Alle elezioni europee voterò Claudio Borghi. Per molti di
voi questo sarà un dato scontato e condiviso. Molti altri opporranno a questa
mia esternazione un sereno e assolutamente lecito “chew!” (la versione del
Palla per “mastica”, ovvero “ma ‘sti cazzi nun ce li metti?”, espressione
gergale romana che indica il più profondo disinteresse verso le affermazioni
del proprio interlocutore). Coi primi (ma ovviamente non coi secondi) vorrei
condividere qualche riflessione sulla genesi di questa scelta, e sul perché
essa non sia poi così scontata.
Di fatto, la prima volta in vita mia in cui veramente sento
il voto come dovere civile, in cui sono ansioso di partecipare attivamente alla
vita politica del mio paese, lo faccio andando a votare una persona che fino a
pochi mesi sarebbe stata un mio avversario politico, e che, auspicabilmente,
fra pochi mesi tornerà ad esserlo. Perché per me, e per molti di voi, queste
elezioni sono così importanti? E perché per me, e per molti di voi, è diventato
naturale votare uno che ha votato Forza Italia (che né io, né molti di voi
abbiamo mai votato)?
Aspettate, rivolto la domanda: perché in tutte le occasioni
elettorali precedenti mi son sentito deluso, preso in giro, sono andato
controvoglia e tornato con l’amaro in bocca?
Il trentennio
La risposta credo sia quella che conosciamo: da 35 anni
l’Italia è governata da un partito unico, che ha cambiato nome, passando da
PUDIM (Partito Unico Dell’Integrazione Monetaria) a PUDE (Partito Unico
Dell’Euro), ma ha sostenuto, nei decenni, un unico progetto fallimentare e
fascista, avendo però l’accortezza di presentarsi agli elettori con simpatiche
sfaccettature cosmetiche, onde accalappiarne il maggior numero. L’ideologia del
PUDE (e del defunto PUDIM) la conoscete ed è molto semplice: qualsiasi
pensionato catarroso, qualsiasi grillino livoroso, qualsiasi ordinario di
economia politica poco al passo con le recenti evoluzioni del
mainstream sarà in grado di esporvela: è
l’ideologia
del vincolismo. Gli italiani (sempre gli altri, s’intende) sono troppo
cialtroni per governarsi da soli, e quindi occorre loro, se non l’uomo forte
(soluzione rivelatasi drammaticamente inefficace), almeno il manganello di regole
esterne che li costringano a comportarsi bene.
Ho chiarito
fin
dall’inizio della mia attività divulgativa, nell’articolo che i
collaborazionisti hanno rimosso dal proprio sito, perché ritengo che questo
progetto sia fascista: perché è classista, inserendosi a pieno diritto nel
disegno di compressione dei diritti economici e sociali dei lavoratori che
caratterizza la terza globalizzazione (
come ho
spiegato a Bruxelles ai conservatori dell’EFD); e perché è paternalista,
essendo stato rivendicato esplicitamente (da Prodi, Delors, Padoa Schioppa,
ecc.) come un metodo per indirizzare le plebi europee verso un obiettivo che
gli ottimati avevano deciso per loro, quello degli Stati Uniti d’Europa,
obiettivo al quale era lecito sacrificare il normale processo democratico,
obiettivo da perseguire
costruendo
la coesione sociale e politica col terrore. Sapete tutti chi, quando, come
e dove ha espresso apertamente o copertamente questo concetto, vale per tutte
la
famosa esternazione di Prodi sul Financial Times.
