Cosmopolitica era
il titolo dell'assemblea con cui ha preso avvio Sinistra Italiana. Cosmopolitica
è un nome, un programma, un'ideologia: il sinistrismo. Il sinistrismo è una delle
malattie della politica italiana. La sinistra, infatti, non è la soluzione ma
un problema.
Prima del '89 il
termine sinistra veniva usato in modo generico per indicare i partiti dai socialisti
alla sinistra rivoluzionaria. Dopo l'89, con la nascita del PDS/DS, il termine nomina
un partito. Il PD di Veltroni va oltre, ma sinistra resta come nome e peso allo
tempo stesso. Con la scissione dal PRC, Vendola si aggiunge al treno: Sinistra
Ecologia, Libertà. Solo Berlusconi, su indicazione dei sondaggisti, usava il
termine comunista: quelli di destra si sa rimangono indietro. C'è il centro
sinistra. I sistemi elettorali maggioritari, polarizzando gli schieramenti,
hanno favorito questo lessico.
Questi passaggi
comportano la cooptazione della sinistra nel sistema. Pds/DS, prima, Vendola
poi, nascono anticomunisti e anticlassisti. Ciò porta a una visione liberale,
con un po' di ecologia e tanti diritti individuali: la/le libertà. Michèa
chiama quest'area: liberallibertaria. I diritti individuali sono un pezzo
forte. La vera ideologia del sinistrismo. Non il diritto individuale
sacrosanto, ma anche il diritto individuale egocentrico di poter fare tutto: ogni
limite è fascismo.
Se, ad esempio,
si fa rilevare che l'utero in affitto può comportare un problema di classe, ti becchi
del nazista. Cosa sarà mai questa anticaglia della questione di classe!? Dall'immaginazione
al potere, al potere dell'ipertrofia dell'io desiderante e consumista. Elettoralismo
e leaderismo ne sono i corollari con il seguito di primarie. Ogni progetto
forte è abrogato. Così il marxismo e la lettura di classe che avevano imperato
per oltre un secolo svaniscono come neve al sole.
In questo
frullatore sono attratte anche culture comuniste. Ci riferiamo alla decadenza della
galassia operaista (Negri, Revelli ecc) e dell'ingraismo (Bertinotti, Vendola
ecc ecc ). Il sinistrismo, non a caso, trova terreno fertile negli eventi degli
ultimi decenni. Il movimento noglobal è l'apoteosi e l'apparente conferma. Ma,
alla fine, l'unico movimento global rimasto è quello del capitale.
L'altro momento è
l'Unione Europea. L'Unione capitalista liberista, finanziaria è coperta dallo
spinellismo diffuso: gli Stati Uniti d'Europa. Il superamento degli Stati viene
visto come un fatto positivo quasi fosse l'estinzione di marxiana memoria. Ciò
senza comprendere che, a differenza della lunga fase storica precedente, è lo
stesso capitalismo a demolire una parte delle prerogative statali per avere
meno inciampi alla sua libertà totale. Dall'altra, tuttavia, lo stato, ancor di
più di prima, diventa un comitato d'affari che tutela i loro interessi. Se
serve l'intervento pubblico per salvare banche, finanza e sistema, chi se ne
importa della teoria. Basta che il linguaggio rimanga liberista.
Che l'Unione,
metta in mora sostanziale e formale le Costituzioni post belliche (quelle che JP
Morgan bolla come antifasciste e socialiste) appare secondario. E se gli Stati
Uniti d'Europa, una volta realizzati, relegheranno le costituzioni nazionali a
statuti regionali non importa. Però faranno la campagna per il no contro la
deforma Renzi!?
Così il
cosmopolitismo sinistrese diventa funzionale. Contro gli stati nazionali
alimenta il superstato europeo. Contro il pubblico inventa il bene comune. L'euro
diventata uno strumento di unione dei popoli: l'internazionalismo monetario.
Se si propone la
riconquista della sovranità politica economica e monetaria nazionale, allora
sei un fascista, reazionario, leghista.
A nulla serve
ricordare che siamo stati i sostenitori di tutte le lotte di liberazione
nazionali. Che Marx, Lenin, Gramsci hanno, in modi e tempi diversi, teorizzato
il radicamento nazionale, l'autodeterminazione nazionale. E che, dunque,
l'internazionalismo non è il cosmopolitismo borghese ma il rapporto fra
proletariati nazionali. Per queste anime belle la nazione è un tabù.
Il sinistrismo
non ha senso critico. Come il capitalismo, è una religione. I dogmi non si discutono:
si ripetono come mantra.
Ma anche coloro
che condividono la secessione dall'Unione hanno paura a usare il termine
nazionale. È un tabù. Così si usa il termine sovranità popolare anche se questo
termine non significa nulla al di fuori della riconquista dell'indipendenza. Tanto
per non farsi mancare nulla, infatti, abbiamo anche il sinistrismo di sinistra.
Questo è movimentista, “conflittista”, formalmente classista. Va da sé che
senza movimenti e conflitti non si va da nessuna parte, ma questo sinistrismo
li pensa e pratica come se questi movimenti in sé portassero alla meta. Basta
farli crescere. Pensano che la soluzione a tutti i problemi sia: più conflitti.
Espandendosi questi, si crea un'altra società, mentre il capitalismo deperisce.
Così non ha senso più di tanto interrogarsi sull'alternativa di società, basta
enunciarlo verbalmente: un altro mondo è possibile o un altro generico
socialismo o comunismo sono possibili. Così non ha nemmeno senso interrogarsi
sulla strategia, sulla presa del potere dello stato e la loro trasformazione.
Questi due
sinistrismi hanno infatti in comune la mancanza di un progetto politico strategico,
un percorso, le sue tappe, la transizione, i blocchi sociali. Hanno in comune
il dissolversi del capitalismo.
Anche sul tema
immigrazione il sinistrismo cosmopolitico dà degna prova di sé. Il problema non
sta nella rimozione delle cause di questo fenomeno epocale: le enormi disparità,
la rapina economica, le guerre, la fame, l'attrattiva del consumismo, ma lo approccia
solo dal (giusto in sé) punto di vista umanitario. Che poi gli sfollati vadano
a ingrossare le periferie, siano utilizzati come esercito di riserva per guerre
fra poveri, non li tange. Che questo porti anche a conflitti culturali,
religiosi, comportamentali è un aspetto secondario: nostra patria è il mondo
intero. E la soluzione è il buonismo.
C'è anche
l'aspetto cinico. Siccome le nostre società hanno bisogno di mano d'opera, di figli,
di giovani (Boldrini), non importa che siano proprio le società di origine ad
aver ancor più bisogno di loro. Che tutti costoro abbiano diritto di vivere in
pace a casa loro. Così i confini, i limiti, che servono per costruire le
identità, le sole che poi permettono di confrontarsi con l'Altro, sono
sostituiti dalle frontiere aperte. Del resto, a costoro, sembra anche assurdo
pensare di mettere i confini per imbrigliare i movimenti di capitali e di
merci.
Viva il
liberoscambismo capitalista. Viva il mercato dei capitali, delle merci, dei
lavoratori.
Come si può ben vedere il sinistrismo culturale ed
ideologico è l'altra faccia di quel liberismo economico che ha bisogno di
individui senza limiti e senza freni. La sinistra non è l'opposizione, non è l'alternativa, ma ciò che impedisce
opposizione ed alternativa. L'incapacità di chiamare le cose col proprio nome
ha portato ad una visione fantastica della realtà: auto-illusione, produzione
di parole a mezzo di parole. È tempo di rimettere le cose in piedi, i piedi per
terra e dare alle parole il loro senso.
Ugo Boghetta
(...si apra la discussione, anche se da discutere c'è poco. Io torno alle mie ricerche...)
La discussione l'aveva già chiusa Pio IX col Sillabo.
RispondiElimina"Rossobruno!"
RispondiElimina"A me?!? A ME CHE SONO DIVENTATO COMUNISTA QUANDO MOSCA MANDA I CARRI ARMATI A PRAGA?!?"
Che spettacolo... AM
Questi ebbero,qualche decennio fa, una crisi d'identità e adesso li vediamo "disorientati".È importabte quello che dice Boghetta quando mette in evidenza anche gli "scettici" che,da un punto di vista pratico,assumono posizioni ambigue.
RispondiEliminaPer tutto quello che ha scritto Ugo Boghetta, in questo anno scolastico io non lavoro e non lavorerò...con una fascista, reazionaria e leghista come me non si può lavorare. Avanti i riservisti! Non mi piego e non mi avranno.
