla magistratura); non sono eletti i direttori esecutivi del FMI (che se ne stanno a Washington belli come il sole a prendere stipendi a cinque zeri esentasse, ben al riparo dagli elettorati dei quali disciplinano le sorti).

Intendiamoci: non è che un legame con la politica non ci sia. Questi vertici sono, generalmente, nominati, in modo più o meno trasparente, dai governi nazionali. In alcuni casi i cittadini ne hanno notizia. Ad esempio, le vicende della nomina dell'inutile Commissario Europeo Mogherini sono state strombazzate dai giornali per fini propagandistici (fare il "ministro degli esteri" di un "non stato" con una "non politica" estera è compito di prestigio, si sa, e i risultati si vedono, dall'Ucraina in giù...). In altri (FMI, BCE) non arriva nemmeno notizia (se non a chi se la va a cercare).

Cosa dovrebbe esserci nel fondo greco non è poi così chiaro, ma un'idea ve la dà la CNN: aziende e infrastrutture pubbliche. Il famoso "dammi l'ANI" del romanzo di centro e periferia.

Vorrei ricordarvi cosa ci disse Panagotis a Pescara, quando di Grecia ci occupavamo praticamente solo noi in Italia: "per me venire in Italia è come viaggiare nel tempo, tornare a un passato nel quale il mio paese era un paese normale". Guardatevi il filmato, se non lo ricordate: resta istruttivo!


Noi siamo sulla stessa traiettoria, e anche di questo non potrete dire di non essere stati avvertiti (e non potrete nemmeno rimproverarvi di non aver tentato di avvertire gli altri...).

Fra le tante infrastrutture che si possono privatizzare non ci sono solo i porti, o le imprese petrolifere. Anche con gli ospedali si fanno un sacco di soldi: la morte è l'unica certezza che abbiamo, e nella stragrande maggioranza dei casi essa giunge accompagnata dalla malattia. Ne consegue che quello della sanità è un business dove la materia prima non mancherà mai, e dove il dolore è forte elemento di persuasione affinché il cliente paghi, paghi molto, e paghi con solerzia. Ora, voi vedete di cosa parla, per poi smentirlo, il governo? Di tagliare fondi alla sanità. Certo, vi dicono che non sono tagli ma "efficientamento", e che non tagliano le cure ma le analisi (e la prevenzione? Non era meno costosa della cura?). Poi naturalmente smentiscono (senza smentire), ci mancherebbe, e prendono anche un bel bagno al Senato, probabilmente motivato dal desiderio degli "amici" del cialtrone che ci governa di mandargli un pizzino, più che da un sincero interesse del legislatore verso il nostro benessere (ma lasciamo stare).

Il problema è che, come spiegavo già tre anni or sono (mica uno! Tre anni fa ve l'ho detto...), questo balletto di smentite (all'epoca si era esposto Monti, oggi si espone l'amico Yoram), è una chiara applicazione di quello che qui chiamiamo il metodo Juncker: sì, esattamente quel metodo di governo, rectius, di indirizzamento dell'opinione pubblica, teorizzato dal simpatico etilista lussemburghese.

(...gli siamo vicini nell'etilismo, un po' meno nella lussemburghità, a causa di una vecchia ruggine - piccola chicca per intenditori che dedico al lettore di Balzac: lui sa chi è, lui sa cos'è, lui sa perché...).

Il metodo Juncker consiste nel fare in termini incomprensibili una proposta che si teme possa essere considerata inaccettabile, e nello smentirla immediatamente se l'opinione pubblica la capisce e si rivolta, salvo poi ripresentarla periodicamente, fino a quando la gente si abitua ad averla nell'orecchio e non si rivolta più. Sarebbe, insomma, un corollario del principio della rana bollita, teorizzato dal nostro esperto di privatizzazioni, Chomsky.

Voi direte: "Ma che c'entra? Monti parlava di privatizzare la sanità ricorrendo a investimenti diretti esteri (cioè di svendere aziende pubbliche redditizie a investitori esteri senza passare per la costituzione di un fondo come in Grecia), Gutgeld parla di "risparmiare" (cioè tagliare): son due cose diverse!"

Eh, no! Non sono due cose diverse. Tagli al settore pubblico e privatizzazioni sono due momenti della stessa cosa, come vi spiega Christian Rosso nel post precedente, la cosa della quale io vi parlo fin dal 2011 (e qui gli anni di anticipo sono quattro):

In estrema sintesi, la finanza privata ha bisogno dei soldi che lo Stato intermedia nello svolgere la sua funzione mutualistica, assicurativa (in senso lato), nell'interesse dei cittadini, assicurando alcuni servizi (sanità, istruzione, previdenza...). Questi soldi le servono per gonfiare i suoi palloncini, che poi scoppiano lasciando dei buchi che noi riempiamo con le nostre tasse, secondo il meccanismo descritto più in dettaglio qui. La radice del problema, cioè la radicale instabilità della finanza privata, determinata dal suo intrinseco short-termism, ve la presentai fin dall'inizio di questo blog, sviluppando l'argomento ad esempio qui (oltre che nei libri, s'intende).

Il Mercato ha dichiarato guerra allo Stato, l'euro è un'arma del Mercato, e lo Stato siamo noi, anche se molti di noi non lo capiscono. Lo capisce Christian, che è il motivo per il quale domani farò un salto in Campidoglio per salutarlo, tornando da Macerata. Non lo capiscono tanti altri: la guerra fra poveri scatenata dal potere è impressionante. I giovani contro i vecchi (è colpa della pensione di tuo padre se tu non hai un lavoro!), i baristi contro i loro clienti (dipendente pubblico improduttivo, vai in ufficio anziché berti un caffè!), gli imprenditori contro lo Stato (Stato leviatano, taglia la spesa, che poi sono i redditi di chi compra i miei beni...), ecc.

Un delirio di irrazionalità che non può condurre che alla guerra totale, e in fondo al quale resta una sola certezza: la nostra sanità verrà privatizzata a beneficio di grandi multinazionali estere.

Queste, almeno, sono le chiare intenzioni di chi ci governa (più esattamente: il mandato che ha ricevuto da chi lo ha messo lì a governare), e realizzarle sarà facile finché noi continueremo ad avere una visione ristretta, da sciur Brambilla brianzolo, o da maestrino sellino salentino, o da quel che l'è, incapace di andare oltre un grado di separazione dal proprio riverito portafoglio, e quindi sempre pronto ad azzannare un falso nemico.

Questo ho soprattutto apprazzato nel discorso di Christian: il fatto che lui proclami un armistizio fra poveri (nel suo caso, fra conducenti e utenti di un servizio pubblico), una pausa di riflessione per individuare il nemico comune. È lo spirito col quale ho scritto l'Italia può farcela, e chi lo ha letto credo lo abbia capito. Per questo ho diffuso la sua protesta e la sosterrò. Posso dirvi che sono molti a seguirlo con attenzione e affetto, e che l'ATAC è talmente piena di "lievi irregolarità" che, come dire, conviene più a lei che a Christian fare pippa (trattandosi di azienda romana glielo dico in romanesco), e anzi ringraziarlo.

