Per gestire le interazioni nella cloaca nera ci eravamo dati leggi e regole, riportate in questo post.
Quella che oggi fa al caso nostro, come vedremo più avanti, è la seconda legge, quella sulla baio in inglisc, detta anche sindrome di LinkedIn, che sarebbe questo ricettacolo di cretini autoreferenziali:
(penso di essere stato il primo a iscrivermi e il primo a cancellarmi in Italia: il video non è vero, perché è satirico, ma proprio per questo è particolarmente veritiero).
Come abbiamo amaramente constatato più volte, il baio è un cavallo (piuttosto diffuso), ma il "baio in inglisc" (altrettanto e più diffuso) è un somaro, o forse, visto che quasi sempre è specializzato, un cretino, dato che "oggi anche il cretino è specializzato" (come Flaiano aveva intuito), dal che desumiamo, peraltro, che tutti i cretini sono specializzati ma non tutti gli specializzati sono cretini (anche se trovare gli esempi del contrario è impresa progressivamente più ardua).
Con questa premessa, il cui senso si chiarirà leggendo, consentitemi di introdurvi l'argomento di oggi.
Il grafico sul declino dell'Eurozona:
introdotto in questo post, nella sua fredda e irrefutabile eloquenza ha dato parecchio fastidio. Eppure, un pattern, un andamento simile è esattamente quello che dovremmo aspettarci dall'Eurozona così come ce l'ha descritta Draghi! Per capire cosa intendo, però, occorre prima un breve ripasso de #lebbasi. Permettetemi quindi di ripetere brevemente che cos'è e come si misura il Pil. Questo servirà anche a fare un discorso di verità sull'intelligenza artificiale, strumento caro ai cretini naturali.
Che cos'è il Pil?
Di questo abbiamo parlato infinite volte (una delle ultime qui). In buona sostanza, in un'economia di mercato il valore della produzione realizzata in un determinato lasso di tempo coincide col valore delle remunerazioni erogate ai fattori produttivi che l'hanno posta in essere e col valore della spesa effettuata per acquistarla. I tre concetti devono coincidere: in un'economia di mercato si produce per vendere (quindi il valore della produzione coincide con la spesa) e si vende per guadagnare (quindi il totale della spesa coincide col totale dei redditi distribuiti). Ne consegue che i tre metodi di calcolo del Pil (quello del valore aggiunto, quello della spesa, e quello dei redditi), cui corrispondono tre diverse definizioni di Pil, conducono necessariamente allo stesso risultato. Una delle infografiche più chiare su questo tema è questa:
tratta dall'ottimo sito di Borsa Italiana.
Ora, è parte della mia, e credo anche della vostra esperienza quotidiana, il fatto che chi parla di economia generalmente non abbia alcuna idea di che cosa sia il Pil.
Le distorsioni ideologiche della teoria della decrescita si basano appunto sul non comprendere che cosa sia il Pil, come spiegammo in uno dei primissimi post di questo blog (togliendoci dai coglioni una legione di invasati), semplicemente perché il mondo più pulito e come oggi si dice "sostenibile" che in teoria vorrebbero i decrescisti è un mondo con più, non meno Pil, dato che le tecnologie che consentono di ridurre gli impatti ambientali richiedono investimenti e consumi piuttosto ingenti (e quindi per definizione non puoi avere riduzione degli impatti ambientali senza aumento di Pil).
Un altro dato che emerge nitido a chi sa che cosa sia il Pil è che un incremento della spesa pubblica è in re ipsa un incremento di Pil. Il motivo è semplice: la spesa pubblica considerata nella definizione di Pil corrisponde ai consumi di servizi pubblici da parte dei cittadini (consumi collettivi), e siccome questi servizi pubblici non hanno un prezzo di mercato (il poliziotto che regola il traffico o interviene dopo un incidente non vi rilascia fattura, come non lo fa il medico di pronto soccorso o l'insegnante di vostro figlio), vengono misurati con un particolare criterio di imputazione: con la somma delle retribuzioni corrisposte a chi materialmente li eroga (i dipendenti pubblici). Capite quindi anche come questa spesa entri nella definizione di Pil dal lato delle retribuzioni (i consumi collettivi sono in re ipsa retribuzioni). Ovviamente questo non significa che "allora basta aumentare gli stipendi degli statali per fare Pil!" o altre sparate del genere. Significa però che quando si ipotizza che un aumento della spesa pubblica di un euro porti a 0.5 euro di aumento del Pil si sta dicendo che qualche altra voce del Pil diminuirà di 0.5 per effetto dell'aumento dei consumi collettivi, e di converso che quando si ipotizza che un taglio di un euro della spesa pubblica porti a una diminuzione di 0.5 euro del Pil si ipotizza che qualche altra voce di domanda aumenterà di 0.5 euro. Siamo sicuri che sia sempre così? In Grecia non è andata così, come hanno poi ammesso i criminali che l'hanno massacrata.
Infine, non vi sfuggirà che per mera necessità algebrica un taglio dei salari (cioè delle retribuzioni) è un taglio del Pil, anche perché è, per forza di cose, un taglio della spesa (se meno soldi vengono corrisposti al fattore lavoro, meno soldi vengono spesi dai lavoratori e meno soldi vengono fatturati dalle aziende) e quindi un taglio della produzione. Anche qui, è chiaro che il discorso non finisce qui: ma è da ignoranti non sapere, e da cretini non ammettere, che il primo effetto di un taglio dei salari è per definizione un taglio di Pil. Con questa informazione, il grafico del declino europeo diventa immediatamente più leggibile, se ricordiamo le parole di Draghi...
Come si misura il Pil?
Dobbiamo però fare un approfondimento sulle possibili misure del Pil.
Consideriamo per fissare le idee il calcolo dal lato della produzione (metodo del valore aggiunto). Ogni singolo Paese offre una quantità sterminata di prodotti eterogenei, non tutti materiali e tangibili (non ci sono solo merci ma anche servizi, e ci sono anche elementi intangibili come i marchi o i brevetti, che pure si scambiano...). Ovviamente, "sommare le pere con le mele" è impossibile! Quello che è possibile è sommare il valore delle pere e delle mele (e dall'acciaio, e di una cura canalare, e di un concerto, e di un appartamento, ecc.). Per ottenere il valore di una data produzione ci occorre sapere qual è il prezzo di mercato del prodotto, dopo di che moltiplicando le quantità prodotte per il loro prezzo si ottiene il valore monetario di quella produzione, che sommato ai valori di tutte le altre ci dà il valore complessivo del prodotto, cioè il Pil (che coincide con i redditi corrisposti ai fattori produttivi e con la spesa effettuata da residenti e non residenti per acquistare il prodotto realizzato).
Tutto chiaro?
In caso affermativo, siete già sopra il nono decile di chi parla di economia sui grandi media. In caso contrario rileggete, perché "io più chiaro di così non lo so dire" (cit.), o meglio: saprei certamente dirlo, ma non credo sia opportuno più di tanto per un docente seminare il degrado incoraggiando l'imbecillità. Magari non sempre si riesce a incoraggiare una riflessione, ma anche se potrei farvi il disegnino con una pera e una mela, i rispettivi prezzi, ecc., mi spiace, ma qui mi rivolgo a persone dotate di capacità di astrazione, che poi sono le uniche che possano capire. Alle altre puoi dare l'illusione di aver capito, ma senza astrazione non c'è comprensione.
Sorgono a questo punto almeno due ordini di problemi che i più acculturati di voi già conoscono, i più vispi avranno intuito, e per gli altri esplicitiamo.
Confronti intertemporali: pil nominale, reale e deflatore
Dice: non si sommano i prodotti fisici ma il loro valore e quindi occorrono i prezzi di mercato.
Sì, va bene, ma i prezzi cambiano per via dell'inflazione! E quindi: prezzi di mercato di quale anno?
Qui subentra la differenza fra Pil nominale e reale. Se la produzione di ogni anno viene valorizzata ai prezzi di ogni singolo anno (accettando quindi il rischio di scambiare per aumento della produzione un mero aumento dei prezzi) otteniamo il Pil nominale (il termine "nominale" in economia indica le grandezze calcolate a prezzi correnti). Se invece la produzione di ogni anno viene valorizzata ai prezzi di un determinato anno preso come base di riferimento (assicurando così che ogni aumento del Pil corrisponda a un effettivo incremento dei volumi fisici di produzione) otteniamo il Pil reale (il termine "reale" in economia indica le grandezze depurate dall'effetto dei prezzi, cioè calcolate a prezzi costanti, prendendo i prezzi di un anno base).
Se chiamiamo Y (maiuscolo) il Pil nominale e y (minuscolo) il Pil reale valgono queste relazioni:
dove p è il deflatore del Pil, un indice aggregato di prezzo che può essere utilizzato per calcolare il tasso di inflazione (gli altri indici utilizzabili sono il deflatore dei consumi privati e l'indice dei prezzi al consumo: la logica sottostante a ognuno di essi è diversa e diversi sono i risultati, ma qui si entra in sottigliezze per voi superflue).
Confronti internazionali: dollari e PPP
La differenza fra reale e nominale ci aiuta a intendere correttamente l'evoluzione del Pil nel tempo. Ad esempio, se siamo interessati a valutare la produttività, è chiaro che la misura che ci occorre è quella reale, perché altrimenti basterebbe una ventata di inflazione a farci sembrare più produttivi! I confronti intertemporali sono utilissimi e comunque centrali nell'agenda politica: tutte le gnagne dell'opposizione in questi giorni sono concentrate proprio su un confronto intertemporale, il tasso di crescita (che confronta il Pil di domani con quello di oggi, o quello di oggi con quello di ieri).
C'è un altro tipo di confronto però che riveste particolare importanza, e se guardate il grafico da cui siamo partiti capite subito qual è: il confronto internazionale.