RispondiEliminaUn grazie di cuore ad Ugo Boghetta e al Prof. Alberto che lo ha ospitato.
(Alessandra/Cassandra da Firenze. Strike the Viol)
Appoggio in pieno lo scritto di Ugo Boghetta, intanto ripartiamo dai 13.500.000 voti SI' di Domenica scorsa, se non disperdiamo quelli si ricomincia da capo !!!!!! SPACCAGIO
RispondiEliminaHo capito, e allora? Che vuole fare Boghetta, mica si capisce! Comunque questo articolo qui, significa che avete fatto pace?
RispondiEliminaQuello direi che è acqua passata. Boghetta era all'ultimo goofycompleanno
EliminaBoghetta non ha scritto l'articolo per "noialtri", infatti lo avevo già letto sul sito di RC di Biella, datato al primo di questo mese. Qui siamo abituati a una dieta di dati e analisi, eccellente per l'igiene mentale (grazie Prof) e dunque la diamo per scontata.
EliminaBoghetta si rivolge a un pubblico gravemente intossicato da un'alimentazione ridotta a simboli e personaggi di riferimento (che a loro volta sono pure icone, altri simboli). Rispetto a soggetti del genere l'invito a "rimettere i piedi per terra e dare alle parole il loro senso" è un estremo appello a smettere di autodistruggersi.
Ci riuscirà qualcuno?
Sintesi mirabile.
RispondiEliminaIo credo che una sinistra non "sinistrista" e che crei una vera alternativa di pensiero e di azione non potrà riaffacciarsi se non recuperando il pensiero e le analisi di due nomi ormai "maledetti": Marx e Keynes. Tutto il resto è irritante ronzio liberista.
Non c'è proprio un cazzo da discutere o da criticare su questo pezzo,semplicemente un bignami della situazione sinistrata in Italia e presumo anche €uropea.
RispondiEliminaL'unico appunto che faccio è a questa frase;
"È tempo di rimettere le cose in piedi, i piedi per terra e dare alle parole il loro senso."
Il tempo giusto per rimettere le cose a posto è passato da almeno 3/4 anni esattamente dopo i risultati disastrosi della cura montiana,ora più si va avanti più si accetta la situazione attuale con malinconia e .
Io la vedo molto dura.
P.S.
Malinconia e rassegnazione è semplicemente quello che provo io dopo tante delusioni.
Bell'analisi Prof (scherzo)... effettivamente i puntini della storia vengono uniti in modo convincente ma c'è un fattore che mi lascia perplesso: il tempo. E' possibile che ci sia una spinta unidirezionale che agisce costantemente per così tanti anni vincendo ogni resistenza? Sembrerebbe che la stessa regia ci abbia condotto nello sme, all'abolizione della c.d. scala mobile, nello sme credibile, al divorzio Banca d'Italia - Tesoro e poi nell'euro e via sino ai giorni nostri. E che questa spinta abbia trascinato con sé la politica, gli intellettuali e, di conseguenza, l'opinione pubblica.
RispondiEliminaIl Prof ci insegna che dietro eventi complessi non c'è mai una regia unica, ma piuttosto una convergenza di interessi. Allora mi chiedo: come è possibile che in tutti questi anni non si sia mai concretizzata un'opposizione vera a questo pensiero unico? Come è possibile che tutti si siano adeguati? Perché non è maturata la consapevolezza della strada intrapresa e, ancora oggi, la quasi totalità delle persone danneggiate da determinate scelte non riesce ad attribuire a queste la responsabilità del danno subito?
Forse è una questione tecnologica. Mi spiego. I giornali sono legati fortemente alla genesi ed allo sviluppo della rivoluzione francese. Era parecchio che la borghesia acquisiva potere a scapito dei feudatari, ma fu anche la diffusione dei giornali (nuova tecnologia) a dare l'impulso decisivo alla presa del potere, anche se le cause scatenanti furono altre.
EliminaAnche i totalitarsmi del novecento si sviluppano in tutta Europa contemporaneamente alla diffusione ed allo sviluppo di una tecnologia comunicativa fondamentale: la diffusione della radio. Sara un caso?
Se pensiamo al tuo elenco di fatti, essi avvengono parallelamente all'esplosione di un certo fenomeno tecnologico comunicativo: la pubblicità e la TV commerciale. Sarà un caso? O è stata la pubblicità la spina dorsale di questo "pensiero"? E contemporaneamente non è avvenuta (anche) per opera della TV la distruzione dei rapporti sociali esistenti nel trentennio d'oro?
Mi rendo conto che potrebbe essere un po' come chiedersi se è nato prima l'uovo o la gallina, dato che i fenomeni delle idee sono causati e causano vicendevolmente i fenomeni legati alla tecnologia comunicativa. Però mi viene spontaneo ragionare sulla struttura del web e pensare ai rapporti sociali sempre più atomizzati, dove ognuno di noi è sempre qui e altrove... Alla facilità con la quale si trovano informazioni con il web, e contemporaneamente alla svalutazione delle stesse. Alla difficoltà di essere creduti. Perché ora il problema non è più guardare negli occhi il tuo interlocutore e capire se ti puoi fidare, dato che gli occhi non li ha.... Siamo come specie attrezzati a capire se una persona mente. Non siamo attrezzati a valutare se un sito web sia o meno affidabile. E così diventa "normale" il contraddittorio fra posizioni, anche quando una delle due posizioni dovrebbe essere semplicemente da cestinare.
Il linguaggio orwelliano,i media proni al potere,il M5S,che ahimè votai nel 2013,l'abilità di alcuni nel gattopardismo ecc...Immagino che un sociologo serio abbia le stesse difficoltà a descrivere l'insieme dei fattori sociali,politici ed economici che compongono la realtà.Boghetta fa un'ottima analisi e non è certo colpa sua se manca una sinistra degna di tale nome.Il fattore tempo ormai gioca a sfavore ma non è ancora tutto perduto.Per me la domanda è ora: " Quando si arriverà al punto di svolta per ricostruire faremo i conti anche con le macerie edilizie causate dalle bombe?" (per me il rischio è concreto).Spero di no.Passi avanti ne son stati fatti molti ma le forze in campo sono asimmetriche.
EliminaLa panza piena. Casetta, due auto, vacanze, lavoro "solo" otto ore al giorno e weekend libero, sanita' e scuola aggratis, a 55 anni in pensione a godersi i nipoti, insomma una specie di paradiso terrestre. Perche' rovinarsi le serate al circolo operaio quando a casa c'e' il sony strafigo 55 pollici? Ammesso e non concesso che qualche nucleo di intellettuali abbia elaborato un articolato progetto alternativo, chi se li filava? Le universita' dove CL si e' espansa grazie al vuoto lasciato dalle "sinistre"?
EliminaGrazie mille per le interessanti risposte. Ringrazio particolarmente Stefano Longagnani per avermi fornito un punto di vista a cui non avevo mai pensato e che, si condivida o meno, è sicuramente suggestivo
EliminaNel momento in cui la sinistra abbandona il mondo del lavoro, diviene peggio della destra della quale abbraccia il programma economico, ma si distingue per il proporre una specie di marmellata insignificante a livello sociale e morale, alcuni provvedimenti aberranti (sterilizzazioni forzate) nascono a fine 800 dal suo ambiente. Sfido chiunque ad andare a vedere cosa dicevano tempo fa alcune rock star della sinistra Shaw, Wells H.G., Russell, Galton ecc. Oggi, nel momento in cui abbandona anche il suo concetto più originale, l'idea di nazione legata a quella del popolo, figlia della Rivoluzione francese: diviene profondamente reazionaria e inumana. IL problema, non un problema. Sembra di vedere in atto la fusione fra Robespierre l' incorruttibile e alcuni presidenti "laici" del Messico post-rivoluzionario. Tutto questo lo vedo molto ben rappresentato da Killary "Kate Bates in Misery non deve morire" Clinton.
RispondiEliminatutto chiaro e condiviso
RispondiEliminaQuindi all'atto pratica cosa facciamo?
facciamo fronte comune con Salvini ?
O che altro ?
Basterebbe, ad esempio, affossare con il prossimo referendum la nuova legge-stupro della costituzione. Non serve votare salvini per forza (io al momento non trovo alternative, a parte astenermi).
EliminaSignori, parliamo di gente che ha messo il pareggio di bilancio in costituzione, e poi si definisce di sinistra. E il lavoro?
Scusa non resisto, dal '77: O l'omo?
