…e torniamo a occuparci del nostro troll preferito, fonte inesauribile di ispirazione:
Marco ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "I want to be a currency. From now on, I want you all to call me 'Leuretto'.":
Leo: non conosci la storia economica. Svalutazione e scala mobile + deficit pubblico è esattamente quello che ci ha portato al declino. Al di là di quanto poi l'euro possa aver fatto male o bene, avere inflazione e debito pubblici elevati fa male e la svalutazione monetaria non ci sono prove empiriche né teoria economica che dimostrano che causino crescita economica. La monetizzazione del debito per finanziare il deficit causa inflazione. Finora prova contraria quella che proponi è la ricetta che ha portato l'Italia alla crisi finanziaria del 1992 e quindi al governo tecnico Dini, primo governo tecnico chiamato a fare quello che la politica non aveva il coraggio politico (non volevano perdere la poltrona) di fare.
Pubblicato da Marco su Goofynomics il giorno 9 gen 2025, 22:56
Ancora!? Ancora con queste stronzate lievi imprecisioni!?
Caro Marco, tanta ignoranza dovrebbe associarsi ad una maggiore modestia. Ti esorto a leggere questo articolo di Dani Rodrik, che sicuramente sa l’economia peggio di te e di quelli che a te sembrano economisti, ma siccome la vita è ingiusta, insegna in una università migliore di quella che hai frequentato tu (se l’hai frequentata) e di quelle dove insegnano quelli che a te sembrano economisti. Quando uno non sa niente, dovrebbe parlare poco. Agli operatori informativi che ce la menavano con la storia che la svalutazione è una droga, abbiamo cercato invano di far capire che la vera droga dell’economia è il cattivo credito, cioè il cattivo debito, e che l’unico vantaggio che abbiamo tratto dall’euro è stato quello di rendere questa droga più conveniente, e quindi più accessibile. I risultati si sono palesati sotto forma di una colossale crisi di debito privato, non pubblico. Non so come funzioni nel Paese dei campanelli, ma questa è ormai da anni la versione accettata dagli economisti non dico seri, ma conformisti, come Giavazzi. Se hai reclami da fare, falli a lui, non a noi, che non siamo autorevoli per il semplice fatto che eravamo arrivati cinque anni prima di lui alle stesse conclusioni.
Hai proprio ragione: la vita è ingiusta! Tuttavia, se posso, non è con l’ignoranza che rimedierai a questo tipo di ingiustizie. Stammi bene!
La svalutazione è una droga!
RispondiEliminaChiedo venia per la mia ignoranza, ma debbo porre una domanda tecnica: per rivalutare basta vendere le proprie riserve valutarie (lo fece l'Italia nel 1992 per fronteggiare la speculazione di Soros su un cambio della lira -italiana e sterlina- sopravvalutato: inutile evidenziarne l'esizialità.
Ma se voglio svalutare una moneta, in pratica, che devo fare, considerando che devo trovare un acquirente ben disposto (o mal disposto, considerando che l'acquisterà a cambi man mano sempre più vantaggiosi per lui, ma che svalutano la moneta già precedentemente acquistata)? Già, ci sarebbero i dazi, ma non saprei dire quando l'Italia ne abbia fatto uso, almeno dopo il 1943.
Ad esempio fare l'esatto contrario di ciò che lei ha spiegato: comprare valuta estera con valuta nazionale, oppure effettuare abbondanti emissioni di moneta, come il nostro Draghi fece dopo il 2011, riuscendo a più riprese a svalutare pesantemente l'euro rispetto al dollaro (ricorda il QE?).
EliminaPer quanto riguarda invece la crisi del 1992, è più interessante ciò che era avvenuto prima: l'Italia era entrata nella fascia di oscillazione ristretta del cambio della lira, e per mantenere il proprio cambio stabile, mentre tendeva a declinare, e al di fuori dell'acquisto di propria valuta con valuta estera, una strada percorsa dall'Italia è stata sicuramente quella di garantire importanti interessi sul proprio debito sovrano, per invogliare gli stranieri a comprarlo e quindi a procurarsi valuta nazionale, sostenendone in questo modo il cambio. E' il risultato che si voleva ottenere separando la Banca d'Italia dal Tesoro: l'aumento dei tassi ha fatto esplodere gli interessi sul debito rendendo necessario raggiungere un consistente avanzo primario di bilancio pubblico, cioè la famosa "disciplina dei conti" anelata dai nostri "padri" dell'Euro.
Spero di non aver scritto troppe sciocchezze e di non essere fulminato dal Prof...
«comprare valuta estera con valuta nazionale»
EliminaChiedo perdono, ma mi sento particolarmente ignorante in materia. Chi è il compratore così masochista da vendermi valuta estera in cambio di valuta nazionale che - vista l'ingente mole di valuta nazionale che dovrei immettere nel mercato - si espone ad un tal rischio di cambio? E soprattutto: dopo che se ne fa? Compra beni italiani pagandoli in lire, avendole acquistate (le lire) a prezzi superiori al minimo? Insomma, non riesco a comprendere la tesi di chi sostiene che "l'Italia svalutava". Sarà che ho vissuto solo un'epoca in cui l'Italia ha cercato di mantenersi all'interno dello SME rivalutando. Ma di preciso, quando l'Italia ha "svalutato intenzionalmente" ? E di preciso, come vi è riuscita concretamente?
P.S. Il resto del suo commento mi è chiaro.
P.S. Ok, la DE è riuscita a svalutare, ma ci son voluti i fessacchiotti che aderissero all'EMU e, prima ancora, i tedeschi della DDR che accettarono di buon grado la rivalutazione della loro moneta, lasciando che il marco della RDT -implicitamente - si svalutasse. La conseguenza mi pare sia stata identica.
EliminaP.P.S. Siamo ancora tutti memori e grati sia a Ciampi per l'entrata nella fascia di oscillazione ristretta - costato inutilmente 48 miliardi di dollari (più un considerevole aumento del tasso di disoccupazione) nel tentativo vano [ed un pochino tronfio] di rimanervi - che ad Amato per la patrimoniale - i.e. il prelievo forzoso su c/c.
EliminaP.P.P.S. Se non erro UNIBI ha conferito a Soros la laurea honoris causa per quella speculazione finanziaria. Ecco, direi che questo è puro masochismo!
Scusami, ma non hai visto come ha fatto l’euro a svalutare? Semplicemente 🍇 ha guidato i tassi sottozero, questo ha fatto cadere la domanda di attività denominate in euro rispetto a quelle denominate in altre valute, e il prezzo dell’euro è sceso. Questo è uno dei tanti canali attraverso i quali si può realizzare questo risultato. Quanto alla domanda su chi compra se io vendo, o se tutti vendono, me la sono posta anch’io all’università, e ricordo bene la mia perplessità di fronte alle dispense di Gandolfo, che, nello specificare che qualcuno vendeva, non specificavano chi comprasse. Avevo esattamente il tuo stesso dubbio. Era però un difetto di basic economic reasoning (e anche di erogazione didattica). Quale dettaglio mi sfuggiva?
EliminaSulla sua ultima domanda devo rifletterci, perché non essendomi laureato in economia ma in Fisica, ancora non trovo risposta. La prima precisazione che invece mi ha fatto è preziosa, anche se il mio dubbio verteva sulla lira, ovvero: c'è stato un periodo in cui l'Italia ha "manipolato" il proprio cambio sulla lira - ad es. abbassando i tassi d'interesse - per svalutarlo in modo competitivo?
EliminaP.S. Una possibile risposta - ma sarà probabilmente errata - alla sua ultima domanda è continuare ad abbassare il prezzo di qualcosa (in questo caso offrire un importo di lire sempre più alto per comprare un'altra valuta), finché non trovo un compratore, il quale poi userà le lire per comprare beni prodotti in Italia. Un'altra possibilità sarebbe comprare massicciamente titoli nella valuta verso la quale si vuole svalutare. Uhmm, a questo punto mi viene il sospetto che non sia necessario esser venditori. Per cortesia, mi faccia sapere quanto sono andato lontano dal bersaglio. Grazie.