Qui la difficoltà è dovuta al fatto che in Paesi diversi generalmente si usano valute diverse (salvo i casi miserevoli e miserabili di Paesi che decidono di concludere quel matrimonio infelice noto come "unione monetaria"), e quindi non avrebbe particolarmente senso confrontare direttamente i valori del Pil, sia esso nominale o reale, ognuno espresso in una diversa valuta, ovvero in una diversa unità di misura! Si ritornerebbe al caso delle mele e delle pere!
Per fare un esempio: se prendiamo il reddito pro capite in valuta locale (LCU, Local Currency Units) a prezzi correnti
sembrerebbe proprio che in Tanzania si stia meglio che negli Stati Uniti (questi dati e i successivi sul Pil sono tratti dai WDI), e che in Afghanistan non si stia poi così peggio rispetto all'Italia. Qui il problema non è tanto il tasso di inflazione, tant'è che se invece di prendere le serie a prezzi correnti prendiamo quelle a prezzi costanti il risultato è sostanzialmente inalterato:
(unica differenza: così pare che alle Bahamas si stia meglio che in Italia...). Le cose cambiano se misuriamo tutte le serie in dollari, e naturalmente potremmo farlo a prezzi correnti:
e già da qui si ottiene un quadro leggermente più compatibile con quello che sappiamo del mondo, ma ovviamente il confronto più sensato è anche in questo caso quello depurato dall'inflazione, cioè a prezzi costanti:
ancora più nitido. Il senso, molto semplicemente, è che 2.916.849 scellini della Tanzania equivalgono ad appena 1093 dollari a prezzi 2015, e quindi no: non sono più ricchi i cittadini della Tanzania (strano, vero?).
Ora, per avvicinarci al discorso del cretino specializzato, devo dirvi una cosa che da specializzato non cretino a me non sfugge, ma potrebbe sfuggire ad altri. Il tasso di cambio è un prezzo. Questo significa che se consideriamo serie misurate in dollari ai prezzi del 2015, stiamo in effetti parlando di serie misurate ai prezzi e al tasso di cambio del 2015.
In altre parole, se si raffrontano serie a prezzi costanti espresse in una comune valuta di riferimento (il dollaro) si effettua un confronto che è depurato non solo dagli effetti dell'inflazione, ma anche da quelli di apprezzamenti o deprezzamenti del cambio. Questo uno specializzato non cretino lo sa (e discende dalla definizione di tasso di cambio: prezzo relativo fra due valute), mentre un cretino specializzato potrebbe tendere a ignorarlo.
Cerchiamo di dare un senso ordinato a questa riflessione, con un esempio concreto, riguardante il nostro Paese. Lo facciamo con questa tabella, che riporta le varie misure del Pil nazionale e i loro rapporti:
Le colonne (a) e (b) sono in miliardi di euro, le (c) e (d) in miliardi di dollari, sulle altre vi darò ragguagli via via.
Siete pronti?
Nella colonna (e) abbiamo il deflatore del Pil p, cioè il rapporto fra il Pil nominale (a) e il Pil reale (b). Potremmo immaginarlo come il "prezzo in euro" del Pil italiano (anche se questo ragionamento è un po' impreciso, ma ci aiuterà).
Nella colonna (f) abbiamo il deflatore del Pil in dollari, cioè il rapporto fra il Pil a dollari correnti (c), che risente delle variazioni dei prezzi e del tasso di cambio, e il Pil a dollari costanti (d), che non risente né delle variazioni dei prezzi né di quelle del tasso di cambio. Potremmo immaginarlo come il "prezzo in dollari" del Pil italiano.
Se prendiamo il rapporto fra le colonne (e) (prezzo in euro) e (f) prezzo in dollari, abbiamo, nella colonna (g), qualcosa di simile al tasso di cambio espresso in euro per dollaro (quotazione incerto per certo).
In effetti, la colonna (h) riporta il tasso EURUSD, che è quotato certo per incerto, e quindi in dollari per euro, e la colonna (i) ne riporta l'inverso, cioè il cambio quotato incerto per certo (numero di euro per un dollaro), e si vede bene che le colonne (g) e (i) hanno sostanzialmente lo stesso andamento, con l'unica differenza che l'indice ricavato nella colonna (g) è normalizzato a uno nell'anno base dei prezzi (il 2015).
Da tutto questo però che cosa ricaviamo? Che il Pil espresso in dollari ai prezzi 2015 non risente della variazione del tasso di cambio. Infatti, se prendiamo il rapporto fra la colonna (b) (Pil reale in euro) e la colonna (d) (Pil reale in dollari) vediamo che questo rapporto è costante e pari al valore del tasso di cambio nell'anno base (2015).
Questo che cosa significa?Significa che se rapportiamo le serie riferite a due Paesi calcolate entrambe in dollari ai prezzi (e tassi di cambio) del 2015 il rapporto non sarà influenzato né dalle inflazioni nazionali né dalle variazioni del tasso di cambio.
Ripeto: è una mera conseguenza del fatto che il tasso di cambio è un prezzo, e che quindi quando si parla di "prezzi 2015" si afferma che si sta utilizzando il cambio di quello specifico anno, per cui la serie in LCU e quella in $ differiscono solo di un fattore di scala costante: il valore del cambio in quel singolo anno. Il loro rapporto può essere alterato, nel senso di slittare verso l'alto o verso il basso, dalla scelta di un diverso anno base, che comunque manterrebbe invariata la dinamica crescente o decrescente del rapporto, cioè, per quanto ci riguarda qui, l'impietosa rappresentazione del nostro inesorabile declino.
Trattasi di mera aritmetica (e di basic economic reasoning, quello che ai somari, anzi, ai bai in inglisc non entra proprio in testa).
Potremmo a questo punto aggiungere un ulteriore elemento, volendo.
Vi ho già parlato del Big Mac Index costruito dall'Economist: lo abbiamo trattato nel post su Lampredotto, ed è un modo rozzo ma efficace di considerare il fatto che i prezzi non variano solo nel tempo, ma anche nello spazio, e che il tasso di cambio nominale non sempre riesce a tenere conto di questa variazione internazionale. Un modo più raffinato è utilizzato dalle Penn World Tables. In alcuni Paesi la vita costa di più (il potere d'acquisto di una certa somma di denaro è più basso), in altri costa di meno (il potere d'acquisto di una certa somma di denaro è più alto) e in linea di principio per impostare confronti internazionali sensati, oltre a non confrontare dati espressi in valute diverse, ma in una uguale valuta a prezzi e quindi tassi di cambio costanti, può avere un senso affidarsi alle stime del cambio a parità dei poteri d'acquisto.
Tornando all'esempio fatto sopra, la tabella diventerebbe:
dove constatiamo quello che di solito si constata in simili raffronti: nei Paesi veramente sfortunati generalmente il confronto a PPP fornisce un quadro lievemente meno fosco, perché è vero sì che in quei paesi si guadagna poco, ma è anche vero che di solito in quei paesi la vita costa (e spesso non vale) niente...
Questa roba qui, però, non altera drammaticamente il profilo temporale delle serie, semplicemente perché riflette caratteristiche economico-sociali che evolvono lentamente, troppo lentamente.
Tenetelo presente, perché ne parleremo subito dopo.
I babbei
Armati di questo bagaglio di nozioni che chi è qui da un po' già possedeva (ma saranno pochi quelli cui questo ripasso è stato inutile), affrontiamo ora un singolare pezzo di babbeo, lui:
La baio in inglisc ce l'ha, quindi sicuramente è un somaro. Ora godetevi lo scambio che inizia sotto questo mio tweet:
Simone dà subito la risposta giusta, ma il babbeo incompetente ovviamente non la capisce (e forse anche alcuni di voi, prima della lunga premessa, avrebbero avuto qualche difficoltà: ma non si sarebbero impancati a dar lezioni a uno che ha tre decenni di pubblicazioni scientifiche sulla materia, credo...). Del resto, se il rapporto fra due serie che per definizione sono misurate a tasso di cambio dell'anno base costante (cosa che solo i cretini ignorano) potesse essere influenzato dal tasso di cambio (cosa impossibile per definizione), il suo andamento dovrebbe essere dominato dalla variabilità del tasso di cambio, cosa che evidentemente non è, come si percepisce immediatamente mettendo accanto il rapporto in questione con la serie del tasso di cambio:
(i dati sul tasso di cambio vengono da Eurostat). Le due serie, com'è ovvio per chiunque non sia un baio in inglisc (cioè un somaro) non si parlano proprio, tant'è che il declino del Pil pro capite europeo in rapporto a quello mondiale inizia nel 2001 in una fase di protratto e violento apprezzamento del cambio, che va avanti fino al 2007! Per sette anni, insomma, il declino relativo del Pil è accompagnato da una violenta rivalutazione del cambio, esattamente come, del resto, nei cinque anni dal 1979 al 1984 una violenta svalutazione del cambio si era accompagnata a un sostanziale recupero del Pil pro capite europeo rispetto al dato mondiale. Evidentemente il babbeo non ha idea di quale sia il profilo temporale del tasso di cambio del dollaro nell'ultimo mezzo secolo: esattamente quello che ci aspettiamo da un "Investor/entrepreneur"!
Ma insomma, questo grafico, anche se l'ho voluto metter qui a futura memoria, è inutile per chiunque non sia un babbeo, per chiunque abbia un minimo di capacità di astrazione: mi spiegate in che modo un grafico costruito utilizzando serie in cui il tasso di cambio viene mantenuto costante potrebbe riflettere la variabilità del tasso di cambio (visto che questa è sterilizzata per costruzione)? Chiunque non fosse un cretino lo capirebbe.