EliminaNiente, se non togliere voti al PD. Puoi agitarti quanto vuoi, ma non convincerai nessuno a far sciopero, a manifestare, a dissentire apertamente. E' come per le rinnovabili, l'energia magari globalmente c'e' ma e' troppo rarefatta. Loro lo sanno bene, e combattono con vigore ogni localismo.
EliminaPer comprendere l'evoluzione della SSinistra consiglio vivamente: "L' immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale" di Paolo Borgognone, studio monumentale (1049 pp) della sinistra nel dopoguerra (e non solo)giovane storico molto brillante, nonchè amico. A proposito, ti (Alberto) vuole inviare una copia
RispondiEliminaUgo Boghetta. Analisi perfetta.
RispondiElimina…Se Boghetta legge, lo informo che sulla sua scheda di wiki c'è un conflitto di date che lo riguardano
RispondiEliminaC'è poco da fare: "superare la scissione del '14" diceva Giano Accame,«Sapeva bene Carlo Rosselli che l'errore più grande del PSI per quanto nato dai moti e dai fermenti risorgimentali, era stato proprio quello di non aver saputo fare i conti né con il Risorgimento, né con la Nazione. Invece di farsi popolo i socialisti si restrinsero sempre più nella classe, rinunciando al patrimonio risorgimentale in cui affondavano le proprie ragioni dimenticando le parole e gli insegnamenti degli Eroi che avrebbero dovuto essere loro» diceva Bettino Craxi.
RispondiEliminaCi sarà un motivo per cui io, che ho una storia molto diversa, mi ritrovo perfettamente in ciò che dice Boghetta o nell'analisi di Michèa...
E non solo io.
Mi sia consentito un contributo in tema di migrazioni. Fa un certo effetto lo scritto di un noto Compagno oggi "in pensione":
"Certo, ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il rispetto della dignità di ogni persona umana. Il diritto della persona ad emigrare – come ricorda la Costituzione conciliare Gaudium et spes al n. 65 – è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti. Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra, ripetendo con il Beato Giovanni Paolo II che «diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione» (Discorso al IV Congresso mondiale delle Migrazioni, 1998). Oggi, infatti, vediamo che molte migrazioni sono conseguenza di precarietà economica, di mancanza dei beni essenziali, di calamità naturali, di guerre e disordini sociali. Invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia, dalla fede e dalla speranza, migrare diventa allora un «calvario» per la sopravvivenza, dove uomini e donne appaiono più vittime che autori e responsabili della loro vicenda migratoria. Così, mentre vi sono migranti che raggiungono una buona posizione e vivono dignitosamente, con giusta integrazione nell’ambiente d’accoglienza, ve ne sono molti che vivono in condizioni di marginalità e, talvolta, di sfruttamento e di privazione dei fondamentali diritti umani, oppure che adottano comportamenti dannosi per la società in cui vivono. Il cammino di integrazione comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono."
(dal MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2013 - "Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza")
Sono le idee espresse da Alain de Benoist ne I demoni del bene.
RispondiElimina"Non solamente io non faccio l'elogio della cultura libertaria, ma ne faccio al contrario una critica radicale mostrando che essa discende esattamente dalla stessa fonte ideologica della cultura liberale. È la ragione per la quale, come ha detto Jean-Claude Michéa, il liberalismo economico (di destra) e il liberalismo culturale e sociale (di sinistra) sono destinati a ricongiungersi. Bisogna del resto farla finita col il mito del '68”! Non è dal '68 ma dal capitalismo liberale che proviene l'idea di una libertà irresponsabile e senza limiti. Il capitalismo è legato dalle sue origini a un modello antropologico, quello dell'homo œconomicus, che si crede cerchi sempre di massimizzare il suo miglior interesse materiale. Da qui la legittimazione dell'egoismo. Il capitalismo si struttura d'altronde sull'idea dell'illimitato, di affrancamento da ogni frontiera, da ogni limite. La sua sola parola d'ordine è “sempre di più!” (sempre più mercato, scambi, profitti...). Da qui la legittimazione della dismisura, che i greci chiamavano hybris. Già presso Adam Smith, l'economia sembrava essere guidata dal desiderio molto più che dal bisogno. Ora, il desiderio è per natura illimitato (Epicuro faceva già del desiderio illimitato il principale ostacolo alla felicità). La pulsione economica oscura così la questione dei fini. Se oggi l'immaginario simbolico è sempre più colonizzato dai soli valori mercantili non è per colpa dei “gauchistes”, ma del capitalismo liberale che, per estendersi, ha bisogno di distruggere metodicamente tutto ciò che può fungere da ostacolo all'egoismo, alla libertà del commercio e al regno dell'interesse. Karl Marx non aveva torto a dire che la borghesia ha affogato l'ordine antico “nelle acque gelide del calcolo egoistico”. La cultura libertaria si situa di diritto nel prolungamento di questa tendenza. Come ha scritto il filosofo Jean Vioulac, “l'avvento della società dei consumi implicava la dissoluzione di tutto ciò che era suscettibile di frenare l'acquisto sui mercati, e dunque l'abolizione di ogni legge morale che reprimesse la soddisfazione immediata del desiderio. Il liberalismo, nella misura in cui si definisce tramite l'esigenza della deregulation e della de-istituzionalizzazione di ogni attività umana, è il progetto politico di smantellamento completo dell'ordine della legge, e in questo è uno dei più potenti motori del nichilismo”.
Elimina(da un'intervista ad Alan De Benoist, reperibile qui: http://www.intelligonews.it/articoli/15-aprile-2015/25434/parla-in-esclusiva-alain-de-benoist-il-gender-figlio-del-capitalismo-liberale)
E' un fatto che il capitalismo ha migliorato le condizioni di vita di moltissima umanita'. Il contadino cinese - adesso sfruttato in fabbrica, non penso rimpianga molto la miseria delle campagne. La loro forza e' proprio questa, riescono a dimostrare che si tratta del miglior sistema fra i possibili, ed a dissentire ti rispondono: dicci tu come strutturare il mondo, come creare benessere materiale, come dare pani e pesci a tutta questa gente.
EliminaPrima di "migliorarne" le condizioni di vita, il capitalismo ha modificato l'orizzonte esistenziale dell'umanità, selezionando ciò che è da ritenersi miglioramento da ciò che non è da ritenersi tale. Se è difficile definire esaustivamente il concetto di benessere reale, si è dunque ricorso - così come per l'indice di corruzione -, al benessere percepito, il quale è ampiamente manipolabile e inducibile a monte (e a quel punto, se il singolo non lo percepisce nei termini codificati, viene messa in discussione la salute del suo sistema recettoriale). Qui si consuma la frattura tra bisogno e desiderio, considerando peraltro come vi sia differenza anche tra necessità e bisogno: se necessità è, ad esempio, il respirare (sembra banale ma è così, e non è semplice questione d'ossigenazione) e il nutrirsi, il farlo in un certo modo diventa un bisogno, dilatando il quale si entra nell'indefinito regno del desiderio. Non è questione di porre paletti rigidi e moralistici,o d'auspicare una via ascetica per chiunque, quanto d'essere consapevoli di questo stato delle cose; la maggior parte di noi dimostra di non saper più uscire da questa progressione, allorché vi si sia avventurata incautamente e senza realizzare di comportarsi come l'asino che, inseguendo la carota legata a un palmo da sé, tira il carretto per conto d'un altro - colui che induce il desiderio, per poi rivenderne la "realizzazione".
EliminaMozione d'ordine: siamo tutti capitalisti, intransigentemente non fascisti, convintamente solidaristi, igienicamente (dal punto di vista mentale) non decrescisti.
EliminaIo però, dopo aver smesso di essere menopeggista ed evitato di diventare fanculista, sono stufo di essere rivafiumista.
RispondiEliminaDevo trovare una nuova collocazione.
Qui siamo in tanti rivafiumisti stufi...
EliminaEvivaiddio...mi sentivo tanto solo!
EliminaSpero nella gentile concessione del KPO per questo OT.
RispondiEliminaÈ uscita oggi la classifica mondiale della libertà di stampa rilasciata dall’agenzia Reporter Sans Frontières. L’Italia risulta al 77° posto, nella categoria “noticeable problems”; e giù a scannarsi di commenti partitici “quando c’era il Berlusca” e “adesso Renzi”…
Il mio commento è che anche qui siamo in presenza di un’ulteriore asimmetria, quella di giudizio. L’Italia ovviamente ha i suoi problemini, e qui lo sapete meglio di me, ma ciò non placa la mia perplessità verso la classifica.