Poi parliamo di noi...

sabato 25 luglio 2015

Chomsky ad Acilia: le privatizzazioni spiegate al cittadino

(...la trasmissione odierna di Omnibus La7 ha sollevato diversi temi, tutti molto interessanti. La trovate qui. L'esegesi sarebbe lunga, e la affido a voi. Mi dispiace per gli imbecilli (ma anche gli intelligenti) che volevano veder scorrere il sangue. Non ditemi mai cosa devo fare: avrete l'incertezza che io faccia il contrario. L'incertezza, perché se fosse certezza, allora vi sarei subalterno: decidereste voi, dicendomi il contrario di quello che volete. Invece decido io cosa fare, e oggi ve lo avevo detto prima. Che ne dite, ci sono riuscito? Bene. Ora sapete che quando sarò primo ministro potrò tranquillamente andare da Frau Merkel, e persuaderla (nella sua lingua) che in effetti è meglio per tutti che questa storia finisca. Una guerra è fatta di molte battaglie, di imboscate, di ritirate, di sconfitte, di armistizi, di terrorismo, di eroismo, di viltà. Il nostro alleato è il tempo. Quelli che "Monti è criminale" nel 2012 sono riusciti a dirlo solo in una trasmissione che visibilmente la buttava in vacca e non saranno mai considerati interlocutori autorevoli nemmeno da chi li pagava per non sembrarlo.

Questo è un altro campionato.

Chiusa questa breve nota metodologica, passiamo rapidamente al contenuto di questo post, che vi esorterei a condividere il più possibile perché chiarisce alcuni concetti sui quali forse sarebbe il caso che attiviate l'attenzione del prossimo vostro. Se poi quel prossimo è anche, o pretende anche, di essere minimamente evoluto intellettualmente (cioè è un piddino), potrete dargli come quadro di riferimento Crisi finanziaria e governo dell'economia: un articolo scritto per i colleghi giuristi, quindi non tecnico, ma sufficientemente rigoroso nell'analisi. Quando lo scrissi non avevo idea di come la pensasse Chomski, ma mi sembra abbastanza chiaro che su quali siano gli scopi, e soprattutto le regole, del gioco abbiamo comunanza di vedute...)

Noam Chomsky sulle privatizzazioni



Traduzione per diversamente europei a cura di Christian Rosso




Dove sono gli utili idioti?

Non ne ho idea, ma non sono preoccupato, e non dovreste esserlo nemmeno voi. Ho scoperto che sono diventati inutili, non solo perché chi ha un problema, oggi, se ha le palle come Christian, può fare da sé, con non minore impatto drammaturgico, ma anche perché loro, i professionisti della denuncia, hanno un'elevata elasticità di sostituzione rispetto al capitale (che inconsapevolmente - ? - difendono, porelli). Quindi, come dire, per fare a meno di certi difensori della vedova e dell'orfano basta un minimo input di capitale.

Allora, vi chiarisco un concetto: Chomsky è bravo, ma quell'altro, Christian, sta facendo la stessa, stessissima, identica cosa che ho fatto io e non hanno fatto tanti altri: denunciare le storture della propria professione, essendo però lui (Christian) molto, ma molto, ma molto meno tutelato di me (per non parlare di Gallino).

Nel filmato si vede che ha paura, cioè che ha coraggio, perché se non avesse avuto paura sarebbe semplicemente stato un incosciente (come me), non un coraggioso. Chissà se ora capite perché sono così incazzato verso tante persone la cui libertà di espressione è tutelata (per ora) dall'ordinamento, i cui globi oculari sono provvisti di regolare retina, le cui orecchie sono provviste di adeguata staffa, ma che apparentemente sono privi di laringe, o forse di qualcos'altro.

Pretendo che gli facciate sentire almeno la vostra solidarietà, perché è estremamente probabile che non se la passerà bene.

Dixi.


(non torno sull'argomento dei giullari di regime. Quello lo affronteremo a tempo debito. Sarà mia cura illustrar loro alcuni proverbi ghanesi. Indovinate un po' quali...)

Omnibus: istruzioni per l'uso

Dilettissimi fratelli e sorelle,

domani (che poi sarebbe oggi) me tocca Omnibus con Paolo Mieli, Mario Sechi, Francesco Rutelli, sotto la ferula di Alessandra Sardoni. Giocherellando con la Vulgata sull'iPhone, guardate un po' cosa mi è capitato sotto gli occhi?


16 Ecce ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae.
17 Cavete autem ab hominibus; tradent enim vos in conciliis, et in synagogis suis flagellabunt vos;
18 et ad praesides et ad reges ducemini propter me in testimonium illis et gentibus.
19 Cum autem tradent vos, nolite cogitare quomodo aut quid loquamini; dabitur enim vobis in illa hora quid loquamini.
20 Non enim vos estis, qui loquimini, sed Spiritus Patris vestri, qui loquitur in vobis.


Eh, quanto è vero... Nolite cogitare quomodo aut quid loquamini...

È inutile pensarci, perché



Allora, io ora ci dormo sopra, poi Dieu et mon droit.

Chi, sentendomi parlare domani, fosse punto dalla vaghezza (vaghezza, che vuol dire desiderio, perché noi si dice vago: lo diceva la mi' nonna, spesso in negativa - "non ne sono vaga" - e lo diceva quell'altro, sapete: "vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva...), fosse punto, disais-je, dalla vaghezza di passare da queste parti, magari perché potrebbe capitargli, chi sa, di avvertire una certa coerenza interna nel mio discorso, la coerenza delle cose che funzionano (si parva licet...), suggerisco il solito percorso didattico, e magari, visto che la Grecia va di moda, un rapido ripasso di quello che nani e ballerine di regime non vogliono che sappiate. Magari, dopo questo breve cammino, le parole profferite dai viventi pilastri del tempio della Natura (economica) gli appariranno meno confuse...

I greci sono stati traditi, e noi lo sapevamo, così come siamo stati traditi noi (e purtroppo sapevamo anche questo).

Ma per capire che due più due non fa cinque bisogna saper contare almeno fino a tre:



giovedì 23 luglio 2015

Gallino (breve compendio di istruzioni ad uso dei pentiti di euro)



(come molti blog, credo, anche questo si è basato e si basa sul sano principio del facit indignatio versum. In un periodo in cui tutto è così prevedibile – per noi che studiamo insieme da quattro anni – da dire ci sarebbe veramente poco. Anche ciò di cui vi parlerò oggi era prevedibile e da noi previsto, ma il modo in cui si verifica mi turba lievemente e mi motiva a condividere seco voi, dilettissimi fratelli e sorelle, alcune serene considerazioni...)

(Vladimiro Giacché freundlich gewidmet...)

Nella lotta contro qualsiasi forma di criminalità organizzata i pentiti costituiscono una risorsa preziosa, che l’investigatore saggio cercherà di sfruttare al meglio. Il pentito, si badi, non dà solo informazioni agli investigatori. Sono spesso molto più preziose le informazioni che, per il fatto stesso di pentirsi, dà ai suoi ex-complici: l’aria sta cambiando! Starà alla sagacia dell’investigatore far tesoro sia delle informazioni che riceve lui, sia di quelle che ricevono (indirettamente) i membri dell’organizzazione (che quando succede una cosa del genere magari si sfalda un po’).

