giovedì 30 ottobre 2014

I cechi hanno visto giusto

Oggi devo incontrare uno importante (tanto per cambiare) che non ha ancora capito bene cosa sta succedendo (tanto per cambiare). Allora ho penZato: mo' je faccio er disegnino... E ho fatto questo disegnino qua:


(fonte: Eurostat)

Chi mi segue non ha bisogno di commenti. Per gli altri entro in modalità Rieducational Channel, come la compianta Vulvia: "Lo sapevate?"...

Lo sapevate? Come tanti altri paesi biondi e virtuosi dei quali abbiamo parlato, anche la Repubblica Ceca svalutò, commise questo nefando crimine, questo abbbbominio agli occhi della Merkel!

Una prima volta, ovviamente, lo ha fatto "a botta calda", a seguito dello shock Lehman, come vedete qui:


Fra settembre 2008 e febbraio 2009 la coruna ha perso il 16% rispetto all'euro (l'euro costava il 16% di corune in più, la quotazione è incerto per certo, i dati vengono da qui). Poi ha recuperato, ligia al dovere. Di questo episodio ovviamente nessuno ne parla mai, e forse, nella concitazione di quei giorni, lo si può anche comprendere che il dato sia sfuggito. Se però qualche Goebbels operatore informativo se ne esce col fatto che la Repubblica Ceca è virtuosa, ora sapete cosa rispondere.

Meno scusabile che nessuno ci abbia detto una cosa che io so per caso, solo perché un imprenditore che ci sostiene opera anche lì: fra ottobre e dicembre 2013 la coruna ha perso il 7% sull'euro, e questa volta non è rientrata. Nello Sme si sarebbe detto che ha riallineato la sua parità centrale.

Il disegnino di cui sopra ci istruisce su questo secondo episodio.

Ormai sappiamo che a fine 2012 la Germania ha avuto una prima recessione tecnica. Chiaramente, la produzione industriale ceca andava giù, a seguire (devo spiegarvi perché?): è il calo della linea rossa nella prima figura. Ma i cechi, ligi al dovere, mantenevano il cambio stabile, e anzi, con qualche oscillazione, verso fine anno lo stavano rivalutando (lo vedete come calo della linea blu nella seconda figura, e come tasso di svalutazione (linea verde) negativo (a indicare rivalutazione) nella prima.

I cechi si tengono così la produzione industriale in caduta libera fino a metà 2013, con un'inflazione che era passata sotto al 2% da gennaio. Poi, a metà anno, una boccata di ossigeno: la produzione industriale riprende a crescere. Ma poi a settembre le cose vanno di nuovo male, e i prezzi continuano a scendere: l'inflazione è allo 0.8%, e ci rimane anche quando la produzione ha un altro guizzo in ottobre.

A questo punto il governo ceco decide di svalutare, per consolidare il recupero della produzione e per sostenere la dinamica dei prezzi interni. Una svalutazione del 7% (la vedete nella seconda figura in livelli, cioè in prezzo dell'euro in corone, e nella prima - linea verde - in variazioni, cioè in aumento del prezzo dell'euro in corone rispetto allo stesso mese dell'anno precedente).

Con una svalutazione del 7%, l'inflazione aumenta da 0.8 a 1.5, cioè di 0.7. Un decimo della svalutazione si è trasferito sulla dinamica dei prezzi interni. Ma poi per quasi un anno la Repubblica Ceca ha avuto la produzione industriale in crescita al 5% di media (sempre sullo stesso mese dell'anno preceente).

Dice: ma a fine periodo la produzione cala!

E certo, amici: la Germania si sta suicidando. Volete sapere i tassi di crescita della produzione industriale tedesca? Nel terzo trimestre, -6.7% nel settore dei beni durevoli. Certo che se sei legato a un paese che ha deciso di segare il ramo sul quale è seduto (la Germania è il paese, il ramo siamo noi), anche avere un minimo di flessibilità di cambio non ti aiuta per sempre.

Ma se quella flessibilità ce l'avessimo noi, paradossalmente, anche i cechi starebbero meglio, perché la Germania non sarebbe riuscita nel suo nobile e millenario intento di distruggerci.

Così è, anche se non vi pare.






mercoledì 29 ottobre 2014

La malvagità del banale

Son momenti drammatici. Capita sempre più stesso che qualche mio collaboratore mi venga a cercare, o mi telefoni, con le lacrime agli occhi. Ma io mantengo la serenità. So che non sono lacrime di disperazione, e neanche di coccodrillo: stanno piangendo dalle risate!

La cloaca del web 2.0 pullula di caimani, che rosicano come caimani (a ciò li chiamò Natura Matrigna), e si aggiungono al coro dei marZiani (che già rosicavano come marZiani).

Siamo abituati a questi ultimi, e sinceramente li apprezziamo (e nel prossimo libro lo dico). Il fatto è che quando loro dicono "ma queste cose le dicevamo trent'anni fa" dicono il vero. Molti di loro sono stati particolarmente lungimiranti, e senz'altro io non lo sono stato. Mentre partiva il massacro, l'unica cosa che ero in grado di vedere (ed era il 1997) era che l'euro non ci avrebbe dato alcun vantaggio. Mi sembrava l'angolo di attacco più logico per far comprendere il problema alla gente, scrissi un articolo, lo presentai, non essendo nemmeno ricercatore confermato, a un convegno di fronte a un ex-ministro e all'epoca europarlamentare, e poi tornai a farmi i fatti miei.

Capisco benissimo e mi condolgo per la tragica frustrazione di chi aveva visto tanto prima di me e niente ha potuto fare non solo per opporsi al corso degli eventi (è il fiume della SStoria, bellezza!), ma nemmeno per far sorgere una consapevolezza nei più, o almeno nei meno.

Ma la storia si ripete, e la seconda volta come farsa.

Nella melma del web 2.0 è tutto un grufolare di caimani che mentre rosicano a bronza ripetono: "Eh, ma questo lo dicevamo prima noi, e a Bagnai lo abbiamo insegnato noi!"

Non potendolo fare in altro modo (perché non contando un cazzo, porelli, non possono mettermi un chilo di cocaina in macchina per poi andarcelo a trovare, come da prassi...), i caimani cercano di sfogare la loro frustrazione accusandomi di disonestà intellettuale, il che, sinceramente fa un po' sorridere, per tre motivi (il terzo dei quali, veramente, li accomuna ai marZiani, che però sono brave persone).

Il primo è che questo blog ha fatto dell'onestà intellettuale, della citazione delle fonti, della rivendicazione della propria non originalità, uno stile di vita, uno stile di didattica. Sapete benissimo che ho esordito dicendo che non mi ero inventato niente, e l'ho fatto, se volete, nemmeno per onestà, ma per tattica dialettica. Era importante infatti che in questo paese di rosiconi e di ignoranti, di maestrine e di teledipendenti, si sapesse che stavo semplicemente divulgando. Non era, di converso, fallacia ad auctoritatem, perché poi io passavo le ore a spiegarvi la logica sottostante agli argomenti dei Nobel (quando le loro parole non fossero state, come generalmente erano, drammaticamente chiare). Nel libro insisto sul fatto che il primo a dire che le cose non avrebbero funzionato è stato Meade nel 1957, e il primo a dire che la moneta unica avrebbe portato al disastro politico Kaldor, nel 1971. C'è da aggiungere altro? Chi dice di aver scoperto lui qualcosa negli anni zero è uno zero, è uno che copia la prima invenzione a due voci di Bach, e viene a dirci di aver inventato il contrappunto.