(Una parentesi: mi
dispiace per i tanti fascisti, come l’adorabile compagno Triolo, che si
risentiranno se uso il termine fascista come pare a me. Anzi, siccome sono più
fascista di voi, vi dico subito che a me di cosa significhi per voi il fascismo
non me ne importa una beneamata fava: per me fascismo è governo autoritario e
oligarchico di ottimati, con un uomo forte di riferimento (Mussolini o Prodi),
orientato a ridistribuire il reddito in modo sfavorevole alle classi
subalterne, possibilmente facendole contente e cojonate. Le lezzzzionicine di
storia saranno inesorabilmente espunte dai commenti a questo post)
Dovrebbe anche essere ormai più che chiaro perché il
progetto era intrinsecamente fallimentare rispetto a qualsiasi suo obiettivo,
dichiarato e non. A questo proposito esorto a un dignitoso silenzio gli
imbecilli dell’ultima ora, quelli che nel 2014 si svegliano e vengono a dire a
me, quattro anni dopo che l’ho detto io,
due
anni dopo che lo ha scritto il Guardian, che l’euro non ha fallito, anzi,
ha avuto successo perché i suoi obiettivi erano ecc. ecc. Poveri ortotterini
senza casa, senza arte né parte! A me lo volete spiegare? L’euro ha fallito
rispetto ai due obiettivi dichiarati, quello di arricchirci (e non devo
spiegarvi perché) e quello di condurre agli Stati Uniti d’Europa (e non l’ho
certo previsto io:
ce
lo aveva detto Kaldor). Ma l’euro ha fallito o sta comunque fallendo anche
rispetto agli obiettivi non dichiarati: quello di favorire un disegno egemonico
del capitalismo del Nord, perché la Germania sta segando il ramo sul quale è seduta, come mi ero sommessamente permesso di anticipare tre anni or sono e
come oggi
ci
conferma il sempre documentato (ancorché cripto-PUDE) Marco Fortis, e
quello, più ampio, di favorire le dinamiche della terza globalizzazione attribuendo
al capitale un ulteriore sleale svantaggio sul lavoro. Questo disegno sta
fallendo perché il capitale in generale, e quello tedesco in particolare, ha un
modo tutto suo di stravincere le battaglie, perdendo le guerre: la
disoccupazione di massa sta dando a molte persone tempo per riflettere, tempo
che possono impiegare, fra l’altro, a constatare come nel mondo anglosassone
l’orientamento ideologico sia già cambiato. Vedere il Fmi che
critica
l’assoluta libertà di movimento dei capitali, vedere l’Economist
esprimersi
da tempo in modo critico sull’indipendenza della banca centrale (il
pilastro di questa concezione antidemocratica, per ammissione dello stesso
Monti), insomma, vedere tutti questi cambiamenti documentati o previsti dal mio
libro, dovrebbe far capire ai nostrani esecutori della voce del padrone che il
padrone sta cambiando discorso, e che loro rischiano di trovarsi, come al
solito, in uno spiacevole ritardo di fase.
Smart
money thinks ahead, dice il simpatico commentatore dell’Economist, il che,
in buona sostanza, significa che qualcuno sta capendo che
l’iperfinanziarizzazione dell’economia è la via maestra verso la distruzione di
valore e di coesione sociale, con conseguenze potenzialmente negative per
tutti.
Certo, la televisione è più efficace dei preti nel garantire
il controllo sociale! Una volta c’era la paura dell’inferno, oggi c’è la paura
della Cina. Ma quanto potranno ancora prenderci per i fondelli? All’ultimo
incontro che ho avuto, nel distretto industriale di Montegranaro, dove ho
conosciuto l’imprenditore che fa le scarpe (letteralmente) al simpatico
sassofonista (quello dagli hobby rilassanti e condivisibili), e l’imprenditore
che fornisce le pelli per gli interni della Ferrari (sì, insomma, due di quei
piccoli imprenditori improduttivi, metastasi della nostra società, per dirla
cor Melanzana...), bene, a questo incontro, dopo il dibattito, mi si è
avvicinato uno che ha attaccato la solfa del “ma lei non ha parlato della Cina,
che ha distrutto la nostra economia”. Prontamente è intervenuto un altro
imprenditore (un immobiliarista), squadernandogli sotto gli occhi l’ultimo
rapporto sul commercio delle Marche elaborato dalla Camera di Commercio locale
e dall’Istat, dal quale chiaramente si evinceva chi è la nostra Cina: la
Germania. Lo sanno tutti. Ma il povero lobotomizzato ripeteva atono “Cina,
Cina,...”. Lo ha detto Monti: “le paure hanno cambiato natura però rimangono
fra i motori dell’integrazione”. Eh, caro Francesco, quanto ho apprezzato il
tuo ausilio! Ma sai, tu hai sbagliato. Con questi animali spauriti non serve a
nulla mostrar numeri: le statistiche avresti dovuto arrotolarle e sbattergliele
sul muso, come si fa col cagnolino bizzoso, amorevolmente, non per fargli del
male, ma per dargli un segno in un linguaggio che possa capire. Bisogna farli
smettere di abbaiare, perché chi abbaia non legge...
L’alternativa
Bene: finora in Italia votare ha significato votare per una
delle tante sfaccettature di questo regime fallimentare e fascista il cui
strumento principale, il cui simbolo più eclatante, è stato l’euro. Potevi
votare per la sfumatura rosa, quella che fa finta di condividere valori sociali
e civili più progressisti, che fa finta di essere a favore dei diritti degli
omosessuali, delle minoranze, ecc., ma poi non riesce a difenderli perché, vedi
caso, a guidare l’ala rosa si trova sempre un democristiano, Prodi o Renzi che
sia, cioè uno che in effetti condivide l’apparato valoriale della sfumatura
grigia, quella che fa finta di essere più conservatrice, e che quindi si oppone
ai diritti degli omosessuali, delle minoranze, ecc.