Certo, l’investigatore deve essere bravo. Ma anche il pentito bisognerà che ci metta del suo. Questo vale anche e soprattutto per quella forma di criminalità particolarmente male organizzata che è il cosiddetto “progetto europeo”. Vi propongo un esempio, a seguito del quale svilupperò alcune brevi e pacate considerazioni.

Allacciate le cinture...

Luciano Gallino 2011
Alla domanda su un eventuale ritorno alle valute nazionali risponde:

“Sarebbe una pura follia. In primo luogo il ritorno a diciassette monete diverse solleverebbe difficoltà tecniche assai complicate da superare, poiché l’integrazione economica, finanziaria e legislativa tra i rispettivi paesi ha fatto nel decennio e passa dell’euro molti passi avanti. Inoltre parecchi paesi avrebbero a che fare con tassi di scambio catastrofici. Tra di essi vi sarebbe sicuramente l’Italia. Il giorno dopo un eventuale ritorno alla lira ci ritroveremmo con il franco a 500 lire (era a 300 quando venne introdotto l’euro), il marco a 2.000 (era a 1.000) e la sterlina a oltre 3.000. A qualche imprenditore simili tassi possono far gola, poiché favoriscono le vendite all’estero; ma essendo quella italiana un’economia di trasformazione, che all’estero deve comprare tutto, dal gas ai rottami di ferro, il costo degli acquisti dall’estero le infliggerebbe un colpo insostenibile.”

Insomma, una roba tipo questa.

All’epoca (settembre 2011) commentai serenamente con un “Basta!”, che trovate in calce all’esternazione.

Luciano Gallino 2015
“Nel caso invece che qualcosa si volesse fare, una soluzione potrebbe esserci. La UE convoca una Conferenza sul Sistema Monetario Europeo, il cui punto principale all’ordine del giorno dovrebbe essere la soppressione consensuale dell’euro, ed il ritorno alle monete nazionali con parità iniziale di 1 rispetto all’euro. Altri punti dovrebbero riguardare la preparazione tecnica della transizione, e una estesa campagna di informazione pubblica prolungata per mesi.”

(il link ve lo cercate perché personalmente non ritengo di dover collaborare, perdonatemi...)

Dal vangelo secondo Luca
Ita dico vobis: Gaudium fit coram angelis Dei super uno peccatore paenitentiam agente quam super nonaginta novem iustis, qui non indigent paenitentia.

Considerazioni
Colpo di scena! Cosa abbiamo qui? Abbiamo uno studioso che, per mia colpa, non conoscevo se non per la sfolgorante lieve imprecisione nella quale mi ero imbattuto nel 2011, ma del quale so essere sciamano particolarmente autorevole presso la tribù piddina, che dice (oggi) l’ovvio.

Si tratta di un dato politico da non sottovalutare e da gestire con oculatezza.

Ci insegna infatti Vladimiro ne La fabbrica del falso, e ci ripete assiduamente su Twitter, che oggi dire l’ovvio è un gesto rivoluzionario. Nulla di nuovo sotto il sole: l’ovvio altro non è che la declinazione più stucchevole del vero, di quella verità che sola potrà renderci liberi, come diceva un noto blogger del primo secolo, e che, come avrebbe poi detto una nota mummia del XX secolo, è in sé rivoluzionaria.

Mi sovviene qui un altro dibattito in corso fra me e Vladimiro, laddove lui mi esorta a decidere se io preferisca avere niccianamente ragione da solo, o tentare di aggregare un fronte politico. Nel secondo caso, va da sé, sarebbe meglio accogliere a braccia aperte chiunque, e tanto più personaggi che per la loro valenza simbolica possono dare un segnale significativo alla cosca di Bruxelles e soprattutto ai suoi capibastone locali. Io, figuratevi, sono evangelico. Qui abbiamo gioito per la redenzione di così tanti peccatori insignificanti! Quante volte abbiamo condiviso la vostra esultanza per aver incrinato le ottuse certezze dei vostri parenti piddini (in senso antropologico, non politico, lo ricordo: il piddino è il mediocre che sa di sapere, a prescindere dall’appartenenza politica al PD, che pure registra una percentuale statisticamente anomala di questi soggetti), il vostro gaudio per aver seminato il germe nel dubbio nel collega, o nel compagno di squadra, insomma: nel prossimo vostro. Erano piccole vittorie, ma quanto sudate! E perché costava così tanto convincere persone altrimenti sensate di ciò che in fondo era, appunto, ovvio (nonché affermato dalla migliore letteratura scientifica, come voi ben sapete)? Perché mai il vostro compito era così arduo? Perché tanto strazio? Perché tante famiglie lacerate? Perché questo clima di incipiente guerra civile?

Leggete Gallino 2011 per darvi una risposta.

Non se ne abbia il professor Gallino se per inquadrare la sua figura ho usato il termine “sciamano”: non l'ho certo fatto per dileggio, anzi. Ho usato questo termine in senso tecnico e non figurato (per intenderci, non come quando quelli della sua parte mi chiamano guru)! Il fatto è che lui è studioso autorevole nel suo campo (che non è il mio) e questo, ovviamente, nessuno glielo toglie. Ma c’è un’altra dimensione da tenere in considerazione nel problema che qui ci tocca. Ed è il fatto che se un sistema così irrazionale si è potuto sostenere così a lungo, se ha lacerato così tante famiglie, se ha frantumato la coscienza di classe di intere generazioni, condannandole a una sottoproletarizzazione apparentemente irreversibile, se ha fatto così tanti morti (e tanti altri ne farà), ciò dipende essenzialmente dalla regressione della sinistra a un pensiero magico sull’Europa, pensiero del quale tutti gli autorevoli padri nobili che hanno sostenuto il “progetto europeo” sono stati sciamani, intesi, in senso tecnico, come “persone che assumono all’interno della propria comunità il ruolo di tramite con le entità soprannaturali come gli spiriti del cielo o degli inferi, le anime dei defunti, l’Europa” (dalla Treccani, con una lieve integrazione).

Come dice un homme de qualité che sta lanciando un progetto nel quale sarò lieto di farmi coinvolgere “il Verbo della tecnocrazia e della moneta unica e irreversibile è assurto a dogma provvisto di ieraticità e sacralità (elementi squisitamente premoderni, indice di spaventosa regressività)”. E questa moneta unica, mi par di vedere che nel 2011 il professor Gallino la difendesse, direi in modo oltremodo premoderno, à la Platerotì, per gli intenditori...

Attenzione!

Io sono quello del bicchiere mezzo pieno! Fa tanto più onore al professore, che procedeva da un punto di partenza lievemente svantaggiato (oggettivamente, una crisi economica può essere meglio compresa da un economista), essere infine pervenuto alle conclusioni cui è arrivato, e per questo vedi alla voce “gaudium fit...”. Tuttavia è un dato di fatto, che purtroppo assume rilevanza politica (e in quanto tale non può essere ignorato, e deve essere gestito in qualche modo, nell’interesse di tutti), che se in effetti ci sarebbe bisogno oggi di una campagna di informazione particolarmente capillare e prolungata, come il professor Gallino giustamente mette in evidenza, questo è anche perché per tanto tempo persone come il professor Gallino hanno attivamente disinformato, e lo hanno fatto in un modo ahimè censurabile (mi duole rilevarlo) sotto il profilo dell’etica professionale: parlando ex cathedra in materia che non era la loro (vedi l’annata 2011, una delle migliori), della quale ignoravano visibilmente i rudimenti (qui tutti sapete cos’è il pass-through, ma non è detto che a sociologia lo si insegni, il che non toglie certo valore a questa materia, s’intende...), motivo per il quale erano irresistibilmente e inconsciamente portati, anche laddove pensavano bona fide di voler combattere il neoliberismo (sempre “neo”, eh, mi raccomando! Non si capisca che è un film già visto...), ad adagiarsi sul linguaggio magico del più bieco liberismo da Chicago boy, sine dolo, s’intende, quasi modo geniti infantes, va da sé...