La solfa invece va avanti:
(Simone Bonomi santo subito). Il babbeo, cercando di calciare la palla in tribuna con concetti che gli consentano di sembrare familiar with the matter, tira fuori la PPP, che, come gli fa notare Simone, non c'entra nulla. Per avere comunque (a beneficio dei meno esperti) anche un tangibile riscontro di quanto il passaggio alla PPP non cambi le cose, eccovi il grafico a PPP, che però parte dal 1990 (i dati antecedenti non sono disponibili sui WDI, anche se forse si potrebbero ricostruire con le PWT):
e anche qui si vede la stessa cosa: una crescita (debole) fino al 2001, una decrescita pronunciata dal change over in poi. Ma tutto è inutile, il babbeo insiste mostrando dati che non c'entrano assolutamente nulla (estratti da chissà dove, peraltro):
Lo stolido e pretenzioso babbeo, con la sua sicumera da "baio in inglisc", dimostra di non aver nemmeno capito quello che la legenda del grafico chiariva e che comunque avrebbe chiarito la lettura del post (ma figurati se un analfabeta funzionale simile si mette a leggere un post!): il mio grafico rappresentava un rapporto, che cazzo c'entra il fatto che il numeratore cresca? Neanche la differenza fra numeratore e frazione...
Con grande pazienza Simone spiega... ma lui insiste:
continuando ad avvitarsi su se stesso, fino a quando, all'improvviso, il genio! Ma prima, permettetemi una digressione.
Intelligenza artificiale e cretini naturali
Questa mattina ho ricevuto da un amico di a/simmetrie la segnalazione di un suo articolo all'insegna del veloavevodettismo (che è un po' la nostra maledizione) su un tema di grande attualità: i cretini naturali. Tutti i nodi dell'IA vengono al pettine, ci segnala Enrico. Non solo lugrin, ma anche ludiggital (che fra l'altro non è grin) s'ha mort, sostanzialmente perché
cioè perché, di converso, e per metterla con le parole di un informatico pratico:
La cloaca pullula di cretini che utilizzano l'IA (che è un raglio) per dirimere questioni in materie di cui nulla sanno. Ma come dice l'altro Enrico, quello teorico:
Un minus habens privo di alfabetizzazione economica al punto da non distinguere un rapporto dal suo numeratore e di non avere una contezza se pure elementare delle unità di misura dell'economia in che modo potrebbe trarre beneficio dall'utilizzo dell'IA per sostenere una conversazione economica?
In nessun modo, e infatti...
Babbei e IA (che è un raglio)
Immancabilmente e inesorabilmente entra nella conversazione l'IA, il micuggino digitale. Al nostro povero babbeo l'IA ha detto che:
Ora, qui si vede bene come l'IAG sia un realtà un amplificatore di cretinate piddine! Intelligenza infatti vorrebbe che si capisse che se la stessa unità di misura è utilizzata al numeratore e al denominatore il rapporto fosse adimensionale, ma lasciamo stare. L'amico insiste:
e qui la cosa si fa surreale. Inutile dire che l'amico attira l'immediato consenso dei suoi simili:
ma questa diventa rapidamente una breve storia triste, quindi la lasciamo stare:
Paulo maiora canamus: le origini del declino
Lasciato alle nostre spalle il mondo dei babbei incompetenti, e validato l'uso delle serie a dollari 2015 come perfettamente consone al nostro scopo (a detta della stessa IAG, peraltro, che andando a casaccio ogni tanto ci coglie), poniamoci invece qualche domanda seria sull'evidente declino europeo. Vi ricordo che il mio educated guess è che, rebus sic stantibus, fra circa quindici anni la quota dell'Eurozona sul Pil mondiale sarà a una cifra (e solo una cosa potrebbe evitare questo infausto destino: l'uscita della Germania dall'Eurozona, secondo la nostra storica proposta).
Lasciato il mondo delle contestazioni sciocche e disinformate di babbei e analfabeti funzionali poniamoci una domanda che potrebbe aiutarci a capire la natura del problema: il declino europeo è dovuto solo a quello italiano, o è comune agli altri Paesi? In altre parole, siamo noi ad aver zavorrato la zona, nonostante il forte impulso datole dalla locomotiva tedesca (daje a ride), o tutti i Paesi hanno cominciato a dare segni di affanno? La risposta a questa domanda dovrebbe essere abbastanza semplice, no? Ricordate le parole del Migliore?
(riportate qui). Dato che i salari sono Pil (nella definizione basata sul reddito), razionalmente ci aspettiamo che questa race to the bottom reciproca abbia riguardato tutti i principali Paesi dell'Eurozona, e in effetti è proprio così:
In Italia il fenomeno è stato più pronunciato, ma ha riguardato tutti, e si vede molto bene come in Germania il declino del Pil pro capite rispetto al valore mondiale, iniziato nel 1992, cioè con la rivalutazione del marco, si sia accentuato nel 2003, quello in cui sono entrate a regime le riforme Hartz, l'anno dell'aggressiva deflazione salariale competitiva che ha quasi mandato in cocci l'Eurozona sette anni dopo. Se la rivalutazione esterna non ha aiutato, la svalutazione esterna ha fatto peggio, e questo qualche indizio sulla natura del problema dovrebbe darcelo (in piena sintonia con le parole di Draghi).
Ora, è chiaro che il fatto che per definizione un taglio del salari sia un taglio di Pil non esaurisce il discorso, perché naturalmente ci sono effetti di secondo, terzo, ennesimo ordine. Per capirci, e riprendendo l'apparato analitico che abbiamo utilizzato per spiegare il miracolo lettone:
Y = C + I + NX = W + GOS + TS
un taglio di W (salari) potrebbe determinare un aumento di NX (esportazioni nette) sufficientemente elevato, nel qual caso l'austerità potrebbe, in astratto, determinare un aumento o almeno una ricomposizione del Pil (a vantaggio dei profitti): il flusso monetario in entrata via NX potrebbe più che compensare la distruzione di Pil via W, ovviamente determinando un aumento dei profitti GOS, e poi, magari, a ricasco, consentendo anche una redistribuzione su W. La scommessa era un po' questa, ma che cosa l'ha fatta fallire? Semplice! La fallacia di composizione, cioè il non capire che ci sono cose che funzionano finché le fai solo tu, ma non funzionano se le fanno tutti. La strategia beggar-thy-neighbour tedesca poteva funzionare se l'avesse praticata solo la Germania, che tra l'altro poteva permettersela perché, partendo dal reddito pro-capite più alto, poteva tollerarne una diminuzione senza generare uno stress sociale troppo intenso. In questo senso, la Germania razionalmente avrebbe dovuto impedire che gli altri Paesi aderenti al mercato unico la seguissero sulla strada della deflazione salariale: sarebbe stata la sua principale assicurazione del fatto che il suo surplus industriale avrebbe trovato uno sbocco nel mercato unico. Invece, come sapete, la Germania ha imposto (via sorrisetto della Merkel, austerità, ecc.) la deflazione agli altri, cioè ha tolto soldi dalle tasche dei propri clienti! Come sarebbe andata a finire era chiaro ad alcuni (lo sapete) e ad altri non sarà mai chiaro (lo constatate), ma chest'è! E siccome ciò che obbliga ad aggiustare la competitività deprimendo i salari è l'appartenenza all'Unione monetaria, finché esisterà l'euro proseguirà il declino dell'Eurozona, di cui, volta a volta, incolperemo i PIGS (ma abbiamo appunto visto oggi che loro non c'entrano: tutti sono andati giù insieme per i motivi illustrati da Draghi), la Cina, l'America, la Russia, i marziani (che non esistendo ci impediscono di vivere in un mondo in cui ogni Paese sia esportatore netto), e via dicendo.
In tutto questo, vorrei che non perdessimo mai di vista perché ci stiamo suicidando! Perché l'austerità non ha come obiettivo il consolidamento della finanza pubblica: quello è un pretesto, il vero obiettivo è alterare la distribuzione del reddito a favore delle rendite finanziarie:
Quello che vi ho sempre detto, cioè che l'austerità, la svalutazione interna, la svalutazione del salario, era per definizione una politica redistributiva, oggi si affaccia timidamente anche alla mente di quelli bravi. Guardate ad esempio questo lavoro:
assolutamente accessibile per chi è qui da un po'. Anche all'estero, col loro connaturato ritardo (non essere italiani è oggettivamente un handicap) cominciano a capire che il problema non è Italia-Germania 4 a 3, ma Capitale-Lavoro 1 a 0.
Credo sia interessante analizzare le sfaccettature che nei vari Paesi hanno spinto la sinistra a perdere di vista la difesa della quota salari, le diverse modalità e le diverse motivazioni di questo tradimento. Ci interessa sia da persone che vorrebbero tutelare il potere d'acquisto della propria remunerazione, sia, eventualmente, da politici cui il potere (molto relativo!) è stato consegnato appunto da questo tradimento, e che quindi devono interpretarlo e almeno fingere di porvi rimedio, se al potere vogliono restare per consolidarlo ed esercitarlo allo scopo di effettuare l'unica riforma strutturale di cui abbiamo bisogno. Insomma, si torna sempre alla conversazione con Luciano Canfora: per capire se e in che modo fare qualcosa di sinistra da destra è indubbiamente utile capire per quali motivi la sinistra si sia condannata a fare cose di destra (e nonostante le apparenze anche questa lo è: so che fa male ammetterlo, ma lo è...).
Bene.
Tanto vi dovevo per questo piovoso weekend di Pasqua. Come vedete, i temi di fondo sono i soliti, il problema resta il solito, la soluzione razionalmente e astrattamente è disponibile. Ci vorrà molto tempo e molta pazienza, ma alla fine la violenza dei fatti prevarrà sullo stupido egoismo di pochi. Guidare il Paese in acque così insidiose non sarà semplice: se ci riusciremo, sarà anche per merito di chi si sarà affidato a chi per primo ha dimostrato di capire che cosa stesse succedendo e come sarebbe andata a finire.
