Ho fatto male questa mattina a maramaldeggiare sulla sorprendente papera del Prof. Ing. Giavazzi. Ho fatto male perché, nell'accesso di ilarità causatomi dallo strafalcione del supercilioso oracolo, ho tralasciato di leggere il suo pezzo. C'è un motivo per cui il Prof. Ing. Giavazzi non mi invita particolarmente alla lettura: perché trovo decotte e tendenziose le sue analisi. Faccio a meno di andare dove so che mi si vuole portare, soprattutto se so che la direzione che mi si indica è quella sbagliata (e di questo vi darò qualche esempio). Leggere i pezzi del Prof. Ing. Giavazzi insomma non è molto più appagante che leggere l'ennesima COM europea, anzi, forse un filo meno. Però, purtroppo, in entrambi i casi questo sacrificio va fatto. Nel caso del Prof. Ing. Giavazzi, in particolare, sorbirsi le sue articolesse è utile per comprendere dove a Bruxelles vogliano andare a parare. E se avessi letto anche di corsa il resto del pezzo di oggi avrei trovato una parola che, come sapete, è un marker infallibile dell'ipocrisia mielosa e classista con cui chi ci ha avviato sulla strada del declino ha voluto esentarsi dalle proprie responsabilità: deprezzamento!
Ricordate?
Ne abbiamo parlato qui.
Ma procediamo con ordine e ripercorriamo rapidamente la storia delle piroette del Giavazzo bifronte. Sarà utile e istruttiva...
In principio era il debito pubblico!
La prima piroetta del Giavazzo bifronte, quella in cui il supercilioso oracolo sdoganò l'idea che il debito pubblico si poteva fare (ma solo se comune, e preferibilmente per armarsi) ha colpito molto l'immaginazione dei turisti del dibattito:
Molto meno la nostra, non solo perché il "momento Hamilton" (cioè la spinta a costruire, sull'onda emotiva di uno stato di eccezione, un debito comune) e il keynesismo bellico li stiamo vedendo arrivare da tempo, ma anche perché questa piroetta non era la prima, in effetti, ma la seconda!
Chiarisco.
Tutti ci ricordiamo i bei tempi in cui Giavazzi (che oggi lo nega) vedeva nel debito pubblico (che era più basso di quello attuale, ancorché fatto crescere dalle politiche attuate da Monti e sponsorizzate dalla Bocconi unanime), la causa di tutti i mali. Può essere utile ripercorrere qualche quotidiano dell'epoca. Pesco a caso dalla rassegna stampa questo articolo del febbraio 2014:
animato dai soliti toni parenetici, in cui il magico duo Alesina e Giavazzi, con una certa aristocratica condiscendenza, si attardava a ricordarci che:
Il primo problema del nostro Paese era insomma "erdebbitopubblico". E come ti sbagli!
Il protrettico duo ribadiva il concetto ad ogni piè sospinto! Così, a settembre:
nell'ansia di inculcare il timore per il debito, capitava loro (sbadati!) di regalarci una pericolosa ammissione:
ovvero che i tedeschi avevano violato le regole per finanziare a deficit la loro "riscossa". Certo, racconto lacunoso e disonesto il loro: intanto, i tedeschi non avevano chiesto alcun permesso, tant'è che la procedura di infrazione era partita:
(cosa che ovviamente non sarebbe successa se avessero negoziato una escape clause di qualche tipo, come Alesina e Giavazzi insinuavano) e la sua storia la trovate qui; ma soprattutto, Alesina e Giavazzi dimenticavano di dirvi quello che voi sapevate, cioè i motivi di questo sforamento: il finanziamento a deficit di una gigantesca svalutazione salariale (taglio del cuneo e spesa assistenziale per i nuovi poveri delle riforme Hartz). Noi ne avevamo parlato in dettaglio due anni prima del loro pezzo affrettato e menzognero.
Ovviamente, se il problema era "erdebbitopubblico", la soluzione non poteva essere la spesa pubblica: non solo la spesapubblicaimproduttiva cara a un altro grande economista, quello che non aveva avuto il Nobel ma l'Oscar, e non negli Stati Uniti ma al fonte battesimale! Secondo i nostri ineffabili mentori neanche gli investimenti andavano aumentati! Infatti a novembre, nell'ammonirci esortandoci a sottrarci alla tentazione irresistibile:
i nostri, categorici, affermavano che:
Eh, no! Non si poteva uscire dalla recessione con gli investimenti pubblici. Strano, perché i dati ci dicevano che in recessione ci eravamo entrati tagliandoli, come vi ho fatto vedere qui:
Ora, per completa onestà intellettuale (materia sconosciuta al magico duo, ma di cui qui abbiamo sufficiente abbondanza da poterla esportare anche senza svalutare troppo i nostri avversari, o almeno da non svalutarli più di quanto si svalutino da sé con le loro piroette): posso anche ammettere che gli investimenti pubblici siano soggetti ad una strana asimmetria per cui si fa prima a tagliarli che a espanderli, ma questa asimmetria andrebbe esplicitata! Invece nel resoconto del formidabile duo i dodici trimestri di recessione sembrano venuti fuori dal nulla, come la famigerata "grande moria delle vacche". Alesina e Giavazzi come Totò e Peppino, insomma, incapaci di individuare le cause della recessione, e per questo incapaci di proporre soluzioni con un minimo di tenuta logica.
