lunedì 20 gennaio 2025

Voltafaccia (s.m.)

(...proseguiamo con la nostra analisi lessicale...)


"Sta venendo giù tutto! Si riposizionano! Abbiamo vinto!..."


Calma!


Da qualche giorno sto cercando di condividere con voi un paio di concetti, ma tutte le volte che ci provo la diretta salta per la telefonata "a secco" di qualche sconsiderato. Questo weekend mi sono ritagliato un po' di tempo per metterle qui a verbale, sperando che non scoppi qualche altra grana che mi impedisca anche di scrivere.


(...sarebbe ora che mi imparassi a stare zitto: da quando scrivevo queste parole venerdì scorso è successo l'inverosimile, tant'è che mi ritrovo a chiudere questo post oggi! Devo assolutamente ricordarmi del fatto che le mie parole hanno valore performativo: se dico "a meno che non scoppi qualche grana", poi la grana scoppia...)


Forse converrebbe partire dalle conclusioni, ma prendo il rischio, invece, di partire da un episodio storico che ignoravo e che ben esemplifica quanto vorrei condividere.

Tutti qui sappiamo (rectius: crediamo di sapere) che dopo la crisi valutaria del 1992 Mario Monti ammise che svalutare ci aveva fatto bene:

Questo articolo del 13 settembre 1993, che trovate ancora qui, ci era stato segnalato da Alberto, che ogni tanto vedo ancora con piacere affacciarsi, il 25 novembre del 2011 in un commento al secondo post di questo blog, quello in cui spiegavo che Monti avrebbe dato la risposta giusta alla domanda sbagliata.

Veniamo alla cosa che non sapevo.

Un altro lettore, KitKot3 (forse erede di un Kit Kot che è con noi dal 2017), ci ha segnalato tre giorni fa da fonte secondaria (un saggio di Sergio Ricossa), come il 20 giugno 1992 invece Monti fosse fieramente avverso all'ipotesi di svalutazione, e come si fosse espresso in tal senso dalle colonne del Corriere della Sera. KitKot3 non aveva il riferimento diretto, ma io ho la biblioteca del Parlamento e quindi eccoci qua:


Uno dei pochi autentici privilegi della casta è quello di poter alimentare la memoria! La lettura di quel numero del Corriere:


ha suscitato in me emozioni contrastanti. Ero nei miei 30 anni, Tangentopoli era iniziata da 142 giorni, Amato stava facendo le consultazioni, avendo ricevuto due giorni prima da Scalfaro l'incarico di formare il Governo (le Camere erano state sciolte a febbraio da Cossiga, che si sarebbe poi dimesso ad aprile dopo le elezioni politiche), e se ne andava in giro per Roma in motoretta:


come quel matto di "Supergiovane" (cit.), mentre Forlani esibiva ancora per poco il suo smagliante sorriso... 

Où sont-ils les lapins d'antant...

Ma torniamo a noi: se restiamo ai titoli, il voltafaccia è clamoroso!

20 giugno 1992: "Perché oggi non si può svalutare".

13 settembre 1993: "La svalutazione ci ha fatto bene".

Da qui, suppongo, la solita solfa scipita e petulante: "Ma come fa a dire il contrario di quello che ha detto prima? Ma era in buona fede? Ma perché i giornalisti non lo inchiodano alle sue contraddizioni?" e via dicendo...

Decisamente non è in simili circostanze che date il meglio di voi!

Tralasciando la questione che temo ormai irrisolvibile del farvi capire che quando si parla di politica, e non della compravendita di un fondo agricolo, di un'auto usata o di una lavatrice, il concetto di "buona fede" non ha alcuna rilevanza pratica (semplicemente perché ritengo che esplorare la dimensione soggettiva di chi danneggia i nostri interessi non ci aiuti a difenderli: gli voteremmo a favore se sapessimo che era "in buona fede"? Di converso: ci lasceremmo sparare addosso da una persone perché in buona fede pensa che vogliamo aggredirla?), a domande tanto accorate quanto vuote credo che se ne potrebbero opporre due, asciutte: "Ma perché leggete solo i titoli?", anzi: "Ma perché non leggete nemmeno i titoli?"