Innanzitutto il 77° posto dell’Italia viene giustificato anche dall’inchiesta “Vatileaks”, per cui due giornalisti sono sotto processo nella Città del Vaticano per la fuoriuscita di notizie riservate.
Forse chi ha redatto la classifica dovrebbe ricordarsi che la Città del Vaticano è uno stato sovrano, e le sue leggi non sono emanate dal parlamento italiano; ma vabbé, non è questo il punto.
Mi sorprende che nella classifica la Germania sia tra i paesi nella categoria più alta “good situation”, al 18° posto. Seriamente: non prova un minimo di imbarazzo chi ha redatto questa classifica?
Parliamo un po’ delle pressioni esercitate dal governo tedesco nei confronti dei media per cercare di mettere a tacere i fatti di Colonia, tanto che per una settimana la notizia non è trapelata?!
Che dire dell’autorizzazione a procedere del governo nei confronti del comico Böhmermann per la satira contro l’orrido figuro di Ankara (Mustafa Ataturk, pace all’anima sua, ormai avrà usurato la sua tomba a forza di rivoltamenti)?!
Da un lato si incolpa l’Italia di una situazione estera come se fosse di sua giurisdizione, dall’altra si fanno le famose tre scimmiette verso il governo tedesco. Non siamo molto “simmetrici” mi pare.
Refuso. La Germania è al 16° posto
EliminaUn politico così lo voterei. Citando il reverendo James Brown, "Lui ha visto la Luce!".
RispondiEliminaSi leva l'alba, e grazie a Dio non sembra dorata.
Signor Pochetto è tardi MOLTO tardi per qualsiasi sinistra .
RispondiEliminaOgni uomo di sinistra oggi è visto come un "sinistro "
A proposito di spinellismo diffuso, sono reduce da un acceso dibattito su FB, dove ho dimostrato (per confessione) che l'altro interlocutore aveva citato Spinelli senza aver mai letto il famigerato manifesto di Ventotene. Ho citato varie frasi che non lasciano dubbi alla natura non democratica del manifesto.
RispondiEliminaIl sapore che mi e' rimasto in bocca pero' non e' quello della vittoria dell'argomentazione, quanto quello della nausea e della tristezza nel constatare che tante persone non sanno quello di cui stanno parlando e portano cosi' interi popoli al macello.
La testardaggine culturale fa il paio solo con l'ignoranza e la volonta' di far prevalere la propria insulsa (perche' legata all'ignoranza) opinione; oltre al fatto di ribadire il concetto "IO sono dalla parte del giusto perche' IO sono di sinistra, tu se parli male di Spinelli sei un fascista".
Una volta provavo pena per loro, cercavo di ragionare ecc., adesso provo pena solo per i loro figli, per loro no, perche' questa mentalita' ha fatto arrivare al potere le persone sbagliate che hanno messo l'Italia nei guai seri. Ad esempio queste sono le persone che hanno esultato all'arrivo del governo Monti appoggiato dal PD, perche' finalmente ci si liberava di Berlusconi; queste sono le persone che fognano gli Stati Uniti d'Europa. Chi ha distrutto la domanda interna, dicendolo in faccia? E niente. Avete perso il posto di lavoro, e ancora la ragionate cosi'? Vi toglieranno i vostri risparmi e quelli dei vostri genitori e quelli dei vostri nonni. Bastera'? Boh...
Cosi' come non basta bere un the caldo per guarire dal cancro, ho paura che ci vorranno eventi traumatici per liberarsi da questa mentalita'.
Io ho rinunciato a certi confronti! Energia sprecata. Bisogna iniziare a de programmare i giovani.
EliminaIl mondo è sempre uguale.
RispondiEliminaNoi siamo animali.
Quando si nasce, basta un passo da un lato per imboccare la via che riporta alla caverna, un passo dall'altro lato per intravedere l'orizzonte di Einstein (e lo dico pur essendo consapevole della possibile monumentale bellezza della esistenza di un cavernicolo).
Marx (indipendentemente dalla valutazione che di lui si da come economista) vale innanzitutto per aver spiegato come la realtà si interpreta a partire dalle sue basi materiali.
Ma probabilmente la morte lo ha colto troppo presto. Doveva vivere ancora per terminare il suo lavoro?
E' come se, a tempo quasi scaduto, abbia dovuto completare il lavoro in fretta e in furia per consegnare.
Ed ha aggiunto la posticcia porzione messianica narrando di una società futura in cui gli animali umani, infine buoni e giusti, vivranno in automatico, mirabolante equilibrio tra di loro e con il pianeta.
E questa è stata la condanna del marxismo (più che ogni altro rilevabile errore scientifico).
Perchè ha eliminato la questione fondamentale:
siamo animali, ancorchè sociali, e come tali agiamo.
Non siamo buoni, giusti e belli per natura.
Anzi, spesso facciamo schifo.
La solidarietà, che è il sentimento che connota l'unico significato umanamente legittimo di "sinistra", spiega perchè i resistenti si sono sacrificati per combattere il nazifascismo. Rinunciare alla vita per gli altri e per una idea di libertà, però, non è un fatto naturale.
Sono molto più naturali edonismo ed egoismo.
Un bel trattato breve sul gatekeeping, fronte ultimo del frame sinistrista, utile aiuto alla pseudo-democrazia europea.
RispondiElimina(sembra detto da Vendola ma mi è venuto così)
Lasciatemi solo dire che la lettura di questo pezzo mi ha commosso. E' bellissimo, bellissimo, bellissimo.
RispondiEliminaSi apra la discussione, ma che dire: sono circondato da una massa di imbecilli i cui riferimenti culturali sono Recalcati, Pellai , Galimberti e Rampini, psicoterapeuti che si occupano di tutto ma non di quello che serve ( tipo :l'impatto dei cellurali sulle nuove generazioni ma scordandosi il devastante dato della disoccupazione giovanile al 40%), filosofi che non conoscono la matematica e seminano irrazionalità, giornalisti che fanno gli economisti e così via; questo è il panorama culturale della sinistra italiana popolare, di quella che ha i figli alle medie inferiori o superiori e che si preoccupa della loro conoscenza dell'inglese( che serve a trovare un lavoro, quale?) ma non del loro pensiero razionale matematico o del loro spirito critico ; come dice qualcuno: mancano le risorse culturali per uscire dalla crisi, con questa gente non è possibile dialogare, sono tutti autistici o supponenti, e sotto il loro peso andremo a fondo.
RispondiEliminaEppure, in psicoterapia, "limite" è un termine (curiosa questa parola: "termine"; per i Romani era un Dio, munito di un fallo gigantesco, che sorvegliava i confini; I "limiti", appunto) che traccia la differenza tra sanità ed insanità; tra "normalità" ed "anormalità". Sappiamo che la mente cresce se e solo se esiste un confine tra Sé e non-Sé, tra quel che (credo) di essere io e quel che non mi appartiene. Freud fonda tutta la sua costruzione (pratica, perché la psicoanalisi è una pratica) sui confini: conscio-inconscio, Io-Es, dentro-fuori. Coppie apparentemente opposte e, al tempo stesso, realmente opposte: l'inconscio non è conoscibile. E le moderne neuroscienze, così come la biologia del sistema immunitario, non fanno che confermare l'importanza dei confini, dei limiti; chiunque abbia avuto a che fare con quelle categorie del dolore che sono il trauma e le sindromi borderline può testimoniare della sofferenza che coglie chi sia cosciente della necessità di un limite ma, al tempo stesso, sia privo della capacità di tracciarlo.
EliminaDi Recalcati ricordo con piacere il durissimo: "Elogio dell'inconscio", che consiglierei di leggere a chiunque (e, no, non sono "Lacaniano"; smettiamola con tutti questi "ani"...).
E, in ogni caso, ogni muro ha delle porte, ogni confine è - per necessità - poroso. Ogni limite consente non solamente di delimitare, di definire interno ed esterno, Sé e Altro. Consente, anche, di organizzare gli scambi tra due mondi. Senza porte, ogni città morirebbe di fame; senza proteine di trasporto infisse nella membrana cellulare, moriremmo di fame e gli impulsi nervosi sarebbero impossibili; senza distinzione tra Sé e Altro saremmo tutti schizofrenici, ma senza la possibilità di riconoscere in noi parti dell'Altro saremmo tutti morti di paranoia.
