(...si gira per il mondo e si conosce la community di Goofynomics. Max Tuna mi è sembrato uno sufficientemente strutturato da comprendere che magari in campagna elettorale il suo commento avrebbe aspettato un po’. Quelli che “non mi pubblichiiiiii1!!1!1” finiscono inesorabilmente in spam, salvo essere talora recuperati in modalità vilipendio di cadavere quando i fatti validano la mia percezione istintiva dell’inopportunità di pubblicare - spesso a tutela del commentatore! Di queste cose - quelle di cui parla Max, non le mie prassi di gestione dei commenti - parleremo il 10 luglio a Roma…)
Max Tuna ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il capolavoro":
Alberto, ieri a Sassuolo hai detto che la Scuola è diventata, per interposta UE, preda delle lobby dell'informatica, che ingrassano sui soldi (tanti!) che vengono assegnati alle scuole, ma solo per fare cose sbagliate e dannose. Confermo, è così. Poiché l'argomento era collaterale rispetto alla pessima allocazione delle risorse finanziarie che stavi evidenziando, e anche più tardi, quando ci siamo stretti la mano a Formigine, stavi parlando di questioni economiche e sociali, lì per lì non ho aggiunto altro.
Quindi lo scrivo qui, perché rimanga a verbale, nel Dibattito. Il problema non è solo economico: il digitale a scuola fa proprio dei danni, e gravi. Chiunque insegni ha notato empiricamente che i ragazzi hanno sviluppato deficit cognitivi da abuso di tecnologia, smartphone e social network; deficit che con sommo sfregio vengono medicalizzati e attribuiti alle vittime stesse (con le inflazionate certificazioni sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento), cristallizzando i problemi. C'è anche una letteratura scientifica, su questi temi: a parte il classico Demenza Digitale di Manfred Spitzer, segnalo anche il più recente The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood Is Causing an Epidemic of Mental Illness di Jonathan Haidt. Per chi vuol farsi rapidamente un'idea della gravità della situazione, con grafici esplicativi (coerenti con quelli presentati da Giorgio Matteucci in questo post), c'è anche, dello stesso autore, questo video: smartphones vs. smart kids. Tra le proposte: niente smartphone prima delle superiori; scuole libere da smartphone; niente social media prima dei 16 anni.
Insomma, il digitale a scuola è nocivo: lo sappiamo empiricamente e gli specialisti ci hanno anche spiegato il perché e come provare a rimediare. La solfa è sempre la stessa: "Il digitale a scuola non funziona, quindi ci vuole più digitale". Il fatto è che i ministri dell'Istruzione, l'attuale ma anche tutti i suoi predecessori, sembrano in balia del loro stesso ministero, che pare avere vita propria e, a prescindere dal colore dei governi, fa dai primi anni 2000 quello che vuole l'Associazione TREELLLE (con un leggerissimo problema di democrazia: perché anche la scuola dovrebbe essere "al riparo dal processo elettorale"?). Questo sottobosco ministeriale che pensa cose completamente sbagliate e agisce anche peggio, contro le evidenze scientifiche e sperimentali, andrebbe rimosso e sostituito piano piano con gente diversa e consapevole che la strada della digitalizzazione forsennata della scuola è una strada totalmente sbagliata. O vogliamo aspettare di vedere medici intontiti dall'abuso di ninnoli digitali, magari laureati con una tesi scritta dalle presunte Intelligenze Artificiali, per accorgerci del problema?
Non mi aspetto che salvare la Scuola dal suo triste declino (e a seguire l'Università) sia un compito facile o di breve periodo. Mi aspetto però che un governo come quello attuale inizi il processo di inversione di rotta, infiltrando il ministero di personale pensante, che -- sì -- valorizzi anche le bistrattate lingue classiche, per forgiare i ragazzi a quell'attenzione al dettaglio che si va perdendo. Ma non c'è molto tempo: quando andranno in pensione coloro che sono stati formati in una Scuola che tutto sommato funzionava, si perderà persino il ricordo di come si possano fare bene le cose.
