Riprendo il filo degli interventi sull'ordine dei lavori (il primo era qui) per riferirvi un dettaglio che potrebbe aiutarvi a capire a che punto siamo con la legge di bilancio, e che ha comunque validità generale.
La Camera e il Senato hanno due approcci opposti per gestire in modo nella misura del possibile razionale la discussione di un provvedimento cui vengano presentate centinaia di emendamenti. Alla Camera l'art. 85-bis del regolamento prevede che:
cioè che prima di passare all'esame degli articoli (con relativa votazione degli emendamenti) i gruppi segnalino gli emendamenti che desiderano assolutamente porre in votazione. Al Senato l'art. 100 prevede che:
cioè che dopo l'avvio dell'esame degli articoli il Presidente possa decidere l'accantonamento di emendamenti meno essenziali ai fini della discussione. Questo comma riguarda l'esame degli articoli in assemblea, ma l'art. 43 specifica che:
il rinvio (e quindi l'accantonamento di emendamenti) è ammesso nelle sedi referenti, ovviamente purché non pregiudichi il lavoro dell'Assemblea.
Sintesi: alla Camera decidi prima quali emendamenti vorrai votare e li segnali, in Senato decidi dopo quali emendamenti non vorrai votare, e li accantoni (al termine dell'esame poi i presentatori degli emendamenti non votati li ritirano).
Ne scaturisce una simpatica pantomima. Esattamente come un disegno di legge viene approvato almeno cinque volte:
- quando un operatore informativo carpisce in buvette l'idea di proporlo
- quando viene depositato in un ramo del Parlamento
- quando viene assegnato alla Commissione
- quando viene approvato in Commissione
- quando viene approvato in Aula (rectius: Assemblea)
così anche un emendamento ha parecchie vite:
- quando compare in qualche fascicolo di lobbysti
- quando viene presentato
- quando viene segnalato
- quando viene supersegnalato
- quando viene approvato (se viene approvato)
Gli emendamenti veri, tanto perché lo sappiate, sono quelli che presenta il Governo "assorbendo" le proposte che ritiene più percorribili, o che infila, spesso (senza malizia) a insaputa dei parlamentari e anche propria, nel maxiemendamento, cioè in quell'obbrobrio legislativo che riassume in un unico emendamento, consentendo così di portarlo in un'unica votazione per appello nominale, il disegno di legge di bilancio, trasformando i suoi articoli e commi in commi di un articolo unico, che poi è il motivo per cui la legge di bilancio, quando andate a consultarla, vi si presenta così:
Così è se vi pare, e credo proprio che vi paia così, dal momento che se una Repubblica parlamentare funziona con queste logiche è perché i suoi cittadini, in nome della sacra invidia sociale, hanno privato i loro rappresentanti di alcuni banali presidi di resistenza a queste logiche.
Termine segnalati slittato a domani pomeriggio, ora posso occuparmi di altri, ma intanto... ora sapete di che cosa mi sto occupando!
[...]hanno privato i loro rappresentanti di alcuni banali presidi di resistenza a queste logiche[...]
RispondiEliminaDi danni di questo tipo me ne risultano due: abolizione immunità (per cui ho firmato la proposta di legge di Borghi tra l'altro) e riduzione numero parlamentari (per cui ho vanamente votato NO al referendum).
Non capisco però il meccanismo per cui queste scelte influiscano su questo problema specifico.
In ogni caso, visto che il maxiemendamento è una forma di elusione delle regole, Camera e Senato non potrebbero modificare i propri regolamenti in modo da renderli ineludibili?
Ma è molto semplice: il vitalizio! Quando c’era il vitalizio i parlamentari potevano mandare sotto il Governo, se si impuntava a non ascoltarli, perché tanto al più, in caso di crisi, sarebbero andati a casa a non far nulla (ma poi non ci andavano, perché il Governo per non correre rischi li ascoltava). Se ci fosse stato il vitalizio nel 2019 si sarebbe andati a votare. Tutto qua.
EliminaAggiungo che quando si è in maggioranza il telefono squilla e vibra molto, quando si è all'opposizione si diventa meno interessanti
RispondiEliminaInvece di dire:
RispondiEliminaIl comunicato (quelle due righe sull'Eco di Mazzangrugno, o sulla Gazzetta di Battiferro) per proclamare urbi et orbi di aver presentato un emendamento vale zero. Quelle due righe scorrono sulla mente dei potenziali destinatari come rugiada su un blocco di granito.
Prova a dire:
La presentazione di un emendamento è un importante segnale politico.
Potrebbe entrare nel "dizionario" di Goofynomics
Perché no!?
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