Il massimo che proponevano, i due, era una applicazione del moltiplicatore di Haavelmo:
Un taglio di tasse con taglio di spesa (per non far esplodere il debito pubblico, ça va sans dire), quando al primo anno di economia si studia che una simile manovra è recessiva, e quindi fa esplodere il rapporto debito/Pil! Il tutto con gran rinforzo di argomenti grillini: le lobby (perché, la Bocconi che cos'è?), la corruzione (non esiste solo quella materiale, esiste anche quella intellettuale)...
Non voglio infierire ulteriormente sulla povertà deontologica e intellettuale di certi argomenti. Chi arriva qui da poco, come l'amico che si firma "il forestiero", potrebbe vedere in questo resoconto un esercizio del senno di poi. Mi fermo quindi, e passo a dimostrare che in realtà era il magico duo a essere perennemente in ritardo.
Contrordine compagni: il problema non è il debito pubblico!
Beh, questa la sapete. Un annetto dopo le stronzate banalità scritte qua sopra, il supercilioso censore della politica italiana dovette ammettere che:
Esattamente il punto da cui eravamo partiti noi a novembre 2011 ne I salvataggi che non ci salveranno, traendo però da questa analisi giusta e tempestiva la prescrizione giusta, cioè che i tagli alla spesa pubblica che Giavazzi ancora chiedeva nel 2014, essendo fatti per curare un sintomo (il debito pubblico) che non era la causa della malattia, avrebbero aggravato la malattia (e quindi il sintomo), come poi fu. Il fact checking su Monti vi dà evidenza plastica delle conseguenze di questo errore (oltre a ricordare tutte le fonti più o meno coeve che un po' in ritardo, ma molto più autorevolmente di me, affermavano prima del Giavazzo bifronte quella che era un'evidenza palmare: se a saltare per aria erano stati tanti Paesi a debito pubblico trascurabile, come si poteva affermare che il debito pubblico fosse la causa del problema?).
Va detto che né il Giavazzo bifronte né i suoi sodali, scrivendo sullo house organ del capitalismo renano (Voxeu), potevano dare il giusto risalto al perché si fossero creati quegli squilibri che poi avevano necessariamente condotto al sudden stop, all'arresto improvviso del rifinanziamento delle posizioni debitorie della periferia (Grecia, Spagna, Portogallo, ecc.) da parte del centro (Germania, Francia). Sull'aggressiva svalutazione dei salari tedeschi, di cui, come vi ho provato per tabulas, era consapevole, l'ineffabile, oracolare accademico sorvolava con eleganza.
Ma quello, e non il successivo, era un voltafaccia vero, autentico, profondo, una rivoluzione copernicana che all'epoca nessuno notò, tranne uno, l'uomo seduto sulla sponda del fiume:
Contrordine compagni: il debito pubblico fa bene!
Perché il secondo voltafaccia, quello da cui siamo partiti, quello con cui il Giavazzo bifronte, deposti i panni dell'ingegnere e indossati quelli dell'economista, si ricordava che in recessione si possono fare investimenti pubblici a debito, era assolutamente prevedibile, come pure era prevedibile che dopo aver demonizzato la spesa pubblica per decenni, una volta costretti dai fatti a ricorrere ad essa avrebbero dovuto giustificare questa necessità sulla base di uno stato d'eccezione, del più convincente degli stati di eccezione: la guerra. Un esito scontato, che avevamo anticipato diverse volte, ad esempio qui:
(scritto otto anni fa, ma direi che c'è tutto quello che stiamo vedendo accadere).
Questo (cioè il fatto che questo voltafaccia fosse banale e ampiamente anticipato) e la mancanza di tempo mi hanno impedito di esercitarmici a suo tempo, ma altri hanno fatto per me: Goofynomics è una bottega rinascimentale...
In principio la svalutazione era brutta e cattiva!
Dopo esserci fatti un'idea dell'uomo, della sua poliedricità, della sua political economy, veniamo quindi all'oggi, che però deve essere inquadrato alla luce di una premessa che risale a un passato ormai parecchio distante: quello in cui il Giavazzo bifronte sosteneva che sarebbe stato opportuno per l'Italia legare le proprie mani allo SME:
(il famoso SME credibile che sarebbe poi saltato come un tappo di prosecco tiepido, con grande scorno dei due Paperoga Frankel e Phillips). Qui avete altre versioni del lavoro, nel caso non vi riesca di scaricarlo da ScienceDirect, la versione pubblicata dall'NBER contiene anche una interessante discussione.
