Quello che secondo me dovrebbe suscitare il maggior sospetto contro gli argomenti luogocomunisti è il loro carattere vagamente sentimentale, scollato dalla realtà, che conferisce loro un grande valore psicagogico, e quindi demagogico, ma che proprio per questo andrebbe valutato con attenzione e sottoposto alla prova dei dati e dei fatti storici.
Guerrieri
Un esempio per tutti. Ieri, su SkyTV, ho avuto il piacere (ostentatamente non ricambiato) di incontrare il prof. Paolo Paleotti Guerrieri dell'Università di Roma "La Sapienza", col quale avevo condiviso a lungo l'appartenenza al Dipartimento di Economia Pubblica (quello di Caffè, per intenderci). L'argomento potete immaginare quale fosse.
Evocando lo spettro del ritorno alle valute nazionali, il prof. Guerrieri non si è fatto mancare il solito ritornello: "Dove andrebbe la povera Italietta tutta sola, il mondo oggi è dei big players (un po' di latinorum inglese non guasta), noi non potremmo competere, ecc.". Le parole non ricordo se fossero esattamente quelle, ma il concetto quello era.
Il timore per la povera Italietta bisognosa di protezione...
La paura, si sa, è un forte aggregatore di consenso attorno ai regimi autoritari. Per questo parlo spesso di violenza dell'eurismo: una violenza che, prima di essere economica, è psicologica.
Va bene: questa canzoncina la conosciamo. Vogliamo sentirne una diversa?
X
Di X non vi dico nulla. Sarete voi a dirmi chi è, se lo indovinate, e chi ci riesce vince la "Velina d'oro" 2013, cortesementa assegnata dal Minculeur (Ministero della Cultura Eurista). Io mi limito a riportarvi quanto X diceva in tempi non sospetti:L'Europa ha le dimensioni ottimali per una nazione? Probabilmente no. L'"Europa" intesa come insieme dei potenziali membri dell'Unione Economica e Monetaria non sarà mai uno stato nazionale, ma potrebbe avvicinarsi a diventare uno stato federale. Molti sostengono (correttamente) che una qualche forma di unione politica sia necessaria per rendere sostenibile l'unione monetaria. Altri prendono la posizione ancora più netta secondo cui l'unione monetaria non è altro che un passo verso l'obiettivo reale, quello di una unione politica europea. Io sostengo che questo atteggiamento è antistorico. Nel 1946 c'erano 74 paesi al mondo e oggi ce ne sono 192. Più di metà di questi paesi sono più piccoli del Massachusetts. Nel 1995, 87 paesi avevano meno di 5 milioni di abitanti.
Si può pensare che le dimensioni ottimali di un paese siano il risultato di un compromesso. Da una parte, i paesi piccoli hanno il beneficio di una bassa conflittualità interna e di una relativa convergenza delle preferenze. Dall'altra, i paesi grandi hanno diversi vantaggi, fra i quali economie di scala nella fornitura di beni pubblici, resistenza a shock esterni, e grandi dimensioni del mercato interno. Tuttavia, dato che i mercati internazionali diventano sempre più aperti, il principale beneficio di un grande paese (quello di avere un grande mercato interno) diventa sempre meno importante. Un paese non deve essere grande per essere aperto. Quindi, la tendenza verso la riduzione delle dimensioni medie dei paesi è perfettamente comprensibile in un ambiente che favorisce la liberalizzazione del commercio. Perché mai un paese vorrebbe ingabbiarsi in una unione politica quando potrebbe invece essere piccolo, godere della propria libertà di scelta politica, e commerciare pacificamente col resto del mondo? Non c'è bisogno di integrazione politica se c'è integrazione economica. Ma l'Europa sta andando nella direzione opposta...
Secondo me, l'unica alternativa ragionevole all'unione monetaria è la flessibilità del cambio, unità alla mobilità dei beni e dei fattori di produzione.
Sintesi
Vi lascio alle vostre valutazioni. Mi conoscete abbastanza per sapere che mentre non sono assolutamente d'accordo con Guerrieri, non sono completamente d'accordo con X, il quale però argomenta in termini perfettamente razionali (anche se nel quadro di un modello che non condivido appieno, quello liberista). Come dicono gli pseudoeconomisti nostrani (Bagnai e Borghi), con la Cina non dobbiamo giocarci al tiro alla fune, dobbiamo commerciare. E se loro sono grandi, e noi siamo piccoli, questo significa, fra l'altro, che noi abbiamo un grande mercato di sbocco (sul quale i nostri marchi - nel senso di brands - finché sono ancora nostri, sono posizionati piuttosto bene). In cosa essere più grandi aumenterebbe le nostre opportunità? Ah, ancora con la tiritera della ricerca e dello sviluppo! In un sistema come quello eurista che ci condanna a tagliare qualsiasi investimento pubblico nel settore? Serve l'unione monetaria per cofinanziare un progetto di ricerca?Suvvia, non scadiamo nel ridicolo, e soprattutto evitiamo i sentimentalismi.
Credo che la razionalità, e quindi l'assenza di sentimentalismo, sia il minimo che ci si possa aspettare da un docente della prima università mondiale (sia in generale, che nel campo dell'economia). E se con questo indizio non siete in grado di dirmi chi sia X...
(have fun...)
Vincitore alle ore 16:50 Sergio Govoni: mister X è, come ha detto indipendentemente qua sotto istwine (alle 16:54), il grande Alberto Nazionale, AA (io sono solo AB, il mio rating è più basso). Il testo proviene dal suo commento a Obstfeld, M. (1997) "Europe's Gamble", Brookings Papers on Economic Activity, 2, 241-317, che è l'articolo dove, fra l'altro, Obstfeld (questo qui) chiarisce che una svalutazione può essere efficace per rilanciare l'economia anche in presenza di real wage resistance, cioè anche se i lavoratori non vengono tosati, come si esprimeva un noto pecoraio.
Insomma, ragazzi, mettetela come vi pare: l'economia è una cosa, il libro Cuore un'altra. E ad oggi, in Italia, l'economia non dico che la troviate solo qui... ma quasi! Speriamo in meglio...