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mercoledì 23 maggio 2018

Pilkington (S. Salvo, Europa).

(...l'ho presa benissimo...)


La storia è qui. Oggi siamo messi così:



Il mio commento è questo:


(la definizione di posizionamento sul mercato è qui: è semplicemente il rapporto fra saldo commerciale in un settore specifico, e volume del commercio mondiale nello stesso settore).

Ai lettori del blog non occorrerà altro.

Agli altri voglio dire una cosa.

L'esperienza della mia candidatura mi ha posto improvvisamente a confronto con un aspetto dell'impegno politico che mi era del tutto oscuro, per quanto nulla abbia di segreto o di arcano: la sua dimensione territoriale. Banalmente: si viene eletti in collegi, che sono porzioni di territorio. Io non ero un politico, quindi non ci avevo mai pensato.

Più volte ho espresso, ad esempio qui, il mio rispetto per gli attivisti che sul territorio da anni costruiscono quella struttura che mi ha consentito di avvicinarmi agli elettori e ai loro problemi. Il loro lavoro umile e tenace è stato il presupposto per l'affermazione delle mie idee. Ma ce n'era anche un altro di presupposto, perché le mie idee si affermassero: che queste idee ci fossero, e che io avessi il coraggio civile di esprimerle su questo blog. Il mio collegio, quindi, è in primis et ante omnia il web, e questo non lo dimentico, né dovrebbero dimenticarlo gli altri.

C'è anche una dimensione meno esaltante, per me che tendo a parlare di ciò che so, dell'impegno politico territoriale, soprattutto con una legge come il Rosatellum. Mi mette oggettivamente in difficoltà il fatto, peraltro comprensibile, e entro certi termini fisiologico, di essere visto nel "mio" collegio, quello in cui sono "scattato" perché ho preso meno (non più: meno) voti che altrove, come un taumaturgo, o, come oggi si direbbe, un tuttologo, che tutto deve sapere e che tutto deve risolvere (con o senza imposizione delle mani). Ripeto che se fossi stato chiamato a optare dalla legge elettorale avrei forse optato per l'Abruzzo, perché la mia attività professionale mi ha portato a conoscere le criticità di quella regione più di altre dove ero candidato (certo, sono affettivamente legato alla Toscana, e questa settimana sarò a Campi Bisenzio, Arezzo e Siena, ma se dovessi dire che conosco le criticità di quella regione come conosco quelle abruzzesi mentirei: comunque, sono disposto sempre ad ascoltare e imparare: e per questo vado a Campi Bisenzio, Arezzo, e Siena).

Il punto che vorrei sottolineare però non riguarda strettamente il rapporto con gli elettori. Loro hanno assolutamente il sacrosanto diritto di sentirsi rappresentati a Roma, e io ho il dovere imperativo di rappresentarli, tutti, inclusi quelli che avrebbero preferito essere rappresentati da politici con una visione discutibile dell'interesse del paese (vedi sotto). Tuttavia gli elettori dovrebbero capire, e senz'altro capiranno, che certo, io sono colui che sono, e soprattutto so quello che so, ma purtroppo sono ancora uno e non trino, il che mi impone di scegliere il campo di battaglia su cui schierarmi. Andare in giro a far promesse sperando che qualcuno le mantenga (more piddino) è senz'altro un'attività piacevole: poi si va a cena insieme, se si ha tempo (io non ne ho), l'Italia è un posto dove si mangia bene e l'Abruzzo un posto dove si mangia meglio (io sono perennemente a dieta), e domani è un altro giorno. Ma naturalmente se si fa questo, gli elettori lo capiranno, non si fanno altre cose: non si combatte a livello nazionale, non ci si occupa della legge di bilancio, non si gestisce il rapporto con l'Europa.

Volete sapere come gestisce questo rapporto il PD? Per darvene plastica rappresentazione, basterà che vi dica chi si sta occupando della redazione del bilancio dell'UE in questo momento. Sì, sto parlando di quel bilancio che nei sogni di Giove Macronio dovrebbe essere gestito dal Ministro delle Finanze Europeo per rilanciare lo sviluppo dell'Europa (che non esiste), con una quantità di soldi che è irrisoria se paragonata all'obiettivo dichiarato, e spropositata se paragonata all'obiettivo vero: integrare nei mercati del lavoro delle nazioni dove il lavoro c'è (Germania) lavoratori esteri a basso costo, per proseguire con la politica di dumping ai nostri danni (anziché consentire a noi una gestione razionale del processo migratorio, rimpatri compresi).

