giovedì 16 gennaio 2025

Renzi avrebbe fatto anche cose buone

L’epitaffio di cotanto contadino (Rignano è nel contado) lo fecquimo (sic) qui e non ci torniamo su. Ci vogliamo tuttavia crogiolare nell’illusione di aver contribuito anche noi, coi nostri umili scritti, al plateale fallimento di quella spregiudicata scommessa (persa) che fu il referendum. Del resto, erano ancora recenti gli anni in cui il #goofy nei trending topics superava la Leopolda. Ma non è di questo che voglio parlarvi ora (ho deciso di tornare qui, perché mi sono reso conto che iTagli™️ sono un lavoro piuttosto lungo). Volevo solo condividere una considerazione sul significato di una proposta riformatrice di Renzi che credo di aver fatto spesso a voce, anche in pubblico, ma di non aver mai messo qui a verbale. Mi ha condotto a pensarci questo scambio in uno dei post precedenti:


La riduzione del numero dei parlamentari, in effetti, ha inflitto un vulnus significativo alla loro capacità di incidere, non solo negli organi parlamentari di controllo, ma in generale in tutti gli ambiti in cui si esplica la loro attività. Tuttavia, c’è un’altra cosa che impedisce ai parlamentari di lavorare bene sotto il profilo dell’attività legislativa, e che condiziona pesantemente il tempo che hanno da dedicare alle altre attività di vigilanza, controllo, inchiesta, eccetera.

È l’abuso della decretazione d’urgenza.

Apprendo da letture casuali che Mortati era scettico sull’inserimento del decreto-legge in Costituzione, prevedendo che di questo strumento si sarebbe abusato. La conseguenza di questo abuso, però, forse non è chiara a tutti. L’abuso di decreti legge si traduce in un monocameralismo di fatto. Formalmente il sistema rimane caratterizzato da un bicameralismo paritetico (non direi perfetto, perché i due rami del Parlamento hanno regolamenti interni diversi, ma questo dibattito nominalistico non mi interessa, e non ho neanche le competenze per sostenerlo). Praticamente, l’obbligo di conversione entro 60 giorni fa sì che nella prassi la legge di conversione venga esaminata approfonditamente solo da un ramo del parlamento, e arrivi, come si suol dire, “blindata” all’altro ramo del Parlamento, che, nei fatti, non può modificarla (cioè non può emendare il decreto legge), e anzi deve approvarla in fretta e furia con un voto di fiducia che si traduce nell’ennesimo sfogatoio delle opposizioni (sfogatoio che sarebbe anche giustificato, se non fosse che gli addetti ai lavori hanno memoria abbastanza lunga per ricordarsi che quando le opposizioni erano al governo, facevano anche di peggio).

Ora, in questo senso la riforma di Renzi avrebbe fatto anche una cosa buona, un’operazione di onestà intellettuale: adottare un monocameralismo de iure, laddove tanto il regime è monocamerale de facto. È un po’ il discorso che abbiamo fatto tante volte rispetto alla Presidenza della Repubblica: siamo in una Repubblica presidenziale de facto, il che, se da un lato ci consente di crogiolarci nella illusione di essere in una Repubblica parlamentare (luogo in cui solo i gonzi credono di vivere!), dall’altro ci priva dei contrappesi che il potere della Presidenza incontra nelle repubbliche presidenziali de iure, e non mi riferisco tanto all’ipotesi melodrammatica di impeachment, quanto alla più banale responsabilità politica derivante ad esempio da una elezione diretta. Probabilmente un giurista sorriderà della rozzezza del mio ragionamento, ma io continuo ingenuamente a pensare che sia meglio allineare le due Costituzioni, quella formale e quella materiale. Questo perché all’interno di una Costituzione formale è più facile esplicitare e quindi più probabile che esistano delle garanzie, appunto, formali, di equilibrio fra i poteri.

Così, in un sistema che fosse presidenziale anche de iure, quella che sempre più platealmente si configura come la detentrice ultima dell’indirizzo politico, cioè la Presidenza della Repubblica, verrebbe soggetta ad una responsabilità politica, ad esempio attraverso il meccanismo di elezione diretta del suo vertice. Non accadrebbe così, come ho visto accadere nella mia breve esperienza politica, che l’attività di un Parlamento restasse bloccata per circa un semestre nel tentativo di scongiurare che un parlamento di sinistra eleggesse con una elezione di secondo livello un presidente di sinistra in un Paese di destra. In questo senso, il riallineamento della costituzione formale a quella materiale consentirebbe ai detentori della sovranità di ristabilire loro un certo equilibrio fra i poteri.

Un ragionamento simile si può fare per il monocameralismo. Soprattutto dopo il taglio dei parlamentari, ma in realtà anche prima, un passaggio esplicito al sistema monocamerale avrebbe allungato in modo significativo i tempi dell’unico passaggio parlamentare cui un decreto è sottoposto. Risparmiando la decina di giorni dedicati alla pulcinellata della fiducia sul decreto blindato nell’altro ramo per dedicarli a ulteriori approfondimenti sul testo, ulteriori confronti col governo, ulteriori attività di audizione e di emendamento, in un sistema monocamerale de iure il Parlamento potrebbe arginare e indirizzare in modo più efficace l’attività legislativa d’urgenza di iniziativa governativa. Anche in questo caso, un riallineamento della Costituzione formale a quella materiale consentirebbe un migliore equilibrio fra i poteri. 

