Premesso che sapete bene che cosa pensi del Fmi e delle sue previsioni, segnalo che mentre sui media italiani imperversa la narrazione terribilista e stracciavestista sui dazi di Trump, dalle istituzioni internazionali ci perviene questo messaggio:
e quindi la domanda, oggettivamente, si pone: ma com'è possibile che se siamo finiti, se il disastro dei dazi ci travolgerà, il Fmi innalzi le stime di crescita? Dov'è l'errore, se c'è?
Per mettere un po' di ordine nel caos volevo darvi qualche ordine di grandezza utile a valutare l'impatto di questa contromisura. Come punto di partenza prendo il mio modello dell'economia italiana, quello pubblicato nel 2017 con Brigitte Granville e Christian Mongeau-Ospina su Economic Modelling (la versione working paper, accessibile a tutti, è qui). Questo modello ci è utile intanto perché è pubblicato con peer-review (non mi risulta che i pronostici di altri centri di ricerca più o meno prestigiosi siano tutti passati da quel vaglio) e poi perché il suo blocco del commercio estero rappresenta il commercio estero dell'Italia disaggregandolo per i principali blocchi dell'economia mondiale, e quindi prevede una funzione delle esportazioni specifica per gli Stati Uniti, questa:

dove vi ho evidenziato il parametro che ci serve, l'elasticità delle esportazioni al tasso di cambio reale, che è sostanzialmente pari a -1. Una elasticità di -1 significa che un aumento del 15% del tasso di cambio reale verso gli Stati Uniti, come quello astrattamente causato da un aumento dei dazi del 15%, dovrebbe determinare una variazione del -1x15% (cioè una diminuzione del 15%) del volume delle esportazioni verso gli Stati Uniti.
Ora, secondo le statistiche di bilancia dei pagamenti le esportazioni italiane nel 2024 erano così configurate:
720 miliardi di euro, di cui 341 al di fuori dell'UE, di cui 74 verso gli Stati Uniti. Il 15% di 74 è 11.1, quindi i dazi al 15% causerebbero una diminuzione delle esportazioni italiane di 11 miliardi, che sono il 15% delle esportazioni verso gli Usa, e siccome le esportazioni verso gli Usa sono il 10% di quelle totali, la diminuzione delle esportazioni totali sarebbe pari all'1.5%, e siccome le esportazioni sono un terzo del Pil:
l'impatto sarebbe
ceteris paribus pari a circa lo 0.5% del Pil, che non è poco.
Undici miliardi, per capirci, è una roba tipo la stangata che Monti ci diede nel 2011 con l'IMU:
Vi dico subito che queste valutazioni (di cui mi fido per ovvi motivi) sono all'interno del
range delle valutazioni effettuate dagli altri (in appendice vi metto un riassunto fatto dall'amico intelligente), i cui valori vanno dai 7.5 miliardi di Unimpresa ai 22 miliardi di Confindustria.
Va però aggiunto che si tratta di valutazioni di lungo periodo, di equilibrio parziale, e che non considerano il livello attuale dei dazi.
Partendo dalla fine, i dazi prima dell'arrivo di Trump non erano a zero. Una valutazione macroeconomica non è facile da fare, perché l'imposizione dei dazi è molto granulare, colpisce le singole merci, con percentuali differenziate, ma insomma quelli bravi ci dicono che prima di Trump la media si avvicinava di molto al 5%:
L'incremento non sarebbe quindi di 15 (da zero a 15) ma di 10 (da 5 a 15), e conseguentemente l'impatto totale sarebbe ridotto di un terzo: il 10% di 74 è 7,4 che corrisponde appunto al 10% delle esportazioni verso gli Usa, cioè all'1% delle esportazioni totali, cioè allo 0,3% del Pil.
Circa il tema breve-lungo periodo, nel nostro modello in effetti le due elasticità sono sostanzialmente identiche, a testimoniare che gli aggiustamenti di prezzo sostanzialmente hanno luogo all'interno dell'anno (i dati hanno cadenza annuale). L'elasticità di breve periodo infatti è:
-0.92, sostanzialmente pari a uno (volendo fare i precisetti, dovremmo dire che la variazione delle esportazioni è data dal 0.102 x (-0.929) = - 9.4758%, pari a 7 miliardi di calo delle esportazioni nel breve periodo, ma insomma siamo lì, anche se più vicini al limite inferiore del
range calcolato da Unimpresa).
Il vero tema però è un altro, cioè il fatto che queste sono valutazioni di equilibrio parziale, cioè non tengono conto di una serie di altri effetti indotti, fra cui:
1) l'effetto reddito negli Stati Uniti (se Trump riesce a spingere l'economia Usa, è vero che il vino costerà di più, ma è anche vero che gli statunitensi, soprattutto quelli in grado di apprezzare il vino italiano, avranno più soldi in tasca);
2) l'effetto reddito negli altri paesi (se #idazzidiTrump scatenassero una recessione mondiale, cosa che il Fmi smentisce:
allora avremmo un calo generalizzato delle esportazioni, cioè avremmo un problema non solo col 10% che va verso gli Usa, ma anche col 90% che va altrove);
3) l'effetto sostituzione (c'è chi è stato "dazziato" più di noi, ad esempio, e sicuramente le misure di Trump un po' di trade diversion la causano: non è detto che non ci facciano guadagnare qualche cliente).