Idea che può venire solo a un dilettante che si rivolge a un pubblico di dilettanti.

Il secondo motivo è che in praticamente tutti questi casi potrei documentare (e in uno l'ho fatto) che prima di approdare su questo blog, e anche per un bel po' mentre lo frequentavano, i simpatici caimani non avevano capito assolutamente l'anima di una beneamata fava. Il lavoro che questo blog ha fatto con voi, lo ha fatto con loro, ma voi siete sereni e loro rosicano. Perché? Credo dipenda dal fatto che hanno perso la mia fiducia e la mia stima, e questo, quando è successo, è successo sempre e solo per uno o entrambi di questi due motivi: (1) la volonta di fare "ermovimentodarbasso", o (2) la volontà di mettere le terga al caldo. Siccome io ho una differente concezione del ruolo dell'intellettuale nella politica, e per me non voglio nessuna prebenda (in effetti non è vero, vorrei essere fatto vescovo in partibus di Betlemme, perché mi piacerebbe andare a vivere nella Nièvre), è chiaro che con queste persone eravamo su traiettorie divergenti e io vedrei più come un'opportunità che come un limite il fatto che esse si siano separate. Non mi avete appoggiato quando ero debole e avevate la mia fiducia, perché rosicate ora che sono forte e avete la mia sfiducia?

Del resto, rosicando così smaccatamente togliete forza alle vostre basse insinuazioni!

Il terzo motivo è ancora più dirimente, purtroppo. Ammettiamo che io sia invece un arrivista che sfruttando le idee altrui si è costruito una posizione. La cosa fa un po' ridere, perché questo blog non è "una posizione". È la zattera della Medusa, il rifugio di un pugno di disperati che si sono trovati qui, affratellati da una intuizione e dal sollievo di poterla condividere e supportare con dei dati. Siamo una nicchia di una nicchia di una nicchia. Siamo una minoranza nel web, che è una minoranza nel mondo delle persone istruite, che ha una intersezione quasi nulla col mondo delle persone intelligenti. E lì siamo noi. Altro che posizione! Ma attenzione: qui quello che conta non è il numero. La differenza la fa la qualità, e, se non ce la fate a vederlo da voi, ve lo spiegherò facendovi osservare l'evoluzione dei goofycompleanni.

E si arriva così al punto.

Esattamente come logica vorrebbe che per screditarmi bene sarebbe opportuno far vedere un po' di meno che si sta rosicando, sempre logica (questa sconosciuta) impone che a chi blatera: "l'ho detto prima io" si chieda: "e perché nessuno ti è stato a sentire?".

A quel punto la discussione è chiusa, per il semplice motivo che ci spiegava in modo tanto limpido Jaurès:

"Non si insegna quello che si vuole; dirò addirittura che non si insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è."

Ed è vero.

Il successo della mia divulgazione è stato il successo dell'artista, cioè di quello che è in grado di riconoscere che l'arte è essere semplicemente se stessi (e anche questa verità, come saprete, ci viene dalla Francia, dalla quale speriamo venga presto qualcos'altro). Io non vi ho insegnato cosa sapevo. Vi ho insegnato cosa sono, ed è questo, e solo questo, che vi ha tenuti qui e vi ha costretto a porvi delle domande. Quando si capisce, si capisce soli, come quando si muore. L'insegnante non ti versa nel cranio dei contenuti, la pappetta che ha preparato "prima lui" cinquant'anni dopo Meade. L'insegnante ti insegna a porti delle sfide e a trovare la tua strada. Per questo non è particolarmente necessario che abbia un metodo, né che "lo abbia detto prima lui", e nemmeno che stia dicendo la cosa etnicamente pura (vale per i marZiani). È invece essenziale che sia se stesso, e che quel se stesso non sia una nullità.

La conclusione, farsesca, è che in entrambi i casi, sia in quello in cui è vero, che in quello in cui è falso, quelli che dicono "l'avevo detto prima" qui in Italia, nel momento in cui constatiamo che non sono riusciti a insegnare nulla a nessuno, perché in tanti anni non hanno avuto nemmeno una frazione dei miei allievi, dobbiamo anche dolorosamente (o ilaremente) ammettere che ci stanno confessando di essere il nulla.

Non hanno insegnato nulla perché erano il nulla.

Detto in altre parole, se fosse vero (e comunque non lo è) che la differenza di questo blog non l'ha fatta lo spessore culturale di chi lo scriveva e di chi lo leggeva, sarebbe ahimè tanto più dolorosamente vero che la differenza l'avrebbe fatta lo spessore umano. Dal che consegue che nel momento in cui certe persone mi accusano di certe cose, in realtà, per mera logica, stanno in effetti denunciando il fallimento della loro esistenza, il che, a sua volta, spiega il cumulo di frustrazioni, il che, a sua volta, spiega il rosicamento.

A me spiace molto per loro, perché io non sono un caimano ma un uomo, dotato di un minimo sindacale di umanità. Se avete sbagliato tutto nella vita, se non avete un lavoro che vi piace, se la "carriera politica" alla quale tanto tenevate si è risolta in un nulla di fatto, se nemmeno quando di fronte a voi si apriva la prateria sterminata della menzogna del potere, il cui recinto, quello di un apparente benessere, veniva fatto crollare dalla crisi, che costringeva tutti a interrogarsi, se nemmeno in quel momento siete riusciti ad avere un seguito (e questo blog non è un seguito, sia perché io non ho seguaci ma lettori, sia perché non siamo un milione: siamo 3000), capisco che la cosa possa essere dolorosa, ma voi cercate di capire che cosa vi sta dicendo la Storia, e anche la storia, la vostra, di storia.

Vi sta dicendo che contate zero perché siete, ahimè, asintoticamente nulli.

Più passa il tempo, e più la Storia (e la storia) vi pialla sull'asse delle ascisse.

E allora perché tanta malvagità del banale? Alla fine, invertendo l'ordine dei fattori, il prodotto non cambia. La malvagità del banale, come la banalità del male, cooperano sempre a un progetto totalitario. Possono farlo direttamente (e quella è la banalità del male), ma anche indirettamente (e quella è la malvagità del banale). Tentare di screditare l'unico progetto intellettualmente onesto e scientificamente credibile di opposizione al potere che ci opprime è cosa che, se riuscisse (ma vedete alla voce: siete il nulla), oggettivamente coopererebbe con questo potere.

Ecco, cari banali malvagi, voi siete il nulla e quindi queste parole sono dette al vento. Le ho dette solo perché ad alcuni di voi ero affezionato, e mi spiace veramente vedervi perdere qualsiasi dignità. Sapete, io sono umano.

Nel mio essere umano, però, vi ribadisco che per me la malvagità del banale equivale alla banalità del male, e che vincerò io. Naturalmente non è una minaccia, ma una promessa. Visto che dite di volere quello che voglio io, spero che vi rassicuri. O no?










Post scriptum: da Marco Basilisco (che aveva citato inesattamente la frase di Jaurès in una nostra privata corrispondenza senza menzionare l'autore) ricevo:


Il 29/10/2014 09:43, Marco Basilisco ha scritto:
Mo' chiamo F. e G. e famo er partito:

"Bagnai ce rubba le idee".


e civilmente rispondo:

Pijatevela 'nder culo! Tu due volte, perché invece di darmi una mano hai passato l'estate a farti i cavoli tuoi!

cui segue replica:


Il 29/10/2014 09:58, Marco Basilisco ha scritto:

"Certi amori non finisconooooooooo,

fanno dei giri immensi e poi ritornanooooooooooooooooooo!!!!"

