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martedì 26 dicembre 2017

L'immigrazionismo è la fase suprema del colonialismo

Dilettissimi fratelli e sorelle,

vengo qui a voi, in questo clima di riconciliazione e di sorellanza (fratellanza sarebbe politicamente scorretto) che le festività inducono, per confessarvi, sperando nella vostra indulgenza, una delle più sanguinose macchie nel mio passato che, se non candido, è forse meno lercio di quello di tanti altri. Ma questa macchia, questo peso, questo gravame di infamia nella mia biografia, ecco, io ve lo dico, ho cercato in tutti i modi di nascondervelo, ma ora non ce la faccio più: voglio entrare nel 2018 essendomi liberato dallo stigma della mia abiezione, dopo aver affrontato le vostre giuste reprimende; voglio fare atto di contrizione per l'abominio inconfessabile del quale sono stato capace; desidero purgarmi da questa mia colpa così flagrante, nella sua evidenza, che a tutti voi è evidentemente sfuggita, nonostante sia, almeno a valutarla col metro della cronaca odierna, la più infamante delle colpe.

Non voglio tenervi in sospeso, non voglio che l'angoscia vi opprima, e ho ansia di sottopormi ai riti espiatori che voi, col vostro illuminato giudizio, saprete propormi: fra il 2001 e il 2005 ho insegnato nel corso di laurea in Economia della cooperazione internazionale e dello sviluppo (ECIS), laurea triennale attivata dall'Università di Roma "La Sapienza", per i cui studenti scrissi questo testo.














































[...]













































Ma...

































Ma...








































Ma...


































Ma come?




Ma veramente non riuscite a capire quale abisso, quale sprofondo, quale baratro di infamia e di ignominia ciò rappresenti? Ma come potete essere così ottusi, così nzenzibbbili, così fascisti!?

Scusate, le parole hanno un significato: cooperazione internazionale, capite? Cooperazione coi paesi in via di sviluppo, vi rendete conto?, insomma: cooperazione allo sviluppo. Sarebbe questa cosa qui, sarebbe...

E voi non vedete...

Ma allora... ma allora forse avrei potuto tacere, e la mia turpitudine vi sarebbe rimasta celata: avrei perso per sempre il rispetto di me stesso, ma avrei potuto sostituirlo col vostro (una sostituzione di rispetti...). Ormai, però, è troppo tardi. Ormai, se non vi confessassi io il mio lurido segreto, sareste voi a sollecitare da me quest'opera di dolorosa verità. Devo applicare il ferro rovente della più profonda e caustica contrizione su questa piaga purulenta della mia anima. Devo farlo, e lo farò: forse, il modo più naturale per farlo è confessarvi quand'è che ho perso il rispetto di me stesso.

Non è passato molto tempo: è successo leggendo questa articolessa, o forse una articolessa consimile. Non capite? Non mi ero accorto di aver partecipato a un progetto nazifascioleghistxenopopulistrassista. Perché, cari amici, per definizione la Cooperazione allo sviluppo si occupa di aiutare le popolazioni in via di sviluppo a svilupparsi (appunto) a casa loro. E aiutare i popoli "a casa loro" è ormai irrimediabilmente, irrevocabilmente, inappellabilmente un progetto di destra! Sono stato, se pure a mia insaputa, nazifascioleghistxenopopulistrassista, perché, si sa, solo i nazifascioleghistxenopopulistrassisti desiderano che ogni comunità si sviluppi in autonomia, si riappropri dei propri territori e delle proprie risorse e le utilizzi per aumentare il proprio benessere, emancipandosi dalle logiche predatorie, retaggio del colonialismo. Le signorine di buona famiglia di sinistra, quelle che ex cathedra separano i salvati dai sommersi, come in un allegorico Giudizio Universale, loro, lo sanno che questo è fascismo: l'unica risposta a tutti i problemi di quello che una volta chiamavamo terzo mondo (e ora non più, per timore di doverci classificare al quarto posto) è l'immigrazionismo: non aiutarli a creare ricchezza, ma condividere con loro la nostra ritrovata povertà (relativa, va da sé).

Dice: ma il Ministero degli Affari Esteri ha una Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo! E cosa volete che vi dica? Questi funzionari, che si occupano di gestire programmi di cooperazione (cioè, in soldoni, di aiutare i nostri fratelli meno avvantaggiati a casa loro), sono in tutta evidenza un covo di nostalgici: la mattina, entrando in ufficio, si saluteranno col braccio teso, avranno tutti la felpa verde, e il busto del Duce sul tavolo, perché aiutare le popolazioni in via di sviluppo a casa loro è fascismo: andate su Twitter, chiunque ve lo dirà: non avrete nemmeno bisogno di interpellare Saviano!

Dice: ma anni e anni di letteratura scientifica sull'economia di sviluppo, con tanto di riviste peer reviewed, di premi Nobel (da Kuznets in giù)... Tutto ciarpame intellettuale fatto per tacitare le coscienze e distogliere dalla vera soluzione del problema, che è e resta una sola, quella che il coro angelico delle anime belle compattamente, massicciamente, tetragonamente ci indica: accoglierli a casa nostra.