Mi fa specie leggere che secondo il commentatore in questione "la svalutazione monetaria non ci sono prove empiriche né teoria economica che dimostrano che causino crescita economica". Ehm, in Italia avevamo debito e inflazione e, con la svalutazione, la crescita economica c'era. Da quando abbiamo cambiato ricetta la crescita economica non c'è più. Empirìa portami via. E qui emerge con prepotenza il tema del rapporto tra verità e credenza. Non ci sono mai prove abbastanza per chi ha deciso di non credere una certa cosa.
RispondiEliminaNon sono in grado di trovare i dati ma così "a naso" mi sembra che la turchia di questi ultimi 25 anni con la sua "superinflazionata" lira ( si sa "le lire" fanno tutte schifo)sia molto più cresciuta( anche solo in termine di PIL/procapite) de l' italia "salvata" dal mitico "eurone".
EliminaMolto probabile, e possiamo controllarlo, ma bisogna anche considerare che in questo caso sono in gioco le forse della convergenza neoclassica, di cui ci siamo occupati ad esempio qui:
Eliminahttps://goofynomics.blogspot.com/2015/11/crescita-neoclassica-for-dummies.html
È piuttosto normale che un paese più arretrato cresca più rapidamente di un paese più avanzato, secondo il modello standard. Poi ovviamente il mondo è più complicato di così.
Ma questa giusta osservazione non è ragione di più per criticare l "eurone" visto che noi alla sua nascita partivamo "dietro" a francia e germania e senza "la liretta" siamo andati ancora più "indietro" ?
Elimina.
L’osservazione è giusta fino a un certo punto, nel senso che lo sarebbe se potessimo avere una totale fiducia nel modello neoclassico. Le asimmetrie che sconsigliavano l’entrata nell’unione monetaria a mio avviso erano di alta natura.
Elimina@mark bosshard: hai dei concetti di evidenza empirica e teoria economica abbastanza rivedibili. Gli studi di questo tipo si fanno su panel di, per esempio, un centinaio di paesi dal 1980 al 2010. Prendere il caso Italia dall'anno x all'anno y e spararlo nella stratosfera non è molto robusto come metodo. A quel punto per invalidare la tua "tesi" basterebbe prendere il caso di un singolo paese che è cresciuto senza svalutazione monetaria e il gioco è fatto.
Elimina“ Ah, anche econometrico!” (semicit.). Marco, per cortesia, per pietà: ma tu che ne sai di come si fanno degli studi empirici? Ne hai mai fatto uno? Io non so lo so come si fanno, ma so anche come si pubblicano, e ne ho pubblicati molti, e, pensa un po’, proprio utilizzando le tecniche Panel. Le ho utilizzate perché sono particolarmente utili? No. Se vuoi sapere cosa ne penso, la maggior parte di queste tecniche sono sostanzialmente inutili, ma i lavori che le utilizzano si prestano a essere pubblicati perché, soprattutto negli sviluppi recenti (quelli che si riferiscono al concetto di cointegrazione), le stime panel sono sufficientemente complicate da impressionare i referee. Full stop. Mi spieghi in che cosa fare un gran mischione fra Colombia, Thailandia, Danimarca, Egitto e Nuova Zelanda può riuscire a far avanzare significativamente il progresso scientifico? Soprattutto su un tema come questo non mi sembra una buon idea, dal momento che un conto sono paesi trasformatori, e un conto sono paesi che vivono di risorse primarie. Ma soprattutto, le analisi empiriche devono comunque essere guidate da un paradigma, devono comunque appoggiarsi a un modello teorico. Qui, per chi lo ha ascoltato, diventa rilevante il discorso che ho fatto a Ca’ Sagredo su Kuhn e sul ruolo dei paradigmi nell’avanzamento del pensiero scientifico. Il pensiero di Marco, di cui voi avete la possibilità di apprezzare il rigore, è un chiaro esempio del contrario, di come non far avanzare la “scienza normale”: andando alla ricerca di correlazioni al di fuori di un qualsiasi paradigma interpretativo, mettendo insieme rape, clarinetti, pecore e ameriste.
EliminaIo un modello teorico che illustri l’impatto sulla crescita di lungo periodo di una valuta correttamente apprezzata ce l’ho e l’ho pubblicato.
Il discorso su Kuhn, per chi vuole recuperarlo, si trova qui:
https://m.youtube.com/watch?v=c3ieZ5zxMQM
Interessante che la promessa (e il rischio!) dei modelli data driven -ovvero dell’IA- sia di presentarsi come oltre i paradigmi e quindi obbiettiva in quanto capace di far parlare i dati con parole loro. Ci si sta già accorgendo che non è così, chiaramente, ma la pezza che ci si mette è peggiore del buco: cercare “algorithmic fairness”.
EliminaEd anche oggi l' opera di misericordia spirituale (insegnare agli ignoranti o perlomeno cercare di insegnare ), è stata fatta; grazie Bagnai.
RispondiEliminaPerò mi sorge un dubbio che oltre all'ignoranza, palese, il nostro amico abbia bisogno anche dell'affiancamento di altri esperti, in medicina. Mi permetto di dissentire (vedi dizionario) la " lieve imprecisione" che svalutazione e debito pubblico portarono l'Italia in declino, con il rammentare il fatto reale che negli anni fine 1980 e primi 1990 l'Italia divenne la quarta potenza economica mondiale. Dopo Usa, Giappone e Germania.E questo nonostante il mai troppo maledetto divorzio tra Tesoro e banca d'Italia
Ma una di quelle droghe pesanti, che determina l'immoralità eterna caro Professore; insomma non una "cannetta" da quattro soldi.
RispondiEliminaCome ben sappiamo, infatti, da quelle parte alcune droghe possono essere salutari ed anzi sempre da quelle parti si sostiene che sarebbe sciagurato inibire la guida a chi ne fa uso costante. Quanto alla svalutazione, invece, è una di quelle droghe che non si "svalutano" mai...in modo particolare se trattasi della Liretta. Poi dopo si risponde che "l'autorazzismo non c'azzecca una fava". Poco importa se l'Eurone (niente a che vedere con la Liretta puzzolente) sia passato da un tasso di cambio di 1,5 contro dollaro alla parità in relativamente poco tempo...quella non è droga è il trionfo illuminato della ragione lucida!
Un saluto
Non bisogna essere lucidissimi, in effetti, per postare dei commenti come quello di Marco sotto a un post in cui si mostra di quanto abbia svalutato l’euro.ma qui siamo, come diceva Mark, nel campo delle credenze quindi non importa se una moneta svaluti o rivaluti: importa che non sia la lira, perché la lira è il simbolo Dell’Italia, cioè di quel paese da cui gli abitanti del Paese dei campanelli (che sono, come sapete, tutti degli expat) si sentono non valorizzati. Loro non sono riusciti a valere abbastanza da crearsi una carriera in un Paese che secondo loro non vale niente, e quindi odiano questo Paese, il che spiega questo loro strano strabismo. Siamo vicini alla loro sofferenza, umanamente, ma intellettualmente giudichiamo i fenomeni economici sulla base delle evidenze quantitative. Se una valuta si svaluta, si è svalutata e non importa come si chiami.
EliminaCerto Professore, del resto non mi aspetto proposte/riflessioni logiche da chi pensa di "fermare il declino" in ambito scolastico abolendo il Liceo Classico in un Paese con la nostra storia le nostre radici culturali.
EliminaBuon fine settimana.
comunque c'è svalutazione monetaria e svalutazione monetaria, così come c'è paese e paese.. all'italietta della liretta fece bene, ad altri paesi del terzo e quarto mondo un pò meno; ma forse questo è un altro discorso
RispondiEliminaÈ evidente che Marco confonde causa ed effetto, soprattutto alla luce dell'esempio che riporta, la crisi economica del 1992, avvenuta proprio per difendere il cambio imposto dalla banda ristretta dello SME (in)credibile.