(…una breve considerazione: potrete pensare, non senza un accettabile grado di plausibilità, che siccome io sono un martello ogni problema mi sembri un chiodo, eppure credo che non solo a me, ma anche a quelli di voi dall’occhietto un po’ più vispo, potrebbe essere apparsa con evidenza la radice del problema, anche perché è sempre quella: l’offertismo. Dietro questo nefasto e pericoloso delirio campeggia tetra l’idea di una scuola che deve inseguire “er monno der lavoro” perché la disoccupazione dipende dal fatto che l’offerta di lavoro - cioè chi un lavoro lo cerca - non “meccia” la domanda - cioè chi un lavoro lo offre. Insomma, se c’è disoccupazione la colpa è del disoccupato che non sarebbe occupabile in quanto non sufficientemente awanagana (digital, sustainable, ecc.). Ora, che le cose non stiano così oggi lo dice perfino Draghi: i problemi del mercato del lavoro sono dal lato della domanda, sbriciolata dalla deflazione competitiva. Duole che si approfitti di questa situazione per sdoganare l’idea che le soluzioni vadano cercate nella direzione sbagliata per i nostri figli, ma, ovviamente, giusta per i produttori di costosi gadget tecnologici. Non è sull’offerta di lavoro che dobbiamo agire, dementizzandola, ma sulla domanda, rianimandola, e questo tutto è tranne che “luddismo”: è solo l’ennesima cosa che scritta qui dodici anni prima verrà riscoperta altrove dodici anni dopo…)
Nella mia esperienza i migliori insegnanti che ho avuto sono stati due: il primo di italiano proveniva da studi di seminario, salvo poi non prendere i voti, il secondo di matematica finanziaria: era un prete e aveva il dono dell'insegnamento per la matematica; gli studenti semplicemente lo adoravano ed egli ricambiava con lezioni magistrali. Ancora oggi ho nostalgia di quei due uomini. Anni fa' incontrai il suo blog ( era al suo primo post, quello del novembre 2011) e capii subito di avere incontrato, seppur virtualmente un terzo maestro. Grazie.
RispondiEliminaPer esperienza didattica confermo: ho visto piano piano, nel corso degli anni, declinare sempre più rapidamente il livello medio degli studenti che arrivavano in università, specie nei primi due anni di corso. Non è che i ragazzi di oggi non sono svegli o intelligenti (parecchi, durante le lezioni, mostrano di capire e fanno di solito interveni e/o domande corretti e sensati); semplicemente quando li esamini (io ho la fortuna di fare ancora i buoni vecchi esami orali) capisci che la loro struttura mentale non consente loro di apprendere correttamente, nel senso di categorizzare e organizzare i concetti in modo gerarchico e logico. Il problema è che, nel loro percorso scolastico, scrivono troppo poco, dunque impoverendo le loro strutture di linguaggio e, di conseguenza, di pensiero. L'elettronica e il digitale hanno giocato e stanno giocando secondo me una grande parte in questo processo. Aggiungerei, tra le possibili ragioni profonde di tutto questo "digitalismo", anche il fatto che, se certi ambienti vogliono affidare i processi decisioniali all'IA (il che dimostra quanto poco capiscano cosa è a e a cosa serve davvero l'intelligenza artificiale), tutto sommato avere menti sveglie e critiche non serve, dato che serviranno soprattutto esecutori attenti e meticolosi degli ordini dell'algoritmo. Dunque l'attacco all'intelligenza dei giovani è secondo me, oltre che un prodotto nefasto dell'offertismo, anche un processo di ingegneria sociale.
RispondiEliminaMah…
EliminaSono piuttosto d'accordo. Nella società che piace alle oligarchie, la stupidità funzionale è un valore da coltivare. Il "mainstream" non è altro che quello, la disabilità indotta al pensiero critico. In questa ansiosa ricerca del sottoposto algoritmico, l'uomo che faccia solo quello per cui è programmato, si è andati così avanti da produrre una generazione di giovani assolutamente incapaci di pensiero astratto, di manipolazione mentale dei simboli, di deduzione... così avanti da aver superato l'obiettivo... se i trentenni di oggi applicano acriticamente qualsiasi direttiva del sistema (non so, provate a parlare con un giovane medico dei "suoi" protocolli), quelli di domani avranno difficoltà a capire da che verso avvitare un bullone (e non mi provocate, perché ho le prove che non sto esagerando).