La parola-chiave associata a "limite" è "regolazione"; è la capacità di assimilare, di rendere Sé parti che appartengono all'Altro (è bellissimo quando il Prof. distrugge alcuni argomenti dell'economia classica utilizzando i concetti propri di quella corrente di pensiero, o quando ricorda che senza il mondo cattolico non vi è alcuna speranza di cambiare le cose), come accade nella risposta immunitaria, fondamentale per il mantenimento del Sé biologico e della difesa (ma, al tempo stesso, per l'incorporazione) da ciò che non appartiene al Sé.
Scusate la lunghezza, e il fatto che il linguaggio che utilizzo sarà poco comprensibile a molti. Anche questo fa parte della necessaria (e tragica, nel senso che i Greci davano al termine) presenza di confini.
Buona vita
Guglielmo
Odysseos21 aprile 2016 00:01
EliminaNon era poi eccessiva la lunghezza.
Veniamo alla comprensibilità del linguaggio.
Se invece della metafora psicologica (o forse psichiatrica) ne avessi usata una fisica o chimica avresti forse parlato di differenze di potenziali?
Se è così mi trovi d'accordo, per quel che vale. Tutti i potenziali "reali" vengono compressi in vicinanza dell'annullamento. Ciò che favorisce i potenziali "finanziari".
Credo la convinzione sia per l'accensione di qualche fiammifero ogni tanto. Ma ci sono anche le reazioni altamente distruttive...
@AP
EliminaLa metafora della differenza di potenziali non è male, ma non coglie completamente quel che intendevo dire. Il mio voleva essere un discorso sul ruolo dei confini (tanto aborriti dai sinistristi e dagli europeisti). Che non servono solo a dividere, ma anche a mettere in comunicazione. Gli è che la diversità a me pare necessaria all'incontro e alla costruzione di relazioni (anche economiche, oltre che politiche e, magari, umane); senza alterità, senza diversità, senza - anche - incommensurabilità, siamo costretti a vagare in un mondo di repliche. Se ci pensi, l'effetto delle politiche dell'EU è questo, in fine.
Grazie, e buona vita.
Segnalo questo interessante dibattito - http://www.scientificamerican.com/article/are-we-living-in-a-computer-simulation/ - che per una volta esce dai "confini" della letteratura popolare (ma anche no) per entrare in quelli della fisica teorica e della filosofia, grazie a nuovi impulsi da recenti ricerche.
EliminaOPS
EliminaDimenticavo il link
Segnalo questo interessante dibattito che per una volta esce dai "confini" della letteratura popolare (ma anche no) per entrare in quelli della fisica teorica e della filosofia, grazie a nuovi impulsi da recenti ricerche.
"no confini" = "massima entropia"
EliminaBoghetta ha ragione. Ma cosa dovevamo aspettarci da una sinistra che ben prima della caduta del muro si era fatta nomenklatura? Nessuna ideologia, solo lotte di potere. Da questo punto di vista il vero “grande vecchio” alla fine si è rivelato proprio G. Napolitano. Ricordiamoci anche come giocò quella vecchia volpe del Berlusca, per insellare Monti.
RispondiEliminaChe la "sinistra" fosse parte del problema...
RispondiEliminaanzi la parte che impedisce la discussione e quindi la soluzione del problema...
anzi la parte che era necessaria per "sdoganare" e attuare il problema, Bagnai lo dice dal primo post, ossia molto prima che incominciasse a parlarne Boghetta, comunista doc, che io sappia (se mi sbaglio me ne scuserò).
Questo articolo di Boghetta sarà una soddisfazione, sarà una legittimazione contro l'etichetta fascio-leghista-populista che cercano di imprimere, ma credo sia Boghetta ad aver bisogno di Bagnai che viceversa (Ugo era in un partito che non ha saputo trovare una ragione per continuare ad esistere mentre Alberto da solo ha saputo farsi ascoltare da migliaia di lettori per poi aprire una breccia nell'assenza di dibattito nazionale) e di nuovo non c'è veramente nulla.
Non seguo Boghetta, ma se leggesse il mio commento vorrei chiedere quale è per lui la soluzione: marxista à la Piketty?
Quindi prendo atto del bell'articolo, dell'ammissione, del buon lessico ma, prima di sbilanciarmi, mi piacerebbe sapere la sua risposta (può mettere anche solo dei link). Grazie.
Disponibilità di risorse materiali a ritorni decrescenti. Quando gli economisti ed i ministri dell'economia usciranno dalla caverna platonica dell'economia virtualizzata, finanziarizzata, sindacalizzata, monetarizzata, tassidicambizzata e comprenderanno la rilevanza dell'"infrastruttura" reale dell'economia, forse, sarà troppo tardi.
RispondiElimina
RispondiEliminaThere were many more creatures on the farm now, though the increase was not so great as had been expected in earlier years. Many animals had been born to whom the Rebellion was only a dim tradition, passed on by word of mouth, and others had been bought who had never heard mention of such a thing before their arrival. The farm possessed three horses now besides Clover. They were fine upstanding beasts, willing workers and good comrades, but very stupid. None of them proved able to learn the alphabet beyond the letter B. They accepted everything that they were told about the Rebellion and the principles of Animalism, especially from Clover, for whom they had an almost filial respect; but it was doubtful whether they understood very much of it.
(...)
The windmill, however, had not after all been used for generating electrical power. It was used for milling corn, and brought in a handsome money profit. The animals were hard at work building yet another windmill; when that one was finished, so it was said, the dynamos would be installed. But the luxuries of which Snowball had once taught the animals to dream, the stalls with electric light and hot and cold water, and the three-day week, were no longer talked about. Napoleon had denounced such ideas as contrary to the spirit of Animalism. The truest happiness, he said, lay in working hard and living frugally.
Da anni mi chiedo perchè quando parlo con amici e conoscenti e cerco di fargli capire che il Lavoro è il fondamento che lo Stato DEVE preservare (come è magistralmente spiegato qui e da 48)vengo guardato come un pazzo che parla in sanscrito.
RispondiEliminaSarei giunto alla conclusione che il problema è che, chiunque (operaio impiegato, dirigente, artigiano, libero professionista... e persino l'imprenditore industriale), appena mette via due nEuri (e per molti ormai è un lontano ricordo) crede di poter diventare un capitalista finanziario, vuole vedere crescere all'infinito il suo gruzzolo risparmiato con fatica e tramite quello smettere di lavorare. Dimentica però che il capitale cresce a discapito del lavoro.
In pratica siamo diventati tutti (un tutti generico, sia chiaro) "capitalisti inside" senza neanche che ce ne accorgessimo.
Solo che quando il lavoro perde la battaglia col capitale la gente perde il lavoro e senza lavoro il gruzzoletto dei novelli capitalisti evapora più rapidamente della benzina sull'asfalto d'estate.
Questo secondo me la gente non capisce, l'economia si regge sul lavoro.
Sperare di arricchirsi affifandosi alla finanza per far crescere il proprio capitale equivale a sfruttare il lavoro (degli altri) nel modo peggiore, una sorta di schiavismo moderno.
L'analisi di Boghetta (che non sei tu) è splendida nella sua durezza e condanna senza appello tutte le forze politiche italiane che si dichiarano di sinistra e che formano il PUDS€ (Partito Unico Del Sinistrismo €urista), una costola del PUD€ che fa finta di essere dalla parte del lavoro e dei lavoratori, ma che in realtà è al soldo del capitale e del fogno US€; inZomma il modello di riferimento è Tsipras.
RispondiEliminaAdesso mi sembra più chiaro anche il progetto TTIP, e già intravedo il meccanismo che verrà usato per imporcerlo, come per gli Stati Uniti D'€uropa che vengono descritti come l'eden continentale contro i risentimenti nazionali e nazionalisti, così il TTIP verrà descritto come l'accordo del grande occidente "democratico" che porterà benessere per tutti e ci aiuterà a combattere e difenderci dal terrorismo e dal "pericolo" Russo-Cinese (la Ciiiiiiiiina è come il nero, va sempre di moda).
Ovviamente il metodo TINA e il superamento non solo del NaZZZionalismo ma addirittura del Continentalismo (l'idea degli Stati Uniti del Mondo avrebbero l'aria del paradiso terrestre), sarebbero un cavallo di battaglia di un sinistrismo pronto a sacrificare il "lurido" proletario nazionale, e dalle cui ceneri far rinascere il proletario globale, multiculturale, multireligioso e figlio del mondo.
Ovviamente in questo contesto reputo meno pericoloso e meno colpevole (ma non innocente) chi viene pagato per difendere l'euro (farlo per soldi almeno è un motivo valido se pur discutibile), piuttosto che i fognatori accecati dall'ideologia e dalla religione eurista.