Ora sapete.

Questa è la macchia che grava sul mio passato.

Pensate come avrebbero fatto strame di me i leoni da tastiera di cui ho aperto la gabbia con questo tweet, se solo avessero saputo che nel mio passato c'era la smoking gun, la prova inoppugnabile della mia comunione di intenti con quel progetto fascioleghista che fu ECIS!

Un'esperienza (quella dell'apertura delle gabbie - anche ECIS comunque non scherzava!) ai confini della realtà, che vi consiglio di fare con me scorrendo le centinaia di risposte deliranti fornite da personaggi improbabili sia direttamente a me, sia nei dibattiti ancillari al mio post. Credo non ci sia nulla di più salutare e istruttivo per farvi capire bene qual è la radice del male, qual è il problema.

Basterà osservare una cosa: non sono riucito a trovare uno, che sia uno, fra gli iussolisti con la bava alla bocca che non avesse rituittato Cottarelli o Boeri o roba simile.

Questo la dice lunga su molte cose.

Intanto, sulla sbalorditiva ingenuità di questi soggetti: una variopinta congerie di precari in rampa di lancio verso un ramingo futuro da expat (che si vendicano esternando livore razzista verso un paese che disprezzano perché non li ha saputi valorizzare, ma la cui cittadinanza infamante vogliono elargire manibus plenis - o anche no, perché poi dalla discussione è emerso che la legge de cujus non è che apportasse radicali cambiamenti : ma di questo parleremo un'altra volta); decrescisti col portafoglio degli altri, incapaci di comprendere che questa battaglia in difesa delle nazionalità (e della sua salvifica attribuzione ai nostri fratelli immigrati) viene, stranamente, da quella parte politica che ha fatto della demonizzazione della nazionalità l'unica prospettiva messianica, irenica, palingenetica del proprio orizzonte politico: la dissoluzione di questa "polvere senza sostanza" nella super-nazione Europea essendo l'unica nostra fonte di salvezza (per gli iussolisti furbi, quelli che siedono in Parlamento); dottori di ricerca in storia del cetriolo a pois, giustamente remunerati dal mercato accademico con una qualche cattedra precaria in qualche liceo di qualche provincia, incapaci di discernere alcuni ovvi principi sui quali mi appresto ad intrattenervi.

Ecco: diciamo che la giornata di ieri ha dimostrato che essere imbecille non è necessario, per essere immigrazionista. Però aiuta. Con pochissime eccezioni (pochissime e temporanee, aggiungo), i miei gentili interlocutori, nonché rituittatori dei volenterosi carnefici dell'austerità, appartenevano in tutta evidenza al novero delle vittime di quelle politiche scellerate che questo blog nacque per denunciare, prevedendone lo scontato fallimento, quando farlo era un atto di coraggio. Ora farlo è una banalità, e quindi tutti dicono che l'austerità è stata un errore, tranne due categorie di persone: la dott.ssa De Romanis (che fa categoria a sé), e alcune vittime dell'austerità, quelle diversamente lungimiranti.

Mi sono fatto l'idea, leggendo certe risposte (del tipo: "sono i vecchi com voi che ci hanno rubato il futuro, non 800000 ggiovani di colore" o similare), che l'ansia immigrazionista certi imbecilli ce l'abbiano perché hanno abboccato al racconto demagogico e fattualmente infondato di Boeri, quello secondo cui "gli immigrati di pagano la pensione". Un gran mischione dove si confonde immigrazione interna (all'UE) ed esterna, lavoratori regolari e immigrati clandestini, e dove, soprattutto, non si chiarisce che i contributi li paga chi lavora, non chi immigra, e che il governo italiano in questo momento avrebbe la priorità di riportare il tasso di disoccupazione italiano almeno sotto le due cifre?

"Rassisstaaaaaaaa! Dici prima gli italianiiiiiiii!"

No, non è così, è un po' (parecchio) diverso. Io, che mi occupavo di terzo mondo quando gli imbecilli no border erano imbecilli no global (cioè erano imbecilli, cioè erano quello che sono e resteranno), parto da un presupposto molto semplice: quello che mi sento ripetere ogni volta che, da nazifascioleghistxenopopulistrassista, prendo l'aereo per girare il mondo. La mascherina dell'ossigeno devi metterla prima a te, e poi a chi ti sta accanto (se non ce l'ha fatta), per il semplice motivo che da svenuto non puoi aiutare nessuno. Il nostro paese è stato distrutto da quelli che ci propongono come panacea i lavoratori altrui (dopo averci proposto come panacea la moneta altrui, e chi è qui sa fare il collegamento), e un paese distrutto semplicemente non ha risorse per aiutare nessuno: non è questione di alloctoni o di autoctoni. Ci sarebbe poi l'altra questione su cui ci siamo soffermati: non esiste un diritto all'immigrazione, nessuna dichiarazione dei diritti dell'uomo lo sancisce (et pour cause), mentre esiste un dovere di accogliere i rifugiati, e questo dovere non riusciamo ad esercitarlo con sufficiente solerzia proprio perché, per motivi scellerati, abbiamo mandato al potere gli immigrazionisti: quelli che, ideologicamente, vedono nella libera immigrazione in Italia la soluzione dei problemi del mondo, senza se, senza ma.