Notate che escludo la possibilità di riallineare la Costituzione materiale a quella formale: il meccanismo del piano inclinato non vige solo nei rapporti con l’Europa, vige anche nei rapporti fra le istituzioni repubblicane. La Presidenza della Repubblica per un verso e il Governo per l’altro ormai hanno esondato, e qui si pone, e come se si pone, un problema di tubetto e dentifricio! Possiamo crogiolarci nell’idea di riavvolgere il nastro, ma non funziona così. Sarebbe meglio riconoscere pragmaticamente che, se le cose si sono spinte troppo oltre, va creata una nuova linea di difesa. Forse nelle proposte riformatrici di Renzi (mi riferisco in particolare al monocameralismo) era presente anche, in parte, uno spirito simile. E quindi forse, ed è un gigantesco forse, Renzi avrebbe fatto anche cose buone, se ci fosse riuscito.

Ma perché non ci è riuscito?

Direi per narcisismo, cioè perché non ha capito quanto lui di persona personalmente stesse sui coglioni alla maggioranza degli italiani, che quindi gli hanno votato contro semplicemente per scrollarselo di dosso, nella speranza, rivelatasi poi vana, che lui tenesse fede alla promessa fatta di andarsene, se avesse perso. Lo chiamerei, se non temessi di nobilitare troppo il contadino, l’effetto Rostov: ricordate quando alla sua prima carica il giovane ussaro si rende conto che i nemici gli stanno sparando addosso e si chiede perché mai ce l’abbiano con lui, perché dovrebbero uccidere un giovane cui la sua famiglia vuole tanto bene?

Al netto dei dati caratteriali, gli italiani stupidi non sono, e non potevano non vedere come un nemico chi li aveva privati di salario e diritti. Questo ha senz’altro giocato un ruolo, ma un ruolo altrettanto determinante è stato giocato da una comunicazione truffaldina che ha spostato l’attenzione su un falso problema, quello della “navetta”. Qui forse hanno preso il sopravvento i comunicatori, che in ossequio al mitologema della sciura Maria devono aver spiegato agli alti vertici che il passaggio al monocameralismo andava giustificato in ragione della maggiore speditezza derivante dalla singola lettura. Il problema era esattamente opposto: era l’eccessiva speditezza di una singola lettura delle leggi di conversione dei decreti in un sistema che continua a dover far finta di fare due letture. Può darsi che questo la sciura Maria non lo capisca, e magari che io non sia riuscito a farlo capire a voi. Ma può anche darsi che raccontando le cose come stanno, anziché inventarsi balle per il piacere di inventarle e venendo smentiti dalle statistiche sarebbe servito a far capire prima anche a me che una persona che non merita attenzione stava portando avanti proposte che meritavano una riflessione.

Ma appunto, se quella persona avesse meritato attenzione, sarebbe stato un testimonial meno pessimo di simili proposte, e forse la storia avrebbe preso comunque un’altra piega.

Che è poi un modo per dire, concludendo, che Renzi avrebbe fatto anche cose buone se non fosse stato Renzi, cioè una persona da cui nessuno comprerebbe un’auto usata e nemmeno una riforma nuova.

Di lui, quindi, possiamo tornare a non occuparci senza eccessivi rimpianti (rimpiango solo le spille della Lega che Sua Puerilità mi ha sottratto)! Del principio stabilito però, cioè del fatto che astrattamente penso sia preferibile allineare la Costituzione formale a quella materiale, forse dovremmo continuare ad occuparci, anche perché non escludo che abbia ulteriori declinazioni, oltre a quella di riflettere sulla Repubblica presidenziale e sul sistema monocamerale (che se esistono de facto forse sarebbe meglio che esistessero de iure). 

Aggiungo una considerazione. Se i Governi abusano della decretazione d’urgenza, è perché qualcuno glielo permette, e chi dovrebbe impedirglielo, secondo una certa dottrina, è proprio la presidenza della Repubblica. Qui non si tratta di contestare il potere di iniziativa legislativa del Governo. Qui si tratta di rivendicare, salvo casi realmente eccezionali, dei tempi umani di analisi dei provvedimenti governativi da parte del Parlamento. Si tratta cioè di rispettare un’esigenza di equilibrio fra i poteri, perché il vero problema nella grammatica dei nostri poteri costituzionali non è quello della separazione, ma quello dell’equilibrio. A voler essere maliziosi, ma sapete che io non lo sono, si potrebbe quasi pensare che questo abuso, in quanto si traduce in una ulteriore compressione dei poteri effettivi nei vostri rappresentanti, sia allegramente tollerato da una istituzione che, nella fattoria delle istituzioni tutte uguali, molto evidentemente aspira con successo ad essere più uguale delle altre.

