Direte cinici: bè, per forza, i padri nobili sono un serbatoio di voti! Sì, avete ragione, ma non è tutto qui. Questo può spiegare il caso Bersani (tanto per non far nomi), e perché politici (uno, in particolare) perfettamente consapevoli del fatto che "noi siamo quelli dell'euro" è un suicidio politico (prima di essere una vergogna), se lo tengono ancora stretto. Ma un padrenobilismo simile, di matrice meramente opportunistica, lo trovereste anche a destra, e anche al centro. A noi, a sinistra, ne è toccata in sorte una forma più radicale e perversa. Certo, fa strano che quelli del "vietato vietare", i dissacratori, oggi girino coi santini col cruscotto, come un qualsiasi "operatore logistico" (suppongo che oggi camionista si dica così) "diversamente settentrionale" (ovvero di S. Giovanni Rotondo). Eppure, ogni volta che viene evocato Ventotene, ve ne sarete accorti, si viene proiettati oltre la liturgia, dal rituale si transita nella superstizione, nella religio di Lucrezio, in una sfera prerazionale, prepolitica, sciamanica...
Non a caso scelgo il termine "sciamanico": perché solo una dimensione tribale, o meglio, più esattamente: solo il bisogno di ritrovare, di ricostruire, le dinamiche di appartenenza tribali, così cogenti, così vincolanti perché dettate dalla necessità di sopravvivere in contesti ancora non domesticati dalla civilità, può spiegare per quale dannato motivo persone come noi istruite, e spesso più di noi capaci di fare i propri interessi con la sordida meticolosità degli avari di Balzac (ma sempre conservando una patina a modo suo balzacchiana di rispettabilità - in questo caso, però, non borghese, ma "de sinistra"), soggiacciano poi nel ragionamento politico a logiche elementari, anzi, a logiche illogiche, che li portano ad assumere come un dato di natura, un dato prepolitico, ordinamenti che non sono naturali, ma umani, e ad appoggiare nei fatti esattamente quel tipo di politiche che a parole dicono di voler combattere, e questo perché "glielo chiede l'Europa", che, beninteso, non è "quella di Ventotene" (questo si affrettano ad aggiungerlo), ma potrebbe forse esserlo: e a questo "poter forse essere" (che non è non dico l'embrione, ma nemmeno il gamete di un "dover essere") essi si inchinano.
Il bisogno di appartenenza, del resto, alimenta un prepotente bisogno di auctoritas. Ed è qui che interviene il padrenobilismo: come scusa per nobilitare (appunto), per riscattare, un atteggiamento sostanzialmente gregario e passivo verso la politica, atteggiamento del quale lo pseudocolto di sinistra non potrebbe non vergognarsi, se dovesse limitarsi a leggerlo per quello che è: una manifestazione di scarso spirito critico e di nulla passione civile. Insomma: il prezzo dell'identità, dell'appartenenza a un gruppo, è naturalmente quello di venire a compromesso con se stessi, di dire o fare cose che non si approverebbero. In cambio hai protezione (sotto forma, a seconda dei casi, di una scodella di sorgo o di un ruolo sociale). Tradire se stessi è la strada maestra per tradire tutti gli altri, e viene certo molto più facile se puoi farlo sotto l'ombrello di una autorità presentata come inconfutabile: "i Padri Fondatori" (con le maiuscole), leggevo oggi in uno sconclusionato sproloquio padrenobilista, nel quale, ovviamente, si lamentava che questa Europa ecc... ma! (Ma ce la teniamo, ovviamente. Perché? Perché sì...).
D'altra parte, se i farabutti non ambissero a rappresentarsi e sentirsi dei paragoni di nobiltà d'animo, ci sarebbero molto più simpatici e sarebbero molto meno dannosi. Invece questa ambizione non la depongono, e ad essa è funzionale il padrenobilismo.
Certo, anche il padrenobilismo i suoi rischi li presenta. Spesso il padre nobile scelto è francamente improponibile (ogni riferimento a padri nobili sopra citati è puramente intenzionale), anzi, direi che lo è di norma, perché i motivi della scelta, quando non sono venali ("quello dice un sacco di fregnacce ma porta voti!") sono comunque estemporanei, illogici.
Prendiamo ad esempio Franco Modigliani.
