domenica 18 maggio 2025

Come si calcolano iSalari™️ (parte seconda: i deflatori)

Proseguiamo la serie sul calcolo dei salari, soffermandoci su come tenere conto del loro potere d'acquisto, depurandoli per l'inflazione. Nella prima parte, che trovate qui, abbiamo spiegato la differenza fra redditi da lavoro dipendente (costo del lavoro) e retribuzioni (salari), abbiamo visto in quali basi dati è possibile trovare queste variabili, abbiamo spiegato in dettaglio il funzionamento del database dell'Eurostat, che è particolarmente utile perché consente (o dovrebbe consentire) confronti internazionali fra dati omogenei almeno fra Stati membri dell'Unione, e abbiamo anche fornito una prima stima dei salari depurati per l'effetto dell'inflazione, cioè dei salari reali, cioè, per dirla ancora in un altro modo, del potere d'acquisto dei salari.

Dato che il salario reale è W/P, dove W è il salario nominale e P l'indice dei prezzi, capirete che la scelta di quale indice usare non è banale, perché piccole variazioni del denominatore possono determinare significative variazioni del rapporto.

Gli indici di prezzo che si possono usare a questo proposito sono diversi e provenienti da diverse fonti. Una scelta piuttosto consueta è quella di utilizzare un indice dei prezzi al consumo, che sia l'IAPC  (Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo), cioè HICP (Harmonised Index of Consumer Prices), o il deflatore implicito dei consumi, o quello del Pil, ma non esiste un criterio unico e univoco, ed è per questo motivo che generalmente le fonti non riportano i salari in termini reali, lasciando al ricercatore la scelta di quale deflatore utilizzare.

Volendo usare l'HICP per deflazionare la serie trimestrale dei salari, cioè questi dati qui:


incontriamo però una prima difficoltà:


Nel database dell'Eurostat non ci sono dati trimestrali dell'HICP (in effetti, l'inflazione viene comunicata mensilmente), quindi per ottenere dati trimestrali occorre calcolarsi la media trimestrale dell'indice mensile. Non è difficile, si perde solo un pochino di tempo. Con le solite manovre arriviamo a questa schermata:

L'indice generale (All items) viene riportato dal 1996 con base dei prezzi 2015.

Se invece non si vogliono fare calcoli ulteriori, si possono prendere i deflatori del Pil come spiegato nel precedente post. Le tre misure aggregate di prezzo si presentano così:


e in questo grafico vedete almeno tre problemi.

Il primo è che l'HICP è significativamente più alto degli altri due indici. Questo un falso problema, derivante dal fatto che l'HICP è calcolato con riferimento al 2015 anziché al 2020. Possiamo ribasare l'indice, dividendolo per la media del 2020, ottenendo questo:


dove HICP e deflatore dei consumi hanno andamento più simile, ma l'HICP manifesta una certa stagionalità (il database non fornisce dati destagionalizzati, a quanto ho visto). Il vero problema però è il comportamento dei deflatori all'inizio del campione, che segnala una vera anomalia, questa:

Per capirci, fra il primo trimestre del 1996 e quello del 1997 i deflatori calcolati da Eurostat registrano un'inflazione tendenziale fra il 7.5% e l'8%. Inutile dire che all'epoca non si manifestò nulla di simile! Ovviamente, una crescita così rapida dei deflatori si traduce in uno schiacciamento della dinamica dei salari reali. Solo che questo dato non è plausibile.

Per verifica, ricorro alla fonte nazionale, l'ISTAT, che intanto ho imparato a usare. Per ottenere i deflatori di Pil e consumi ci conviene scaricare la contabilità nazionale trimestrale a prezzi correnti e costanti destagionalizzata e depurata per gli effetti di calendario (in modo da avere dati congruenti con quelli dei salari ricavati da Eurostat). Preciso che ovviamente potremmo lavorare anche solo su ISTAT, nel senso che, naturalmente, anche ISTAT riporta le retribuzioni lorde! Preferivo lavorare su EUROSTAT per essere già in un contesto che consentisse confronti internazionali, ma siccome i dati EUROSTAT dei deflatori per il 1996 sono visibilmente errati, uso ISTAT per fare una verifica.

Vorrei anche spiegarvi come funziona il sito dell'ISTAT, ma siccome oggi... non funziona (lavorare coi dati è un disastro...) questo tutorial passa alla prossima volta, e intanto vi faccio vedere come si presentano i dati (che ho scaricato la settimana scorsa).

