lunedì 21 aprile 2025

I negazionisti del declino

Il post in cui estendevo all'Eurozona il grafico proposto da Milanovic (e nel 2015 da noi) sul declino dell'Italia (qui) ha scatenato una serie di troll di qualità scadente, peggiorata dal ricorso all'AI, come abbiamo visto qui.

Evidentemente, e comprensibilmente, il fatto che l'Eurozona sia un gioco a somma negativa, cioè il fatto che il danno inflitto al nostro e ad altri Paesi della "periferia" non sia compensato nella media della zona dai vantaggi conseguiti da altri Paesi del "centro", dà fastidio, perché smentisce frontalmente la retorica dell'unirsi per affrontare le sfide della globalizzazione (nel nostro lessico famigliare, la retorica dell'"oggi c'è la Ciiiiiiinah!11!", ma sono pochi a ricordare chi e quando pronunciò questa frase...), la retorica della locomotiva tedesca, ecc.

Per quanto possa capire questo fastidio, i tentativi di negare, anzi: di negazionare il declino dell'Eurozona sono destinati a fallire miseramente nel ridicolo (soprattutto, ma non necessariamente, se chi li perpetra è già ridicolo di suo). Infatti, da un lato l'arretramento relativo dell'Eurozona è ormai un "fatto stilizzato", cioè una tendenza espressa dai dati che si prende per assodata e incontrovertibile, quand'anche vi possa essere un dibattito teorico sulle cause che l'hanno determinata. Dall'altro, prima che questo simpatico esperimento sociale iniziasse, i più autorevoli economisti mondiali avevano prefigurato come sarebbe andato a finire. Devo a Marino Badiale il suggerimento di raccogliere in questo post i pronostici più autorevoli (tutti infausti, ovviamente). A Marino era chiaro che, data la particolare succubanza dei piddini al principio di autorità, a quell'ipse dixit che li dispensa dalla fatica - non a tutti accessibile - di pensare con la propria testa, un post simile avrebbe potuto essere utile. Mi piace riportarvi qui le parole di uno dei tanti economisti preveggenti, Krugman, secondo cui: "Il pericolo immediato ed evidente è che l’Europa diventi giapponese: che scivoli inesorabilmente nella deflazione, e che quando i banchieri centrali alla fine decideranno di allentare la tensione sarà troppo tardi" (sono parole di ventisette anni fa, le trovate ancora oggi sul sito del MIT).

Questa idea di un'Europa "giapponese" (in realtà, un po' peggio, ma non insisto ora su questo punto) si traduce, nel linguaggio giornalistico, in un ricorso sempre più frequente all'espressione "decennio perduto", che nella letteratura economica fino a una ventina di anni fa era associato, appunto, al Giappone.

Per quanto attiene a quest'ultimo, la locuzione lost decade credo sia stata lanciata da Hayashi e Prescott nel 2002, in un articolo che ha avuto (solo!) 1391 citazioni (qui una delle ultime), dando vita a una letteratura piuttosto cospicua (Scholar indica 24.500 lavori), dove i temi più discussi erano naturalmente la produttività (come ti sbagli?), o il più esoterico quesito se l'economia giapponese si trovasse o meno in una liquidity trap (spiegata - male - qui). Ma insomma, fra chi attribuisce la stagnazione a una LM orizzontale (trappola della liquidità), chi a una IS verticale, chi alla produttivitah (da Hayashi e Prescott in giù), c'è anche chi di questo decennio perduto dà la spiegazione che mi avete spesso sentito dare, riconoscendo l'importanza dei fattori internazionali e monetari, come Hamada e Okada:

Ora, non mi interessa qui dirimere in mezzo post quello su cui decine di colleghi stanno ancora dibattendo, ognuno col suo pezzettino di verità, anche se, col vostro permesso, conservo una preferenza umanamente scusabile per chi vede le cose come le vedo io. Semplicemente, evidenzio che a nessuno salta in mente di dire che gli anni '90 non siano stati un decennio perduto per il Giappone!

