sabato 17 maggio 2025

Immigrazione e sostenibilità del primo pilastro pensionistico

 (...la diretta streaming no - nemo propheta in patria - ma almeno il video in differita sui nostri canali sì! Le slides le avete viste qui, e ora potrete esercitarvi a vedere quanto fedele sia la mia memoria...)


(...dichiaro aperta la discussione generale. Va anche detto che per apprezzare l'intervento si dovrebbe prima sentire quello di Sua Eccellenza Reverendissima l'arcivescovo Bruno Forte, ma ci sarà tempo e modo di farlo...)

 

venerdì 16 maggio 2025

Genova, Firenze, Milano, Ortona, Sulmona…

Questa mattina a Pizzoferrato i termosifoni erano accesi (per gli amanti delle statistiche, il meteo dell’iPhone mi segnalava che eravamo 7° C sotto la media stagionale). Ora a Fiumicino è estate. Sto andando a Genova a sostegno di una candidata Lega, mi fermo a dormire, poi domani a Firenze (sperando che sia primavera) per la prima presentazione del libro di Claudio (lettura consigliata per mettere correttamente in fila tante cose che comunque dovreste già sapere), poi lunedì a Milano per un evento a/simmetrie (riservato ai soci), poi martedì a Ortona per preparare l’arrivo di Matteo mercoledì, e da lì in giornata a Sulmona per la seconda presentazione del libro del Claudio, che si terrà nel comitato elettorale del candidato Tirabassi perché “Vent’anni di sovranismo” è un libro politico e quindi, dato il periodo elettorale, mi è stato riportato che il Commissario prefettizio non ha concesso il foyer del teatro Maria Caniglia (mentre chiaramente il libro “Perché l’Italia è di destra” è un raffinato saggio politologico e quindi gli si può accordare l’aula consiliare: non so il nome della persona per colpa della quale resterete in piedi e se anche lo sapessi non ci sprecherei né un’interrogazione parlamentare né una telefonata al ministero, ma quando scriverò le mie storie della vita di provincia ci sarà anche questa, con nome e cognome: d’altra parte l’argomento del libro di Claudio è esattamente questo, cioè il pervasivo controllo dell’amministrazione da parte di forze politicamente orientate contro la Lega e solo contro la Lega, e quanto questo controllo pervasivo renda impossibile imprimere un indirizzo politico diverso, o anche semplicemente sedersi comodamente ad ascoltare chi vorrebbe imprimerlo…), poi riporto Claudio a Roma, giovedì mattina in aula per il disegno di legge “scomparsi“ e poi rimbalzo su in montagna dove spero di starmene in pace fra cani, lupi, e cani lupi, fino al risultato del primo turno.

Ah, dimenticavo: sabato c’è anche Cantine aperte, quindi calerò dalla montagna per incontrare l’amato popolo, i saggi amministratori, e i seducenti vignaioli della Marrucina. Non si accettano autocandidature: ho già un accompagnatore affidabile! 😉

giovedì 15 maggio 2025

La locomotiva tedesca (repetita juvant)

Ci siamo detti più volte che l'espressione "locomotiva tedesca" è il marker del dilettante, della persona inadeguata, ignara dei dati e dei principali fatti stilizzati del mondo circostante; forse, potremmo dire: del politico (e non è antipolitica: è statistica)!

Eppure, una volta i politici non erano così!

Rileggiamo, ad esempio, le parole di Napolitano nella famosa dichiarazione di voto contro lo SME che trovate nello stenografico della Seduta di mercoledì 13 dicembre 1978, quando si chiedeva:

se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendosi un paese come l’Italia alla deflazione.

Per Napolitano era ovvio che la Germania federale praticasse politiche di repressione della crescita. E del resto, ponendosi a dicembre 1978, quando lui pronunciava queste parole, i dati disponibili, che arrivavano fino al 1977, facevano vedere questo:


La crescita media della Germania dal 1961 al 1977 era stata del 3.8%, contro il 4.6% dell'UE (comprensiva della Germania, peraltro, cioè tirata giù dalla zavorra tedesca! Ma non ho ora il tempo di farvi il calcolo nettando dall'UE la Germania, operazione che porterebbe il tasso di crescita del resto dell'UE sopra al 5%...).