Mi piace ricordarlo oggi che una certa sinistra, farfugliando cose che visibilmente non è in grado di capire, riscopre la natura keynesiana e lavorista della nostra costituzione. Sarebbe utile che chi può si legga Post Keynesian theory and policy di Paul Davidson, e in particolare il Capitolo 5: "Why traditional mainstream Keynesian theory is not Keynes's theory". Servirebbe a capire quale opera di tradimento e "sterilizzazione" del messaggio keynesiano sia stata fatta da Modigliani (sotto l'impronta intellettuale del suo coautore Samuelson), per il tramite di quella che noi istruiti chiamiamo "la sintesi neoclassica". Viene da Samuelson l'idea che ogni modello economico possa essere ricondotto, come caso particolare, al modello di equilibrio economico generale di Walras, l'idea insomma che la Teoria generale di Keynes non sia, appunto, una teoria generale, ma il caso particolare, a salari fissi, del modello walrasiano. Il corollario di questa impostazione, ovviamente, è che tutti i problemi si possono risolvere con le riforme strutturali (cioè favorendo la flessibilità verso il basso dei salari). Un'idea, voi lo capite bene, perfettamente compatibile col jobs act del cattivo Renzi, ma certo non che la liturgica invocazione dell'art. 1 fatta non ricordo più se da Fassina o da D'Attorre (o da chi?).
Voi direte: "Stai rimbecillendo come un certo editorialista della domenica (che però ha la scusa di avere alcune decine di anni più di te): divaghi, divaghi,... Ma dove vuoi arrivare? Che c'entra Modigliani con i nostri problemi, con la Catalogna, con la ripresa economica?"
Calma, ci arrivo. Modigliani ci interessa per due motivi, che vi enuncio prima di spiegarveli (o rispiegarveli):
1) perché è un esempio, uno dei tanti, di economista di destra diventato padre nobile della sinistra;
2) perché nonostante non fosse un genio (e ci tenne a certificarlo con un Nobel), salvò la pelle (del che siamo lieti).
Entrambe queste cose ci riguardano, e la seconda più della prima.
Intanto, che uno per cui tutti i problemi si risolvono tagliano i salari non possa ragionevolmente essere considerato di sinistra credo che voi lo capiate! Bene. Allora vorrei ricordarvi che questo caro, simpatico vegliardo, proprio lui che aveva firmato insieme a un altro padre nobile di figli d'arte di sinistra questo appassionato manifesto a favore di politiche supply-side (aka riforme strutturali, aka taglio del vostro, non del suo, salario...), proprio lui aveva guadagnato sul campo i galloni di padre nobile, perché... aveva battibeccato con Berlusconi durante una diretta televisiva! Qualcuno ricorderà questo episodio, e se riuscisse a ritrovare lo spezzone video glie ne sarei molto grato. Per me, che ero ricercatore di fresca nomina, assunto nel dipartimento dove ero stato cresciuto ed educato allo spirito critico (oggi invaso dagli ultracorpi, ma tant'è: non è che altrove le cose vadano meglio...) ricordo che la scena fu surreale! Col senno di poi, devo dire che il Berlu, del quale mi farebbe molto piacere che si dedicasse ai suoi hobby, e che non ho mai votato, aveva un certo istinto: lo stesso che dimostrò dando del kapò a quel politico tedesco fallito...
Ecco, questo lo mettiamo in conto "paradossi del padrenobilismo": adottare come padre nobile un economista sostanzialmente reaganiano nell'approccio... e questo perché? Perché per motivi estemporanei ha avuto un diverbio con il simbolo del Male (essendo però stato lui un Male ben più profondo e radicale in termini di snaturamento dell'unico pensiero rivoluzionario partorito nel XX secolo - nel XIX non era andata molto meglio...).
E del salvare la pelle?
Parliamone. Vi ricordo che Modigliani fu quello che, mentre invocava politiche supply side (costituendosi propagandista dell'approccio al mercato del lavoro elaborato e poi imposto dall'OCSE, come abbiamo visto qui grazie ad Agénor, quello basato sul concetto di occupabilità, anziché di occupazione...), andava anche petulando in giro che l'euro era buona cosa, perché la Bce sarebbe stata un organo collegiale, marcando un progresso rispetto alla situazione degli anni '80. Negli anni '80, infatti, per evitare fughe di capitali verso la Germania i paesi satellite dovevano scegliere il tasso di interesse che la Germania praticava, quello che faceva comodo a lei. Non di meno (altrimenti i capitali sarebbero scappati in Germania), non di più (altrimenti gli investimenti sarebbero stati troppo compressi). Il grande vantaggio di passare alla Bce sarebbe stato quello di evolvere dalla situazione in cui si adottava il tasso di interesse che faceva comodo solo a uno, a quella in cui si adottava un tasso di interesse che non faceva comodo a nessuno! Vi ho descritto, faustianamente, questa vicenda in uno dei miei post preferiti (voi lo preferirete quando lo capirete: se ci volete provare è qui).