L'argomento dell'incomparabile, che va sempre in duo, come solitamente fanno altre entità che non nomino per rispetto, e che all'epoca, per l'occasione, si accompagnava a Pagano, era sostanzialmente che:il vantaggio di partecipare al Sistema Monetario Europeo (e quindi, a maggior ragione, all'euro) sarebbe stato quello di impedire riallineamenti nominali che compensassero i differenziali di inflazione. In questo modo i governi non si sarebbero abbandonati alla tentazione di inflazionare l'economia (sempre sacerdotale, il nostro supercilioso mentore - o mentitore?), perché se ogni aumento del differenziale di inflazione rispetto ai Paesi partner si fosse tradotto in un apprezzamento del cambio reale senza possibilità di compensazione la crescita sarebbe stata danneggiata, inducendo così i governi a scegliere spontaneamente un sentiero di crescita meno inflazionistico.
Sempre questo partito preso, sempre questo moralismo, sempre questo individualismo metodologico che ignora la complessità del reale, sempre questo ciarpame...
Vabbè, mi rendo conto che a quasi quarant'anni di distanza questo pezzo di modernariato scientifico può risultare sostanzialmente incomprensibile. Andrebbe contestualizzato (come tutte le produzioni intellettuali scarse, dal Manifesto di Ventotene in giù: i classici di contestualizzazioni non ne hanno gran bisogno...), con riferimento al dibattito sulla superiorità delle regole rispetto alle politiche discrezionali e sugli altri grandi temi che appassionavano all'epoca la scienza economica "normale" nel senso di Kuhn. Ma il main takeaway, incontestabile, è che all'epoca il nostro ieratico, supercilioso commentatore, che temprando lo scettro ai regnatori la spesa ne sfronda, era radicalmente contrario alla possibilità per un Paese come l'Italia di manovrare il cambio nominale, e anzi sosteneva che un cambio "credibile" (e quindi stabile) avrebbe portato benefici in termini di minore inflazione (e quindi a tendere di maggiore competitività, cioè di minore apprezzamento del tasso di cambio reale).
Che quelle che lui vedeva come svalutazioni della lira fossero in realtà rivalutazioni del marco non gli passava nemmeno per l'anticamera del cervello, perché tutto intento ad agghindare con festoni di integrali puramente esornativi le sue articolesse tecnico-ingegneristiche:
figurati se l'oracolo di viao magari si ponesse una cazzo di domanda, una sola, sul perché la Germania, la potenza industriale, la locomotiva, ecc., strutturalmente crescesse meno dell'Italia:
tranne nei periodi in cui riusciva o a far rivalutare noi (nello SME credibile, dopo il 1988) o a svalutare lei (con la svalutazione salariale del 2003), o a imporci politiche recessive (con l'austerità dal 2011).
Avranno mica avuto ragione i comunisti come Napolitano quando (13 dicembre 1978) dicevano che:
la compressione della crescita da parte della Germania federale faceva parte di una deliberata politica di aggressione volta a spingere alla deflazione un paese come l'Italia?
Eh, i comunisti... averne, averne, io ve lo dico sempre!
Nei 14 anni precedenti l'articolessa del duo Giavazzi-Pagano la Germania era cresciuta al 2% e l'Italia al 3%. Sarà mica che i tedeschi comprimevano la loro crescita per mantenere un posizione di surplus nei riguardi del resto del mondo (via compressione delle importazioni)? Un dubbio, una ipotesi, un passaggio, qualcosa, lo vogliamo fare? Erano ipotesi agli atti parlamentari! Erano entrate nel dibattito pubblico! Che quella tedesca fosse una politica aggressiva di deflazione competitiva lo si vedeva bene anche allora, lo vedeva perfino Napolitano, persona garbata e intelligente, ma non economista.
Non ho sufficientemente approfondito l'opus magnum di cotanto economista, ma dubito che di questa roba si troverebbe traccia: il suo astio verso il Paese che gli ha dato i natali gli precludeva, gli preclude, e gli precluderà, la possibilità di qualsiasi analisi che non sia pregiudizialmente ostile verso l'Italia e gli italiani.
Contrordine compagni: la svalutazione va bene, ma solo se la chiamiamo deprezzamento e se siamo in surplus!
La cosa turpe, abietta, vile dell'odierna esternazione del sommo e supercilioso ierofante può ora essere messa in evidenza, e non è certo la ridicola papera in cui è inciampato (ben gli sta, ma può capitare a tutti). No: è il fatto che dopo aver detto, come da sempre diciamo io e Claudio, che mettere dazi da parte dell'UE non avrebbe senso:
il supercilioso apostolo della religione misterica bocconiana ci dice lellero lellero che:
la chiave della soluzione sta nel deprezzamento dell'euro!
Affermazione sorprendente e sciocca.
Sciocca, perché, come vi ho mostrato, è proprio il deprezzamento dell'euro, che essendosi manifestato in presenza di una fortissima eccedenza delle partite correnti non può che essere qualificato che come svalutazione competitiva, ad aver causato la risposta ampiamente annunciata degli Stati Uniti. Dire che bisogna reagire ai dazi proseguendo con la pratica scorretta che li ha motivati è come dire che se andassimo a trattare negli Usa insieme ai tedeschi saremmo accolti meglio! Significa aver perso il lume della ragione, significa non avere una lettura un minimo equilibrata della realtà in cui ci dobbiamo muovere. Tralasciamo la scorrettezza di intestarsi, come al solito, idee espresse in precedenza da altri: l'uomo è così, lo avevamo capito nel 2015.