Napolitano, quindi, cosa strana per un politico e stranissima per un politico di sinistra, non negava la realtà: la conosceva, la riconosceva, e ci costruiva un ragionamento politico (molto semplice, peraltro: un Paese che ha interesse a crescere, anche per recuperare un importante divario territoriale, come è il caso dell'Italia, non ha interesse a legarsi monetariamente a un Paese come la Germania che va col freno tirato, perché rischia di andare in deficit commerciale a vantaggio del Paese che reprime la crescita).

Ma perché oggi tutti ripetono "lalocomotivatedesca, lalocomotivatedesca" (un po' come ripetono "erdebbitopubblico", "aspesaimproduttiva", ecc.)?

Forse le cose sono cambiate?

No, direi proprio di no:


Il tasso di crescita della Germania è stato inferiore, e spesso significativamente inferiore, a quello dell'Unione Europea in 40 su 63 anni, e le due eccezioni di un qualche rilievo, i due episodi di protratta crescita della Germania, corrispondono a circostanze che arrecavano alla Germania un ingiustificato vantaggio.

Il primo si verifica nei quattro anni fra 1989 e 1992, la fase finale dello "Sme credibile", quella in cui l'aggancio valutario fra Italia e Germania venne rafforzato (impedendo quindi alla Germania di rivalutare). Il secondo occorre nel periodo 2010-2014, in cui la Germania, dopo aver scatenato il panico sui mercati col discorso del private sector involvement, beneficiò di afflussi di capitali derivanti dalla sua fama di "porto sicuro" per i risparmi dell'Eurozona.

Fatti salvi questi due periodi, la performance della Germania è sempre stata inferiore alla media, tant'è che se costruiamo l'indice del Pil reale a partendo dai dati dei tassi di crescita il quadro che otteniamo è questo:


Nel periodo in cui il Pil della locomotiva europea si è moltiplicato per 5, quello del rimorchio tedesco si è moltiplicato solo per 4. Oppure, se volete vederlo in un modo diverso, potete considerare che il tasso medio di crescita sull’intero periodo è pari a 2,26 per la Germania, e 2,62 per l’Unione Europea, zavorrata da quella che quindi non è una locomotiva ma un rimorchio, cioè la Germania (i calcoli del tasso di crescita dell’Unione Europea non zavorrata li facciamo con calma un’altra volta a cortese richiesta).

Non è un caso: è una deliberata "politica non espansiva", come diceva Napolitano, corrispondente a un ben preciso orientamento ideologico, descritto ad abundantiam da Luciano Barra Caracciolo (ad esempio qui) ma anche da Machiavelli (e ne abbiamo parlato qui). Ha radici antiche, che non si possono estirpare, come credo sia difficile estirpare allo scorpione il suo pungiglione, senza causargli un danno irreversibile. Quindi, se si vuole rispettare la vita altrui, ma preservare la propria, meglio non prenderselo indosso, lo scorpione, nel traversare il fiume della Storia, cioè meglio non allearsi mai con i tedeschi, perché, come il grafico dimostra, se non ti pungono per avvelenarti, comunque ti intralciano con il loro desiderio di essere creditori netti, cioè esportatori di decrescita.

E quindi, quando sentite qualcuno dire "la locomotiva tedesca", non fategli notare che è un ignorante e un cretino: potrebbe offendersi! Ma non cedete, qualsiasi altra cosa brillante egli dica, alla tentazione di ritenerlo una persona intelligente, perché sarebbe un errore fatale.

Quasi quanto allearsi con la Germania!

mercoledì 14 maggio 2025

I migranti ci pagano le pensioni

(...in questo momento sui canali social del mio ateneo potete assistere alla diretta Facebook di questo evento che coinvolge un amico mio e di a/simmetrie, ai cui eventi ha partecipato, il senatore Castelli. Non si rinviene traccia del convegno cui ho partecipato io, per cui vi metto qui al volo le slides dell'intervento, che è stato molto apprezzato, insieme con le parole che mi ricordo di aver detto...)