Ma perfino io, che sono una brutta persona, non riesco a pensare a un simile atteggiamento tattico!

Concludendo: le strade attraverso le quali potreste, potrete (?), tornare a incidere sono plurime. Non possiamo escludere che una ci sia stata indicata dal simpatico smargiasso che continua a dare pessimi consigli, non potendo più dare un pessimo esempio. Ci va comunque fatto un pensiero…

39 commenti:

  1. AH! Le spille se le teneva pure!

    Comunque della riforma al di là del fatto che non mi piacesse perché giungeva dalla parte sbagliata, includeva un taglio dei senatori che poi sarebbero stati scelti da altri già eletti come già era accaduto con le province, quindi altro lavoro su chi ha già le mani occupate da altro.

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    1. Beh, non ci sta tutto con la testa, questo è chiaro: una follia per certi versi geniale, ma per altri un po' petulante.

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  2. Una cosa che è spesso dimenticata dei sistemi monocamerali è che sono multi-lettura: il sistema Westminster, il padre dei monocameralismi "di fatto", prevede una TRIPLICE lettura di tutte le leggi e senza alcun vincolo alle emende (penso qui alla vessata differenza tra commissioni referenti, redigenti o deliberati o al potere di stralcio presidenziale). Certo, in tale sistema il governo è sostanzialmente onnipotente nel settore amministrativo, ma almeno è privo di poteri legislativi.
    Nel fantastico partito del "se fossi Salvini" proporrei come emenda un sistema del genere: unificare Camera e Senato (così da avere almeno una camera da 900 deputati) ma assoggettando tutto a letture multiple.
    (Scusi il maiuscolo ma non so fare i grassetti con WordPress).

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  4. Anch'io ho sempre pensato che la sconfitta al referendum del 2016 fosse stata determinata molto più dall'avversione degli italiani per chi aveva proposto la riforma che dai contenuti di quest'ultima. Tra i motivi di tale avversione, oltre alla presunzione smisurata del soggetto, aggiungerei anche la sua abilità di scegliersi consiglieri altrettanto insopportabili. Ricordo in particolare l'economista Gutgeld, con il suo programma di spending review, prevalentemente finalizzato a colpire la spesa sanitaria, che i piddini oggi fingono di avere dimenticato quando attaccano il governo per i presunti tagli in quel settore. E non dimenticherei che il Renzi riuscì anche a inimicarsi una larga parte del mondo dell'alta burocrazia, con il tetto dei 240mila euro l'anno ai loro stipendi, che magari poteva anche avere un senso dal punto di vista dell'equità sociale, ma era comunque un provvedimento di assai dubbia costituzionalità e, soprattutto, venne applicato in modo difforme. Per dirigenti statali e magistrati divenne subito operativo, mentre le amministrazioni indipendenti dovevano adottarlo con atti interni: Camera e Senato si adeguarono tempestivamente, mentre Banca d'Italia fece finta di niente.

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    1. Parto dalla fine: la hybris di Banca d'Italia non le sta portando benissimo, perché alle altre amministrazioni questa cosa non va giù, e d'altra parte resta difficile nascondere che mentre i compiti dell'istituto sono stati drasticamente ridimensionati, non lo è stata la struttura, il che prima o poi un problema politico lo porrà. La norma sui 240.000 a mio avviso era grillismo in purezza e non sono così sicuro che andarle dietro (come abbiamo fatto in questa legge di bilancio) sia stata una cosa giusta. Semplicemente, lo Stato ha bisogno di competenze e le competenze si pagano, altrimenti vanno altrove, tanto più in un contesto in cui lavorare per lo Stato è quasi un disonore, considerando il discredito che è stato scientificamente gettato su tutta la sfera pubblica (non solo quella specificamente politica)!

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  5. Caro Prof. Bagnai il Suo articolo è lodevole.
    Però c' è un problema.
    Il problema è che in questo momento non c' è modo di fare quel che dice e soprattutto che l' urgenza è un' altra.
    Gli attacchi ormai quotidiani a Salvoni, cioè alla Lega, non sono certo casuali.
    Si comincia con l' assurda campagna sul nuovo Codice della Strada, una ridda di menzogne a media unificati.
    Oggi la storia dei treni in ritardo, come se realmente ci fossero più ritardi del solito

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  6. In sostanza si tratta di un tentativo, ennesimo, di far fuori Salvini per sostituirlo con qualcuno di più accomodante o addirittura, se non ci si riuscisse, e ci fosse un' emergenza (ovviamente inventata) fsr entrare il PD in maggioranza.
    Le ragioni reali di questa aggressione stanno in ragioni di politica internazionale.
    La Lega non è prona e allineata alle politiche belliciste occidentali.
    Da qui l' aggressione a Salvini.
    Il fatto cbe il PD facvia un

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  7. all' acqua di rose contro il governo e che l' oggetto dei suoi attacchi non sia mai la Meloni, né tanto meno Tajani, pur che ne avrebbero motivi infiniti, fa ben capire la reale natura politica delle cose, essendo il PD il rappresentante in Italia di certi poteri esteri.
    La crisi di voti della Lega richiederebbe una svolta politica radicale.
    L' alternativa è una lenta agonia, fagocitati da Fratelli d' Italia e fal sistema di poteri che li appoggia, che è sostanzialmente lo stesso del PD.
    È rischioso, e la parte istituzionale della Lega, segnatamente i presidenti di regione, non sarà d' accordo.
    Ma un vero leader politico si vede qui, specie quando è in gioco la sopravvivenza stessa del partito.

