Fra le tante supercazzole che ricevo, oggi mi pregio di sottoporre alla vostra riverita attenzione la seguente:
Stacchiuccio ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il pensionato":
La vittoria della vanità non è la modestia, tanto meno l’umiltà, è piuttosto il suo eccesso. (J. Saramago)
Egr. Prof. Bagnai,
Le
scrivo perché sappia che dal punto di vista strettamente tecnico, pur
non possedendo le sue competenze scientifiche, posso ragionevolmente
ritenere che le sue argomentazioni siano esatte in punta di “quazzioni”
(scienza). Per la coscienza il ragionamento trascende le finalità
prettamente scientifiche.
Nel contempo, non posso sottacere un certo
cruccio, nel leggere post, con cui nella migliore delle ipotesi dileggia
chi non la pensa come lei o semplicemente chi non ha compreso concetti
economici.
Non è che il fatto di possedere un ragionamento
scientifico rigoroso ed esatto (per giunta ciò che è esatto
scientificamente, a volte può non esserlo socialmente) la può fare
urlare ad “fatwa” contro la moneta unica.
Non è che l’esperto di
cointegrazione è solo colui che riesce “stretto stretto” a prevedere
dove stiamo andando, (per quello c’è J. Tinbergen e Granger) ma a dare
spiegazioni sul perché si arriva ad entrare in un bar. (vedasi noto
esempio su cointegrazione)
Non è che l’economia è una scienza di soli
numeri, grafici (magari con unità di misura) e politici, della serie,
qui Houston ecco a voi la Terra non promessa o diversamente promessa.
Mi
permetto di dirglielo solo perché le sue eccellenti doti scientifiche
potrebbero essere adombrate da quelle comunicative di tipo categorico
(io sono io e voi non siete un kaiser) che se, stocasticamente,
dovessero fare il paio tra loro,…….
Insomma, Prof, per quanto esatte
possano essere le sue analisi scientifiche, tenga a mente che “la
modestia è per il merito quello che sono le ombre per le figure di un
quadro: gli da forza p rilievo (Jean de la Bruyere)”.
Con stima
Dite la verità, non è geniale? Uno che mi esorta alla modestia mentre mi fa la lezioncina su cosa sia l'economia! Va anche detto che Tinbergen con la cointegrazione c'entra pochino (aveva 84 anni quando usci l'articolo di Engle e Granger), quindi una googlata più approfondita sarebbe stata apprezzata, come pure qualche congiuntivo, ma questi son dettagli.
Vedo che urge un ripasso, e mi accingo a fornirvelo. Have fun.
Le conferme
Questi tre anni di divulgazione, attività che ha comportato
per me l’abbandono della torre d’avorio, despicere unde queas alios, e la
necessità di confrontarmi con i miei cosiddetti simili, mi hanno riconciliato
con la mia professione, della quale sinceramente non riuscivo a vedere
l’interesse, e con l’umanità. Le due cose sono andate di pari passo: da voi ho
imparato tanti fatti e anche qualche teoria economica, ma questo blog, per me
come per voi, è stato soprattutto il luogo nel quale abbiamo scoperto di non
essere soli. Lo abbiamo scoperto in un momento nel quale per molti di noi
(almeno per me) era fondamentale scoprirlo, quando stavamo per cedere allo
sconforto, presi nel vortice di una crisi che entrava a vele spiegate nel suo
terzo anno, mentre intorno a noi i piddini, in un accesso orgiastico di
conformismo, celebravano la non soluzione di un non problema: la rimozione
dell’hostis humani generis, il Berlu,
cioè di quello che non poteva essere, per una serie di motivi buoni o cattivi,
il liquidatore degli interessi del capitale internazionale, e che comunque non
poteva nemmeno essere rimosso sic et
simpliciter (cosa ampiamente dimostrata a
posteriori dal fatto che la prima cosa fatta dal “vuoto che avanza” - ©Fusaro – è stata
stringerci un patto – se poi sia stato leonino o pecorino ce lo dirà la
SStoria).