A questo punto il tuo appello del 2010 (dico a te Arbè) in cui invitavi la sinistra a non fare ciò che fa la destra, è evidentemente rimasto inascoltato e l'articolo di Boghetta ne descrive benissimo le conseguenze.
La speranza che l'euro e il sogno US€ vengano accantonati e superati con un pacifico e concordato ritorno alla sovranità politica ed economica nazionale all'interno del solco costituzionale, diventa sempre più labile ed improbabile, aumentando in modo esponenziale un finale violento e scoordinato, con conseguenti tensioni sociali, politiche ed economiche difficilissime da gestire.
Non so se confidare più sulla Le Pen o su Trump, in ogni caso ho pochissime speranze sui politici nostrani, con le dovute eccezioni.
Alla fine negare l'evidenza non fermerà il corso della SStoria e della sua enorme pattumiera, in un modo o nell'altro l'euro e gli US€ ci finiranno dentro, purtroppo solo dopo aver portato troppe sofferenze e lutti di cui il sinistrismo dovrà rispondere in questa vita o nell'altra.
Desidero informare l'autore che non è solo: siamo in notevole numero, ed in qualità di buoni amici, ad avere il suo medesimo pensiero, compiutamente ed elegantemente esposto nel suo scritto.
RispondiEliminaE' però doveroso specificare al sig. Boghetta che la cordiale compagnia che troverà sarà una compagnia di Fascisti o, nella più lieve delle eventualità, di tradizionalisti cattolici.
Fa d'uopo anche avvisarlo che qualora vorrà intrattenersi in frequentazioni socialiste (nell'accezione storica e nobile del termine) troverà compagnia alquanto scarsa.
Spero comunque che in ogni caso non desisterà dal suo ideale e dal suo impegno di principio.
If freedom of speech is taken away, then dumb and silent we may be led, like sheep to the slaughter.
RispondiEliminaHo capito che il PD è per (quasi) tutti partito di sinistra ma... tu quoque Boghetta?
RispondiEliminaL'analisi è ineccepibile. Come qualcuno ha accennato, fa parte di un complesso teorico più ampio formulato da De Benoist in vari libri. E mentre attraversiamo l'interegno di gramsciana memoria, aggiungerei che Micheà parla di necessaria rottura tra socialisti e liberali di sinistra per poter iniziare la fase di riorganizzazione politica delle categorie produttive. E il filosofo Costanzo Preve, vero precursore delle analisi in questione, già formulava come il marxismo occidentale non può che sfociare in nichilismo liberale. E che quindi il marxismo come lo abbiamo conosciuto (anti idealista e materialista) sarà inservibile per costruire una narrazione politica futura
RispondiEliminaInteressante, però io ve ne propongo una lettura molto più prosaica:
RispondiEliminaFase 1 - Dopoguerra
L'italia adotta un'economia mista, con il consenso di democristiani, socialisti e comunisti
Fase 2 - Compromesso
Dal compromesso storico (1976) al crollo del muro di Berlino (1989) la sinistra italiana diventa destra, ed entra in rotta di collisione con la DC che, con buona pace dei sedicenti comunisti, figlia della dottrina sociale della chiesa vista dall'oggi era un partito di estrema sinistra.
Fase 3 - Ultraliberismo attuale
E' la fase odierna.
Nei fatti è vietata ogni attività economica redditizia da parte dello stato, sono vietate le pubbliche assunzioni, i bilanci pubblici sono asserviti all'arbitrio dei privati, le leggi sono imposte dalle multinazionali in funzione del profitto dell'elite dei loro azionisti.
Si finge di dimenticare che destra o sinistra non sono coordinate assolute, ma relative, riferite cioè al governo in carica. Essere alla "sinistra" del governo USA non è esattamente coincidente con essere "a sinistra" del governo della CINA.
Ma la cosa più importante da chiarire è:
Da dove parte la metamorfosi del PC?
Fase 1 - Il PC piglia i soldi da Mosca (PCUS)
Passaggio, atrraverso la Fase 2, alla Fase 3 - A Mosca sopravviene una grave crisi economica e i soldi mancano. A questo punto intervengono nuovi finanziatori, che provengono da ambienti tutt'altro che di sinistra e impongono al PC, una importante svolta programmatica. A partire dal nome.
Da evidenziare che, per non risvegliare troppo la sonnolenta e rimmnchionita base del partito, la trasnsizione deve essere dolce. Quindi, non dal nome iniziale al nome finale, ma attraverso una moltitudine di passaggi transitori. E lo stesso per le leggi. la riforma del mercato del lavoro è sì, organica, ma il dosegno finale si vede solo componendo e sommando la pletora di "riformine" degli ultimi 20/30 anni.
Il crollo del blocco sovietico fu il crollo dell’ideologia comunista, almeno in Europa. Definire il crollo di un’ideologia vuol dire descrivere ogni singola perdita patita dagli uomini e dalle donne che in quella ideologia avevano riposto progetti esistenziali, significato e senso delle proprie azioni come soggetti attivi socialmente e politicamente e anche una parte rilevante dell’identità individuale. Voglio proprio partire dalle conseguenze sofferte dai singoli individui per giungere alla portata storica dell’intera vicenda. Le polveri che seguono le esplosioni hanno la tendenza a concentrarsi di nuovo, magari sul terreno, magari in nuvole dense nell’atmosfera, riproducendo una massa che non è, vien da sé, l’oggetto disintegratosi anche se la materia è la stessa. Non è lo stesso oggetto perché i legami delle singoli parti che davano un senso alla struttura sono cambiati modificando la struttura stessa. Grosso modo si può descrivere negli stessi termini il processo cui sono passati attraverso tanti ‘comunisti’ post crollo del muro di Berlino. Le vecchie generazioni, in lutto, hanno potuto trasmettere alle nuove solo vaghi surrogati dei valori forti che animavano il comunismo post bellico e le lotte operaie (le polveri appunto) e un deciso senso di irrecuperabile perdita della morta e sepolta ideologia forte. Un agglomerato incoerente e, soprattutto, privo di forza e vigore progettuale proprio perché incoerente. Le nuove generazioni hanno potuto ereditare solo una serie di slogan ben descritti nell’articolo di Boghetta e stanno impiegando decenni nel tentativo di tirare fuori una nuova idea unificante e in grado di incidere nel processo storico della società. È sotto gli occhi di tutti il fallimento clamoroso di questi tentativi. Le ragioni sono molteplici e richiederebbero un’analisi a parte. Fatto sta che gli slogan di cui si nutrono le nuove generazioni di sinistra, appesi e sospesi nel vuoto dell’assenza di un costrutto ideologico, sono divenuti funzionali agli scopi e ai bisogni del capitale: no borders, accoglienza, stati uniti, mondialismo e via discorrendo. Questa identità di linguaggio, sapientemente adoperata da chi ha in mano l’informazione, è ciò che ha generato quella percezione sempre più opprimente di pensiero unico e di TINA. La pratica della critica al capitale non può passare attraverso la contrapposizione degli scopi perché in apparenza si somigliano. Né tantomeno si può rinunciare ad essi solo perché patrimonio dell’élite. La critica allora si esercita sui risultati delle politiche attuate dalla classe dirigente (povertà, diseguaglianze sociali, perdita dei diritti), critica rafforzata dalla pia illusione che perseguendo gli stessi obiettivi ‘loro’ raggiungerebbero risultati diametralmente opposti. Ecco, la prassi che consentirebbe di capovolgere gli effetti di premesse identiche non ci è dato ancora di conoscere. Forse perché non esiste prassi alternativa ad obiettivi identici? Il compito storico di chi vuole ricreare una sinistra realmente alternativa è quello di rigenerarne il dna con contenuti ad essa estranei, almeno per il momento: stato-nazione, sovranità, identità culturale, autodeterminazione. Come si può vedere sono concetti che in un certo senso ‘chiudono’ invece di ‘aprire’, però ‘definiscono’. E’ sempre bene astenersi nel produrre parallelismi tra discipline diverse, ma in questo caso viene bene: nel processo evolutivo della personalità la tappa della definizione dell’individualità è imprescindibile nel raggiungimento di una positiva funzionalità della personalità stessa nelle relazioni sociali. Bisogna sempre prima definire i confini per ottenere un’identità ed è solo l’identità che ha la forza e la capacità di interazione. Per le società credo che valgano gli stessi principi.
