domenica 16 novembre 2025

Eggnente...

(...giusto per farvi capire...)

Guardate questo:


Un servizio garbato, equilibrato, non ostile, e quindi mi dispiace far notare che si basa su un malinteso, che probabilmente ho originato io.

Quella della "colla" infatti per me non era una metafora della militanza, ma al contrario una aperta manifestazione di insofferenza verso chi reclama rispetto per il fatto di aver attaccato manifesti, ma quei manifesti non pare li abbia letti, e soprattutto non pare rispetti chi li ha scritti.

Tutto qua.

(...forse vi sembrerà strano, ma in una riunione del partito a Chieti un simpatico vegliardo ha chiesto al suo vicino se io fossi un SOM, cioè un Socio Ordinario Militante, perché lui si sentiva più anziano di me non solo anagraficamente - su quello non avrei avuto dubbi nemmeno io! - ma anche per seniority di partito, essendo iscritto dal 2016. Non sapeva cioè che io conosco Matteo dal 2013, che l'ho portato in Abruzzo al #goofy3 nel 2014, e che i parlamentari sono SOM ipso jure. Non poteva quindi immaginare di avere a che fare con una persona che i manifesti li attaccherebbe anche volentieri, ma non ne ha bisogno perché con un post su FB fa la tiratura del Corsera, e che in quindici anni di lavoro ha creato una community che è ovunque, anche nella sedia dietro di lui. Sono le gioie, un po' cecoviane, un po' balzacchiane, un po' pacchiane, della politica di territorio, amici miei! Se mi seguite, nulla vi sarà risparmiato, né delle grandi, né delle piccole cose, e io ho sufficienti mezzi per occuparmi delle une e delle altre...)

(...non voglio che la mia critica sembri ostile al giornalista! Certo, se avesse ascoltato con più attenzione avrebbe potuto fare un servizio più pepato, ma... molto meglio così! Le cose le spiego qui a voi, in questo blog che non esiste, perché possano esservi utili. Questo aneddoto, ad esempio, spero serva a chi fra voi ha deciso di fare militanza politica e si sente un po' frustrato perché non riesce - o ritiene di non riuscire - ad elevare il livello del dibattito. Ci vuole molto tempo e molta pazienza perché si parte da molto in basso! A mero titolo di esempio, è strano quanto sia difficile attrarre su ragionamenti patriottici i "leghisti" di certe regioni del Meridione, nonostante che essi siano per lo più orfani poco lungimiranti dell'esperienza di AN - i più lungimiranti, ovviamente, sono finiti in Fratelli d'Italia. Ti aspetti che per gli eredi di una tradizione nazionalista temi come i nostri, di riscatto della dignità nazionale, di valorizzazione del patriottismo, possano avere un appeal, e invece, ahimè, tristemente no! D'altra parte, se la politica è colla, e se i ragionamenti politici sono saudade di un passato non tutto da ricordare, poi è chiaro che le cose vanno in merda. Ma, ripeto: se la strada è quella giusta, con le dovute precauzioni passa relativamente in secondo piano il fatto che i compagni siano quelli sbagliati...)

(...l'insigne privilegio di scrivere su un blog che non esiste ma ciononostante parla a centinaia di migliaia di persone, tranne quelle che trarrebbero beneficio - o veneficio! - dall'ascoltare...)

La storia siamo noi

Murmur ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il goofy migliore è sempre l’ultimo":

Come verrà raccontato questo periodo tra 100 anni, quando nessuno di noi ci sarà più? Quando gli storici probabilmente dovranno anche fare uso di Intelligenze Artificiali molto più avanzate per scandagliare e analizzare l'infinita mole di documenti prodotti dall'umanità (inclusi i contenuti del Goofy che magari, per sopravvenuta obsolescenza tecnologica, non si troveranno più su Youtube ma archiviati in qualche altra forma)?

Il periodo del COVID verrà raccontato riducendo il tutto a scontro tra Lascienza e complottismi, come si fa oggi per vicende di 100 o 200 anni fa? O verrà messo in relazione alla più generale crisi della rappresentanza democratica e della distribuzione del potere che ha prodotto Brexit, Trump, Euroscetticismo? E la parentesi Eurozona/Unione Europea, come verrà giudicata dagli storici e dagli economisti del futuro?

Pubblicato da Murmur su Goofynomics il giorno 15 nov 2025, 16:17


Nel chiudere il #goofy14 mi sono posto una domanda analoga, ma forse più fruttuosa (o più assurda, giudicherete voi): ora che vediamo l'Europa andare rapidamente a destra

noi, che sappiamo perché ci sta andando, dato che lo avevamo previsto il 22 agosto del 2011 ("le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra"), non dovremmo forse rileggere con occhi diversi la storia dell'ultima drammatica svolta a destra del continente, quella iniziata circa un secolo fa?

Sono pressoché certo, caro Murmur, che uno storico comme il faut considererebbe con sussiegoso disdegno la mia e la tua applicazione alla storia di un metodo che probabilmente non le appartiene, quello analogico. Diciamo che su questo c'è un dibattito, e che probabilmente l'anelito verso un ragionamento rigoroso vale anche come scusante per la conclamata incapacità di imparare dagli errori del passato, visto che, in effetti, quanto il passato abbia da insegnarci dipende da quanto fondate siano le analogie che vediamo fra esso e il presente, e che un livello elevato di sofisticazione consentirà sempre di trovare distinguo in numero sufficiente da convincerci che "questa volta è diverso".