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    1. Scusa sai, ma a parte che qui i commenti a puntate non sono ammessi, e che quello che hai scritto stava bene in un commento solo, ti ringrazio per avermi fatto notare che Salvini è sotto attacco. In cambio non ti farò notare perché è sotto attacco, e no, quello che vedi tu c'entra, ma solo fino a un certo punto...

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    2. Mi scuso Professor Bagnai per i commenti "a puntate" ma un problema di rizoartrosi mi rende complicata la digitazione da cellulare e sono stati inviati messaggi per sbaglio, trasformando un commento unico in uno "a puntate"

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  8. Ma un'estensione dei 60 giorni (a 90 per esempio) per approvare un decreto legge non potrebbe risolvere il problema, dando i giusti tempi alle due camere di fare il loro lavoro?

    Capisco che è una modifica costituzionale, ma certamente minore rispetto ad un mono-cameralismo.

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    1. Ne parlavamo due sere fa a tavola con i vertici di un'associazione importante, e Alberto Gusmeroli faceva proprio questa considerazione. In effetti i 90 giorni aiuterebbero, è indubbio, visto che per terminare una lettura decente ci vuole un mese e mezzo circa (a seconda della complessità del decreto, perché un altro problema è la non uniformità di materia). La mia controdeduzione però era: come fai ad argomentare l'urgenza, se ti prendi un trimestre per convertire? Va anche detto, però, che due mesi sono anch'essi un lasso di tempo piuttosto lungo, e che il decreto ha forza di legge dal momento della sua emanazione (non della sua conversione). Il punto però è quello della creazione di "affidamenti" (in senso giuridico) che vengano poi eventualmente smentiti in conversione. Di fatto, in molti casi le norme sancite dal decreto non vengono applicate dai cittadini perché questi temono che in sede di conversione i benefici per loro previsti possano prendere tempi o forme diverse (altro elemento è la mancanza di decreti ministeriali attuativi, dove richiesti). Ovviamente, quanto più si prolunga il tempo di conversione, quanto più si prolunga la permanenza in questo limbo. Tuttavia, l'idea in sé non è pessima, purché si riesca a gestire questo tipo di inconveniente, e sicuramente avrebbe un minore impatto.

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    2. Però rimane il problema del numero dei parlamentari. Quello previsto dalla Costituzione sarebbe sufficiente? intendo dire, se aumentassero proporzionalmente al numero di abitanti della nazione e tralasciando il fatto che "la sciura Maria che ha lavorato tutta la vita e gli spreconi guadagnano troppo ecc...".

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  9. Il decreto legge rappresenta una deroga al principio generale per cui le leggi le fa il parlamento. Da quello che ho spesso visto, anche sul lavoro, in generale ogni forma di deroga è destinata ad essere abusata.

    D'altra parte l'assenza di possibili deroghe irrigidisce il sistema e ciò che è troppo rigido può rompersi.

    Secondo me la soluzione è semplicemente inserire un costo da sostenere ogni volta che viene usata. Nel caso del decreto legge, potrebbe essere che la conversione in legge avviene a scrutinio segreto (cosa che calmierebbe anche i ricorsi alla fiducia).

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    1. Mah! In effetti, il parlamento non è l’unico organo dotato di iniziativa legislativa (ce l’hanno anche il governo e il CNEL, per dire), e il decreto legge non è l’unico strumento a disposizione del governo per esercitarla (ci sono anche i disegni di legge e i decreti legislativi). Non so quindi se sia definibile come deroga, so che il problema dell’abuso era chiaro al padre costituente. Non mi convince moltissimo però il meccanismo disincentivante che proponi.

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    2. Forse allora varrebbere la pena valutare l'idea di Mortati di togliere proprio del tutto l'istituto del decreto legge.
      Questo tra l'altro ci metterebbe al riparo dai rischi del tiradrittismo di draghiana memoria e da tutto quello che abbiamo visto durante il Covid.

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  10. Per questioni personali sto seguendo l'iter del ddl C.1987, S.1309, il cosiddetto salva-Milano.
    Da riflessioni di molti esperti urbanisti, "la toppa è peggio del buco" in quanto rischia di cancellare il concetto stesso di urbanistica e di danneggiare le casse dei Comuni che perderebbero una buona parte degli oneri di urbanizzazione, con tutte le conseguenze immaginabili al fine della manutenzione del territorio.
    Tra i tanti: https://www.ingenio-web.it/articoli/riflessioni-in-anteprima-aspettando-il-salva-milano/

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  11. Partirei dalla testa: il tema della Presidenza:
    Se un organo come la Presidenza esonda non penso sia opportuno dare ad esso ancor più legittimità senza cambiare le regole del gioco.
    Ciò equivale a chiedere più botte per sentire meno male.