Di fatto, gli omosessuali hanno vita dura oggi come ieri (o
no: molto dipende anche dal loro carattere, come constato nella cerchia delle
mie amicizie), e l’unico risultato che abbiamo ottenuto da chi tutela, come da
chi non tutela, le minoranze è stato quello di riuscire a trasformare l’intero
paese, l’Italia, in una sterminata minoranza che non conta nulla in Europa e
che non è più arbitra del proprio destino in casa propria.
Ma oggi un’alternativa c’è.
“La Lega?”, dirà qualche persona diversamente intelligente.
No, non la Lega. Lasciate che vi spieghi un concetto. Anzi, prima lasciate che
arrotoli lo schermo e vi sbatta questo concetto sul muso, come avrebbe dovuto
fare Francesco con l’ottimo studio dell’Istat, e poi ve lo spiegherò.
Lo scopo del gioco
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Siete sicuri di aver capito bene? Lo sapreste ripetere con
parole vostre?
Bene, vediamo se possiamo passare dalla fase
dell’apprendimento a memoria a quella dell’apprendimento consapevole e vissuto.
Non puoi imparare a memoria ad andare in bicicletta, e nemmeno a votare,
semplicemente perché non puoi sapere a memoria quale buca la strada ti
presenterà dietro la prossima curva. Quindi ragioniamoci un po’ sopra.
Qual è lo scopo del gioco delle europee? Cominciamo col dire
quale non è lo scopo del gioco. Non è quello di scegliere chi ci
governerà in Italia. Votare Claudio non significa volere Salvini a palazzo
Chigi, e infatti io non voto Claudio per mandare Salvini a palazzo Chigi.
(Apro e chiudo una
parentesi. Sì, lo so, Matteo da giovane stuprava i chierichetti. Sì, lo so,
Matteo ha una relazione adulterina con un extracomunitario clandestino. Sì, lo
so, Matteo ogni giorno paga brioche e cappuccino coi soldi pubblici. Sì, lo so,
Matteo ha l’alitosi. O no? Ma sapete che c’è? Che a me non me ne importa una
bella fava di quello che Salvini è, o non è, è stato o non è stato, sarà o non
sarà. Perché qui il punto è totalmente un altro, come cercherò di farvi capire.
Per me Salvini è semplicemente una persona che ha chiesto aiuto per capire e a
quanto mi consta ha capito. Se la sua scelta è tattica o strategica sono
fondamentalmente cazzi suoi. Se è tattica, sarà pagante solo nel breve periodo
– ma meglio uno che per tattica fa la scelta giusta, di uno che per tattica fa
quella sbagliata. Se è strategica, gli darà risultati di più lungo periodo – e
allora tanto peggio per tutti gli altri, cioè per tutti quelli ai quali da anni
mi sto rivolgendo per farglielo capire. L’unica cosa che so è che Salvini è una
persona umanamente civile e simpatica, informale come lo sono io, che ti saluta
quando ti incontra e ti ringrazia quando lo inviti. Il che, credetemi, in
questo mondo di morti viventi che credono di farti un favore se ti rispondono –
quando dovrebbero ringraziarti perché gli dai una chance: vedi Fassina, vedi
Cuperlo – è già molto. Chiudo la parentesi).
Ribadisco: votare alle europee non significa votare una
maggioranza che governerà l’Italia. Votare alle europee significa mandare una
persona in un gruppo parlamentare (in un “partito”) al parlamento europeo. Ora:
i gruppi parlamentari europei sono anch’essi espressione del PUDE: tali sono il
PPE e il PSE, ma tale è anche l’ALDE, il “partito” del fratello brutto di
Austin Powers (
quello
del cambiamento climatico). Forse solo l’EFD si distanzia (forse). Tutti
partiti strutturati nel e funzionali al progetto di potere che ha represso
salari e democrazia nel nostro paese.
E allora lo scopo del gioco qual è? Secondo me, e questa
è un’opinione e non un articolo di fede,
e come tale la esprimo, oggi lo scopo del gioco può essere solo quello di
ripagare i fascisti che ci opprimono con la stessa moneta che hanno usato per
opprimerci: la paura. E ai grigi Eichmann di Bruxelles una sola cosa fa paura,
anzi, una sola persona:
questa.
Non è una
boutade,
non parlo per sentito dire. Vi prego di credere che, mio malgrado, vedo dalla
mia posizione molte più cose di quante ne vediate voi, e ho molte più orecchie
e occhi di quanti ne abbiate voi, anche a Bruxelles. Ai banali esecutori del
male fa paura solo un’affermazione della Le Pen in Francia. Punto. Loro sono
convinti di essere nel giusto,
sono
convinti che la Grecia sia sacrificabile in nome dell’interesse superiore che
essi stessi hanno stabilito per noi, sono convinti di poter fare come gli
pare finché il 50% + 1 dei parlamentari europei saranno PUDE come loro sono e
saranno fino al
day after. Una sola
cosa li disturba, e sapete cos’è: un’affermazione della Le Pen.