Certo, i nostri aiuti allo sviluppo sono cronicamente insufficienti. Lo sono sempre stati proprio perché l'egemonia culturale e politica è stata esercitata dai neoliberisti (cioè dagli idoli degli iussolisti scemi - e anche di quelli furbi), i quali, come sappiamo, vogliono reprimere la spesa pubblica - qualsiasi spesa - sotto la fulgida egida del "non ci sono risorse"! Oggi il problema è aggravato dal fatto che, per motivi tanto assurdi quanto noti, parte delle risorse che potremmo dedicare all'emancipazione di quei popoli (tema che la sinistra, inutile dirlo, oggi aborre), viene dedicata al loro traghettamento (pudicamente proposto come salvataggio contro ogni evidenza e contro ogni scandalo). Ma naturalmente le risorse ci sarebbero sia per traghettare, che per emancipare. La scelta di fare solo una di queste cose è una scelta politica, ed è, attenzione!, una scelta nella quale la sovranità popolare non è stata coinvolta, venendo completamente sovrastata da quella di organizzazioni ormai chiaramente individuabili come braccio operativo di un progetto esogeno al nostro paese. Del resto, non fanno molto per nasconderlo...

Naturalmente, gli iussolisti scemi erano praticamente tutti europeisti. Eppure, non ce n'era nemmeno uno che notasse come da questo dibattito l'Europa fosse totalmente assente, sia in chiave comparativa (per lo iussolista scemo l'Italia è merda - e di questa merda vuol coprire chiunque prenda un gommone per arrivarci - ma cosa accada negli altri paesi europei, se provate a chiederglielo, non ve lo sa dire...), che in chiave propositiva (ma cazzo, credete tanto a Leuropa, e allora invocatela per risolvere il problema!) Sì, perché c'è questa strana caratteristica dell'immigrazionismo, che più di essere un'ideologia è una religione (con tanto di pensiero magico). In quanto religione, ha una sua terra promessa, che però è una e una sola: l'Italia - che fra l'altro è esattamente quella dove molti di quelli che arrivano non vorrebero restare! Ma, ecco, vedete, anche qui ce ne sarebbe da dire. Perché un'altra cosa colpisce nello iussolista: a lui di cosa realmente voglia chi arriva qui importa sostanzialmente sega. Dice: "io a sto bimbo la nazionalità di questo paese demmerda gliela devo da dà, a tutti i costi!". E se lui non la vuole? E se ricevendola perde quella del suo paese di origine (o di origine dei suoi genitori)? E se lui qui non vuole restarci? E chi se ne frega! Ogni religione vuole sacrifici, e le vittime dell'immigrazionismo sono, naturalmente, gli immigrati.

Basta sottolineare l'ovvio motivo che un processo così complesso non dovrebbe essere affidato alla carità pelosa di organizzazioni arroganti e non trasparenti, che tanta parte hanno avuto nel generare il traffico (e quindi le vittime). Poi, perché c'è un problema di fondo, strutturale, quello cui accenno nel titolo. Inutile girarci intorno: vale a livelli internazionale quello che è valso qui, a casa nostra, per tanto tempo. L'immigrazionismo, con buona pace dei tanti razzisti che pure circolano e che non hanno la mia simpatia, altro non è, da parte delle ex potenze coloniali, che una fase ulteriore di appropriazione delle risorse delle ex colonie. Dopo averle depredate delle loro risorse naturali, le deprediamo delle loro risorse umane. Sì, ho visto obiezioni allucinanti su Twitter: "Ma qui vengono solo sfaccendati, ruffiani e puttane!" Questo è quello che vedete voi, e non voglio discuterlo. Diciamo che l'Italia ha mandato negli Stati Uniti Gabriele Capone (il padre di Al) e Enrico Fermi (il padre della bomba atomica), in tempi e per motivi diversi. Suppongo che gli americani si saranno lamentati molto del primo, e un po' di meno del secondo. Suppongo anche che qualche razzista commenterà che non abbiamo ancora visto l'Enrico Fermi del Niger. Avrei un'obiezione a questo argomento, ma a me interesse metterne in risalto un altro: se pure quelle che vediamo per strada fossero solo braccia rubate all'agricoltura (sposo la vostra tesi) sarebbero, appunto, braccia rubate all'agricoltura di paesi nei quali l'autosufficienza alimentare non è un dato banale. La forza lavoro è una risorsa, è un fattore produttivo, e la libera mobilità dei fattori produttivi è benefica e equilibrante solo nei modelli neoclassici, cioè nell'ossatura ideologica del liberismo oltranzista. Noi qui abbiamo visto che la mobilità del lavoro è particolarmente destabilizzante perché tende ad amplificare il divario fra paese di provenienza e di destinazione. Nel modello neoclassico, ogni bracciante che parte dal Niger contribuisce a far aumentare il salario di quelli che restano. Nel mondo reale, contribuisce a impoverire il paese. Questa non è una mia idea nazifascioleghistxenopopulistrassista, e non è nemmeno solo una congerie di elucubrazioni teoriche di economisti che "non sono scienziati" (altro ritornello neoliberista cui gli iussolisti scemi, in quanto scemi, sono particolarmente sensibili, come potrete vedere): è anche quanto i vescovi africani vedono e stigmatizzano, perché vale, su scala minore, quello che vale per noi: anni e risorse spesi per istruire persone, che poi vanno altrove, creando un danno al paese di origine.