RispondiEliminaE a tal proposito Mario (non LVI ma l'altro) il 12 Settembre 1993 ci disse che "LA SVALUTAZIONE CI HA FATTO BENE"
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/09/12/la-svalutazione-ci-ha-fatto-bene.html
Inoltre sul tema della svalutazione riporto un ulteriore passaggio del pensiero di Federico Caffè sempre tratto dal libro LA DIGNITÀ DEL LAVORO:
"Non intendo fare l’apologia della svalutazione: intendo dire che, a volte, si tratta di uno strumento adatto alla circostanza. Legandoci a un accordo che ci priva di uno strumento di politica economica (e gli strumenti validi in politica economica sono molto pochi), il modo di agire della politica economica si impoverisce. Il significato ultimo dell’accordo, nonostante il margine maggiore di oscillazione accordato dalla nostra moneta, è che il nostro Paese viene a limitare la manovrabilità di uno strumento di politica economica.
Privarsi di uno strumento di politica economica è molto grave per un Paese che, tutto sommato, può fare affidamento solo sulla politica monetaria, data la scarsa possibilità della politica fiscale e l’inesistenza di una politica dei redditi. A questa rinuncia dovrebbe far riscontro almeno una certezza: che la perdita di autonomia nella gestione del cambio non si traduca in un rapido volatilizzo delle riserve valutarie accumulate nell’interesse di sostenere il cambio. Adesso siamo tanto orgogliosi di questi 21 miliardi di riserve valutarie disponibili: ma non si deve perdere di visita che, a fronte di esse, c’è la massa dei disoccupati, di giovani che non trovano lavoro. Quindi, prima che le riserve valutarie siano consumate per sostenere tassi di cambi irrealistici, occorre che le procedure previste dal sistema monetario per assicurare l’adozione di politiche equilibratrici, sia da parte dei Paesi eccessivamente debitori sia da parte di Paesi eccessivamente creditori, siano effettivamente operanti.
Il mio dubbio, che debbo esprimere per sincerità ma con l’augurio che non trovi conferma, è che, come nel passato, quello che è scritto sulla carta venga trascurato e certe forme di intervento siano più gravose per i Paesi deficitari che non per i Paesi eccedentari."
Zitto tu, che non sai l’economia!
EliminaEffettivamente io non sono uno economista, quindi...
EliminaBravo! Non sei mica come Marco. Scusami se te l’ho fatto notare…😂
EliminaSei kattivoh! 🥺
EliminaMa questa citazione di Caffè cosa dovrebbe dimostrare? Se conosci un paper o un qualche studio dove si mostrano gli effetti benefici sulla crescita della sottovalutazione del tasso di cambio per paesi sviluppati sono felice di leggerli. Io ne ho letti diversi e dicono tutti che gli effetti sono tendenzialmente nulli o negativi.
EliminaAh, addirittura “diversi“! Ma ad esempio questo lo hai letto:
Eliminahttps://openknowledge.worldbank.org/bitstreams/a8e6201c-b51d-57c1-99d3-8b8028ecc839/download
E questo:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1059056023000990
E potrei continuare. Ma è abbastanza inutile questo scambio di paper fra uno che li sa scrivere e uno che non li sa leggere. Secondo me sarebbe più utile che tu ci dicessi con parole tue, perché mai Draghi sostiene che in Europa siamo stati costretti a competere fra noi giocando al ribasso sui salari e perché questo avrebbe danneggiato la nostra crescita e compromesso il nostro modello sociale. Perché non ci spieghi questo?
@Bagnai: ma il paper di Eichengreen esattamente come dovrebbe sostenere la tua tesi? A me sembra proprio che sostenga piuttosto la mia.
Elimina“But the controversy surrounding this model suggests that there may be costs as well as benefits of keeping the real exchange rate low, especially if the authorities stick with the policy for too long. […] It may entail the accumulation of large amounts of relatively low-yielding foreign exchange reserves, using national resources that are devoted to other purposes (Including consumption translating into higher living standards for residents). It may mean that the adjustment ultimately comes about via a costly and financially disruptive inflation. This suggests that countries seeking to use a competitive exchange rate to jump-start growth also need to develop an exit strategy to avoid getting locked into a strategy that has outlived its usefulness.”
Questo pezzo, oltre a dire che la sottovalutazione del cambio comporta sia benefici che costi, contiene altre due tesi sostenute da Eichengreen, ovvero che il tasso di cambio sottovalutato serva per i paesi emergenti a fare un jump-start growth e che a una certa questi paesi debbano avere una exit strategy dal modello di crescita export-led.
“When asked about the fundamental determinants of growth, economists tend to focus on, inter alia, education and training, savings and investment, and the institutional capacity to assimilate and generate organizational and technological knowledge. The real exchange rate is best thought of as a facilitating condition: keeping it at competitive levels and avoiding excessive volatility facilitate efforts to capitalize on these fundamentals. Even a facilitating condition can be important. Development experience — first and foremost that of the high-growth economies of East Asia, but also development experience generally —shows that keeping the real exchange rate at competitive levels can be critical for jump-starting growth.”
“This way of framing the issue also points to the question of how long to stick with the policy. If keeping the exchange rate competitively valued and limiting volatility are mainly useful for jump-starting growth, then the case for doing so will become less compelling once growth has successfully started. As domestic demand for the products of the modern sector develops, it will no longer be necessary to rely on export demand to the same extent. Resisting may mean that the adjustment ultimately comes about via a costly and financially disruptive inflation.”
In poche parole, svalutare serve avviare la crescita in economie emergenti/povere, dopodiché serve la solita lista della spesa di istituzioni, istruzione, investimenti in tecnologia avanzata ecc ecc. Mantenere il cambio sottovalutato alla lunga porta inflazione e inefficienze allocative between industries.
Anche in quest’ultimo passaggio che riporto ci possiamo rivedere la storia italiana, fatta di persistente specializzazione in settori manifatturieri a media tecnologia e piccola dimensione d’impresa, e mancato passaggio a investimenti in settori a maggiore tecnologia e crescita, come può essere l’ICT. Il solito disco praticamente.
“A real exchange rate that continues to favor export-oriented manufacturing along the coasts stunts the development of the service sector and heightens inequality with other regions. […] Sooner or later excessive concentration on this sector will translate into declining efficiency of investment. Resisting market pressures for currency appreciation and better-balanced growth means that adjustment may come about through inflation.”
Nell’appendice 1 la parte econometrica: “The model is estimated on a sample of 28 industries for 40 emerging market countries using annual data covering the period 1985–2003” e la variabile dipendente è “rate of growth of industry employment”. Sinceramente non so cosa possa dimostrare questa roba riguardo quello di cui stiamo discutendo.
L’altro paper non l’ho letto e direi che va anche bene così.
«E a tal proposito Mario (non LVI ma l'altro) il 12 Settembre 1993 ci disse che "LA SVALUTAZIONE CI HA FATTO BENE"»
EliminaMa è lo stesso Mario che trovo citato in questo passo:
‹
Il 5 luglio la banca d'Italia alza i tassi di interesse (ormai lo può fare senza il permesso del Tesoro)», ma non basta a consolidare la lira: basta appena a deprimere la Borsa. A me sembra evidente che la lira non reggerà a lungo, ma Amato e Ciampi sono di parere diverso. Li appoggia fra gli altri, Mario Monti, un economista che di moneta se ne intende più di me, col quale però non posso più essere d'accordo. Sul «Corriere» del 20 giugno [1992] Monti ha preso una posizione testarda che non modificherà: «Non si può svalutare.»
›
Sergio Ricossa, Come si manda in rovina un paese, Soveria Manelli, Rubettino, 2012, pgg. 244-245
Purtroppo non ho potuto verificare il riferimento all'articolo citato.
Errata: "Ma è lo stesso Mario che trovo citato in questo passo:"
EliminaCorrige: "Ma è lo stesso Mario che trovo citato in questo passo?"
