sabato 1 gennaio 2022

Un aggiornamento sulla convergenza

Nell'analisi delle unioni monetarie, e più in generale dei percorsi di integrazione economica e monetaria, prende grande risalto il concetto di convergenza macroeconomica, spesso proposto come obiettivo da conseguire al termine del percorso di integrazione. Il discorso, fatto semplice, è: "Ci mettiamo insieme alla Germania per stare bene (?) come la Germania", con l'immancabile aggiunta moralistica: "Se ce lo meriteremo dimostrando di essere efficienti e incorrotti come i nostri amici tedeschi".

L'aggiunta moralistica, un evergreen che ultimamente si porta molto nel racconto del PNRR ("occasione imperdibile, dipende solo da noi, se saremo abbastanza bravi..." e via discorrendo) ha una funzione piuttosto ovvia, direi ingenuamente ovvia: quella di precostituire dei responsabili dell'eventuale fallimento del progetto. Perché, come in ogni cosa umana, anche nei percorsi di integrazione economica qualcosa può andare storto (e se va storto è indispensabile dare la colpa a qualcun altro). Naturalmente per evitare che le cose vadano storte aiuterebbe uscire dal discorsetto moralistico e propagandistico ed entrare in un discorso razionale. In effetti, questo blog nasce proprio dall'esigenza di fare un discorso razionale sulla convergenza macroeconomica, più esattamente da questo studio, commissionatomi dalla Commissione Economica per l'Africa delle Nazioni Unite. A dodici anni di distanza i suoi primi due paragrafi restano ancora un buon punto di partenza, perché al netto di qualche fronzolo tecnico sostanzialmente inutile che si è aggiunto nel frattempo (roba buona per far prendere l'agognato PhD a qualche awanagana come il nostro caro amico che ricorderete), i termini del problema quelli restano.

Prima di ragionarci brevemente, però, col limitato scopo di fornirvi un aggiornamento rispetto a questo post di nove anni fa, vi spiego che cosa c'entra quello studio col blog. In effetti, la cinica confessione di Aristide, lo schiaffo che mi presi in faccia prima di restituirvelo nell'articolo dell'agosto 2011 sul manifesto (che qui vi fornisco per la prima volta nella versione originale recuperata con la wayback machine), quella spudorata, stupefacente confessione la raccolsi sulla scaletta dell'aereo di ritorno da Ouagadougou, dove ero andato a presentare appunto lo studio linkato sopra: "Macroeconomic convergence in Central Africa". Se non mi fosse mai stato commissionato quello studio non avrei mai avuto quello scambio, non avrei mai raccontato, dopo un anno, la mia esperienza sul manifesto e non avrei mai aperto, dopo altri tre mesi, questo blog. Così, un dettaglio, nulla di essenziale, ma ci tenevo a condividerlo.

Il breve ragionamento che volevo fare prima di mostrarvi i dati riguarda la duplice natura della convergenza macroeconomica nel quadro dell'integrazione economica. La convergenza è sia l'obiettivo promesso nel caso in cui le cose vadano bene (eritis sicut Germani...) sia il presupposto logico perché le cose possano andar bene.

Nella prima accezione (convergenza come obiettivo), si afferma che l'integrazione economica (da realizzarsi abbattendo barriere doganali o di altro tipo, adottando strumenti di coordinamento delle politiche economiche, dotandosi di istituzioni economiche comuni, ecc.) condurrà a un aumento del benessere dei Paesi meno avvantaggiati. Questa valutazione, ovviamente, è asimmetrica: si può infatti convergere verso un livello uniforme di benessere anche regredendo tutti verso la media, ma, come è sufficientemente chiaro, ai Paesi che stanno meglio non interessa particolarmente ridurre il proprio tenore di vita. La convergenza macroeconomica quindi viene implicitamente intesa non verso la media, ma necessariamente verso il valore più alto della distribuzione, altrimenti non sarebbe un obiettivo politico proponibile, o comunque non proponibile a chi sta meglio (che generalmente è anche il più forte, ed è quindi quello che sceglie gli obiettivi). Il modo più ovvio di misurarla è prendere il Pil pro capite, per vedere se effettivamente in un certo gruppo di Paesi questo indicatore si avvicina ai valori assunti nel Paese più prospero: è appunto questo l'esercizio che avevamo fatto nel 2013, con questo risultato:


ovvero, come commentavamo all'epoca, con sostanziale assenza di convergenza (verso l'alto, verso il basso o verso la media).

