Come ogni anno, il blog ha celebrato il suo compleanno. Come ogni anno, non l’ha celebrato nell’esatta data della sua nascita, il 16 novembre: da quando esistiamo, questa data è caduta nel fine settimana solo tre volte, e tutte e tre le volte la struttura non era disponibile. D’altra parte, è indispensabile celebrare nel fine settimana, cioè quando siete liberi dal lavoro: questa è stata l’intuizione costitutiva della community: radunare in un luogo fisico persone che avevano costruito un rapporto virtuale in questa palestra di pensiero libero e non convenzionale. L’operazione è riuscita e il paziente è vivo, vivissimo!
Come ogni anno, l’evento è stato un successo, e come ogni anno ci siamo lasciati con la sensazione che l’evento cui avevamo assistito e partecipato fosse stato il più coinvolgente, il più appassionante, insomma: il migliore di sempre. Non mi ricordo un anno in cui non abbiate condiviso con me questa impressione, eppure, in 14 anni, non sarebbe poi così strano che ogni tanto si fosse registrato un arretramento.
Io, a dire il vero, me lo aspettavo quest’anno, per una serie di motivi.
Come avrete capito dalle mie relazioni sono disperato, nel senso che non nutro più quella speranza illuministica che mi aveva sospinto all’inizio di questo lavoro nel fatto che diffondere la conoscenza, propagare i lumi della ragione economica e politica, sarebbe servito a scongiurare l’inevitabile esito di tutte le crisi capitalistiche, che le si veda come crisi da sovrapproduzione, o che le si veda (come anche abbiamo imparato a fare in questo percorso comune), come crisi da sottodomanda! “It must be war”, scriveva Keynes.
Questo non vuol dire che io non continui a impegnarmi: non sarei qui altrimenti! Vuol dire solo che ho smesso di illudermi. Ma alla fine non è questo ad aver inciso sulla motivazione nell’organizzare il convegno, quanto una più generale e “multifattoriale” stanchezza. La stanchezza della legislatura, non tanto la mia personale, quanto il riflesso di quelle altrui, che rende non agevolissimo il lavoro parlamentare. Una stanchezza in parte fisiologica (quelli bravi parlano di esaurimento della spinta propulsiva, che potrebbe anche esserci, per quanto la maggioranza sia sostenuta sostanzialmente da un consenso immutato, fatto non banale), e in parte patologica, dovuta alla riforma con cui gli accecati dall’invidia sociale si sono vendicati dei loro rappresentanti, costringendoli a lavorare in un modo ancora più assurdo. Mi avvilisce profondamente, ad esempio, non poter dedicare alla commissione COVID tutte le energie e lo studio che sarebbero necessari. So che non dovrei dirlo, ma in quel caso non dispero: so che ci sarà una vera giustizia, quella divina, esattamente come so che da quegli errori chi avrebbe avuto bisogno di imparare non imparerà. È la prima legge della termodidattica in purezza…
C’erano poi stati i rifiuti di una serie di relatori esteri prestigiosi, che per motivi connessi alle loro agende didattiche non erano riusciti a raggiungerci. Avrete ormai capito che da loro abbiamo poco da imparare, ma. mi avrebbe fatto piacere sentire, come al bel tempo andato, lo schiocco dei ricevitori della traduzione simultanea sul pavimento della sala congressi… sicché questi rifiuti mi avevano alquanto sfavato, a tal punto che avevo detto allo staff: “Mi sarei anche rotto i coglioni di essere il motore immobile e invisibile: lasciamo perdere e vediamo se succede qualcosa! In fondo, non è necessario che ogni anno ci sia il convegno…”. Ma lo staff si è ribellato: “Lei questo non può farlo!” (dal che apprendete che c’è anche chi può dirmi cosa devo o non devo fare, ma è uno sport estremo, sconsigliato ai dilettanti).
La mia risposta è stata: “Va bene! Però allora si fa come dico io, cioè come si è sempre fatto: annuncio nella notte di San Lorenzo, e programma entro settembre. Ma come lo intitoliamo?”