Naturalmente il discorso non si esaurisce qui e va fatto filiera per filiera, prodotto per prodotto, mercato per mercato. Questi però sono gli ordini di grandezza macroeconomici, e in appendice, come vi ho detto, trovate una rassegna fatta dall'amico intelligente, nella quale credo che dopo questo esame sarete in grado di orientarvi meglio.
Buona lettura (ora ho una riunione organizzativa del #goofy14, dove ovviamente si parlerà anche di questo...)!
Appendice: l'amico intelligente
L’imposizione di dazi al 15% sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, come previsto dall’accordo USA-UE annunciato il 27 luglio 2025, avrà un impatto significativo sull’export italiano, con stime che variano in base a fonti e metodologie. Di seguito, sintetizzo le informazioni disponibili da studi recenti, riportando i dati in miliardi di euro e, dove possibile, in percentuale, con riferimento alle fonti consultate.
### Stime del Calo delle Esportazioni
1. *Confindustria e Centro Studi Confindustria*:
- *Stima del calo: Secondo il Centro Studi Confindustria, i dazi al 15% potrebbero causare una contrazione delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti di circa **22,6 miliardi di euro, pari a circa un terzo (circa **33%) delle vendite totali verso gli USA, che nel 2024 ammontavano a circa **65-66 miliardi di euro. Tuttavia, parte di questa perdita (circa **10 miliardi di euro*) potrebbe essere compensata da un aumento delle esportazioni verso altri mercati.[](https://www.panorama.it/attualita/economia/dazi-usa-ue-cosa-cambia-per-litalia-dopo-laccordo-trump-von-der-leyen)
- In uno scenario con dazi più alti (30%), Confindustria aveva stimato una riduzione di *38 miliardi di euro* (58% delle vendite negli USA), ma con i dazi al 15% l’impatto è più contenuto.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
- *Impatto sul PIL: L’effetto netto sul PIL italiano è stimato in una riduzione di circa **0,5-0,8%* entro il 2027, mitigato dalla capacità di reindirizzare l’export verso altri mercati.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
2. *Unimpresa*:
- *Stima del calo: Un’analisi del Centro Studi di Unimpresa prevede un impatto più contenuto, con una perdita di esportazioni compresa tra **6,7 e 7,5 miliardi di euro, significativamente inferiore alle stime iniziali di **10,5 miliardi di euro*. Questo grazie a esenzioni parziali o totali per settori strategici come le tecnologie avanzate.[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
- *Percentuale: Considerando che le esportazioni italiane verso gli USA nel 2024 sono state di **66-70 miliardi di euro, il calo stimato da Unimpresa rappresenta circa il **10-11%* dell’export totale verso gli Stati Uniti.
3. *Confimi Industria*:
- *Stima del calo: Secondo il presidente di Confimi Industria, Paolo Agnelli, i dazi al 15% potrebbero portare a una perdita di fatturato di circa **12 miliardi di euro, equivalente a una riduzione del **20%* delle esportazioni italiane verso gli USA.
- Questa stima tiene conto anche del differenziale del cambio euro-dollaro (circa 15%), che aggrava l’impatto economico.
4. *Centromarca*:
- Per i beni di largo consumo, il calo delle esportazioni è stimato in *767 milioni di euro, corrispondente a una riduzione del **7,7%* a valore.
5. *ISPI*:
- Secondo l’ISPI, un dazio del 15% potrebbe causare una contrazione delle esportazioni europee verso gli USA del *25-30%. Per l’Italia, considerando un’esposizione di circa **64-66 miliardi di dollari* (circa *55-57 miliardi di euro* al cambio attuale), ciò potrebbe tradursi in una perdita di *14-17 miliardi di euro. Tuttavia, l’impatto sul PIL italiano sarebbe limitato a circa **0,2%*.[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)
6. *Altri studi*:
- Un’analisi riportata da lavoce.info stima un impatto di breve periodo più contenuto, con una contrazione delle esportazioni di circa *6 miliardi di euro* nei principali settori, grazie alla bassa elasticità di sostituzione dei prodotti italiani di alta qualità nel breve termine.[](https://lavoce.info/archives/107491/lexport-italiano-di-fronte-ai-dazi/)
- Per il settore agroalimentare, che vale circa *8 miliardi di euro* di export verso gli USA, si stimano perdite di circa *500 milioni di euro per il vino, **240 milioni per l’olio d’oliva, **170 milioni per la pasta* e *120 milioni per i formaggi*.[](https://www.avvenire.it/economia/pagine/tutto-sui-dazi-ecco-cosa-rischia-l-economia-globale)
### Fattori che Influenzano l’Impatto
- *Esenzioni e settori colpiti*: Alcuni settori beneficiano di esenzioni parziali o totali, come i farmaci generici e alcune tecnologie avanzate, riducendo l’impatto complessivo. Tuttavia, settori come agroalimentare (vino, olio, salumi, formaggi), farmaceutico (non generici), meccanica, e moda sono particolarmente vulnerabili.[](https://www.corriere.it/economia/finanza/25_luglio_28/cosa-cambia-made-italy-dazi-esportazioni-usa-4c15e916-98c2-4f5d-8fb6-b85545991xlk.shtml)[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
- *Cambio euro-dollaro: La svalutazione del dollaro (circa -13% rispetto all’euro dall’insediamento di Trump) aggiunge un “dazio implicito” che porta l’onere complessivo per gli esportatori italiani a circa il **21%*, riducendo ulteriormente la competitività.[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
- *Capacità di assorbimento*: Le imprese italiane di grandi dimensioni, che rappresentano oltre il 50% dell’export verso gli USA, sono più resilienti grazie a margini più alti e diversificazione geografica. Le PMI, invece, sono più esposte.[](https://www.unimpresa.it/dazi-terzo-aziende-italiane-esporta-usa/66365)
- *Compensazione su altri mercati: La capacità di reindirizzare l’export verso mercati in crescita come Emirati Arabi, Arabia Saudita, Turchia, Brasile, India e Messico potrebbe mitigare le perdite. Secondo ICE, questi mercati valgono già **25 miliardi di dollari* di export italiano.[](https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/11090627/nuovi-dazi-usa-impatti-sul-commercio-internazionale)
### Sintesi
- *Range di calo atteso*:
- *Valore assoluto: Le stime variano da **6 miliardi di euro* (lavoce.info, breve periodo) a *22,6 miliardi di euro* (Confindustria). Una stima media ragionevole si attesta tra *7,5 e 12 miliardi di euro*, con possibilità di compensazione parziale (circa 10 miliardi) su altri mercati.