Nella seconda accezione (convergenza come presupposto), si riflette sul fatto che un'integrazione economica (e in particolare monetaria) perfettamente compiuta può essere sostenibile solo se nel frattempo si è realizzato un grado sufficientemente accettabile di convergenza macroeconomica. Questo per il semplice fatto che il traguardo della piena integrazione economica porta logicamente con sé l'adozione di una unica politica economica per tutti i Paesi coinvolti, e naturalmente affinché ciò non causi disastri occorre che tutti questi Paesi si trovino allo stesso tempo nelle stesse condizioni congiunturali: tutti in espansione o tutti in recessione. Il tema è ovviamente stato sviscerato con particolare riferimento alle unioni monetarie: quando hai una singola moneta, e quindi un singolo tasso di interesse (su questo "quindi" ci sarebbe da discutere), affinché si possa fare una politica monetaria sensata è opportuno che tutti i Paesi siano simultaneamente in recessione (nel qual caso sarà naturale abbassare il tasso di interesse unico) o tutti in espansione (nel qual caso sarà naturale alzarlo). La convergenza macroeconomica intesa in questo senso è quindi più specificamente convergenza del ciclo macroeconomico, ovvero, lo ripeto, l'assicurazione del fatto che tutti i Paesi membri siano simultaneamente nelle stesse condizioni cicliche di espansione o recessione.

Aggiungo una breve nota lessicale prima di procedere. Gli economisti, gente per lo più di scarso spessore culturale, nella mia limitata esperienza (quelli che dicono "decade", "eleggibile", "seminale", per capirci...), per qualche strano motivo hanno deciso di chiamare shock "asimmetrici" quelli che portano alcuni Paesi in espansione, e quindi sopra la media del loro percorso di crescita, e altri Paesi simmetricamente in recessione, cioè sotto la media del loro percorso di crescita. Sì, avete capito bene: per gli economisti sono asimmetrici gli shock che portano Paesi diversi ad assumere posizioni simmetriche rispetto all'asse di simmetria dato dalla crescita tendenziale. Non so come definire questa aberrazione se non cretinismo semantico, ma insomma, questo è, ormai l'uso si è consolidato e quindi mi capiterà di compiegarmi ad esso...

Tornando al punto, questa convergenza del ciclo si sapeva (negli anni '90) che non esisteva fra futuri Paesi membri dell'Unione monetaria, per un po' di tempo si auspicò che sarebbe stata portata dall'Unione stessa (era la teoria del nostro amico Spennacchiotto, quella della cosiddetta OCA endogena, che vi esposi a San Silvestro del 2011), ora si sa che ancora non ci siamo arrivati e forse non ci arriveremo mai. Ex multis, ce lo confermano:

Potrei fornirvene di più, ma la musica non cambierebbe: l'integrazione non ha portato convergenza (niente OCA endogena), cioè non ha creato i presupposti per essere sostenibile, cioè per evitare che l'adozione di una politica uniforme a Paesi diversi li allontani gli uni dagli altri. Di conseguenza ci dovremo aspettare che non sia nemmeno migliorata la convergenza del Pil pro capite, che altri otto anni di politiche "one size fits all" in presenza di cicli asincroni dovrebbero aver peggiorato anziché migliorato.

Per falsificare (se possibile) questa ragionevole congettura aggiorniamo il grafico fatto nel 2013, che arrivava al 2018 perché, come ricorderete, il World Economic Outlook dà scenari previsionali a cinque anni. Ora il 2018 è passato, i relativi dati sono consolidati, e possiamo arrivare addirittura al 2021 (dato provvisorio) o al 2026 in previsione! Scelgo quest'ultima ipotesi, per coerenza con quanto avevamo fatto nel 2013. Il risultato eccolo qui:


Fatta salva l'evidente anomalia irlandese, spiegata da questa nota dell'OCSE (sintesi: il tasso di crescita del 25% registrato nel 2015 dipende dal fatto che molte grandi multinazionali hanno deciso di rilocalizzarsi in quel piccolo Paese, con un impatto macroscopico sul suo tasso di crescita. Peraltro, vi ricordo che l'anno scorso una sola startup - la Biontech - ha aggiunto un +0,5 al tasso di crescita di una grande economia come quella tedesca, quindi non è strano che se Google entra in Irlanda nel Pil qualcosa si veda...), comunque, dicevo: fatta salva l'anomalia irlandese, di convergenza non c'è nemmeno l'ombra! Nel 1980 il Paese più povero (il Portogallo) aveva un reddito pari al 49% della media del gruppo e il più ricco (l'Olanda) superiore del 25% alla media del gruppo. Nel 2021 il più povero (la Grecia) ha un reddito pari al 45% della media e il più ricco (sempre l'Olanda) è sopra del 16%. La distanza in termini percentuali fra il ricco e il povero di turno resta sempre quella, l'unico elemento macroscopico è che l'Italia negli anni '80 era nel club dei ricchi e ora è il membro più ricco del club dei poveri. Gli altri hanno sostanzialmente mantenuto la loro posizione relativa. Se togliamo le "frattaglie" e ci concentriamo sui quattro grandi, il quadro (non esaltante per noi) è questo:


da cui emerge un dettaglio abbastanza interessante: dal 1980 a oggi, in termini di relazione con la media europea, non è la Spagna a essere diventata più tedesca o francese, ma sono la Germania e la Francia (e soprattutto l'Italia) a essere diventate più spagnole. Insomma: un po' di convergenza c'è stata, ma, almeno se la misuriamo così, verso il basso (in termini di posizioni relative rispetto alla media del gruppo).

Inutile dire che io sono perfettamente convinto che tutto ciò sia irreversibile, perché mi è stato detto che devo esserne convinto (e io sono disciplinato). Sarei più rassicurato se mi ordinassero anche di convincermi che sia sostenibile, perché finché non me lo ordinano qualche difficoltà onestamente ce l'ho, anche alla luce di quanto dicevamo ieri circa la qualità della classe dirigente. Fenomeni di questa portata e persistenza richiederebbero più analisi, più soluzioni concrete e meno propaganda da Istituto Luce. Ma per qualche strano motivo la "fede nella Scienza" (ossimoro tutto piddino) si arresta sulle soglie delle riviste di macroeconomia e dei database internazionali. Lì tutto ridiventa trascurabile doxa.

Ovviamente arriverà il conto, e ovviamente cercheranno di farlo pagare a noi. Rispetto a nove anni fa, la differenza è che ora posso fare qualcosa per evitarlo, ad esempio gestendo il percorso della delega fiscale. Questo lo devo anche a voi, e ve ne sono grato.

Per il resto, in attesa di nuovi e più dettagliati ordini, vi saluto e vado a fare due passi in montagna...

21 commenti:

  1. "perché mi è stato detto che devo esserne convinto (e io sono disciplinato)"
    Stavo proprio pensando che questi sono tempi da "Svejk nella seconda guerra mondiale". Lei è sempre una boccata di ossigeno prof.
    Coraggio e tenga duro.

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  2. Grafici inequivocabili e senza possibilità di appello.

    E' chiaro che collettivamente siamo nella posizione della rana bollita di Chomsky, siamo in minoranza e non ne usciremo mai se qualcuno da fuori non viene a spegnere il gas o rovescia la pentola.

    Ma individualmente - quei pochi che siamo - possiamo e dobbiamo combattere e resistere.

    Buona passeggiata!

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  3. Vedo che dal 1980 al 1995 il rpctr è oscillato tra 1,07 e 1,1 circa sulla media europea con valore 1980 uguale al 1995(a spanne)per noi, Francia tra 1,15 e 1,1 sempre in calo (dimin. del 4,34% circa), Germania oscillante tra 1,16 e 1,2 con valore uguale tra 1980 e 1995, la Francia quindi soffriva più di noi e Germania. Tra 1995 e 2004 noi passiamo da 1,07 a 0,95 circa (- 11,2%), la Germania da 1,16 a 1 circa (- 13,8%), la Francia passa da 1,1 a 1 (- 9% ), la Germania soffriva di più. Poi arriva Peter Hartz in Germania e il loro reddito passa in 10 anni tra 1 e 1,15 (+ 15%), qualcosa del genere accade anche in Francia nel periodo (+ 5%), in Italia servì a poco precarizzare e segmentare, sembra, e passammo da 0,95 a 0,8 (- 15,7%).
    Tra 2014 e 2026 vedo andamento al ribasso analogo per Italia (- 6,25%), Francia (- 7%)e Germania (-11,3 %) sempre a spanne; la Germania sembrerebbe tornare a soffrire di più di noi e francesi, nel mal comune mezzo gaudio.
    Ovvio che ci saranno problemi e pure gravi di sostenibilità dell'eurozona (credo)a meno di riformare sostanzialmente la baracca (cosa poco probabile vista l'assurdità di base di questo sistema e l'ottusità delle forze politiche europee) e il sistema non realizza la convergenza nemmeno al ribasso.