Partiamo dalla prima domanda: i titoli in effetti non andrebbero proprio letti, perché essi sono il Male assoluto, sono il prodotto della cosiddetta "sintesi giornalistica", una elegante perifrasi con cui si suole indicare la menzogna più abietta e miserabile. Fermarsi ad essi è quindi un errore che si paga nel modo più sanguinoso: facendosi manipolare dai nemici dei nostri interessi!

Monti non ha detto che la svalutazione ci aveva fatto bene

Prendiamo l'articolo del 1993, il cui titolo è un virgolettato: "La svalutazione ci ha fatto bene". Inutile dire che nel testo queste parole non le troverete (provare per credere). Sì, è vero: nell'intervista Monti si addentra in una prolissa palinodia che, con moltissima buona volontà, e (immagino) con una certa irritazione dell'interessato, potrebbe anche riassumersi in quel modo. Ma in effetti Monti non dice da nessuna parte che la svalutazione ci ha fatto bene, anzi: sta bene attento a distanziarsi da chi, dopo il fattaccio, prendeva questa posizione. Testualmente, il Mario minor afferma: "vi è una tendenza in Italia a considerare la svalutazione come uno degli elementi positivi del nuovo panorama, anche da parte di coloro che fino al 13 settembre scorso si erano pronunciati a favore del mantenimento del cambio. Io sono tra questi [intendendo, evidentemente, "coloro che fino al 13 settembre scorso si erano pronunciati a favore del mantenimento del cambio", non certo quelli che "tendono" a considerare la svalutazione un elemento positivo, NdCN] e perciò mi sono chiesto ogni tanto in che cosa fosse giusta e in che sbagliata la posizione [sottinteso: mia e che non rinnego, NdCN] che poi è stata smentita dai fatti".

Insomma, il Mario minor non afferma che il riallineamento ci ha fatto bene ma riferisce che sta cercando di capire perché non ci ha fatto tanto male quanto lui credeva che ci potesse fare. I timori che avrebbe nutrito nel 1992 erano, secondo quanto riferiva nel 1993, che il riallineamento:

  1. avrebbe avuto conseguenze inflazionistiche;
  2. avrebbe interrotto il processo di risanamento della finanza pubblica.

Monti riconosce che questo non è successo, e quindi non riconosce che "la svalutazione ci ha fatto bene", ma, mi ripeto, riconosce che "la svalutazione non ci ha fatto male", e cerca di spiegarsi perché.

Sul primo punto la spiegazione è questa: 

In sintesi, le drammatiche conseguenze inflazionistiche paventate sarebbero state smorzate dalla recessione e dagli accordi di luglio 1992 con cui venne soppressa la scala mobile

Sul secondo punto, la spiegazione invece è questa:

In sintesi, la svalutazione sarebbe stata così catastrofica da impaurire le parti sociali determinando consenso attorno alla manovra restrittiva (da una cinquantina di miliardi...).

Ora, prima ancora di valutare nel merito (scarsissimo) questi argomenti, cosa che mi ripropongo di fare dopo aver analizzato il contenuto dall'articolo precedente, vi faccio notare che già da questo capiamo che il voltafaccia è solo nel titolo: Monti non ha mai detto che la svalutazione ci aveva fatto bene.

Monti ha detto che la svalutazione ci avrebbe potuto fare bene

D'altra parte, se facciamo un passo indietro e torniamo all'articolo del 20 giugno 1992, basta rileggerne bene il titolo: "Perché oggi non si può svalutare". Monti non dice: svalutare ci farebbe male (nel qual caso, se nel 1993 avesse poi detto - ma non l'ha detto - che svalutare ci aveva fatto bene si sarebbe contraddetto)! Monti dice: oggi non possiamo, ma domani ci farà bene!


(...a beneficio di tutti i fuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuurbi che abbiamo incontrato in tanti anni di Dibattito, di quelli che la sanno lunga, di quelli che vengono a spiegarmi che Giorgetti così e che Fedriga colà, e che l'euro non è una buona idea, ecc.: troppi panini dovete mangiare prima di arrivare al livello del Mario minor, figuriamoci di quello maior!...)