- *Percentuale: Il calo delle esportazioni verso gli USA è stimato tra il **7,7%* (beni di largo consumo) e il *33%* (Confindustria), con una media probabile intorno al *10-20%*.
- *Impatto settoriale*: I settori più colpiti saranno agroalimentare (soprattutto vino, olio, pasta, formaggi), farmaceutico (non generici), meccanica, e moda. L’automotive beneficia di una riduzione dei dazi dal 25% al 15%.[](https://www.corriere.it/economia/finanza/25_luglio_28/cosa-cambia-made-italy-dazi-esportazioni-usa-4c15e916-98c2-4f5d-8fb6-b85545991xlk.shtml)[](https://www.panorama.it/attualita/economia/dazi-usa-ue-cosa-cambia-per-litalia-dopo-laccordo-trump-von-der-leyen)
- *Studi di riferimento*: Le analisi più dettagliate provengono da Confindustria, Unimpresa, ISPI, e lavoce.info, con stime basate su dati Eurostat, World Bank-WITS, e modelli macroeconomici.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
### Conclusione
Il calo delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti a causa dei dazi al 15% è stimato tra *7,5 e 12 miliardi di euro* (circa *10-20%* delle esportazioni totali verso gli USA), con perdite maggiori nei settori agroalimentare, farmaceutico, e meccanica. Tuttavia, esenzioni per settori strategici e la possibilità di reindirizzare l’export verso altri mercati possono mitigare l’impatto. L’effetto sul PIL italiano è previsto tra *0,2% e 0,8%* nel medio-lungo periodo. Per dettagli su specifici settori o prodotti, posso approfondire ulteriormente se richiesto.
Post monumentale su pseudo centri studi che nulla sanno di politica economica...
RispondiEliminaVeramente l’intento non era polemico, lo garantisco. In effetti le valutazioni che si ottengono con un modello peer-reviewed non sono molto distanti da quelle di modelli meno accademici. La cosa che colpisce dal punto di vista tecnico è che Confindustria sembra ipotizzare una elasticità delle esportazioni Usa al prezzo vicina a 2, oggettivamente un po’ eccessiva. Naturalmente capiamo l’interesse di Confindustria a tracciare un quadro a tinte particolarmente fosche, ma credo che i numeri che propone non siano assolutamente nelle cose. Purtroppo non tutti i colleghi hanno gli strumenti per vagliarli criticamente.c’è poi questa idea vagamente ottocentesca secondo cui l’imprenditore controlla il voto dei suoi operai, un po’ come il parroco nei villaggi di campagna di Balzac controllava il voto delle sue pecorelle (più esattamente, delle poche che avevano diritto al voto). Io la penso in un modo un po’ diverso, ma non voglio ampliare troppo il discorso.
EliminaNon era Lei che era polemico sono io ...e mi scatta quando c'è gente che ha la testa come il cobalto, che nega anche l'evidenza. Inutile costruire fallaci narrazioni che si schiantano davanti all'evidenza e, nonostante questo, come dei muli perseverare o meglio, se vogliono si schiantino, loro pero'..non trascinino altri che non condividono le folli teorie del fogno ..abbiamo già dato..il primo esempio sono proprio le pensioni...
EliminaIl punto è che ci credono davvero, ecco perch perseverano tanto.
EliminaEgregio Onorevole,
RispondiEliminala ringrazio per l'interessante post tecnico.
Mi permetto di aggiungere alcune valutazioni quantitative di massima, che poco si discostano da quanto lei ha già riportato.
Farò riferimento al seguente grafico su FRED:
https://fred.stlouisfed.org/graph/?g=1KX1s
La curva blu è il rapporto tra le importazioni USA di beni dall'Italia ed i consumi privati USA. Questi ultimi sono circa il 70% del PIL USA.
La curva verde è il cambio USD-EUR.