Bene, ve lo racconto. Il prossimo quadro finanziario pluriannuale (MFF), il budget post-2020, è già stato ipotecato, e rappresenta un caso lampante (forse il più lampante) dello strapotere tedesco e dell’inconsistenza italiana. A gennaio 2016, in un seminario per pochi eletti, Schaeuble ha dettato la linea, intimando ai presenti (fra cui il senior management della Commissione) di smetterla di blaterare di budget per la zona euro, di nuovi strumenti di bilancio (insomma, di lasciar parlare i francesi), e di concentrarsi invece sul taglio delle vecchie priorità del budget (agricoltura e coesione, cioè, se vogliamo, Francia e Italia) per finanziare le nuove (difesa, migrazione, sicurezza interna ed esterna). Priorità tedesche, da gestire alla tedesca, ovviamente. Da quel giorno tutta la Commissione ha iniziato a preparare la proposta del futuro budget in base a quella linea. A Roma non si sono mossi. Il tema non gli interessava (nonostante gli allarmi di alcuni nostri funzionari), e ovviamente i risultati si sono visti: nel corso del 2016-2017 tutta la scala gerarchica di chi si occupava del futuro budget è stata occupata da tedeschi, contravvenendo alle regole di funzionamento interno delle Commissione, che a chiacchiere esigono una rappresentanza equilibrata delle diverse nazionalità.

Vi ricordate chi era il Commissario al budget e alle risorse umane? Kristalina Georgieva, che con un tempestivo promoveatur ut amoveatur, determinato da conflitti con Selmayr (questo), se n’è andata alla World Bank, lasciando il posto di Commissario responsabile a Oettinger (tedesco, CDU). Scendendo per li rami, chi troviamo? La Direttrice Generale è Nadia Calviño, quota socialista spagnola: le apparenza bisogna pur salvarle. Sotto di lei il Vicedirettore Generale è un italiano: siamo in mano sua. Quindi tutto bene? Aspettate. Sotto l'italiano, il Direttore è Stefan Lehner, tedesco, un passato al Bundesministerium der Finanzen, caso unico in Commissione di un funzionario che pur occupandosi di fondi non è stato spostato dopo i fatidici cinque anni (qui trovate le sue variopinte e rassicuranti slides). Lui è lì da dodici, a gestire i soldi dell'intera Leuropa, e il 2021-2027 è il terzo quadro finanziario pluriannuale che decide, mentre, per fare solo un esempio, i segretari amministrativi dei nostri Dipartimenti universitari sono soggetti a rigida turnazione perché "ce lo chiede l'anticorruzione"! Sotto di lui, capo unità, Andreas Schwarz, ex watchdog tedesco nel gabinetto della Georgieva (liquidata come s'è detto). Sotto di lui, altro caso unico in Commissione, il vice capo unità è un altro tedesco, Claudius Schmitt-Faber, che è appena tornato un anno fa da un distacco di due anni al Bundesministerium der Finanzen. Sotto di lui, altri due tedeschi: uno (Michael Grams) era ad Ecfin nel Desk Germania, dove si occupava di dire che il surplus estero tedesco non è un problema e di ammorbidire le raccomandazioni della Commissione alla Germania; l'altro, Thilo Maurer, lavorava con un mio nuovo collega (indovinate quale)! Così si blinda la preparazione del bilancio settennale, nell'inerzia italiana.

E io devo stare ad ascoltare le lezioncine sbagliate di economia del rappresentante di un partito che ha permesso tutto questo? Non credo proprio, non funziona così: io posso anche accettarlo per cortesia, e l'ho fatto,ma quali elettori lo accetteranno, dopo aver letto i fatti che precedono? Perché è lì, in quei tavoli, che si decide l'allocazione dei fondi per il rilancio del nostro paese, e chi oggi fa il patriota vuoto a perdere quei tavoli li ha disertati, e quindi dovrebbe avere il pudore di tacere.

Sono stato io il primo a dire che entro certi limiti è opportuno che i parlamentari del territorio si uniscano e facciano fronte comune a Roma come i parlamentari tedeschi si uniscono e fanno fronte comune a Bruxelles (vedi sopra). Però vorrei anche che uscissimo una volta per tutte dalla retorica dall'embrassons nous generale, da questo buonismo assolutorio, dalla demagogia del "rimbocchiamoci le maniche insieme". Vorrei che capissimo che chi è stato parte del problema non potrà essere parte della soluzione, e se anche potesse entro certi limiti non sarebbe giusto coinvolgerlo: sarebbe invocare una politica senza responsabilità. Gli errori devono essere pagati. 