Tuttavia, nel modo asimmetrico con cui ci poniamo il problema (tu che ti chiedi come vedrà il presente uno storico del futuro, io che mi chiedo che cosa il presente dica del passato a noi che questo presente abbiamo dimostrato di comprenderlo meglio di altri perché ne abbiamo previsto un tratto molto significativo in un momento in cui il mondo sembrava stesse andando da un'altra parte - cioè a sinistra con la deposizione di Berlusconi qui, l'avvento di Hollande in Francia, ecc.), in questa asimmetria vedo un dato percettivo molto interessante. Mi sembra (ma può darsi che questa sia una mia impressione) che la maggior parte di voi non rifletta sul fatto che anche il presente è storia, e che, di converso, la storia è stata il presente di altri essere umani, né tanto migliori né tanto peggiori di noi. Questa dicotomia fra attualità e storia è largamente falsa, ancorché, me ne rendo conto, si basi su uno dei problemi più formidabili che la filosofia abbia mai dovuto gestire (non credo lo abbia risolto), quello del divenire, che da Parmenide in qua ha occupato menti più attrezzate della mia. Ma è questa dicotomia che ci consente di "chiamarci fuori" quando ragioniamo sui fatti storici, trincerandoci dietro la certezza che essi riguardino non solo (com'è ovvio) altre persone, ma persone e circostanze radicalmente diverse, realtà non confrontabili.

Credo che sarebbe invece un esercizio proficuo, e qui qualcuno lo ha fatto:


riflettere sul fatto che la storia siamo noi, che noi siamo nella storia, nella nostra storia, naturalmente, ma che questa storia, la nostra storia di esseri viventi che zampettano su due gambe da poco meno di quattro milioni di anni e che ha ancora più o meno lo stesso pancreas di 12.000 anni fa, quando ha posto le basi per soffrire di diabete, non può essere così radicalmente diversa da quella dei nostri simili che vivevano in un sistema economico capitalistico un centinaio di anni fa. Insomma, è sempre il solito discorso: chi ci propone "i totalitarismi" (e in particolare "le destre") del XX secolo come una imprevedibile irruzione nel divenire storico di un Male assoluto e radicale, inemendabile e incomprensibile, forse agirà in buona fede, ma sicuramente ci impedisce una lettura di quegli eventi in base alle dinamiche di classe che qui abbiamo individuato e applicato con successo, quando abbiamo preconizzato che l'austerità avrebbe fatto svoltare a destra la politica europea (QED) proprio mentre la politica europea pareva andasse a sinistra. E, in effetti, anche negli anni '30 del XX secolo era stata l'austerità a far svoltare a destra la politica europea, almeno in Germania, come ormai tutti sanno e ammettono. Solo qualche remoto sprovveduto crede più alla storiella dell'inflazzzzione di Weimar come causa del nazismo, la letteratura scientifica ha archiviato questo mito (basta leggersi Austerity and the rise of Nazi party, uno dei tanti paper che qui abbiamo scritto prima di leggerlo...). Non saprei citarvi ricerche analoghe a proposito del fascismo, ma sul nazismo c'è ormai un corpo di ricerca consolidata e autorevole secondo cui non è andata che i tedeschi siano tutti impazziti andando dietro a un folle omicida sessualmente disturbato, ma:


semplicemente che hanno cercato di reagire a governi che li avevano impoveriti praticando le politiche che qui in Italia sono state praticate dal PD, come Keynes aveva detto a suo tempo prima del nazismo, e noi qui avevamo detto prima di Monti.

Quindi, forse, l'esercizio più proficuo non è chiedersi come ci vedranno fra cento anni gli storici, perché fra cento anni noi non ci saremo, e questo quindi non ci riguarda. L'esercizio più proficuo è rendersi conto che siamo immersi in un flusso che spinge in una direzione per motivi che qui abbiamo dimostrato di conoscere meglio di altri, e che in passato ha condotto a vele spiegate verso la catastrofe. Il vero negazionismo è quello del PD, che disconosce la paternità di politiche à la Brüning, e il loro nesso causale con la solidità del consenso che sorregge la destra.

Questo, ormai, devo considerarlo il bicchiere mezzo pieno. In fondo, averlo capito, e essermi regolato di conseguenza, è quello che fa di me oggi un uomo politico relativamente visibile, e comunque abbastanza visibile da attirare la grottesca invidia dei tanti wannabe piddini à la Gerbaudo (un nuovo amico incontrato nella cloaca, ne parleremo in altra occasione...).