Ringrazio per l'invito il Prof. Veraldi, che mi fornisce questa opportunità di potermi esprimere nel mio ateneo, occasione piuttosto rara. Agli studenti dell'IPSAR De Cecco, per presentarmi, dirò che io sono uno di quei personaggi nullafacenti, incompetenti e potenzialmente corrotti che vanno sotto il nome di politici: così vi vengono presentati dai media, se li consultate. Saluto il comandante della Legione Abruzzo e Molise, come questa mattina, a Pennapiedimonte, ho salutato i suoi uomini impiegati nelle indagini sul tragico fatto che ha colpito la nostra comunità il 30 aprile scorso. Sottolineo che essendo nato a Raiano, cioè in provincia dell'Aquila, il comandante qui è in qualche modo un migrante, cioè un immigrato, che ha dovuto attraversare ben due frontiere per raggiungerci: quella con la provincia di Pescara e quella con la provincia di Chieti. Chi conosce (e subisce) la forza delle identità locali abruzzesi non può che apprezzarne il coraggio! Nonostante la conquista romana, nonostante il successivo il passaggio di diversi fronti, da quello fra longobardi e bizantini a quello fra canadesi e tedeschi, e l'apporto di diverse comunità, jugoslave (Schiavi d'Abruzzo), greche (pensiamo a San Nicola Greco), l'impronta dei nove popoli abruzzesi (Osci, Marsi, Vestini, Peligni, Marrucini, Pentri,  Frentani, Carricini, Sanniti) è ancora molto forte.

Qualcuno ha ricordato che oggi è la giornata dell'Europa. Voglio ricordare che oggi è anche la giornata dedicata alle vittime del terrorismo, perché 47 anni fa venne ritrovato il corpo di Aldo Moro, una delle vittime più note di quella tragica stagione. Non è un ricordo estemporaneo: più tardi parleremo di storia italiana, e ha un senso menzionare quel periodo così violento e tragico.

Ringrazio infine Sua Eccellenza per il suo intervento come sempre ricco di stimoli. Abbiamo sentito uomini di scienza esporre giudizi di valore. Sua Eccellenza ha fatto un'operazione di grande rilievo scientifico: ha dichiarato di voler fare un intervento schierato (schierato, aggiungo io, dalla parte di chi per la propria fragilità merita appunto di essere difeso), ha cioè dichiarato le sue premesse di valore. Questa è un'operazione che ogni scienziato dovrebbe fare, perché le parole della scienza, come ci ha insegnato un grande premio Nobel, Gunnar Myrdal, sono portatrici, spesso involontarie, di giudizi di valore, di valutazioni etiche (buono/cattivo), insidiose perché si presentano sotto le mentite spoglie di una falsa oggettività e con l'autorevolezza, che diventa auctoritas, del ruolo scientifico di chi le propone. Trovo illuminante il fatto che per mettere in guardia da questo pericolo Myrdal faccia l'esempio del termine "integrazione economica". La disintegrazione porta con sé una serie di connotazioni aggressive, negative: non per questo però l'integrazione è sempre cosa buona. Ma la scelta dei termini conta.

Il mio ruolo istituzionale è quello di presidente della Commissione di controllo sugli enti pensionistici. Abbiamo appena terminato un'indagine sugli investimenti finanziari delle casse previdenziali, ne stiamo avviando una sulla sostenibilità del sistema, e in quel contesto troverà naturale collocazione una valutazione del contributo che gli immigrati danno al sistema pensionistico. Insisto sul termine immigrati perché migrano anche gli emigrati, che al sistema pensionistico, per ovvi motivi, non danno un contributo (anche se, come ricorderemo più avanti, possono darlo al Paese nel suo complesso). I flussi di uomini, come quelli di capitali, hanno una direzione, e questa direzione è elemento determinante per la valutazione dei loro effetti. L'indagine non è ancora stata svolta e quindi non posso riferirvene i risultati, ma vi fornirò qualche elemento di riflessione per inquadrare l'argomento, e parto ancora una volta da due spunti forniti dall'intervento di Sua Eccellenza.

Nel suo discorso Sua Eccellenza ha ricondotto la motivazione profonda dei flussi migratori all'aspirazione individuale, naturale e insopprimibile, alla felicità. Un'aspirazione così connaturata all'essere umano che alcune costituzioni, in particolare una che potremmo scherzosamente definire più costituzione delle altre, nella fattoria delle costituzioni, pongono esplicitamente la ricerca della felicità fra i diritti inalienabili dell'essere umano. Ora, nessuno di noi è animato da una irrazionale pulsione repressiva verso questo inalienabile diritto. Ci riconosciamo anzi nelle parole dello zio Tobias: "—go, poor devil, get thee gone, why should I hurt thee ?—This world surely is wide enough to hold both thee and me." [NdCN: la citazione di Sterne è solo per voi, ovviamente...].