Antonello Venditti


Ecco: ora abbiamo citato anche Antonello, e la possiamo chiudere qui...

martedì 28 ottobre 2014

L'abbondanza frugare

(Twitter è una fogna, ma ogni tanto ci sono cose che ti riconciliano con l'esistenza...)




E questa, prodotta dall'ISTITUTO PUD€, la dedichiamo agli amici della decrescita, felice per le banche, un po' meno per chi è costretto a frugare nell'abbondanza dei cassonetti. Non hanno capito, porelli, che quello della decrescita è un frame scientificamente costruito dalle élite ordoliberiste del Nord per indurre i loro subalterni ad accettare con animo lieto mezzo secolo di repressione dei salari, che è cosa buona e giusta, come avrete capito, visto che è anche repressione dei consumi immorali e inquinanti. Le élite, come dice Alberto Montero Soler, che non vedo l'ora di incontrare al #goofy3, hanno dichiarato guerra alle leggi dell'economia, e quindi anche alla contabilità, e, come più volte abbiamo qui documentato, alla stessa logica. Fare del Pil un nemico, dimenticando che la riconversione energetica aumenta il Pil, è un chiaro esempio di lotta alla logica. Ma anche ieri sera non è andata male. Era tutto un "noi siamo troppo piccoli, uscire sarebbe una catastrofe, quindi dobbiamo minacciare la Germania per farle fare quello che vogliamo noi". Ma non siamo troppo piccoli per farci sentire? "Sì, ma nel popolo c'è un forte risentimento antitedesco, che noi europeisti dobbiamo mobilitare per salvare l'euro".

Ah, vabbe'... Si materializzava di fronte ai miei occhi una delle mie tante previsioni: la chiamata alle armi contro il tedesco per salvare la moneta del tedesco. Povero Aristotele, e poveri figli miei...

(non chiedetemi chi e dove perché non ve lo dico, tanto la pensano tutti così ovunque, non è importante il dato, e domani la penseranno tutti come noi...)

Riprendendo il filo, con noi è stato più facile. Per farci accettare tutto, non hanno nemmeno dovuto inventarsi un frame buonista. La soluzione era a portata di mano. Gli è bastato dirci: "Fate schifo", come spiego nel mio prossimo libro, e abbiamo accettato tutto.

(il prossimo libro ha sdoganato il "fate skifen" nella letteratura italiana: ne sono molto fiero...)

Vedete com'è bello riciclare?

Ieri ho incontrato un immondo vegliardo che ben meriterebbe di essere al posto di questo povero Cristo. Diceva: "Gli economisti non possono far niente, c'è il primato della politica!" E io, secco: "Bene, e allora tirateci fuori voi da questa merda!".

"Il primate della politica", l'ha soprannominato il professor Santarelli.

La povertà culturale e morale che ci circonda è, vi assicuro, più spaventosa della povertà materiale che questa foto documenta. I politici non sanno, e quelli vecchi non vogliono sapere: hanno paura di guardarsi allo specchio.

Ma ce la faremo.

sabato 25 ottobre 2014

La Scandinavia come fa...

...non c'è nessuno che lo sa, ma siccome sono biondi, i nostri Goebbels probabilmente verranno a dirci che sono stati virtuosi e (va da sé) non hanno svalutato. Vediamolo rapidamente. Intanto, questo è il tasso di crescita annuale di Danimarca, Norvegia e Svezia dallo scoppio della crisi ad oggi:


Dunque: andava tutto bene, arriva la crisi, la legnata la prendono tutti, ma la Norvegia di meno. D'altra parte, ha il petrolio. Poi nel 2009 rimbalzano tutti, ma la Svezia di più, e anche questo è normale: sono più biondi. Il "double dip" tocca solo alla Danimarca (nel 2012) e anche qui la spiegazione tecnica sarà che sono un po' meno biondi.

Oppure?

Oppure il tasso di cambio, qui in corone per euro:


e qui in numero indice:


La Danimarca, porella, sta attaccata alla Germagna, e ha rispettato il peg (cioè l'aggancio valutario) della sua corona con l'euro. Risultato: il double dip, ma anche un bel discorZetto sul welfare molto simile a quello che ci siamo sentiti far noi (i falsi invalidi, 'a coruzzione, la durezza del vivere, ecc.).

Svezia e Norvegia se ne sono battute il belino e hanno reagito agli shock come si reagisce agli shock, cioè lasciando adeguare il valore della propria valuta (meno domandata) secondo le leggi di mercato, sotto il controllo accorto delle banche centrali. Il loro cambio ha ceduto mentre l'economia mondiale cedeva, e si è ripreso mentre l'economia si riprendeva (e sta cedendo di nuovo ora che la Germania si sta suicidando).

Mi sembra tutto molto logico.

Poi, ovviamente, qualche gramo Goebbels verrà a dirci che la Svezia sta bene perché dal 2009 ha rivalutato. Certo. Intanto dall'agosto 2008 al marzo 2009, in risposta allo shock, la Svezia ha svalutato del 20% (tanto serviva a lei, e tanto servirebbe a noi). Risultato? Un tasso di crescita al 6% (a noi non andrebbe ugualmente bene, sia chiaro). E l'inflazzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzione?


Già, dimenticavo che voi siete fuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuurbi, e avete imparato a non fidarvi di Bagnai che trucca i dati per propalare le sue strane tesi. Mannaggia, mi avete beccato. Eccola:


Come vedete, in media è stata più alta in Svezia, paese che ha svalutato di più.

Eh, come? Più bassa?

Sì, in effetti è stata mediamente più bassa in Svezia, paese che ha svalutato di più.

Ma non sarà che c'è qualcosa che non torna nel discorso che i giornalisti cialtroni, assassini della nostra democrazia e nemici del nostro paese e del nostro benessere, ci ripetono dai loro giornali? Mi riferisco ai soli cialtroni, va da sé. Ognuno di noi ha una sua stima di quale sia la loro percentuale all'interno di quella nobile carriera, per la quale vale la regola che vale per tutte le altre: o si purga da sola delle proprie mele marce, o saranno queste a corrompere, almeno agli occhi dei cittadini, l'intero cesto.

Dopo di che qualcuno comincerà a chiedersi se per farsi insultare e prendere in giro da dei dilettanti è anche necessario sovvenzionarli con soldi pubblici, e a quel punto ci saranno tante terre da dissodare che finalmente riceveranno il necessario input di fattore lavoro.

Ricordatevi: la rigidità del cambio non dipende dal colore dei capelli.

Come del resto nessun'altra rigidità

Provare per credere.



(con un grazie a Federico Nero che mi ha dato l'idea di andare a vedere, mentre ce ne tornavamo da Orvieto...)

giovedì 23 ottobre 2014

Appello di un economista

Al presidente della repubblica di Vanuatu



Gentile presidente,

Ci aspettiamo che il governo della Repubblica di Vanuatu capisca la gravità del momento e non si accontenti di negoziare deroghe, ma proponga con forza un momento di verità chiedendo la convocazione di una conferenza per una nuova dietologia in Oceania. I temi fondamentali di discussione su cui costruire un nuovo accordo dovrebbero essere i seguenti:

1) la stesura di un libro nel quale civilmente confuto (insomma, quasi civilmente...) gli argomenti di alcuni miei colleghi mi ha causato un sovrappeso di circa sei chili;

2) è assolutamente indispensabile, per il mio benessere, di io me economista italiano "de sinistra", che io trovi meno cibo in giro per casa e che io me (ego) abbia più tempo libero a disposizione e possa pensare ad altro;

3) il suo governo deve pertanto convocare una nuova Bretton Chi? in Oceania articolando il dibattito su due assi portanti, indispensabili per risolvere il problema della mia eccedenza alimentare:

3.a) i paesi dell'Oceania devono lanciare un massiccio piano di acquisto di formaggi e salumi italiani e francesi, tale da assorbirne l'eccedenza, alzandone il prezzo a un punto tale che io non possa permettermeli finché l'editore non mi pagherà (cioè, come da prassi, mai);

3.b) per contemperare questa misura, i paesi dell'Oceania dovrebbero imporre ai propri cittadini una Cholesterine tax in misura pari a 1 centesimo di dollaro per grammo di colesterolo assunto.