Ma non dobbiamo dimenticarci che siccome la storia siamo noi, e noi non siamo in una posizione di radicale alterità e terzietà rispetto a dinamiche già sperimentate e analizzate da ricercatori di varia estrazione, il bicchiere potrebbe anche rompersi...

sabato 15 novembre 2025

La colla

Reduce dal convegno annuale di a/simmetrie, la Cernobbio dei patrioti, il convegno scientifico organizzato ogni anno dall’associazione per celebrare il compleanno di questo blog, dove 523 persone hanno ascoltato in religioso silenzio e con un’attenzione tesa e indefettibile economisti, giuristi, amministratori delegati, giornalisti, parlamentari, che con grande generosità avevano dato disponibilità a portare le loro idee nell’unico laboratorio politico libero di questo Paese (semplicemente perché finanziato dal vostro 5x1000, non da multinazionali o partecipate pubbliche), mi aggiro per eventi di territorio in cui inevitabilmente si va a parare in una liturgica laudatio della militanza a sostegno dei valori (non meglio specificati) della Lega. Ora, questo blog nasce prima della Lega Salvini (e in particolare della mia militanza In questo partito), e sopravviverebbe se decidessi di non proseguire una militanza politica attiva (dando per scontato che, siccome credo di avervi dato prova di essere uno dei pochi che apprende dalla storia, inclusa la storia dei voltagabbana, non vedo nel mio futuro una militanza diversa da questa). Ne consegue che una riflessione su che cosa si intenda in giro per l’Italia con il termine militanza è argomento che esula largamente dall’oggetto di questo blog, che invece consiste nel riflettere su cosa fare per ritrovare la nostra libertà (se pensate che l’oggetto sia un altro, forse non siete nel posto giusto). Tuttavia, siccome siamo qui anche per divertirci e per condividere le nostre esperienze umane, ci tenevo a farvi sapere che per militanza si intende la colla.

E voi direte: “ma come la colla?“.

Eh, sì, certo, la colla, quella con cui si attaccano i manifesti, perché militare, a quanto ho capito, è attaccare manifesti sperando che altri li leggano, una speranza che, sempre a quanto mi è stato dato di intuire, dispensa chi la nutre dalla curiosità di leggere che cosa è scritto in quei manifesti che è così importante attaccare (per quanto io, da influencer, visto che tecnicamente secondo l’AGCOM lo sono, potrei manifestare un certo scetticismo sull’importanza di diffondere il pensiero in modo così appiccicoso). E insomma, quando si parla di militanza, che si sia nella culla del partito, cioè nella Valle Padana, o che si sia in territori di recente conquista, e quindi ad esempio nella Val Pescara, com’è, come non è, sempre sulla colla si finisce: “Ti ricordi di quando andavamo la notte ad attaccare i manifesti con la colla?” Ora, siamo d’accordo che è meglio attaccarli con la colla che con lo sputo, e quindi, sotto questo profilo strettamente merceologico, è indubbio che la Colla esca vincitrice. È altrettanto indubbio che questa community esiste perché l’autore di questo blog ha avuto l’intuizione di radunare in un luogo fisico, analogico, delle persone che si erano conosciute in un luogo virtuale, digitale (tra l’altro, facendosi un discreto mazzo ogni anno, compreso questo e compreso il prossimo su cui già sto lavorando). Non posso quindi essere accusato di disconoscere il valore supremo delle relazioni umane, dell’impegno personale, della presenza. Fatto sta che questo epos della colla, e naturalmente del secchiello, irrinunciabile complemento d’arredo nell’estetica della militanza, mi ha un po’ rotto i coglioni. Il motivo ve lo potrete immaginare, voi che eravate in sala e che comunque siete qui. Al netto del divertissement socio-antropo (o terato) logico, questa storia della colla per noi è abbastanza un problema, perché tradurre in azioni politiche coerenti per il tramite di un partito le idee che qui ci hanno convocato non è molto immediato se quel partito è fatto di persone che attribuiscono maggior valore alla colla che a best seller come Il tramonto dell’euro o Vent’anni di sovranismo! Mi sono permesso di condividere con voi queste riflessioni, certo del fatto che quelli in cui farebbe bene leggerle non verranno mai a leggerle in questo blog che per loro non esiste, e se le leggessero non le capirebbero (vedi la sempre valida prima legge della termodidattica), perché sono sicuro che questa è anche l’esperienza dei non pochi di voi che hanno fatto la libera scelta di accostare alla genuina militanza di idee di cui questo blog è forse l’unico laboratorio su piazza una militanza politica attiva, e ogni giorno posso immaginare che siano frustrati, che si trovino impaniati… nella colla! Insomma, è solo per dire che quello che capita a voi capita anche a me, e che esorto voi a prenderla come la prendo io: con un sorriso, e con un affettuoso “Domine, dimitte illis”. Alla fine, se la strada è giusta, porterà nel posto giusto, indipendentemente dalla compagnia con cui siamo costretti a percorrerla.

venerdì 14 novembre 2025

Il goofy migliore è sempre l’ultimo

Come ogni anno, il blog ha celebrato il suo compleanno. Come ogni anno, non l’ha celebrato nell’esatta data della sua nascita, il 16 novembre: da quando esistiamo, questa data è caduta nel fine settimana solo tre volte, e tutte e tre le volte la struttura non era disponibile. D’altra parte, è indispensabile celebrare nel fine settimana, cioè quando siete liberi dal lavoro: questa è stata l’intuizione costitutiva della community: radunare in un luogo fisico persone che avevano costruito un rapporto virtuale in questa palestra di pensiero libero e non convenzionale. L’operazione è riuscita e il paziente è vivo, vivissimo!

Come ogni anno, l’evento è stato un successo, e come ogni anno ci siamo lasciati con la sensazione che l’evento cui avevamo assistito e partecipato fosse stato il più coinvolgente, il più appassionante, insomma: il migliore di sempre. Non mi ricordo un anno in cui non abbiate condiviso con me questa impressione, eppure, in 14 anni, non sarebbe poi così strano che ogni tanto si fosse registrato un arretramento.