Ma questo, agli immigrazionisti, non interessa: a loro della vita in Burkina Faso, o in Sierra Leone, frega cazzi! Ben contenti e soddisfatti di essere nati dalla parte giusta del mondo, e, in questa parte giusta, di essere nati dalla parte giusta dello spettro ideologico, a loro interessa solo che qualcuno venga qui a "pakarglilapensione", perché così gli hanno detto che succederà i giornali dei padroni, cui loro, da buoni imbecilli di sinistra, credono, perché Gramsci per loro se va bene è un liceo, se va male una strada, e nella maggior parte dei casi non è niente.

Questa è la feccia con la quale dovremo ricostruire questo cazzo di paese, non so se è chiaro: una torma di imbecilli sottoproletarizzati da decenni di propaganda a reti unificate, pronti a sollevarsi (sotto l'egida di ogni e qualsiasi organizzazione imperialistica i loro caporioni gli propongano in base alle loro logiche elettoralistiche) per difendere progetti la cui matrice ultraliberista (quindi fallimntare e fascista) dovrebbe essere immediatamente leggibile da chiunque avesse delle minime basi di storia del pensiero, ma anche di mero buon senso.

E invece gnente.

E ora venitemi a raccontare che il problema è fare il partito del 51%!








(...i refusi li lascio a voi: tanto vi dovevo, e ora giro pagina...)

lunedì 30 ottobre 2017

Tema: nel mondo globale i controlli valutari sono superati.

Svolgimento:


Da:        "Un imprenditore estero"
Per:        "Un'azienda italiana"
Data:        cinque giorni or sono
Oggetto:        RE: RE: ADVANCED PAYMENT ABOUT YOUR ORDER 




Hello Giancarla. 
Sorry, I should have been more specific. 
Foreign exchange, in general, is very difficult to obtain presently in Perla dei Caraibi (o similare paradiso tropicale). 
This is due to the extremely low oil and gas prices, on which we depend. 
This being said, we must utilize any foreign exchange we receive (by allocation from our bank and Central Bank) in order of priority. 
As soon as we have sufficient allocation, we would then remit to you. 
I hope that you understand. 
Regards, 
Un imprenditore estero. 
  



(...avete presente quei saccenti complessati, un po' nerd, un po' chierichetto,che prima che arrivassi io pontificavano dai loro blogghetti demmerda rivendendo ai boccaloni la loro saggezza convenzionale di "treider" di mizzio? Avete presente quegli anchormen, più anchor che men, visto che stanno tirando a fondo le emittenti dalle quali sparano raffiche di cazzate, pagati, peraltro, coi soldi nostri - perché il mercato è sempre troppo poco per gli altri, ma per se stessi si preferisce andare sul sicuro? Quante volte abbiamo sentito questi insigni cretini, questi ignoranti, questi vertici di autoreferenzialità, così immersi nel loro delirio autistico da vivere in completo isolamento sia rispetto al mondo reale, sia rispetto alla letteratura scientifica, affermare, facendo spallucce, che i movimenti di capitali non possono essere controllati, che sarebbe autarchia, che sarebbe impossibile, che "non lo permetterebbero" (chi? Chi non può permettere cosa a un paese sovrano?). A nulla serviva citare a questi insigni cialtroni, a questi emeriti beoti, a questo cancro della democrazia, a questi disinformatori prezzolati, gli studi del Fmi che dicevano come non solo i controlli dei movimenti dei capitali sono praticati nel resto del mondo, ma che chi li pratica se ne trova generalmente bene, ha resistito alla crisi ed è ripartito prima:



Del resto, se tuo figlio di tre anni fa un capriccio perché vuole il leccalecca, cosa fai, gli leggi Epitteto in greco? Lo scarto antropologico fra la feccia - perché per come si comporta ormai dobbiamo ammettere che di ciò si tratta - e chi, avendo dedicato la propria vita alla ricerca, porta argomenti nel dibattito, è tale da rendere impossibile ogni dialogo. Saranno spazzati via, perché gli imprenditori, che sono persone che ogni giorno hanno un nuovo problema da risolvere, ne hanno pieni i coglioni di farsi imbottire di falsità da quattro cialtroni che i loro problemi invece li hanno risolti alla grande e una volta per tutte coi soldi nostri, impancandosi a esperti di cose di cui visibilmente non sanno un beneamato nulla. Se editori poco scrupolosi fanno informazione in un certo modo, dando licenza di rutto libero a quattro scappati di casa, il pubblico si difenderà rivolgendosi altrove. Sta già succedendo, altrimenti non avrei il tempo di deliziarvi con questa tranche de vie, tratta da una storia rigorosamente vera. Li vedremo con gli scatoloni di cartone in mezzo a una strada, e non piangeremo per loro: avremo finito le lacrime, che, a differenza dei bigliettoni, non si possono stampare a comando...)

mercoledì 18 ottobre 2017

L'affaire Visco: chi è senza Maastricht scagli la prima pietra.