4) il gettito della Cholesterine tax andrebbe utilizzato per armare un cutter che dovrebbe essere messo a mia completa disposizione, con un equipaggio di due marinai, nel porto di Port Vila, a partire dal mese di marzo 2015 (perché prima io me ho le sedute di laurea, quindi fate con comodo).

5) i governi dell'Oceania dovrebbero adottare un nuovo progetto di unione monetaria basato sul Bagnai standard, in virtù del quale la moneta stampata con la mia stampante inkjet sia accettata con potere liberatorio immediato da qualsiasi mia obbligazione mentre giro per i vari arcipelaghi facendo il cazzo che mi pare.

6) in subordine, il governo di Vanuatu dovrebbe provvedermi di una adeguata scorta di cartucce di inchiostro verde.

Sono certo che, conscio della gravità del momento, lei leggerà e comprenderà questo appello, che è scritto in italiano perché l'ho scritto io me, anche se non lo traduco in inglese o in bislama, e darà pronta e completa attuazione al suo dispositivo, riuscendo nel compito di costruire e indirizzare un consenso politico fra i 22 stati sovrani dell'Oceania. Dell'Australia non si dia troppo cruccio: sono sicuro che la ascolterà, esattamente come la Germania ascolta Renzi, e come gli Usa hanno ascoltato Zhou Xiaochuan (uno de' passaggio, che infatti poi ha deciso di fargli il culo e forse ci riesce).

Comunque, nel dubbio, io vado in palestra, ma lei si dia da fare, mi raccomando: il mio sovrappeso è un problema di importanza globale, anzi, galattica. Mi auguro che lei voglia passare alla SStoria risolvendolo.







(sì, lo so, è lievemente più assurdo, però è più probabile che venga ascoltato, e comunque fa meno ridere... )

(dice: dovresti fare una confutazione seria, sarebbe più professionale! No, amici, dall'appello dei trecientoquaranta in poi io mi chiamo fuori: la mia professione da ieri è lo scrittore, quindi questa confutazione è abbastanza professionale. Ci hanno lasciato solo l'intelligenza, l'ironia e le mutande, e queste ultime stanno per togliercele. Quindi non vedo cosa altro potrei fare...)







mercoledì 22 ottobre 2014

Trecientoquaranta

(ricevo da un anonimo)

Dibattito alla Camera sulla legge di stabilità, alla radio, in macchina.

Tutti i piddini e i parapiddini citano il documento dei 340 con raffinati toni elegiaci.

I contenuti, le espressioni, le pause (e talora l'assenza degli opportuni congiuntivi) certificano la complicità di oratori ed economisti nell'orgia della menzogna.

La sinistra italiana è composta da servi e criminali in misura maggiore della destra.

Ne prendo dolorosamente atto.





(ma è così grave? Mi toccherà leggerlo...)

La staffetta del debito (2) (a stix77)

(post ad personam, gli altri per favore non lo leggano, altrimenti il libro non lo vendo, è tutto nel grafico che segue. Oppure leggetelo, è più di un anno che vi dico 'sta roba, ma evidentemente sto cercando di farla entrare dalla parte sbagliata. Ci pensa Angela a passare da quella giusta...)


stix77 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La staffetta del debito":

prof, ci starebbe bene anche la somma dei debiti, così per vedere dove il debito totale cala.
è un caso che il debito totale cala quando la quota salario era alta negli anni 70?

poi vedo come per magia che il debito totale cala in quella finestra di tempo dove ci fu la rottura dello sme..
Postato da stix77 in Goofynomics alle 21 ottobre 2014 12:17


...altra risposta non ti rendo
se non lo far, che la dimanda onesta
si dee seguir con l'opera tacendo.


In color melanzana la quota salari (come da prassi), misurata sulla scala di destra.

Le fonti dei dati sul debito sono nel post precedente, la quota salari viene dalla sezione 7.6 di AMECO.

(Addendum del 28 ottobre: A proposito: come mai una variabile concettualmente e contabilmente così banale vi dà tanti mali di pancia? Capisco che qualche collega non capisca che essa corrisponde algebricamente al rapporto fra salari unitari e produttività media del lavoro (bisogna fare una divisione per capirlo), ma voi, che del reddito generato da un'impresa, una parte va ai lavoratori e una agli imprenditori, veramente non lo capite? Quota significa percentuale, parte, fetta di torta. Ma che minchia vi è preso nella discussione qua sotto?)

Si apra la discussione...


(commento solo un dettaglio: sapete quei cazzari quegli intellettuali biologici organici che pensano che nel 1992 la quota salari sia scesa per via della svalutazione? Solo un controesempio: se ci fate caso, è vero che fra 1992 e 1997 la quota perde 5 punti, ma è pure vero che fra 1997 e 1999 - con liretta rivalutata e percorso verso l'euro - ne perde altri 3. Lo sentite anche voi uno spiacevole stridore di unghie sugli specchi? Se vogliamo fare un discorso serio, facciamolo. Ma per favore, basta dire che la quota salari dipende solo dal cambio, soprattutto in un sistema nel quale il cambio è utilizzato per creare crisi che, in perfetta logica da shock economy, permettono alle élite di invocare le famose riforme col consenso dei subalterni. La scala mobile fu abrogata nel luglio del 1992 perché il cambio praticamente fisso aveva messo in ginocchio l'Italia e i quotidiani titolavano "Fate presto!". Ricorda niente? Ecco. Chi antepone il proprio narcisismo alla salvezza del paese in questo momento suscita in me serie perplessità. Può capitare di sapere quale sia il problema ma di non poterlo ammettere. Non giudico. Ma non venitemi a rompere i coglioni travisando quello che dico, perché non vi conviene).



Ri-comunicazione di servizzzzio: mi dicono dalla regia che i librai il libro lo prenotano sei mesi prima (e allora ditemelo!), però se voi andate a pittimarli possono aumentare il numero delle copie eventualmente ordinate. Agli eventuali librai in sala ricordo l'ISBN. Mi dicono anche che sarà dappertutto, che non ci saranno problemi, ecc., però questa storia l'abbiamo già sentita tutti e quindi non ci fa più ridere. Better safe than sorry. Poi, fate voi.

Quando al #goofy3, oggi Stefano Feltri (da voi persistentemente e ingiustamente calunniato) gli ha dedicato uno spazio sul FQ (trovate anche un mio articolo sul miracolo tedesco), e rimangono 43 posti che smaltiremo abbastanza rapidamente. Io, sinceramente, se siete d'accordo, lo sbattimento di aprire una coda di prenotazione lo eviterei, tanto mi sembra che voi ci abbiate già pensato, il #goofy è innanzitutto la nostra festa, gli altri sono graditi (ovviamente), ma, come dire: in 500 siamo già abbastanza, e se ci siete voi a me basta così! Poi quando famoerpartitoantieuro ci preoccuperemo di affittare l'adiacente palazzetto dello sport (ma potremmo anche fare un torneo di pallavolo, per dire...).

martedì 21 ottobre 2014

La staffetta del debito

Qui il debito pubblico, qui il debito privato (inteso come credito erogato al settore privato non finanziario), e questi i dati per l'Italia.