Io, a dire il vero, me lo aspettavo quest’anno, per una serie di motivi.

Come avrete capito dalle mie relazioni sono disperato, nel senso che non nutro più quella speranza illuministica che mi aveva sospinto all’inizio di questo lavoro nel fatto che diffondere la conoscenza, propagare i lumi della ragione economica e politica, sarebbe servito a scongiurare l’inevitabile esito di tutte le crisi capitalistiche, che le si veda come crisi da sovrapproduzione, o che le si veda (come anche abbiamo imparato a fare in questo percorso comune), come crisi da sottodomanda! “It must be war”, scriveva Keynes.

Questo non vuol dire che io non continui a impegnarmi: non sarei qui altrimenti! Vuol dire solo che ho smesso di illudermi. Ma alla fine non è questo ad aver inciso sulla motivazione nell’organizzare il convegno, quanto una più generale e “multifattoriale” stanchezza. La stanchezza della legislatura, non tanto la mia personale, quanto il riflesso di quelle altrui, che rende non agevolissimo il lavoro parlamentare. Una stanchezza in parte fisiologica (quelli bravi parlano di esaurimento della spinta propulsiva, che potrebbe anche esserci, per quanto la maggioranza sia sostenuta sostanzialmente da un consenso immutato, fatto non banale), e in parte patologica, dovuta alla riforma con cui gli accecati dall’invidia sociale si sono vendicati dei loro rappresentanti, costringendoli a lavorare in un modo ancora più assurdo. Mi avvilisce profondamente, ad esempio, non poter dedicare alla commissione COVID tutte le energie e lo studio che sarebbero necessari. So che non dovrei dirlo, ma in quel caso non dispero: so che ci sarà una vera giustizia, quella divina, esattamente come so che da quegli errori chi avrebbe avuto bisogno di imparare non imparerà. È la prima legge della termodidattica in purezza…

C’erano poi stati i rifiuti di una serie di relatori esteri prestigiosi, che per motivi connessi alle loro agende didattiche non erano riusciti a raggiungerci. Avrete ormai capito che da loro abbiamo poco da imparare, ma. mi avrebbe fatto piacere sentire, come al bel tempo andato, lo schiocco dei ricevitori della traduzione simultanea sul pavimento della sala congressi… sicché questi rifiuti mi avevano alquanto sfavato, a tal punto che avevo detto allo staff: “Mi sarei anche rotto i coglioni di essere il motore immobile e invisibile: lasciamo perdere e vediamo se succede qualcosa! In fondo, non è necessario che ogni anno ci sia il convegno…”. Ma lo staff si è ribellato: “Lei questo non può farlo!” (dal che apprendete che c’è anche chi può dirmi cosa devo o non devo fare, ma è uno sport estremo, sconsigliato ai dilettanti).

La mia risposta è stata: “Va bene! Però allora si fa come dico io, cioè come si è sempre fatto: annuncio nella notte di San Lorenzo, e programma entro settembre. Ma come lo intitoliamo?”

E il titolo, come sapete, lo hanno scelto loro, preferendolo a una ipotesi più militante (“Guerra o pace”), che mi stuzzicava, perché avrei voluto dedicare ogni sessione a un personaggio del romanzo quasi omonimo. Ma per simili giochi intellettuali, non ho più tempo e non ho più compagni di gioco, ora che mi trovo seguito da una torma di postfascisti su Marte!

E così ci siamo messi a lavorare, con mia scarsa voglia, ma come sempre quando si lavora, se si lavora, indipendentemente dalla voglia, il risultato c’è stato. Siamo riusciti, come ogni anno riusciamo, a fare un discorso che seguisse un filo logico, e siamo riusciti, come ogni anno riusciamo, a precorrere i tempi analizzando le cause del successo e dell’insuccesso delle nostre previsioni precedenti.

Ora io avrei qualcosa da dirvi, anzi, più di qualcosa: vorrei ripercorrere le mie relazioni per indicarvi quali sono i punti su cui avrei voluto attrarre la vostra attenzione, e verificare nel nostro dibattito se ci fossi riuscito o meno. Vorrei parlarvi della manovra di bilancio, su cui, tanto per cambiare, abbiamo qui smascherato anzitempo una serie di bufale. Ma mi soffermo solo su un punto, su un’intuizione che ho avuto ieri sera rientrando di notte da Pescara verso Roma, dove ho passato tutta la giornata di oggi a mettere in ordine armadi e soppalchi per prepararmi alla stagione invernale (via le pinne, fuori le ciaspole, via le magliette, fuori i piumini, eccetera). Giornata piuttosto massacrante, per dirla tutta, tant’è che mi ero portato il pc a letto ma l’ho chiuso e sto dettando questo post al telefonino. L’intuizione è molto semplice, ed è questa (quella con cui ho aperto il convegno): il fatto che ad ogni anno che si aggiunge il nostro compleanno, la nostra festa, il nostro abbraccio, vi sembri il più appassionante e coinvolgente di sempre deriva, credo, semplicemente dal fatto che ogni anno il percorso che ci porta verso il compleanno successivo è una traversata sempre più estenuante in un deserto sempre più arido. È questo che rende l’arrivo alla nostra personale e collettiva oasi un momento ogni anno più emozionante: da un lato, il fatto che lo scarto fra il Pil italiano e il tendenziale 1950-2007 è sempre maggiore, nonostante che con questo governo tutto sommato il Pil abbia ripreso quella crescita magra e stentata che il contesto istituzionale gli consente, ma che certo non potrà riportarci mai laddove ci troveremo se non ci fossimo imbattuti in una catastrofe imprevedibile perché senza precedenti storici: Monti.