Oh, l’espressione dei piddini indottrinati da trent’anni di reductio ad Berlusconem il giorno dopo
il patto fra Renzi e Berlusconi! Ci sono cose per le quali vale la pena di
vivere, e questa è stata una. Ma senz’altro conoscere voi, darmi e darvi la
possibilità di sapere che non eravamo soli su questa Terra (dove c’è grosso
crisi...), è stata una cosa ancora più importante.
Oltre a questa piacevole sorpresa, in questi tre anni
l’umanità mi ha riservato anche alcune sgradite conferme, e di queste oggi
parliamo.
Ho sempre istintivamente diffidato di due tipi di persone:
di quelle che fanno troppi complimenti, e di quelle che ostentano troppa modestia.
E avevo ragione. Del resto, si sa, est modus in rebus...
tupermeseiunfratello.com
(Antonio Triolo freundlich gewidmet, und lass
es dem Mao Tsetung lesen...)
Sai le persone che “tu per me sei un amico, sei un fratello,
sei il numero uno, noi per sempre insieme, io non farò nulla se prima non ne
avrò parlato con te, perché tu sei il numero uno, tu sei un fratello, tu per me
sei un amico”? Vi è mai capitato di incontrarne una? Bene, se vi è capitato,
avrete anche notato che di norma queste persone, dopo aver sollecitato
insistentemente, collosamente, il vostro consiglio e il vostro parere, perché
voi “siete i migliori, i numeri uno, siete come dei fratelli ecc.”, dopo aver
usato e abusato del vostro tempo come de
re sua, dopo avervi fatto esercitare nella sgradevole arte del consiglio richiesto
(perché su, diciamocelo, siamo tutti umani: il vero consiglio, quello che fa
veramente piacere dare, è quello non richiesto, soprattutto se postumo), dopo
insomma che voi, “i numeri uno, i fratelli, er mejo amico mio”, avete investito
tempo nel cercare, bona fide, di
lambiccarvi il cervello per venire incontro alle esigenze del colloso
ammiratore, e gli avete dato quello che a giudizio vostro e altrui sembra il
consiglio più naturale, la linea di condotta più diretta per raggiungere
l’obiettivo, insomma: dopo tutta questa colossale perdita di tempo, i
complimentatori compulsivi invariantemente faranno il cazzo che gli passa per
la testa, che infallantemente è ortogonale rispetto a quanto voi e il Buon
Senso gli avrete suggerito, il che se va bene danneggia solo loro, ma molto
spesso anche voi.
A me è successo, più di una volta.
Già saprete che detesto il telefono, ritenendo prova della
sua invenzione da parte di un italiano il fatto che esso sia lo strumento
privilegiato dei rompicoglioni. E questo amico continuava a telefonarmi a tutte
le ore: “Arbe’, tu pe’ mme sei er numero uno, senti, sto in riserva, devo da
riempi’ er serbatojo, damme un conZiglio te, che pe’ mme sei come un fratello:
che cce metto ner serbatojo: benza o succo de mirtilli?” E io, che nonostante
le apparenze son persona di buon cuore, argomentavo: “Be’, non so quanti ottani
abbia il succo di mirtillo, però fossi in te farei la cosa più ovvia: metterei
benzina, come del resto avrai fatto l’ultima volta, perché altrimenti non
staresti camminando...”. E lui: “No, ma io ‘o faccio solo si llo fai pure te
co’ mme, perché noi dovemo da fa sempre tutto inZieme, perché pe’ mme sei come
un fratello, sei er numero uno, io faccio solo quello che me dichi tu...”. E
io: “Ma guarda che per far benzina non è necessaria la compresenza. Esiste, fra
i giovani maschi, il rito della pisciata in compresenza, ma noi non abbiamo più
l’età, rischieremmo di farcela sui piedi. E poi, forse non te lo ricordi, ma io
gioco in un altro campionato: vado a metano...”. E lui: “Vabbe’, ma allora