Il confronto fra deflatori dei consumo è questo:


Quello dell'Istat sembra normale, quello dell'Eurostat parte in modo strano, e poi dal 1998 coincidono. Una cosa analoga succede con i deflatori del Pil:


dove è altresì evidente che quelli dell'Eurostat sono tarocchi. A questo punto, per toglierci una curiosità, andiamo a vedere dov'è il problema. I deflatori impliciti infatti sono il rapporto fra la serie (dei consumi, del Pil) a prezzi correnti e quella a prezzi costanti. Può essere utile vedere se nel database Eurostat è sbagliato l'uno o l'altro termine del rapporto, o entrambi!

La risposta è che nel database Eurostat, per non si sa quale motivo, sono sbagliati (sottostimati) i consumi nominali:

che partono da 143 anziché 150 miliardi!

Comunque, tirate le fila di questo lungo discorso, possiamo utilizzare per deflazionare i salari i due deflatori impliciti forniti da Istat (quello dei consumi e quello del Pil), che si presentano così:


Quindi, ad esempio, per ottenere il salario reale usando l'indice dei prezzi al consumo applicheremo una formula del tipo WR = W/(PC/100) (cioè normalizzeremo il deflatore dei consumi in modo che nell'anno base, il 2020, valga uno, e quindi in quell'anno salari nominali e reali coincidano). Si ottiene una roba simile:


La scelta del deflatore non fa un'enorme differenza se non alla fine della storia, dove, siccome il deflatore del Pil è cresciuto meno di quello dei consumi, i salari deflazionati col deflatore dei consumi calano di più di quelli deflazionati col deflatore del Pil. Calano di più, ma poi crescono di più!

Dal minimo raggiunto alla fine del 2022 i salari reali deflazionati con l'indice dei prezzi al consumo hanno recuperato il 7,8%. Attenzione, però: è aumentato il monte salari, ma sono anche aumentati i lavoratori. Dobbiamo fare un altro passo avanti, dividendo il monte salari per l'input di lavoro, e anche questo può essere calcolato in diversi modi: come persone occupate, come unità di lavoro equivalenti, o come ore lavorate.

Ma di questo parliamo un'altra volta, per oggi è tutto. Considerazioni sull'andamento della serie (e sulle relative responsabilità politiche) le faremo in fondo al percorso, anche se c'è poco da scoprire, considerato che, come ricorderete, ce lo dissero in faccia che cosa volevano fare...

10 commenti:


  1. Facendo zapping su YouTube, mi sono imbattuto in questo suo video. Se posso permettermi, ritengo che annunciare che i quesiti probabilmente non interesseranno molto gli elettori sia eccessivo. Penserei piuttosto a un mea culpa, considerando che sono consapevoli dei costi derivanti da certe modifiche (quarto quesito) e delle relative conseguenze.

    https://youtu.be/NZL5xScEM2E?si=Ow4cQR5pKZ2sVdkg

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  2. Il problema è la differenza tra salario lordo e salario netto. Per effetto del fiscal drag (erosione del valore reale sugli aumenti causata dalla progressività delle aliquote fiscali) il salario netto cresce meno di quello lordo. Nel corso degli anni l'effetto si amplifica, anche perché non vi è più stata una rivalutazione degli scaglioni sulla base dell'inflazione. Quando si parla di crescita del valore reale dei salari si tiene conto di questo aspetto?

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    1. Si, sono d'accordo, io la toglierei pure l'irpef brutta, cattiva e progressiva, lascerei solo la regressiva IVA. Ovviamente era ironia, macabra forse. Le aliquote progressive sono state pensate apposta per tentare di mantenere un equilibrio ragionevole nei redditi limitando la forbice tra quelli più bassi e quelli più alti. Poi, per come la potrei vedere io, sarei pure d'accordo a eliminarle le tasse: spesa pubblica a go go, scala mobile e tutto il mondo verrebbe poi invaso da merci italiane, uno scenario alla fine non propriamente sensato.

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    2. Tutto era il mio commento meno che un invito a togliere la progressività delle aliquote. Semplicemente facevo notare che non adeguando gli scaglioni all'inflazione abbiamo di fatto un aumento delle imposte nei confronti del ceto medio-basso, con inevitabile ripercussione sui consumi interni. Poi magari qualche governo sana solo in parte l'incoerenza sbandierando riduzioni di tasse che altro non sono che riduzione dei loro aumenti.

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    3. Non ho capito, per adeguarti alla inflazione vorresti modificare gli scaglioni irpef? Credo che debbano essere gli stipendi stessi a dover essere adeguati. Se poi l'operazione da fare dovesse essere la riduzione delle tasse per stimolare l'economia, sarei molto più d'accordo con la riduzione dell'IVA o altro. Credo infine che più che riduzione di tasse abbiamo bisogno di aumetare la spesa pubblica.