Dall’altro però, e forse questo è quello che rende l’annuale traversata del deserto ogni anno più sfibrante, il fatto che le conseguenze sociali di queste tensioni economiche vengono tenute sotto controllo con un ricorso sempre maggiore alla censura e ad altre, opprimenti e pervasive, forme di condizionamento. Grandi sono le responsabilità dei media, e la novità di questa fase, dall’inizio della guerra dei trent’anni in qua, e che i social, che erano una zona franca di dibattito, sono diventati una fogna putrida, infestata di personaggi, finti o veri, tutti animati da una genuina volontà di non confrontarsi e di distorcere il pensiero altrui. Solo questa piattaforma vetusta, faticosa da tenere in piedi e da animare, consente però di esercitare un minimo di dialogo, non fosse che con la macchina, come avete visto ne “L’ateniese imbruttito“! Non esiste quindi una possibilità di confronto, e magari anche di legittimo e condiviso sfogo, al di fuori di qui, esiste solo la compressione, la repressione del pensiero.

Per questo, quando entriamo nella nostra sala e avviamo la nostra festa, ogni anno proviamo un’emozione più intensa. Non so quanto andrà avanti questa storia. Sto cercando di fare in modo che duri più di me.

Ma anche qui, purtroppo, devo chiedermi se l’obiettivo abbia senso. 

E ora vi lascio: la giornata è stata piuttosto impegnativa e domani devo fare più di 400 km per onorare tutti gli impegni che ho preso, prima di salire a Pizzoferrato.

Buona notte!

venerdì 7 novembre 2025

Meno uno: "Bentornato a casa!"

(...queste cortesi parole sono scritte su un biglietto che il direttore dell'albergo mi ha fatto trovare in camera. Le estendo a voi...)

giovedì 6 novembre 2025

Meno due: "Fammi un post alla Bagnai!"

 (...mi stanno polverizzando le gonadi in ogni possibile modo: saltano fuori dagli uffici riformulazioni incomprensibili di emendamenti presentati a mia insaputa in materie di cui nulla so, mi inseguono colleghi per chiedermi consigli sulle cose più disparate, da questa in giù, mi stanno girando vorticosamente gli ellissoidi, e quindi torno un attimo qui a casa nostra aspettando che lo spin si smorzi...)


polipolio ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "L'ateniese imbruttito, ovvero dialogo con l'intelligenza artificiale":

Ho dato a Grok il prompt "scrivimi un post per blog per dire 'a corso legale' anziché regime fiat nello stile di Bagnai" ed è uscito questo.

Il commento l'ho scritto io. Comunque sul finire "a corso legale" gli è scappato...

Pubblicato da polipolio su Goofynomics il giorno 6 nov 2025, 05:46


Io non credo che tu lo abbia fatto: qui non siete più quelli di una volta, oggettivamente. Ripeto: quando eravate "de sinistra" vi sentivate in dovere di sembrare più raffinati intellettualmente, ora che siete "de destra" non salvate più nemmeno le apparenze! Non credo, ad esempio, che ce ne sia più di uno su 5000 che abbia intuito perché parlo dell'ateniese imbruttito! Che c'entra Atene?

Ma insomma, lasciamo stare.

Quello che dici di aver fatto tu, l'ho fatto io, perché come sempre in questo regno der "dimo famo" se le cose vanno avanti è perché qualcuno le manda avanti, e quando quel qualcuno non è Claudio sono io.

Il risultato è questo, e spero che vi piaccia, perché cita anche voi...

Io alla macchina:

Puoi scrivermi un post di blog nello stile di goofynomics.blogspot.com per stigmatizzare l’uso di termini inglesi nella lingua italiana, nei casi in cui la lingua italiana ha una alternativa valida? L’intento del post deve essere polemico contro chi parla di “moneta fiat” anziché “moneta a corso legale”, il tono satirico, magari utilizzando l’ampia casistica di comici italiani che hanno ironizzato sugli italiani che per darsi un tono usano termini di altre lingue.

La macchina:

Perfetto, ho ben chiaro lo stile che vuoi: un post “alla Goofynomics”, cioè con tono ironico, pungente, a tratti professorale ma popolare, pieno di riferimenti culturali italiani e battute taglienti, che smonta la prosopopea pseudo-intellettuale di chi usa termini inglesi per darsi un tono.Ecco una possibile versione:


Moneta fiat, ovvero l’inglese di chi non sa il latino

C’è una cosa che mi diverte sempre: il patriota de tastiera, quello con la bandiera nel profilo e “l’Italia prima di tutto” nel nickname, che poi però, quando parla di soldi, sforna con aria saputa un bel “moneta fiat”.Non “moneta a corso legale”, che sarebbe l’espressione italiana, chiara e perfettamente funzionante da secoli. No, “fiat”. Che non è la casa automobilistica (quella ormai è olandese, e vabbe’), ma la parola latina che i latinisti veri non osano più pronunciare per non risvegliare certi fantasmi grammaticali.