dimme, che cce metto? Er succo de mirtillo? Perché tu pe’ mme sei come un
fratello, sei er numero uno...”. E io, che ho fatto delle pazienza e
dell’accondiscendenza uno stile di vita: “Guarda, secondo me dovresti
rifornirti di benzina, la detonazione del succo di mirtillo è sicuramente
inferiore a quella delle mie palle se la telefonata continua [ndr: il vantaggio
di certa gente è che puoi dirgli qualsiasi cosa, tanto non capisce], però fai
così: visto che io per te sono il numero uno, un fratello, il migliore, e che
io ti ho già detto cosa dovresti fare, ma tu continui a chiedermelo,
evidentemente non ti fidi di me, giusto? E allora fai così: vai dal benzinaio,
che è sicuramente più esperto di me, e chiedi a lui. Io non mi offendo: sai, io
sembro uno con tante certezze, ma ne ho una sola: quella di non essere il
numero uno: al limite sono il numero quattro: prima ci sono il Padre, il
Figlio, e lo Spirito Santo. Vabbe', diciamo che secondo alcune strane aritmetiche teologiche
potrei essere il numero due, ma non entrerei in questo dibattito, mi accontento del quattro. Stammi bene e fammi sapere”. E lui: “No, ma io nun
ce vado dar benzinaro si nun vieni puro te, perché noi dovemo da fa’ squadra,
perché tu sei er numero uno, ma solo inZieme potemo da vince sta battaja...
[Uga guarda incuriosita lo schermo per capire come mai mi
tronco di risate scrivendo. Piccola topolina di babbo: “Vai così veloce con
quelle mani che non si vede nemmeno cosa stai scrivendo...”. Amore, babbo va
veloce perché tu possa scegliere la tua andatura!]
...solo inZieme potemo da vince sta battaja, anche se tu ei
er mijore, er numero uno.” E io: “Scusa, mi è entrata una bruschetta
nell’occhio, ho il gomito che mi fa contatto con l’alluce, devo andare...”.
Quindici primi e zero secondi dopo: driiiin! “Dimmi!”
“Senti, Arbe’, che mme veresti a prenne? ‘A maghina s’è fermata”. Dico: “Hai
finito la benzina prima di arrivare dal distributore?”. Lui: “No, dar
distributore ce so’ arivato, perché te sei come un fratello, sei er mijore, sei
er nummero uno, e lui m’ha pure detto de mettece un po’ de bbenza”. Io: “So
what?” Lui: “Ma io lo facevo solo si llo facevi pure tu”. E io: “Ma io lo
faccio volentieri, se mi spieghi come far entrare benzina in una bombola di
metano senza ritrovarsi a cavalcioni di un pioppo a cinquanta metri di
distanza! E allora tu che hai fatto?”. E lui: “So annato ar bare, me so
comprato quattro PET de Fanta da un litro e mezzo e ho messo sei litri de Fanta
ner serbatojo, ma mmo ‘a maghina nun riparte. Li mortacci der benzinaro, deve
da esse der PUDE”.
E allora uno dice: “Ma se tanto dovevi fare come cazzo ti
pareva, almeno potevi non friggermi le orecchie con le tue scemenze? Il
telefonino costa troppo poco, evidentemente...”.
iosonsoloun.org
Poi ci sono gli ostentatori di modestia.
In questo mondo c’è posto per tutti, no? O ce lo troviamo, o
ce lo danno, ma alla fine ci siamo, e, una volta che ci siamo, da lì si parte
per assolvere il nostro compito principale, che poi, in definitiva, è quello di
morire (con maggiore o minore dignità). C’è posto per il leone e per la
friganea, c’è posto per l’airone e per l’avocetta. Questa mattina ho incontrato
il bagnino, scendendo in spiaggia: gli ho sorriso e l’ho salutato, lui mi ha
sorriso e mi ha salutato. “Buongiorno!” “Buongiorno!”. As simple as that. Non:
“Buongiorno!” “Io sono solo un bagnino, ma buongiorno!”. C’è posto per il
bagnino e per il docente, c’è posto per tutti.
