domenica 20 ottobre 2024

La crisi dei salari e la produttività

Sempre preparando il mio prossimo intervento, dopo aver riesumato il grafico del 2012 su salari e produttività:


tratto da Svalutazione e salari (ad usum piddini), sono andato a vedere se fosse possibile replicarlo con le versioni odierne delle relative base dati, e se altre basi dati evidenziassero il medesimo fatto stilizzato.

Nel 2012 lavoravo con il CD delle International Financial Statistics (IFS) era tutto molto più semplice (detto fra noi). Ora si fa tutto online accedendo a questa pagina, lentissima, i codici delle variabili sono cambiati, ma insomma, prendendo l'indice dei salari (wage index) e dividendolo per l'indice dei prezzi  al consumo (consumption price index all items) quello che viene fuori è questa roba qui:


Nota bene: qui si vedono molti più dati che nel grafico del 2012: si comincia dal 1950, anziché dal 1970, e si termina nel 2019, anziché nel 2009. Se restringiamo il grafico alla finestra considerata nel 2012 l'ultimo database IFS ci dà questa rappresentazione:


ovvero, a distanza di dodici anni i dati sono rimasti gli stessi (la storia non è stata riscritta, e di questi tempi non è poco): la tendenza crescente del salari si appiattisce nel 1981, l'elettrosalariogramma piatto parte negli anni '80, quando la produttività cresceva.

Per la produttività, all'epoca, avevo usato l'indice della produttività media del lavoro dell'OCSE. Sono sicuro che sia ancora da qualche parte nel loro sito, ma nel frattempo anche lì il CD non è più di moda, l'interfaccia è cambiata, e quindi mi sono rivolto a un altro database, AMECO, che fornisce il Pil per persona occupata (variabile RVGDE). Tuttavia, siccome vorrei portare evidenze coerenti, prodotte con basi di dati uniformi, prima della produttività ho cercato in AMECO una misura dei salari reali, per vedere se "si parlasse" con quella riportata dalle IFS. Questo anche perché i dati IFS terminano nel 2019, e a me interessa arrivare al 2024 (AMECO arriva al 2025 perché per default riporta la previsione per l'anno successivo). AMECO misura il salario reale con una variabile che si chiama Real compensation per employee (RWCDV) e usa come deflatore il deflatore del Pil anziché l'indice dei prezzi al consumo (a beneficio di chi sa la differenza). Per l'Italia, questa variabile si presenta così:


e stringendo al campione considerato nel post ad usum piddini (1970-2009) si presenta così:


La storia parzialmente coincide con quella che sapevamo dall'IFS: il trend dei salari reali si arresta nel 1981. Qui però vediamo una ripresa fra la metà e la fine degli anni '80, e poi l'arresto definitivo. Sarebbe interessante ragionare sul perché e il per come di queste differenze, ma il punto fondamentale che ci interessa, il fatto stilizzato che vogliamo portare a casa, è: questo arresto (con o senza eventuale ripresa) del salario reale è associato a (e quindi potenzialmente dipende da) un arresto (con o senza eventuale ripresa) della produttività?

La risposta è desolantemente la solita: no!


Fatta base 100 nel 1960, gli indicatori vanno avanti di conserva per due decenni, poi all'inizio degli anni '80 si appiattisce l'elettrosalariogramma, e alla fine dei '90 (altri vent'anni dopo) si appiattisce anche l'elettroproduttivigramma.

La stasi dei salari precede quella della produttività, indipendentemente dalle basi dati utilizzate per misurare questi due fenomeni.

Quanto mi fanno pena quelli che si indinniano perché in televisione e sui giornali sono state dette tante fregnacce sul COVID! Da quarant'anni ci mentono su una cosa leggermente prioritaria, perché non averla teoricamente uccide: il salario. Quelli che si stupiscono e si indinniano (sic) per menzogne di parecchi ordini di grandezza inferiori sinceramente mi fanno un po' pena. Quello che avete subito è figlio di quello che avete accettato e state accettando. Qui è da un po' di tempo che sconsigliamo di accettare dati (cioè menzogne) dagli sconosciuti, e quelle che abbiamo smascherato dovrebbero averci indotto a un sano scetticismo, così sano che a qualcuno è servito per restare sano.

Ma non parliamo di questo, anche se oggi a tavola se n'è parlato, perché tanto si va sempre a finire lì. Eppure, con buona pace di chi monta la panna (anche a fin di bene, per carità...), il grafico più importante, politicamente, resta quello che vi feci vedere nel 2012 e vi ho fatto rivedere qui. Tanto importante, quanto misconosciuto e incompreso. Ma questo, forse, è un bene, perché ha evitato che ci fosse un incentivo a riscrivere la storia: una storia che resta quella a distanza di decenni e che nella sua brutale semplicità smonta ictu oculi le tante cretinate che ci sentiamo dire sulla stasi della produttività  come "causa" della crisi salariale. Se lo fosse, il crollo della produttività non verrebbe dopo, ma prima. Invece viene dopo. Quindi le cose sono un po' più complicate di così, un po' più complicate dell'idea (giusta) che non puoi distribuire quello che non viene prodotto. In economia, ahimè, tutto dipende da tutto, e capita quindi anche che quanto produci dipenda da quanto distribuisci.

Ma di questo non parliamo stasera, altrimenti... al #goofy13 che vi racconto?

(...un grazie ai reduci e ai nuovi ingressi della colonna genovese che si sono trovati coinvolti in un cocktail di manager e consiglieri di amministrazione: ma la focaccia di Recco era buona, vedersi è stato piacevole e rinfrancante, e almeno avete visto uno spicchio di mondo che comunque esiste, ed è, e considera se stesso, rilevante. Rixi, peraltro, ha fatto un bellissimo discorso...)

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