Quell’affermazione che io avevo previsto tre anni or sono e per scongiurare la
quale mi ero rivolto alla sinistra implorandola di rispondere, e avendo in
risposta solo dileggio,
censura
e squallida calunnia.
Bene.
Quell’affermazione della Le Pen che volevo
scongiurare, e tuttora lo vorrei, in sede di politiche (ma questa è cosa che
riguarda i francesi e non me), ora mi sento di desiderarla in sede di europee,
perché solo da essa può venire una spinta al cambiamento. Solo la creazione di
un gruppo parlamentare favorevole all’Europa, ma contrario all’euro e a questa
Unione Europea, può darci un minimo barlume di speranza di una soluzione che
sia politica e non violenta. Solo questo gruppo potrebbe fare quello che ho
chiesto ai conservatori di fare:
sfiduciare
la Commissione Europea qualora prosegua nel progetto criminale (
also sprach Zingales) e
antieconomico di conservare l’euro a qualsiasi costo, e, eventualmente, mettere
sul tavolo
una proposta di smantellamento concordato dell’Eurozona, ultimo
appello alla razionalità degli oligarchi che ci governano. Non penso che
sarebbe risolutivo, certo che no. Qualcuno penserà che potrebbe essere
addirittura controproducente: intimorendo gli oligarchi, li si spingerebbe
(forse) a mostrare il volto umano, cosa che del resto sta già succedendo, non
vedete? Quanti begli spot su quanto è bella l’Europa, e su quanto è bello non
usare le tabelline per comprare un caffè a Barcellona, mentre a venti metri da
te, nello squallore di un capannone vuoto, un altro imprenditore si impicca
perché si vergogna del fallimento che quegli spot si rinfacciano: “Vedi,
perdente, quanto è bella l’Europa? Significa che se non ce l’hai fatta non te
la meriti, significa che è colpa tua, significa che sei un
Untermensch, significa che devi morire, perché l’Europa che noi
vogliamo è così bella che solo le persone eccezionalmente competitive possono
permettersela: le persone oneste e normali devono morire, non ci servono”.
Porci!
E a questi porci una sola persona fa paura. Claudio non
finirà nel PPE, nel PSE, o nell’ALDE. No. Finirà nel gruppo che questa persona
vuole creare in Europa, nell’unico gruppo che può dare un segnale o fare una
proposta in Europa.
Credete che mi faccia piacere che solo quel gruppo sia in
grado di farsi portatore degli interessi delle classi subalterne? No. Per me è
una sconfitta enorme. Mille volte mi sono rimproverato i toni del mio primo
articolo. Era un urlo di rabbia, e costringeva la sinistra all’angolo,
imponendole un dilemma i cui corni erano entrambi difficili da accettare:
doveva ammettere di aver sbagliato per stupidità, o di aver tradito per
interesse. Altre possibilità non c’erano. Sarebbe forse stato meglio adottare
un approccio più gesuitico, più parenetico. Oh, sì, certo, forse, chissà...
Magari guidandoli per mano, anziché randellandoli, i sinistri fautori di questo
regime fascista e perdente si sarebbero decisi ad incamminarsi verso un
percorso che un domani li avrebbe potuti portare a fare gli interessi nostri,
anziché quelli delle banche del Nord che secondo il vicepresidente della Bce
hanno sbagliato. Forse. Ma se non avessi urlato, costringendo purtroppo i miei
interlocutori a non ascoltarmi, non mi avreste mai udito voi e non sarebbe mai
nato un dibattito in Italia, il dibattito che questo blog ha fatto nascere, che
questo blog ha portato sui media, del quale questo blog ha determinato gli
standard (costringendo tutti a confrontarsi coi dati,
talora con esiti
ridicolmente goffi), e del quale questo blog ha dettato il lessico.
E allora forse non devo rimpiangere nulla, quand’anche mi
restasse tempo per farlo. È andata bene così. La sinistra partitica continuerà
ad annaspare,
la destra
partitica continuerà a dire cose di sinistra, e alla fine la SStoria farà
il suo corso. E l’unica possibilità che abbiamo oggi di influire sul corso
della SStoria è far paura a Bruxelles.
Chi è Claudio Borghi?