Si può notare una certa correlazione tra le due curve. Ovvero, quando il Dollaro si apprezza sull'Euro (curva verde che sale), crescono le importazioni dall'Italia, in rapporto ai consumi USA (curva blu che sale).
Dal 1985 al 2010, l'elasticità di M/C, in funzione del cambio USD-EUR, è stata circa 0.65.
Dal 2010 al 2024, l'elasticità è aumentata a circa 0.85.
Ciò significa che, nel recente passato, un apprezzamento dell'Euro sul Dollaro avrebbe significato una riduzione delle importazioni dall'Italia, a parità di consumi USA, con un rapporto prossimo a 0.85.
La mia analisi è piuttosto "primitiva" rispetto alla sua, ma l'ordine di grandezza dell'elasticità è simile. Va sottolineato che, per semplicità (pigrizia), ho considerato il cambio nominale e non quello reale, come lei ha fatto (e si dovrebbe fare).
Voglio anche sottolineare il fatto che gran parte delle esportazioni di beni negli USA sono legate al settore manifatturiero. Di conseguenza l'impatto su di esso potrebbe non essere trascurabile.
Tuttavia, secondo la Banca d'Italia
(vedasi https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2025-2/boleco-2-2025.pdf):
"Per le imprese manifatturiere italiane che esportano negli Stati Uniti l’incidenza delle vendite su questo mercato è in media pari al 5,5 per cento del fatturato totale, mentre il margine operativo lordo è in media pari al 10 per cento del fatturato. Anche considerando l’intera distribuzione dei margini di tali imprese, si osserva che essi sono relativamente elevati: per tre quarti delle aziende sono superiori al 5 per cento. Secondo nostre simulazioni, la flessione delle vendite sul mercato statunitense che deriverebbe da un rialzo dei prezzi coerente con i dazi, comporterebbe in media un calo del fatturato totale di circa un punto percentuale. Il margine operativo lordo, valutato in rapporto ai ricavi, si ridurrebbe al massimo di mezzo punto percentuale per tre quarti delle imprese. Il numero di aziende che passerebbe da margini positivi a negativi è esiguo e la quota di esportatori con perdite elevate aumenterebbe di 4 punti percentuali. Il deterioramento riguarderebbe prevalentemente quelli di piccola dimensione."
Un saluto,
Fabio
Diciamo che dal punto di vista tecnico vale la risposta data sotto a wendelgee (ma mi sembra che tu ne sia consapevole).
EliminaDa quanto leggo, l'amico intelligente riporta studi che, per l'Italia, ipotizzano una contrazione dell'export nei settori agroalimentare, farmaceutico e meccanica, mentre l'automotive "europeo" avrebbe addirittura agevolazioni.
RispondiEliminaQualcosa non mi torna, se è vero che è proprio il settore auto "europeo" a dover essere il principale obiettivo.
Sbaglio?
No. E io infatti starei attento a dire che la von der Leyen ha negoziato “male”! Il 26 marzo Trump aveva imposto un dazio addizionale del 25% sulle automobili, che sommato al 2,5% in vigore verso l’UE portava il dazio sulle auto tedesche al 27,5% (la storia è qui: https://www.whitecase.com/insight-alert/president-trump-orders-25-global-tariff-automotive-imports e Grok non la sa)! Aver portato questo dazio al 15% è un discreto successo per i tedeschi, che quindi i fatti loro se li sono fatti e come! Quindi all’affermazione “la von der Leyen ha negoziato male” la risposta deve essere “male per chi?”.
Elimina***la risposta deve essere “male per chi?”***
EliminaBeh i Kapò nei lager servono ed era prevedibile che la loro razione non sarebbe stata "particolarmente" tagliata.😁
Perché dobbiamo dare a tutta questa " sceneggiata" il corretto quadro geopolitico: i "dazi" sono la copertura di una " riequilibrio " imperiale teso a rafforzare "il centro" a spese della "periferia", e questa cosa deve procedere secondo la scala dei relativi poteri "feudali" .
E in questo caso ovviamente gli USA, dominio "diretto" de "l' imperatore" , vengono prima della "marca" €uropea , ma a l' interno di questa "il marchese" deve comunque venire prima delle "contee" ad esso sottoposte.
Ho provato a verificare la correlazione lineare tra variazione delle esportazioni italiane verso USA e il tasso di cambio e viene un R^2 di 0,65 dal 2008 al 2024. Nel calcolo ho eliminato gli anni 2009 e 2020 in quanto fuori scala. Quindi, se ho fatto bene l'esercizio, la variazione del cambio spiega circa due terzi della variazione delle esportazioni. Con i dazi al 30% a me viene una stima di perdita tra i 4 e i 9 miliardi nel 2025 (in media 7). Tra lo 0,2 e lo 0,4 del PIL). Questo nell'ipotesi pessimistica/irrealistica che tutto il prezzo dei dazi venga trasferito al cliente.
RispondiEliminaPerdonami, ma ci sono diversi livelli di fallacia statistica nel tuo ragionamento, che sono ovviamente incompatibili con un blog tecnico come questo.
EliminaInnanzitutto, il coefficiente di correlazione non è l’R^2 (e viceversa), per cui sarebbe utile capire che cosa hai calcolato. Dato che il ragionamento è un po’ superficiale, penso che tu abbia calcolato il coefficiente di correlazione semplice, e quindi procedo su questa strada.