(...da Charlie Brown, che... ve lo ricordate? Sicuri? Posso evitare di specificarlo? Dai, facciamo finta che sia possibile evitare di dire l'ovvio... anzi, no: per sicurezza, almeno una volta diciamolo: da Charlie Brown, che non sono io - ma è l'autore della seconda miglior rassegna stampa su Twitter dopo quella di Giuse - ricevo un contributo sul tema della crisi bancaria che mi affretto a condividere con voi. Mai come in queste circostanze è opportuno che le foglie non nascondano l'albero...)




La messa alla berlina del governatore Visco ad opera della maggioranza piddina rappresenta un patetico scaricabarile politico.

Ma tale modus paraculandi può forse dar spunto ad una riflessione più strutturale.

Bankitalia non vigilava adeguatamente? Consob neppure? Chi, onestamente, può dire il contrario? Le carte cantano! (E grazie ad una commissione d'inchiesta così "imparziale" le carte canteranno ancor di più, benché intonando sempre la stessa melodia.)

Ma pensiamo davvero che Visco e Fazio fossero degli incompetenti, dei dilettanti? Se così fosse, la loro nomina ad opera della classe dirigente che ancora oggi si ripropone come insostituibile oligarchia dovrebbe suscitare alcune domande anche nell'elettore più superficiale.

Forse la causa di tante "sviste" ad opera degli organismi di controllo esterni ed interni alle banche italiane era imputabile non all'umana pochezza ma ad un’altra causa: ad un vincolo esterno. Più precisamente a un chiaro ed inequivocabile ordine di scuderia emanato da Leuropa. Un ordine al quale tutti, ma proprio tutti, dai vertici BCE fin al più passivo sindaco e revisore della più piccola banca territoriale de Laperiferia de Leuropa doveva sottostare: non intralciare l'enorme arbitraggio finanziario reso possibile dal trattato di Maastricht e dall'unione monetaria.

Arbitraggio? Sì, arbitraggio: così si chiama prendere a prestito nel nucleo e prestare con spread ai mal-investitori della periferia senza subire rischi di cambio e senza alcun controllo sui movimenti dei capitali. Una colossale macchina da soldi, la cui già enorme potenza era ulteriormente amplificata dal mercato dei derivati, grazie al quale si diluivano i rischi di credito nell'oceano degli ignari e polverizzati investitori globali.

Alberto parla di droga, e mai metafora fu più calzante. Come nel narcotraffico fisico, nel narcotraffico finanziario tutti si sono sporcati le mani: i coltivatori (ingegneri e top manager finanziari) , i cartelli dei trafficanti (le grandi banche del nucleo, cresciute in Germagna sino a diventare un stato nello stato ) , i cartelli degli spacciatori ed la loro rete di "down the line dealers" (le grandi banche commerciali periferiche e le numerose banchette che le contornano) i governi, i responsabili dei controlli a tutti i livelli: pubblici e privati, nazionali ed internazionali, i partiti e le forze politiche, tutti pro-Maastricht e pro Euro (ricordo che la "costituzione europea" da noi fu votata all'unanimità ed il fiscal compact con dibattito praticamente zero).

È stato questo il business che ci ha fatto ricchi lavorando un giorno in meno. È stato questo il miracolo dell'Euro. È stata questa la fonte di accumulo di capitale finanziario che ora permette la fase due: sfruttare la mobilità incontrollata del lavoro.

Quindi, cari moralisti falliti e vigliacchi, chi di voi è senza Maastricht scagli la prima pietra.


(...ecco, non prendetevela, ma questo mi sembra un contributo più pregnante e costruttivo che venire qui a parlarmi del Maalox che avete preso ascoltando Amato: ci ricorda alcune cose che non dovremmo mai dimenticare, in particolare una, e lo fa in modo sintetico e efficace. Qualcuno che aiuta c'è. Ce ne sono molti, in effetti, altrimenti questo show non potrebbe andare avanti...)

domenica 23 aprile 2017

La "political economy" dell'onorevole Boldrini secondo Michéa




"Loro [i migranti] sono l'avanguardia di quello, dello stile di vita che, presto, sarà uno stile di vita per moltissimi di noi".

Ipsa dixit.


(...da Il complesso di Orfeo, scolio D al capitolo IV, traduzione mia dall'originale francese [poi fatevi due risate con la traduzione del traduttore, se vi capita, che sicuramente saprà il francese ma non l'italiano]...)