Eh già, visto che sorpresa? Mentre non abbiamo evidenza che Monti ci abbia mai detto che la svalutazione ci aveva fatto bene, abbiamo prova provata (scritta) del fatto che Monti ci ha detto che l'inflazione avrebbe potuto farci bene! Esattamente il contrario di quello che pensavate voi, esattamente nell'articolo in cui voi pensavate (fuorviati da Ricossa) che avesse detto il contrario di quello che in effetti ha detto.

Ma anche qui giova entrare nella linea del ragionamento, in particolare per apprezzare la capacità, che molti di voi non hanno, ma il Mario minor sì, di scegliere con estrema cautela il lessico, di celare le proprie intenzioni dietro perifrasi accuratamente ponderate. Eh già! Perché il Mario minor, come il Mario maior, difendono gli interessi di persone intelligenti, che quindi sanno leggere (e leggono) fra le righe: non di analfabeti funzionali sobillati da arruffapopolo da strapazzo, dagli scopiazzatori di Goofynomics, da quelli che pensano che il 2025 sia il 2011, e quindi cercano il like sulla base di modalità di comunicazione tatticamente inappropriate...

Quanta pazienza ci vuole: ma non con Formigli, con voi!

Il ragionamento del Mario minor nel suo articolo del 1992 (tre mesi prima del riallineamento) è piuttosto lineare. Riallineare il cambio nell'estate del 1992 sarebbe stato impossibile perché gli altri Paesi membri non ce lo avrebbero consentito:


(e questa ovviamente è una sciocchezza, tant'è che poi abbiamo riallineato), ma soprattutto (e la ciccia del ragionamento è qui):


Capito? La preoccupazione del Mario minor era che, senza il ricatto di un cambio forte, non ci sarebbe stata una "profonda modifica nei rapporti fra lo Stato e il mercato del lavoro". Frase sibillina: che rapporti ha lo Stato col mercato del lavoro? Lo Stato lo disciplina, lo Stato vi accede (per le assunzioni), che cosa vuol dire Mario minor? Ma lo dice, basta leggerlo! La svalutazione "renderebbe meno cogente la pressione perché quegli interventi, che incontreranno profonde resistenze, siano impostati e realizzati". Insomma: se si fosse riallineato c'era il rischio che saltassero quelli che poi, il mese successivo, sarebbero stati battezzati come accordi di luglio, cioè l'abolizione della scala mobile.

Discussione e conclusioni

Rimetto le cose in ordine, perché magari vi siete persi.

Il 20 giugno del 1992 Monti non dice che la svalutazione ci avrebbe fatto male: dice che ci farà bene se però prima avremo riformato il mercato del lavoro smantellando la scala mobile, cosa che nel caso fosse venuta meno la "pressione" esercitata dal cambio forte si sarebbe rischiato di non fare.

Il 13 settembre del 1993 Monti non dice che la svalutazione ci aveva fatto bene: dice che non ci aveva fatto male come lui credeva perché non aveva impedito le politiche di rigore (e non aveva causato inflazione).

Non c'è alcuna contraddizione: c'è una coerenza assoluta attorno a un'agenda politica (se vogliamo proprio chiamarla così: io parlerei semplicemente di indirizzo politico) orientata a redistribuire il reddito dal lavoro al capitale. E non c'è alcun "complottismo"! Che l'economia funzioni così, cioè che il cambio forte serva a esercitare una pressione su alcune parti sociali (quelle più deboli) è materia da libro di testo! Non ci credete? Ecco qua:



(tratte da La politica economica nell'era della globalizzazione, di Franco Acocella, che adottavo nei miei corsi): "introdurre un elemento esterno di disciplina al comportamento di alcuni operatori... contrastare politiche salariali ritenute inflazionistiche...".

Tutto chiaro, no?

Ovviamente qualcuno potrebbe dire: "Ma nel pensiero del Mario minor, oltre a non esserci contraddizione - che effettivamente non c'è, perché leggendo il testo degli articoli non ci si trova quello che lettori frettolosi credono di aver letto in un titolo ambiguo e in un altro truffaldino - c'è anche sollecitudine verso il povero lavoratore: il Mario minor vuole salvare da se stesso l'elettore che, non essendo disciplinato, si esporrebbe all'inflazzzzzzzzzzzzzzzione, la più iniqua delle imposte ecc. ecc.".