Ecco, dopo facciamocome.org forse è giunto il momento di
attivare un secondo, più fondamentale generatore di supercazzole:
iosonsoloun.org.
Immaginate di essere amici di un geometra: professione
nobile, dalla quale nacque, come sappiamo, il cardine delle scienze
statistiche, il teorema di Pitagora, padre di ogni metrica e quindi di ogni
possibilità di misurare quanto i fatti distino dalle teorie. Bene. Esattamente
come una delle persone più colte di questo blog è “solo” un operaio, e per di
più extracomunitario (e mai mi ha fatto tanto bene guardare qualcuno nei suoi limpidi
occhi), supponiamo che anche il vostro amico geometra abbia interessi
culturali, e sia appassionato di architettura, per cui, accompagnandovi a
spasso per Venezia, gli occorra di farvi notare qualche dettaglio che a voi,
laici, era sfuggito. Ed esordisce: “Io son solo un geometra, ma...”. E voi
pensate: “Accidenti, è interessante. Non lo avevo proprio notato, e poi è anche
spiritoso, mi piace questa autoironia, questo understatement: io sono solo...
quando invece si vede che ne sa tanto. Apprezzabile, in questo periodo di ego
ipertrofici – Domine non sum dignus”.
Certo, quelli che parlano di “falsa modestia” perdono di
vista il punto fondamentale. La modestia è falsa in re ipsa, perché è una virtù esteriore, che si esercita in
relazione agli altri, per trasmettere loro un messaggio, per lo più falso (per
il fatto stesso che c’è bisogno di trasmetterlo). Quanto è differente
dall’umiltà, virtù interiore, che si sostanzia nel disciplinato confronto con
se stessi, un confronto che agli altri è destinato a restare per lo più ignoto,
e il cui oggetto non è trasmettere agli altri un messaggio, ma spingersi oltre
i propri limiti: arrivare in fondo a una fuga di Bach, o a una maratona, o in
cima a una montagna, o a pag. 150 del Takayama, o... Ma l’umiltà è come il
coraggio: chi non ce l’ha non se lo può dare. La modestia se la può dare
chiunque: basta dire “io sono solo un geometra...”.
Poi, magari, vi addentrate in una calle, e l’amico vi mostra
la facciata di un palazzo, e “Io son solo un geometra, ma quella è una bifora”.
E qui, se avete un minimo di orecchio musicale, cominciate a sentire una lieve
stonatura. Capisco ostentare modestia nel dire qualcosa di originale, che
aggiunga informazione: in questo caso l’understatement può avere un suo perché,
una sua funzione retorica. Ma per dirti una cosa che tutti sanno e che non
aggiunge niente, a che serve inserire “l’io son solo un...”? La domanda sorge
spontanea: “che cazzo c’entra che tu sei solo un geometra? Anche lui è solo un
gondoliere, ma sa pure lui che quella è una bifora...”.
Dopo di che magari passate davanti al cartellone di un
concerto, programma nostrale (le “Quattro stagioni” di Vivaldi – non è una
pizza), e l’amico “io son solo un geometra, ma se hai letto De La Notte saprai
che la sospensione della tonalità è già palese in alcune opere per pianoforte
di Liszt”. E a questo punto il “che cazzo c’entra” raddoppia: che cazzo c’entra
che sei solo un geometra, e che cazzo c’entra la sospensione della tonalità con
Vivaldi? E soprattutto il trattato di armonia l’ha scritto De La Motte, non De
La Notte!