Uno che ragiona così, evidentemente, non è un gran genio. Perfino io, nel 1997, ero stato in grado di obiettargli che la Bce sarebbe stata egemonizzata dai paesi dell'ex area del marco, come poi fu, e come Modigliani stesso lamentò nel 2002: e fu il suo canto del cigno. Ci voleva una testa discretamente vuota, vuota come le quinte del Doppelgänger, per non capire l'ovvio cinque anni prima che questo bussasse alla porta...
E anche qui, a me, che ero persona istruita (dai baccelloni), colpiva una cosa: ma come diamine aveva fatto un fenomeno simile ad andarsene per tempo dall'Italia, a non finire, come tanti altri, nei campi tedeschi, uno incapace di vedere pochi mesi al di là del proprio naso?
Alla risposta ci sono arrivato da poco, e ve ne ho parlato qui: c'era stato un bel segnale di discontinuità, c'erano state le leggi razziali: non occorreva essere un genio per capire, se eri ebreo, che era il momento di cambiare aria. Bastava non essere un bandierista, e avere i mezzi materiali per farlo...
Ora, noi siamo un pochino più lungimiranti del buon Franco. Sarà perché siamo nani sulle spalle di un gigante (Keynes, decisamente non Franco), ma intanto riusciamo a capire che un sistema nel quale l'unica valvola di sfogo è la compressione dei salari si condanna alla deflazione, e poi intuiamo anche che siccome i salari sono il reddito della maggioranza, se vuoi comprimerli poi devi comprimere la democrazia, e in fondo a questo percorso c'è la guerra. Ho cominciato a far notare questo sgradevole dettaglio prima di Maidan. Ma Maidan è in Ucraina, quelli sò strani, sò cosacchi, da noi ste cose nun succedeno... Ora vi state godendo (si fa per dire) lo spettacolo della Catalogna, che qualcuno ha definito una Maidan a bassa intensità: chissà che domani una cosa simile non possa succedere anche da noi, per un pretesto qualsiasi (non necessariamente le pulsioni autonomiste di un territorio)? Solo per dirvi che molti di voi credo abbiano cominciato a prendermi un po' più sul serio.
Resta il fatto che, come vi dicevo un paio di anni or sono, oggi mi sembra difficile ricevere un segnale come quello che il buon Franco ricevette e seppe interpretare. In altre parole: quando è che dovremo andarcene per salvare la pelle? Quando è che il potere ci userà l'inaudita accortezza di segnalarci il suo irreversibile scadimento verso il fascismo?
Io che sarebbe il caso di andarsene lo dico da un po'. Non a voi, naturalmente! Perché, sapete, l'economia funziona così: se un'idea buona la dici a tutti, poi diventa cattiva. E io a voi voglio bene, ma a me di più... Molti hanno capito ugualmente, e ogni tanto ci salutano: chi dalla Nuova Zelanda, chi dalla Norvegia... Ma, insomma, a Rockapasso che questa storia finirà, ma finirà nella violenza, non lo dico da domani. L'argomento era sempre: "Ma i genitori?", e la mia replica: "Ma i figli?". Alla fine, siamo giunti alla conclusione che ove mai si dovesse costituire l'esercito europeo, ce ne andremmo (a proposito: devo ricordarmi di controllare i passaporti). Tuttavia, mi sto chiedendo se sia veramente il caso di aspettare questo snodo, che effettivamente sarebbe piuttosto esplicito. Perché già oggi stanno succedendo cose abbastanza preoccupanti, ma delle quali, per qualche strano motivo, fino a ieri mi preoccupavo praticamente da solo: e mi riferisco, come avrete capito, alla censura, altro fiore all'occhiello di ogni regime totalitario.
Vi lascio con due lettere che ho ricevuto, e che mi inducono a pensare che forse non è proprio il caso di aspettare che arrivi l'Eurogendfor a prenderci a casa.
La prima è mi arriva da "uno de passaggio"(che in realtà sono due: uno va nei paesi emergenti a vendere casseforti, e l'altro ci va a svuotarle - via crisi finanziarie. Ho begli amici, vero? Diciamo che sono il lato piacevole di questa esperienza per altri versi un po' usurante. Comunque, questo è quello che le casseforti le vende...):
Caro Alberto,
oggi a Piddinia è la festa del patrono San Culazio (patrono dei posteggiatori), per cui ho passato una giornata dedicata alla famiglia... e alla lettura.
I tuoi tweets, e
quelli che rilanci, offrono sempre spunti interessanti.
Mentre ammiravo
lo sguardo smarrito di Rajoy, ritwittato da lemasabachthani (a proposito, la
partita ispano-catalana sembra venga gestita da ambo le parti per ottenere i
peggiori risultati possibili!) mi è caduto l'occhio sul promoted tweet appena
sotto, la cui immagine ti allego.