In effetti, una persona che pretende di leggere una radiografia dandone una sua interpretazione senza consiglio medico è ritenuta una sciocca, allo stesso modo, se una persona pretende di leggere i dati macroeconomici senza le adeguate conoscenze, dovrebbe essere ritenuta sciocca in egual modo. Non avrebbe senso laurearsi in economia e specializzarsi, se qualsiasi persona può dare la sua visione dell’economia e ritenerla uguale a quella di un esperto.(ciò non toglie che certi economisti siano prezzolati, non mi riferisco a lei, ovviamente) Comunque è un post pieno di nozioni, quindi penso lo rileggerò spesso perché è molto utile(avrei anche qualche domanda ma vedrò di capirla da solo prima, poiché so che è molto impegnato).
RispondiEliminaÈ esattamente così. Ma per deresponsabilizzarsi rispetto ai propri fallimenti, e per consentire a una torma di scappati di casa senza arte né parte di dire la qualunque, gli illustri colleghi alla Quaresima Frappè hanno da tempo trovato la scappatoia: l’economia non sarebbe una scienza. A parte il fatto che chi parla di scienza senza essere un epistemologo è un volgare ciarlatano, dovrebbero allora spiegare perché loro toppano tutte le loro previsioni mentre qui viceversa tendiamo ad azzeccarci. Può darsi che la loro economia non sia una scienza, perché è semplicemente una narrazione messa a servizio degli interessi della classe dominante. Quello che qui facciamo è un ragionamento rigoroso, e chi viene a rompere i coglioni (perché questo è) senza avere la minima nozione dei concetti che pretende di insegnarci, viene classificato e respinto al mittente come tale.
EliminaÈ interessante notare, comunque, il fanatismo con cui difendono strampalate tesi macroeconomiche: si è arrivati al punto in cui non interessa se queste visioni dell’economia danneggino il paese reale, l’importante é difenderle a spada tratta, a costo di negare il declino in atto. In sostanza, non importa che la nave affondi, l’importante, per loro, è sembrare più intelligenti(come se loro non fossero parte della barca e non affondassero a loro volta). Mi pare un comportamento molto narcisista
EliminaConsidera che questo poveraccio probabilmente neanche esiste. L’account posta sempre il solito grafico idiota del debito pubblico e dice sempre le solite stronzate pro Milei, spesso fuori da qualsiasi contesto. Probabilmente è solo un bot messo lì per farci perdere tempo. Li abbiamo fatti contenti: ci abbiamo perso un po’ di tempo. Se mi torna sotto tiro questo sciocco lo blocco e la storia finisce lì.
Elimina@idivev che scrisse:***non interessa se queste visioni dell’economia danneggino il paese reale***
EliminaMa per costoro l' importante è infatti che non danneggino loro !
A questo proposito mi sovviene un ministro pd ex dirigente Coop che privatamente sosteneva che "l' esodo" di fette crescenti di manodopera ( spesso anche assai istruita) era un buon modo di "levarsi di torno dei rompicoglioni".
E fin qui questo "mors tua vita mea " si potrebbe anche capire, ma ormai stiamo andando verso il " tutti morti" ( piddini/ tedeschi compresi ) e difendere questo processo sta diventando impossibile anche per un cretino; quindi si, propendo anchio per "il bot " a "deficienza artificiale".
Il punto, passavo di qui, è che ti devi mettere nella testa di questa gente(se è una persona, perché potrebbe essere un bot): queste persone non si sentono al pari dei “mortali” e quindi non prendono in considerazione il fatto che, a fare una brutta fine,ci finiscano anche loro(poiché, nella loro visione, loro non posso fare una brutta fine); anzi, quando l’eurozona salterà, questi soggetti daranno la colpa alle destre, pur di non assumersi alcuna responsabilità . Il narcisismo è molto pericoloso poiché distorce la percezione che una persona ha del mondo e di se stessa e quindi non ha alcuna “razionalità”(la quale, invece, richiede l’avere una percezione chiara del reale). Vabbè, queste sono solo speculazioni, il tipo non lo conosco . Ma di solito, ho imparato che stupidità e narcisismo vanno di pari passo
EliminaComunque, bagnai, riflettendo su questo post durante le festività, mi sono reso conto di una cosa: secondo me, le persone fraintendono quando si dice che nella scienza il principio di autorità non vale, poiché lo interpretano come una scappatoia per legittimare il fatto che loro, privi di studio alcuno, parlino con sicurezza di un argomento che non conoscono. In sostanza, il fascismo dell’opinione deriva da un’interpretazione errata di questa frase, che invece vuole semplicemente dire che l’autorità(e quindi il curriculum) non esaurisce l’argomento, ma è il presupposto necessario per poter costruire un’argomentazione che sappia mettere insieme dati che una persona comune non saprebbe interpretare a dovere. Ciò quindi non significa che chiunque possa parlare di qualsiasi materia, ma che lo studio debba essere un presupposto necessario(ma non sufficiente) per iniziare a discutere di un determinato argomento.
EliminaQuesti sono gli interventi del prof. Alberto Bagnai che più apprezzo e che mi consentono di stimarlo ed ammirarlo.
RispondiEliminaApprezzo molto meno il tono e le offese utilizzate nei confronti di questo povero cristo, anche se insistente nel perseverare nell'errore. Tuttavia andrebbe considerato che questo genere di errori viene commesso sicuramente da più della metà dei laureati in economia, anche, se non soprattutto, quelli provenienti dalle università prestigiose (si legga Bocconi o Cattolica di Milano).
Questo la dice lunga sul disastro sconsolante del livello formativo ed accademico delle nostre università. Probabilmente questa è una scelta, perché formare troppi laureati competenti e consapevoli su temi macroeconomici strategici come questo rischierebbe di essere troppo pericoloso oltre che "fastidioso".
Il sig. "Stupor mundi" se non altro si dimostra coerente. Nella foto profilo ha, se vedo bene, l'attore Damian Lewis in "Billions": una serie dove interpreta un investitore finanziario internazionale, un vincente della libertà dei K su L. Buona pasqua Goofy!
RispondiEliminaSecondo me è un bot. Di imbecilli veri mi tocca incontrarne, come ognuno di noi, forse un po’ più che a voi, perché in termini assoluti incontro più persone. Un imbecille simile mi sembra decisamente finto, messo lì per farci perdere tempo. Lo abbiamo utilizzato, invece, per un utile ripasso.
EliminaAnche secondo me è un bot, troppi errori di battitura (o è proprio analfabeta). Ha però stimolato un utile ripasso (anche riguardo le considerazioni finali). Grazie.
EliminaSecondo me è un fervente seguace del movimento Drin Drin
RispondiEliminaNon te lo saprei dire perché con tutto quello che ho da fare non posso perdere tempo con degli invidiosi perdenti (e neanche con dei perdenti invidiosi). Per esempio, non ho idea di che cosa il movimento pensi di Milei, mentre il nostro simpatico babbeo liberista, se esiste, è un sostenitore incondizionato der Basetta. Io penso che farà un gran botto, ma è un’impressione epidermica, un pregiudizio, lo ammetto, perché i dati non me li sono andati a guardare. Potrebbe essere una cosa divertente, magari più tardi ci perdiamo un po’ di tempo. Certo che la qualità dei suoi sostenitori è un indizio abbastanza inquietante.
EliminaEcco cosa ne pensa uno dei fondatori del movimento:https://westasiatic.blogspot.com/2024/10/il-miracolo-milei.html?spref=tw&fbclid=IwY2xjawJxlExleHRuA2FlbQIxMQABHkn3ypsmwfXOkqZpI5kYurKxhmj_QLSBoufTvuI7j_OcEnp6r8gNI_SspANr_aem_gag7akdKK2csUcOUUXuR8g&m=1&sfnsn=scwspmo
EliminaAu
Ho letto fine a meta' in quanto Silvia mi richiama all' ordine notturno, continuero' domani, ma vorrei solo rassicurarvi, Simone Bonomi non ha la Baio in inglese.
RispondiEliminaBeh, visto che abbiamo toccato l'argomento... Ho letto in precedenza l'ottimo articolo di Nardelli ed io effettivamente a volte utilizzo questi sistemi nel mio lavoro di informatico sanitario di cui faccio sia l'analista che lo sviluppatore. Non mi sognerei mai però di usarli nel primo dei due ambiti dove sarebbe necessario spiegare all'IA come funziona un sistema complesso focalizzandosi sul flusso dati in esame ma al massimo nel secondo (controllo sintattico di pezzi di codice, nome di tipi di comandi che magari non utilizzo da tanto, ecc... qua effettivamente come assistente cognitivo funziona piuttosto bene) ed anche in questo caso per aspetti tecnici complessi non sono poi così "brillanti". In ambito economico al massimo potrei usarli per chiedere un dato di una serie afferente ad un determinato database sempre dopo aver verificato le prime volte che diano le risposte corrette (prima cosa che mi viene in mente), mai mi sarei sognato di utilizzarli così soprattutto come notato da Nardelli non sapendo bene cosa chiedere. L'IA non si applica soprattutto ad ambienti come l'ente in cui lavoro dove tutto è "customizzato" in onore della flessibilità mentale italiana. L'IA è fatta, nel mio settore, per un mondo di prodotti monolitici, di linee guida e di standard tecnici tipico del pensiero anglosassone. In un'ucronia in cui noi italiani fossimo padroni del mondo (ed in grado di egemonizzarlo culturalmente) mai imporremmo uno strumento come questo... Se proprio dobbiamo umanizzarla vediamola come l'assistente piddino: gli chiedi compiti semplici e specifici, al massimo opinioni su quale sia il miglior disco degli U2, film di Nolan, serie TV di Netflix o capitale esotica in cui andare a fare un weekend da occidentale. Secondo me su questo è imbattibile, riuscirà ad incrociare adeguatamente i dati dei migliori recensori piddini in giro...
RispondiEliminaDire che l'AI è morta è palesemente sbagliato, è più viva che mai e si stanno facendo progressi incredibili.
RispondiEliminaSperabilmente è morta o morirà presto la follia ideologica (e pericolosa) riguardo all'AGI (o IAG in italiano).
Da docente e ricercatore della materia, però apprezzo che si dica dei LLM cose tutto sommato corrette.