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    1. Ci sono molti fattori che contribuiscono all'evoluzione negativa del ns Paese. Intanto nel periodo 2014/2026 crolla la Germania più di noi e Francia, 5 punti più di noi. Tra 1980 e 2026 noi scendiamo da 1,07 a 0,75 ( -29,9%) la Germania passa da 1,15 a 1,03 ( - 10,4%) e la Francia passa da 1,14 a 0,93 ovvero cala del (- 18,4%). L'euro come moneta unica, evidentemente ha danneggiato noi più dei ns concorrenti FR e GE, i moitivi sono vari e te li ho spiegati varie volte, in sostanza i legacci presenti nel ns paese fra i quali la farraginosità della giustizia, la criminalità organizzata, la sclerosi della ns burocrazia, la incapacità di premiare il merito la ns arretrata e non diffusa imprenditoria nel centro/sud/isole, ci metterei anche la nostra vergognosa arretratezza delle infrastrutture e l'ambiente fisisico fortemente penalizzante rispetto a FR e GE paesi sostanzialmente pianeggianti e meno soggetti a terremoti, ritardi e arretratezza del sistema bancario etc si pagano di più se non riesci a svalutare nei confronti di paesi più organizzati e gli altri ti fregano.

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    2. Salto la giustizia, ritengo che non abbiamo il monopolio mondiale della criminalità, anzi in Asia qualche organizzazione criminale c'è e mi pare che vadano alla grande, poi peraltro qui siamo nella terra dei dati e dati su questi fatti non so quanti ce ne siano e che attendibilità abbiano, la burocrazia esiste è vero, ma esisteva anche prima e non ci ha impedito di diventare la quinta potenza mondiale, relativamente al merito ha scritto diverso tempo fa un post interessante il Pedante, l'imprenditoria non diffusa se ne potrebbe parlare ma arretrata direi proprio di no, anzi spesso è avanzata e spesso proprio al sud, le infrastrutture sono d'accordissimo. Insomma con tutto il rispetto sono in cordiale ma sincero disaccordo.

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    3. Carissimo aquilano quello che dici è in parte vero e lo sappiamo, qui ne abbiamo parlato dopo Alberto ma in Asia non hanno fatto un AVO da ASEAN prima di convergere, come anche consigliato da Prodi in una famosa (almeno per me) intervista da Nattha Komolvadhin (Nattha Komolvadhin, ThaiPBS, talks to Prof. Romano Prodi on Eurozone crisis and his recommendation on Asean Community not to introduce Asean currency in this juncture. Prodi said that EU is political dwarf!).
      Ma allora, a parte una mia parola forse errata, imprenditoria arretrata ma volevo intendere non in grado e non per sua colpa spesso, di reggere certe sfide se noi ancora non abbiamo capito almeno qui cosa ci è successo con l'euro e perchè il paese è diventato un deserto, a mio avviso sarà sempre più dura!

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  4. In tempi è preferibile non la disciplina ma il pensiero libero e critico. Sarebbe bello trovarte Bagnai in FdI ma ora egli mi sembra -giustamente- molto prudente . E' nelle tensioni e disgrazie che si riflette sul valore e competenza dei propri compagni e colleghi. darebbe bello vederlo nuovamente ribaltare tavoli e affrontare la maggioranza con l'efficacia di dieci anni di esperienza e di battaglie vinte.

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    1. Se lo dici tu… A proposito: in che tempi?