Ecco.

Questa è la scemenza che va di moda nel Paese dei campanelli, quella secondo cui un riallineamento dello x% si traduce in una variazione dei prezzi interni dello x%. Il Monti del 1993 potrebbe giustificare quello del 1992 dicendo: "Ma io volevo solo evitare che i salari reali venissero falcidiati dall'inflazione! Ed è stata la riforma della scala mobile a evitare che lo fossero! Quindi ho fatto bene a sconsigliare un riallineamento nel 1992, e posso spiegare con le riforme intervenute il fatto che poi nel 1993 a riallineamento effettuato non ci sia stata una fiammata di inflazione!"

Ma noi sappiamo che questo argomento sarebbe specioso: lo sapevamo ex ante e lo sappiamo ex post. Ex ante, le stime del pass-through fra riallineamento e prezzi interni sono piuttosto basse! Lo studio più esaustivo resta ancora quello, che vi ho citato spesso, di Goldfajn e Verlang (2000), da cui traiamo questa tabella:


secondo cui dopo un anno al più un terzo della eventuale svalutazione si traduce in inflazione, e nei casi di crisi valutaria il trasferimento è ancora più lento:


tant'è che gli autori riconoscono che:


Ma anche ex post abbiamo visto che la modifica profonda delle istituzioni del mercato del lavoro non ha minimamente alterato il trasferimento di shock esterni all'inflazione interna! Ricordate questo grafico?


Lo avevamo visto insieme qui, e ci dice sostanzialmente che il trasferimento dei costi delle materie prime sull'inflazione interna è oggi assolutamente proporzionale a quello che era stato negli anni '70. Questo significa, in buona sostanza, che tante riforme del mercato del lavoro non hanno alterato in modo significativo la risposta del sistema.

Ora: si può mandare assolto il Mario minor per il fatto di non aver letto nel 1993 un articolo scientifico uscito nel 2000, come pure per non aver constatato nel 1992 che nel 2023 gli shock esterni avrebbero avuto più o meno lo stesso impatto che nel 1973! Non occorre a questo scopo troppa indulgenza per chi come noi è affezionato ad Aristotele e al calendario! Direi però che è molto, molto grave che nel 2025 ci siano ancora dei cretini che vanno in giro a dire che "una svalutazione produce un beneficio illusorio perché l'inflazione prodotta si mangia i salari reali". Non succede mai, come abbiamo documentato qui, l'unica eccezione essendo il Messico, proprio perché fa eccezione anche nel grafico di Goldfajn e Verlang!

Torno però al punto, che andrà sviluppato ulteriormente:


KitKot3 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La svalutazione è una droga!":

«Monti è sempre stato piuttosto rilevante, e se avesse detto che era opportuno svalutare ...»

Comprendo questa sua argomentazione, però qui non si tratta di un'intervista, bensì di un articolo sul Corriere che riporta la sua firma e titolato: Perché, [sic!]] oggi non si può svalutare.

Fonte: «Corriere della sera» del 20 giugno 1992.

Perché scrivere un articolo in merito se intellettualmente non condivideva la difesa della lira e politicamente una sua dichiarazione contraria avrebbe avuto ripercussioni politiche di cui non voleva assumersi le responsabilità? Non sarebbe stato più opportuno tacere?

Pubblicato da KitKot3 su Goofynomics il giorno 15 gen 2025, 18:56


Chiaro cosa c'è che non va in questo approccio? Chiare le motivazioni del collega Monti? Chiaro il loro fondamento politico, e la loro (in)consistenza economica?

Ecco.

Credo che questo case study possa essere utilizzato per mettere in prospettiva anche alcuni voltafaccia più apparenti che reali cui abbiamo assistito negli ultimi tempi (diciamo dal 2015 in poi). A conclusione, riporto due considerazioni che ho espresso nelle mie ultime dirette.

La prima è questa: ognuno di noi si sente unico (perché lo è), ma da qui a ritenere che la sensazione di vivere tempi unici sia fondata ce ne corre.

La seconda è questa: la vera svolta non sarà quando loro verranno a dirci le nostre verità, ma quando noi saremo lì a dire le loro menzogne.

(...immagino i commenti...)

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