(agli imbecilli di turno consiglio di guardarsi questa regola di grammatica...)

Ora voi direte: se non vuoi ispirarti a Nostro Signore, ispirati almeno a Vozutuk! A nemico che accorre ponti d’oro! (Soprattutto se chi accorre è stato fino a poc’anzi discepolo di Etarcos...).

Eh, sì, io sarei anche d’accordo con voi, ma non so se ve ne rendete conto (il professor Gallino temo di no, perché è stato assente dal luogo del vero dibattito, ma voi forse sì): purtroppo i ponti attraverso i quali potevamo far accorrere i nemici (perché tali sono stati, non nascondiamoci dietro un dito: nemici del nostro paese – ha ragione Roberto Buffagni – perché nemici del buon senso – ha ragione Alberto Montero Soler), quei ponti, ahimè, sono saltati con la pubblicazione del mio post sul Manifesto, e definitivamente distrutti da quattro anni di attività divulgativa (e, dall’altra parte, di solenni minchiate) che hanno scavato un autentico burrone fra i pasdaran del Fogno europeo e gli umili servitori del buon senso. Io potrei anche starmi zitto, e forse farei bene a farlo, chissà. Ma ormai il dibattito su questi temi, ahimè, ha tratto linfa e forma dalla mia divulgazione (esempio). Ne consegue che chi oggi scopre l’acqua calda si trova in re ipsa dall’altra parte del burrone, dalla parte di quelli che finora hanno attivamente ostacolato la nascita di un dibattito (ricorrendo anche a forme più o meno velate di censura) e lo hanno comunque inquinato disinformando. Forse potremmo gettare una corda, provare a fare un ponte tibetano, ma per operazioni di questo tipo occorre che anche e soprattutto chi è dall’altra parte collabori, e per collaborare occorre che scelga bene i tempi, i luoghi e i contenuti.

I tempi (e le responsabilità)
Chi si pente oggi deve partire dalla consapevolezza, profondamente vissuta e dolorosamente esibita, del fatto che è comunque troppo tardi.

Questo lo dico soprattutto a beneficio di Vladimiro, che in privato mi ha visto prendere a badilate (e in qualche caso anche a badialate) nei denti alcuni timidi pentiti, che mi si rivolgevano non so bene perché. In questi casi a me torna in mente sempre questa scena, ed essendo io animale letterario, più che sociale, a quel modello mi ispiro per gestire i pentiti. Dopo di che Vladimiro mi cazzia. Ma il problema secondo me è questo: posto che un certo tipo di operazione, per quanto sterile sia, ha comunque un valore liberatorio (per cui rinunciare ad essa a me personalmente costa), cosa pensiamo di poter ottenere da chi si converte oggi, soprattutto se non sceglie bene luoghi e contenuti (per i quali vedi sotto)? Pensiamo veramente che si possa arrivare, ormai, a una soluzione politica del casino nel quale ci hanno messo i diversamente sagaci che pensavano di poter risolvere il nazionalismo creando una supernazione europea (salvo poi accorgersi d’un tratto, come il professor Gallino efficacemente fa, che questo progetto era appoggiato da una serie di falangi armate dell’ultraliberismo mondiale)? Pensiamo che la loro diversa sagacia possa esserci di aiuto in queste circostanze?

Io credo di no.

Temo che uno sbocco di inaudita violenza sia ormai ineluttabile, dopo trent’anni di pensiero magico perché regressivo e regressivo perché magico, e quindi mi chiedo sinceramente che senso abbia tendere una mano a chi se non ci ha sputato in faccia ci ha comunque messo i bastoni fra le ruote diffondendo una visione terroristica dell’unico scenario razionale, a chi comunque è politicamente e intellettualmente responsabile di tanto orrore e di tanta distruzione.

Perché il problema della responsabilità morale e politica esiste, e non dovremmo dimenticarlo, soprattutto se vogliamo almeno far finta di evitare uno sbocco violento.

Attenzione! Nel caso del professor Gallino l’effetto reputazionale (vulgo: il pizzino implicitamente mandato agli ex-complici del progetto eurista) ha un valore notevole, del quale sarebbe stupido privarsi.

Tuttavia, se il professor Gallino oggi è sincero – come credo che sia – nel suo gesto di proclamazione dell’ovvio, mi permetto di dargli un consiglio del quale se non lui, spero che gli altri illustri pentiti, che non tarderanno ad arrivare, facciano tesoro, proprio allo scopo di rendere più efficace (in primo luogo nell’interesse di chi lo compie) un gesto che comunque deve essere costato un certo travaglio interiore. Affinché da questo travaglio non nasca un aborto, mi permetto di esortare il professor Gallino se non a chiedere scusa, quanto meno ad ammettere di essersi sbagliato. Fra le sue affermazioni del 2011 e quelle attuali c’è un baratro che deve essere comunque colmato, nell’interesse di chi lo ha prima scavato e poi miracolosamente attraversato.

In questo modo il gesto acquisirebbe una valenza politica clamorosa.

Certo, sarebbe pienamente efficace, un simile gesto, solo se un politico di rilievo della cosca di Bruxelles (un Bersani, per dire), uno di quelli che dicevano “noi siamo quelli dell’euro”, avesse il coraggio morale e civile di compierlo. Se arrivasse da livelli così alti il segnale che è stato commesso un errore cui bisogna rimediare nel comune interesse, il dibattito in Italia progredirebbe veramente, veramente si avrebbe quella discontinuità che Fassina spesso invoca. Ci sono mille e uno modi per ammettere un errore riducendo i costi politici che una simile ammissione porta con sé. Basterebbe dire, ad esempio, che non era possibile percepire immediatamente quanto un sistema nato quando il principale problema economico era l’inflazione e l’Unione Sovietica era ancora temibile non avesse cittadinanza in un mondo in deflazione, nel quale tutti gli assi geopolitici hanno cambiato orientamento. Mica dico di mettersi il cappio al collo e cospargersi il capo di cenere, s’intende. Dico di evitare che qualcuno tuffi studiosi autorevoli, o politici onesti (definizione sulla quale non mi dilungo), nel catrame e li cosparga di piume (prassi statunitense, come statunitense è il progetto europeo, e che io depreco in quanto sbagliata, non in quanto statunitense, come sbagliato è il progetto europeo).

L’ammissione di aver emesso valutazioni errate, e la descrizione del cammino che ha condotto a mutare il proprio orientamento, avrebbe un enorme valore politico, anche perché chi ancora è radicato nel pensiero magico grazie alla disinformazione dei conversi potrebbe, dalla descrizione di quel cammino, trarre stimolo per evolvere verso un pensiero razionale, dal quale, per necessità logica, consegue l’esigenza di smantellare l’orrore europeo.