La corsa del debito è una staffetta, come vedete. A partire dagli anni '80, prima decolla il debito pubblico, poi si ferma, e parte quello privato, che con la crisi si ferma, mentre riparte quello pubblico. È stato così un po' dappertutto, come vedremo presto insieme (mi dicono dal 27 novembre). Certo che prima di diventare "ladro", negli anni '80 lo Stato aveva fatto comodo a molti. Vorranno ammetterlo? O faranno il solito gioco, quello della Germagna, quello per cui finché gli altri si indebitano, è merito tuo se vendi tanti prodotti, e quando il debito diventa troppo, è colpa loro se non riescono a ripagarlo?

Ecco, il problema sta tutto qui, nel provare a far ragionare le persone.

Ma è un problema nostro?

lunedì 20 ottobre 2014

Comunicazzioni di servizzio

Per evitare che restiate delusi:

1) I biglietti per il #goofy3 erano 500 e sono 86. Se dovessimo far posto per qualche invitato, rischiate di restare fuori. Ve lo dico prima, perché purtroppo (per colpa mia, che ho avuto da scrivere e mi son mosso tardi), non credo sia possibile aprire una lista d'attesa per ampliare la sala. Se lo facessimo, poi dovremmo avere almeno 150 prenotazioni per rientrare dei costi, e purtroppo non credo ci siano i tempi tecnici per averne così tante (oppure dovremmo caricare un sovrapprezzo sul biglietto, e mi dispiacerebbe). Ergo, a voi che siete di famiglia lo dico prima. Da questa settimana cominceremo a dirlo sui giornali, e sarà qual che Dio vorrà.

2) Anche se questa volta si sa con chi si ha a che fare, e quindi si dovrebbero evitare gli psicodrammi di due anni or sono, onde evitare che le bieche multinazionali come Amazon si arricchiscano, vi suggerirei di andare a fare un discorsetto col povero libraio indipendente, così libero, così nobile, ma anche così farlocco, perché da lui il mio libro l'altra volta mediamente non lo avete trovato. Potete stampare questa paginetta e fissargli in fronte con una sparachiodi le mie alate parole: "Caro libraio indipendente, dei libri del Bagnai tanti ne prenoti e tanti ne vendi, e se la volta scorsa non li vendesti, è solo perché non li avevi prenotati e chi te li chiedeva non li trovava. Quindi questa volta datti una regolata, che Natale è vicino, e non solo Natale: le politiche, le prime grezze di Renzi, ecc." Il libro, a quanto mi consta, è prenotabile. Se andate in libreria e lo prenotate massicciamente, le cose andranno in un certo modo. Altrimenti andranno in un altro. Fate un po' una prova e raccontatemi cosa vi dicono i poveri librai.

Se questa volta capiranno con chi hanno a che fare, staremo tutti meglio. Altrimenti, starà meglio Amazon (ma non ditemi che non ve l'avevo detto).

Grazie per l'attenzione.

Stiamo lavorando per voi.


Addendum per gli addetti ai lavori (c'è l'ISBN).
 

domenica 19 ottobre 2014

Piccolo manuale di logica eurista (altro addendum)

E così il referendum contro l'autteità biutta biutta attiva ueee, biutta Mekkel, è tutta oppa tua, dei nostri validi, ha fatto la fine che meritava, consegnato alla pattumiera della Storia. Non poteva essere diversamente, perché, come in più conversazioni su Twitter (e anche su questo blog) avevano confessato i suoi proponenti, non si trattava di un referendum contro l'austerità, ma di un referendum pro euro. Il referendum della vecchia troika, CGIL-CISL-UIL, quella che ha fatto questo bel capolavoro con la quota salari italiana:



(ah, ma naturalmente per lottare contro l'inflazione che è la più iniqua delle imposte, come diceva il tovarich Einaudi, e oggi il tovarich Ferrero - aridatece Bismarck!), il referendum della vecchia troika, dicevo, non poteva che essere strutturalmente consustanziale agli intendimenti della nuova troika: proseguire nel disegno di integrazione monetaria e finanziaria che è disintegrazione del lavoro e dei diritti.

Ma le nostalgie sovietiche dei promotori andavano, purtroppo per loro, contromano rispetto alla Storia, che ci mostra come la tendenza sia verso l'adozione generalizzata della flessibilità del cambio nel regolamento degli scambi internazionali, e, soprattutto, urtavano contro la logica. Sì, questo referendum era il più chiaro esempio di quanto Alberto Montero Soler ci disse l'anno scorso, al goofy2 (a proposito: ricordatevi che fra 10 giorni la biglietteria del goofy3 chiude, e Alberto ci sarà): le élite europee hanno dichiarato guerra alla logica economica.

Ve lo dimostro, ora che ci siamo lasciati dietro le spalle questa farsa (ma già all'orizzonte vedo apparire il prossimo accorato appello), in guisa di addendum al piccolo manuale di logica eurista, le cui puntate precedenti sono qui, qui e qui.

Allora:

1) dobbiamo fare un referendum contro l'austerità che sta distruggendo l'Europa, per salvare l'euro, cioè quella cosa la cui esistenza ci impone di fare austerità per rispondere a uno shock esterno

(e lo ha confessato chi l'ha fatta).

2) dobbiamo salvare l'euro per salvare il mercato unico, ma per salvare l'euro sospendiamo il mercato unico.

Infatti, siccome per salvare l'euro (o era l'Europa?) dobbiamo lottare contro l'austerità, cioè espandere la domanda aggregata via spesa pubblica, l'espansione del reddito ci manderebbe in deficit di bilancia dei pagamenti perché ripartirebbero le importazioni piallate da Monti. Ma noi allora facciamo tante belle politichedisostituzionedelleimportazioni (come diceva non so più quale millantatore di conoscenze economiche), ovvero rivolgiamo, in violazione di ogni e qualsiasi regola del mercato unico europeo, l'intervento espansivo solo alle imprese italiane (abolendo le gare europee richieste anche per comprare un rotolo di carta igienica). Quindi la sospensione del mercato unico ci permetterà di salvare la moneta che serve a salvare il mercato unico. Una logica fantastica, e anche una ignoranza fenomenale di cosa sia il moltiplicatore keynesiano.


Noi andavam con li diece espertoni
Ahi trista economia! Ma nella chiesa
coi santi, e in facoltà coi buffoni


Povera economia: da liberisti per forza negli anni '80, a keynesiani per caso negli anni '10; da Marx nel XIX secolo, ai fratelli Marx nel XXI...

Come scrivo nel mio prossimo libro, se gli austeriani hanno tolto alla mia scienza la credibilità, gli appellisti le hanno tolto la dignità.

Spero di reincarnarmi in una forma di vita superiore: se mi va di lusso, rinasco anfiosso...


(sì, certo, Bagnai sei troppo cattivo, devi essere ecumenico, in fondo quelli che ne sapevano, so' sindacalisti, giuristi, qualche cariatide politica... Ma porco di un demonio: quante persone sono morte, e quante aziende hanno chiuso, mentre il simpatico promotore andava in giro a raccogliere firme testardo come un mulo, diceva lui, parole sue, dimenticando l'ovvia rima? Nel frattempo noi non siamo stati a giocare a boccette, ma di questo parleremo la prossima volta. Provo un profondo sdegno, e, vi assicuro, meglio sfogarsi col sarcasmo. Li sciacquerà la pioggia ed è bene che non ne resti traccia quando tutto sarà finito, perché potremmo anche ricordarci di quanto tempo ci hanno fatto perdere e di quanto sleale sia stata la loro dialettica...)