RispondiEliminaIl crollo del blocco sovietico fu il crollo dell’ideologia comunista, almeno in Europa. Definire il crollo di un’ideologia vuol dire descrivere ogni singola perdita patita dagli uomini e dalle donne che in quella ideologia avevano riposto progetti esistenziali, significato e senso delle proprie azioni come soggetti attivi socialmente e politicamente e anche una parte rilevante dell’identità individuale. Voglio proprio partire dalle conseguenze sofferte dai singoli individui per giungere alla portata storica dell’intera vicenda. Le polveri che seguono le esplosioni hanno la tendenza a concentrarsi di nuovo, magari sul terreno, magari in nuvole dense nell’atmosfera, riproducendo una massa che non è, vien da sé, l’oggetto disintegratosi anche se la materia è la stessa. Non è lo stesso oggetto perché i legami delle singoli parti che davano un senso alla struttura sono cambiati modificando la struttura stessa. Grosso modo si può descrivere negli stessi termini il processo cui sono passati attraverso tanti ‘comunisti’ post crollo del muro di Berlino. Le vecchie generazioni, in lutto, hanno potuto trasmettere alle nuove solo vaghi surrogati dei valori forti che animavano il comunismo post bellico e le lotte operaie (le polveri appunto) e un deciso senso di irrecuperabile perdita della morta e sepolta ideologia forte. Un agglomerato incoerente e, soprattutto, privo di forza e vigore progettuale proprio perché incoerente. Le nuove generazioni hanno potuto ereditare solo una serie di slogan ben descritti nell’articolo di Boghetta e stanno impiegando decenni nel tentativo di tirare fuori una nuova idea unificante e in grado di incidere nel processo storico della società. È sotto gli occhi di tutti il fallimento clamoroso di questi tentativi. Le ragioni sono molteplici e richiederebbero un’analisi a parte. Fatto sta che gli slogan di cui si nutrono le nuove generazioni di sinistra, appesi e sospesi nel vuoto dell’assenza di un costrutto ideologico, sono divenuti funzionali agli scopi e ai bisogni del capitale: no borders, accoglienza, stati uniti, mondialismo e via discorrendo. Questa identità di linguaggio, sapientemente adoperata da chi ha in mano l’informazione, è ciò che ha generato quella percezione sempre più opprimente di pensiero unico e di TINA. La pratica della critica al capitale non può passare attraverso la contrapposizione degli scopi perché in apparenza si somigliano. Né tantomeno si può rinunciare ad essi solo perché patrimonio dell’élite. La critica allora si esercita sui risultati delle politiche attuate dalla classe dirigente (povertà, diseguaglianze sociali, perdita dei diritti), critica rafforzata dalla pia illusione che perseguendo gli stessi obiettivi ‘loro’ raggiungerebbero risultati diametralmente opposti. Ecco, la prassi che consentirebbe di capovolgere gli effetti di premesse identiche non ci è dato ancora di conoscere. Forse perché non esiste prassi alternativa ad obiettivi identici? Il compito storico di chi vuole ricreare una sinistra realmente alternativa è quello di rigenerarne il dna con contenuti ad essa estranei, almeno per il momento: stato-nazione, sovranità, identità culturale, autodeterminazione. Come si può vedere sono concetti che in un certo senso ‘chiudono’ invece di ‘aprire’, però ‘definiscono’. E’ sempre bene astenersi nel produrre parallelismi tra discipline diverse, ma in questo caso viene bene: nel processo evolutivo della personalità la tappa della definizione dell’individualità è imprescindibile nel raggiungimento di una positiva funzionalità della personalità stessa nelle relazioni sociali. Bisogna sempre prima definire i confini per ottenere un’identità ed è solo l’identità che ha la forza e la capacità di interazione. Per le società credo che valgano gli stessi principi.
RispondiEliminaInteressante video di Andreatta, liberiamoci della Lira
RispondiEliminaL'interessante non è il video, ma i commenti.
Il mio resoconto:
Guai se gli italiani si svegliono, GUAI sopratutto per la classe politica.
Questo post rappresenta in modo puntuale come un elettore di sinistra ragione.
RispondiEliminaMi è piaciuto molto questo passaggio: "I diritti individuali sono un pezzo forte. La vera ideologia del sinistrismo. Non il diritto individuale sacrosanto, ma anche il diritto individuale egocentrico di poter fare tutto: ogni limite è fascismo."
Infatti riassume bene quello che ha fatto Nichi Vendola con il suo compagno: ha esaudito il suo capriccio di comprarsi un figlio, quasi fosse un prosciutto da comprare al supermercato.
La sinistra però ha perso la difesa dei veri valori, tipo quello del lavoro, quando ha sempre avvalorato le riforme, ultima la vera porcata del jobs act.
Nulla da aggiungere: DEFINITIVO.
RispondiEliminaNon solo Preve. Anche Del Noce, da altra sponda, negli anni '70 già prevedeva che il PCI si sarebbe tramutato in un "partito radicale di massa". Il conflitto è tra chi usa le categorie della ragione e fa i conti con il principio di realtà e chi, invece, rifiuta sistematicamente la logica e insegue sogni ideologici. Il discrimine non è dunque quello delle appartenenze culturali, religiose o partitiche, con la conseguenza che da entrambe le parti si trovano persone che si dichiarano marxiste, cattoliche, fasciste, di destra, di centro, di sinistra, etc.
RispondiEliminaSe dico che secondo me il problema non è questo mi uccidete? :)
RispondiEliminaL'analisi è perfetta, ma riguarda la punta dell'iceberg. Il nocciolo della questione è sotto il pelo dell'acqua, dove questo confine è rappresentato dalla politica. Che poggia, si manifeste e si... deforma sulla base delle istanze di una società, che è anche somma delle istanze degli individui che la compongono.
E questi individui, data in massima parte per scontata la soglia di sopravvivenza, hanno nella maggior parte dei casi svenduto il concetto stesso di diritto in cambio di beni. Della roba. La costituzione? Me ne fotto: io voglio soldi, casa, macchina, cinema, videogames e cazzi vari. Ho paura di perdere parte di quelli (aaahhh, la svalutazzzione, l'inflazzzione dei prezzi) e sono quindi disposto a tutto pur di mantenerli: il precariato, l'andare a vivere lontano, il perdere la considerazione del lavoro come auto-realizzazione.
Non è un caso che la soluzione universale della crisi venga considerata questo cazzo di sussidio di disoccupazione.
Il capitalismo, grazie all'evoluzione delle tecniche di comunicazione, è riuscito nel miracolo di far sentire tutti noi "possidenti", tutti sentiamo di avere beni da perdere, di avere un nostro piccolo "capitale", anche di conoscenze. Abbiamo studiato, noi. Abbiamo sogni. E siamo portati a simpatizzare per gli stessi principi di chi il capitale ce lo ha davvero (e in questi anni ci sguazza). Ed eccoci contro la socializzazione dei problemi e delle soluzioni: il capitalista è per indole individualista (e nel suo caso è spesso una virtù). E allora lo siamo anche noi. Andando contro i nostri reali interessi e trasformando una qualità di pochi in un motto sociale che atomizza la nostra società ed esalta la tendenza a fregarsene, o peggio fregare, il prossimo.
Le conquiste sociali sono nate, spinte dalla fifa nei riguardi del comunismo, sul saldo e preclaro binomio tra diritti e miglioramento della qualità della vita. Lo stesso comunismo prese piede facendo leva sulle condizioni dei proletari (nomen omen), operai - o contadini, diciamolo - che fossero, in un'epoca in cui il progresso tecnologico cambiava i rapporti con le regole della comunità e con le armi.
Ecco, oggi il legame tra presidio dei diritti e qualità della vita è stato apparentemente disarticolato, in quanto non ci tocca più individualmente. La legge X o Y non cambia direttamente la mia qualità della vita, a meno che non tocchi la mia specifica categoria (e quindi saremo in pochi a difenderci e soccomberemo). Mi sembra invece più diretto il legame tra alcuni indicatori economici e la mia condizione, temo lo spread più di un colpo di stato. Lo spread ostacola i miei piani. Infatti, oggi il cittadino ha l' "opportunità" di disegnarsi un percorso di vita individuale che faccia a zig zag, evitandoli, tra gli ambiti sociali (l'andare all'estero è tra questi): ha l'illusione di potersi fare da solo in un mondo globale ricco di opportunità. Il capitalista esporta il capitale vero, il cittadino il suo "capitale" di idee, competenze, lavoro. "Capitale lavoro" suona proprio bene.
I diritti, insomma, appaiono lontani. Sono questioni sociali, dove il sociale non mi interessa. Viva la sinistra! E qui l'analisi contenuta nell'articolo dice tutto.