Sorprendente, perché non si capisce come mai i deprezzamenti che negli anni '80, che erano chiaramente rivalutazioni del marco conseguenti alla politica tedesca di compressione della domanda interna, dovessero essere demonizzati dall'ineffabile, supercilioso bramino come svalutazioni competitive, mentre oggi una manovra al ribasso della valuta di una zona che esprime 500 miliardi di dollari di surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti viene pudicamente invocata come benefico deprezzamento, essendo, lei sì, una svalutazione competitiva!
Insomma: l'articolessa di oggi è il QED del post di venerdì, quello in cui notavo come fosse strano che chi trovava turpe che si deprezzasse il cambio di un Paese in deficit trova virtuoso che si deprezzi il cambio di un'area in surplus! Questa è economia di base, non è sufficientemente controintuitiva, non è sufficientemente matematizzabile, e quindi i veri economisti la snobbano, e gli ingegneri non la capiscono. Si deprezza la valuta di un Paese in deficit, perché si rivaluta quella del Paese in surplus (essendo richiesta per comprarne i beni). Neanche la legge della domanda e dell'offerta sanno questi pomposi, superciliosi, presuntuosi tromboni!
Ma loro scrivono sul Corsera. E noi scriviamo, fieramente e ostinatamente, qui, aspettando l'inevitabile.
Perché che quella che Giavazzi oggi chiede a beneficio dell'industria tedesca sia una svalutazione competitiva i lettori del Corriere non possono saperlo.
Ma i governanti degli altri Paesi sì, soprattutto di quelli più grossi di noi e della Germania!
Si rafforza quindi la principale conclusione politica: dissociarsi rapidamente e recisamente dai responsabili degli squilibri macroeconomici globali, andare a trattare bilateralmente con gli Stati Uniti, e soprattutto: non leggere il Corsera!
Tanto vi dovevo sulla terza piroetta del derviscio rotante dell'economia comme il faut.
Gli insulti metteteli voi, ma non nei commenti, per cortesia.
Buonanotte!
(...ah, naturalmente la chiave della soluzione sta nel componimento degli squilibri interni all'Eurozona, e questo, volendo escludere l'opzione per il momento improponibile di una uscita dall'euro, si può realizzare solo come dicevamo noi nel 2014 e come sicuramente dirà lui nel 2026: gli auguro di arrivarci non fosse che per leggerlo! Ma ve ne parlerò commentando la mozione congressuale che ho contribuito a scrivere con Riccardo Molinari...)
RCS vivacchia e Goofynomics gode di ottima salute. Buonanotte.
RispondiEliminaL'aspetto che un profano di economia fa fatica a comprendere è come sia possibile che, ancora oggi, simili narrazioni delle vicende economiche trovino uno spazio e un ascolto nel mondo scientifico del quale anche lei fa parte.
RispondiEliminaMi chiedo come possa essere accettato, nel mondo accademico e nell'ambiente scientifico che lei frequenta e conosce, che venga riconosciuta credibilità e validità a letture economiche della realtà totalmente prive di attendibilità e smentite dai dati reali.
Davvero è possibile dire qualsiasi cosa in campo economico e vederla pubblicata sulle prime pagine dei giornaloni, come fossero ipotesi e teorie credibili, compresi gli strafalcioni?
Lei spesso ci ricorda, correttamente, che l'economia è pur sempre una scienza.
Il metodo scientifico impone la verifica e la critica degli errori. Perché non si odono prese di posizione e discussione in casi clamorosi come questo?
Confesso, sono senza parole.
Quoto e sottoscrivo. Qui piu' che due facce bifronti ne vedo una che rappresenta il didietro. Probabile che tra simili non se ne accorgano. Possono dire stronzate e gli si concede il megafono, se non e' propaganda questa...
EliminaSignor Claudio, ma è la prima legge della termodidattica: "ci sono cose che se potessero essere capite non ci sarebbe bisogno di spiegare".
EliminaCome ci disse anche Keynes (ma anche Khun), sostenere tesi fallimentari, in certi ambienti, paga molto di più che trovare soluzioni non "convenzionali" (nel senso di considerate tali nell'ambiente, perché le politiche economiche che servirebbero sono assolutamente "convenzionali" nel senso di notoriamente funzionanti).
Ci sarebbe un lungo discorso da fare o rifare su come l’economia ha cercato di affermare il proprio status di scienza, essenzialmente scimmiottando l’apparato analitico di alcune scienze dure. È una storia lunga, con profonde radici culturali e sociologiche. Lo stesso concetto di equilibrio è mutuato dalla meccanica newtoniana. L’applicazione con un ritardo medio di una cinquantina di anni di un apparato matematico che sembra sofisticato ai non matematici è lo strumento principe per l’affermazione della scientificità del proprio discorso. In questo contesto, un ingegnere negli anni 80, al tempo della matematizzazione spinta del discorso economico, si trovava in una posizione di vantaggio relativo. Giavazzi ha avuto l’intelligenza di sfruttarla. La verifica della coerenza interna di certi messaggi o prescrizioni politiche tuttavia non rientra nei canoni di quello che abitualmente riteniamo un meccanismo affidabile di controllo scientifico, cioè la revisione paritaria.