In ogni caso, R^2 non misura quanto sono associate due variabili, ma quale percentuale della varianza della variabile dipendente è spiegato da un modello di regressione.
In terzo luogo, l’impatto di una variabile indipendente su una variabile dipendente è misurato dal coefficiente di regressione, non da quello di correlazione, e fra i due c’è una certa differenza (suggerimento: guarda il denominatore).
In quarto luogo, ho già ampiamente ammesso che la mia analisi non tiene conto della infinita complessità del reale, ma almeno misura l’impatto dei prezzi relativi sui volumi di esportazioni tenendo conto di altri fattori, fra cui il più importante è l’andamento della domanda negli Stati Uniti.una correlazione semplice non può tenere conto di questo effetto, e quindi attribuisce tutta la varianza della variabile dipendente (anche se in un coefficiente di correlazione questo termine non ha molto senso) esclusivamente all’altra variabile, cioè attribuisce alle variazioni dei prezzi relativi anche quello che è dovuto alla variazione della domanda.
Quindi, in sintesi, la tua analisi non è corretta, ma in qualche modo costituisce una specie di acid test: quando i dati dicono una cosa, capita che la dicano anche in risposta alla domanda sbagliata! 😉
Grazie. Avrei bisogno di qualche lezione sugli indici di correlazione e sulle regressioni. Nei miei ragionamenti applico sempre R^2 perché è l'unico che conosco (ce l'ha mostrato lei).
EliminaIo mi sono limitato ha calcolare il 36% in meno sulle esportazioni 2024. Era il 30% di dazi e il 6% di rivalutazione. Poi l'ho sottratto a una proiezione lineare delle esportazioni 2025 basata sul dato del primo quadrimestre che, forse a causa dell'annuncio dei dazi sono più alte del 2024. Alla fine ho sottratto il valore 2025 a quello 2024 e sono risultati 7 miliardi in meno. A quel valore ho erroneamente applicato la correlazione a cui accennavo nel precedente commento, e da cui si origina l'intervallo 4-9 miliardi.
Domandina. Visto che pensate con una trattativa bilaterale l’Italia sarebbe riuscita ad ottenere migliori risultati, strada che per la verità il vostro eroe Trump ha sempre rifiutato sin dal primo momento, di concreto cosa avrebbe potuto mettere sul piatto per ottenere un percentuale “accettabile” ?. Sarà perché i singoli Stati Membri non sono titolari di alcuna leva finanziaria e quindi li ha esclusi da ogni trattativa, preferendo parlare solamente con chi davvero detiene le fiche del potere economico.
RispondiEliminaSe l’UE, a capo chino e rinunciando a contromisure, con la promessa di 600 mld di euro di investimenti, includendo voci come petrolio, GNL, uranio e chip, è riuscita a malapena a dimezzare l’iniziale 30% di dazi, l’Italia cosa avrebbe avuto di più convincente e d’interessante da offrire agli americani?
Svendergli il Colosseo? Farli entrare in Leonardo, Finmeccanica et similia ? Oppure, come aveva proposto il suo ineffabile collega, proporgli una trattativa “ davanti a un piatto di pasta” (🤣).
Forse lei saprà darmi un punto di vista più convincente.
Cordialità.
Anto’, fa caldo! Premesso che per le fiche qui noi abbiamo il massimo rispetto (siamo inclusivi), credo che tu debba riassorbire un importante deficit culturale, altrimenti sembri solo uno sciocco e ignorante provocatore. Ti aiuto con la mia proverbiale pazienza, partendo dalla solita premessa: il nostro Paese non è la principale origine degli squilibri globali (quella resta la Germania) e in tutta evidenza non ha pilotato a proprio vantaggio da svalutazione competitiva dell’euro, cosa di cui gli americani sono ben consapevoli (come si evince da un decennio di rapporti semestrali del tesoro statunitense sulle politiche dei principali partner commerciali). Questa premessa serve a chiarire che il target principale delle ritorsioni non siamo noi, anche se apprezzo e ho spiegato altrove le possibili motivazioni della scelta di Trump di trattare direttamente con l’UE (trovo anche sensata la spiegazione di uno di voi secondo cui questo conferiva agli Stati Uniti un vantaggio tattico, dato che la somma delle partiin Europa è minore del totale per ovvi e noti problemi di coordinamento).
EliminaOra ti dico alcune cose che non sai e che devi mettere nel tuo ragionamento, se vuoi sembrare una persona seria.
Abbiamo diversi precedenti di dazi applicati in modo selettivo, a partire dai dazi sul vino messi nel 2019 durante la disputa fra Boeing e Airbus che non coinvolsero il nostro paese, perché anche in quel caso era una parte residuale del problema.
Abbiamo il controesempio di Stati irrilevanti come San Marino o rilevanti come il Regno Unito che hanno chiuso la trattativa con un dazio del 10%.
È del tutto risibile e fallace impostare il discorso in termini di rapporti di forze, perché l’Unione Europea è comunque perdente, dal momento che non ha un migliaio di testate nucleari (grazie a Dio, altrimenti i tedeschi avrebbero già scatenato la terza guerra mondiale), e che quindi le economie di scala politiche di cui favoleggiano gli imbecilli sono largamente illusorie.