Il discorso sarebbe ancora lungo o quanto meno da revisionare, ma i doveri familiari chiamano... Spero almeno si capisca qualcosa!
Buona giornata a tutti.
@ Per Nat
EliminaApplausi.
Quanto scrivi non mi pare in contraddizione con Boghetta, ma rappresenta quanto accade (ed è accaduto) terra-terra e pertanto, a mio modo di vedere, quanto scrivi rappresenta meglio la situazione, comprovabile anche a chi non è tanto versato in questioni ideologiche.
Ineccepibile Boghetta, già apprezzato all'ultimo Goofy.
Ops, mi scuso per l'enorme distrazione.
EliminaQuello che ho scritto per @Nat era inteso per @Niccolò 21 aprile 2016 13:47
Vuol dire che se vedo una N leggo immediatamente Nat?
Eppure non dovrei fare confusioni di questo "genere"...
Battute (mal riuscite) a parte, chiedo venia, in particolare ai due commentatori.
Consiglio la lettura del libro "Il futuro è nostro, filosofia dell'azione" di Diego Fusaro, in cui si possono trovare molti punti in comune col post di Boghetta. Cito ad esempio:
RispondiElimina"E' in questa luce, peraltro, che si comprende per quale ragione la sinistra, specialmente quella italiana, da almeno vent'anni, abbia smesso di proporre il comunismo, l'anticapitalismo e i diritti sociali come orientamenti ideali di riferimento, per assumere come parole d'ordine esclusive l'antifascismo, l'onestà, i diritti civili, la questione morale, e, più in generale, quella che con Hegel potremmo definire la pappa del cuore per anime belle."
Penso che il comunismo sia diventato oggettivamente improponibile visto che è fallito molto prima e in modo peggiore del capitalismo. I muri servivano per fermare le fughe in un'unica direzione.
EliminaQualcuno dirà che in teoria il comunismo però... già, anche la mano invisibile di Smith in teoria (secondo lui) funzionava.
Gli estremismi sono fallimentari perché sono ideologie che non tengono conto della realtà e della natura dell'uomo, non butterei via così la lezione Keynes.
Se posso io invece consiglio la lettura di Michéa "il vicolo cieco dell'economia. Sull'impossibilità di sorpassare a sinistra il capitalismo".
RispondiEliminaPuntuale, preciso, scritto non solo sulla base dei ragionamenti di Michea e di Preve, ma in base all'esperienza diretta. Aggiungerei solo un altro elemento (che conosciamo bene): l'impossibilità da parte della "sinistra" di educazione marxista di fare autocritica. Qualsiasi "nuovo soggetto", o agglomerato dei partiti del sinistrismo nasce morto per mancanza di autocritica. Boghetta c'è l'ha ed è uno dei pochi a scampare all'autoreferenzialità. Imprescindibile il passaggio in cui ricorda come la sinistra non sia mai stata una categoria politica.
RispondiEliminaDolorosa, impietosa ma ineccepibile analisi. La crisi economica da domanda rivela una crisi di offerta. Politica. È quanto di peggio possa accadere
RispondiEliminaAncora inutili chiacchiere.
RispondiEliminaIl punto focale è: hai costruito una società impossibile a sostenersi e non sai come fare.
La "sinistra" come anche la destra, stanno guardando da un'altra parte.
È normale. Nessuno vuole avere l'onore di dirlo al popolo.
È per questo che i politici si occupano d'altro. Nessuno dice nulla e tutti aspettano che il disastro maturi da solo, così da poter dire: "Toh, ma guarda un po', il giocattolo si è rotto. E ora come facciamo?".
Ma alla base rimane il fatto che questa società è completamente sbagliata. Da qualsiasi punto di vista la si guardi: da destra, da sinistra, da centro, da sopra, da sotto....
....perché se sò magnati tutto, il che, grazie anche al global warming, ha contribuito alla scomparsa delle mezze stagioni. Per me al vetro, grazie!
Elimina(...però è vero che nessuno vuole assumersi il costo politico del fallimento. Tanto vero da essere scontato...)
L' analisi di Boghetta è condivisibile, severa e autocritica, anche se purtroppo tardiva e marginale rispetto al percorso, ormai storico, assunto dalla totalità (escluso Marco Rizzo) della sinistra italiana. E' vero quello che dice Ugo, il sinistrismo è oggi una faccia del liberismo, ben rappresentato da Vendola e da Ferrero, il battipugnismo impotente che non riesce più a cogliere la radice vera del conflitto distributivo e della lotta tra le classi.
RispondiEliminaLa conclusione del suo ragionamento mi convince assolutamente:
"La sinistra non è opposizione, non è alternativa, ma ciò che impedisce opposizione ed alternativa. È una sinistra che, strutturalmente, non sarà mai popolare. L’incapacità di chiamare le cose col proprio nome ha portato ad una visione fantastica della realtà: auto-illusione, produzione di parole a mezzo di parole. È tempo di rimettere le cose in piedi, i piedi per terra e dare alle parole il loro senso."
Bene. Allora, calandoci nella attualità e concretezza stringente della battaglia politica, rifletterei su quello che sta accadendo nelle prossime scadenze elettorali italiane, a partire dalle elezioni amministrative di giugno e il referendum costituzionale di ottobre. La riflessione che mi sento di proporre, alla luce delle considerazioni sopradette, è sulla frammentazione e ricomposizione della rappresentanza politica. Mi riferisco alle divisioni nel campo della destra e della sinistra (per es. Roma) e sul referendum autunnale. Vedo come, anche in modo sfacciato e volgare, il partito dell' euro sia uscito allo scoperto, al di là delle mascherature di facciata (destra/sinistra) che finora fungevano da alibi ideologico. La destra PUDE berlusconiana e legata agli affari della ditta (Confalonieri, Mediolanum, banche) ripudia una alleanza con la destra antieuro-antiUE di Meloni-Salvini e spinge invece per un accordo con Marchini, costruttori di vecchia e nota tradizione comunista, eurista senza se e senza ma.
Idem come sopra se si analizza l' evoluzione degli schieramenti in campo per il referendum d' ottobre. La destra berlusconiana eurista è divisa tra Verdini, Bondi, Repetti, ex DC già nella truppa renziana e il resto di FI incerto, timido, dubbioso sul NO al referendum (con alcune fette come Romani e Matteoli molto incerte).
Insomma, la partita dell' euro e della UE diventa nei prossimi mesi decisiva e gli schieramenti si scompongono e ricompongono secondo questo paradigma, archiviando definitivamente la classica divisione destra / sinistra.
Anche nei grillini lo scontro è sottotraccia, mascherato, ma sempre presente, con Di Maio e il direttorio schierato a difesa della UE e dell' euro; ai margini la posizione eurocritica degli europarlamentari Zanni e Valli.
La partita più importante sarà il referendum costituzionale, perchè la eventuale sconfitta di Renzi aprirebbe la strada ad un governo Cantone con Di Maio e i pentastellati euristi, con l' appoggio del PD e magari di B. E il cerchio, come sempre, si chiuderebbe.
Cito dalla Treccani alla voce:
RispondiEliminaLa cultura economica (1850-1950)
Dal 1874 a Firenze esce «L’economista», ispirato all’omonima rivista inglese ed emanazione del gruppo liberista che, alleandosi con la Sinistra, contribuì alla rivoluzione parlamentare del 1876.
Dunque lo avevano già fatto! Ecco perché son così bravi.
Che te devo da di'? So' vent'anni che ce lo so e che lo dico ma che me stanno a piglia' pe' matto... oramai per quieto vivere c'ho rinuciato e do' ragione a tutti quelli che "maperosesomagnatitutto"... 'sti ggeni, mi ricodano tanto Totò nello scketch di Pasquale, ma non sanno, gli stupidi, dove vogliono portarci e dove arriveremo... io posso solo tragicamente immaginarlo, ma mi sento talmente impotente che vivo nella speranza di campare abbastanza per vedere passare il loro cadavere...
RispondiEliminaQualcuno si è accorto che il grande partito "di sinistra" italiano ha lo stesso identico nome (in italiano) di quello americano?
RispondiEliminaMagari sarebbe ora di riportare le opinioni degli altri per come sono invece di scimmiottarle e farne la caricatura.
RispondiEliminaQuesto vomitare luoghi comuni sulla sinistra non fa onore a menti così brillanti.
Mentre la tua disamina, articolata e circostanziata come quella di Ugo, ti rende assolutamente giustizia, credimi, e si vede!
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