    E non direi che l'elezione diretta possa essere di per sé garanzia di comportamenti più rispettosi della volontà popolare e dell'impianto costituzionale: "passato lo giorno gabbato lu santo".

    Forse sarebbe meglio affrontare in radice i fattori che permettono di tracimare impunemente.
    Mi riferisco alle seguenti due facoltà di ricatto (in termini politici, non penali):
    a) quella - pur dubbia ma sdoganata dalla prassi - di mettere il veto su ministri non graditi (eclatante il caso Savona, personalità illustre ma invisa ad UVA) e
    b) quella di sciogliere le camere senza formali vincoli, salvo le consultazioni.

    Proporrei due distinte soluzioni ai due distinti temi:

    aa) nell'articolo 92: introdurre la parola "vincolante" dopo le parole "proposta di questo" ed inserire le parole "su proposta vincolate della maggioranza uscita dalle urne" prima delle parole "nomina il Presidente del Consiglio";

    Prima :
    Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

    Dopo:
    Il Presidente della Repubblica, su proposta vincolate della maggioranza uscita dalle urne, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta vincolate di questo, i ministri.

    bb) nell'articolo 88: sostituire le parole "può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse" con le parole "scioglie le Camere su proposta vincolante del Presidente del Consiglio dei ministri". Eliminare la parte sul semestre bianco che non servirebbe più. (L'idea di sciogliere di una sola camera è oggi tossica.)

    Prima :
    Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

    Dopo:
    Il Presidente della Repubblica, scioglie le Camere su proposta vincolate del Presidente del Consiglio dei ministri .


    Mi pare possa essere una riforma strutturale "Tinbergen compliant" e la quale

    1) rafforza e protegge la democrazia parlamentare;

    2) non stravolge il tessuto parlamentare o i meccanismi operativi fondamentali della Costituzione;

    3) rafforza e responsabilizza l'esecutivo politicamente legittimato, rendendo peraltro forse non più necessaria l'abuso della decretazione d'urgenza.

    Se poi, con quelle modifiche, si eleggesse direttamente la Presidenza tanto meglio, visto che Essa ha le mani anche nel CSM e nelle Forze Armate.

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    1. Ho riletto con attenzione e non sono molto convinto. In premessa, mi sembra anche di aver citato nel post il fatto che il passaggio da una situazione di fatto a una di diritto si intende che abbia un senso se assistito da garanzie formali. Nessuno ha in mente un presidenzialismo in cui all’elezione diretta si associ una sorta di legittimazione a comportarsi quale monarca assoluto. Va da sé che non sarebbe la soluzione, non dobbiamo certo spiegarcelo, lo darei per assodato, o no? Viceversa, credo sia ovvio che in questo momento abbiamo a che fare con una istituzione che assomma in sé a vario titolo e in vario modo i tre poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), senza che vi sia alcun contrappeso formale (e quindi tantomeno sostanziale) al suo saggio e prudente apprezzamento, o al suo arbitrio (a seconda dei punti di vista). Questo sulla base del fatto che il suo ruolo è un ruolo di arbitro, e l’arbitro deve, giustamente, essere sottratto a responsabilità per poter esercitare serenamente il proprio ruolo. La mia perplessità rispetto alla tua proposta è che l’inserimento della parolina “vincolante“ crea almeno due ordini di problemi: il primo è che non capisco bene che cosa succederebbe se questo vincolo non venisse rispettato: forse niente, esattamente come oggi; il secondo, un po’ più sottile, è che imporre dei vincoli di questo tipo al comportamento di una istituzione che si vuole però mantenere terza, cioè arbitra, senza esplicitarne la effettiva funzione di indirizzo politico, che nei fatti esercita, verrebbe visto come una forzatura grammaticale. Insomma: anche continuare ad avvalorare l’idea che il giocatore più attrezzato è più schierato sia in realtà un arbitro imparziale equivale a, per usare le tue parole, chiedere più botte per sentire meno male. Il senso del mio ragionamento è sempre quello, da tempo: politica è responsabilità. Se si offusca questo nesso, si inquina la democrazia.