EliminaPeraltro, sfugge sempre una cosa che dico spesso, cioè che l’economista uccide all’ingrosso e il medico al dettaglio. Nel caso del medico quindi la catena causale è molto più facile da accertare, e questo fa sì che certi presidi di coerenza, di responsabilità, di efficacia delle argomentazioni Abbiano un maggiore spazio nel discorso scientifico (anche se le vicende del COVID ci fanno dubitare di quanto questo spazio sia determinante). Nel caso dell’economia no. Il discorso di certi colleghi ha letteralmente ucciso migliaia di persone, e quando non le ha eliminate fisicamente le ha condannate all’infelicità, alla prostrazione psicologica. Ma naturalmente il nesso causale, anche se evidente per gli addetti ai lavori, non ha una rilevanza né giudiziaria né politica.
EliminaMi scuso se di questi tempi sto commentando molto il blog ma reputo questo uno dei pochi luoghi in cui si possa ragionare di temi complessi senza problemi. Nel merito della questione, bisogna ritornare a studiare la filosofia della scienza marxista: la scienza, come qualsiasi altra cosa, è anche il frutto dei rapporti di forza e di classe nella società. Visto che l’economia è la scienza che studia il modo in cui distribuire e gestire il danaro, può accadere facilmente che la ‘scienza economica’ di cui parlano i giornali sia espressione del sistema di valori della classe dominante, più che una scienza asettica, nuda e pura. Questo spiega il perché queste distorsioni si trovino di più in ambito macroeconomico che in altre scienze, dove fondamentalmente ciò che viene teorizzato non ha impatti sul benessere delle classi dominanti. Tant’è che , ma questa è una tesi un po’ soggettiva, le varie scuole di pensiero in ambito macroeconomico potrebbero essere considerate come il riflesso di diversi gruppi sociali, della loro differente prospettiva nei riguardi della scienza che si occupa di gestire il denaro. Aggiungo che io NON sono comunista, ma questa lettura della macroeconomia spiegherebbe il perché spesso si distorcano i dati in questo modo così palese: in fondo devono curare gli interessi del gruppo sociale al quale appartengono o desiderano di appartenere, per cui mettono in secondo piano la coerenza nel ragionamento a favore dell’unica coerenza che a loro interessi, ossia il portare tesi che facciano il loro, scusate la ripetizione, interesse.
EliminaOnorevole, trovo il tema della "scientificità" dell'economia molto interessante. Nella mia esperienza, questo slogan bifronte (da un lato "i tecnici sanno quello che fanno, sono scienziati!", dall'altro "l'economia non è una scienza!") viene utilizzato al bisogno per screditare l'interlocutore. Quando c'è da "far presto" nessuno deve permettersi di mettere in discussione le verità assolutamente scientifiche Marii e Monti, quando le cose vanno male, o più in generale quando si portano esempi di politiche alternative, o "peggio" ancora, dati, è tutto un "eh, ma l'economia mica è una scienza, come potevamo sapere...".
EliminaAnche questo è uno degli esiti nefasti della propaganda, che ha screditato prima la politica, per poi screditare selettivamente l'economia stessa.
Anche questo, schema già visto, che mi avvicina alle sue visioni fosche per il futuro. Non si tratta di "poteri forti" che manovrano l'opinione publlica a proprio vantaggio, ma di persone "oneste" (non intellettualmente), "buone", che fanno il loro lavoro e in questa dinamica costruiscono la propria vita, il proprio senso. Poi certo, ci sono interessi economici che ci si legano, ma ora mi è più chiaro come mai l'unico cambio di paradigma credibile sembra essere quello che passa per una catastrofe. Come ci si può aspettare che Giavazzi "apra gli occhi", dato che questo comporta un suo "suicidio morale"? L'unica speranza è che gli venga voglia di saltare sul carro del vincitore, sempre che il carro ci sia.
In attesa della mozione congressuale sull'External Compact. Questo sì che è fare qualcosa. Grazie.
RispondiEliminaDal mio osservatorio periferico, vivo e faccio impresa a Ravenna, periferia della periferia economico/ammininistrativo/politico italiana, anche se con un illustre passato, noto come le cosiddette Elites sociali, quelle dei circoli Lyons o Rotary, si “abbeverino” con scontato conformismo alle fonti informative come CorSera e mandino quando possibile i loro Pupi a Milano nei templi formativi della globalizzazione come Bocconi.
RispondiEliminaImmagino che aprire gli occhi significhi annusare i liquami che pericolosamente si avvicinino a livello del naso, insomma come dici Tu avvertire la Durezza del vivere.
Essere intellettuali e’ però altro: avvicinarsi al vero e se hai valori etici farlo generosamente senza priorità personali ed egoistiche.