Inoltre, come fanno notare i commentatori più seri, l’unico dato relativamente certo è la tariffa doganale al 15% (che non è un aumento del 15%), mentre tutto il resto per il momento è fuffa, e chi si fascia la testa sulla fuffa lo fa per ovvi motivi di polemica politica che qui non ci hanno mai interessato. Qui abbiamo sempre ragionato sui sistemi e sulla loro efficienza, attingendo alla letteratura scientifica. Il verdetto di questa letteratura sulla Unione Europea è sempre stato impietoso. Non mi preoccupa né mi scalda il fatto che gli ignoranti o i faziosi non ne vogliano prendere atto.
dopo le figure insignificanti della VDL in cina e scozia, io non sarei così ridanciano; Trump e Xi hanno dimostrato al mondo la risibilità di una serie di burocrati incapaci di trattare alla pari con governanti abili e scaltri; solo il pietismo dei forti può aiutare la UE dopo la figura da peracottara, mentre canali di trattativa p2p si stanno forse aprendo da qualche ora. Trump non sopporta il castello di carte della UE (come biasimarlo?)... possiamo solo sperare che decida di ricevere noi e i tedeschi (ma a che prezzo?), come ha fatto con Starmer. Ripeto, azzo ridi?
EliminaRido di te, perché sei ridicolo. Che cosa dovrebbe fregarmene a me delle figure da peracottara di una persona che non abbiamo votato e cui ci siamo opposti unici fra tutti i partiti italiani per coerenza? È semplicemente una conferma di quello che abbiamo detto. Dopodiché, la tua narrazione terribilista dimostra solo la tua subalternità al racconto dei quotidiani e la tua totale ignoranza delle dinamiche storiche ed economiche. Ma questo è un problema tuo: se ti fa piacere mostrarti nella tua nudità, chi sono io per impedirtelo?
Eliminaoops, io rispondevo ad Antonio lo spiritosone
EliminaIn effetti mi sembrava un po’ illogico il tuo modo di argomentare, se fossi stato a supporto del nostro amico spiritoso, ma la qualità dei commentatori qui è talmente scesa (a partire dal fatto che non specificano a chi stanno rispondendo) che ormai io prendo ogni commento al suo valore nominale e se ritengo di dover precisare qualcosa preciso. Incidente chiuso.
Eliminascusami per la qualità del mio commento ma mi hanno obnubilato le fiche del potere economico :)
EliminaGentilissimo,
EliminaLa mia domanda, volutamente provocatoria ma non per questo poco seria e centrata, prende le mosse proprio dalle rilevazioni sui deficit commerciali scontati dagli Usa con l’Europa e dalle analisi sulla “svalutazione competitiva dell’Euro” evidenziata da Draghi, a cui lei ha fatto più volte riferimento come causa strutturale dello squilibrio commerciale con gli Stati Uniti.
Ora, non avremo un surplus commerciale con gli Usa equiparabile a quello della Germania, ma è pur sempre il terzo in ordine di grandezza (43 mld nel biennio 2022/24 secondo le stime del US Census Bureau), dopo Germania e Irlanda. È di tutta evidenza che avendo anche noi l’Euro, che i nostri prodotti abbiano indirettamente beneficiato di questo vantaggio economico nel mercato americano e che nell’attivo totale il nostro surplus, unito a quello dei due paesi che ci precedono, pesi sulla bilancia commerciale americana per circa l’85%, mi pare un evidente forzatura il dire “non siamo parte del problema”. Lo siamo e lei non se ne avvede.
Da qui ne discende che è molto facile smontare anche il secondo argomento di comodo che invocate a sostegno della vostra tesi sulla convenienza del negoziato bilaterale, ossia “Eh, ma nel 2019 i vini italiani furono esentati… ”.
Questo perché gli antefatti che portarono guerra dei dazi del 2019 sono ben diversi da quelli di oggi. Allora le ritorsioni commerciali si allargarono a macchia d’olio in comparti che non c’entravano nulla nella controversia che allora era in essere e che riguardava presunti aiuti forniti a due società costruttrici di aeromobili. L’OMC legittimò gli Usa ad adottare contromisure economiche per un valore più esiguo e Trump le allargò al comparto agroalimentare che appunto non c’entrava nulla.
Oggi la posta in gioco messa da Trump è ben altra : riequilibrare la bilancia commerciale degli Usa a scapito dei partner che gli avrebbero fregato soldi e ampie fette di mercato. Mi sembra ben chiaro.
Curioso come poi tiri in ballo San Marino, un verosimile caso di leggera concessione a un piccolo partner i cui flussi commerciali sono già di per sé esigui e sui quali una percentuale del 5-10% in più avrebbe significato solo spiccioli; mentre il negoziato dell’UK sarà stato più proficuo di quello europeo, ma a costo di quante mortificazioni personali inflitte da Trump e quante minacce su dossier e affari interni rivolte a Starmer e da Vance e Musk. Esiste anche un limite di dignità personale, nel caso non abbiate già deciso che bisogna sacrificare pure quella per darla vinta a un patetico nonnetto golfista, debole con Russia e Cina, ma desideroso di farsi “baciare il c**o” da gente come noi.
Io sto sui fatti e ne traggo le dovute conclusioni, lei e qualcun altro cianciate su soluzioni che non stanno in cielo e né in terra e che già gli attori principali hanno deciso di non perseguire. Siete fuori strada.