Non lo so, e mi interessa poco. Lo conosco
da
quando mi ha scritto, due anni or sono. Della sua vita personale non so
molto, se non che, come me, si è fatto scegliere da una donna alla quale vuole
bene e con la quale ha fatto due figli, che, come me, ha passione e talento per
l’insegnamento (vorrei vederli i nostri “in” spiegare i
derivati
o
Crippa
su Twitter...), e che, come e più di me, aveva più da perdere che da guadagnare
nell’intraprendere una battaglia di verità, ma che, come me, ha deciso di
fottersene appena ha visto troppe spie di pericolo accendersi sul cruscotto
(fondamentalmente nell’estate del 2010).
Questo so, e so anche qualcos’altro.
So quanto lui, come me, a partire dalla sua prima telefonata
ad Alfano, abbia cercato di portare sulla strada dell’interesse comune la sua
parte politica, senza riuscirci, tentando in tutti i modi di illustrare ai
responsabili politici i pericoli dell’euro per l’Italia e per la pacifica
convivenza europea. Diciamo che a lui è andata meglio che a me, perché
essendosi rivolto alla destra anziché alla sinistra è stato ignorato, poi
velatamente minacciato, ma mai censurato.
Quante cose ho capito sull’antropologia della sinistra!
Quanto ho dovuto cambiare la mia percezione del mondo! Dove sono i bei tempi
nei quali io, educato al mito della resistenza, della lotta antifascista,
potevo crogiolarmi nelle facili certezze dell’appartenenza, potevo giustificare
qualche apparente incongruenza nella linea di condotta dei “buoni” pensando
che, anche se nel modo sbagliato, stessero pur sempre facendo la cosa giusta,
perché la cosa giusta era per definizione quella fatta da loro, da quelli che
credevo la pensassero come me, o che io la pensassi come loro...
Com’era facile, a quel tempo, vivere
Ora tutto questo è cambiato. È stato un colpo durissimo, ma
ho imparato una cosa importante, una cosa che, quando la capisci, ti cambia la
vita: a giudicare le persone così come io vorrei essere, e sistematicamente non
sono, giudicato: dagli argomenti e dai risultati, non dall’appartenenza.
Claudio ha fatto a destra quello che io ho fatto a sinistra,
e ha fallito a destra come io ho fallito a sinistra. Nessuno potrà dire che non
ci abbiamo provato. Nel mondo dell’eternità e della simultaneità digitale sarà
facile smentire (e querelare) chiunque voglia azzardarsi, nella propria
infinita e squallida mediocrità, a mettere in dubbio quale sia stata la nostra
disgiunta ma comune e limpida linea di condotta. Tutto è agli atti, tutto è su
Internet, tutto è nei nostri hard disk.
Poi Claudio ha trovato una sponda politica (tattica, o
strategica, non mi interessa) nella Lega, e ha deciso di percorrere quella
strada.
Fin dall’inizio vi ho chiarito molto bene che a me non
interessava creare un partito, per diversi motivi. Perché fare politica espone
al bisogno di mentire, e in questo momento c’è un dannato bisogno di verità.
Perché dal mio osservatorio misuro lo scarto abissale fra le vostre buone
intenzioni (“sei bravo, sei bello, sei sensibile, sei colto, sei forte, ti
votiamo...”) e l’effettivo impegno dei singoli. Perché ho letto abbastanza
libri senza figure per capire che il “gestoeclatantismo”, la richiesta fatta al
fesso di turno (nella fattispecie, me) di impegnarsi in prima persona, di fare
di più, è solo una richiesta di poter delegare di più al fesso di turno, per
poter impegnare meno se stessi in prima persona (santa Vanna quando dice che
per lei la storia si divide in due: prima e dopo la discussione col fesso in
polo rossa che mi chiedeva “er gesto eclatante”: e io pacatamente risposi:
“caro, dall’altra parte della strada c’è un distributore Agip. Questi sono 10
euro: vada, si cosparga di benzina e si dia fuoco”). Ma soprattutto perché in
Italia c’è e ci sarà ancora bisogno per molto di una voce che resti
indipendente e terza. Avere rifiutato candidature da destra e da sinistra è e
resta il mio maggior vanto. Nonostante gli squallidi tentativi di
strumentalizzazione degli organi di Stampa, che mi faranno ricco, evidentemente
la percezione della mia terzietà si è imposta e persiste. Così auspico e
desidero che sia, e per questo motivo non mi sono candidato.