La demonizzazione dell’avversario politico, penso a Matteo Salvini che avviene nelle classi sociali economicamente e culturalmente “avvantaggiate” che conosco mi conferma che qua i tempi non sono ancora maturi.
Buongiorno, Le faccio però notare che nel 2013 il sottoscritto, grazie al socio di studio anziano segretario da decenni di un Lions Club, è riuscito a mettere a segno un colpo memorabile, organizzando un convegno a spese del Club in cui il mattatore fu il Prof. Alberto Bagnai in questione nella non meno "difficile" Reggio Piddinia, convegno che modestamente ebbe un successo clamoroso, organizzato nell'Aula Magna dell'Università gremita. Un nostro collega presente mi scrisse un messaggio entusiasta "Il prossimo lo organizziamo allo stadio Giglio". A volte tentar non nuoce.
EliminaEvento che però cambiò ben poco sull'esito politico della città che rimane condizionata da due fattori: se non sei almeno un po' del PD non lavori, se sei del cdx non sai chi candidare (le due cose vanno insieme)
EliminaNon credo che lo scopo dell'evento fosse quello, semmai quello di introdurre un dibattito fino a pochi mesi prima praticamente "tabù" e allo scopo di lanciare il primo libro di Alberto Il Tramonto dell'Euro che guardacaso aveva finalmente trovato una piccola casa editrice, ed era reggiana!, e su questo diciamo che il suo impatto lo ha avuto, e per di più ricordo che Alberto all'epoca era un interlocutore (di una frangia) del PD e non era ancora entrato in politica: certamente la parte maggioritaria dell'establishment non fu scalfita da quell'evento, cercammo infatti di ripeterlo con appoggi di diverso tipo ma non fu possibile, ormai era calata la cortina di ferro che però per una volta eravamo riusciti ad infrangere!
EliminaSulle pessime candidature locali del cdx ne so qualcosa, ma vorrei ripetere quanto detto in commento ad altri post: il problema più serio è che chi vota PD va sempre e cmq alle urne non di rado turandosi il naso e vota secondo le direttive ricevute, chi è al di fuori invece il giorno delle elezioni trova spesso qualsiasi scusa per non andare purtroppo. Quella più in voga e più insensata è: "Fanno tutti schifo", così inevitabilmente vincono diciamo i peggiori rispondo io. Infatti buona parte dei fiancheggiatori del PD subdolamente cavalca quest'onda cercando di dissuadere gli elettori dall'andare a votare più o meno con queste motivazioni, attenzione quando qualche influencer proclama pubblicamente che fanno tutti schifo e non bisogna andare a votare "per far cambiare le cose" (!), quasi certamente è una quinta colonna del PD e mentre i boccaloni che lo ascoltano a votare non ci vanno, lui o lei magari ci va e sa bene chi votare (ad ogni modo il suo sporco lavoro l'ha già fatto bene).
Questa osservazione di Dante merita di essere sottolineata. L’eccessiva schizzinosità dell’elettore non piddino,sia di destra che di sinistra, è un elemento di fragilità. Questo elemento si aggrava, purtroppo, in questa community frustrando il suo desiderio di riconquistare non dico la libertà, ma dei ragionevoli margini di autonomia. Si aggrava per via di due evidenti illusioni ottico-politiche: quella di sapere la verità, cioè di essere portatori di un lascito da cui sarebbe eticamente riprovevole deflettere, e quella di avere alternative valide nei tanti partituncoli messi su da persone che dopo averci scopiazzato per anni Vanno adesso in giro a dire le cose giuste nel momento sbagliato. Prevengo una critica: chi decide qual è il momento giusto? La risposta è molto semplice: lo decido io, perché io ho dimostrato di saper ottenere dei risultati. Tra quelli che interessano questa community, il più eclatante è la sconfitta del MES, ma vi assicuro che anche lo sberlone dato a Banca Italia sul tema delle BCC è stato sentito forte e chiaro. Quindi, siccome ho dimostrato di capire come inserire una tattica all’interno di una strategia, mi sono guadagnato la legittimità di poter valutare le scelte tattiche degli altri e la loro conformità a una strategia complessiva, che in teoria dovrebbe essere comune, ma in pratica, duole ammetterlo, è molto spesso dettata da una cosa che io non capisco: l’ambizione personale. Comunque, questa è una fragilità strutturale, ormai l’abbiamo incorporata nelle aspettative, e tiriamo avanti.
EliminaSecondo me questi soggetti semplicemente seguono quello che si deve seguire. Cioè nel Era austerità andava di moda dire quelle cose. E le dicevano. Oggi va di moda dire certe cose. E le dicono. Più che moda sono gli interessi di altri, la narrazione unanime è forse stabilità in qualche consesso segreto, però i giavazzi di turno non sono loro che "comandano" sono i giullari di corte che devono fare contento il re, cioè stare dietro agli interessi particolari del momento. Cioè è una specie di Vanna Marchi più sofisticata che segue e pubblicizza gli interessi della lobby/loggia di cui fa parte
RispondiEliminaIl problema infatti non sono quelli pagati per dire (o ascoltare) queste cose. Fanno il loro mestiere (certo, ci sarebbero mille mestieri, ma amen hanno scelto quello, evidentemente gli conviene). Il problema sono quelli che lo fanno gratis o addirittura ci si immolano, martiri contenti per permettere al santo re di aiutare i bimbi poveri in Zambezia col loro sudore.