Non possono funzionare diversamente perché non sono sistemi basati sulla logica, ma su modelli probabilistici e dati.
C'è forse un po' di astio non necessario, ma capisco che la propaganda sull'AGI sia fastidiosa.
PS: invito però a riflettere sul fatto che l'Unione europea stia cercando di regolare pesantemente l'IA. Quindi, la cosa giusta da fare è esattamente il contrario, come, se non ricordo male, Centemero sta facendo.
Noi siamo aperti al dialogo. Diamo una possibilità anche a chi ci mette in bocca parole che non abbiamo detto, a meno che questo non diventi una abitudine, come nel caso del difensore delle girandole cinesi (a proposito, l’avete più visto? 😇).
Elimina***siamo in presenza di un Golem***
EliminaBeh non è un complimento visto che non era "intelligente" e che poi "finì male"
Il Golem non è intelligente, ma chi gli si affida è stupido. La morale della favola è questa.
EliminaOT. Per un Golem leggermente diverso dalla tradizione, o un'AI futuribile con un albore di coscienza, consiglio quello di Singer, favola di delicata tristezza subumana.
EliminaNon era mia intenzione mettere parole in bocca a nessuno.
EliminaQuello che volevo chiarire è che c'è una bella differenza tra intelligenza artificiale e intelligenza artificiale forte. Se vogliamo portare avanti un dibattito serio, suggerisco di tenerlo a mente.
Dal punto di vista dell'intelligenza artificiale il progresso è chiaro e netto. Adesso riusciamo a fare cose decisamente più avanzate, praticamente impossbili 5 anni fa.
Ovviamente, come ripeto sempre, il modello non è in grado di ragionare, perlomeno non nel senso stretto del termine, quello è solo marketing.
Tuttavia, mi permetto di dissentire, in parte, dal commento di Pesce dal punto di vista scientifico, per le seguenti ragioni:
1) il fatto che il modello sia a scatola nera è rilevante, ma solo in termini di capacità di ragionamento. A mio avviso, usare un transformer, una rete neurale ricorrente o un modello di diffusione non cambia granché la sostanza: sono tutti modelli probabilistici con una grande espressività, ma tutto sommato concettualmente identici a una regressione lineare.
2) molto più rilevante è la parte di pre-addestramento, affinamento, e allineamento tramite apprendimento per rinforzo. In questa fase, la natura probabilistica del modello e degli algoritmi di addestramento rende evidente il risultato che ci si può attendere. Essendo apprendimento per rinforzo da feedback umano, sappiamo benissimo a cosa tenderà a fare il modello: far felice l'utente medio.
3) chiaro che un modello con miliardi di parametri non è interpretabile come una regressione lineare a due variabili, ma se il dataset dice che la terra è piatta, il modello non farà che dire la stessa cosa. Le compagnie spendono milioni per assicurarsi che il modello converga a un comportamento specifico.
4) A mio avviso, il comportamento dei modelli attuali è spiegato molto bene da due fenomeni abbastanza standard dell'apprendimento automatico: interpolazione e overfitting. Il primo è, spero, un fenomeno chiaro a tutti, essendo la base della regressione lineare. Il secondo significa che il modello memorizza il dataset, incluso errori, inconguenze e rumore. Questo spiega benissimo perché l'IA è un buon pappagallo, ma non riesce a mantenere ragionamenti coerenti o privi di bias.
Detto questo: 10 anni fa avere un buon pappagallo era letteralmente impossibile (anche se già esisteva Watson).
Quindi: il digital in senso lato non è morto, ma una certa propaganda, se non è già morta, mi auguro lo sia presto.
Quanto all’affermazione sulla morte del digitale, mi rendo conto che chi si affaccia qui a digiuno di netiquette, senza avere la benché minima idea di chi sia il suo interlocutore e di quale sia il patrimonio di questa community, può dire delle cose fuori luogo perché è fuori strada. Probabilmente per capire che cosa intendo, può essere utile dare un’occhiata a questo:
Eliminahttps://asimmetrie.org/video/fuori-onda-lineamenti-di-colonialismo-digitale-uneuropa-senza-euro-6/
Appena ho tempo guardo il video (anche se suppongo di averlo già visto).
EliminaIn generale, però, mi baso su un errore di prospettiva che, a mio avviso, avete avuto negli ultimi due convegni di asimmetrie, e che sostanzialmente si può riassumere sulla critica al termine "intelligenza artificiale".
Dal punto di vista di chi fa ricerca nell'ambito, il termine ha perfettamente senso. "Intelligenza" in quanto razionale e "artificiale" in quanto appunto non umana. L'obbiettivo dell'IA è dare risposte razionali a problemi specifici.
Ovviamente la critica potrebbe essere: ma questa intelligenza non è razionale affatto! D'altronde, come dice lei benissimo, e come ho detto in termini tecnici nelle risposte, "Garbage in, garbage out".
In realtà, l'algoritmo è perfettamente razionale, in senso probabilistico. Quello che non è razionale è il problema richiesto.
Detto questo, il mio obbiettivo non è trollaggio o accusare di luddismo (anzi, la lega sembra nella direzione giusta), ma semplicemente porre l'attenzione sul differenziare l'AGI (Artificial General Intelligence) dall'AI, che è esattamente equivalente a distinguere la scienza e la tecnica dalla propaganda e dalla filosofia.
NB: non ho niente contro la filosofia, semplicemente l'AGI è una sua branca, molto interessante.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaUtilizzo diversi LLM come strumenti per lo sviluppo software e ormai ne ho fatto un alleato imprescindibile: sono veri e propri moltiplicatori di produttività, al pari di Git o di Visual Studio Code.
EliminaDi tanto in tanto interrompo il lavoro e mi distraggo con qualche conversazione sui massimi sistemi. Qui sotto riporto il link a uno degli ultimi scambi con Grok: al di là della sua tendenza “a far felice l’utente medio”, emerge una profondità di ragionamento che, solo pochi mesi fa, sarebbe stata inimmaginabile. Lo scambio è piuttosto esteso e la parte finale un po’ forzata da parte mia, ma trovo affascinante il modo in cui l’IA (o AGI?) descrive la propria percezione del mondo.
https://x.com/i/grok/share/jNLqukfb5YN9fEYikNrZl1tWE
Mah… Sinceramente qui vedo esattamente il tipo di atteggiamento suscettibile di indurre in seri errori di prospettiva. Il fatto che la macchinetta faccia pessima letteratura mettendo insieme pezzi di pessima letteratura non dovrebbe indurci a considerarlo un pessimo letterato, ma una macchinetta. Non pianto i chiodi coi pugni, ma cerco di non avere la Weltanschauung di un martello (che non gli chiedo, e non solo perché non mi risponderebbe)!
EliminaE comunque, amici cari, qui il punto è un altro: messa in mano a un cretino questa roba non è nemmeno riuscita a fargli capire che il Pil a prezzi costanti è anche a cambi costanti)! Insomma, sta roba è così intelligente da non sapere che un cambio è un prezzo e da non gerarchizzare le informazioni usandole quindi in modo deduttivo, ma riesce solo a fare un patchwork di frasi “probabili” o “frequenti” (rivelatore l’uso del termine “rischio di cambio”’totalmente fuori contesto nel calcolo del Pil). È chiaro che farà progressi, ci mancherebbe! Ma siete proprio sicuri che sia il caso di farsi aiutare da questa roba qui in compiti più difficili? Intravedo enormi contenziosi all’orizzonte…
EliminaIo sono assolutamente d'accordo con lei, Bagnai.
Elimina- usare un LLM senza sapere nulla dell'argomento è pericoloso
- non controllare i fatti che il LLM cita è un gravissimo errore
- usare LLM esageratamente durante gli studi, renderà le generazioni future incapaci.
- usare LLM per generare testo durante il lavoro atrofizza la capacità delle persone di scrivere (ne sono testimone diretto)
- un LLM non ragiona (in senso stretto), perché NON è una AGI. L'AGI non esiste.
Tuttavia un LLM è "intelligente", in quanto fa esattamente quello per cui è stato addestrato: estrarre risposte che massimizzano una certa funzione di costo (sostanzialmente, anche se non è accurato, una funzione di verosimiglianza).
Insomma, un LLM è un sistema addestrato esattamente a <>, e a compiacere l'utente medio, tramite l'allineamento.
Questo lo fa benissimo: il "cretino" pensa che la "macchinetta" ragioni!
NB: si può, già ora, far ragionare una IA, solo che i modelli basati su logica formale non si adattano bene al linguaggio, che è contraddittorio e impreciso. Watson di IBM ragionava!
Mi sembra che l’uso di termini come “intelligente” e “ragionare” che stai facendo (con o senza virgolette) non sia molto ragionevole. Ma visto che dobbiamo farci catturare dallo spin… così sia!
EliminaL’IA ricorda il borghese piddino, il quale usa la sua poca cultura per costruire discorsi pieni di errori logici ma apparentemente “credibili”, così da illudersi di aver capito . In questo sono molto simili, ma è una mia impressione
EliminaMi scusi l'insistenza, ma, no, non è così. Non nego che lo spin esista, esiste eccome e si chiama "intelligenza artificiale forte" o "artificial general intelligence" (AGI).
EliminaQuando parlo di ragionare, in senso stretto, intendo utilizzare un sistema logico (logica del prim'ordine o un sottoinsieme decidibile). Sostanzialmente, mi riferisco al sillogismo aristotelico. Esistono definizioni tecniche un po' più lasche, utilizzate nell'ambito dei LLM, in cui si ha un sistema di ricerca della soluzione ottima, ma non voglio entrare nei dettagli.
Nell'ambito, "intelligenza" è sinonimo di "razionalità" nell'ambito ben definito di:
Dato un problema X e un set di dati in input Y, qual è la risposta razionale al dato problema.
Dove razionale è da intendersi alla teoria dei giochi: non scelgo mai qualcosa di peggio.
Faccio un esempio: la risposta razionale al problema "come vado da un punto A a un punto B" è il percorso più breve.