(ah, sono i miei primi tentativi nel genere letterario dell'epicedio, non garantisco la qualità, quindi, se non vi fosse piaciuto, potete sintetizzarlo così)

Salvare il mondo...

Quattro lettere di editor. Uno incazzato perché sono in ritardo con un referaggio; uno che mi comunica un'accettazione; uno che mi comunica una richiesta di major revisions, che poi sarebbero mettere più riferimenti al suo giornale in bibliografia; uno che mi chiede perché ci sono state poche submissions a un numero del quale sono guest editor (quindi poi mi tocca scrivere a tutti gli autori). Poi la relazione triennale sull'attività scientifica e didattica. Poi i comunicati stampa per il goofy3. Poi la prima lezione di economia applicata a Uga: "La professoressa mi ha detto che tu sei nel tre". Io: "Cioè nel terziario?". Nel suo libro c'è un bell'esempio dove l'allevamento fa il 25% del Pil e l'industria il 15%. Neanche al tempo dei Neanderthal... Allora scarico i dati Istat e la metto davanti a Excel: clicca questo, fai quest'altro, ti piace?, cambiamo i colori, ecc. Dice: "Ma tu sei scrittore?" "Sì" "Allora sei nel terziario?" "Sì" "Allora siamo ricchi!" (perché il terziario fa i tre quarti del valore aggiunto, nella bella torta che le ho insegnato a fare): "No, nel terziario ci sono anche le banche...".

Poi il libro: me lo son scritto, me lo devo anche leggere...

Ma per fortuna è arrivato Christian e mi ha fatto vedere a che punto siamo col modello. Me so' rifatto l'occhi. E fra un paio di giorni ve li rifate pure voi.

sabato 18 ottobre 2014

La domanda

Sto tornando dal Ticino, dove a Lugano ho parlato di quello che immaginate in un dialogo con Marcello Foa, in coda all'Assemblea generale della Camera di commercio del cantone, dialogo interrotto dall'arrivo del consigliere federale Sommaruga (ubi maior). L'ultima volta in Ticino c'ero arrivato a piedi, dai Grigioni, scendendo su Blenio dopo aver scavallato da Nord il passo della Greina. Sed haec prius fuere.

La domanda è: possibile mai che io debba arrivare fino a qui per vedere un politico che, preso atto di una decisione dei suoi concittadini contraria alle sue preferenze, fa autocritica ed espone come intende gestirla, esprimendo rispetto per la volontà popolare, anziché avventurarsi in indecorose invettive o in incomprensibili supercazzole? Ed è mai possibile che io debba arrivare fino a qui per sentirmi dire che gli italiani hanno voglia di lavorare e lo fanno bene, che la loro classe imprenditoriale è di primo ordine, che la loro manodopera è estremamente qualificata?

Che dite: sono gentili gli svizzeri, o sono traditori i nostri politici e i nostri giornalisti?

La risposta soffia nel vento della SStoria.

Io comincio ad averne piene le tasche.

E voi?




(torno ad elaborare la relazione sui mio ultimo triennio di attività, che poi manderò in pdf ai pori cojoni per i quali "Bagnai non è peer reviewed". Non sono peerl reviewed, nel senso che non accetto che il primo pirla cialtrone che passa si esprima sulla qualità della mia ricerca, senza saper nemmeno distinguere un articolo su rivista da un capitolo di monografia. Anche qui, occhio, perché sto perdendo la pazienza. Quasi quasi scrivo all'avvocato. Vorreste un po' di sangue, ad esempio di sangue alamanno? Faccio decidere a voi...)

(ovviamente c'era anche un renziano. Ho rinunciato a spiegargli perché era fuori tempo massimo. E adesso aspettiamo la procedura per excessive deficit...)

venerdì 17 ottobre 2014

Umiltà, vanità e modestia for dummies

Fra le tante supercazzole che ricevo, oggi mi pregio di sottoporre alla vostra riverita attenzione la seguente:

Stacchiuccio ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il pensionato":

La vittoria della vanità non è la modestia, tanto meno l’umiltà, è piuttosto il suo eccesso. (J. Saramago)
Egr. Prof. Bagnai,
Le scrivo perché sappia che dal punto di vista strettamente tecnico, pur non possedendo le sue competenze scientifiche, posso ragionevolmente ritenere che le sue argomentazioni siano esatte in punta di “quazzioni” (scienza). Per la coscienza il ragionamento trascende le finalità prettamente scientifiche.
Nel contempo, non posso sottacere un certo cruccio, nel leggere post, con cui nella migliore delle ipotesi dileggia chi non la pensa come lei o semplicemente chi non ha compreso concetti economici.
Non è che il fatto di possedere un ragionamento scientifico rigoroso ed esatto (per giunta ciò che è esatto scientificamente, a volte può non esserlo socialmente) la può fare urlare ad “fatwa” contro la moneta unica.
Non è che l’esperto di cointegrazione è solo colui che riesce “stretto stretto” a prevedere dove stiamo andando, (per quello c’è J. Tinbergen e Granger) ma a dare spiegazioni sul perché si arriva ad entrare in un bar. (vedasi noto esempio su cointegrazione)
Non è che l’economia è una scienza di soli numeri, grafici (magari con unità di misura) e politici, della serie, qui Houston ecco a voi la Terra non promessa o diversamente promessa.
Mi permetto di dirglielo solo perché le sue eccellenti doti scientifiche potrebbero essere adombrate da quelle comunicative di tipo categorico (io sono io e voi non siete un kaiser) che se, stocasticamente, dovessero fare il paio tra loro,…….
Insomma, Prof, per quanto esatte possano essere le sue analisi scientifiche, tenga a mente che “la modestia è per il merito quello che sono le ombre per le figure di un quadro: gli da forza p rilievo (Jean de la Bruyere)”.
Con stima



Dite la verità, non è geniale? Uno che mi esorta alla modestia mentre mi fa la lezioncina su cosa sia l'economia! Va anche detto che Tinbergen con la cointegrazione c'entra pochino (aveva 84 anni quando usci l'articolo di Engle e Granger), quindi una googlata più approfondita sarebbe stata apprezzata, come pure qualche congiuntivo, ma questi son dettagli.

Vedo che urge un ripasso, e mi accingo a fornirvelo. Have fun.



Le conferme
Questi tre anni di divulgazione, attività che ha comportato per me l’abbandono della torre d’avorio, despicere unde queas alios, e la necessità di confrontarmi con i miei cosiddetti simili, mi hanno riconciliato con la mia professione, della quale sinceramente non riuscivo a vedere l’interesse, e con l’umanità. Le due cose sono andate di pari passo: da voi ho imparato tanti fatti e anche qualche teoria economica, ma questo blog, per me come per voi, è stato soprattutto il luogo nel quale abbiamo scoperto di non essere soli. Lo abbiamo scoperto in un momento nel quale per molti di noi (almeno per me) era fondamentale scoprirlo, quando stavamo per cedere allo sconforto, presi nel vortice di una crisi che entrava a vele spiegate nel suo terzo anno, mentre intorno a noi i piddini, in un accesso orgiastico di conformismo, celebravano la non soluzione di un non problema: la rimozione dell’hostis humani generis, il Berlu, cioè di quello che non poteva essere, per una serie di motivi buoni o cattivi, il liquidatore degli interessi del capitale internazionale, e che comunque non poteva nemmeno essere rimosso sic et simpliciter (cosa ampiamente dimostrata a posteriori dal fatto che la prima cosa fatta dal “vuoto che avanza” - ©Fusaro – è stata stringerci un patto – se poi sia stato leonino o pecorino ce lo dirà la SStoria).