Nel caso dell'Unione Europea lo spettro del "decennio perduto" ha cominciato a ossessionare la letteratura scientifica una dozzina di anni fa grazie a Wright (2013) (per quel che mi risulta), seguito da Eichengreen et al. (2014). Alle sagge parole di Krugman, il primo a parlare di una giapponesizzazione dell'Europa, nessuno pensava più, a dire il vero, e il tono di questi articoli era esortativo: l'Europa può, o dovrebbe, ancora evitare il suo decennio perduto, si diceva (ovviamente evitando di menzionare l'euro, per non farsi incenerire dai referee). Fatto sta che oggi il decennio perduto, o, se volete, il declino dell'Europa (e in particolare dell'Eurozona, anche se, va detto, i due concetti sono largamente coincidenti, atteso che l'Eurozona a 20 esprime circa l'84,4% del Pil dell'Unione Europea a 27) è un dato di fatto ampiamente riconosciuto anche dalla stampa più mainstream. Al netto di alcuni buffi tentativi di farla più complicata di quello che è, come l'articolo di questa simpatica reporter secondo cui farebbe differenza calcolare la crescita a prezzi costanti in dollari o in valuta nazionale (la risposta ovviamente è no per i motivi spiegati nel post precedente, e fa un po' sorridere che un giornale così prestigioso cada in errori simili: forse siamo stati troppo severi col povero troll), il fatto che:


la crescita economica sia stata più lenta nell'Eurozona che negli Stati Uniti o in Giappone nessuno lo contesta (l'articolo da cui è tratto il grafico è questo), se pure si può supporre che nel caso in specie giochi un certo ruolo un intento agiografico:


ma insomma, pochi mesi dopo apprendevamo che anche il Fmi ormai è preoccupato:


e se si preoccupano loro qualsiasi gesto apotropaico sarà scusabile. Del resto, una banale ricerca di "Europe lost decade" vi confermerà che dubbi in merito possono venire solo a persone molto distanti dai temi del dibattito economico. Per sicurezza, comunque, mi sono rifatto il grafico coi dati del WDI, ottenendo lo stesso profilo:


Non stupisce quindi che chi cerca di negare questa evidenza condivisa debba necessariamente arrampicarsi sugli specchi facendo la figura dello sprovveduto. 

Già da questo (cioè dal fatto che sia patrimonio comune della professione, nella sua dimensione specialistica e pubblicistica, il fatto che l'Unione Europea abbia perso un decennio di crescita) si capisce che per un economista incontrare un tizio che cerchi di argomentare il contrario fa lo stesso effetto di trovarsi a cena in un'ambasciata e vedere che il commensale di fronte si sta scaccolando le orecchie con la forchetta: se non l'ultima, è la penultima cosa che ti aspetteresti di vedere in un contesto simile! Ma la cloaca nera di Twitter ci ha insegnato che è possibile andare oltre.

E allora andiamoci. Prendo ad esempio un commento di Valerio Santoro su questo blog:

Valerio Santoro ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Ancora sul declino":

Se si ripete l'esercizio anche con Regno Unito e Stati Uniti, si otterranno parabole simili. Evidentemente, non può essere l'euro la principale causa di tale fenomeno.

Pubblicato da Valerio Santoro su Goofynomics il giorno 21 apr 2025, 09:53

Sicuro?


A me veramente sembra che non siano parabole e non siano simili: gli Stati Uniti tengono botta fino all'inizio della crisi dei subprime, e d'altra parte l'espansione della Cina, cui implicitamente la maggior parte dei negazionisti cerca di dare la colpa, inizia prima ed è un processo privo di sostanziali discontinuità: non c'è un'accelerazione visibile nel 2001. Un declino dal 2001 ce l'abbiamo solo noi.

Questo, veramente, l'avevo anche fatto notare nel post:

ma chi sono io per chiedervi di astenervi dalla porca rogna di dire la vostra prima di avere non dico capito, ma almeno letto la mia, o almeno quella del Financial Times?