Si pone però un problema. Non credo lo sappiate, ma da quattordici anni tengo un blog, un blog di cui questo ateneo dovrebbe essere fiero, visto che la terza missione riceve sempre più attenzione, poiché non è cosa usuale che il blog di un economista batta per due anni di file il Sole 24 Ore alla Festa della Rete! L'articolo più letto del mio blog però non parla di economia: riferisce il dialogo che ho avuto con un africano che mi chiedeva l'elemosina. La cosa più evidente era che a questa persona era stata data un'idea assolutamente fuorviante del nostro Paese, gli era stato dipinto come un Eden, e non gli era stato fornito un dato fondamentale: che da noi il tasso di disoccupazione era (all'epoca) il doppio di quanto non fosse a casa sua, per cui molto difficilmente avrebbe potuto trovare un lavoro compatibile con la sua formazione (era un parrucchiere, a suo dire). Ecco: la ricerca della felicità non andrebbe costruita sulla prima manifestazione del Maligno, la menzogna! Eppure, è un dato di fatto che chi lucra su certi fenomeni diffonde menzogne sulle condizioni del nostro Paese, descrivendolo come un Eden, per renderlo più attrattivo. Credo sia invece importante che tutti, a partire da noi, abbiamo del nostro Paese un'immagine oggettiva, basata sui dati, e lo scopo del mio intervento è esattamente quello di fornirvela.

Infine, ho particolarmente apprezzato il richiamo di Sua Eccellenza alle parole di Benedetto XVI sul diritto a non emigrare, a non essere costretti ad avventurarsi in terre lontane e potenzialmente inospitali in cerca della propria felicità. Qualsiasi forma di costrizione, implicita o esplicita, è comunque incompatibile con una piena realizzazione dell'essere umano, e va evitato che la mobilità del lavoro diventi, nelle parole del Pontefice scomparso, un calvario per la sopravvivenza. Queste parole acquistano una grande pregnanza in Abruzzo, che che conta una comunità estera di numerosità quasi pari a quella della popolazione residente. Qui in Abruzzo, e in particolare qui, nella nostra provincia di Chieti, è vivo l'allarme per la diminuzione della popolazione, in gran parte dovuta al fatto che i nostri giovani, i giovani formati nelle nostre eccellenti università, sono costretti a cercare miglior fortuna altrove, come prima di loro i loro padri e i loro nonni. Intendiamoci: fare un'esperienza all'estero, laddove sia una scelta, è un fatto positivo, entusiasmante, che arricchisce innanzitutto umanamente e culturalmente. Sono tanti gli abruzzesi che hanno illustrato nel resto del mondo il nome della nostra Regione, grazie al loro ingegno, alla loro creatività, alla loro tenacia, alla loro capacità inesauribile di impegnarsi per raggiungere obiettivi. Ce ne sono, in particolare, nella professione che alcuni di voi intendono intraprendere. Tuttavia, in quanto vi mostrerò oggi oggi troverete anche le spiegazioni del perché, pur non volendolo, potreste essere costretti ad andarvene altrove.


In questo grafico sono rappresentati gli ultimi 76 anni di Pil italiano. Ricordo brevemente ai non specialisti che in una economia di mercato si produce per vendere e si vende per guadagnare. Questo significa che il Pil non è solo il valore di tutti i beni prodotti e i servizi erogati in una certa unità di tempo (in questo caso un anno), ma è anche la somma delle remunerazioni corrisposte Al lavoro e al capitale impiegati per produrli, ed è anche la somma delle varie voci di spesa effettuata per acquistare questi beni e servizi.

Il grafico riporta in blu i valori storici, mentre in arancione la retta che interpola i dati dal 1950 al 2007, e poi, in tratteggio, la sua estrapolazione dal 2008 al 2025. Naturalmente questa semplice estrapolazione statistica non ha alcun particolare valore scientifico. Non vi annoio con la teoria dei processi stocastici, ma rivendico la validità di questo strumento come ausilio per una analisi descrittiva dei dati. Prima abbiamo parlato del tragico sequestro Moro, di quegli anni di fortissima conflittualità sociale,ma avrei potuto parlare delle guerre che in questo periodo hanno sconvolto il mondo, a partire da quella del Vietnam, avrei potuto parlare delle crisi energetiche degli anni 70, quando il prezzo del petrolio decuplicò, avrei potuto parlare delle grandi crisi finanziarie, la crisi asiatica, ad esempio. Ecco, attraverso questo periodo scosso da turbamenti politici ed economici di scala tutto sommato non inferiore a quelli attuali il valore della nostra produzione, la somma delle nostre remunerazioni, è andata crescendo in modo più o meno costante. Dal 2007 in poi invece questa crescita si è arrestata. C’è stata sì una grande crisi finanziaria, quella del 2008, come ce ne erano state altre. Quella che è mancata però è stata la ripresa. Solo nel 2024 siamo tornati a un volume di reddito analogo a quello del 2007. Il paese ha perso 17 anni di crescita. Si tratta di un evento epocale, nel senso etimologico del termine: un evento che marca un’epoca. Noi non ne siamo consapevoli, ma fra due o tre secoli, e poi nei lunghi secoli a venire, gli storici si interrogheranno su che cosa è successo al nostro paese in questi 17 anni. La risposta non è difficile, e dipende da una scelta (sbagliata) di politica economica:


Questo grafico mostra l’andamento tendenziale e effettivo degli investimenti pubblici. Ricordo ai non esperti che in macroeconomia per investimento si intende l’acquisto di beni capitali, di macchinari, di attrezzature, di mezzi di trasporto industriali, insomma, di manufatti che servono a produrre altri beni, o di infrastrutture, come le strade, i ponti, eccetera. Non si intende per investimento quello finanziario, cioè l'acquisto di un prodotto finanziario (titolo pubblico, azione, quota di fondo comune, polizza assicurativa, ecc.) coi propri risparmi. Il taglio degli investimenti pubblici, cioè delle infrastrutture, delle scuole, dei ponti, degli ospedali, delle strade, in una fase in cui l’economia non stava andando bene dopo la crisi finanziaria scoppiata nel settembre 2008, ha ampliato e reso persistenti gli effetti di quella crisi. Si diceva che questo era necessario per ridurre la spesa pubblica, e si sosteneva che la spesa pubblica spiazza quella privata. L’argomento è che quando fa ricorso ai mercati, indebitandosi, per finanziare i propri investimenti, lo Stato fa alzare il tasso di interesse, e in questo modo scoraggia gli investimenti privati. Ci dovremmo quindi aspettare che a fronte di questo calo drastico degli investimenti pubblici ci sia stato un aumento degli investimenti privati che abbia tenuto il totale degli investimenti più o meno in linea. Invece è andata così:


Stranamente, per chi crede all’economia terrapiattista insegnata in certe università, il più protratto calo del Pil nell’intera storia dell’Italia unita è andato insieme al più protratto calo degli investimenti fissi lordi nella storia dell’Italia unita!

Ora, in effetti non è assolutamente strano che sia così, se ci pensate bene, perché le scelte di investimento Dei privati, cioè la scelta se ampliare o meno uno stabilimento, la scelta se localizzarlo in una o in un’altra provincia, la scelta di acquistare un macchinario capace di produrre un maggior numero di prodotti nell’unità di tempo, dipendono anche dal tasso di interesse, non esclusivamente dal tasso di interesse (come nel modello terrapiattista). Sono molto importanti, nelle scelte degli imprenditori veri (non di quelli raccontati dalle televisioni o dalle associazioni di categoria) anche altri fattori. Vi faccio un esempio utilizzando un bene che probabilmente tutti avrete visto una volta in vita vostra, la bottiglia da 33 cl di una nota marca di birra italiana. Forse non lo sapete ma se non tutte, quasi tutte queste bottiglie vengono prodotte da una azienda abruzzese. Visitando quella azienda ci è stato detto che non riuscivano ad aumentare il volume della produzione, cosa che avrebbero potuto e voluto fare, semplicemente perché non veniva fatta una bretella che avrebbe collegato il loro stabilimento al casello autostradale senza passare per un paese vicino, il cui traffico era già sufficientemente congestionato. Era il numero di camion che potevano entrare o uscire dall’azienda a limitarne il potenziale produttivo, e questo numero di camion dipendeva non dal tasso di interesse, ma dal fatto che si facesse o meno un investimento pubblico: una corta bretella autostradale.