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  12. Caro Alberto,
    non mi scandalizza l’idea di un Parlamento unicamerale o a bicameralismo imperfetto, come prevedeva la “Riforma Renzi”. Del resto, la sola altra grande democrazia a sistema bicamerale perfetto esistente al mondo è quella statunitense: si tratta tuttavia, come noto, di una democrazia presidenziale e non parlamentare come la nostra.
    Non condivido invece le ragioni che a tuo avviso giustificherebbero il passaggio dal bicameralismo perfetto all’unicameralismo.
    In un sistema parlamentare, la maggioranza in Parlamento coincide necessariamente con quella di governo. È dunque fatale che l’accordo politico sulle leggi sia raggiunto a livello governativo. Anche su quelle di iniziativa non governativa, ma parlamentare: perché se si tratta di leggi che comportano spese, è comunque il Governo che tiene i cordoni della borsa, mentre se si tratta di leggi di notevole rilevanza politica e sociale, è difficile che una maggioranza governativa regga al dissenso interno su di esse.
    Per l’effetto, a fronte di un disegno o a una proposta di legge, il Parlamento, sia esso mono o bicamerale, è sempre posto dinnanzi al “ricatto” di ratificare, fatte salve modifiche - anche utili - di dettaglio o di determinare la caduta del governo per esser venuto meno l’accordo di maggioranza.
    Questo accade in tutte le democrazie parlamentari, che hanno governi più o meno stabili in funzione del sistema elettorale adottato e della sua capacità di “blindare” o meno la maggioranza parlamentare.
    Non vedo quindi quale sarebbe il vantaggio democratico di rinunziare alla “navetta” tra Camera e Senato, cui dobbiamo - ad esempio - l’affossamento di una norma liberticida come il progetto di legge Zan, per dare alla Camera superstite dieci giorni di tempo in più per esaminare un decreto-legge che, se non passasse nella sua sostanza farebbe cadere il governo.
    Analogo discorso vale per la Presidenza della Repubblica: o passiamo a un sistema all’americana, dove PDR è anche capo dell’esecutivo e come il Parlamento e è investito dal voto popolare, con la conseguenza l’eventuale dissonanza tra i due organi è elemento del sistema e non pone in crisi nessuno dei due, oppure ci ritroviamo un Mattarella, privo di dirette responsabilità politiche, ma legittimato dal voto popolare.
    Con tutto ciò non voglio assolutamente sostenere che il nostro attuale sistema costituzionale vada bene così com’è. Le reiterate riforme parziali e, soprattutto, la sovrapposizione dei “Trattati Europei” alla nostra Costituzione hanno gravemente leso il nostro assetto democratico. Ma, per le ragioni che precedono, non mi pare che il passaggio al monocameralismo sia una risposta utile all’esigenza di recuperare spazi di democrazia. Ritengo molto più importante a questo fine il ripristino di una vera immunità parlamentare e del finanziamento pubblico ai partiti. Cose che non piacciono alla grillanza, ma proprio per questo certamente giuste.
    Con il solito affetto.

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    1. Solo un’ovvietà: non stavo facendo una proposta organica di riforma costituzionale. Anch’io sostengo da tempo, e dovresti saperlo, priorità sostanzialmente analoghe alle tue. Stavo semplicemente ragionando sul fatto che l’esperienza concreta nella vita parlamentare (che qui non so in quanti abbiamo) mi porta a valutare in modo un po’ diverso proposte che, anche per essere state sostenute da argomenti fallaci, prima di fare questa esperienza valutavo in modo incondizionatamente negativo. Altro tema che non emerge dai vostri commenti, ma che però attira la vostra giusta attenzione e preoccupazione, è quello della possibilità di far lavorare le commissioni di vigilanza, controllo, inchiesta, bicamerali. Con la riduzione del numero dei parlamentari, essendo difficilissimo trovare sostituzioni per le commissioni permanenti, le commissioni bicamerali sono sostanzialmente paralizzate. Dopodiché, anch’io sono stato protagonista di un episodio in cui il bicameralismo ha salvato il governo da un suo errore (era nel decreto su Carige). Diciamo che in ogni legislatura un paio di errori simili ci sono. Ma perché si fanno errori? Perché si deve fare tutto di corsa. Quindi confesso che le virtù della navetta mi lasciano abbastanza freddo, nonostante ne abbia avuto esperienza diretta, mentre il delirio di lavorare con commissioni bicamerali è parte della mia esperienza quotidiana anche in questo preciso momento e forse sarebbe utile focalizzarsi anche su aspetti pratici di questo tipo.

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  13. ***Un ragionamento simile si può fare per il monocameralismo***
    Si ma insieme alla elezione diretta del PdR con la scomparsa del settennato e riportando il numero dei "rappresentanti del popolo" a più di 600 garantendo "il diritto di tribuna" ai partiti più piccoli

    Altrimenti sarebbe solo un' altra "renzata" ( perché si Renzi ha fatto solo cose "cattive" a cominciare da quando ci ha venduto a "big farma"😠)