E il titolo, come sapete, lo hanno scelto loro, preferendolo a una ipotesi più militante (“Guerra o pace”), che mi stuzzicava, perché avrei voluto dedicare ogni sessione a un personaggio del romanzo quasi omonimo. Ma per simili giochi intellettuali, non ho più tempo e non ho più compagni di gioco, ora che mi trovo seguito da una torma di postfascisti su Marte!
E così ci siamo messi a lavorare, con mia scarsa voglia, ma come sempre quando si lavora, se si lavora, indipendentemente dalla voglia, il risultato c’è stato. Siamo riusciti, come ogni anno riusciamo, a fare un discorso che seguisse un filo logico, e siamo riusciti, come ogni anno riusciamo, a precorrere i tempi analizzando le cause del successo e dell’insuccesso delle nostre previsioni precedenti.
Ora io avrei qualcosa da dirvi, anzi, più di qualcosa: vorrei ripercorrere le mie relazioni per indicarvi quali sono i punti su cui avrei voluto attrarre la vostra attenzione, e verificare nel nostro dibattito se ci fossi riuscito o meno. Vorrei parlarvi della manovra di bilancio, su cui, tanto per cambiare, abbiamo qui smascherato anzitempo una serie di bufale. Ma mi soffermo solo su un punto, su un’intuizione che ho avuto ieri sera rientrando di notte da Pescara verso Roma, dove ho passato tutta la giornata di oggi a mettere in ordine armadi e soppalchi per prepararmi alla stagione invernale (via le pinne, fuori le ciaspole, via le magliette, fuori i piumini, eccetera). Giornata piuttosto massacrante, per dirla tutta, tant’è che mi ero portato il pc a letto ma l’ho chiuso e sto dettando questo post al telefonino. L’intuizione è molto semplice, ed è questa (quella con cui ho aperto il convegno): il fatto che ad ogni anno che si aggiunge il nostro compleanno, la nostra festa, il nostro abbraccio, vi sembri il più appassionante e coinvolgente di sempre deriva, credo, semplicemente dal fatto che ogni anno il percorso che ci porta verso il compleanno successivo è una traversata sempre più estenuante in un deserto sempre più arido. È questo che rende l’arrivo alla nostra personale e collettiva oasi un momento ogni anno più emozionante: da un lato, il fatto che lo scarto fra il Pil italiano e il tendenziale 1950-2007 è sempre maggiore, nonostante che con questo governo tutto sommato il Pil abbia ripreso quella crescita magra e stentata che il contesto istituzionale gli consente, ma che certo non potrà riportarci mai laddove ci troveremo se non ci fossimo imbattuti in una catastrofe imprevedibile perché senza precedenti storici: Monti.
Dall’altro però, e forse questo è quello che rende l’annuale traversata del deserto ogni anno più sfibrante, il fatto che le conseguenze sociali di queste tensioni economiche vengono tenute sotto controllo con un ricorso sempre maggiore alla censura e ad altre, opprimenti e pervasive, forme di condizionamento. Grandi sono le responsabilità dei media, e la novità di questa fase, dall’inizio della guerra dei trent’anni in qua, e che i social, che erano una zona franca di dibattito, sono diventati una fogna putrida, infestata di personaggi, finti o veri, tutti animati da una genuina volontà di non confrontarsi e di distorcere il pensiero altrui. Solo questa piattaforma vetusta, faticosa da tenere in piedi e da animare, consente però di esercitare un minimo di dialogo, non fosse che con la macchina, come avete visto ne “L’ateniese imbruttito“! Non esiste quindi una possibilità di confronto, e magari anche di legittimo e condiviso sfogo, al di fuori di qui, esiste solo la compressione, la repressione del pensiero.
Per questo, quando entriamo nella nostra sala e avviamo la nostra festa, ogni anno proviamo un’emozione più intensa. Non so quanto andrà avanti questa storia. Sto cercando di fare in modo che duri più di me.
Ma anche qui, purtroppo, devo chiedermi se l’obiettivo abbia senso.
E ora vi lascio: la giornata è stata piuttosto impegnativa e domani devo fare più di 400 km per onorare tutti gli impegni che ho preso, prima di salire a Pizzoferrato.
Buona notte!
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