Comunque, già che ci siamo, vi faccio vedere un paio di semplici elaborazioni descrittive basate sull'ultimo grafico. Se immaginiamo che nei prossimi anni il tasso medio di crescita sia quello registrato fra 2000 e 2023, cioè questo:


l'evoluzione delle quote del Pil ci porterebbe nel 2038 ad una quota di Pil mondiale a una cifra:


In realtà non credo che le cose andranno esattamente così, per i motivi che vi spiegai a suo tempo qui. L'idea che la Cina possa crescere per sempre fra l'8% e il 10% è semplicemente non compatibile con quanto sappiamo dell'economia. Lo si capisce meglio se si estende il grafico al 2069 (quando avrò 107 anni):

Ora, è vero che di cose che mai mi sarei aspettato di vedere quando studiavo macroeconomia ne ho viste parecchie: una è questa


Ma è pur vero che una simile esplosione della quota del Pil cinese su quello mondiale non la vedrà nessuno (nemmeno io, che mi sto attrezzando per campare fino a 107 anni), perché, come capite bene, prima di arrivarci necessariamente scoppierebbe un conflitto.

Naturalmente l'esperienza storica, come vi spiegavo commentando il referaggio fatto al mio articolo sulla Cina, presa sic et simpliciter non è di per sé un buon indicatore delle performance future. Il Fmi prevede per i prossimi anni un tasso di crescita dell'economia cinese attorno al 4%, per l'Eurozona all'1.2%, confermando per gli Usa il 2.2%, e già questo, ipotizzando la costanza nel tempo di questi tassi, cambierebbe molto il quadro, rendendolo meno palesemente assurdo:


(noi andremmo a una cifra nel 2047).

Al netto di questo divertissement statistico, resta il fatto che, avendo di fronte a noi un contesto così solcato da profonde tensioni, ci siamo dati delle istituzioni che non ci aiutano a tener botta, e che il nostro declino, sul quale sarebbe urgente interrogarsi, e che viene apertamente discusso sia dalla letteratura scientifica che dalla pubblicistica più autorevole, qui viene ancora negato perché disturba un certo tipo di racconto.

Disse il merlo al tordo...

43 commenti:

  1. Mio zio mi spiegò come si catturano vive le scimmie: si mette una cassa con dentro frutta e dei fori nei quali entra la mano della scimmia; questa infila la mano, afferra la banana e prova a farla uscire: la mano con la banana non esce e l'omino va tranquillamente a prendere la scimmia che vorrebbe fuggire, ma non vuole neanche lasciare l'euro. Eppure basterebbe aprire la mano, lasciarlo andare e scappare.

    RispondiElimina
  2. …sentirai er botto se non sei sordo. Mi auguro di non dover aspettare altri dieci anni prima che si discuta da adulti delle cause di questo declino (o peggio ancora i 107 anni del Presidente e altri 45 Goofy a Montesilvano)!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo è un tema che Claudio pose con forza alcuni anni fa, e non senza ragione. Va anche detto che viste alla luce di quello che abbiamo imparato dopo, quelle parole conservano tutta la loro forza retorica, ma vanno viste attraverso le lenti della realtà effettuale. Può piacere o meno, ma la nostra idea di soluzione del problema, per quanto avvalorata dalla scienza economica, nel contesto attuale, che è eversivo, viene considerata eversiva. Questo è il primo motivo per cui da istituzioni assuefatte a fatti eversivi come la pretesa superiorità del diritto comunitario non ci possiamo aspettare un atteggiamento di neutralità rispetto alla nostra proposta politica.

      Elimina
    2. Questa è un’amara verità. A mio avviso, passi in avanti sono stati fatti. Come disse qualcuno di passaggio, si sta sempre più andando dalla tradizionale separazione destra/sinistra (ormai anacronistica) alla definizione di due schieramenti: favorevoli e contrari alla sovrastruttura UE (con immancabili gatekeeper). E non è poco. Mi sembra si stia anche tornando a parlare apertamente di moneta, sulla scia surplus/dazi. Ma il fatto che anche LVI confessi apertamente i danni fatti può essere interpretato come una sfacciata sicurezza che, nonostante tutto, non si tornerà indietro (almeno fino allo schianto totale). C’è un leader politico, un responsabile economico ed un ministro dell’economia (che non sarebbe male avere al Goofy) che sanno come stanno le cose (esempio di fare qualcosa e che votare serve). Di strada ne è stata fatta e si continua a #combattere.