Ora, va bene che in inglese “fiat” si usa per dire “per decreto”, ma è un latinismo importato. Quindi abbiamo italiani che, per darsi un tono internazionale, prendono in prestito dall’inglese una parola… latina.È un po’ come se Totò dicesse: “Signori, permettetemi di presentarvi il mio personal body uomo dei servizi domestici!”

Siamo un Paese meraviglioso: abbiamo una lingua che ha dato i natali a Dante, Petrarca, Boccaccio, e la usiamo come carta igienica linguistica per scrivere “moneta fiat” al posto di “moneta a corso legale”.Lo stesso spirito che anima quelli che dicono “meeting”, “deadline”, “call”, “budget”, “break-even point”, e poi ti scrivono “pò” con l’apostrofo.

Ma torniamo alla “moneta fiat”.Se provi a chiedere a chi usa quel termine cosa significhi, nove su dieci ti rispondono con qualcosa tipo: “Eh, è la moneta creata dal nulla dalle banche centrali, mica come l’oro vero!”Certo, come no. Perché dire “moneta a corso legale”, cioè “moneta che lo Stato riconosce come valido mezzo di pagamento”, sarebbe troppo semplice. Meglio un latinismo travestito da inglesismo, così sembra che tu abbia letto qualche paper dell’IMF (che poi è il Fondo Monetario Internazionale, ma detto in inglese fa più fico).

Come diceva Corrado Guzzanti nel suo “Quelo”: “La risposta è dentro di te, però è sbagliata.”Ecco, il linguaggio dei “moneta fiat” è così: dentro di loro sentono di dire qualcosa di profondo, ma in realtà stanno solo traducendo male un concetto semplice, rendendolo più oscuro — e quindi più seducente per chi ama sentirsi iniziato ai misteri dell’economia.

Alberto Sordi ci avrebbe fatto un film: “Il dottor Fiat e la moneta del popolo”.Totò, invece, avrebbe chiuso la faccenda con un gesto nobile: “Ma mi faccia il piacere!”

Il problema, cari amici, non è l’inglese. È l’uso decorativo dell’inglese.Quando serve a chiarire, ben venga. Ma quando serve solo a darsi un tono, diventa la cravatta di plastica linguistica del provincialismo: lucida, ma falsa.

Quindi, la prossima volta che qualcuno vi parla di “moneta fiat”, fategli un sorriso e ditegli:

“Ah, intendi la moneta a corso legale, quella che usiamo tutti i giorni per pagare il caffè?”

E se insiste, citategli Totò:

“Lei è un cretino… si informi!”


Vuoi che lo riformuli in modo ancora più simile alla prosa di Bagnai (cioè con le sue lunghe digressioni economiche, note a piè di pagina finte e sarcasmo “accademico”)? Potrei farne una “versione 2.0” più fedele allo stile del blog originale.

Io alla macchina:

Mi sembra già un ottimo risultato, ma se ti va di perderci tempo, perché no?

La macchina:

Fantastico 😄Allora, ecco la Versione 2.0, riscritta nello stile autentico di Goofynomics: tono da economista sarcastico, parentetico e colto-pop, con un pizzico di indignazione intellettuale e un ritmo che alterna ironia a ragionamento serio. Ho anche inserito qualche nota in stile bagniano, cioè quelle pseudo-digressioni che sono metà ironia, metà spiegazione.


Fiat Lux (o della moneta a corso legale)

Cari amici goofi, oggi parliamo di un fenomeno curioso, che in un Paese normale sarebbe materia da cabaret, ma che da noi – dove il cabaret è diventato ministero – passa per discussione economica: la “moneta fiat”.

Già la parola fa ridere. Perché, vedete, “fiat” non è inglese. È latino. Ma siccome l’inglese, quando vuole darsi un tono, saccheggia il latino come certi turisti tedeschi saccheggiano i buffet all inclusive, eccoci qua: l’italiano medio prende dall’inglese un termine che l’inglese ha preso dal latino, e se ne vanta pure.Un po’ come se io andassi in Germania a vendere gli spaghetti con il ketchup e li chiamassi “pasta fusion”.

Ora, vi immaginate Dante Alighieri che scrive nel De Vulgari Eloquentia:

“La moneta, quando è fiat, allora sì che il popolo può spendere!”No, vero? E infatti non l’ha scritto. Perché Dante sapeva cos’era la lingua.Cosa che, a quanto pare, sfugge a molti economisti da tastiera.

Perché diciamolo: parlare di “moneta a corso legale” è troppo facile. Troppo chiaro.Chi vuole darsi un tono da esperto preferisce dire “fiat money”, che fa più insider. Sembra di essere in una call con la Federal Reserve. Poi però questi stessi “esperti” scrivono “la moneta fiat è stampata dal nulla”, come se lo Stato fosse un mago di Las Vegas, e non un ente che emette passività in cambio di beni reali.

(Nota per i distratti: sì, lo Stato può creare moneta, ma no, non “dal nulla”. Lo fa in contropartita a titoli, beni o servizi. Ma spiegare questo rovina la poesia di chi ha appena scoperto YouTube.)

Il punto non è l’inglese in sé, ma l’inglese come paravento.Quello che Beppe Grillo – quando ancora faceva il comico e non il fondatore di sette economiche – chiamava “l’inglesorum”: quella lingua da manager frustrato che non sa più dire “riunione” e la chiama meeting, perché “fa più global”.Così abbiamo “jobs act”, “spending review”, “green pass”, “recovery fund”, e infine “moneta fiat”.Tutti concetti che esistevano già in italiano, ma vuoi mettere quanto suona più importante?