Penso sia stata
deformazione professionale causata dall'uso del termine "Blockchain",
che mi ricorda tanti articoli da hardware shops; e forse anche la presenza del
colosso (dalla salute malferma) assicurativo/cooperativo bolognese Unipol.
Sta di fatto che ho cliccato sul link e ho trovato questo. Di recentissimi esempi di quanto stia diventando sempre più orwelliana e distopica la nostra società, oggi ne hai rilanciati molti (come questo, questo, e questo: follie che per uno spirito libertario (ed anche per chiunque riconosca il valore dello Stato di diritto) sono vere e proprie pugnalate inferte ai cittadini, sempre più avviati a tornare sudditi (i più fortunati) o schiavi; ma la naturalezza con cui tale Elena Comelli scrive ciò che scrive, ed anche il fatto che qualcuno paghi perché il suo articolo venga promosso su Twitter, mi riempiono di sentimenti contrastanti (nessuno dei quali però teso alla gioia).
Davvero chi propala tali concetti non si rende conto delle implicazioni che la loro applicazione avrebbe/avrà sulla vita, sulla privacy, sui diritti e, in sostanza, sulla "libertà dal bisogno" delle persone? Con un'iperbole (forse) mi chiedo quante anime il diavolo abbia comprato nel mondo della comunicazione.
Penso di dover accelerare i miei proposti intercontinentali.
Un forte abbraccio
Uno de passaggio
...e l'altra lettera mi è arrivata dal vicepresidente (di asimmetrie): oggetto "Questa è davvero grave", e contenuto un solo link, questo.
Alla domanda se ci sia qualcuno disposto a fare una battaglia per la libertà di opinione, io posso dare solo i nomi di due che certamente non sono disposti, perché gliel'ho chiesto quando per combattere c'erano margini maggiori di quelli attuali: li conoscete e non vale la pena di ripeterli. Ho dovuto elaborare il lutto di veder crollare il sistema di valori al quale ero stato educato: quello secondo cui, siccome la sinistra era antifascista, e il fascismo aveva conculcato la libertà di pensiero, la sinistra avrebbe difeso la libertà di pensiero. Sapete che fin da subito, fin dalla pubblicazione del mio primo articolo sul manifesto, mi ero dovuto ricredere.
Ma il punto è che oggi credo a nessuno questa battaglia interessi, e il motivo temo sia ovvio: si avvicina (forse) un cambio della guardia, e sono in molti a poter legittimamente pensare che sia delle leggi sulla censura quello che è delle leggi elettorali: fatte per blindare la posizione di chi è al governo, diventano poi lo strumento col quale chi è all'opposizione blinda se stesso, una volta raggiunto il potere. La libertà di pensiero, che in tempi meno malsani fa paura solo al potere, oggi mi sembra faccia paura anche all'opposizione, e penso che anche qui il motivo sia evidente. Se la sinistra sta pagando, come prevedibile, il prezzo di aver fatto politiche di destra (inutile citare l'articolo nel quale lo annunciai, tanti anni fa), questo però non significa che la destra sia necessariamente disposta a fare politiche di sinistra (cioè il contrario delle politiche che i padri nobili Modigliani e Sylos Labini auspicavano). Una riflessione sul fallimento delle riforme, e più in generale sul fallimento del mercato, e sulla necessità di ritornare a un modello di economia mista, non fa comodo credo a nessuno, perché a sinistra è stata cancellata dall'orizzonte del dicibile, e a destra è oggettivamente in contrasto con gli umori di una parte non indifferente dell'elettorato. Meglio non pensarci, meglio non pensare...
Io proverò a combattere, ma temo di sapere come andrà a finire questa storia: finirà in nulla, e ci terremo questa ulteriore violazione delle nostre libertà, abituandoci. Quando ci volgiamo indietro, al XX secolo, vediamo Auschwitz, questo culmine di orrore. Si impone alla vista per la sua enormità, e anche perché è più vicino, ma così facendo, questa vetta di abominio, ci nasconde l'abisso che la precedette. Come si arrivò ad Auschwitz? Non credo che il percorso sia stato molto ripido: penso che sarà stato graduale, e che poco a poco si sia scivolati nell'orrore, così, banalmente, ogni volta pensando che alla fine quello che stava succedendo era poca cosa, era sopportabile, e comunque sarebbe toccato prima da altri. Mi sembra abbastanza paradossale che si dia il nome di liberismo a un sistema sociale che in realtà si muove su un percorso preordinato, il cui punto di arrivo è ciclicamente quello e solo quello. La libertà dov'è, in questo sistema che ci costringe a ripetere gli stessi errori?
Ecco: oggi ho potuto dirlo.
Domani potremo sperimentarlo.
Buona notte e buona fortuna...