Ovviamente, questa razionalità non è applicabile a problemi generici, per cui ci si affida alla cosiddetta "bounded rationality" ovvero: qual è la risposta più razionale al problema dato un limite computazionale.
Questa è la cosiddetta GOFAI ("Good old fashioned artificial intelligence").
Tuttavia, anche questo tipo di razionalità è spesso impossibile da applicare a problemi concreti. Per cui ci si riduce ad approssimazioni, in cui si abbandona il concetto di ottimalità dell'IA classica, spostandosi nel setting probabilistico, dove razionale è sinonimo di massimizzare una funzione di verosimiglianza, fare inferenza bayesiana o imparare una certa distribuzione dei dati.
Mi scuso se sono stato lungo, e chiudo. Essendo un accademico voglio essere preciso, ed essendo un elettore, se posso dare informazioni precise ai miei rappresentanti, rendo più forte le mie idee.
Chiarisco un punto, anche per far vedere che apprezzo il tuo trasvolare da Aristotele a von Neumann a Bellman. Restiamo un attimo su Aristotele, che è nostro amico perché stermina i piddini. Ti faccio un esempio di sillogismo:
EliminaA: tutti i cambi bilaterali nominali sono prezzi.
B: Il Pil utilizzato nel grafico è valutato a prezzi costanti.
C: il Pil è utilizzato nel grafico è valutato a tasso di cambio bilaterale costante.
Abbiamo chiaro che di questo sillogismo né il cretino naturale né l’intelligente artificiale hanno individuato e valorizzato la premessa maggiore? Come vedi, non c’è nulla come il focalizzarsi su dettagli semplici che consenta di evidenziare la complessità dei fenomeni…
Non volevo andare troppo off topic e essere troppo insistente, ma visto che interessa, posso elaborare un po' di più. Devo però spezzare la mia rispostain più parti causa limiti del blog e a causa delle citazioni.
EliminaPrima di tutto, l'intervento del Prof. De Martin l'avevo visto e apprezzato a suo tempo. Molto di più dell'intervento, comunque in buona parte condivisibile, di Daniela Tafani, che mi aveva fatto un po' storcere il naso, per motivi simili a quelli che hanno causato il mio intervento sotto questo post.
Riguardo alle fonti, non le ho riportate per 1) pigrizia 2) scarsa conoscenza della letteratura sui fondamenti teorici dell'IA, dato che il mio ambito è machine learning e robotica 3) perchè si tratta principalmente di argomenti di base. Tuttavia, accetto da scienziato volentieri la critica e rimedio, almeno parzialmente.
Essendo argomenti di base, mi perdonerete se uso un libro di testo, invece che pubblicazioni scientifiche, ma non sarei in grado di trovare rapidamente paper rilevanti su un area così marginale rispetto alle mie competenze.
Il libro che userò come riferimento è "Artificial Intelligence: a Modern approach" di Stuart Russel e Peter Norvig. Come libro ha due grossi problemi: è molto vecchio (la terza edizione è del 2009, la quarta del 2020) ed è un pessimo libro, estremamente impreciso. Tuttavia, praticamente chiunque abbia studiato IA, lo ha fatto su quel libro, soprattutto in Italia, visto che esiste una traduzione curata da Francesco Amigoni (Prof. del Politecnico di Milano).
Le edizioni con i rispettivi indici, possono essere trovate qui:
https://aima.cs.berkeley.edu/translations.html
Il libro si può trovare anche online come pdf, ma credo non sia legale, per cui eviterò di postare link.
Se si legge la tavola dei contenuti della terza e quarta edizione,
https://aima.cs.berkeley.edu/index.html
si nota che i capitoli sono grossomodo corrispondenti con i metodi di GOFAI e di machine learning che ho descritto nel post precedente. Non è un caso! È esattamente come si è sviluppata l'IA e descrive le principali aree di ricerca.
Ma andiamo ora più nel dettaglio. Per mia comodità farò riferimento alla terza edizione. Partiamo dal paragrafo "1.1 what is AI?".
EliminaQui si descrivono varie definizioni storiche di cosa sia l'AI, in particolare cita quattro possibili definizioni:
- pensare umanamente
- agire umanamente
- pensare razionalmente
- agire razionalmente
Dopo aver descritto i vari approcci, gli autori concludono che l'approccio ad agente razionale è il migliore, in quanto unico possibile da definire in maniera strettamente scientifica, e più generale del "pensare razionale" in quanto più generale. Ovviamente questo è l'approccio utilizzato in tutta la letteratura dell'IA moderna. La definizione è la seguente:
"A rational agent is one that acts so as to achieve the best outcome or, when there is uncertainty, the best expected outcome." Inoltre definisce "limited rationality—acting appropriately when there is not enough time to do all the computations one might like." (Bounded rationality, da me usato nel post precedente è più un termine di teoria dei giochi)
Ora passiamo agli argomenti più filosofici.
EliminaPrima di tutto il concetto di AGI è introdotto alla fine della sezione 1.3:
"Artificial General Intelligence or AGI (Goertzel and Pennachin, 2007), [...] AGI looks for a universal algorithm for learning and acting in any environment [...]"
In fondo al libro, il capitolo 26 definisce i due tipi di assunzioni di AI possibili: weak AI vs strong AI, ovvero una IA può solo agire in maniera intelligente, oppure può letteralmente essere intelligente e pensare?
Importante questo passaggio:
"Clearly, whether AI is impossible depends on how it is defined. In Section 1.1, we def ined AI as the quest for the best agent program on agiven architecture. With this formulation, AI is by definition possible: for any digital architecture with k bits of program storage there are exactly 2^k agent programs, and all we have to do to find the best one is enumerate and test them all. This might not be feasible for large k, but philosophers deal with the theoretical, not the practical."
Potrei continuare il discorso e approfondire sull'AGI e sulla relazione con l'ipotesi di AI debole/forte, ma non è il mio ambito e qui voglio principalmente dimostrare che l'IA è basata su concetti matematici precisi di razionalità, misurata in termini di una funzione obbiettivo, mentre la discussione sul pensiero e l'intelligenza è una nobilissima branca della filosofia, delle neuroscienze e
del (probabilmente meno nobile) mondo del marketing.
Risponderò alle sue interessanti obbiezioni e osservazioni in una ulteriore risposta, magari citando un po' di letteratura più vicina al mio ambito. Una piccola anticipazione: devo purtroppo deluderla. Il machine learning (apprendimento automatico) moderno è totalmente ed indissolubilmente legato al concetto di ottimizzazione e i LLM non fanno eccezione.
Innanzitutto: mi scuso per essere rimasto una quindicina di anni sostanzialmente in silenzio, e ora improvvisamente mi metto a commentare. Voglio solo spiegare che le ragioni sono essenzialmente personali e molto poco interessanti.
EliminaNon voglio immischiarmi nel dibattito tra Davide ed AB (my 2ct, quello che dice Davide non fa che confermare il punto di vista del padrone di casa). Volevo però aggiungere un punto di vista differente sullo stesso tema, perché fatalità vuole che io mi occupi (anche) di machine learning e programmazione, nel lato dell'impresa privata, avendo studiato tutt'altro. Preciso anche che sono la penultima ruota del carro in un gruppo di ricerca e sviluppo algoritmi di un'azienda (estera) di dimensioni medie, che seppur totalmente trascurabile nel grande schema delle cose, ha avuto e ha un suo successo nella piccola e (troppo) dinamica nicchia di mercato in cui vive (finché dura). Mi occupo cioè di quella parolaccia che è sulla bocca di tanti, cioè di innovazione (non voglio avallare in nessun modo la retorica sul tema, sotto nessun punto di vista). Preciso anche che non ho ancora potuto vedere il dibattito sulla IA di asimmetrie (non so dove troviate il tempo per guardare/ascoltare tutti questi video, davvero vorrei capire come fate, dal punto di vista tecnico).
Vengo al punto: dalla mia visuale assolutamente pragmatica sul fenomeno IA, e me quello che lascia profondamente perplesso è che non sono per nulla sicuro di quale sia il ritorno sull'investimento. I LLM sono utili? Probabilmente sì, in alcuni ambiti ma, ad esempio per quello che faccio io, sono quasi totalmente inutili, almeno a paragone dei costi, perché semplicemente non hanno la capacità, e non ce l'avranno mai, di non dico risolvere ma concepire i problemi di fronte a cui mi trovo (non perché siano particolarmente "difficili", sono comunque problemi da ingnegneri, ma perché richiedono una comprensione degli obiettivi che ci si pone, che sono quantitativi ma non solo - si torna alla fin fine alla capacità di comprensione di un sillogismo). Questo significa in sostanza che gli LLM possono rimpiazzare solo le attività a minore valore aggiunto. Risolvono in sostanza i problemi minori (ad esempio: scrivere del codice) di fronte a cui si trova un'azienda, lasciando intatti o peggiorando quelli più gravi. È un investimento che paga? Non lo so, ma certamente non è la retorica che si sente in giro.
Ci sono poi altri elementi che voglio buttare sul fuoco. Una è la questione sicurezza. Se sono una start-up a caso posso anche fregarmene ma, se ho dei clienti, i cui dati magari sono sensibili, cose di questo genere https://arxiv.org/abs/2311.17035 faranno riflettere (ed è solo una goccia nel mare, che avevo a portata di mano, è pure roba "vecchia", ma volendo si può trovare una sfilza di problemi estremamente preoccupanti, alcuni che ho toccato con mano anche solo in brevi test preliminari di soluzioni fornite dai giganti del settore). Ultimo punto: la calcolatrice è utile, ma comunque riduce inevitabilmente la capacità dell'utente di fare "conti" a mente. Se uso un LLM, ad esempio per scrivere codice (ma è solo un esempio), ridurrò inevitabilmente la mia capacità di farlo. Magari potrò concentrarmi su cose più importanti e sarà un beneficio, magari non imparerò mai gli elementi di base del mio mestiere e diventerò nella migliore delle ipotesi schiavo di una macchina su cui non ho alcun tipo di controllo. È un investimento che paga? Dipende, ma è qualcosa su cui riflettere, anche e soprattutto nel momento in cui si vuole vendere l'uso dell'IA come "innovazione", quando al massimo è "innovazione" per quelle pochissime entità che hanno le risorse per sviluppare questo genere di roba (e ovviamente avere un computer abbastanza grosso è un dettaglio).