Ho discusso con molti la decisione, anche se l’avevo già
presa. Il coordinatore del Manifesto di Solidarietà Europea mi diceva: “ma
perché no? Se ti candidi, avrai diritto di parole, darai visibilità al
dibattito!”. Obiezione: a persone guidate col randello della paura a ragionare
con la logica del gregge, quella dell’appartenenza, il dibattito interessa
poco. Sarebbe facile per i terroristi usare il bastone del “Bagnai è fascista,
o leghista, quindi non devi ascoltarlo”. Ma Bagnai, sappiatelo, pennivendoli da
strapazzo, futuri finanziatori delle mie meritate vacanze alle Seychelles, è
anche monarchico, rifondarolo, grillino, cislino, e chi più ne ha più ne metta:
da tutti sono andato e con tutti ho parlato e sono arrivato sui media nazionali
(e voi non ci credevate) anche senza un backing politico, solo con la forza
della mia parola. Claudio mi diceva: “Ma tu candidati: se vinci, vai a
Bruxelles dove puoi mandarli al diavolo in quattro lingue. Se perdi, potrai
dire: “mi avete chiesto l’impegno, il gesto eclatante? Bene, mi sono impegnato
e non mi avete votato, quindi siete meno numerosi o meno intelligenti di quello
che credevate. Continuo a combattere, ma il terreno lo scelgo io”. E poi,
comunque, se vedono che hai un certo numero di preferenze, magari al prossimo
giro di candidano quelli dai quali tu vorresti farti candidare...”.
Tutto giusto, per carità. Ma ho preferito non mettervi alla
prova e restare terzo, perché di terzietà c’è bisogno.
Claudio questo lo ha capito e lo apprezza, e così come io
sono lieto di vederlo combattere e portare il dibattito nei media, e sono certo
che vincerà (e finalmente l’Italia avrà un rappresentante che la rappresenti),
così gli sono grato di aver rassegnato le dimissioni dalla carica di
vicepresidente di asimmetrie, in modo da evitare qualsiasi strumentalizzazione
delle iniziative che la nostra associazione sta portando avanti (anche se
strumentalizzare la prossima
sarebbe dura).
Voto Claudio perché so che lui, come me, non è entrato in
questo gioco per acquistare la sua piccola fetta di potere, come i cialtroni
che berciano contro la casta perché capiscono che è il modo migliore per
entrare a farne parte, o i livorosi marxisti dell’Illinois. Lo voto perché so
che non voleva essere votato, come non lo voglio io, e perché so che ha preso
la sua decisione al termine di un percorso molto sofferto, nel quale per
l’ennesima volta ha deciso di mettere in gioco la propria tranquillità
personale in nome dell’interesse collettivo.
Carthago delenda est
(caeterum Fogno...)
Certo, è inutile nasconderselo. Se lo scopo del gioco delle
europee è mandare una persona italiana in un partito europeo che sappia
articolare un discorso critico, è pur vero che le elezioni, di qualunque natura
(dal livello europeo a quello condominiale) danno anche un segnale politico
interno. Votare Claudio, che è candidato indipendente della Lega, significa
anche non votare i candidati piddini, grillini, sellini, ini... E questo è
ovviamente un segnale politico. Non significa mandare Salvini (ini anche lui...
ahimè!) a Montecitorio, ma è un segnale.
I sellini... Ve li ricordate? Quelli del Fogno... Anch’io ho
un mio Fogno, e voglio condividerlo con voi.
Vorrei gli ortotteri sotto il 20%, perché i porci traditori
che hanno giocato al gioco dell’intercettazione del dissenso, mandando i vari
“azzo”, “demenza”, “Brera” a ragliare oscenità sul blog del capo che non è un
capo del partito che non è un partito sono pericolosi per la democrazia tanto e
quanto la nomenklatura dei Monti, dei Grilli, dei grand commis dell’eurismo che
da decenni governano questo paese. “Tutti a casa!”, ragliano i grilli (miracoli
della Natura!). Ma tutti a casa chi? Se la prendono con la casta, con i
“politici”, con le marionette dell’oligarchia, ma li avete mai sentiti
articolare un discorso razionale sulle cause della crisi?
Perfino l’Huffingtonpost riesce a sputtanare le incoerenze abominevoli della linea/nonlineapolitica/nonpolitica del partito/nonpartito.
Povera base: tanto grande è il mio rispetto per essa quanto
la pena che mi fa! Vivono inconsapevoli un format del quale pensano di essere
autori (“uno vale uno”) e del quale sono spettatori, certo, non paganti, perché
il prezzo della loro dabbenaggine lo pagheremo per lo più noi.
È fondamentale che gli ortotteri vadano sotto al 20% (anche
se temo non succederà... but who knows? Intorno a me tutti hanno votato Grillo,
e tutti voteranno Borghi...) perché servirebbe a dare un segnale chiaro e
forte: chi strumentalizza il tema dell’Europa per acquisire un vantaggio
tattico può farlo una volta, ma alla seconda perde. Alle amministrative gli
ortotteri hanno perso terreno quasi ovunque. Se succedesse alle europee,
avremmo una garanzia in più che i latecomers
della rivolta all’eurismo si attengano in futuro a quanto hanno dichiarato.
E i piddini?