L’esigenza (che il Galateo avvalora) di scusarsi per il ritardo è naturalmente tanto meno pressante quanto minore il ritardo. Anche qui, come dire, una oculata scelta dei tempi può fare molto.

Le parole del professor Gallino escono, mi par di capire, il 19 luglio del 2015, ma, si dice, sono state scritte a giugno. Episodi, certo involontari, di questo tipo sono controproducenti, perché si prestano a una interpretazione maliziosa, che noi certo non condividiamo: quella che l’autore abbia voluto aspettare di vedere come andava la vicenda dell’amico Tsipras, e poi, preso in faccia lo schiaffo della sconfitta, si sia affacciato a dire la sua, che forse non avrebbe detto se una “vittoria” di Tsipras avesse affermato – per quanto in modo effimero – la menzogna che tutti gli utili tsiprioti del capitale internazionale ci ripetevano: quella che un altro euro fosse possibile. In effetti, questa scelta dei tempi, volontaria o meno, oggettivamente denota un tatticismo che la posta in gioco rende francamente incomprensibile: la verità, se la si è capita, brucia in tasca, nessuno lo sa meglio di noi. Ne consegue che chi aspetta a spenderla forse non ne è sinceramente convinto.

Il fatto è che, appunto, altre parole del professor Gallino ci fanno capire come la sua affermazione dell’ovvio poggi su basi ancora fragili (e quindi forse non sia tanto rivoluzionaria). Dice infatti il professore:

“La richiesta di una Conferenza sull’Unione Monetaria dovrebbe essere presentata alla UE da alcuni paesi di primo piano, con il sottinteso che un rifiuto netto potrebbe indurre ognuno di essi o all’uscita dall’euro o al disconoscimento di numerose norme UE che violano i diritti umani o addirittura si configurano come foriere di crimini contro l’umanità. Non mancano nella UE i giuristi in grado di predisporre la documentazione necessaria. Al presente, i soli paesi disponibili a tal fine sono forse la Grecia, ammesso che “al presente” essa sia ancora nell’euro o il governo Tsipras non sia stato strangolato dalla Troika; e la Spagna, nel caso di una vittoria di Podemos alle elezioni dell’autunno 2015.”

Nel dire questo il professore dimostra una preoccupante difficoltà di lettura dei processi in atto. Par di capire che egli ritenga che Syriza avesse margini di manovra, e che Syriza e Podemos siano movimenti progressivi. Che Tsipras avrebbe fallito noi lo sapevamo da gennaio, e non perché giochiamo a dadi con Dio (ma solo per rispetto: lui, si sa, non ama questo passatempo), ma perché la nostra lettura della deriva demagogica e paternalista (quindi regressiva) e della impreparazione tecnica delle sinistre cosiddette “radicali”, lettura avvalorata da argomenti estremamente cogenti, conduceva necessariamente a questa conclusione. Non c’era dubbio che il governo Tsipras si sarebbe fatto strangolare dalla troika, per il semplice motivo che chi dice “sì euro, no austerità” di fatto è la troika (nel senso che, affermando una menzogna tecnica, si costituisce utile idiota delle forze reazionarie). Vis grata puellae. Aspettarsi quindi che Syriza o Podemos potessero o addirittura possano oggi avere una funzione progressiva (se non indirettamente, attraverso la loro necessaria e da noi prevista umiliazione) prova una certa ingenuità nella percezione dei processi in atto. Chi procede da una menzogna (“esiste un altro euro!”) è necessariamente condannato a rinnegare le promesse elettorali, quando la verità bussa alla porta (magari annunciata da un beffardo Schäuble), per poi fallire. Questa è la principale lezione della vicenda greca, e come può aiutarci chi non la impara in fretta?

Qui si apre un altro tema di riflessione.

Ci servono veramente alleati che, ancorché dotati di autorevolezza e quindi meritato seguito, non hanno pienamente compreso cosa sta succedendo? Ci serve portarci dietro persone che pensavano e forse ancora pensano che un’altra “Europa” (cioè euro) sia (stata) possibile? Noi sappiamo che non lo è mai stata perché abbiamo con umiltà letto nella politica economica, nella storia, e nelle scienze politiche, le motivazioni profonde della costruzione di questa “Europa”: in sintesi, l’affermazione del pensiero unico liberista, dell’amica TINA, come (oggi) il professor Gallino lucidamente vede. Ma chi non ha fatto questo percorso, il nostro percorso, quanto potrà essere convinto, e quindi convincente? Le esperienze che ho fatto, in compagnia di Vladimiro, ma anche da solo, di coinvolgimento di quelli che “sì vabbè le cose ora non vanno ma comunque un altro euro era possibile” sono state totalmente fallimentari. Purtroppo la dimensione magica, sciamanica, tende a prevaricare il ragionamento razionale, anche quando ti sei preso uno stivale chiodato sui denti, non c’è nulla da fare. E allora, forse, magari evitando di baciare un cavallo, ma la soluzione nicciana non mi sembra meno efficace di quella “politica”, perché quest'ultima è destinata a sicuro fallimento se i compagni di strada sono malfermi nel loro passo.

I luoghi
La ritrattazione del professor Gallino esce sul sito dell’Altra Europa per Tsipras. A vedere il bicchiere mezzo pieno, questo le conferisce un valore dirompente, spettacolare: la lista “Altra Europa per Tsipras” pubblica un documento che smentisce e contraddice le sue parole d’ordine nella campagna elettorale per le europee (e dopo). È come far brillare una mina nella roccaforte nemica (perché, lo ribadisco: chi si trastulla con l’idea che un altro euro sia possibile è un nemico della nostra democrazia, come io e pochi altri abbiamo sufficientemente argomentato e come ora la stampa internazionale gradatamente ammette. Ripeto: la democrazia non ha "avversari": ha nemici).

C’è però anche un downside, come sempre.

Il luogo della promozione del dibattito sull’euro in Italia è stato un altro. Rinuncio a spiegarvi quale, voi lo sapete. E anche qui: chi non lo sa, quanto è affidabile come catecumeno? Due best seller, uno pluripremiato, un altro vedremo, dei quali è difficile che chi è interessato al tema non abbia sentito parlare, un blog in costante crescita perché è diventato il cuore della resistenza al regime, una associazione che ha organizzato e organizza eventi di livello internazionale, dei quali la stampa estera (e ormai anche quella italiana) riferisce. Chi lo ignora, questo luogo, lo fa a rischio della propria credibilità, e comunque della propria efficacia: io oggi sono 1567° in Italia nella classifica Alexa, il sito della Lista Tsipras è 15523°. Ce lo siamo detto varie volte...