EliminaHo provato a condividere l'articolo su fasciobuc e il risultato è stato questo: "Abbiamo rimosso il tuo post. Sembra che tu abbia cercato di ottenere "Mi piace", follower, condivisioni o visualizzazioni dei video in modo fuorviante. (...) La nostra tecnologia ha rilevato che il tuo contenuto non rispetta i nostri Standard della community. Di conseguenza sono stati presi provvedimenti."
RispondiEliminaTout se tient.
Mi sembra ovvio. La loro tecnologia difende se stessa.
EliminaMa certo. In particolare immagino che i padroni del nuovo vapore non gradiscano che i genitori vedano, al minuto 17:51 e 18:34 di smartphones vs. smart kids, filmati di bambini il cui cervello è stato devastato dall'abuso di tecnologia.
Elimina(PS: Nel mio copia-incolla del commento sul blog ho fatto fuori un "però" dopo "solfa", ciò che rende il passo un po' disconnesso. Vabbè, il senso è chiaro.)
A proposito di tecnologia che difende se stessa, segnalo che Gmail si comporta in modo “anomalo” con la newsletter che ricevo da Trump: se non la leggo subito, sposta la mail nel cestino e la segna come letta…
RispondiEliminaHo una moglie che insegna Matematica e Fisica nei licei. Vedo e sento cose, ogni giorno, che difficilmente potrebbero essere credute senza un'esperienza diretta. Mi sono convinto che siamo l'ultima o le ultime due generazioni al massimo a poter invertire la rotta. Poi, più nulla, se non una sparuta minoranza di non minorati dalla scuola (e dalle famiglie). L'abuso del digitale è solo uno degli aspetti, tutti connessi, di una deriva inarrestabile, una vera valanga. Ha perfettamente ragione Max che vorrebbe che "un governo come quello attuale inizi il processo di inversione di rotta, infiltrando il ministero di personale pensante..." e che teme che "quando andranno in pensione coloro che sono stati formati in una Scuola che tutto sommato funzionava, si perderà persino il ricordo di come si possano fare bene le cose."
RispondiEliminaIeri, per puro caso, parlando con mia moglie dell'insegnante di Storia di mia figlia, totalmente incapace e psicologo di formazione (!), ho scoperto a chi il Ministero permette di insegnarla. Con queste premesse, sarete d'accordo con me, l'infiltrazione del digitale nei percorsi di istruzione è più conseguenza che causa della produzione di idioti. Non c'è più tempo, siamo gli ultimi di una specie.
Il voto dei giovani (di cui è esempio concreto quello dei fuorisede) dà piena conferma alla mia ansia. O sterziamo noi, ora, o non sterzerà più nessuno per molto tempo.
EliminaL'altro giorno ero a un incontro con il deputato Cimaglia (suo collega di partito) presso FederBrugole. Incontro che si teneva, comme par hazard, in una mesticheria storica trasformata in sala incontri della suddetta associazione di categoria.
RispondiEliminaA un certo punto, dopo aver ascoltato annuendo le analisi dell'on. Cimaglia, prende la parola il proprietario di una fabbrica-cacciavite digitale; cacciavite digitale in senso letterale, essendo il suo principale interesse l'assemblaggio e l'installazione in Italia dei prodotti soffici (i c.d. softwares) americani e tedeschi.
Prende la parola, e supera d'un balzo l'analisi di questo post.
Dice infatti che mancano gli operai per la sua bottega digitale. Non per mancanze della scuola, però, tant'è vero che i giovani italiani vanno a lavorare in California. E sì, signora mia, che li pagheremmo anche bene (risate)!
Ma egli ha già la soluzione, che non teme di esporre a un deputato della Lega.
E non è investire sulla scuola, figuriamoci, siam mica del PD.
Bisogna facilitare l'immigrazione!
Ora, è vero che avendo percepito forse dei tic nella platea (confesso di essermi irrigidito io stesso) il nostro imprenditore si è affrettato a specificare che non a indiani o altri n-parola si riferiva, ma a candidi bielorussi.