Non ci vedo nulla di strano. Anzi: mi sembra tutto piuttosto ovvio, e per certi versi, forse, anche scusabile. Vi fornisco due chiavi di lettura antitetiche ma complementari. Da un lato qui siamo abituati a valutare le posizioni in base alla loro coerenza intellettuale, ricordandoci i bei tempi in cui eravamo degli intellettuali, cioè delle persone che per definizione non contano nulla. In questo senso, una persona che mente sapendo di mentire, meriterebbe tutto il nostro disprezzo. Dall’altro però ci sono dei ruoli in cui la parola assume un valore performativo, può innescare aspettative autorealizzanti. Monti è sempre stato piuttosto rilevante, e se avesse detto che era opportuno svalutare, questo avrebbe avuto delle conseguenze immediate di cui probabilmente lui non si voleva assumere la responsabilità politica, nonostante potesse avere piacere di assumersene la paternità intellettuale (trattandosi di una posizione corretta).
EliminaVe lo dico perché, come avrete capito, sto cercando di contrastare il facile ottimismo del “qui viene giù tutto”, alimentato dai tanti voltafaccia a cui stiamo assistendo, dei quali il più clamoroso è quello del nemico giurato di questo Mario, l’altro Mario. La gente ha sempre cambiato idea, voltafaccia clamorosi ci sono sempre stati, con l’unica differenza che la digitalizzazione e il mondo dei social ci consentono di dar loro più risalto, mentre di quelli avvenuti all’epoca il cartaceo senza fonti come il saggio che citi se ne sarebbe persa la memoria. Quindi i voltafaccia ci sono sempre stati, ma non è venuto mai giù un cazzo di niente, anzi: abbiamo continuato la nostra silenziosa e inesorabile discesa lungo il piano inclinato. Credo che non sia disfattista, ma al contrario realista, riconoscerlo, perché il modo migliore per invertire la rotta è cominciare da non farsi troppe illusioni. Magari sbaglio, ma pensateci su…
«Monti è sempre stato piuttosto rilevante, e se avesse detto che era opportuno svalutare ...»
EliminaComprendo questa sua argomentazione, però qui non si tratta di un'intervista, bensì di un articolo sul Corriere che riporta la sua firma e titolato: Perché, [sic!]] oggi non si può svalutare.
Fonte: «Corriere della sera» del 20 giugno 1992.
Perché scrivere un articolo in merito se intellettualmente non condivideva la difesa della lira e politicamente una sua dichiarazione contraria avrebbe avuto ripercussioni politiche di cui non voleva assumersi le responsabilità? Non sarebbe stato più opportuno tacere?
Spero che mi venga dato diritto di replica.
RispondiEliminaPrima di tutto grazie per avermi consigliato il paper di Rodrik, una lettura interessante che mi conforta riguardo quello che ritenevo essere corretto, ovvero che la svalutazione monetaria per i paesi avanzati non serve a niente.
Rodrik lo dice in tutte le salse nel paper: per i paesi sviluppati la sotto-valutazione del tasso di cambio reale non ha impatto sulla crescita.
Sono riportare diverse regressioni fatte con diversi metodi di misurazione del tasso di cambio reale e del suo impatto sulla crescita e in tutte tranne una (tabella 3 pagina 380) il coefficiente stimato per i PAESI SVILUPPATI non è statisticamente diverso da 0.
Interessanti tra l’altro le considerazioni che fa nel capitolo Understanding the Importance of the Real Exchange Rate. Essendo che il settore tradable soffre maggiormente di quello dei non tradable per le due tipologie di problematiche proposte, entrambe questioni “offertiste”, usare il tasso di cambio può essere un’arma “SECOND-BEST” per ottenere crescita: “Real undervaluation can then act as a second-best mechanism for spurring growth of tradables and for generating more rapid overall economic growth”.
In poche parole la sua spiegazione del perché la sotto valutazione del cambio porta crescita nei paesi in via di sviluppo è che permette di abbassare i costi prodotti da inefficienze varie “lato offerta”. Il “first-best” sarebbe migliorare le istituzioni e i fattori lato offerta, ovvero diventare un paese sviluppato, dove i costi delle inefficienze di cui parla sono inferiori e quindi l’effetto positivo della sotto-valutazione scompare: “the first-best strategy is clear, if fraught with practical difficulties: eliminating the institutional and market failures in question would do away with the policy dilemmas.”
Nelle pagine finali il Rodrik ci dice anche che “Maintaining a real undervaluation requires either higher saving relative to investment or lower expenditure relative to income. This can be achieved through fiscal policy (a large structural surplus), incomes policy (redistribution of income to high savers through real wage compression)”. Anche questo coerente con quello che ho sostenuto, ovvero che la svalutazione del cambio equivale a una compressione dei salari reali, a tutto vantaggio dei “capitalisti” esportatori (fatto abbastanza banale).
Negli anni ’70 e ’80 questa compressione veniva compensata con deficit fiscale e scala mobile, che portavano ad avvitarsi in una spirale di inflazione (maggiore degli altri paesi, dimostrare che l’inflazione è correlata ai prezzi energetici non serve, bisogna guardare al differenziale di inflazione rispetto agli altri paesi europei), perdita di competitività, deficit, maggiori interessi sul debito e ancora inflazione. Quando è finito lo spazio fiscale per alimentare la giostra la festa è finita.
Quindi per tornare al nostro caso, la svalutazione della lira molto probabilmente non ci avrebbe dato vantaggi di crescita aggiuntiva (a meno di non considerare l’Italia un paese in via di sviluppo), ma in compenso avremmo rinunciato ai benefici dell’euro.
Per concludere, mi permetto di linkare due papers che supportano la mia tesi: questo e questo.
Rodrik parla anche di diseguaglianze all'interno dello stesso paese..ti dice niente l'espressione "questione meridionale"? dovresti liberarti dei molti bias cognitivi e della sicumera intellettualoide che ti offuscano l'obiettività del giudizio
EliminaMi sembra che tu ti ostini a non voler vedere ed accettare i fatti.
EliminaL'euro di fatto è da diversi anni che si sta svalutando nei confronti del dollaro, quindi non è una monetona forte e stabile per come la intendi tu. Inoltre anche dentro l'euro abbiamo avuto una fiammata inflattiva importante causata da uno shock energetico, quindi di natura esogena, ma senza un meccanismo simile alla scala mobile, i salari reali sono calati e l'euro non è riuscito a proteggerli, ne ad evitare la fiammata inflattiva.
Quelli che ho citato sopra sono FATTI non opinioni.
Detto questo, la BCE nel RESEARCH BULLETIN NO. 36 intitolato
"Monetary-fiscal interactions and the euro area’s vulnerabilità", cioè questo:
https://www.ecb.europa.eu/press/research-publications/resbull/2017/html/ecb.rb170629.en.html
ci informa di questa piccolissima consegna avuta con l'adesione all'euro:
"FINAL REMARKS
In an economy with its own fiat currency, the monetary authority and the fiscal authority can ensure that public debt denominated in the national fiat currency is non-defaultable, i.e. maturing government bonds are convertible into currency at par. With this arrangement in place, fiscal policy can focus on business cycle stabilisation when monetary policy hits the lower bound constraint. However, the fiscal authorities of the euro area countries have given up the ability to issue non-defaultable debt. As a consequence, effective macroeconomic stabilisation has been difficult to achieve. Coordinating the fiscal policy of the individual countries around a common euro area, non-defaultable debt instrument would improve business cycle outcomes. Corsetti et al. (2016) describe this proposal in greater detail and discuss possible challenges, including the risk of a restructuring of national public debt."