      Elimina
    3. Qualche giorno fa è venuto a trovarmi un amico dalle idee chiare, che ha una visione piuttosto preoccupata del quadro attuale e rifletteva sulla necessità di ragionare per scenari coinvolgendo i leader politici a noi vicini. Gli ho ricordato il periodo degli anni 2010-2012, quelli del piano B che secondo Savona ci sarebbe dovuto essere, e secondo Monti c’era, quando già ci era capitato di riunirci per riflettere su quali fossero gli scenari che si aprivano e su quale stress avrebbe potuto subire il paese. Vedevo molte analogie fra la situazione dell’epoca (a quell’epoca ancora non lo conoscevo) e quella attuale, e una differenza: ora come allora contiamo (e contavamo) poco, ma ora, a differenza di allora, e anche trascurando i nostri ruoli istituzionali, di natura legislativa o consultiva, non esecutiva, siamo tutti a un tiro di telefono dalle cariche più importanti dello Stato, che naturalmente non è detto ci ascolterebbero, ma che hanno avuto motivo di apprezzare il nostro intuito e la nostra riservatezza. Qualche progresso quindi è stato fatto. Non possiamo neanche escludere che, con il passare del tempo e con il consolidarsi delle nostre posizioni, se sia in condizioni di poter influire in modo ancora più determinante sul corso degli eventi. Ma occorre, appunto, continuare…

      Elimina
    4. Ar "CavajereNero"
      l' inevitabile " botto" sarà "mondiale" per cui ho già smesso da un po' di augurarmelo perché "aver ragione da "morti" non sarà nemmeno una "consolazione".
      @ Bagnai:
      Si , "qualche passo" è stato fatto e "alla lunga " ect ect...
      Ma io temo che il punto di non ritorno sia stato varcato quando LVI sigillò l' infezione con una colata di cemento.

      Elimina
    5. Non voglio essere pessimista ma quello che vale per la psicologia vale anche per la politica : così come non basta che un malato mentale sappia di soffrire di una psicopatologia perché ne guarisca, allo stesso modo, se diffondere consapevolezza sul problema dell’euro è importante, uscirne, a mio parere, richiederà un insieme di condizioni favorevoli che non sono sotto il controllo di nessuno. Quindi io non mi faccio troppe illusioni e penso che ci vorrà ancora molto tempo. Ma la storia è imprevedibile : quando cadde l’URSS, gli americani, nonostante le dichiarazioni, non l’avevano minimamente previsto

      Elimina
    6. @passavo diqui: non mi auguro nessun “botto”, ma non mi sento di escluderlo dal ventaglio dei possibili scenari (che poi, in termini di pil mondiale, continuando su tale sentiero, risulterà in una piccola implosione). Al riguardo, bisognerebbe anche valutare quanto ancora gli USA tengano al progetto UE.

      Elimina
  3. L'ultimo grafico è estremamente interessante.

    Partendo dall'assunto che in geopolitica le dimensioni contano, si potrebbe argomentare che l'auto inflitto declino europeo lascia spazio al "grande ringiovanimento della nazione cinese".

    Se la quota europea del PIL si stabilizzasse la supremazia cinese sarebbe meno probabile. Se poi l'Europa, con politiche keynesiane flessibili, esprimesse meglio il suo potenziale allora il "blocco atlantico" tanto caro agli euristi sarebbe - in prospettiva - messo tutto sommato bene. Ceteris paribuis (il che è tanta roba ovviamente) la somma delle lunghezze verde e blu sarebbe ancora maggiore di quella rosso-sepia nel 2068.