Cordialità
Oh, bene! Preferisco parlare con uno che afferma apertamente di essere un provocatore, piuttosto che con chi, come l'amico Corrado, fa il finto ingenuo.
EliminaDunque: mi sembra evidente che hai deciso di abbandonare il terreno perché puntualizzi su questioni di dettaglio (dove è ovvio respingerti con perdite) e non entri nel merito della questione, cioè quanto sarebbe stata più efficace l'UE con le sue "fiche" rispetto agli Stati nazionali, atteso che l'UE non ha alcun mezzo per fare una politica di potenza, neanche quel mezzo indiretto costituito dall'essere un mercato interessante, dal momento che ha deciso di suicidarsi con l'austerità. Su questo non potrai darmi risposta perché non c'è. L'idea che l'UE sarebbe più forte con il voto a maggioranza o con il debito comune è una canzoncina che assona, ma alla quale manca un testo logico. So bene che il PD e i suoi troll vogliono andare lì, ma noi sappiamo che non dobbiamo mandarceli. L'UE non ha la potenza per imporsi in una trattativa perché ha perso (complessivamente) la Seconda guerra mondiale, ed è un bene che non abbia le mille testate nucleari che servirebbero a farsi rispettare, perché ce le avrebbe la Germania che verosimilmente (conoscendola) già ne avrebbe fatto uso. Quindi sulla sostanza siamo d'accordo: tu non puoi rispondere, e io non ti chiedo altro.
Sui dettagli, visto che aspiri a dimostrarti del mestiere (e magari lo sei), ti segnalo che quello che rileva qui non è come la pensi tu, ma come la pensano gli Usa, e che come la pensino questi ultimi chi è del mestiere lo sa, perché è scritto qui.
In questa pagina trovi tutti i report redatti ai sensi di questa legge (e della precedente versione che risale al 1988), e se avrai la bontà di leggerli vedrai che nell'ultimo (a pag. 1, così non devo fare troppa fatica) gli Usa esprimono preoccupazione per "the very large surpluses of China, Germany, Japan, Korea, Ireland, the Netherlands, Switzerland, Taiwan, Singapore, and Vietnam" (Italia non pervenuta), come pure potrai apprezzare che agli Usa non interessa solo l'intensità del commercio bilaterale con loro, ma la posizione complessiva verso l'estero dei singoli Stati (il saldo del current account), e l'entità del loro intervento sul mercato dei cambi, e che mentre l'Italia abitualmente è "fuori" per solo un parametro, la Germania è regolarmente fuori per almeno due. Quindi gli Usa sanno bene di chi è la colpa: di chi comanda, ovviamente. Quando comanderemo noi, se la prenderanno con noi!
insisto su un concetto che ai più sembra residuale: la nostra parruccata paladina tedesca ha combinato un bel pastrocchio, prima andando da Xi con gli occhioni dolci nell'intento di dare il ben servito a Trump sui dazi, poi, accortasi dell'indifferenza dei cinesi, si è genuflessa ai piedi del POTUS, il quale si è ritrovato senza fatica con una palla facile facile. Uscire fuori da questo cul de sac non sarà semplice, a mio avviso, senza colloqui bilaterali; la UE è ad un punto di svolta
EliminaBeh nsomma, non mi pare tanto un dettaglio sapere che stesso Trump ha confermato che questo risultato non sarà migliorabile in alcun modo (better meaning lower? No!) e che quella che lei indica come soluzione, in realtà è FUFFA perché le ho già dimostrato che la situazione del 2019 è diversa e che è una strada che nessuno degli attori coinvolti ha mai considerato neanche lontanamente di percorrere. Il perché si capisce e la risposta ce l’ha sotto il naso.
EliminaÈ lei che non sa stare sul punto e ha bisogno di divagare sulla debolezza dell’Ue credendo di portare argomenti alla conversazione.
Smontato il primo argomento, cosa rimane? Ah già, “ma loro ce l’hanno co a Germania” . Nel report che ha linkato, se scrolla un po’ più giù vedrà che nella monitoring list ci siamo anche noi.
L’ostinazione nel vedere solo la Germania come reale obiettivo di questa ritorsione, purtroppo cozza prepotentemente con l’evidenza che nello stesso calderone ci siamo anche noi, che dal presunto amicone fardato, a parte qualche inutile pacchetta sulla spalla, nessuna mano ci è stata mai porta per venirne fuori e che non c’è nessuno tavolo a due per fare una spaghettata.
Saluti
https://www.corriere.it/esteri/25_luglio_30/dazi-von-der-leyen-attacchi-merz-10a45464-7c36-474d-b1ae-3440a71c8xlk.shtml
RispondiEliminaprima o poi capiranno .... oh se capiranno....
Prof....ma che è 'sta roba?! https://www.youtube.com/watch?v=3nE02GxEo1k
RispondiEliminaUno che mandai a stendere nel 2013 e ancora rosica. Però delle cose giuste le dice. Ad esempio, tutti se lo sono dimenticato, ma il termine “click” per indicare il blocco nella cloaca fu un mio conio, ed è altresì vero che quattordici anni dopo la platea di commentatori di questo blog è cambiata, come pure è vero che le categorie di famoerpartitista, gestoeclatantista, fatequalcosista e piazzaleloretista sono state inventate qui (non nel saggio di Claudio che se ne appropria facendone una corretta esegesi), ma molto prima di quanto la vedova inconsolabile racconta (cioè molto prima che mi lasciassi coinvolgere dalla Lega: qui https://goofynomics.blogspot.com/2014/05/la-vittoria-di-pirro-del-populismo.html un esempio del 2014).
