Visualizzazione post con etichetta rivoluzione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta rivoluzione. Mostra tutti i post

venerdì 30 giugno 2023

Qu’ils viennent!

(…io dei media mi fido! Affermano di dire la verità, e quindi quello che dicono è vero! Tuttavia, siccome ho molto tempo da perdere, e molti amici, ogni tanto un controllo a campione lo faccio…)

Io: Comment ça va chez vous? Es-tu en France en ce moment? En Italie arrivent des images assez préoccupantes de la situation à Nanterre, et non seulement: Strasbourg, etc.

Amico francese (AF): Je suis à Paris ce weekend. C'est la guerre civile ! C'est la cocotte minute qui vient d'exploser. Plus de soupape!

Io: Donc ce qu’on nous laisse voire est plus ou moins vrai!?

AF: C'est plus que vrai. Des blindés de la gendarmerie vont être déployé

Io: Fais attention! Il n’y a plus les sanculottes du temps jadis. Ces sanculottes sont plus noirs que rouges!

AF: C'est pour cela que le politique n'a aucun moyen d'action. Macron fait des annonces mais ces gens là ne lisent pas les journaux.

Io: A-t-on compris pourquoi ces deux policiers ont descendu cet ado?

AF: C'est compliqué. L'avocat vient de donner sa version. Mais la crise est structurelle.

Io: Et pourtant les lecteurs de mon blog sont convaincus que la France soit un paradis sur terre parce que le PIB par tête y est plus haut qu’en Italie.

AF: Qu'ils viennent !

(…ormai avete capito come funziona: io vi riporto quello che mi dicono i dati, e quindi non ho una mia ragione: ho le ragioni dei dati! Che poi qui venga la simpatica ciurma awanagan-gianniniana a contestarli è irrilevante: i fatti quelli sono! “M’ha detto micuggino che lui a Pariggi ce vive tanto bene” non è un fatto: è un’opinione (de sucuggino). “Il Pil pro capite in Francia è più alto che in Italia” invece è un fatto, ma è platealmente inconferente. Se evidenzio un problema nel livello dei consumi, dirmi che “però la Francia ci ha il Pil più alto!” significa non capire la natura del problema, che è evidentemente un problema di distribuzione del reddito - cioè di austerità, da fare per recuperare competitività. È proprio perché il Pil in Francia è più alto che lì dovrebbero essere più alti (rispetto a noi) i consumi. Se non lo sono, qualcosa non torna. Che cosa non torni oggi dovrebbe essere evidente, ma se non lo capite il mio amico francese, come avete letto, vi aspetta per mostrarvelo da vicino! Lui, intanto, si appresta a traslocare in Cambogia per stare tranquillo. E ho detto tutto…).

giovedì 21 dicembre 2017

L'intervista


Era il 6 luglio del 2012. Millenovecentonovantaquattro giorni dopo, il 21 dicembre 2017:


La situazione, non dobbiamo nascondercelo, non è migliorata.


In questo grafico del Pil italiano trimestrale ho segnato in rosso l'ultimo trimestre del 2011, quello in cui aprii il blog, e in giallo il terzo trimestre del 2012, quello in cui rilasciai la prima di queste due interviste. Dopo di essa il Pil continuò a precipitare, e ci vollero tre anni interi per recuperare questa ulteriore perdita. Ci sono invece voluti sei anni per tornare al livello del Pil registrato nel trimestre di apertura del blog (autunno 2011): ci siamo tornati (a malapena) nel trimestre scorso (estate 2017).

Siamo ovviamente a distanze siderali dai livelli di Pil pre-crisi, come il grafico dimostra, e vi risparmio il resto.

Eppure, nonostante sia ormai evidente che un simile shock al nostro tenore di vita non verrà probabilmente mai recuperato, soprattutto se si prosegue nell'applicazione delle stesse terapie (cioè, se si continua ad aderire supinamente al cosiddetto "progetto" europeo), mi sembra chiaro che siamo ancora lontani dalla rottura rivoluzionaria della quale abbiamo bisogno. Credo sia molto vero quanto dice Porcaro nel suo saggio sull'etica di Lenin:

"il proletariato non è affatto naturalmente rivoluzionario, e [...] non è quindi sufficiente dimostrare la natura moderata della socialdemocrazia, dato che questa corrisponde alla natura moderata delle masse stesse. [...] Perché l’aspetto rivoluzionario del proletariato possa emergere sono necessari almeno due fattori: una crisi generale della società, dell’economia e dello stato, ed una mobilitazione che aggiunga alle motivazioni economiche (che da sole potrebbero giustificare anche comportamenti opportunistici) la motivazione della difesa del proprio mondo vitale: della vita contro la guerra, della casa contro la miseria e l’invasione, del lavoro contro lo sfruttatore, della libertà contro l’oppressione. Soltanto le identità vissute come non negoziabili conducono alla rivoluzione, e quindi solo il formarsi progressivo di queste identità (e non la ripetizione di rivendicazioni economiche) prepara le condizioni soggettive di un rivolgimento."

Ci sarebbe, insomma, quel dettaglio che magari trascuriamo, ovvero che il movimento che iniziò un secolo fa, creando un sistema antagonista a quello capitalistico, e regalandoci, a noi happy few europei, le Trentes glorieuses, poté sorgere perché in Europa c'era la guerra: un processo sociale che mette in prima linea (in tutti i sensi) la meno negoziabile delle identità vissute come non negoziabili: la propria sopravvivenza fisica. Quindi, per una vera svolta, ci manca ancora un elemento determinante.

Ma, tranquilli: l'attesa non sarà lunga. Stiamo invadendo la Polonia, e il resto seguirà.

Ah, a proposito: buon Natale!