Oh, l’espressione dei piddini indottrinati da trent’anni di reductio ad Berlusconem il giorno dopo il patto fra Renzi e Berlusconi! Ci sono cose per le quali vale la pena di vivere, e questa è stata una. Ma senz’altro conoscere voi, darmi e darvi la possibilità di sapere che non eravamo soli su questa Terra (dove c’è grosso crisi...), è stata una cosa ancora più importante.

Oltre a questa piacevole sorpresa, in questi tre anni l’umanità mi ha riservato anche alcune sgradite conferme, e di queste oggi parliamo.

Ho sempre istintivamente diffidato di due tipi di persone: di quelle che fanno troppi complimenti, e di quelle che ostentano troppa modestia. E avevo ragione. Del resto, si sa, est modus in rebus...

tupermeseiunfratello.com
(Antonio Triolo freundlich gewidmet, und lass es dem Mao Tsetung lesen...)

Sai le persone che “tu per me sei un amico, sei un fratello, sei il numero uno, noi per sempre insieme, io non farò nulla se prima non ne avrò parlato con te, perché tu sei il numero uno, tu sei un fratello, tu per me sei un amico”? Vi è mai capitato di incontrarne una? Bene, se vi è capitato, avrete anche notato che di norma queste persone, dopo aver sollecitato insistentemente, collosamente, il vostro consiglio e il vostro parere, perché voi “siete i migliori, i numeri uno, siete come dei fratelli ecc.”, dopo aver usato e abusato del vostro tempo come de re sua, dopo avervi fatto esercitare nella sgradevole arte del consiglio richiesto (perché su, diciamocelo, siamo tutti umani: il vero consiglio, quello che fa veramente piacere dare, è quello non richiesto, soprattutto se postumo), dopo insomma che voi, “i numeri uno, i fratelli, er mejo amico mio”, avete investito tempo nel cercare, bona fide, di lambiccarvi il cervello per venire incontro alle esigenze del colloso ammiratore, e gli avete dato quello che a giudizio vostro e altrui sembra il consiglio più naturale, la linea di condotta più diretta per raggiungere l’obiettivo, insomma: dopo tutta questa colossale perdita di tempo, i complimentatori compulsivi invariantemente faranno il cazzo che gli passa per la testa, che infallantemente è ortogonale rispetto a quanto voi e il Buon Senso gli avrete suggerito, il che se va bene danneggia solo loro, ma molto spesso anche voi.

A me è successo, più di una volta.

Già saprete che detesto il telefono, ritenendo prova della sua invenzione da parte di un italiano il fatto che esso sia lo strumento privilegiato dei rompicoglioni. E questo amico continuava a telefonarmi a tutte le ore: “Arbe’, tu pe’ mme sei er numero uno, senti, sto in riserva, devo da riempi’ er serbatojo, damme un conZiglio te, che pe’ mme sei come un fratello: che cce metto ner serbatojo: benza o succo de mirtilli?” E io, che nonostante le apparenze son persona di buon cuore, argomentavo: “Be’, non so quanti ottani abbia il succo di mirtillo, però fossi in te farei la cosa più ovvia: metterei benzina, come del resto avrai fatto l’ultima volta, perché altrimenti non staresti camminando...”. E lui: “No, ma io ‘o faccio solo si llo fai pure te co’ mme, perché noi dovemo da fa sempre tutto inZieme, perché pe’ mme sei come un fratello, sei er numero uno, io faccio solo quello che me dichi tu...”. E io: “Ma guarda che per far benzina non è necessaria la compresenza. Esiste, fra i giovani maschi, il rito della pisciata in compresenza, ma noi non abbiamo più l’età, rischieremmo di farcela sui piedi. E poi, forse non te lo ricordi, ma io gioco in un altro campionato: vado a metano...”. E lui: “Vabbe’, ma allora dimme, che cce metto? Er succo de mirtillo? Perché tu pe’ mme sei come un fratello, sei er numero uno...”. E io, che ho fatto delle pazienza e dell’accondiscendenza uno stile di vita: “Guarda, secondo me dovresti rifornirti di benzina, la detonazione del succo di mirtillo è sicuramente inferiore a quella delle mie palle se la telefonata continua [ndr: il vantaggio di certa gente è che puoi dirgli qualsiasi cosa, tanto non capisce], però fai così: visto che io per te sono il numero uno, un fratello, il migliore, e che io ti ho già detto cosa dovresti fare, ma tu continui a chiedermelo, evidentemente non ti fidi di me, giusto? E allora fai così: vai dal benzinaio, che è sicuramente più esperto di me, e chiedi a lui. Io non mi offendo: sai, io sembro uno con tante certezze, ma ne ho una sola: quella di non essere il numero uno: al limite sono il numero quattro: prima ci sono il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo. Vabbe', diciamo che secondo alcune strane aritmetiche teologiche potrei essere il numero due, ma non entrerei in questo dibattito, mi accontento del quattro. Stammi bene e fammi sapere”. E lui: “No, ma io nun ce vado dar benzinaro si nun vieni puro te, perché noi dovemo da fa’ squadra, perché tu sei er numero uno, ma solo inZieme potemo da vince sta battaja...

[Uga guarda incuriosita lo schermo per capire come mai mi tronco di risate scrivendo. Piccola topolina di babbo: “Vai così veloce con quelle mani che non si vede nemmeno cosa stai scrivendo...”. Amore, babbo va veloce perché tu possa scegliere la tua andatura!]

...solo inZieme potemo da vince sta battaja, anche se tu ei er mijore, er numero uno.” E io: “Scusa, mi è entrata una bruschetta nell’occhio, ho il gomito che mi fa contatto con l’alluce, devo andare...”.

Quindici primi e zero secondi dopo: driiiin! “Dimmi!” “Senti, Arbe’, che mme veresti a prenne? ‘A maghina s’è fermata”. Dico: “Hai finito la benzina prima di arrivare dal distributore?”. Lui: “No, dar distributore ce so’ arivato, perché te sei come un fratello, sei er mijore, sei er nummero uno, e lui m’ha pure detto de mettece un po’ de bbenza”. Io: “So what?” Lui: “Ma io lo facevo solo si llo facevi pure tu”. E io: “Ma io lo faccio volentieri, se mi spieghi come far entrare benzina in una bombola di metano senza ritrovarsi a cavalcioni di un pioppo a cinquanta metri di distanza! E allora tu che hai fatto?”. E lui: “So annato ar bare, me so comprato quattro PET de Fanta da un litro e mezzo e ho messo sei litri de Fanta ner serbatojo, ma mmo ‘a maghina nun riparte. Li mortacci der benzinaro, deve da esse der PUDE”.

E allora uno dice: “Ma se tanto dovevi fare come cazzo ti pareva, almeno potevi non friggermi le orecchie con le tue scemenze? Il telefonino costa troppo poco, evidentemente...”.

iosonsoloun.org
Poi ci sono gli ostentatori di modestia.