Lo dico in un altro modo: è inutile, e sottilmente sleale, nei risultati se non nelle intenzioni, scagliarsi contro Renzi, assurto al ruolo di nemico di turno (qualcosa di cui la sinistra pare abbia un gran bisogno), se lo si fa dalla tribuna di quelli che oggettivamente sono stati i suoi (di Renzi) utili tsiprioti (e ci siamo capiti), perché hanno condiviso con lui, come valore fondante di un discorso e di un percorso politico, il mantenimento senza se e con un solo ma della moneta unica: teniamoci l’euro ma facciamo meno austerità. Anche chi non aveva tutti gli strumenti per capire a priori, deduttivamente, quanto questa posizione fosse intrinsecamente truffaldina, dopo la débâcle greca e le brillanti analisi che ne sono state proposte in varie sedi (qui, qui e qui: la mia era stata fatta a gennaio e non l’ho ripetuta) può arrivarci induttivamente,  a posteriori. Dal punto di vista della contraddizione principale che affrontiamo Renzi e la Spinelli sono del tutto equipollenti ed equivalenti. Sì, certo, differiscono per antropologia (e per genere, come oggi si suol dire). Ma il loro discorso politico è comunque di subalternità al progetto fallimentare che ci opprime. Ripeto: scegliere questo megafono per lanciare un messaggio così rilevante può anche essere una scelta acuta, dirompente.

Ma solo se viene fatto in modo deliberatamente provocatorio.

Se questa non fosse l’intenzione, rimarrebbe negli astanti il dubbio che il professore non abbia esattamente colto le regole del gioco. C’è una linea tracciata in mezzo al campo, e quella linea è l’euro: ironia della sorte, esattamente quell’oggetto che nella narrazione degli im...genui avrebbe dovuto cancellare quelle altre linee, gli aborriti confini nazionali, da abolire perché l’Eurogendfor possa venirti a prendere ovunque tu sia, se non ti pieghi al pensiero unico. Chi è da una parte della linea non può essere dall’altra, per il principio aristotelico del terzo escluso (visto che va di moda la Grecia). Semplice, no? Il difficile, per molti, mi pare sia capire da che parte della linea si trovano, prima e più ancora del perché sarebbe opportuno o meno trovarcisi!

Scusiamo il disorientamento, e ci offriamo umilmente come ago magnetico. Chi attira 700000 lettori al mese (che sono pochi, ma buoni) un certo magnetismo può rivendicare di averlo...

I contenuti
Eh, insomma, anche i contenuti... Ci sarebbe quella cosa delle scuse, o quanto meno dell’ammissione esplicita di averla pensata diversamente, corredata da una esauriente e convincente spiegazione di come si è passati da una posizione all’altra, che possa aiutare chi ancora erra a vedere la luce. E questo è il tema fondamentale.

Poi ci sono delle considerazioni accessorie. Io devo, con rispetto e amarezza, mettere all’evidenza del professor Gallino il fatto che certe cose, oggi, non si possono più dire.

Dopo quattro anni di Goofynomics, con tutto quello che ha significato per la coscienza collettiva di chi intuiva quale disastro ci fosse stato regalato dai padri “nobili”, si perde fatalmente credibilità se si dicono cose del tipo “gli economisti hanno sbagliato”! Siamo proprio sicuri che sia così? Quello che oggi la stampa internazionale scopre, i miei lettori lo sanno già da quattro anni: gli economisti non hanno sbagliato. Questa non è una difesa corporativa. Anzi, al contrario! È una chiara messa in stato di accusa di quei complici del progetto eurista, di quei nemici del nostro paese, che hanno tradito i principi primi della propria professione proclamando il pensiero magico (e inducendo così nell’errore anche intellettuali stimabilissimi, ma sprovveduti delle necessarie competenze tecniche, come il professor Gallino). Buttarla però sul qualunquista, accusando una intera professione del fallimento di alcuni suoi esponenti marci dentro, non è progressivo, perché se si rifiuta l’idea che esista un pensiero scientifico l’alternativa qual è? Il pensiero magico, appunto! Esprimersi in termini razzisti su una intera professione senza avere la benché minima idea di quanto essa abbia fatto per mettere in guardia i politici da certe scelte è quindi funzionale al mantenimento di un potere sciamanico al quale oggi occorre che tutti rinunciamo, per fare, tutti noi intellettuali, la scelta che è stata fatta qui: quella di metterci al servizio della nostra comunità educandola a pensare collegando in modo corretto le evidenze fattuali.

Avrei qualcosa da dire anche sui ragionamenti che il professor Gallino svolge circa l’importanza della ricerca e sviluppo (ragionamenti che, se pur non privi di fondamento, risentono un po’ del pensiero magico “offertista” alla base dell’ideologia che il professore ritiene di combattere – ma queste sono sfumature per gli addetti ai lavori), sui motivi del calo degli investimenti, e su altre questioni di dettaglio. Queste sono cose sulle quali, appunto, si può discutere, e in alcuni di questi aspetti (esempio: le conseguenze sociologiche dell’automazione) io mi inchino volentieri alla sua autorità.

Ci sono però delle cose non negoziabili, nella necessaria (ancorché radicalmente inutile, perché fuori tempo massimo) costruzione di un percorso comune. La principale è questa: non si può più dire che un altro euro o un’altra Europa siano possibili. Con chi non riconosca esplicitamente questa impossibilità fattuale non ha senso tentare un cammino comune. L’unica Europa possibile è quella che è esistita prima dell’euro e che esisterà dopo di esso. Quello che i fantocci di un potere totalitario e classista hanno chiamato “Europa” per un trentennio è solo un esperimento particolarmente anomalo e fallimentare di integrazione economica, mal assortito con un aborto di integrazione politica. Di quest’ultima mi pare, a dire il vero, che il professor Gallino percepisca il nonsenso. Un utile ausilio per comprenderla compiutamente lo fornisce l’opera di Giandomenico Majone (ma potrei citare Frey, o Zielonka, o tanti altri...). Credo che vi sarà necessario accostarla ai miei libri, su uno scaffale più alto della libreria (il mio lavoro essendo più “basso”, perché ha voluto essere più vicino agli umili, ai quali emotivamente mi sentivo prossimo e che non ho voluto, a rischio della mia carriera, abbandonare agli sciamani).

Sintesi
Bene. Se vogliamo compendiare questo manualetto ad uso dei pentiti di euro in tre rapide istruzioni, affinché il loro sforzo di maturazione sia fruttuoso, ci sentiamo di dar loro tre suggerimenti:

1) Parlate ora: è già tardi.

2) Scegliete bene dove parlare: esperimenti politici falliti non sono un pulpito autorevole dal quale esprimersi.

3) Parlate chiaro: valutazioni ambigue, o che esulino dal proprio campo professionale, espongono fatalmente a perdita di credibilità.

Tutto molto semplice, che poi è il motivo per il quale ci si domanda come mai si sia dovuto aspettare il luglio 2015 per arrivarci. Vedremo, da domani, se chi è arrivato lo ha fatto con lo spirito giusto. Quando si aspetta molto tempo a fare la cosa giusta, non conta più solo il farla, ma anche e soprattutto il come la si fa. Non è un gioco: è morta tanta gente. L’empatia è come il coraggio, che da essa, del resto, trae alimento: chi non ce l’ha non se la può dare.

Ma fingerla non costa nulla


(...e mmo chi 'o sente a Vladimiro?...)