Gli amministratori, per carità, fanno bene ad assicurare il pluralismo, ci mancherebbe. Mi sembra senz'altro lecito dare l'ultima parola a chi è stato sconfitto dagli elettori e permettergli di dire le sue banalità senza assicurare diritto di replica a chi invece le elezioni le ha vinte perché aveva argomenti. Tuttavia, vorrei dire che per avere questo non devo sbattermi a tre ore di macchina da Roma: mi basta restare a casa mia e mettermi in collegamento telefonico con una trasmissione radiofonica del servizio pubblico. Devo anche rimarcare che ieri sera, in una diversa riunione, presieduta da uno che si è fatto sette legislature, è stato due volte ministro, ed è stato molto cortese con me, mi hanno detto che normalmente non si fa così, e che l'ultima parola spetta d'abitudine alla maggioranza (io ho obiettato che la maggioranza ancora non c'è, il che stava causando qualche problema procedurale). Però a me questo modus operandi sembra accettabilissimo, e anzi, incoraggio chiunque in futuro mi inviterà a fare così, a concepire il contraddittorio in questo modo, e sapete perché lo incoraggio? Perché così facendo il bisturi del voto inciderà definitivamente il bubbone. Non so se le elezioni politiche saranno fra due mesi o fra cinque anni: so solo che, dopo, non ci saranno giovani esponenti di un partito fallito e fallimentare ad alimentare il contraddittorio, perché il popolo li avrà mandati a stendere (e, con loro, chi continua a dargli tanta immeritata tribuna). Questa è la democrazia, e a me piace. Capisco che agli altri possa non piacere: strano come una meritata vittoria vista dal basso somigli a una immeritata sconfitta!

Bene.

Sia chiaro che io non tollererò più che in mia presenza venga fatta disinformazione (tradotto: la prossima volta mi alzo e me ne vado). Non è con la disinformazione, ma con l'informazione, che sono arrivato in Senato. Non tollererò più che politici che hanno perso, e che gli elettori raderanno definitivamente al suolo (la Valle d'Aosta è solo l'antipasto), si arroghino il diritto di scaricare in mia presenza sul paese, sugli italiani, la colpa di tre decenni di loro fallimenti e di loro umiliante subalternità (vedi sopra la catena di comando del prossimo budget UE). Nessuno mi obbliga a farlo. So che abbiamo vinto solo una battaglia e non la guerra, ma era la vostra Borodino, e il popolo è con noi. Sta cominciando l'estate. Se non vi ritirate ora, vi ritirerete d'inverno. Lascerete per strada ancora qualche Platon Karataev, ma lascerete anche tutti i vostri carri, tutti i vostri cavalli, tutte le vostre bandiere, e soprattutto tutta la vostra insopportabile e radicalmente immotivata spocchia.

E allora, per concludere: io ho il dovere di rappresentare il territorio, di rappresentare le mille esigenze particolari e di fare il possibile per assicurare che venga riparato il ponte tale o l'acquedotto talaltro, e ho già cominciato a fare quanto mi era possibile prima ancora che il governo venisse costituito (e con qualche minimo risultato). Ma chi è sul territorio, e non mi riferisco né agli elettori, né agli attivisti, ma agli amministratori, dovrebbe, nel suo interesse, lasciarmi spiegare (o, se lo desidera, spiegare lui) perché gli investimenti pubblici in Italia sono scesi dai 54 miliardi del 2009 ai 33 del 2017, e quelli in strade dai 10 miliardi del 2009 agli 8 del 2016 (il dato 2017 non è ancora pervenuto):




Questi tagli, di farli, ce l'ha chiesto l'Europa, e non credo che possiate nasconderlo, visto che per anni la solfa del "ce lo chiede l'Europa" l'avete cantata proprio voi. Quindi se si parla di crisi del vetro si parla di Europa, se si parla del fatto che far arrivare un container da Napoli costa poco meno che farlo arrivare dal Vietnam si parla di Europa, se si parla del fatto che le infrastrutture non solo non vengono fatte, ma soprattutto non vengono manutenute si parla di Europa, ecc. E il punto non è che l'Europa è cattiva, ma che chi ci si doveva confrontare non è stato molto intelligente (o è stato troppo furbo). Quindi, se mi chiamate, sappiate che parlerò di Europa: se non volete sentire, basterà non chiamarmi. Sappiate anche che non sarò, perché non penso di doverlo essere, tenero con chi ci ha messo in questa situazione. Io sto bene anche a casa mia, e forse da casa mia posso contribuire meglio a risolvere certi problemi, se non altro portandoli all'attenzione di un pubblico più ampio.

Tanto dovevo agli elettori del Vastese.



(...ah, nel caso qualcuno di quelli che erano lì ieri sera volesse sapere di cosa avrei parlato: avrei parlato anche di questo, per farvi capire che i vostri dossier sono sui nostri tavoli da tempo. Questo fa paura: che anche se il nostro programma fosse identico al vostro, noi riusciremmo a realizzarlo meglio di voi, ed è per questo che giù al Nord sono tanto in apprensione...)

(...avrei l'assemblea Confindustria, ma, alla luce del discorso precedente, piuttosto che andare a sentirmi dire le solite invereconde baggianate, preferisco andare in palestra. Il mio istruttore è un leghista, ma ha anche dei difetti...)