L’investimento pubblico quindi non sempre spiazza: in molti casi incentiva l’investimento privato. D’altra parte, pensateci: si producono beni per venderli, ma se non si riesce a portarli al mercato, che li si produce a fare? E la prima delle infrastrutture che uno Stato assicura è appunto quella di trasporto. Capito perché tagliando gli investimenti pubblici si sono tagliati gli investimenti privati e quindi si è abbattuta la capacità produttiva, la produttività del paese? Ma la storia naturalmente non finisce qui, visto che, come ci siamo detti, il Pil non è solo il valore della produzione, ma anche il valore delle remunerazioni corrisposte a chi l’ha posta in essere, e in particolare ai lavoratori. Che cosa è successo a queste remunerazioni? È successo questo:


Dato che il Pil è il valore della produzione ed è anche il totale delle remunerazioni dei fattori produttivi, fra cui le retribuzioni dei lavoratori , esattamente come il valore della produzione si è scostato verso il basso dal suo tendenziale, anche il valore delle retribuzioni dei lavoratori si è scostato verso il basso dal suo tendenziale. Sono praticamente la stessa cosa, si sono comportati nello stesso modo. E qui ci avviciniamo al discorso pensioni, naturalmente, perché visto che i contributi sociali, cioè la quota di retribuzione che viene trattenuta per corrispondere le pensioni, sono proporzionali alle retribuzioni, anche il gettito contributivo si è scostato verso il basso dal tendenziale. Sì, avete capito bene: esattamente quelle politiche di austerità fatte per salvare le generazioni future, fatte per alleviare il peso del debito e delle pensioni sulle vostre spalle, hanno reso più oneroso, più difficile da soddisfare, questo impegno, perché hanno prosciugato la fonte del suo finanziamento. Chi vi ha raccontato che stava facendo qualcosa per voi, in realtà stava lavorando contro di voi. E a proposito di generazioni future, c’è anche un altro dettaglio che andrebbe messo in evidenza. Retribuzioni basse, precarietà economica, impediscono di mettere su famiglia. Il risultato è questo qui:

Per 15 anni, dal 1995 al 2010, il numero di nati vivi in Italia era andato crescendo, seppure lievemente, in Italia. Dall’inizio della stagione dell’austerità si evidenzia un cambiamento strutturale molto appariscente, con un brusco calo dei nati vivi e un crollo della fertilità al valore attuale di 1,2 bambini per donna, assolutamente insufficiente, come è ovvio, ad assicurare il mantenimento della popolazione a un livello costante (per ottenere questo risultato il tasso di fertilità deve essere pari a 2,1). E infatti, la popolazione italiana è in drastico calo dalla stagione dell’austerità in qua.

Correlazione non vuol dire causazione, va da sé. Però questo:

cioè, il fatto che il brusco calo dei nati vivi sia contemporaneo al brusco scostamento del Pil dal suo tendenziale, è un fenomeno che va spiegato. Non vogliamo imporre l’idea che sia il calo del Pil ad aver determinato il calo delle nascite, ma se non è stato questo, che cosa è stato? Se non è stata la difficoltà di trovare lavoro e metter su famiglia a compromettere la demografia del nostro paese, che cosa può averla compromessa? Si accettano spiegazioni, di qualsiasi tipo, purché compatibili con l’andamento dei dati. Non credo che se ne troveranno di più convincenti di questa però.

C’è poi un altro aspetto. La sostenibilità del debito e del sistema pensionistico si misura ovviamente in rapporto al Pil. Perché? Perché il Pil è la somma dei redditi.in un paese dove si guadagna bene, si raccolgono molti contributi, e si possono pagare delle pensioni decenti. Se invece nel paese si comincia a guadagnare male, il peso delle pensioni sul Pil aumenta rendendo più difficile mantenere il patto di solidarietà intergenerazionale. Ora, il drastico calo del tasso di crescita del Pil dovuto alle politiche di austerità ha determinato una impennata del rapporto al Pil della spesa pensionistica. Lo vedete in questo grafico dove in blu è rappresentato l’andamento storico del rapporto spesa pensionistica/Pil e in arancione l’andamento che si sarebbe manifestato se il tasso di crescita del Pil fosse rimasto quello precedente alla stagione dell’austerità:

Insomma, tirando le fila del discorso, la sintesi di quanto ci siamo detti finora è questa:

E anche qui, sì, avete capito benissimo! Sono state esattamente le politiche messe in opera per farlo diminuire, cioè le politiche di austerità ad aver invece fatto aumentare il rapporto fra spesa pensionistica e Pil. Non è un risultato paradossale. In un rapporto il calo del denominatore Determina una esplosione che in circostanze piuttosto comuni può sovrastare quella di un pari ricavo del numeratore. Quindi, le politiche di austerità, cioè politiche che tagliano gli investimenti pubblici quando l’economia va male, cioè le politiche che assecondano la fase negativa del ciclo economico, che la accentuano, cioè le politiche, come dicono gli economisti,  procicliche, sono la causa della compromissione del sistema pensionistico, e quindi della compromissione del vostro futuro. E questo non ve lo dice un docente di questa università. Questo ve lo dice niente meno che il presidente Draghi, anche nessun giornale ha mai attirato la vostra attenzione sul significato delle sue parole:


Non ve le tradurrò, per il semplice motivo che, come avrete capito, il risultato delle politiche fatte per “salvarvi“ dai vostri genitori cattivi e che voi ve ne dovrete andare in giro per il mondo, quindi l’inglese è meglio che lo impariate subito, se già non lo sapete, e questo può essere un testo interessante sul quale esercitarsi, anche perché vi riguarda direttamente.

Quindi, voi ve ne andrete, e al vostro posto probabilmente verrà qualcun altro. La domanda che ci poniamo un po’ tutti è: ma chi verrà al posto vostro, darà un contributo al sistema sufficiente per renderlo sostenibile?

Vi fornisco qualche elemento di riflessione, visto che, come ho detto in premessa, conclusioni precise non ne ho, dal momento che l’indagine su questo aspetto ancora non l’ho effettuata. Intanto, una prima domanda che ci potremmo porre è se l’arrivo di persone appartenenti a popolazioni diverse dalla nostra possa dare un contributo significativo al tasso di fertilità nel nostro paese. La risposta è no, per un motivo molto semplice, che vedete in questo grafico:

In questo grafico vedete rappresentato il tasso di fertilità di alcuni paesi. La linea rossa tratteggiata è posta a 2,1 figli per donna, il tasso di fertilità che, come vi dicevo, consente di mantenere la popolazione costante, tenuto conto della mortalità infantile. Il tasso di fertilità dell’Italia è la barra in rosso ed è 1,2, sotto il livello di rimpiazzo.

Ora, naturalmente, sappiamo che avere un tasso di fertilità così basso crea dei problemi, ma non è detto che avere un tasso di fertilità molto alto sia necessariamente una soluzione. Ad esempio, il paese con il tasso di fertilità più alto al mondo è la Somalia, un paese in cui, se lo conoscete, difficilmente potreste aver voglia di trasferirvi: povertà, conflitti etnici, un quadro disastroso sotto il profilo economico ed umanitario. D’altra parte, il paese con il tasso di fertilità più basso è Macao, una ex colonia portoghese in Cina, un paese relativamente tranquillo, in crescita, forse non in testa ai vostri desideri, ma sicuramente un posto dal quale, se ci andaste, torneresti indietro vivi. La Cina ha un noto problema di fertilità, a causa della “politica del figlio unico“. Le autorità cinesi infatti per lungo tempo hanno proibito alle coppie di avere più di un figlio, perché temevano di non riuscire a sostenere la crescita esponenziale della popolazione, temevano che non ci fossero sufficienti risorse per sfamarla, e nel sistema di economia collettivista dell’epoca forse questo timore era fondato. Fatto sta che aver impedito alle donne di fare più di un figlio ha causato, da qualche anno a questa parte, un brusco calo della popolazione cinese che infatti è stata recentemente superata da quella indiana, e ora la Cina ha il problema opposto a quello che pensava di avere e cui ha ovviato in modo troppo drastico.

Questa cosa ci riguarda? Un po’ sì, perché una delle comunità più presenti in Italia è quella cinese, cioè una comunità che ha un tasso di fertilità più basso di quello delle donne italiane. Lo stesso vale per la comunità più presente in Italia, quella rumena, e anche per altre comunità straniere presenti in Italia. Di fatto solo la comunità pakistana ha un tasso di fertilità significativamente superiore al tasso di rimpiazzo (3,5). La maggior parte delle altre etnie presenti condividono con gli autoctoni il fatto di avere un tasso di fertilità inferiore a 2,1, e quindi la fertilità delle donne straniere in Italia è di 1,9, cioè non raggiunge il livello di rimpiazzo. Con l’occasione vi faccio notare che in media mondiale, il tasso di fertilità è 2,2, il che significa che la popolazione mondiale sta ancora crescendo, ma che è abbastanza vicina a stabilizzarsi, contro le previsioni catastrofiste dei maltusiani.