(...ah, professore, se ha letto fino a qui, la ringrazio per aver rispolverato nel 2015 una nostra proposta che poteva avere un senso quando venne fatta, cioè nel 2013. Per aver aderito a quella proposta venni preso a sputi da tutti quelli per i quali lei è un augusto riferimento. Oggi la propone lei, e questo è il mio risarcimento, ma purtroppo c'è un problema: due anni di ritardi e di ulteriore disinformazione hanno reso la proposta totalmente inefficace non solo sotto il profilo operativo, ma anche, temo, sotto quello politico. Con la Grecia e la Spagna incapsulate dagli utili idioti, l'Italia si troverà a dover gestire da sola un passaggio molto difficile. Certo, l'uscita concordata sarebbe stata la soluzione più razionale, e lo resta tuttora, cosa che personalmente ho sempre affermato e che solo qualche persona particolarmente dura d'orecchi o di comprendonio può aver frainteso. Ma la razionalità tecnica, col caldo, tende a scollarsi dalla logica politica. Quindi tanto vale che ce lo diciamo e che ci prepariamo psicologicamente: chi vuole giocare alla politica, oggi, deve mettere in campo anche l'ipotesi di uscita unilaterale. Altrimenti sta facendo il gioco di Tsipras, cioè oggettivamente quello di Bruxelles. Mi stia bene...)

martedì 21 luglio 2015

QED 52: la Grecia al tempo della Troika

I lettori più affezionati di questo blog, quelli che mi hanno visto prevedere il fallimento di Monti, poi quello di Hollande, poi quello della Finlandia, poi quello di Tsipras, più una serie di altri dettagliuzzi di contorno, qualche volta portati alla vostra evidenza da opportuni QED (quod erat demonstrandum), i lettori più affezionati, dicevo, ormai ci hanno fatto l'abitudine, si sono rassegnati. Purtroppo, a differenza di quanto accade a quello che dice la maggior parte dei miei colleghi, quello che dico io normalmente si avvera. Questo, ci tengo a precisarlo non per modestia (che non ho) ma per onestà (che non hanno gli altri), non perché io sia particolarmente bravo: vi ho spiegato fin dall'inizio con estremo puntiglio che non esiste alcuna "teoria di Bagnai": è tutta roba che si sa da decenni, anche se intorno le riscoperte dell'acqua calda fioccano. Il mio vantaggio è stato solo quello di non aver interessi particolari da difendere (la carriera, il posto in banca, ecc.), e di potermi quindi limitare semplicemente ad applicare quello che ho imparato nei libri di economia.

In questi giorni, dopo la prevedibile (da noi) sconfitta greca, è un tripudio di QED. In Italia la sinistra sbilifestina, e nel resto del mondo un po' tutti, dopo essersi presi una scarpata in faccia, tornano su posizioni di buon senso (quelle che sono sempre state nostre), e scoprono, o fingono di scoprire, che nell'integrazione monetaria europea c'è qualcosa che non va (quello che noi diciamo da cinque anni, ma si sapeva da cinquanta).

Quando queste persone appartengono alla vasta coorte di imbecilli conformisti che per anni ci ha sputato addosso, certo che le mani prudono. Ma bisognerà farsi (moderatamente) forza e accettare anche alcuni comportamenti squallidamente opportunistici, nel vano tentativo di ampliare un fronte politico di dissenso. Vano, lo sottolineo, perché il tempo ormai è poco, e le persone che oggi vengono a Canossa in modi più o meno eleganti e contriti fino a ieri hanno attivamente disinformato, e in molti casi continuano a farlo. Questo rende estremamente bassa la probabilità di una gestione politica dell'inevitabile percorso di uscita, e bassissima la possibilità che questo percorso sia gestito da forze progressiste, le quali continuano a diffondere messaggi falsi nel vano tentativo di non ammettere i propri errori. Sarà quindi trauma, e, mi dispiace per chi la pensa in altro modo, trauma necessariamente gestito dalla "destra": se la sinistra lascia alla destra la verità tecnica (la proclamazione dell'irrazionalità dell'euro), è difficile che quando la verità chiede il conto, facendo saltare il banco, la sinistra possa far qualcosa. Il caso greco dimostra la validità di questa intuizione, che, come ricorderete, era quella dalla quale ero partito nel 2011.

(...gli espertologi del "destra e sinistra non ci sono più" vadano a rileggersi le discussioni che facemmo allora, o vadano al diavolo, basta che non mi ammorbino con la loro espertologia. Cordialmente, s'intende...).

In ogni caso, per quanto mi riguarda ritengo che ci sia una linea invalicabile: se qualcuno mi attribuisce cose che non ho mai detto non posso, mi sembra chiaro, considerarlo un affidabile compagno di percorso. Credo che su questo, cioè sulla disonestà intellettuale, nessuno di voi sia né debba essere disposto a transigere, per il semplice motivo che sarebbe controproducente. Chi è disonesto lo è perché mamma lo ha fatto così, e quindi, come dire, a pugnalarti alle spalle ci mette due secondi: "amici" così, per quanto mi riguarda, trovano pertanto collocazione più opportuna nelle schiere degli avversari...

Ora, tanto per far capire che non occorre essere geni per intuire che piega prenderanno le cose, abbiate la compiacenza di guardarvi il mio ultimo intervento a TgCom24:


Se vi interessa tutto, guardatelo tutto, ma a me importa che ascoltiate il discorsetto che faccio dal minuto 9:50 in poi, per poi dare un'occhiata a questo ritaglio dal Fatto Quotidiano di oggi (quindi, di due giorni dopo il video qua sopra):


Cosa dice che farà il greco intervistato? Ma esattissimamente quello che a TgCom24 annunciavo che sarebbe stato costretto a fare: comprimere le retribuzioni (ringrazio Giorgio Bertani per la segnalazione).

Che ne dite? È o non è un bel (cioè un brutto) QED anche questo? Direi proprio di sì. Cosa ci fa capire? Che le cose stanno ancora peggio di come le descrive l'amico Costas Lapavitsas:


nel senso che l'aumento dell'IVA non è regressivo solo per i noti motivi che si studiano in scienza delle finanze (il pane lo mangiano tutti, se alzi l'IVA sul pane colpisci di più chi ha i soldi solo per comprarsi il pane, mentre chi guadagna molto di più, e quindi non consuma tutto quello che spende, vede una parte consistente dei suoi redditi sfuggire a questo tipo di imposta - anche se, si spera, non a quelle dirette). No, la cosa è ancora peggiore, perché la reazione all'aumento dell'IVA non è solo una diminuzione dei consumi di tutti, residenti e non residenti (in risposta all'aumento dei prezzi), ma anche, in una nazione che vive di turismo, e all'inizio della stagione turistica, una inevitabile compressione dei redditi da lavoro dipendente dei residenti.

Voi direte: "Ma anche il titolare, nel ritaglio del Fatto Quotidiano, decide di tagliarsi lo stipendio, e il titolare non è un dipendente!" Certo, amici, ma cerchiamo di capirci. Non vi è ancora chiaro come funziona? Il titolare della trattoria, o dell'alberghetto, o della fabbrichetta, amici cari, non è un nemico di classe, uno sporco capitalista. È un piccolo, come sono piccolo io e come siete piccoli voi, e un piccolo privo di rappresentanza politica. Diciamo che la lotta oggi è fra pochi grandi, le grandi istituzioni finanziarie private e le imprese multinazionali, ben rappresentati nelle sedi politiche e radicati nelle istituzioni, contro molti piccoli, che nessuno rappresenta e che non contano nulla. E il gioco qual è dovreste averlo capito: spremere in vario modo i piccoli, per estrarre da essi reddito da destinare a ripagare gli interessi su una montagna di debiti insensati, insostenibili, dei quali sarebbe ormai vantaggioso per tutti, se si adottasse una prospettiva sufficientemente ampia, riconoscere l'inesigibilità, per poter poi ripartire su un piede diverso.