    Detto altrimenti, nell'arena della rivalità globale gli alleati sono utili quando sono (non troppo) forti. Altrimenti l'alleanza diventa controproducente poiché l'alleato diventa una zavorra. Una zavorra tanto più fastidiosa e dannosa quanto scioccamente ambizioso è l'alleatuncolo. L'istintivo "pay your share, parasites!" del nostro amico Ciamp [ https://goofynomics.blogspot.com/2024/11/ciamp.html ] ha perfettamente senso in quest'ottica.

    Il periodo postbellico iniziato a Yalta non è ancora terminato; i perdenti non hanno ancora finito di perdere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Siamo sempre lì, è difficile capire quanto ci vogliano forti gli Usa e se si rendono conto (no) di quanto l'Unione monetaria rappresenti un handicap. Peraltro, non ho idea se ci siano (ma qualcuno le avrà pur fatte) delle simulazioni un po' più serie su questa evoluzione del Pil mondiale.

      Elimina
    2. In questo caso accolgo in pieno il tuo invito a non sottovalutare la stupidità/superficialità. Dubito che siano stati fatti ragionamenti di questo tipo dai neocon, dai woke, o dai maga.
      L'impressione è che il sistema USA vada avanti a schemi fissi (a qualcuno piace lo schema A, a qualcun altro lo schema B ...) senza una vera strategia geopolitica, salvo il multilateralismo istituzionale ora agionizzate. Ogni presidente cerca di imporre la sua "dottrina" mentre negozia internamente con molteplici lobby, centri di potere, clan, famiglie, etnie... . Le teste d'uovo USA lamentano da tempo l'assenza di una grand strategy univoca ed al passo con i tempi [ https://www.iar-gwu.org/print-archive/c5ee5i5hmu2a01p91e0jbr24e03t3n ] mentre l'ideologo del "nuovo" PCC Wang Hunin ha scritto "America contro America" [ https://www.iar-gwu.org/print-archive/c5ee5i5hmu2a01p91e0jbr24e03t3n ] .

      Elimina
  4. Oltre che essere oramai un dato assodato in letteratura quello del declino dell'UE/Eurozona, anche chi riveste o ha rivestito ruoli di primo ordine in istituzioni comunitarie lo evidenzia apertamente questo pattern. Lo stesso report di UVA parte da questa evidenza empirica acclarata.
    Qui https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/annex/ecb.sp240216_annex.en.pdf per esempio, in un discorso di poco più di un anno fa di un membro del board esecutivo della BCE, la prima slide mostra come la produttività del lavoro dell'eurozona rispetto a quella USA (quindi non c'entra la crescita della Cina in questo dato) recuperi terreno fino alla fine degli anni '90 per poi perdere progressivamente quota (qui considerano solo Italia, Germania, Francia e Spagna per sintetizzare l'EMU, ma poco cambierebbe se si includessero tutti i Paesi euro).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È impressionante come il crollo della produttività si situi sempre nel periodo fra il 1997 e il 2001 (a seconda delle misure scelte). In queste slides è molto marcato. Poi naturalmente c’è la supercazzola su “er treno d’a a rivoluzzione diggitale”, ma il quadro è sufficientemente chiaro.

      Elimina
    2. questo legame tra crollo della produttività e mercato europeo comune non è un tema facile da comprendere nè tantomeno da assimilare. E' anche vero che in quegli anni tutti i grandi brand occidentali si muovevano continuamente in direzione cina, seguendo un fenomeno "migratorio" che era iniziato circa un lustro prima

      Elimina
  5. Ricordando che quest'anno i 2007 compiono 18 anni, siamo quasi più vicini alla generazione perduta che al decennio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh sì! E non sono così sicuro che gli interessati non se ne rendano conto.

      Elimina
    2. Purtroppo, ce ne rendiamo conto eccome...