C’è un filo rosso che unisce tutto questo: l’ansia di prestigio del colonizzato linguistico.Totò lo avrebbe risolto con un’alzata di spalle: “Ma mi faccia il piacere!”Guzzanti, con Quelo, ci ha già avvertiti: “La risposta è dentro di te, però è sbagliata.”E noi continuiamo a chiamare “fiat” quella che per legge si chiama “moneta a corso legale”.Una definizione che, peraltro, spiega perfettamente tutto ciò che serve sapere: è la moneta che lo Stato dichiara valida per estinguere i debiti. Punto.Non c’è bisogno di evocare l’inglese o il latino: bastava l’italiano.

Ma capisco: dire “moneta a corso legale” non fa curriculum su LinkedIn.“Moneta fiat”, invece, fa subito “macro influencer” — magari uno di quelli che su Twitter postano grafici presi da siti americani e gridano al complotto del dollaro.La cosa ironica è che “fiat”, in latino, significa “sia fatto”: la stessa espressione usata nella Genesi per dire “fiat lux” — “sia la luce”.Ecco: loro dicono “fiat” per sembrare illuminati, ma restano al buio.

La verità è che l’uso dell’inglese non eleva: copre. Copre l’ignoranza, la superficialità, e quella voglia di appartenere al mondo anglosassone che è il sintomo più chiaro del provincialismo italiano.È il parente linguistico di chi, in vacanza a Londra, ordina a cappuccino.

Allora, miei cari, ricordiamolo: la prossima volta che qualcuno vi parla di “moneta fiat”, voi guardatelo con dolce compassione e dite:

“Tranquillo, la moneta a corso legale funziona anche se la chiami in italiano.”

E se insiste, citategli Totò, ma con accento accademico:

“Lei è un cretino a corso legale.”


Vuoi che aggiunga una finta sezione di commenti in stile Goofynomics, con i “lettori goofi” che intervengono ironicamente (tipo “Prof, ma quindi l’euro è fiat o è una 500?”)? Potrebbe completare l’effetto parodico alla perfezione.

Io alla macchina:

Perché no? Se possibile, magari, ispirati allo stile di alcuni di questi fenomeni, come Corrado Luciani, Marco Pezzini, Valerio Santoro, Il Comico. Vediamo che cosa riesci a fare.

La macchina:

Perfetto! 😎Allora ti preparo la sezione commenti, nello stile autentico dei lettori di Goofynomics: un misto di ironia da bar sport, sofismi macroeconomici da corridoio universitario, e perle di saggezza travestite da battute.Ho cercato di imitare il tono e la personalità dei commentatori “storici” (Luciani, Il Comico, Pezzini, Santoro), ognuno con il suo stile riconoscibile.


Commenti dei lettori

Corrado Luciani

Professore, ma quindi se la moneta “fiat” è quella creata ex nihilo (come direbbe il parroco di Borgo San Lorenzo), la “moneta diesel” è quella che funziona solo se c’è surplus commerciale?

No, perché mi pare che stiamo ancora col motore acceso, ma con la benzina degli altri.

P.S. Ottimo post: finalmente qualcuno che parla di economia in italiano, e non in “PowerPointese avanzato”.


Il Comico

Prof, guardi che l’ho capito il trucco: loro dicono “fiat” perché sperano che arrivi un miracolo.Tipo: “fiat moneta, et lux perpetua luceat debiti!”

E invece niente, gli tocca lavorare.

(P.S. io comunque la moneta l’aspetto col marchio Lancia, più elegante.)


Marco Pezzini

“Fiat” deriva dal latino fieri facio, cioè “fare accadere”.

E infatti succede proprio così: tu dici “fiat” e il senso non accade.

Mi domando se la prossima moda sarà parlare di currency with no intrinsic aurum backing (che suona molto più Harvard).

In compenso, complimenti per l’articolo: l’ho letto due volte, una per ridere e una per disperarmi.


Valerio Santoro

Guardi, Professore, io non sono un linguista, ma da appassionato di fonetica noto una cosa: “moneta a corso legale” suona come una marcia di Rossini, mentre “moneta fiat” sembra un colpo di tosse di Draghi.

E poi, mi scusi, ma se davvero è “fiat”, perché non si accende mai?

L’unica moneta che funziona a benzina è quella che metti nel distributore del caffè.


Giuseppe (un goofyno qualsiasi)

Ma allora, prof, mi conferma che “fiat” non è un acronimo di “Fabbrica Italiana Autonoma di Titoli”?Perché lo avevo letto su Telegram.

(Scherzo, eh. O forse no.)


Prof. A.B. (in risposta generale)

Carissimi,vedo con piacere che la discussione, pur come sempre allegra, non manca di rigore metodologico.Ricordatevi che, al netto dei latinismi e degli anglicismi, la moneta è un rapporto di debito e credito riconosciuto dallo Stato.

Il resto è teatro — e come sempre, noi siamo al botteghino.

(E no, non serve tradurre “botteghino” in “ticket office”.)


Vuoi che aggiunga anche un “post scriptum del Professore” finale — quella chiusa tipica di Bagnai, in cui finge di liquidare tutto con una battuta e invece infila una mini-lezione di economia monetaria o un colpo di sarcasmo politico? Potrei scriverlo nello stesso registro.