Comunque...
Io: basito (come dicono i gen Z).
È evidente che quando tutto ciò che hai è un cacciavite, ogni problema sembra una trave da chiavare nel *ulo dei tuoi lavoratori.
Fra offertismo scolastico, negrierismo, e a breve demenza artificiale, il buffet di minchiate non lascia scampo. Rappresentare anche questi personaggi deve essere davvero dura. Mi chiedo se a livello di partito ne valga la pena.
Ovviamente volevo scrivere "like for hazard", sorry
EliminaNon solo, anche la scuola stessa è diventata offerta formativa.
RispondiEliminaSempre poiù spesso si parla di servizi della scuola con l'obiettivo di avere più iscritti (iscritti --> classi --> maestri --> fondi), si considerano gli alunni come dei clienti.
La scuola, come l'ospedale, è diventata una azienda e, come ogni azienda, se non fa utile (o almeno non ha perdite) deve essere tagliata, ottimizzata, razionalizzata, standardizzata, misurata. A questo si aggiunga il fatto che i genitori devono scegliere se stare con i loro i figli, pregiudicando il loro futuro economico e quindi scolastico, oppure tutelare la propria economia famigliare delegando l'educazione. Talvolta una scelta libera non c'è nemmeno.
A questo proposito aggiungiamo anche un altro fattore non secondario.
RispondiEliminaLa scuola lamenta sempre la mancanza di organico e la cosa è oggettiva. In particolare in talune realtà, stante i limiti di legge, si creano classi molto numerose che diventano sempre più difficili da gestire per svariate ragioni:
1) bambini con disturbi dell'apprendimento (sui quali se certificati , con insegnanti di sostegno, si riescono a gestire, ma altri, vedi argomento del post, non lo sono)
2) extracomunitari sui quali il problema riguarda la lingua (diversi arrivano alla primaria senza parlare italiano), mancato supporto genitoriali (talvolta vengono da famiglie che per ragioni culturali o per contingene non sono in grado di seguire i bimbi a casa) o per lunghe assenza (dovuti ai viaggi di "ritorno" delle loro famiglie), propensione a non bocciare, rappresentano un elemento di difficoltà da parte dell'insegnante (ci sono casi in cui le bimbe non hanno il materiale perchè femmine).
Una possibile soluzione sarebbe quella di ridurre il numero massimo di alunni per classe (attualmente 26, con eccezioni), ma questo comporterebbe avere più classi, quindi più insegnanti, quindi più spesa pubblica e poi i merkati chi li sente.
Tuttavia il calo demografico potrebbe giungere in soccorso: col calo demografico si formerebbero meno classi con un rischio politico (riduzione delle assunzioni) che potrebbe essere arginato riducendo verso il basso i limiti.
Quindi: meno alunni, meno insegnanti --> calo consenso politico.
meno alunni + riduzione limiti --> insegnanti stabili --> consenso politico salvo e ragioneria dello stato contenta.
Aggiungo una ulteriore esperienza a riguardo (ma ce ne sarebbero molti).
RispondiEliminaHo un figlio in prima elementare (ops! prima primaria): già sui libri di prima c'è almeno un QR code per pagina da leggere per accedere, tramite smartphone, a contenuti digitali.
I compiti vengono scritti su "Nuvola" portale online, quindi questi bambini crescono e associano direttamente la scuola con strumenti informatici di cui poi non potranno più fare a meno perchè non in grado di pensarli off-line.
A proposito dei DSA provocati dalla modernità e medicalizzati, un'interessante osservazione si trova nel bel saggio "Realismo capitalista" di Mark Fisher (en passent, chissà perché le menti migliori e indipendenti del pensiero anglosassone finiscono spesso col suicidarsi?), che, analizzando il sistema educativo delle società capitaliste di oggi, parte anche lui dalla constatazione empirica dell'aumento della dislessia e propone di interpretarla piuttosto come postlessia in quanto frutto di un apprendimento sempre più basato sulle immagini, tanto quelle dei dispostivi digitali, quanto quelle dei libri con le figure ;-)
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