Spero di aver saputo passare il messaggio e di non aver lasciato troppi strafalcioni, grazie.
Mi sembra che tutto quello che dica AC sia tutto corretto. Riguardo al problema dei LLM che memorizzano dati, è evidente da quello che ho detto sopra (interpolazione e overfitting). Esistono metodi per risolvere questi problemi (provate a cercare "differential privacy"), ma visto che non è il mio ambito, non mi addentro nel discorso.
EliminaIn effetti, non ho mai provato ad andare contro quello che dice Bagnai, volevo solo chiarire cosa intendiamo noi ricercatori quando parliamo di intelligenza artificiale, con l'obbiettivo di lasciare una opinione più positiva dell'ambito, al netto della propaganda, e di dare a chi è interessato un vocabolario scientificamente corretto.
Tengo a precisare che non c’è nulla di male nell’esprimere un avviso contrario al mio (realmente o apparentemente). Non sono però riuscito a capire perché quella cosa che qui chiamiamo “intelligenza” non sia stata in grado di impostare il sillogismo che ho esemplificato qua sopra, e credo che la Tafani qualcosa da dire in merito lo avrebbe.
EliminaOra rispondo direttamente alle osservazioni di Bagnai.
Elimina1) "[...] ma è anche molto complessa da affrontare perché già sul piano lessicale si presta all’utilizzo di value-loaded terms Che in assenza di una previa definizione condivisa, rischiano di farci avvitare in un dibattito meramente nominalistico o in un dialogo tra sordi[...]"
Assolutamente vero, e come al solito gli "operatori informativi" non aiutano, confondendo AI con AGI. Solo che stavolta nemmeno certi premi nobel per la fisica (2024) aiutano. Come ho già detto sopra, noi definiamo intelligenza artificiale un agente che agisce in maniera razionale, nel limite del possibile. E definiamo come razionale la massimizzazione di una funzione obbiettivo.
2) "Ora: ti rendi conto anche tu che ridurre l’intelligenza a un problema di ottimo (quindi di massimizzazione o minimizzazione) è piuttosto semplicistico."
Assolutamente vero, ma è anche l'unica maniera formale (ad oggi) di definire l'intelligenza ed è anche l'unico modo di ottenere progressi misurabili e pratici.
Infatti, tutto il progresso moderno dell'apprendimento automatico si basa sul concetto di ottimizzazione.
L'algoritmo fondamentale, la "backpropagation" (del nostro Nobel) può essere trovato qui: https://www.nature.com/articles/323533a0 e non è altro che un algoritmo efficiente per calcolare la derivata di una funzione composta (ovvero, di una rete neurale, che è esattamente una funzione composta). Non sorprende che uno dei paper più importanti e citati sia Adam, https://arxiv.org/abs/1412.6980,
che non è altro che un ottimizzatore di funzioni nonlineari, che funziona molto bene per le reti neurali (ma non solo).
in generale, non facciamo altro che ottimizzare una funzione obbiettivo con un gradiente. Questo è vero anche per i LLM, che però hanno un addestramento a più fasi, come ho descritto sopra. In genere la principale differenza è l'architettura, che deve essere adatta a gestire sequenze. Nello specifico si usano transformers https://arxiv.org/abs/1706.03762
. Possono sembrare molto complicati, ma non sono altro che moltiplicazioni di matrici. Esistono altre architetture (e.g. xlstm https://arxiv.org/abs/2405.04517 ) ma tutte si basano sul concetto di rete neurale e massimizzare una funzione obbiettivo.
Quindi sì, è molto limitato, ma è anche ben formalizzato e preciso l'uso del termine "intelligenza artificiale" e "razionale". Chiunque sborda in concetti come AGI o intelligenza artificiale forte, esce dall'ambito scientifico (e vi vuole confondere o fregare).
3) "Ragionare poi in termini di teoria dei giochi può avere un senso, ma ci rinvia a chi abbia definito, e come l’abbia definita, la matrice dei payoff."
EliminaÈ esattamente la stessa cosa. La teoria dei giochi è (anche) una branca importante dell'IA, nello specifico, considera il caso in cui ci siano più agenti. Sì, un agente è "intelligente" se massimizza un payoff. Ovviamente, Il risultato ha senso dal punto di vista umano solo se i payoff hanno senso. Per questo parliamo di intelligenza artificiale, e non umana.
4) "quello che stiamo cercando di far capire è che avere sofisticate regole per stabilire quale parola è più probabile segua ad un’altra non è esattamente come comprendere un problema e fornire la risposta più corretta e significativa."
Assolutamente d'accordo. Non sono neanche tanto sofisticate, semplicemente moltiplicazioni di matrici e poco più.
5) riguardo al sillogismo:
EliminaUn LLM non ha rappresentazione simbolica esplicita, ne una architettura in grado di compiere ragionamenti espliciti, ed è per questo che spesso fallisce nei task logici, come i problemi di matematica, soprattutto se non già visti. Vedasi questo benchmark arxiv.org/pdf/2503.21934
In generale, esistono altri tipi di agenti (i cosiddetti agenti esperti) che sono in grado di fare deduzioni logiche corrette. Il problema è, come ha ben identificato lei, quello di identificare le premesse logiche rilevanti. Potenzialmente i due approcci possono essere combinati.
Visto che il dubbio proncipale è: ma se è "intelligente" perchè non riesce a produrre il sillogismo sopra?
La risposta è complessa e semplice allo stesso tempo.
1. perchè è un approccio probabilistico e non logico
2. perchè la struttura della rete (si veda sopra paper transformer) impedisce di rapppresentare simboli logici propriamente detti, ma solo di prendere decisioni contedtuali usando un meccanismo di "attenzione".
3. perchè la funzione obbiettivo è quella di dare una risposta statisticamente probabile, non di generare un algoritmo di reasoning. Anche dandogli esempi di ragionamento durante l'addestramento, quello che può fare è interpolare in uno spazio degli stati ad altissima dimensionalità e produrre un valore intermedio, assolutamente in maniera equivalente a una retta in una regressione lineare.
4. perchè comunque la logica del prim'ordine non è decidibile, quindi non esiste un algoritmo in grado di rispondere correttamente su verità e falsità di una proposizione logica arbitraria, quindi è anche impossibile approssimarlo con una rete neurale.
5. per bias nei dati e nel feedback umano. Se addestri solo sui libri di Marx, ovviamente avrai un AI comunista, così come se l'allineamento è fatto da un certo economista senza laurea, i risultati che vengono fuori possono essere insensati.
Io sono molto fiducioso che progrediremo molto velocemente, anche se credo che l'ideologia dei difensori delle reti neurali (come Hinton) ci stia un pochino frenando: queste persone sono ossessionate dal fatto che l'intelligenza umana sia solo computazione, e che quindi tutto possa risolversi con modelli black box e dati. Secondo me è questa una delle ragioni della vostra (inteso come community) avversione verso l'IA.
Aggiungo mezzo centesimo ai 2ct di "AC": il mio percorso lavorativo aziendale si colloca, nonostante sia durato circa un quarto di secolo, nel settore ICT pre-AI.
EliminaLe mie conoscenze dell'AI sono solo conseguenza di corsi che seguo da quando insegno Matematica in Istituti Tecnici con indirizzo informatico, per cui sono un dilettante in questo settore.
Tuttavia lo scenario che si sta delineando mi sembra abbastanza chiaro: le aziende (cioè i loro CFO), alla continua ricerca di soluzioni per ridurre i costi, opteranno per l'AI perché le "note" società di consulenza produrranndo carrettate di slide per dimostrare i vantaggi competitivi, l''incremento del ROE, la "customer satisfaction" e tutti gli annessi e connessi derivanti dai portenti dell'AI.
A questo punto i poveri dipendenti dei settori tecnici, se vorranno continuare a portare a casa lo stipendio, cercheranno di continuare a far funzionare le cose *nonostante* l'AI: è successo in passato con altre "meraviglie" tecnologico/informatiche, succederà anche in futuro.
Cosa significherà all'atto pratico? Che l'azienda dovrà sottoscrivere contratti di connessione con i giganteschi data center che offriranno i servizi di AI (quindi in USA), mentre il personale interno diventerà "ammaestratore" di scimmie (trattandosi di LLM, sarebbe meglio dire "pappagalli stocastici") per ottenere qualcosa di fruibile da questa mostruosa infrastruttura.
In sostanza, i lavoratori ridurranno le loro competenze, fornendo al tempo stesso all'AI i dati ad essa necessari per svolgere in modo più economico le attività di base, cosicchè il cerchio si chiuderà demansionando o destinando a "nuove sfide professionali" i dipedenti del settore tecnico, ovviamente senza che vi sia reale valore aggiunto nei prodotti/servizi venduti dall'azienda
Poiché mi pare che nessuno l'abbia rilevato (probabilmente per non aver perso tempo a leggere il contenuto della conversazione tra Grok e Stefano Martinelli che lo stesso Martinelli ci ha linkato) faccio notare che nella conversazione alla quale Stefano Martinelli entusiasticamente attribuisce «una profondità di ragionamento ... inimmaginabile» è presente uno sfondone letteralmente epico. Stefano Martinelli non ha fatto nessun riferimento a un verso di Leopardi, come gli attribuisce Grok, bensì alla poesia ermetica di Ungaretti "Mattina M'illumino d'immenso". Né Grok né Stefano Martinelli si sono accorti che il riferimento non è a un verso di Leopardi, ma di Ungaretti. Anche stavolta Daniela Tafani ha ragione.