[D]

[...un'umanità sospinta da un moto browniano perpetuo...]

Al centro dell'immaginario liberale troviamo la celebre massima dell'intendente Gournay (1712-1759) "laissez faire, laissez passer". Una fra le implicazioni logiche di questo dogma fondante è la necessità di riconoscere agli individui dell'universo mondo "il diritto elementare di circolare e installarsi dove desiderano". Diritto "elementare" di cui l'abolizione integrale delle frontiere rappresenta, nel programma liberale, una delle tante applicazioni. Sarebbe evidentemente assurdo dedurne che una società postcapitalista dovrebbe limitare al massimo la libera circolazione delle cose e degli individui, o che dovrebbe fissare per sempre un'attività particolare per ogni cittadino. In realtà, la sola questione importante è sapere se una società che incoraggiasse così il "nomadismo" e la mobilità perpetua (vuoi geografica vuoi professionale) - e nella quale, di conseguenza, il moto browniano degli individui atomizzati sarebbe diventato il loro stato naturale - potrebbe garantire all'insieme dei suoi membri un'esistenza veramente umana (poiché tale è la convinzione di Badiou e di tutti i liberali).

A mio avviso vi sono almeno tre ordini di motivi che invitano a criticare questo principio di una società fondata sull'ideale di mobilizzazione generale (o di "vita liquida", se preferite il concetto proposto da Zygmunt Bauman). Ci sono, innanzitutto, motivi ecologici. Un mondo in cui miliardi di individui fossero presi in un turbine turistico incessante porrebbe (oltre ai problemi logistici, in termini alberghieri e abitativi), un enorme problema energetico. A meno di immaginare che tutti questi spostamenti avvengano in bicicletta (ma mi è difficile immaginare i discepoli di Badiou che vanno in Cina con questo mezzo), è chiaro che le risorse di cherosene (per non parlare dell'inquinamento) sarebbero palesemente insufficienti per alimentare questo balletto fatato in cui milioni di individui si incrocerebbero ogni giorno nel cielo (motivo per il quale ho proposto di chiamare "sinistra cherosene" i difensori di questo nomadismo integrale).

Poi, l'idea così cara a Michel Rocard e Jacques Attali secondo cui, nella società del futuro, ognuno dovrà cambiare dieci volte professione e residenza (privilegiando il più possibile lo stabilirsi "all'estero") ha senz'altro un senso nella logica capitalista dell'impiego, ma non ne ha quasi alcuno nella logica dei mestieri. Questi, in effetti, richiedono un apprendistato tecnico e un savoir-faire pratico che non può essere acquistato senza molto tempo e sforzo, e che presuppongono, di conseguenza, un certo grado di vocazione, di costanza e di stabilità. È senz'altro possibile diventare, dall'oggi al domani, "addetto alle pulizie" a Amsterdam o fattorino per una pizzeria di Dubai, ma è profondamente illusorio pensare, come Michel Rocard, che si potrebbe essere in successione chirurgo a Londra, idraulico a Taiwan, astrofisico a Praga, insegnante di educazione fisica a Nouméa, e, per concludere, viticoltore in Messico. In pratica, un mondo governato dal moto browniano di individui atomizzati sarebbe quindi, salvo che per qualche minoranza privilegiata (quali gli uomini di affari, gli artisti dello show business, o l'élite universitaria), un mondo nel quale predominerebbero necessariamente impieghi precari, junk jobs, e contratti a tempo determinato. Insomma: semplicemente una variante impoverita del mondo in cui già viviamo.

Infine, e soprattutto, una società in cui la condizione di zingari - o di migranti - fosse diventata il modello di ogni esistenza legittima (per quanto romantica possa sembrare questa idea a prima vista) non sarebbe affatto propizia all'esercizio di un vero potere popolare. Ci ricordiamo, infatti, della celebre massima di Abramo Lincoln. È sempre possibile - diceva - ingannare qualcuno per sempre (un individuo, evidentemente, può restare ingenuo per tutta la vita) o tutti per un po' di tempo. Ma - aggiungeva - è impossibile "ingannare tutti per sempre". Il fondamento logico di questa convinzione ottimistica - che legittima il ricorso al suffragio universale - è l'idea che col tempo ogni comunità finisca sempre per accumulare un'esperienza collettiva sufficiente degli uomini e delle cose e che diventi così progressivamente capace di giudicare lucidamente quelli che ambiscono ad essere eletti. Un ragionamento simile poggia tuttavia su un postulato implicito: quello che il nocciolo duro di una simile comunità conservi col passare del tempo (dato che l'esperienza si può, ovviamente, trasmettere di generazione in generazione) un minimo di stabilità. Nell'ipotesi in cui, al contrario, la logica del turn-over permanente diventasse, per un motivo o per l'altro, la norma fondante dell'esistenza di questa comunità (la cui composizione umana - come quella delle grandi megalopoli - non cesserebbe di modificarsi e di allargarsi), è chiaro che la costituzione di un'esperienza politica comune diventerebbe rapidamente problematica e che le possibilità di "ingannare tutti per sempre" aumenterebbero in conseguenza (ne è sufficiente prova il fatto che, in molte agglomerazioni moderne, i politici cinici e corrotti si vedono rieletti indefinitamente).