      Elimina
  6. Se una persona, assolutamente ignara di tutto ciò che è successo recentemente, vedesse le variazioni del Pil europeo negli ultimi 20 anni, potrebbe pensare che il rallentamento sia preoccupante, ma non riconoscerebbe immediatamente il dramma che stiamo vivendo, poiché il problema del Pil dell’Unione è che, non mostrando le asimmetrie regionali, non tiene conto del drammatico fatto che molte nazioni europee siano cresciute meno del vecchio continente, già stagnante di suo. Se la crescita europea fosse stata lenta ma più simmetrica, il quadro sarebbe stato politicamente più sostenibile: invece non solo cresciamo poco, ma pure in maniera asimmetrica. Molti giornali fanno proprio questo:mostrano il Pil UE per dare un quadro meno fosco dei dati. Un’operazione che mi infastidisce molto, poiché non mostra quanto drammatica sia la situazione in certi angoli, non troppo remoti, dell’Unione

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il quadro ci dice che "i padroni" hanno vinto "la lotta di classe" in tutta l' €uropa e la favoletta "Pigs" serviva solo ad ottenere la stupida complicità dei segmenti più forti della "classe " sconfitta col solito "beggar thy neighbour".
      E ha funzionato , cavolo se ha funzionato! Solo che adesso nessuno tra i "vincitori" sa più come raccogliere i cocci.

      Elimina
    2. Esattamente, passavo di qui. A dirla tutta, la favoletta dei pigs è anche contraddittoria: per anni ci hanno sfracassato la minchia (scusami bagnai se uso questo termine sul tuo blog!) dicendo che le destre sono razziste, mentre loro usavano categorie intrinsecamente razziste, poiché definire dei paesi “maiali” è razzista!

      Elimina
  7. Una domanda / ipotesi :
    poichè C + I + G + (X-M) = Y ma anche Y= (V*MM) da cui C + I + G + (X-M) - (V*MM) = 0
    domanda : forse l'unione europea con la sua struttura impone un abbassamento della velocità di circolazione della moneta a parità di MM (so che la massa monetaria è un argomento "sfuggente" ) ?
    ipotesi:
    la MM e la V dipendono in parte dalle normative di varia provenienza , si potrebbe ipotizzare che una normativa "one size fit all" comporti un attrito alla "V" per cui l'abbassamento V possa essere considerata una misura dell'effetto negativo di appartenere all'eurozona ?

    RispondiElimina
  8. Grok confermerebbe l'ipotesi :
    https://x.com/i/grok/share/XIeycGOoAsbGF63v7ficWkUbs
    e anche USA :
    https://x.com/i/grok/share/QoF3MDVeioORVzuSnjgl7SkiW
    e raffronto % :
    https://x.com/i/grok/share/p54xpZlmowSA6xb0JsgstS6ZP
    Cosa da notare: gli USA vanno su e giù velocemente , EU si muove alla moviola .
    Ovviamente è una tautologia in quanto i dati sono gli stessi , però consente di mostrare il fenomeno senza ricorso a elaborazioni complesse di normalizzazione in quanto è un puro numero .

    RispondiElimina
  9. Ho un paio di domande:

    1) Considerando esclusivamente paesi paragonabili, quindi quelli avanzati, è possibile che siano gli USA ad essere un'eccezione (in positivo)? In termini di crescita del PIL e quota sul PIL mondiale, il Giappone mi pare che sia andato come l'Eurozona (quindi male). E gli altri grandi paesi avanzati paragonabili? il Regno Unito? Il Canada? Sono cresciuti più dell'Eurozona negli ultimi decenni?