EliminaNei fatti, io posso vivere senza di lui (e questo gli dispiace), lui non può vivere senza di me (e questo mi diverte), lui è puro e duro, ma il MES l’ho fermato io. Fine del discorso, direi (tralascio la pretesa sua e di altri di essere stati gli artefici del successo di questo blog)…
a me ha divertito parecchio quando "accomuna" Lega e Orotteri come scaturenti dal medesimo humus...pazzesco!
EliminaPer quanto ne so e quanto ricordo, la Lega ha avuto un periodo antipolitico. Siamo però lontani dall’invidia sociale posta a fondamento ideologico, come nel caso degli Ortotteri, da cui in effetti io mi distanziai subito, e di cui non era difficile prevedere (e venne prevista) la successiva saldatura col PD. Sta tutto qui, dal 2012:
Eliminahttps://goofynomics.blogspot.com/2012/07/ortotteri-e-anatroccoli.html
Peraltro, chi ha vissuto quel periodo ricorda che l’atteggiamento degli ortotteri sull’euro fu molto ambiguo. Per me, vorrei dire per noi, fu evidente da subito che essendo un partito della decrescita erano un partito dell’austerità:
https://goofynomics.blogspot.com/2011/12/decrescita-de-che.html
Tutto il resto è stato, e non poteva che essere, conseguente a questa scelta di campo. Per inciso, se non ricordo male l’amico fa parte di quelli che all’epoca non capirono questa lezione.quindi non esattamente un genio della politica (fermo restando che io ai geni incompresi credo poco).
CVD (o QED se preferite): https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2025/07/30/leconomia-usa-corre-pil-secondo-trimestre-3_cc15e8ce-1f36-413b-8e2b-69780e1edcf1.html
RispondiEliminaHo notato che anche lei, quando parla degli scambi commerciali tra Italia, Europa e Stati Uniti, si concentra soprattutto sui dati relativi al commercio di beni. Questo approccio è simile a quello usato da Trump durante la sua presidenza. Nella sua visione, infatti, il deficit commerciale americano (cioè il fatto che gli Stati Uniti importano più beni di quanti ne esportino) è visto come un segno di debolezza, e viene spesso usato per sostenere che l’America "sta perdendo" nei rapporti con paesi come la Cina, l’Europa o il Messico. È vero che il deficit nei beni è molto alto, oltre 900 miliardi di dollari nel 2022, e questo rende il messaggio facile da capire: “noi compriamo più di quanto vendiamo, quindi ci stiamo rimettendo”. Ma questo ragionamento ignora completamente i servizi, un settore in cui gli Stati Uniti hanno storicamente un forte attivo. Parliamo di settori come il software, la consulenza, la finanza, l’istruzione, il turismo, la proprietà intellettuale: tutte aree in cui gli USA esportano molto di più di quanto importino. In certi anni, questo surplus nei servizi ha superato i 200 miliardi di dollari. Se si considera anche questo, l’immagine cambia: gli Stati Uniti non sono poi così “sfruttati” dagli altri. Ma Trump ha preferito concentrarsi solo sui beni, perché così la sua narrativa, quella di un’America danneggiata dagli scambi internazionali, funziona meglio. È un po’ come leggere solo metà di un libro e ignorare il finale, perché quel finale cambia il senso della storia. È vero anche che il surplus nei servizi favorisce soprattutto le grandi aziende e non si traduce in benefici diretti per i lavoratori delle aree industriali in difficoltà, come Flint o il Midwest. Però resta un elemento fondamentale per capire quanto gli Stati Uniti siano ancora forti nel commercio globale. Quello che mi chiedo è: come mai anche lei adotta questa lettura così parziale? (Non si arrabbi, non la sto contestando, mi interessa davvero solo capire).
RispondiEliminaSicuramente gli studi economici di Confindustria sono più divertenti dei tuoi.
RispondiEliminaRicordi cosa sarebbe successo con la vittoria del NO al referendum Costituzionale che ha portato Renzi ad abbandonare per sempre la politica?
https://www.repubblica.it/economia/2016/06/24/news/confindustria_italia_ripiomba_in_recessione_con_il_no_al_referendum_di_ottobre_-142721564/
"Per gli industriali con il no alla riforma Boschi il Pil cala di quattro punti in tre anni, gli investimenti crollano di venti punti, si perdono 600 mila posti di lavoro. Uno scenario da incubo che rischia però il cortocircuito. Come in Gran Bretagna per la Brexit."
Quello che viene sottovalutato è che i dazi sull'acciaio e alluminio restano al 50%. E' un problema perchè non si applicano solo sull'esportazione di materie prime, ma quando si mandano componenti negli USA è diventato obbligatorio fornire la percentuale di questi due materiali sul peso complessivo per calcolare il dazio aggiuntivo. Se consideriamo questo più il fatto che per le auto rimane al 27,5% non so davvero chi può dire che la UE abbia negoziato bene
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