(...eh già... e ora capite perché chi ci propone questo modello, vuole anche strenuamente censurare i social, invece di preoccuparsi della qualità abominevole dell'informazione mainstream. Quest'ultima aiuta le élite liberiste, di cui la Boldrini è degno rappresentante, nel compito di distruggere consapevolezza. I social, anche loro non privi di deprecabili eccessi, offrono qualche spazio di consapevolezza, come questo blog dimostra. Ecco perché ci si rivolge a "esperti di verità" come il folcloristico Attivissimo per creare ministeri della verità. Ed ecco anche perché, quando allarmato da una tendenza preoccupante che vedevo consolidarsi, parlavo a Fassina e D'Attorre di questo problema, la loro risposta era fra il tiepido e l'inesistente: perché loro sapevano di essere stati cooptati in uno dei ceti che questo modello di società privilegerebbe. Io, da peone universitario, sono borderline. Se mi piegassi, entrerei in business. Purtroppo sono un fautore della rigidità: non del cambio, ma del carattere, ormoni aiutando - e non mi riferisco specificamente al testosterone. Che vergogna, che tristezza, che schifo... Vi lascio, vado alla tavola rotonda di Spazio Ottagoni. Correggete i refusi: poi vi allego la traduzione di un traduttore, così ci facciamo due risate aspettando i risultati del primo turno...)

sabato 4 marzo 2017

Cinque stelle, due logiche, una risposta

Si dice che un esempio valga più di mille parole. Se dovessi esemplificare a beneficio dei miei venti (mila) lettori la differenza fra logica deduttiva e logica induttiva, credo che il modo migliore per farlo sarebbe indicar loro questo mio post del 2012, e questo post del 2015 di Federico Dezzani, che colpevolmente non avevo ancora letto.

Io, qui, sarei il deduttivo. Il mio post era un sillogismo, con una premessa maggiore universale affermativa, una premessa minore particolare negativa, e una conclusione particolare negativa. Per gli amici, Camestres. Il ragionamento era questo: chiunque voglia veramente risolvere un problema aggredisce le vere cause, il cinque stelle non aggredisce le vere cause, il cinque stelle non vuole risolvere il problema. A distanza di cinque anni sto ancora aspettando che la premessa minore venga smentita. Purtroppo, non passa giorno senza che essa venga confermata (dalla vicenda dell'ALDE a quella della Le Pen).

Dezzani, invece, l'induttivo. Il suo resoconto molto minuzioso è una nuvola di puntini fattuali attraverso la quale si può tracciare una retta: la retta della regressione politica italiana. Al netto del fatto che alcuni di quei "puntini" mi erano stati adombrati o confermati da tanti di voi (e da tanti altri), non credo che nella sua ricostruzione ci siano enormi errori fattuali, altrimenti sarebbe stato querelato.

Io, che in economia sono induttivo (l'econometria, alla fine, è fare regressioni), in politica preferisco essere deduttivo, usando le leggi dell'economia per capire dove si andrà a parere. Il metodo induttivo mi pesa, in politica, perché sono nuovo del ramo, perché sono smemorato, perché non ho gli strumenti di indagine utili a raccogliere i puntini, ecc. Fatto sta che se una cosa è vera, che tu ci arrivi dall'altro o dal basso sempre quello trovi. Il cinque stelle è una forza di conservazione del potere, ed esegue il suo compito intercettando il dissenso. Punto.

Ora, siamo arrivati all'odioso momento della storia in cui il dissenso è incarnato da forze "reazionarie". Che poi, dico io: perché mai chi "reagisce" dovrebbe essere etichettato come conservatore? Ricordo ancora il mio stupore quando mia madre, da bambino, mi spiegò il significato del termine "reazionario". Sì, naturalmente: se da una parte qualcuno fa la rivoluzione, chi reagisce è conservatore. Ma le rivoluzioni non ci sono più, e quindi chi reagisce al sistema è, ahimè, rivoluzionario...

Lo sgambetto fatto alla Le Pen non credo servirà a molto, se non a consolidare il consenso crescente intorno a lei, consenso motivato da quanto esponemmo sul Manifesto nel lontano 2011 (e fu lì che molti di voi cominciarono a seguirmi). Il mio educated guess è che la Le Pen vincerà ugualmente (o comunque non saranno gli scandali a fermarla), e vincerà "male", cioè in un tessuto imbarbarito dalla latitanza della sinistra. Per capire cosa intendo, vi offro questa chicca: "Alla festa dell'Unità si parla leghista". Con grande sorpresa del compagno Formigli, uno dei tanti house organ piddini scopre l'acqua calda: immigrazione (e disoccupazione) sono un problema delle classi subalterne, non delle élite. Classi subalterne che però oggi non hanno strumenti culturali adeguati per inquadrare questi problemi nella giusta prospettiva "progressista", e non ce li hanno per il semplice motivo che non se li possono permettere.