    2) A proposito del Giappone: se ipotizziamo che la parziale "camicia di forza" monetaria imposta a partire dagli accordi del Plaza sia quanto meno concausa della mancata crescita nei decenni successivi, quali azioni avrebbero a disposizione i giapponesi per cercare di riprendere a crescere? Le politiche espansive da Abe in poi hanno funzionato? (Dai grafici non sembrerebbe, ma magari senza tali politiche le cose probabilmente sarebbero andate molto peggio). Cosa potrebbero o dovrebbero fare di diverso i giapponesi, che hanno molte delle stesse criticità che ha l'Italia ma ancora conservano la sovranità monetaria?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché definisci gli USA una eccezione in positivo se ti ho fatto vedere che anche nel loro caso c’è stata una flessione, accentuata dopo la crisi dei subprime? Non ci sarebbe nulla di strano se la potenza egemone avesse uno status eccezionale, ma il punto è quello che abbiamo sempre evidenziato: l’eurozona è il buco nero della domanda mondiale e nonostante la loro grande massa in tutta evidenza, anche gli Stati Uniti ne hanno un po’ risentito. Sul secondo punto, sinceramente non so risponderti. Ovviamente si pone qui, come in tanti altri casi, il problema di definire correttamente un controfattuale. Sono sicuro che cercando in giro si troverebbero studi che si sono posti la domanda che tu ti poni.

      Elimina
  10. sbaglierò nell'interpretazione del primo grafico, da cui poi avere una chiave di lettura a cascata degli altri, ma a me pare che la UE abbia consentito agli US di tenere botta strumentalmente nei confronti della Cina, mentre la Cina nel WTO è servita strumentalmente per contrastare il recupero del giappone dopo il decennio perduto. Per questo penso che il PIl della UE non scenderà mai sotto al 10%, almeno fino a quando l'euro sarà uno strumento utile nelle mani dei player globalisti. Probabilmente potrà scendere ad una cifra se e quando la "guerra commerciale" con la cina sarà vinta. Russia e Ucraina sono determinanti in questo disegno geopolitico, così come la Germania. Be conscious, be prepared

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È più o meno quello che dice Charlie Brown, ma sinceramente preferisco come lo dice lui. L’idea che ha Washington ci sia qualcosa di simile alla consolle di uno studio di registrazione dove l’America con un trimmer decide a che quota del Pil mondiale regolare il Pil europeo mi sembra un po’ grottesca e fuorviante. Ci sono troppe distinzioni da aggiungere a questo quadro stilizzato: quella fra tattica e strategia, quella fra intenzioni e risultati, quella fra previsioni e andamenti storici, ecc.

      Elimina
    2. l'idea di per sè è ancora peggio, sembra il delirio di un folle, ma le evidenze e le contraddizioni, portate alla luce anche da questo blog, rendono verosimile una simile regia da remoto. Non è questo il luogo virtuale per discutere del sesso degli angeli, voglio solo dare una chiave di lettura meno consequenziale come opzione per possibili azioni/correzioni future. Da ingegnere ragiono secondo strutture ad albero in un ambiente circoscritto da schemi di problem solving

      Elimina
    3. Confessione superflua: lo avevamo capito.

      Elimina
    4. immagino, capisco il nesso (banalizzo) moneta forte>minor produzione, da cui posso solo dedurre che il crollo della produttività è stato in qualche modo pilotato scientemente agendo (anche) sui fattori produttivi e sull'organizzazione della produzione (e adducendo la moneta comune come pretesto)

      Elimina
    5. Avevamo capito che sei un ingegnere.

      Elimina
    6. anche virtuoso batterista però..insomma un casinista :)

      Elimina
    7. Alberto non ti ha fatto un complimento (per usare un eufemismo). Cercati i post sugli ingegneri (chissà se c'è un tag apposito).

      Saluti
      (Da un ingegnere)

      Elimina
    8. lo so collega ma ci sono ormai abituato..sono qui per apprendere e prenderle, ma sono un capatosta (abruzzese)

      Elimina
  11. Intervengo per fatto personale.
    Excel è come l'euro e il suo algoritmo di interpolazione funziona come la BCE. E io ho messo anche la perfida Albione.
    P.S. Il grafico di Branko Milanović lo trovo molto più efficace nel descrivere i danni dell'euro, anche perché fatto con l'occhio del paraculo: i polacchi sono cresciuti inizialmente grazie agli investimenti italiani e poi grazie ai fondi ̷i̷t̷a̷l̷i̷a̷n̷i̷ europei.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sinceramente non capisco il punto.

      Vuoi negare il declino europeo? Scrivi al Financial Times.