EliminaSe volete verificare il link è questo: https://x.com/i/grok/share/jNLqukfb5YN9fEYikNrZl1tWE
Grazie Stefano, ma ti confesso che alle parole “profondità di ragionamento“ riferite a un oggetto che non ragiona per costruzione io mi sono fermato. Siete tanti e non riesco a leggere tutto in modo approfondito e neanche superficiale, perché oggettivamente sarebbe bastata una lettura superficiale per farsi due risate. Quando modero i commenti, mi limito ad accertare che non siano offensivi.
Eliminami incuriosirebbe, ma è possibile che da qualche parte si trovi il grafico, una valutazione "qualitativa" del Pil reale nell'area euro tenendo conto dell'indice di produttività e della contrazione salariale, soprattutto dalle riforme Hartz in poi, così forse capirei meglio perchè la linea verde della germania scende più dolcemente della linea viola italiana fino al 2020; questo andamento non sarebbe giustificato a mio avviso solo dal risultato a tavolino Capitale-Lavoro 1 a 0 indotto dai tedeschi, ma forse mi sfugge qualcosa
RispondiEliminaScusa se te lo dico, ma dal punto di vista economico questa domanda sinceramente non ha un grande senso. L’economia è quantitativa, o non è. Per il fascismo delle opinioni, contro il quale qui abbiamo a lungo combattuto, basta un qualsiasi quotidiano che trovi in edicola o online.
Eliminachiaramente un grafico non va oltre il dato quantitativo, cercavo solo di trovare una spiegazione al crollo del Pil italiano più pronunciato rispetto agli altri, dovuto a quale fattore (da cui il virgolettato improprio di qualitativo)
EliminaSenti amico, in questo giorno di gioia e di serenità, permettimi di dirti una cosa: qui sono 14 anni che abbiamo spiegato che cosa è successo, ci abbiamo scritto due libri che sono stati due bestseller, e anche qualche articolo scientifico, per cui non posso pensare che tu non abbia capito. Posso pensare che la spiegazione che qui abbiamo dato non ti piaccia, nel qual caso hai a disposizione il blog del movimento Drin Drin. In ogni caso, sei off topic, e anche off blog, dato che qui il tema non è il declino italiano, ma quello europeo.
Eliminada buon italiano piagnone, sono abituato a cercare colpe endogene ad una situazione anomala, piuttosto che addossare il merito agli altri...Monti, la germania, la bce di Draghi, la sx, il debito pubblico, il fiscal compact etc hanno sicuramente creato i presupposti per portarci ai margini del default dal 2011, però vorrei capire quali tasti del pianoforte si sono disaccordati ed essere pronti alla prossima non auspicabile crisi economica internazionale (aka apocalisse sistemica); mio esercizio intellettuale, niente di più
EliminaNon credo sia così finto il signore in questione... Pur di difendere l'Euro ci sono persone disposte a tutto, anche negare l evidenza... Perché sarebbe troppo, vuoi mettere dover dare ragione ai cosiddetti "euroscettici" e magari venirne così definito ai prossimi banchetti pasquali...
RispondiEliminaComunque per il ripasso PIL torno con la mia "nostra" proposta di legge, ad esempio fondo cometa (lei che è esperto di fondi lo saprà) ha, da fonti web, 14 miliardi a disposizione. Mettere per legge una quota obbligatoria di investimenti in Italia.
Secondo schierarsi o quantomeno mediare nel rinnovo dei contratti nazionali, aiuterebbe a dare più soldi senza per forza passare da taglio tasse, anche se necessario.
Buona Pasqua
Post stratosferico e non per tutti. Specialmente NON per quelli il cui mestiere è scrivere per essere letti da coloro che si dilettano ad indignarsi...
RispondiEliminaSto leggendo molto un economista statunitense: Michael Hudson e la sua visione di una eccessiva presenza nelle economie "avanzate" di quello che lui denomina il settore FIRE.
RispondiEliminaDopotutto EU e EUR creano un sistema favorevole a Finanza, assicurazioni, settore immobiliare. Magari aggiungerei anche il settore di tutti i vari consulenti creati dalle normative europee: sono parecchi e creano un fardello burocratico eccessivo.
Ho dato un’occhiata: sì, in effetti è un autore che potrebbe valere la pena di leggere per chi è appassionato alla letteratura sulle “varieties of capitalism”.
Elimina"(perché la Goofyepidemiology ci insegna che non c’è niente di meglio che una bella peste nera per risolvere il problema della disoccupazione - la guerra va meno bene perché distrugge anche il capitale fisso)."
RispondiEliminaecco, mi sembra adeguato al giorno di Pasqua come augurio minimalista... almeno lasciateci la Pace, le case, i mezzi di produzione. poi, le scelte se dare credito (in tutti i sensi) o meno a Big Pharma restano al nostro libero arbitrio. grazie Professore
Cita spesso Theodor Roosevelt...
RispondiEliminaPresidente reso immortale da “Una notte al museo“.
EliminaHo letto un po' di commenti, molto interessanti, ma vorrei rifarmi all'ultimo periodo del post, circa la violenza dei fatti e le acque insidiose. Le acque sono parecchio insidiose, soprattutto perche' oltre gli scogli e le secche, esterni, vi sono i folli che con l'ascia creano falle nello scafo e qui mi sovviene un pensiero da nuotatore e da salvamento: chi sta affogando ti tira giu' con lui e devi dargli, quindi, un galleggiante a cui farlo aggrappare.
RispondiEliminaMi chiedo, fuor di metafora, quale possa essere il galleggiante a cui far aggrappare coloro che ci tirano giu', e non intendo la classe media che affoga, ma la Germania.
Grazie per l'utilissimo ripasso.
RispondiEliminaIo comunque non ho capito cosa le abbia risposto veramente Canfora, forse me lo sono perso, forse non ce l'ha voluto dire, o forse non l'ho capito. A dire il vero non ho capito nemmeno l'inciso col link al papa (forse perché sono un emigrato e non seguo, nemmeno passivamente, le "notizie"?). La risposta mi interessa, come anche da commento all'altro post.
Evidentemente doveva usare questo famoso grok 3 🤣
RispondiEliminaCredo che dovremmo arrivare almeno al Grock 10 per avere qualcosa di potabile.
Eliminahttps://www.ilsole24ore.com/art/la-profezia-gates-lavoreremo-due-giorni-settimana-grazie-all-ia-AGVzvytD
EliminaQualcuno è più ottimista, come lo fu il mortadella 🤣
L'ho capito adesso. Potente dimostrazione. Da attaccare alla parete. Grazie.
RispondiEliminaVorrei fare una domanda sicuramente per voi(e per Alberto)scontata.
RispondiEliminaAmmettiamo che in una nazione il Pil nominale cresca(e con esso l’inflazione): anche se il valore reale degli stipendi rimanesse uguale, il debito, penso, dovrebbe svalutarsi per cui, in teoria, politiche deflattive non sono solo problematiche per la crescita, ma anche perché il valore reale del debito rimarrebbe tale senza svalutarsi? Ne consegue che un’inflazione alta può essere usata come strumento per abbassare il debito, a patto che l’inflazione non porti con sé un elevato rialzo dei tassi di interesse? Se questo ragionamento fosse corretto, il fatto che l’euro tenga l’inflazione bassa implica l’impossibilità di abbassare il debito pubblico . Fatemi sapere se ho scritto correttamente
È corretto sostenere che l'inflazione alta diminuisca il peso del debito. Tra l'altro, il Prof ha menzionato in proposito anche un articolo che mostrava come il rientro dal debito della seconda guerra mondiale sia stato raggiunto mediante l'inflazione. Ora non riesco ma se lo trovo condivido il collegamento.
EliminaÈ il gioco dei rentier, claro que si. O meglio non abbassarlo tramite rendimenti reali minori di zero. Percorsi di crescita che mirino a ridurre il peso del debito pubblico lordo sono stati qua descritti e sempre riproposti, esplicitamente o implicitamente, e si riassumono in 2 modi:
Elimina-Abbandono dell Emu progressivo a partire dai paesi maggiori
-Convivenza e mantenimento dell Emu basando le regole di spesa sul saldo della bilancia dei pagamenti, surplus= aumento spesa, deficit= riduzione/stabilizzazione. Riequilibrio che passa per net export a seguito di modificazioni nei differenziali di inflazione e quindi di competitività da costo, che poi attraverso ulteriori meccanismi riducono la produttività nel paese che esporta meno e tendono ad aumentarla nel paese che esporta di più. Idealmente questi effetti reciproci e asimmetrici (simmetrici |) tendono alla convergenza dei fondamentali macroeconomici.
Se il professore potesse esplicitare tutto ciò che entra nel concetto di competitività sarebbe fantastico perché, per quanto credo di aver inquadrato il tema nel suo complesso, credo mi manchino alcuni dettagli e meccanismi che possano rendere più limpido il quadro.
Wendellgee985, non trovo l’articolo che citi. Semmai lo trovassi, potresti di questo passarmi il link? Grazie a tutti quelli che hanno risposto al mio quesito!
EliminaTHE LIQUIDATION OF GOVERNMENT DEBT
EliminaCarmen M. Reinhart M. Belen Sbrancia
Trovi il collegamento su questo articolo
https://goofynomics.blogspot.com/2018/04/maastricht-e-laritmetica-del-debito.html?m=1
Grazie wendellgee985, ho letto i due articoli di bagnai sul debito e dopo mi leggo anche il testo da te consigliatomi
EliminaIl PPP e' un ottimo indicatore, ma credo andrebbe normalizzato, ad esempio considerando l'aspettativa di vita. Altrimenti, paesi come l’India risultano in cima alle classifiche pur con livelli di benessere ancora modesti.
RispondiEliminahttps://www.hdblog.it/business/articoli/n616757/azienda-software-gestita-agenti-disastro/
RispondiEliminaLo metto qui per chi in futuro vorrà farsi due risate 🤣