E qui voi mi direte: "Ma scusa, se alzando l'IVA chi è "piccolo" è costretto a comprimere il proprio reddito, poi al PIL, che è la somma dei redditi, cosa succederà?" E la risposta è ovvia: visto che i piccoli sono più dei grandi, è estremamente probabile che una compressione dei loro redditi coincida con un crollo del totale dei redditi.

E la domanda successiva potrebbe essere: "D'accordo, ma allora queste misure sono controproducenti, perché alla fine implicano che l'economia nel suo complesso genererà minor reddito, e da minor reddito come ci si può aspettare di ottenere maggiori risorse per ripagare i debiti?". E anche qui, però, scusate tanto, la risposta dovreste saperla! Questo sistema non può funzionare, appunto, il problema è tutto qui, e se anche non ci arrivassimo per questo percorso logico, basterebbe guardarsi indietro e vedere che negli ultimi quattro anni non ha funzionato da nessuna parte. L'austerità, cioè lo spremere il dipendente e il contribuente per estrarre risorse da dedicare al ripianamento degli errori delle istituzioni finanziarie private, ha portato alla recessione, e questo non solo in Grecia, dove ormai perfino lo sbilifestume deve ammetterlo, ma anche in Italia, dove sappiamo tutti come l'austerità di Monti abbia fatto alzare, anziché diminuire, il rapporto fra debito e PIL (sostanzialmente perché ha mandato a picco il PIL, come noi ci divertimmo a prevedere qui - parlando della Ruritania - e qui - parlando del Maradagal).

Naturalmente nel breve periodo una pezza ce la mette l'aumento della disuguaglianza: il monte redditi diminuisce, ma se i redditi da lavoro diminuiscono più in fretta del totale, c'è anche il caso che quelli da capitale, destinati ai rentiers nazionali e esteri, rimangano invariati o addirittura aumentino. Intendiamoci: personalmente non ho nulla di particolare contro i simpatici rentiers. Non sono io quello dell'invidia sociale, questa cosa non mi appartiene, e in fondo, in un certo senso, i rentiers potremmo anche vederli come "risparmiatori", persone delle quali, nel capitalismo, c'è bisogno (poi, se il capitalismo non piace, si fa la rivoluzione e se mi fate un fischio vengo anch'io, ma questo è un altro discorso).

Il punto qui è che quando la composizione inefficiente degli interessi individuali (alias, fallimento del mercato) spinge l'avidità collettiva oltre il limite del razionale, quando un'intera nazione, nel suo aggregato, si comporta come il leggiadro Gollum (e ovviamente mi riferisco alla Germania), le cose poi vanno sistematicamente a finire male per tutti.

E anche qui, però evitiamo equivoci. Questo non è un appello all'odio antigermanico. Questo sentimento ora viene fomentato, come qui abbiamo previsto da tempo, dalle nostre élite locali, che, attenzione!, dall'euro hanno beneficiato. Lasciamo perdere i casi eclatanti, come quelli di chi, appoggiando questo progetto, ha avuto in cambio la presidenza della Commissione. È un fatto che sta nei manuali universitari che la politica della "monetona forte" ha fatto comodo un po' a tutti i "grandi" in giro per l'Europa: non solo quelli del centro, della nuova "perfida Albione" (la Germania), ma anche quelli della periferia, che infatti ce lo pigiano da tre decenni al grido di "ce lo chiede l'Europa". Ora che il sistema fallisce, ai nostri capetti locali fa comodo dare la colpa a una mitologica "Germagna", come Mussolini soleva dar la colpa, appunto, alla perfida Albione. I grandi cambiano colore (dal nero al rosa), ma la loro strategia comunicativa attraverso i decenni è sempre la stessa, perché è quella che funziona: la favoletta. Caricando un personaggio favolistico di tutte le responsabilità sperano, ovviamente, di scaricare da sé le proprie, facendo passare inosservato quanto siano stati collusi col sistema e quanto ci hanno guadagnato. Ma in questo caso particolare questa strategia è estremamente pericolosa: rischia di portare veramente al conflitto civile europeo, e quindi dobbiamo disinnescarla.

Il modo migliore per farlo, naturalmente, è osservare i fatti.

Il primo è che, come qui ci siamo detti da tempo (fra la stizza impotente di decine di troll) in "Germagna" non tutti stanno bene. Dettaglio da non dimenticare mai, perché potenzialmente molto destabilizzante.

Ma anche volgendo gli occhi a chi invece l'ha sfangata, cioè proprio a quell'establishment tedesco dipinto come bieco e naturalmente incline al male dalla stampa europeista (quale prevedibile paradosso!), troviamo voci diverse, ma tutte piuttosto autorevoli che invece, forse non per particolare bontà, ma certo per realismo politico (magari non disgiunto da un certo opportunismo), vorrebbero che questo gioco finisse. Abbiamo sentito da tempo Hans-Olaf Henkel (lo ricordiamo a quelli che "ma tu sei/eri per l'uscita unilaterale"); poi, durante la crisi, si è fatto sentire Schaeuble, con la sua proposta di uscita concordata e assistita della Grecia dall'Eurozona. Concordata e assistita, lo ribadisco (e anche temporanea, ma quello si sapeva che era per finta)! Una proposta della quale, e questo gli va riconosciuto, solo Fassina, fra i politici italiani, mi sembra abbia riconosciuto o quanto meno sufficientemente evidenziato il valore positivo (soprattutto in confronto all'accordo raggiunto).

Già: la Germania, della quale tutti mi dicevano fosse monolitica e fuuuuuuurba, compattamente schierata a difesa dell'euro dal quale trae tanti benefici e che perciò sarebbe stato irreversibile, ha fatto capire per bocca di un suo rappresentante non di secondo piano di non essere proprio monolitica, e che l'euro non è irreversibile, semplicemente perché anche lì qualcuno si rende astrattamente e confusamente conto del fatto che la strada imboccata (che poi è quella percorsa finora) porta come minimo al fallimento della Grecia (cioè dove ha già portato una volta), e come massimo a una guerra civile europea: due cose che non fanno particolarmente comodo a nessuno, anche se quasi nessun singolo ha il coraggio intellettuale di opporsi, semplicemente perché se si ragiona nei termini del proprio orticello, si può sempre sperare che il cerino rimanga in mano a un altro.

È questa miopia, la speranza di rientrare dei propri crediti prima del fallimento del debitore, quella di riuscire a cavarsela scaricando su qualcun altro (un concorrente? I contribuenti?) il peso delle proprie scelte sbagliate, cioè il costo del fallimento del debitore, che induce i singoli creditori a non arretrare di un passo, e costringe pertanto la Grecia a vivere ancora al tempo della Troika.

Ma non può durare a lungo.

E dopo tocca a noi.

lunedì 20 luglio 2015

Ascoli

Questa è Sparta!

No. 

Questa è Ascoli. Ma si può combattere anche da qui (solo che la città è più bella).




















(...stasera alle 21:30 in piazza Ventidio Basso...)