(...e qui ho lasciato perdere. Non è Grok, è ciagippittì. Attendo le vostre considerazioni...)

(...io al posto vostro sarei un tantino incazzato: così adesso mi fate compagnia. Torno alle slides...)

martedì 4 novembre 2025

Meno quattro: "noi credevamo..."


(...ieri a Pollutri, in un'atmosfera serena e costruttiva, con oltre un centinaio fra militanti Lega e operai del distretto Val di Sangro. Un'occasione per mettere i puntini sulle "i". Sempre grazie a durezza del vivere, che da otto anni a questa parte ci ha aperto gli occhi su tante cose. Lo vedremo, appunto, al #goofy14...)

(...P.s.: la slide su chi ha votato cosa ve la metto qui, perché secondo me è utile per farsi un'idea:


e il foglio Excel ve lo ingrandisco qui:


perché voglio bene ai vostri occhi, ricordando che il codice colore è quello dell'aula: verde favorevole, bianco astenuto, rosso contrario. I risultati sono cromaticamente controintuitivi, per chi crede ai giornali: la Lega è molto rossa e il PD molto verde! Seguitemi per altri trucchetti!...)



 

L'ateniese imbruttito, ovvero dialogo con l'intelligenza artificiale

 (...fatto trenta, famo trentuno, non sia mai si sperda questa interessante testimonianza. Poi mi metto a lavorare per il #goofy, lo giuro, dove nel frattempo siamo ridiventati tanti quanti nel 2016...)













(...a partire da qui...)

(...puttana miseria! Sbaragliato su tutta la linea, continua a ripetere che volevamo boostare il pattern con la svalutèscion! Altro che Milanese imbruttito: a questo Celentano je spiccia casa! Ma affidiamoci sereni a lui. La cosa impressionante - non so se l'avete notata - è la rapidità con cui l'hanno ricalibrato dopo che per una volta aveva detto una cosa intelligente. Ma si sa, abbiamo vinto perché Elonio è uno di noi... Noi chi? Magari sarà uno di voi, ma è piuttosto ovvio che Goofynomics non l'ha letto, come del resto ormai sono rassegnato ad ammettere che non lo abbiate letto nemmeno voi...)

(...non contestatemi l'ultima frase, perché l'alternativa è ben peggiore... per voi!...)









lunedì 3 novembre 2025

Meno cinque…

(…siamo già 510, ma c’è ancora un po’ di posto. Solo che quest’anno ci eravamo dati un target - essere cento più dello scorso anno - e lo abbiamo già raggiunto, quindi quando si chiuderanno le iscrizioni non ci sarà appello. Il picco negativo del 2020-2021 è dietro le spalle, la community è presente e risponde all’appello. Sto lavorando per i vecchi e per i nuovi…)

venerdì 31 ottobre 2025

Produzione e salari (la gnagnarella del PD)

Sono reduce dalla registrazione di una tavola rotonda che andrà in onda su Rete8 questa sera (poi vi fornirò il video su FB e Twitter), e per l'ennesima volta mi sono affettuosamente confrontato con il local hero del PD, tal senatore Michele Fina (non so se lo conosciate, ambito Orlando, uno che quello che è successo lo sa... intendo dire Orlando lo sa!).

Il gentile collega ha inanellato una serqua di lievi imprecisioni che mi hanno lasciato letteralmente tramortito, facendomi ovviamente imbelvire al secondo giro di tavolo. Voi queste cose le sapete, ma ribadirle può essere utile, nel caso incontriate uno di questi grammofoni rotti.

Il gentile collega ha avuto la faccia di dire che secondo l'OCSE i salari reali sono diminuiti dell'8%! Questo è il più classico espediente descritto ne "La fabbrica del falso": fornire una variazione senza dire a quale intervallo temporale si riferisce. La diminuzione c'è stata, ma è dal 2021, banalmente perché il Governo Draghi è quello che ha registrato il record storico di caduta del salari reali (come abbiamo fatto vedere qui):


(ma allora il PD stava muto e subalterno), mentre il Governo Meloni è in testa alle classifiche non solo in termini diacronici, ma anche in termini sincronici, perché l'OCSE qui ci dice questo:


cioè che nell'ultimo anno meglio di noi come crescita dei salari reali (cioè del potere d'acquisto dei salari) ha fatto solo la Corea del Sud. Ma questo gli imbonitori da sagra paesana ovviamente non lo dicono.

La produzione è in caduta libera? Sì, e sapete da quando? Da quando c'era lui, perché i dati dicono questo:


l'ultimo massimo della produzione industriale in Italia è stato ad aprile del 2022 (quando c'era Uva), e in Germania a novembre del 2017. La produzione industriale tedesca è in caduta libera da otto (8) anni, con una evidente accelerazione nell'ultimo paio d'anni, ed è evidente che, se pure non in crescita, la nostra produzione industriale sta tenendo botta.

Ma gli imbonitori da sagra paesana non vogliono (o non sono in grado di) collocare i dati nel contesto, e da parte loro è perfettamente razionale non farlo, perché questo contesto lo hanno creato loro, nei lunghi anni in cui da qui abbiamo criticato la loro folle subalternità all'Unione Europea, prevedendo punto per punto i disastri che questa avrebbe provocato.

Ne parliamo a Montesilvano fra una settimana (ultimi venti posti)...