EliminaQuando poi gli dici che possono rinunciare a tutto e ospitare tutta Zambezia senza metter in mezzo il santo re (e me), improvvisamente rinsaviscono e non vogliono rinunciare a quello che hanno (che sia lo scooter spetasciante, la bici elettrica o la pensione).
Ps: magari il Giano scrive per RCS a gratis, beh in tal caso invoco Cipolla e la sua quinta legge ...
La problematicità (per non dire l'impossibilità) del progetto europeo era stata messa in luce da Emmanuel Todd già nel 1992, quando uscì un suo libro, mi pare non tradotto, intitolato L'invenzione dell'Europa.
EliminaL'idea di Todd è che i paesi europei sono estremamente disomogenei fra loro e questo si riflette nei tipi di capitalismo che ciascuno di essi ha adottato, nonché nelle istituzioni e nell'ethos che li caratterizzano.
All'origine di queste differenze vi sono i sistemi familiari, di cui esistono quattro tipologie diverse fondate su due coppie di alternative escludentesi.
Senza entrare nei dettagli, si tratta di fattori causali piuttosto importanti e pervasivi, non di tratti inessenziali che si possono eliminare in un paio di generazioni.
La classificazione operata di Todd (che nel suo lavoro ne studia e interpreta le sue espressioni storiche) è interessante perché ci consente di approcciare alcune culture diverse dalla nostra. Ad esempio, sia la Germania che la Corea hanno come base la famiglia "souche" ed entrambi i paesi prediligono un tipo di capitalismo tendente (forse è un eufemismo) al mercantilismo.
Non vorrei commettere un'apologia di reato, quindi il commento può essere tranquillamente cancellato, ma tempo fa il Ministro delle Finanze piddino Visco, per una bizzarra operazione-trasparenza, pubblicò l'elenco dei contribuenti Irpef in ordine di importanza. Fu uno spasso. Io e un mio amico andammo a cercare i nostri "colleghi", in particolare quelli che avevano fatto carriera. Poi, esaurite queste prime curiosità, ho allargato i miei orizzonti e sono andato a vedere quanto si guadagnava a scrivere certe cose sui giornali e di conseguenza a scrivere certi libri su certi argomenti (le cose si intrecciano e vanno di pari passo). Il primo obiettivo della ricerca su proprio Giavazzi. Beh, fui scandalizzato, non immaginavo che si potessero raggiungere certe cifre. Forse anche voi come me avete l'immagine di uno studioso che prende un buono stipendio e poi integra con qualche articoletto (seppur sul più prestigioso quotidiano italiano) e un po' di diritti d'autore, ma niente di stravolgente, l'editoria è in crisi no?, e il Nostro un lavoro ce l'ha già... Beh, mi sbagliavo. A quelle cifre praticamente chiunque direbbe quello che dice lui. Rimasi letteralmente scioccato. Ma se un giornale/editore poù manovrare quei soldi, può davvero far scrivere quello che vuole (aggiungo che i dati riportavano solo l'imponibile e magari Giavazzi godeva di ricchi gettoni elargiti da consigli di amministrazione vari, ma questo cambia le cose solo in apparenza. Fai parte comunque di quel mondo lì.)
EliminaNon credo sia un particolare reato: resta la gigantesca violazione della privacy da parte di Visco, che suscitò una certa indignazione all'epoca. Nel merito, io non ho grande simpatia per chi guarda nelle tasche altrui, anche perché questa cosa mi dice poco. Se il Prof. Giavazzi ha redditi cospicui suppongo che (a) se li sia meritati e (b) non vengano da attività editoriale, che notoriamente paga poco. Molto più facile che derivino dal coordinamento di progetti di ricerca finanziati dall'Unione Europea, che notoriamente paga bene. Non credo che sia un particolare segreto. Andando qui:
Eliminahttps://ec.europa.eu/budget/financial-transparency-system/index.html?prefLang=en
si può vedere di quale flusso di finanziamenti abbia goduto, ad esempio, l'Università Bocconi. Massima trasparenza.
Il tema è sistemico (oltre che endemico al mondo universitario). Dipende assai poco dalle persone e molto invece dalle condizioni esterne. Le università faticano a sostenersi con le rette, dunque devono cercare soldi dove possono. E dove sono i soldi? Nei progetti UE, nelle associazioni di grandi imprese e negli ambienti finanziari. Alla fine si ritorna sempre lì: una visione di mondo che non consente la spesa pubblica finirà per far dipendere tutto dai centri di potere economico privato. Non è neppure "corruzione sistemica", come dicono alcuni dallo scandalo facile, ma semplicemente è "come non possono non girare le cose una volta che si è imboccata una certa strada". Con le università private si vede di più (perché dovendo fare utili hanno bisogno di più danaro), ma in pratica la tendenza è quella ... ovunque.