      Vuoi negare il ruolo dell'euro? Scrivi a Draghi. Lui è del mestiere, quindi sa di aver detto che il problema è stato l'euro (altrimenti ci saremmo fatti concorrenza sui tassi di cambio e non sui salari).

      Più in generale, anche se capisco l'esigenza di ricominciare a spiegare tutto daccapo (ma cercherò di provvedere ad essa in un altro modo), non siamo nel 2011. Non provo il bisogno di esercitarmi dialetticamente per affermare delle verità che oggi sono banali.

      Elimina
    2. Trovo particolarmente perdente e patetico questo tuo fare da zitella inacidita o amante tradita “de sinistra“ che dimostra non solo di non aver capito un cazzo, ma anche, per venir qui a ripeterci a Pappagallo delle verità che ha appreso da noi, di essere totalmente Disinformata:

      https://www.batimes.com.ar/news/amp/economy/argentina-to-adopt-flexible-exchange-rate-after-lifting-controls.phtml

      Non so che cosa voglia fare realmente quel tizio, io scommetto su un suo fallimento, peraltro, perché posso ancora permettermi di pensare quello che penso, essendo di destra e non “de sinistra” come te, ma, con tutto il rispetto che meriti, ti faccio notare che che cosa voglia fare Milei preferisco farmelo dire da lui.

      Elimina
    3. Arbe', tu non sei de destra, sei de coccio. Ma che vuoi chiedere a chi? Il Quasimodo della Casa Rosada ha già compiuto il lavoro per cui è stato mandato là. E gli amici, sentitamente ringraziano. Evidentemente, sul grembiulino nero gli schizzi di sangue si mimetizzano meglio ancora che su quello rosa del PD.
      Ora, capisco che gli appuntamenti elettorali, le attività legislative e gli impegni istituzionali non permettano di informarsi su un lembo di terra lontanissimo e marginale, sia economicamente che politicamente soprattutto dopo la recente scomparsa del suo volto internazionalmente più noto. E Lombroso era un piddino. Ma era un genio incompreso e quando uno ha ragione, ha ragione: e, di Milei, Lombroso avrebbe avuto ben da dire. Quindi, a favore di telecamera diciamo che Milei è fichissimo e sottovoce diciamo che fallirà (due mesi dopo che è fallito, tra l'altro) ma vuoi mettere il voto per appartenenza. Magari - dico magari - la persone sclerano, quando vuoi coinvolgerle, oltre che per la tua personalità diversamente simpatica, anche per la coerenza che si può comprendere solo con una trasformata di Fourier. Volete aiutare un camerata? Fate uscire di prigione Alemanno, perché è assurdo che un politico stia in prigione solo perché non si allinea.

      Elimina
    4. Individuo petulante e repellente, per non passare da vile diffamatore innanzitutto mi dici dove avrei fatto l’elogio der Basetta? Poi quando trovi il passo e ce lo citi torna, che di liquame qui non ne manca.

      Elimina
  12. Tornando all'idea del MANIFESTO DI SOLIDARIETÀ EUROPEA, ipotizzando che la Germania esca dall'euro e che invece gli altri paesi ci rimangono, gli squilibri si sanerebbero?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La risposta è nei motivi per i quali l’euro è stato fatto. Se te li ricordi, non ti sarà difficile arrivarci…

      Elimina
  13. "La colpa è di Trump. Io tifo per la Cina. Sull'Ucraina siamo come alla conferenza di Monaco del 1938. Berlusconi in confronto è uno statista. Spero che lo uccidano presto". Sentito pochi minuti fa da una anziana collega di studio (legale), sedicente democratica, lettrice (?) del Corriere, sostenitrice dell'Ucraina. Ma questi non leggono nemmeno. Si fermano ai titoli. Cosa pretendiamo? Che leggano e capiscano un grafico? Che si rendano conto del pasticcio in cui ci troviamo? Ne usciremo fuori quando scoppierà la guerra civile. Ma la Francia ci è molto vicina, a leggere la cronaca degli ultimi giorni. Forse sarà sufficiente. La Storia.

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.