In compenso, però, hanno in casa una o più doppiette...

Non se li possono permettere... Certo, questo è un problema: la dialettica fra internazionalismo proletario (che presuppone l'esistenza delle nazioni) e cosmopolitismo borghese (che presuppone un adeguato conto in banca). Ma la questione non si esaurisce qui, va oltre e coinvolge le responsabilità del ceto intellettuale (cosmopolita per definizione). I tanti intellettuali di sinistra, fra i quali anche persone che frequento (o frequentavo) e stimo (o stimavo), che si sono rifiutati di recare nel dibattito un tema come quello dell'immigrazione "perché è un tema di Salvini", portando alle estreme conseguenze il cancro dell'appartenenza, hanno commesso un irredimibile peccato di omissione, le cui conseguenze saranno devastanti. Il fatto è che ora il "loro" popolo, quello che secondo loro non capiva i problemi dell'euro (quando gliene parlavano loro), e per il quale secondo loro l'immigrazione non era un problema (perché loro non volevano parlargliene), si trova ad affrontare situazioni di disagio crescente, essendo privo di quegli strumenti di analisi e di razionalità che sarebbe stato dovere dei politici e degli intellettuali di sinistra portare nel dibattito, laddove essi fossero ciò che credono e dichiarano di essere.

Ma a questo essenziale dovere di mediazione culturale essi si sono sottratti.

Apprezzo anche la saggezza antica del mio collega violoncellista partenopeo, neoborbonico e ora anche leghista. A me che dicevo: "Certo che è assurdo: Salvini viene ai miei convegni, dice cose condivisibili, blasonati intellettuali 'de sinistra' e partenopei come te mi confessano turbati che 'il problema di Salvini è che quando lo senti parlare di persona voteresti per lui', poi va in televisione a fare delle sparate del cazzo che lo allontanano dai moderati...". E lui, sornione come il gatto di casa e tagliente come una katana: "Ma quali moderati!? Hai capito che la gente non ne può più? Lui parla così perché lo votano se parla così...".

Ecco... prima di vedere il simpatico servizio del compagno Formigli non lo avrei creduto. Pensavo di più all'esigenza di far sparate sopra le righe per compattare le fila dei camuni e degli insubri. Certo però che se anche in Piddinia laggente parlano in quel modo, forse il neoborbonico tutti i torti non li aveva, il che non è esattamente un viatico verso un clima più sereno. Speriamo che le cose prendano una piega diversa: ora che la base del PD fa discorsi violenti e razzisti, i vertici di altri partiti possono portare nel dibattito una voce di razionalità e di equilibrio. Io non sono un esperto di marketing, ma continuo ad auspicare che qualcuno cominci a dire le cose come stanno, lasciando agli altri il compito di caricare i toni. L'amena vicenda dei blocchi navali, che erano "de destra" se li chiedeva la Lega e sono diventati "de sinistra" non appena li ha chiesti l'anonima piddini, dimostra che si può costruire capitale politico senza sforzi retorici eccessivi e quindi controproducenti...

Comunque, tornando a bomba: mi sembra chiaro che dopo le prossime elezioni, quando nessuno potrà governare, e dopo una campagna elettorale passata a strappare voti agli avversari ostentando la propria indisponibilità al compromesso i partiti saranno costretti dall'aritmetica a stringere alleanze, il cinque stelle andrà con l'odiato PD. Altre alleanze temo che saranno nel frattempo diventate impossibili, per un motivo molto semplice: al di là della vicenda dei migranti, sulla quale ha tanto insistito (e sarebbe bastato molto meno), e sulla quale ora è preceduta dalla base e inseguita dai vertici del PD, la Lega ha accumulato un rilevante capitale politico criticando seriamente l'Europa. Il fatto è che da qui a febbraio, che sia valido il mio ragionamento deduttivo, o che sia valido quello induttivo di Dezzani, il cinque stelle ne farà di ogni per rendersi sempre meno credibile nella sua critica all'Europa. Alla fine, per partiti che da questa critica traggono una parte forse non prevalente, ma comunque consistente e convinta, di consensi, accostarsi a pagliacci (o dilettanti) simili significherebbe quindi dilapidare con leggerezza un capitale politico prezioso.

Ve lo dice, con grande amarezza, uno che ce l'ha messa tutta. Ma esiste anche la sunk-cost fallacy, come ho imparato dal socio Lignini. Ah, e non aspettatevi che laggente si rivoltino quando la strana alleanza verrà dichiarata! Ricordatevi: quella è una religione, una religione di odio contro lo Stato e il suo ruolo nell'economia, derubricato sempre e comunque a coruzzzzzzione e spesa "improduttiva" (?). Ora, le religioni sono fatte di misteri, e di gente che ci crede: l'alleanza col PD diventerà un mistero, gaudioso per alcuni, doloroso per altri, nell'interminabile rosario di scemenze che gli adepti si son fatti raccontare nel corso degli anni.

Del resto, tutte brave persone, persone onesteh.

E a noi piace ricordarle così...