Che tradotto grossolanamente significa questo:
" Osservazioni finali
In un'economia con una propria valuta fiat, l'autorità monetaria e l'autorità fiscale possono garantire che il debito pubblico denominato nella valuta fiat nazionale non sia insolvente, ovvero che i titoli di Stato in scadenza siano convertibili in valuta alla pari. Con questo accordo in atto, la politica fiscale può concentrarsi sulla stabilizzazione del ciclo economico quando la politica monetaria raggiunge il vincolo del limite inferiore. Tuttavia, le autorità fiscali dei paesi dell'area dell'euro hanno rinunciato alla capacità di emettere debito non insolente. Di conseguenza, è stato difficile ottenere un'efficace stabilizzazione macroeconomica. Coordinare la politica fiscale dei singoli paesi attorno a uno strumento di debito comune dell'area dell'euro non insolvente migliorerebbe i risultati del ciclo economico. Corsetti et al. (2016) descrivono questa proposta in modo più dettagliato e discutono le possibili sfide, tra cui il rischio di una ristrutturazione del debito pubblico nazionale."
Per concludere e per capire l'utilità di un tasso di cambio flessibile in caso di schok economico e conseguente crisi, come quella del 2008 ad esempio, risulta molto interessante questa lettura:
" In a Great Recession, the case for flexible exchange rates is alive and well.
Keith Kuester Giancarlo Corsetti / 16 Sep 2017"
https://cepr.org/voxeu/columns/great-recession-case-flexible-exchange-rates-alive-and-well#:~:text=crisis%20Macroeconomic%20policy-,In%20a%20Great%20Recession%2C%20the%20case%20for%20flexible,rates%20is%20alive%20and%20well&text=The%20classic%20rationale%20for%20flexible,by%20the%20zero%20lower%20bound
Il paper linkato da Bagnai non mi sembra parli di disuguaglianze e non conosco tutto quello che ha scritto Rodrik. E poi che c'azzecca la svalutazione con le disuguaglianze?
Elimina***ai benefici dell’euro***
EliminaOh Marco , QUALI "benefici" e soprattutto per CHI ?
Di sicuro NON per i "salariati " italiani ( stiamo andati indietro da trentanni) ma nemmeno per i "capitalisti" italiani oramai ridotti a puri "rentiers" di attività gestite da "altri "
@Marco una svalutazione monetaria mirata avrebbe probabilmente aiutato il meridione a colmare il gap con il nord produttivo, soprattutto in momenti di recessione economica; sud e nord italia non dovrebbero avere la stessa valuta, altrimenti la situazione non potrà che peggiorare, in assenza di forti politiche espansive (ed il ponte sullo stretto, mi spiace per Salvini, non potrà fare molto)
EliminaMarco ho difficoltà a seguire il tuo pensiero.
EliminaPrima dici che "Svalutazione e scala mobile + deficit pubblico è esattamente quello che ci ha portato al declino" (parole tue) e poi leggendo il paper di Rodirk ammetti che "Rodrik lo dice in tutte le salse nel paper: per i paesi sviluppati la sotto-valutazione del tasso di cambio reale non ha impatto sulla crescita" (parole tue). Dunque la fantomatica "svalutazione", pardon, il fisiologico aggiustamento del tasso di cambio al tempo della lira non incideva negativamente sulla crescita; pertanto non può aver portato al declino. Giusto? Se "non ha impatto" significa che "non nuoce".
Un secondo punto è che, mentre la sottovalutazione "non incide sulla crescita" per le economie sviluppate, cioé non arreca danno né giovamento, sembra proprio che la sopravvalutazione faccia danni eccome! Rodrik dice a pagina 365 del paper che: "Avoiding significant overvaluation of the currency is one of the most robust imperatives that can be gleaned from the diverse experience with economic growth around the world, and one that appears to be strongly supported by cross-country statistical evidence". Ed infatti leurone nel primo decennio ci ha fatto male. Dunque è leurone che causa declino, non la liretta. Ti trovi?
La liretta non è preferibile a leurone perché "la svalutazione ci fa crescere". La liretta è preferibile a leurone perché la sopravvalutazione ci danneggia e ci converrebbe usufruire di fisiologici aggiustamenti del tasso di cambio. Nel peggiore dei casi, la sottovalutazione non fa tanti danni quanto la sopravvalutazione. Infatti ce la siamo passata peggio con leurone che con la liretta.
Raffaele le contraddizioni nel pensiero di Marco non è che si manifestino nei suoi commenti, ma in ogni frase o forse parola che scrive.
EliminaL'unico filo rosso che tiene tutto insieme è l'odio verso l'Italia, che (a sua parziale discolpa) purtroppo spesso inculcano già nei sistemai educativo ed universitario e questo aumenta l'importanza del lavoro che ha fatto il Professore prima a livello divulgativo e poi a livello politico.
Quindi per lui la Lira (che è solo una metafora che identifica noi e la nostra autonomia di auto governarci) è zozza se convive con tassi reali positivi o negativi, inflazione o deflazione. È venuto qui sostenendo che la causa del declino è stata la svalutazione ed ora sostiene che sia fenomeno senza effetto concreto e che i prezzi non contino nulla.
Non c'è nulla di logico in quello che scrive, vuole solo gettare fango sull'Italia e portare avanti la tesi che altri debbano decidere per noi, in quanto noi necessitiamo anche sul piano delle politiche fiscali e monetarie (oltre a quelle consolidate da 70 anni di ordine militare) del "tutore". Lo dice a chiare lettere che noi ce l'abbiamo troppo piccolo per fare da soli; cito: "che la banca centrale di un paese possa telecomandare il tasso di cambio della valuta a piacimento, soprattutto per un paese relativamente piccolo come l'Italia, è parecchio dubbio e infatti si è visto come lo abbiamo controllato nel 92."
Introduce parametri totalmente inventati, per esempio la grandezza del pennello per gestire la politica monetaria🤣.
In sostanza la Marconomics, schiaffeggiando in sequenza sia Socrate che Aristotele, prevede che:
1) un paese di 60 milioni di abitanti non possa gestire in autonomia la propria politica monetaria, mentre uno di 80 la possa gestire per 350 milioni di persone che parlano lingue diverse, hanno fondamentali macroeconomici diversi ecc ecc
2) Qualsiasi cosa faccia la Lira, farà sempre schifo, anche da morta. Se si apprezza, se si deprezza, se si accompagna a tassi alti o bassi. Non importano i dati, l'importante è sapere di far schifo.
3) L'eurone è al di sopra di ogni svalutazione perchè garantito dalla razza ariana, per cui i dati diventano superflui dinanzi a lui.
4) I prezzi non contano nulla, però se e solo se sei la Lira e abbassi i prezzi o subisci le rivalutazioni altrui, finirai in declino meritato
5) Quando un paese rinuncia alla gestione della propria politica monetaria/valutaria non la sta cedendo ad organismi che limitano la sovranità nazionale, trasferendola a chi in quegli organismi esercita a suo favore i rapporti di forza! GIAMMAI! La sta fideisticamente rimettendo nelle mani di un ente metafisico che piloterà la politica dei tassi seguendo le istruzioni infallibili di Nostro Signore.
Saluti
Sì, mi duole dirlo, ma purtroppo devo farlo: quello che emerge dalla lettura dei commenti di Marco è un abisso di povertà non tanto culturale (non aver studiato economia), quanto intellettuale e soprattutto umana (l'odio verso il prossimo che rimpiazza in scioltezza un minimo di logica aristotelica). Notate che questo tipo di disposizione avvia un processo circolare e cumulativo nel senso di Myrdal, perché se sei così non potrai che fallire e avere quindi la necessità di attribuire ad altri o altro la responsabilità del tuo fallimento. E quale capro espiatorio migliore della "società", del Paese in cui vivi, quello in cui tutti (tranne te) sono dei cialtroni profittatori!?
EliminaSolo che ragionando così si continua a fallire.
Strano che una persona che svaluta così tanto se stessa abbia preso a idolo polemico la svalutazione, quando il problema, poi, è esattamente contrario, è quello che dice Raffaele...
@Leo: ma secondo te la BCE pubblica articoli che vanno contro l’euro? Quella roba serve per dire che bisogna fare il MES o qualche forma di eurobond per stabilizzare il ciclo con la politica fiscale in caso di crisi. Lo dicono chiaramente nel paragrafo Effective macroeconomic stabilisation.