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  14. Un aspetto interessante della questione è che paradossalmente il decreto legge potrebbe assumere, senza eccessivi rischi, una funzione vicaria della legge parlamentare nella misura in cui i partiti rappresentassero ancora un valido strumento di trasmissione della volontà (idelogica) del popolo alle istituzioni e avessimo ancora il proporzionale (come del resto era nel primo dopoguerra). Invece, siccome oggi i partiti sono stati depotenziati finanziariamente e, nelle elezioni, si va per collegi col maggioritario uninominale, il partito finisce per somigliare ad un comitato elettorale più che non ad un organizzatore di consenso intorno a certi programmi. Dunque, il fatto che nelle figure apicali dell'esecutivo a livello governativo siano rappresentati i partiti (ancora secondo principi risalenti al manuale Cencelli) garantisce meno di prima una corrispondenza a livello ideologico tra attività pseudo-legislativa del governo e indirizzo politico parlamentare. Il che rende il governo molto più indipendente nella decretazione (e dunque il decreto legge più pericoloso) di quanto non fosse quando i partiti funzionavano e c'era un sistema elettorale proporzionale. Di qui il massiccio ricorso alla fiducia, che però, di fatto, serve più ad allineare il parlamento al governo che non viceversa. L'idea che mi sono fatto è che per far funzionare bene le istituzioni democratiche (se non vogliamo finire come negli Stati Uniti, in cui di fatto la politica è comandata dai "donors", dunque dal grande capitale) è ineludibile un tentativo di recuperare la centralità dei partiti come enti capaci (e dotati di risorse autonome sufficienti) per organizzare ideologicamente il consenso dei cittadini. Ma forse anche un sistema elettorale a doppio turno con ballottaggio (che induce i partiti a ricercare una prospettiva ideologica unificante) potrebbe giocare un ruolo positivo in questo senso. Altrimenti, per quanto si possa crea un "motore legislativo" che gira bene e senza intoppi, il rischio è che al volante non ci siano i rappresentanti del popolo.

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    1. Ma ancora non l'hai capito che il doppio turno è il sistema che sistematicamente fa vincere il PD o la coalizione appoggiata dal PD??? Io sono emiliano, ho fatto 30 anni di esperienza ai seggi elettorali (come Presidente, segretario e scrutatore, quindi mai per conto di un partito) e vedo bene gli elettori delle mie parti (che Alberto definiva non a caso Piddinia, perché l'ispiratore del PD è un professore nato a 40 km da casa mia e che ha poi trasferito la residenza per motivi di insegnamento accademico a Piddinia Maior, e se segui un minimo i media come faccio io (che non guardo i TG, non compro giornali, però guarda caso le cose le so sempre meglio degli altri) vedi che è ancora alla ricerca di soluzioni per far vincere il suo PD)), ripeto, scusa la lunga parentesi, so benissimo che gli elettori del PD vanno a votare:
      - in tutte le condizioni meteo (sole che invita ad andare al mare o bufera di neve che invita a starsene tappati in casa incluse);
      - qualunque siano i problemi fisici che li attanagliano (alla peggio si fanno utilizzare l'ausilio di un accompagnatore, oppure, cosa perfettamente legittima, chiedono al Comune di residenza che il seggio elettorale venga a raccogliere il voto a domicilio);
      - qualunque sia il pensiero sulle politiche effettive svolte dal PD; per l'elettore PD il dissenso si esprime "internamente", ultimamente solo a livello di mugugni e certamente molto poco di dibattito in sedi istituzionali, ma il voto "al Partito" non viene mai meno (per il PD il solo partito è il loro, la mentalità venne forgiata da Togliatti ad ispirazione del PCUS staliniano, e si è tramandata di generazione in generazione, grazie al volonteroso contributo degli "operatori dell'informazione indipendente e di qualità" (Pravda, quella del tempo che fu, docet), gli altri alla meno peggio sono "comitati d'affari" oppure veri e propri "nemici della democrazia", che pertanto occorre moralmente fermare e se fosse possibile anche proibire, bontà loro).
      A fronte di cotanza militanza e costanza nell'espressione democratica del proprio voto (chapeau), si contrappone purtroppo una sempre più diffusa indifferenza a chi governa, specie a livello locale, di cui centralmente la delusione per la grillanza tradita è stata un fortissimo catalizzatore, per cui alla fine gli elettori che mai voterebbero il PD avendone capito la vera natura (e non necessariamente di ideologia affine ai partiti di centro-destra) "liberamente" e "tafazzianamente" decidono di rinunciare alla propria scelta elettorale, delegando le masse piddine ad esprimere purtroppo quasi invariabilmente il consenso maggioritario per il governo specialmente di molte Regioni e degli enti locali.
      Infatti basta guardare i dati di affluenza sul secondo turno delle elezioni dei comuni oltre i 15k abitanti per vedere che invariabilmente al secondo turno cala considerevolmente rispetto al primo, e che però percentualmente il consenso per il candidato della coalizione piddina aumenta sempre.
      E' chiaro 'sto fatto? O semplicemente voti PD anche tu?

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  15. Arrivato a pag.40 di "Sorvegliata speciale" mi è sono allarmato: se è così che è andata fino al '93 in Italia, se di nuovo ora la nostra nazione è ritornata strategica nello scenario geo politico, quanto rischiano coloro che politicamente stanno lottando per ristabilire un indipendenza e una Sovranità economica, politica ed energetica?

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    1. Per questo ci siamo rifugiati al sicuro nel Blog che non esiste.

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    2. Scusi, caro Franco, ma lei da quanto tempo ci segue!? Perché è da fine 2011 che questo blog è aperto e non si fa che parlare di altro (anzi, ad essere più precisi, già se ne parlava sul blog Comedonchisciotte e sul giornale Rinascita, così come già se ne parlava negli ambienti di destra postfascisti)! L'unico errore di questo blog è stato, secondo me, quello di portare troppo il dibattito su una chiave economicistico-marxista anziché eminentemente geopolitica.