EliminaSenza incorrere nelle ire di nessuno e da vecchissimo seguace di questo blog vorrei spezzare una lancia a favore della persona del prof. ing. Mio figlio lo conosce personalmente essendo stato suo professore all'università nonché referente per l'application alla LSE. E' una persona disponibile e umanamente molto buona.
RispondiEliminaUn conto essere disponibili e umanamente molto buoni un conto è sapere.economia ???? un'altro mentire .... non vedo molte altre possibilità anzi ...richiederei indietro parte della retta della Bocconi quantomeno per il corso frequentato ..peraltro azione che farei anche in analoghi casi ..chiedo pertanto di iniziare cotanta procedura con l'università di Ferrara dove insegna...Sic ! Marattin..
EliminaNon ho nessuna difficoltà a immaginarlo. Potrei fare mille esempi. Qui il problema non è sulle qualità morali della persona quo talis, ma sulle conseguenze di alcune sue analisi non esattamente ancorate alla realtà.
EliminaLa mia critica va esattamente in quel senso...
Eliminaragionerei sull'idea non nuova del deprezzamento...atteso che decidono a Francoforte, che non a caso è in germania, il vantaggio competitivo nel campo dei servizi, segnatamente turismo e immobiliare ad esempio, gioverebbe molto più agli italiani/spagnoli che ai tedeschi, così come all'economia primaria non farebbe male soprattutto al centro e al sud italia; infatti i dazi sembrano mirati più che altro all'industria della trasformazione ma una politica, concordata con le associazioni di categoria, potrebbe portare ad un suo superamento attraverso il dumping fiscale. L'ho detta semplice ma in fondo i dazi sono gestibili, a mio avviso, e non sono la madre di tutte le disgrazie come li dipingono
RispondiElimina" derviscio rotante dell' economia..." Vale da solo "il prezzo del biglietto"...Ahahahah...grazie!
RispondiEliminaScusi Bagnai lei che ha le conoscenze, faccia fare una bella vignetta con un proprietario di tesla che viene insultato "Fascista!!" Per via della sua auto, poi si gira e vede un gruppo di persone con auto tedesche di marchi nati in un certo periodo storico eh eh e il nostro protagonista fa poi una faccia stupita... Sarebbe un bel gesto verso gli amici tedeschi e i nostri antifassisti che girano in BMW da vari cilindri e varia produzione di Co2
RispondiEliminaGira gira si torna sempre nel fulcro del problema. Giavazzi non è diverso da un qualsiasi giornalista di un qualsiasi televisione o giornale; chi ha citato Gramsci in proposito e di recente? Non è diverso neanche da quelli dei giornali sportivi. Può, ad esempio, un giornale sportivo di Torino parlare contro la juve, quand'anche la squadra fosse gestita da cane e i giocatori facessero tutti schifo? Il tifoso compra il giornale perché la mattina vuole vederci scritte cose in cui si riconosce, e che lo confermino nella sua scelta di vita. Chi iscrive il figlio in Bocconi lo sogna professore in america, e chi lo deve preparare lo sa bene, e questo a maggior ragione se da ciò dipende il suo lauto compenso. Altrimenti scriverebbe poesie e farebbe la fame, no? Quelli che leggono il Corriere della Sera, e poi però pure Il Sole24Ore perché è per quelli più struiti, in fondo amano ancora sentirsi nella guerra fredda, confondono comunismo e statalismo, e perciò ogni cosa che ha il sapore dell'intervento pubblico è la coda del diavolo che riappare. Vade retro satana! E Keynes pure, quindi, è in sospetto di tradimento, è satana che si intrufola dagli spifferi. Tutto questo Giavazzi e tutti gli altri “cattedralici” lo sanno bene; da un certo punto di vista: conoscono bene i loro polli.
RispondiEliminaQuella di smascherare i giullari di corte è operazione corroborante certamente, ma l'impresa impari è un'altra, e racchiusa in questa domanda: riuscirà il nostro mentore a far capire alla piccola e media impresa, e a chi la conduce!, che Keynes non è comunismo, ma è la strada del loro stesso interesse?
Oppure, come si diceva tanti anni fa su orizonte48, costoro vorranno richiudersi dentro Santa Sofia e scongiurare l'arrivo degl'infedeli con le preghiere, e quelli, invece, una volta sfondate le esili porte, indifferenti alle preghiere, li ridurranno a proletariato a 90 gradi?
Del resto, il loro destino finale i “cattedralici” glielo hanno già squadernato davanti esplicitamente!!!
Gentile Professore, una domanda per essere al riparo da obiezioni di parenti piddini durante i pranzi pasquali: come ha fatto Draghi a svalutare l'euro rispetto al dollaro? Ha tenuto i tassi bassi?
RispondiEliminaDue domande e una risposta:
Elimina1) da quanto sei qui?
2) non hai di meglio da fare a Pasqua?
Risposta: sì.