EliminaSe ti leggi il paper da cui è tratto l’articolo su Vox vedrai che è un paper assolutamente teorico dove gli autori propongono il loro modello per verificare gli effetti sull’economia di politiche fiscali e monetarie messe in pista in seguito ad un “large external demand shock” tenendo conto di diversi potenziali vincoli su entrambe le politiche (vincolo zero lower bound, peg del tasso di cambio, limitazioni alla politica fiscale dovute a rischio sovrano). Contestano il modello di Mundell-Fleming e bla bla bla.
Il punto è che è un modello teorico e non ci sono misurazioni empiriche. Se volessi misurare l’effetto della svalutazione monetaria in caso di shock esterno di domanda si potrebbe fare una cosa tipo prendere decine di paesi per gli ultimi 40 anni e controllare per politica fiscale e per tutto quello che ritieni giusto controllare per arrivare a isolare l’effetto della svalutazione e vedi se, in caso di crisi economica, reagiscono meglio i paesi con il cambio flessibile o no. Magari a Bagnai questa metodologia non piace, se ne può usare anche un’altra nel caso, però sicuramente prendere una singola crisi economica e 4 paesi non è molto significativo.
Potevi trovare qualche riferimento più significativo.
@Beppe88: così come avevi fatto nei commenti all’altro post continui ad inventarti le cose e mettermi in bocca parole che non ho detto, oppure selezionando un pezzettino di testo decontestualizzandolo in modo capzioso. Io non ho sostenuto assolutamente che la causa del declino italiano sia stata la sottovalutazione del cambio DI PER SE’. Per esempio, nella versione standard della storia economica italiana versione Banca d’Italia la sottovalutazione del cambio è stato un fattore importante di crescita nella prima fase del boom economico post-bellico.
EliminaIo sostengo 1) che la sottovalutazione del cambio non porta benefici di crescita economica NEI PAESI AVANZATI, come sostenuto da Rodrik nel paper citato da Bagnai e tanti altri e 2) che la sottovalutazione del cambio sia alla lunga dannosa, sostanzialmente per i motivi sostenuti da Eichengreen nell’altro paper citato da Bagnai. Se ti leggi i passaggi dell’articolo di Eichengreen che ho riportato nella risposta a Bagnai sostanzialmente capisci più o meno come la vedo io, ovvero come la vede una buona fetta dei migliori economisti mondiali, tra cui Rodrik ed Eichengreen e molti altri. Adesso non c‘ho voglia di sprecare altro tempo per rispondere, che tanto mi sembra che non vuoi capire. I libri di storia economica ci sono, i paper ci sono. Potresti iniziare da quelli consigliati da Bagnai che danno ragione a me.
@Raffaele Aquilone: hai letto almeno l'abstract del paper a cui si riferisce Rodrik quando fa quell'affermazione? Perché dicono che solo una very high over-valuation è associata a crescita PIÙ LENTA, non a decrescita, ma crescita più lenta. Adesso mi dovresti dimostrare che l'euro era very highly over-valued nel senso in cui intendono gli autori, e dirmi perché l'Italia è declinata anziché crescere meno velocemente? E già che ci siamo dovresti anche spiegarmi perché in Europa dopo il 2008 non c'è stato un miracolo economico data la svalutazione dell'euro rispetto al dollaro che perdura fino ad oggi, ma anzi proprio in quegli anni gli Usa ci hanno distaccato alla grandissima.
EliminaNon hai risposto alle mie domande. Risponderò alle tue ma tanto già so che è inutile perché salterai di palo in frasca perché ha ragione Beppe88.
EliminaSul tasso di cambio reale italiano e crescita ho trovato questo paper del 2011: Real Exchange Rates, Trade, and Growth: Italy 1861-2011. La fonte è Banca d'Italia.
A pagina 35 c'è la Figura 4 con ricostruzione storica del tasso di cambio reale. A pagina 38 il sunto è: "Figure 4 suggests that the lira was undervalued for about 100 of 120 years from 1861 through the early 1980s. In the remaining 30 years, from the early 1980s through 2011, Italy s currency has been persistently overvalued". Quindi sì, il cambio era sopravvalutato nel nostro primo periodo nell'euro. Giusto?
Sulla crescita reale, a pagina 45 c'è il grafico in Figura 5 e nelle "Implications for Italy's growth" dice: "What are the implications of the misalignments of the lira/euro for Italy s growth? Figure 5 shows a standard periodization of real GDP growth. It distinguishes the "miracle" years, from 1950 to 1973; the phases of sustained growth during the età giolittiana (from the mid-1890s to the eve of World War I) as well as in 1974-1989;75 and three phases of disappointing growth: 1861-1895, the interwar years, and the two most recent decades." Dunque crescita deludente nel periodo 1990-2010. Concordi?
Aggancio della lira a leurone = sopravvalutazione del cambio = crescita deludente. Almeno questo lo puoi ammettere?
Per quanto riguarda la parola "declino": tu l'hai usata, non è un termine tecnico, ho semplicemente copiato le tue parole: "Svalutazione e scala mobile + deficit pubblico è esattamente quello che ci ha portato al declino". Io non ho mai usato la parola "decrescita" nel mio intervento sopra. Supponevo che il declino per te intendesse un peggioramento, un "minimo storico", o qualcosa del genere. Se decidi che "declino" significa "decrescita" piuttosto che "crescita lenta" allora per coerenza devi mostrarci qual è stato questo declino a cui ci avrebbe portato la liretta ;)
Per finire, sull'Europa dopo il 2008: insisti con l'argomento fantoccio della "svalutazione che fa crescere". Basta. Non è questo il punto. Il punto non è mai stato "la svalutazione fa bene". Il punto è "la sottovalutazione non nuoce e la sopravvalutazione fa male".
@ Raffaele Aquilone: Prima di tutto le conclusioni che traggono gli autori sono le seguenti:
Elimina“The estimates performed in Section 2, however, suggest that the negative contribution of the exchange rate to GDP growth during the last 20 years was quite low. In fact, when restricted to the set of advanced countries, to which Italy belongs, the elasticity of growth to undervaluation is barely positive (equal to 0.3%). Even the very large bilateral overvaluation of the lira/euro vis-à-vis the US dollar (about 40%) would translate into a very small contribution of overvaluation to growth (in the order of -0.1% per year). To conclude, Italy saw phases of rapid economic growth while the currency was either undervalued or in equilibrium. On the other hand, undervaluation did not necessarily brought about sustained GDP growth. Overall, these results are consistent with the hypothesis that an undervalued currency is rather a facilitating condition, but not an engine, for economic growth (Eichengreen, 2008a).”
Quindi ti sei fatto una bella selezione di quello che piaceva a te, ma la loro valutazione complessiva fatta alla fine del capitolo è un’altra.
Ora che siamo d’accordo che la sopravalutazione deve essere molto grande per sottrarre relativamente poca crescita, bisogna anche considerare quello che abbiamo guadagnato dall’euro. A mega spannoni per far capire il concetto che voglio far passare, se un paese ha il debito pubblico al 100% del PIL un risparmio di 0,1% sugli interessi si traduce in 0,1% di maggiore crescita (senza considerare effetto spiazzamento ecc), quindi la domanda: grazie all’euro abbiamo risparmiato più o meno dello 0,1% di PIL all’anno per mezzo dei minori interessi sul debito? Molto ma molto probabilmente sì. Quindi, al netto, probabilmente ci abbiamo guadagnato. Se guardi solo i costi senza i ricavi ovviamente in fondo al bilancio ti esce il segno “-”.