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    3. Forse un aspetto non del tutto negativo del ritorno al bipolarismo globale rispetto alla situazione precedente potrebbe esserci (a patto che l'UE salti): quando, all'epoca della prima guerra fredda, abbiamo dovuto "trattare" direttamente con gli USA i limiti alla nostra sovranità, loro ci hanno concesso spazi maggiori (specie in termini di spesa pubblica e politica economica) di quanto non sia accaduto quando, durante la stagione del globalismo, il rapporto è stato intermediato dall'UE (dunque dagli interessi prevalenti di Germania e Francia).

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    4. La geopolitica è il rifugio degli ignoranti di economia. L’economia è molto paziente, ma alla fine va lì a stanarli. Ogni riferimento alle cazzate sentite per anni sulla KernEuropa è assolutamente intenzionale. La crisi del sistema Europa l’avete vista descrivere con anni di anticipo qui, non nei paludati convegni dei geopolitici.

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  16. Sì, devo dire che tra pagina 39: "I primi 4 questori di Roma... erano stati tutti ispettori dell'OVRA" e pagina 40: "...operazione del Ministero dell'Interno volta ad EPURARE i funzionari ADERENTI ALLA RESISTENZA" (maiuscolo mio) ho preso due belle sberle anche io.
    Non immaginavo, mea culpa.

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    1. Ecco perché non sono particolarmente convinto da analisi come quella di Mark, che rinviano a un’età dell’innocenza e della libertà che semplicemente non c’è mai stata.

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    2. ...e probabilmente mai ci sarà, almeno nel nostro breve periodo. Ancora oggi ed ancora per molto nel futuro, essere italiano vuol dire contemplare il Paese più bello del mondo, combattere per raggiungerlo, senza poterci mai vivere se non in sogno o per qualche attimo fortunato. Come Mosè sul monte Nebo.

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    3. Ma non credo che questa sia una eccezione italiana. Credo che la necessità di agire un conflitto per difendere le proprie posizioni, senza illudersi di poter demandare ad altri la soluzione dei propri problemi, né di raggiungere uno stato di equilibrio sufficientemente stabile, sia assolutamente trasversale rispetto ai tempi e ai luoghi. Penso però che la consapevolezza che qui abbiamo maturato di aver subito le conseguenze di una decisione particolarmente irrazionale come quella dell’ingresso nell’unione monetaria possa indurci in un errore di valutazione: quello che la rimozione delle conseguenze di questa scelta ci conduca in un equilibrio di per sé migliore. Questo io non l’ho mai detto, sostenendo sempre che lo smantellamento dell’unione monetaria fosse solo una condizione necessaria per il ripristino di un minimo di razionalità economica, ma assolutamente non una condizione sufficiente per il ripristino di una razionalità politica. Quindi, anche se in questa fase lasciamo lavorare i tedeschi di AfD, dobbiamo essere consapevoli del fatto che quale che sia l’esito della loro lotta, ci sarà sempre da lavorare per difendere le nostre posizioni.

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    4. In effetti il destino di Mosè gli ha risparmiato almeno di partecipare a tutti gli errori catastrofici fatti dal suo popolo, da quel momento in poi e proprio lì nella Terra Promessa (son tutti buoni a criticare il Faraone, ma si può sempre far peggio) e nonostante l'assistenza di un Blogger marginalmente più disposto di Lei al multitasking ed al ripasso de LeBasi; però anche più sanguinario nei ban, va detto.

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    5. E pensa che c’è gente che si lamenta…

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    6. @Alberto. Invero io sono convinto del fatto che ci sia sempre stato un controllo USA su di noi (alla fine, checché se ne dica, la guerra l'abbiamo persa e questa cosa ha pesato). Quello che penso è che il controllo, per così dire, "diretto" degli USA ci abbia fatto meno danni del controllo USA "mediato" dall'UE in cui oltre agli interessi USA, ci sono stati messi davanti anche quelli di Francia, Germania e loro satelliti. Tangentopoli e Maastricht - più e meno coevi - mi pare abbiano segnato un cambio di passo della politica USA nei nostri confronti e, credo, in senso peggiorativo, rispetto all'epoca precdente.

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    7. ***il controllo, per così dire, "diretto" ***
      Ovvio, meglio sempre trattare direttamente col direttore di un "carcere" che con i suoi "secondini" ; e specie se il primo sta aldilà di un oceano e i secondi solo aldilà di qualche valico di montagna.

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    8. Ma aggiungo che anche questo va fatto "bene" .
      Per esempio sicuramente ci ha provato Berlusconi ( ma non aveva sponda ) ma solo per la sua personale apparenza , e ci hanno provato sia D'alema che poi Renzi ( che la sponda invece ce l' avevano ) ma in un modo così tanto servile e lesionistico per il paese che era meglio che non ci avessero nemmeno provato .

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