In questo mondo c’è posto per tutti, no? O ce lo troviamo, o ce lo danno, ma alla fine ci siamo, e, una volta che ci siamo, da lì si parte per assolvere il nostro compito principale, che poi, in definitiva, è quello di morire (con maggiore o minore dignità). C’è posto per il leone e per la friganea, c’è posto per l’airone e per l’avocetta. Questa mattina ho incontrato il bagnino, scendendo in spiaggia: gli ho sorriso e l’ho salutato, lui mi ha sorriso e mi ha salutato. “Buongiorno!” “Buongiorno!”. As simple as that. Non: “Buongiorno!” “Io sono solo un bagnino, ma buongiorno!”. C’è posto per il bagnino e per il docente, c’è posto per tutti.

Ecco, dopo facciamocome.org forse è giunto il momento di attivare un secondo, più fondamentale generatore di supercazzole: iosonsoloun.org.

Immaginate di essere amici di un geometra: professione nobile, dalla quale nacque, come sappiamo, il cardine delle scienze statistiche, il teorema di Pitagora, padre di ogni metrica e quindi di ogni possibilità di misurare quanto i fatti distino dalle teorie. Bene. Esattamente come una delle persone più colte di questo blog è “solo” un operaio, e per di più extracomunitario (e mai mi ha fatto tanto bene guardare qualcuno nei suoi limpidi occhi), supponiamo che anche il vostro amico geometra abbia interessi culturali, e sia appassionato di architettura, per cui, accompagnandovi a spasso per Venezia, gli occorra di farvi notare qualche dettaglio che a voi, laici, era sfuggito. Ed esordisce: “Io son solo un geometra, ma...”. E voi pensate: “Accidenti, è interessante. Non lo avevo proprio notato, e poi è anche spiritoso, mi piace questa autoironia, questo understatement: io sono solo... quando invece si vede che ne sa tanto. Apprezzabile, in questo periodo di ego ipertrofici – Domine non sum dignus”.

Certo, quelli che parlano di “falsa modestia” perdono di vista il punto fondamentale. La modestia è falsa in re ipsa, perché è una virtù esteriore, che si esercita in relazione agli altri, per trasmettere loro un messaggio, per lo più falso (per il fatto stesso che c’è bisogno di trasmetterlo). Quanto è differente dall’umiltà, virtù interiore, che si sostanzia nel disciplinato confronto con se stessi, un confronto che agli altri è destinato a restare per lo più ignoto, e il cui oggetto non è trasmettere agli altri un messaggio, ma spingersi oltre i propri limiti: arrivare in fondo a una fuga di Bach, o a una maratona, o in cima a una montagna, o a pag. 150 del Takayama, o... Ma l’umiltà è come il coraggio: chi non ce l’ha non se lo può dare. La modestia se la può dare chiunque: basta dire “io sono solo un geometra...”.

Poi, magari, vi addentrate in una calle, e l’amico vi mostra la facciata di un palazzo, e “Io son solo un geometra, ma quella è una bifora”. E qui, se avete un minimo di orecchio musicale, cominciate a sentire una lieve stonatura. Capisco ostentare modestia nel dire qualcosa di originale, che aggiunga informazione: in questo caso l’understatement può avere un suo perché, una sua funzione retorica. Ma per dirti una cosa che tutti sanno e che non aggiunge niente, a che serve inserire “l’io son solo un...”? La domanda sorge spontanea: “che cazzo c’entra che tu sei solo un geometra? Anche lui è solo un gondoliere, ma sa pure lui che quella è una bifora...”.

Dopo di che magari passate davanti al cartellone di un concerto, programma nostrale (le “Quattro stagioni” di Vivaldi – non è una pizza), e l’amico “io son solo un geometra, ma se hai letto De La Notte saprai che la sospensione della tonalità è già palese in alcune opere per pianoforte di Liszt”. E a questo punto il “che cazzo c’entra” raddoppia: che cazzo c’entra che sei solo un geometra, e che cazzo c’entra la sospensione della tonalità con Vivaldi? E soprattutto il trattato di armonia l’ha scritto De La Motte, non De La Notte!

E lì vieni trafitto da un’intuizione fondamentale, anzi, due.

La prima è che l’amico non sa una beneamata fava di cosa stia dicendo: invasato dal demone della tuttologia, semplicemente defeca qualche indigerito contenuto ingollato orecchiando qua e là. La seconda è che la sua compulsiva ostentazione di modestia (“io son solo un...”) deriva da un semplice dato psicologico: l’amico, in realtà, ostenta modestia perché si sente molto, ma mooooolto, più fuuuuurbo di te, e di questo non puoi fargliene una colpa: è una strategia che gli detta il suo istinto di conservazione: è questo istinto a comandargli di sentirsi mooooolto fuuuuurbo, compensando questa granitica convinzione con una stucchevole e manieristica ostentazione di modestia, perché se non vuoi che il tuo io si sbricioli di fronte ai fallimenti (o meglio: a quelli che tu percepisci come tuoi fallimenti) in qualche modo devi reagire, e ci sono due modi di farlo: il primo è elaborare i propri fallimenti e passare oltre (come ho fatto io con la mia carriera musicale), il secondo è ostentarli, per dimostrare a se stessi e agli altri che non li si considera tali. Solo che la lingua, da che mondo è mondo, batte dove il dente duole, quando non batte dove il (omissis) ride. Quindi la seconda strategia è intrinsecamente fallace e foriera di ulteriori frustrazioni.

Le morali delle favole
Be’, ce ne sono tante, sparse qua e là.

Una è che falliti (o riusciti) si nasce. Chi ha avuto in sorte da madre Natura una personalità affettivamente equilibrata saprà convivere con i rovesci della fortuna e saprà tornare a contatto con la durezza del vivere (come auspicava Tommy) mantenendo il sorriso sulle labbra. Pensate un po’ se io dovessi rosicare! Ho compagni di corso che dirigono orchestre prestigiose all’estero, altri che sono senior economist alla Banca mondiale, o anche semplicemente sciacquini in Banca d’Italia (guadagnando almeno il doppio di me) e io ho solo una schifosa community dove se dico a una “andiamo a cena”, quella manco me risponne! (Scusa Nat, nun te lo volevo fa ppesa’...).

Sono assolutamente fallito come guru, come economista, e come musicista, ma questo non mi toglie il sorriso dalle labbra, e quando mi rivolgo ad altri non comincio col ripetere ritualmente “io son solo un guru ma...”! Fra i vari optional dei quali Matrigna mi assortì ce ne son due particolarmente utili: il nec pluribus impar e lo spirito di Linneo.

Mi so collocare, e sto bene dove sto.

La vita è troppo breve per rinunciare allo spirito del daje a ride.

Naturalmente, va da sé, diffidate di chi vi incensa: sta per tradirvi, spesso senza nemmeno rendersene conto. Diffidate anche di chi si cosparge il capo di cenere: sta per tradirvi, rendendosene perfettamente conto, e pensando di farlo per il vostro bene, perché lui è fuuuuuuuuuurbo, e quindi voi siete dei pori cojoni, anche se lui è “solo un geometra ma...”

E, infine, anche se apparentemente non c’entra con quanto precede, diffidate degli uomini che vi parlano del loro padre, e delle donne che vi parlano della loro madre. Qui, veramente, quale sia il modello sottostante lo ignoro. Sono sicuro che mi seguono fior di psicologi i quali sapranno spiegarcelo. Il mio ragionamento non è quindi deduttivo, ma induttivo. Ogni volta che un uomo esordì con “il mio babbo mi diceva che...” è stata catastrofe.


E ora, cari seguaci del guru fallito, mi avvio lieto e pensoso, verso il direttivo di a/simmetrie. La giornata è iniziata bene, per motivi che saprete a suo tempo, e finirà meglio.

Dieu et mon droit.