Secondo punto che vorrei fare è sull’aspetto teorico del modello di crescita export-led. La crescita con questo modello di sviluppo avviene perché si ipotizza che nei paesi arretrati la produttività nei settori tradable sia maggiore rispetto ai non-tradable, quindi COMPRIMENDO IL COSTO DEL LAVORO tramite la sottovalutazione del cambio si prende vantaggio competitivo nei tradable, che si traduce in maggiori profitti, maggiori investimenti e quindi maggiore crescita, oltre che effetti dinamici di learning by doing, spillover, riallocazione intersettoriale (la gente si sposta dal settore non-tradable a bassa produttività al tradable ad alta produttività e la produttività aggregata cresce per effetto composizione) e altro. I paesi avanzati hanno un settore non tradable fatto di servizi avanzati ad alta produttività, oltre ad una popolazione che non accetta di buon grado di essere sfruttata per far accumulare capitale agli industriali, ed è per questo che il vantaggio della sottovalutazione, così come lo svantaggio della sopravalutazione, scompaiono man mano che un paese converge verso la frontiera tecnologica. Le politiche export-led per essere efficaci e sostenibili nel tempo devo essere associate a politiche fiscali di contenimento del potere d’acquisto, per evitare di perdere competitività per mezzo della crescita dei prezzi interni, e quindi inflazione e aggiustamenti conseguenti nel mercato del lavoro. Questa è cosa ben nota e scritta anche nei vari articoli citati da Bagnai e anche da te.
L’Italia degli anni 70 e soprattutto 80 ha scassato i conti pubblici perché ha voluto tenere il piede in due scarpe: da una parte comprimeva il costo del lavoro con la sottovalutazione del cambio, dall’altra sosteneva il potere d’acquisto con deficit, scala mobile, la rava e la fava. Questo ha portato ad inflazione e crescita del debito pubblico, oltre che mancata riallocazione inter-settoriale verso i servizi avanzati a maggiore produttività.
Fine della storia.
Il paper è del 2011 e non ha potuto commentare quello che era di là da venire e che purtroppo abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
EliminaMa anche restando a quello che è scritto nel paper: la cattiva performance del 1990-2010 nel paragrafo prima di quello che quoti viene imputata principalmente allo stallo della produttività. La questione del legame tra cambio sopravvalutato e produttività è stata affrontata più volte su Goofynomics in post come Cosa sapete della produttività? e di recente La crisi dei salari e la produttività ma immagino che dissentirai e dirai che la sopravvalutazione del cambio non c'entra niente.
Sul presunto beneficio dell'euro vedo un paio di problemi. Da una parte non consideri i danni causati dal cattivo credito e tassi di interesse troppo bassi, che è l'oggetto del post che stiamo commentando (con paper di Giavazzi etc...). Dall'altra: sei sicuro che un risparmio di X% di spesa per interessi sul debito pubblico si traduca in un incremento di X% del PIL? Questa affermazione sembra centrale al tuo ragionamento. Forse qui ho torto io e nel caso sono pronto ad ammetterlo, ma sospetto che la formula del PIL non funzioni proprio così. Saresti disponibile a cambiare idea se dovesse dimostrarsi errata?
Poi metti altra carne a cuocere su debito pubblico, inflazione, etc... ma ad un certo punto mi zittisco altrimenti non finiamo più.
Sinceramente, quella storia che se risparmi X di interessi fai aumentare di X il Pil mi sembra la madre di tutte le scemenze. Sarei proprio curioso, visto che Marco è un vero economista e ci porta tanti paper, di sapere in quale paper ha letto questa roba.
Elimina@ Raffaele Aquilone: Sì ho detto una cagata sugli interessi, ma non era centrale l'affermazione. Ogni tanto anche gli ordolibbberisti sbagliano 🤷🏻. Era per dire che maggiori tassi d'interesse sul debito pubblico sono dannosi per la crescita economica per tutta una serie di motivi (spiazzamento investimenti sia pubblici che privati, costo-opportunità dell'impiego di quel denaro in alternative più utili, in parte perché sono soldi che escono dal paese se i detentori sono esteri). Penso sia abbastanza pacifico sostenere che una riduzione degli interessi pagati per il servizio del debito sia un vantaggio. Il senso generale del commento comunque rimane invariato.
EliminaPer la spiegazione del rallentamento prima e poi decrescita della produttiva italiana hai indovinato, ritengo che la spiegazione data da Bagnai sia poco convincente.
Ora però direi che anch'io interrompo le comunicazioni e mi rialloco versi attività a maggior valore aggiunto.
Grazie a tutti del tempo e delle critiche.
La Patria te ne sarà riconoscente. Noi un po’ di meno, perché ci facevi divertire!
Elimina«Penso sia abbastanza pacifico sostenere che una riduzione degli interessi pagati per il servizio del debito sia un vantaggio.»
EliminaCaro Marco, mi par di ricordare che ciò avvenisse abbastanza pacificamente prima del divorzio tra Banca d'Italia e Ministero del Tesoro che si consumò nel febbraio 1981, ma visto che il paradigma dell'autonomia della BC è diventato un dogma del pensiero neoliberale, perché te ne lamenti? E se gli operatori economici privati allocano la loro liquidità in TDS quando i tassi sono alti, non ti viene da pensare che ciò sia imputabile ad un loro errore? i.e.: al fatto che se allocano la liquidità in strumenti finanziari ciò significa che sono aziende mature - ossia con un eccesso di liquidità. Se però i tassi fossero bassi (e per caso non ci fosse nemmeno il rischio di cambio), tu credi che il denaro ottenuto in prestito a bassi interessi lo investirebbero necessariamente nella propria attività? Direi piuttosto che il periodo dei tassi bassi ha portato ad un po' di bolle finanziarie nel XXI° secolo. Se proprio non ne hai avuto notizia vedrò del' elencartene almeno un paio.
Io capisco poco di economia, ma mi pare che l'inflazione (e la svalutazione) siano un problema vero (per il tenore di vita dei cittadini) solo se importi prodotti finiti ed esporti materie prime, non viceversa. Per questo l'Italia poteva fare svalutazione "competitiva" mentre il Venezuela no (per citare Borghi). Ma qui il tema mi pare che sia diverso, ossia che l'inflazione "competitiva" (che faceva bene ai cittadini) piace meno alle banche. Mi rendo conto però del fatto che ora che il paese è gravemente deindustrializzato e la domanda interna è depressa, la quota di import di prodotti finiti (a basso costo) è più alta di una volta e questo è forse il problema da risolvere "prima", perché altrimenti gli effetti di inflazione/svalutazione potrebbero essere meno positivi. Perdonatemi se ho detto scemenze.
RispondiEliminaScusatemi: è inutile imputare al povero Marco, che ogni tanto scompare per consultare i blog degli pseudo economisti e tornare qui con il magro carniere del suo cherry picking, una visione distorta del problema, se noi stessi continuiamo a proporre una versione lessicalmente asimmetrica di quello che è un meccanismo di aggiustamento di mercato, chiamandolo “svalutazione“, la madre di tutti i termini “value loaded” (vi ricordate di Myrdal)!
RispondiEliminaAbbiamo dimostrato per tabula che è da imbecilli pensare che l’euro sia stato messo su per impedire all’Italia di svalutare. Tutte le evidenze empiriche che abbiamo dimostrano che l’euro è stato messo su per impedire alla Germania di rivalutare:
https://goofynomics.blogspot.com/2018/01/chi-guida-contromano-una-critica-al.html
E già questo chiuderebbe la questione.
Lo chiedo senza polemica: ma anche se fosse che era la Germania a rivalutare, qual è il punto? Se la sotto o sovra valutazione del tasso di cambio reale non ha effetti sulla crescita cosa ci interessa?
EliminaSicuramente l'avrai già detto da qualche parte, dunque prendi la mia domanda come una occasione per ripetere "for dummies" (me per primo) un concetto forse importante se mi trovassi a discutere con un piddino della questione: ma se gli USA storicamente sono avversi al surplus (dunque all'export) tedesco, perché avrebbero dovuto usare l'UE, via Euro, per impedire ai tedeschi di riv ... ehm, aggiustare al rialzo il cambio della moneta che usa per ricevere i pagamenti?