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    4. Prima bisogna adeguare gli stipendi lordi. Poi gli scaglioni e le detrazioni (come accadeva una volta quando c'era la scala mobile). Altrimenti può capitare che se adeguiamo all'inflazione solo lo stipendio lordo lo stipendio netto cresce solo del 70% dell'inflazione (ciò che capita ad esempio con le aliquote e detrazioni 2024 per un reddito di € 28.000). Questo significa che siamo stati presi in giro nel caso ci dicano che lo stipendio è stato adeguato all'inflazione. Per il lavoratori autonomi la situazione potrebbe essere anche peggiore e per i redditi più bassi la "flax tax" potrebbe in realtà farci pagare più imposte. Possibile che l'onorevole, così attento alle esigenze dei più deboli non ve lo abbia spiegato?

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  3. Devo ancora provarci ma, così su due piedi, "Possiamo ribasare l'indice, dividendolo per la media del 2020", non credo di essere sicuro di come si fa. Potrebbe spiegarmelo con un esempio?

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    1. Se hai una serie temporale annuale che va, esempio, dal 1996 al 2024 e che è espressa come indice significa che quella serie è fissata arbitrariamente pari a 100 in un certo anno e partendo da quel 100 puoi visivamente calcolare alcune variazioni cumulate: se per esempio l'indice è fissato pari a 100 nel 2015 e nel 2024 l'indice è pari a 125 significa che dal 2015 al 2024 c'è stata una crescita cumulata del 25% della grandezza che quell'indice esprime.
      Ribasare l'indice significa cambiarne la base, ristabilire in quale periodo l'indice è arbitrariamente fissato pari a 100, e per farlo è sufficiente dividere ogni valore della serie per un singolo valore della serie stessa, ossia quello che io voglio venga fissato pari a 100, moltiplicando poi questo rapporto per 100 (così da rappresentare la base con il numero 100). Se hai un minimo di dimestichezza con un foglio di calcolo come Excel è un'operazione che fai molto velocemente trascinando una singola formula e utilizzando il simbolo $ per tenere fermo il riferimento alla casella corrispondente al periodo che costituisce la nuova base.
      Chiaramente questa operazione mantiene inalterata la dinamica della serie: se calcoli i tassi di crescita periodo su periodo (o anche cumulati su più periodi) di una serie indice e li ricalcoli dopo aver cambiato la base della serie i risultati saranno esattamente gli stessi.
      Qui la, per così dire, "difficoltà" può stare nel fatto che la serie è trimestrale e quindi essendo trimestrale se tu non vuoi che venga fissato come base pari a 100 un singolo trimestre ma preferisci un singolo anno (come è nel caso appunto del deflatore oggetto del post) dovrai dividere tutti i valori della serie per la media dei 4 valori trimestrali che formano l'anno che vuoi prendere come base: se la base che vuoi fissare è il 2020 dividerai tutti i valori trimestrali dal primo trimestre 1996 al quarto trimestre 2024 per la media dei quattro trimestri del 2020. In questo caso, la nuova serie che otterrai non avrà un valore pari a 100 perché tu hai preso come base un anno ma la serie è espressa per trimestri, tuttavia se prenderai la somma dei quattro trimestri dell'anno che forma la nuova base (ossia il 2020) vedrai che sommano a 400 e che quindi la loro media è pari a 100, la nuova base appunto.
      Spero di esser stato chiaro, fare un esempio in un commento non è facile però penso di aver spiegato il tutto nel modo più "basico" possibile.

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    2. In effetti, capito la logica sembra semplice. Chissà perché non ci ho pensato prima. Comunque, appena possibile ci provo e vedo se fila tutto liscio anche sul foglio Excel. Grazie mille!
      NB: tra l'altro ora che ci penso il Prof l'aveva già spiegato sul post dei salari reali di un mesetto fa.

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  4. Buona Sera Bagnai... Comunque dal suo bell'intervento sulle pensioni avrei alcuni punti da avanzare.. .
    1) Perché non viene diffuso questo intervento o quantomeno il succo... Anche su canali ufficiali lega.
    2) Ha accennato alla presenza rumena di immigrati.. ha mai visto rumeni creare ghetti o tenere donne chiuse in casa? Ovvio tutti hanno i loro difetti ma forse sarebbe meglio andare verso culture integrabili e non come piantedosi in Bangladesh..
    3) Da quello che ho capito la crisi dell natalità è avvenuta in maniera radicale con i programmi e regole Eu alla fine della fiera
    e finché non si cambiano quelle regole e paradigmi importare immigrati serve solo come piallativo temporaneo, una sorta di cura omeopatica alla denatalità
    4) se la natalità dipende anche dagli stipendi serve un maggiore impegno del governo sul taglio delle tasse.. ovviamente basta ai mini redditi che già hanno bonus ma alla parte produttiva del paese.
    Grazie

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