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    2. "(tempi) di conformismo e accettazione" . Spero che la decisione arrivi presto, ancora una volta faresti la differenza e sarebbero due volte in meno di dieci anni. Un traguardo umano, tecnico e Politico difficile da eguagliare. Tutti sanno che il salto di Lega è iniziato pubblicamente quel giovedi' di novembre 2013 in Cordusio

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    3. Bà... Partendo dalla fine, sì, qualcuno dei miei attuali colleghi in effetti riconosce di aver colto un significativo potenziale elettorale in quell'evento, ed è piuttosto ovvio: all'epoca non riuscivano a riempire sale di quelle dimensioni. Però sinceramente preferisco non sopravvalutarmi, preferisco sempre che lo facciano gli altri, come ad esempio stai facendo tu. Io non so se farei la differenza nello scenario che hai in mente. So che la sto già facendo nello scenario in cui mi trovo, che non è esattamente di conformismo e accettazione. Non mi sono impegnato per battere traguardi ma per ottenere risultati. Le due cose non coincidono.

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    4. Posto che "far la differenza " è il risultato e "il traguardo" è accessorio, la risposta è tanto bella che taccio.
      Grazie

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  5. Grazie Prof. e Buon Lavoro.

    Lei non sa quanto mi arricchiscono queste lezioni, che ogni tanto uso nel dialogo con certi piddinistellati

    Grazie e Buona Passeggiata

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  6. Noto come il reddito nazionale resta sostanzialmente stabile fino al 1996, quando rientriamo (trionfalmente) nello SME. Da lì inizia il declino. Ma per fortuna l'euro ci ha salvati (ahah), altrimenti saremmo alla deriva nel Mediterraneo... Sono contento di tornare a imparare sul blog. Buona montagna!

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  7. Pietro Armando Angelini. Vorrei avere notizie sui titoli derivati "tossici" della Deutsche Bank che, a detta del FMI nel 2019, rappresentavano "La più grande fonte potenziale al mondo di shock esterni per il sistema finanziario"visto che fino ad oggi, grazie al Covid-19, non se ne è più parlato. Esiste o non esiste questo grandissimo problema? E perché non ne parla nessuno? O forse se ne parla solo in ambienti riservatissimi per vedere come si può "sistemare" il problema tedesco magari a danno di altri?

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    1. Qui non se n'è mai parlato. Mi sembra roba da blogghetti di "trader" e non credo sia il caso di perderci molto tempo per ovvi motivi di ordine politico.

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  8. Senatore, Lei è dotato di grande sintesi. Peccato quando il suo discorso diventa verboso, pieno di digressioni e riferimenti al suo passato che i lettori non sempre riescono a seguire, o al meno io. In quel caso rischia di diventare noioso. Mi aspetto reazioni scomposte.

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    1. Gentilissimo, normalmente quando uno non ci arriva cerca di nasconderlo. Ti siamo grati per la tua sincerità. Nel ricordarti che tu non sei "i lettori", mi limito a osservare che il dibattito su quanto dovesse essere semplicistico questo blog per avere successo si è concluso dieci anni fa.

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  9. Ho pubblicato una domanda. Si può avere una risposta? Grazie. Buon Anno.

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    1. Guardi, non vorrei sembrare scortese, ma in effetti a questa domanda e più in generale a questo modo di porre le domande credo di aver già risposto nove anni fa, giorno più giorno meno. Lei vive in un cosmo di cui assume (legittimamente, dal suo punto di vista) di essere il centro. Ci abbandoni al nostro cosmo policentrico e alle nostre priorità...

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  10. Interessante, ma non sorprendente, il fatto che la Germania si sia spagnolizzata.
    Voglio dire, ipotizzando che non sia un conflitto tra stati ma tra classi, si può concludere che la riduzione del PIL procapite sia dovuta ad una riduzione maggiore nei ceti bassi rispetto all'aumento dei ceti alti e che quindi tale andamento sia anche voluto (dai ceti alti, che hanno maggiore peso politico).

    A questo punto però sarebbe interessante capire come e se continueranno a giustificare politicamente la permanenza in questo sistema.

    Possono anche dare la colpa ai PIGS, ma ad un certo punto qualcuno potrebbe chiedersi se valga davvero la pena sacrificare il proprio benessere per quello degli altri.

    Da qui la soluzione politica: noi italiani faremo affondare voi tedeschi, quindi vi conviene uscire e dato che noi siamo iBuoni, ve lo lasceremo fare.

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