Elimina@ mark bosshard: la guerra monetaria si svolge su scenari globali e più complessi della guerra economica tra stati egemoni; un euro-marco troppo forte indebolirebbe il dollaro che è, come sai, la valuta di riserva internazionale. Se questo rapporto di forza sia voluto o no, se ne può discutere
Elimina@marco il punto lo ha spiegato Visco a suo tempo.
EliminaUna spiegazione a prova di idiota:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/13/alla-germania-nelleuro-servivamo-proprio-perche-deboli-parola-visco/228400/
"E se fossimo rimasti fuori?
Un’Italia fuori dall’euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i paesi, tranne la Russia da cui compra l’energia. Era un disegno razionale, serviva l’Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole. In cambio di questo vantaggio sull’export la Germania avrebbe dovuto pensare al bene della zona euro nel suo complesso.
E lo ha fatto?
Non mi pare."
Marco, tu continui con la tua astrusa teoria secondo cui i prezzi non hanno effetti sulle quantità. Sei bocciato all’esame di economia uno e non puoi continuare a infestare un blog di un’economista. Vattene su noisefromamerika o su lavoce.info, se esistono ancora. Se non esistono più, apriti il tuo blog e divertiti.
Elimina@mark bosshard devi tenere in conto 2 cose :
Elimina1 - Gli USA hanno molte atomiche ed emettono la moneta utilizzata per gli scambi internazionali, ma non sono lungimiranti, basta pensare a tutti i disastri geopolitici che hanno causato nel mondo dopo la seconda guerra mondiale ;
2 - L'euro dopo i primi anni dalla sua introduzione in cui si è svalutato rispetto al dollaro, ha iniziato una rivalutazione nei confronti del dollaro che ha toccato l'apice a maggio 2008, ed in questo periodo, fino alla crisi dei mutui subprime per capirci, il mercato di sbocco principale dei prodotti tedeschi era l'eurozona. Infatti grazie all'euro e alle riforme Hartz, il tasso di cambio reale della Germania rispetto agli altri paesi euro è stato costantemente svalutato ( qui i dati del Parlamento europeo fino al 2016 https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/ATAG/2017/602099/IPOL_ATA(2017)602099_EN.pdf ).
Però una volta distrutta la domanda interna dei paesi del sud della zona euro via austerità, imposta dai tedeschi stessi a seguito della così detta "crisi dei debiti pubblici", che in realtà era una crisi da debito privato (come aveva spiegato nel 2013 l'allora vicepresidente della BCE https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2013/html/sp130523_1.en.html ), è venuto meno il mercato di sbocco interno per i loro prodotti, quindi è stato chiesto (aka imposto) alla BCE di svalutare l'euro per poter rendere convenienti i prodotti crucchi nel resto del mondo.
Questa situazione, la svalutazione continua dell'euro, e l'energia a basso costo proveniente dalla Russia, ha permesso alla Germania di esportare fuori dalla zona euro, in particolare negli USA, che ad un certo punto gli hanno mandato il conto, vedasi dieselgate, sanzioni alla Russia ecc.
Ovviamente Alberto su questi argomenti ha scritto diversi post molto più dettagliati e precisi del mio commento.
Al luogocomunista (citazione) Marco che elenca come un Giannino qualsiasi e in ordine casuale "la svalutazione, l'inflazione, il debito pubblico", si potrebbe rispondere in romano con un proverbiale "maddeché"!
RispondiEliminaSvalutazione rispetto a chi?
Ma poi, per uno Stato con economia avanzata in deficit persistente dei conti con l'estero, è meglio lasciare flettere il cambio monetario o tagliare salari e redditi riducendo la domanda interna?
Siamo sempre lì, al difetto di basic economic reasoning Da parte dei fondamentalisti di mercato. Marco, economista a tempo perso, cerca di convincerci che in economia i prezzi non contino. Non se ne rende conto perché essendo totalmente privo di cultura economica non sa che il tasso di cambio è il prezzo di una valuta in termini di un’altra. Non si rende conto anche perché i suoi “capibastone“ intellettuali non capiscono che è un gigantesco autogol negare il valore locativo di un prezzo nel momento in cui si difende il modello neoclassico, che fa della capacità allocativa ottimale del vettore di prezzi, un caposaldo. Non c’è nulla che possiate fare per convincere Marco : non c’è logica economica, non c’è logica aristotelica. Il ragionamento di Marco è un ragionamento emotivo, mosso dalle passioni, anzi da una unica passione: l’odio verso il suo Paese, cui lui imputa una tara genetica irredimibile, dovuta, ovviamente, agli altri, non a lui e alla sua palese ignoranza. L’Italia è un paese di merda perché ci abitate voi, lui deve subirlo e quindi si sfoga denigrandolo. Tutto qua. Però noi gli vogliamo bene lo stesso.
RispondiEliminaValore ALLOCATIVO. Quanto è stupida l’intelligenza artificiale!
Elimina***perché ci abitate voi, lui deve subirlo ***
EliminaIo direi piuttosto : "perché ci abitano i piddini e noi " dobbiamo subirli".
E purtroppo questo è un problema che non si può risolvere. I "piddini" non sono una categoria politica ( anche se l'attuale Pd li rappresenta benissimo ) e sono sempre stati tra "noi" , perlomeno fin dai tempi dei "guelfi" e dei "piagnoni" ( ci sarà un qualche legame con l' essere questo "pauvre pais" " così lontano da Dio e così vicino al suo "legittimo rappresentante"? ).
Insomma noi possiamo anche cercare di resistergli, o addirittura cercare di convincerli , ma non servirà a nulla perché "in Italia la mamma dei piddini è sempre incinta"
Buonasera Onorevole Bagnai.
RispondiEliminaScrivo qui con in mente un post sulla cloaca nera del Senatore Borghi in cui avverte di non pensare che gli esponenti delle destre montanti nel mondo occidentale abbiano la visione economica che ci avete illustrato voi. Proprio proprio andasse bene potrebbero essere dei "faragini" o ben peggio dei "giannini". Probabilmente la proposta che avrei sara' gia' stata suggerita o ancor piu' probabilmente gia' pensata ma nel dubbio la espongo cestinabile senza problema. Nell'ottica didattica una ripubblicazione in inglese del Tramonto dell'euro da fornire agli esteri che contano non potrebbe essere utile ? Intanto ho visto con piacere che su ebay lo vendono usato per 145 euro. Personalmente ho deciso la soglia a cui vendero' la mia copia. Direi una milionata di euro con possibilita' di cambiare idea il giorno ci arrivasse.
La saluto cordialmente
E perché mai qualcuno dovrebbe leggere un libro in cui è scritto molto chiaramente che lui non è parte della soluzione, ma del problema?
EliminaEffettivamente, chiarissimo. Inoltre prima di pensare all'estero ci sarebbe il nostro paese da istruire. Solo che il panorama e' un po' sconfortante. Lavoro in una multinazionale tecnologica con personale in teoria iper scolarizzato ma il livello difficilmente si scosta da "salvinibruttobrutto". Altro che proporgli certe letture. Passo ad un ringraziamento. Oggi ho ricevuto una busta da Claudio Borghi con serie completa di minibot e vostro autografo su lettera di accompagnamento. E' la seconda. La prima un anno fa aveva un Pirandello. Non cavo un ragno dal buco coi colleghi e allora provo a dare il mio contributo col maledetto successore della Lira che sia Fin-day o 2 e 5 per mille dei quattro 730 che gestisco in famiglia. Grazie ancora e saluti
EliminaBuonasera ed auguri di pronta e completa guarigione Professore.
RispondiElimina"It has helped that commodity prices were strong over the last couple of years, allowing companies to pay down debt or build up cash,"
da: https://www.spglobal.com/marketintelligence/en/news-insights/latest-news-headlines/us-oil-and-gas-industry-s-debt-reduction-has-slowed-to-a-stop-80176910
si, il credito troppo facile crea debiti cattivi.
debiti cattivi chiamano vandalismi (NS2) ed in generale guerre, a ripagarli (shale LNG via nave).