Ah, quelli, i piddini!, Mario, Chiara, la gente
qualunquemente qualunque che vediamo campeggiare negli stendardi appesi in
tutte le stazioni, per chiederci più banda e meno rigore, loro, li desidero
sopra al 30% (dal che matematica vuole che desidero che il povero Berlu venga
sbriciolato, così impara a fare il “re tentenna”). Belli, vento in poppa, o
almeno al gran lasco, con un bel gennaker gonfio con su scritto “ce lo chiede
Mario”, contro l’iceberg. È essenziale che il PD rimanga al potere, perché,
come ci spiegano
Panizza
e Borensztein, l’unico costo effettivo e duraturo dei
default (e così sarebbe vissuto da loro l’uscita dall’euro) è
quello che sopportano i politici al potere:
infallantemente vengono cancellati per sempre dalla scena politica. Quindi,
quando la SStoria chiamerà il bluff dell’euro, è opportuno che i Fassini e le
Fassine, le zdore, i chierichetti di Rignano, e tutta questa variopinta corte
dei miracoli fallimentare e fascista stia dove sta adesso, in plancia,
inchiodata alla cadreghe. Che è poi la garanzia migliore che abbiamo che
anneghino quando il Titanic affonderà. Loro sono colpevoli, ormai di occasioni
ne hanno avute: loro devono affondare.
Questo è il segnale politico che sarebbe utile le europee
dessero. Lo daranno? Lo scopriremo fra poco. Certo, la battaglia sui media è
dura. Ma abbiamo avuto un grande vantaggio iniziale: siamo stati
sottovalutati...
E le politiche?
Se le europee non sono le politiche, le politiche non sono
le europee.
Corollario: oggi non voterei Lega alle politiche nemmeno se
si presentasse Claudio. Piuttosto, mi asterrei. Il motivo è molto semplice, e,
se ci pensate, ve l’ho già spiegato quando criticavo gli ortotteri (e molti di
voi mi biasimavano per questo, salvo darmi ragione a posteriori).
Così come Grillo, per anni anche la Lega ha fatto un
discorso sostanzialmente sbagliato. I ragli di Grillo contro la casta sono
stati del tutto isomorfi a quelli della Lega contro il Sud. Un modo per parlare
alla pancia delle persone, racimolando un consenso che necessariamente poi
diventa un fardello pesante, che ti condiziona.
Grillo, ragliando contro il debito pubblico, invece di
spiegare dinamica e responsabilità del debito privato, ha vinto parlando alla
pancia dei piccoli dottor Livore antistato, degli orfani di Giannino, e anche
di quelli di Renzi (che ora non sono più orfani!), degli squallidi montiani di
ritorno per i quali la spesa pubblica è sempre improduttiva (quando va a
beneficio degli altri). Avendo vinto col loro voto, Grillo, per non perdere, è stato
costretto a (far finta di) fare quello che loro chiedevano: da qui
le sparate sull'eccellenza del modello tedesco, contro lo Stato, ecc. Se menti agli elettori poi sei costretto
a continuare, e così poi ti succede quello che è successo ar Nutella e ar Melanzana:
di essere sorpassato a sinistra dalla Bocconi!
(ammetto volentieri che la giornalista che ha detto due anni dopo le cose che io avevo detto due anni prima è molto più fotogenica di me. Ma se via Sarfatti pensa di salvarsi così, sbaglia...)
La Lega, ragliando contro il Sud, invece di capire che sul
Sud ci aveva (anche) campato (
e gliel’ho detto in faccia),
e che
era
lei stessa il Sud di un altro Nord, ha sfruttato il (giusto) risentimento
di certi territori indirizzandolo su una strada sbagliata, sulla quale ora è
però costretta a restare. Salvini avrà bisogno di molto tempo e molta
intelligenza politica, per dédiaboliser la Lega, come la Le Pen a dédiabolisé
il Front National. Bisognerà poi che voglia farlo, perché magari non vuole. Ma
se anche volesse farlo, non gli ci vorranno meno di quattro anni (tanti e più ce
ne son voluti alla Le Pen) per portare il suo elettorato su un discorso più
razionale.
Eppure, la Lega avrebbe, se volesse, un’arma formidabile per
sbriciolare il piddinismo:
applicare la logica eurista. “Ma come!?” potrebbero
dire ai piddini. “Voi accusate noi di voler dividere l’Italia, recuperando
flessibilità nominale, quando voi stessi siete i primi ad aver diviso l’Europa
costringendola a un sistema che può tenersi insieme solo grazie alla
flessibilità dei salari nominali! Ma vi rendete conto? Voi siete quelli che
hanno lottato contro le gabbie salariali in Italia, per poi introdurle tramite
l’euro in Europa, costringendo alla povertà le nostre famiglie, e condannando i
nostri imprenditori – poco accorti, per usare un eufemismo – a fronteggiare il
crollo del mercato interno! E dopo aver adottato questo sistema su scala
europea, ci volete impedire una riflessione serena sull’ottimalità dell’area
valutaria italiana? Se la svalutazione interna, o quella fiscale, vanno bene
per l’Italia in Europa, perché strumenti analoghi, ma mitigati da una
solidarietà nazionale e dal ripristino di un disegno comune, non sarebbero
inammissibili per certe regioni dentro l’Italia?...”.