E lì vieni trafitto da un’intuizione fondamentale, anzi,
due.
La prima è che l’amico non sa una beneamata fava di cosa
stia dicendo: invasato dal demone della tuttologia, semplicemente defeca
qualche indigerito contenuto ingollato orecchiando qua e là. La seconda è che
la sua compulsiva ostentazione di modestia (“io son solo un...”) deriva da un
semplice dato psicologico: l’amico, in realtà, ostenta modestia perché si sente
molto, ma mooooolto, più fuuuuurbo di te, e di questo non puoi fargliene una
colpa: è una strategia che gli detta il suo istinto di conservazione: è questo istinto
a comandargli di sentirsi mooooolto fuuuuurbo, compensando questa granitica convinzione
con una stucchevole e manieristica ostentazione di modestia, perché se non vuoi
che il tuo io si sbricioli di fronte ai fallimenti (o meglio: a quelli che tu
percepisci come tuoi fallimenti) in qualche modo devi reagire, e ci sono due
modi di farlo: il primo è elaborare i propri fallimenti e passare oltre (come
ho fatto io con la mia carriera musicale), il secondo è ostentarli, per
dimostrare a se stessi e agli altri che non li si considera tali. Solo che la
lingua, da che mondo è mondo, batte dove il dente duole, quando non batte dove
il (omissis) ride. Quindi la seconda strategia è intrinsecamente fallace e
foriera di ulteriori frustrazioni.
Le morali delle
favole
Be’, ce ne sono tante, sparse qua e là.
Una è che falliti (o riusciti) si nasce. Chi ha avuto in
sorte da madre Natura una personalità affettivamente equilibrata saprà
convivere con i rovesci della fortuna e saprà tornare a contatto con la durezza
del vivere (come auspicava Tommy) mantenendo il sorriso sulle labbra. Pensate
un po’ se io dovessi rosicare! Ho compagni di corso che dirigono orchestre
prestigiose all’estero, altri che sono senior
economist alla Banca mondiale, o anche semplicemente sciacquini in Banca d’Italia
(guadagnando almeno il doppio di me) e io ho solo una schifosa community dove
se dico a una “andiamo a cena”, quella manco me risponne! (Scusa Nat, nun te lo
volevo fa ppesa’...).
Sono assolutamente fallito come guru, come economista, e
come musicista, ma questo non mi toglie il sorriso dalle labbra,
e quando mi rivolgo ad altri non comincio col ripetere ritualmente “io son solo
un guru ma...”! Fra i vari optional
dei quali Matrigna mi assortì ce ne son due particolarmente utili: il nec
pluribus impar e lo spirito di Linneo.
Mi so collocare, e sto bene
dove sto.
La vita è troppo breve per rinunciare allo spirito del daje
a ride.
Naturalmente, va da sé, diffidate di chi vi incensa: sta per
tradirvi, spesso senza nemmeno rendersene conto. Diffidate anche di chi si
cosparge il capo di cenere: sta per tradirvi, rendendosene perfettamente conto,
e pensando di farlo per il vostro bene, perché lui è fuuuuuuuuuurbo, e quindi
voi siete dei pori cojoni, anche se lui è “solo un geometra ma...”
E, infine, anche se apparentemente non c’entra con quanto
precede, diffidate degli uomini che vi parlano del loro padre, e delle donne
che vi parlano della loro madre. Qui, veramente, quale sia il modello
sottostante lo ignoro. Sono sicuro che mi seguono fior di psicologi i quali
sapranno spiegarcelo. Il mio ragionamento non è quindi deduttivo, ma induttivo. Ogni volta che
un uomo esordì con “il mio babbo mi diceva che...” è stata catastrofe.
E ora, cari seguaci del guru fallito, mi avvio lieto e pensoso, verso il direttivo di a/simmetrie. La giornata è iniziata bene, per motivi che saprete a suo tempo, e finirà meglio.
Dieu et mon droit.