Questo potrebbero dire, potranno dire, se e quando si
convinceranno ad abbandonare la demagogia.
Il nostro 25 aprile
L’antifascismo era un fenomeno molto variegato. Oggi lo è il
fascismo, soprattutto quando pretende che il moderno antifascismo sia un blocco compatto.
Corre voce che da qualche parte l’ANPI sia scesa in piazza
contro il No euro day. Spero non sia vero. Quale triste e tristo spettacolo sarebbe
vedere questi amabili vegliardi, ai quali tanto dobbiamo per il loro impegno
partigiano, per aver contrastato con le armi l’imperialismo tedesco, scendere
in piazza, dopo anni di impegno meramente esornativo e celebrativo, per
appoggiare la versione 3.0 del medesimo disegno imperialistico...
A queste persone, che meritano rispetto se non altro per la
loro età e per aver tenuto viva la memoria della loro nobile lotta, vorrei
chiedere: “dove eravate, quanto avete protestato quando Monti auspicava che
certe scelte venissero poste al riparo del processo elettorale? Dove eravate,
quanto avete protestato, quando la Grecia è stata sbriciolata dalla troika?
Dove eravate, come e quanto avete protestato, quando il vostro partito di
riferimento ha proposto una legge della quale lo stesso Guarino, inascoltato,
ha chiaramente detto che
è peggiore della legge Acerbo? E adesso, amabili
vegliardi, al riparo dei vostri venerandi stendardi, scendete in piazza per
contrastare chi cerca di ridare a questo paese quella sovranità che voi, anzi,
non voi, che siete ancora vivi (per fortuna), ma i vostri compagni morti nello schianto della battaglia o nello strazio della tortura hanno voluto
scrivere col loro sangue nel primo articolo della nostra costituzione? Voi?
Questo è il rispetto che portate ai vostri, ai nostri morti? Voi che siete
stati patrioti, ragliare oscenità nazionalistiche verso chi fa quello che
dovreste fare voi, cioè tentare di ridare un senso al concetto di patria e di
interesse nazionale? Siete rimasti inerti per tanto tempo, mentre i Trattati
europei svuotavano di significato la Costituzione per la quale credevamo aveste
combattuto. Meglio sarebbe stato per voi, per la memoria dei vostri morti, e
per la memoria che avremo di voi, se aveste continuato ad essere inerti, e a
portare i gloriosi stendardi ad affumicarsi al fumo delle salsicce nelle feste
dell’Unità...”
Sed de hoc satis
Bene. Questo era il mio professorechennePenza, e il mio, e
spero il nostro, 25 aprile. Il 25 maggio difenderemo il nostro paese, contro la
troika, contro l’ANPI, che ad essa troika si inchina quando dopo decenni di
inerzia scende in piazza per difendere l’euro (se è vero che l’ha fatto, ma
spero proprio di no), contro la Commissione Europea degli oligarchi
irresponsabili e lobbysti, contro tutti, per i nostri figli. Ora ho fame e vado
a mangiare. Di politica non parleremo più, fino a dopo le elezioni. Non ho
altro da dirvi se non che querelerò chi mi darà del leghista come sto
querelando chi mi sta dando del grillino. Avere l’occasione di mandare in un
posto strategico una persona integra e un amico (fino a prova contraria) non
significa sostenere il disegno politico di un partito che non mi rappresenta,
al quale non appartengo e che critico per le sue posizioni, come ho
esplicitamente fatto in questo post. La Lega non è e non credo sarà mai il mio
partito. Claudio è il mio candidato, quello che voterò.
Chi non saprà leggere l’ultimo capoverso forse non saprà
nemmeno leggere la lettera del mio avvocato. Suggerisco di passarla a un altro
avvocato, e di fare quello che dice lui: chiedere scusa, o pagare. E dovrà
pagare tanto, perché dovrà risarcirmi di essermi rovinato salute e carriera per
cercare di coinvolgere nel dibattito il Partito “Democratico”, con le sue “eurine”.
Quanto a voi, io vi ho detto quello che farò e perché lo
farò. Voi fate come vi pare. Io non voglio e non devo convincere nessuno. Non
lo ho voluto fin dall’inizio e continuo a non volerlo.
Dieu et mon droit.