Posto che la capacità delle donne immigrate di alimentare la popolazione residente non è poi così determinante, veniamo a un altro aspetto: quanto contribuiscono gli immigrati al mercato del lavoro? Qui vedete qualche dato:

La maggior parte dei permessi di soggiorno non viene rilasciata per motivi di lavoro, ma per ricongiungimenti familiari o per protezione umanitaria. Questo significa che chi viene in questo paese necessita in larga parte di usufruire del nostro sistema educativo, sanitario, ma non necessariamente contribuisce a sostenerlo (su questo vi darò qualche dato più sotto). Il tasso di disoccupazione dei lavoratori stranieri è quasi il doppio di quello degli italiani, mentre le loro retribuzioni in media  sono quasi la metà di quelle degli italiani. In effetti, nonostante i lavoratori stranieri siano il 10% degli occupati, l'INPS certifica che essi contribuiscono solo per il 6% al totale del monte contributivo. Si tratta di un contributo importante, ed è meglio averlo che non averlo, naturalmente, ma è evidente che affermazioni semplicistiche come “i migranti ci pagano le pensioni“ sono fattualmente infondate. Non lo fanno perché non possono farlo, e anzi, purtroppo, verosimilmente non riescono neanche a pagare le loro, e comunque, se e quando le riceveranno, non è detto che poi le spenderanno nel nostro paese (ma anche di questo vi dirò meglio dopo).

Non mancano studi dettagliati che cercano di dimostrare come l’apporto degli immigrati regolari al bilancio pubblico sia positivo. Inutile dire che questo nulla toglie al danno che gli immigrati clandestini viceversa apportano, non fosse che per l’esigenza di mantenere una struttura piuttosto costosa per garantire la sicurezza loro e della popolazione residente. Qui vi faccio vedere le conclusioni cui giungono sul blog della Bocconi alcuni economisti:


La sintesi è che gli immigrati regolari contribuirebbero al bilancio pubblico con 4 miliardi, che è una cifra ragguardevole (ci si potrebbe tranquillamente finanziare la rottamazione quinquies e un ulteriore taglio delle aliquote IRPEF, per dire). Notate però che per arrivare a questo risultato gli autori fanno una serie di ipotesi. Sarebbe interessante verificare la robustezza di questo risultato rispetto a piccoli scostamenti aleatori delle singole voci dalla loro valutazione puntuale fornita nella tabella. Potrebbe essere un esercizio divertente, ma me lo sono risparmiato perché il punto su quale vorrei attirare la vostra attenzione è un altro: per quanto si possa argomentare che il contributo del lavoratori immigrati al bilancio dello Stato sia positivo, fatto sta che il contributo dei lavoratori immigrati alla bilancia dei pagamenti è senz’altro negativo. La Banca d’Italia ci dice che le rimesse degli immigrati, cioè i soldi che i lavoratori stranieri presenti nel nostro paese inviano ai loro paesi di origine, si situano intorno ai 9 miliardi, appesantendo i conti con l’estero. Nel grafico qua sotto il fenomeno è registrato dalle barre gialle, che infatti sono in territorio negativo, e che rappresentano il saldo dei cosiddetti redditi secondari della bilancia di pagamenti, cioè dei redditi derivanti da operazioni di redistribuzione (e mandare una parte del proprio stipendio alla propria famiglia nel paese di origine è una operazione di redistribuzione): 


Noi dovremmo essere ben consapevoli di questo fenomeno, atteso che la prima industrializzazione dell’Italia, quella dell’inizio del secolo scorso, è stata finanziata largamente con le rimesse dei nostri emigrati, che erano gli immigrati nelle Americhe (non solo Stati Uniti, anche Argentina, Brasile, eccetera). Quindi, dall’esportazione di lavoratori si può trarre un reddito (le rimesse degli emigrati), esattamente come dall’importazione di lavoratori bisogna essere consapevoli che si sosterrà un costo come sistema paese (le rimesse degli immigrati), un costo che si riflette sulla bilancia dei pagamenti.

La situazione italiana non è fuori controllo sotto questo profilo. Va molto peggio in altri paesi come la Francia, che essendo ex potenze coloniali hanno un flusso di redditi secondari in uscita molto più cospicuo, come potete vedere da questo grafico.



Resta il punto che vale per il lavoro quello che vale per l'altro fattore di produzione: il capitale. Esportarlo contribuisce positivamente alla bilancia dei pagamenti (dai capitali esportati si percepiscono interessi e dividendi, dai lavoratori esportati si percepiscono rimesse), importarlo contribuisce negativamente (vale il ragionamento uguale e contrario).

Ecco, il mio scopo era solo fornirvi qualche dato e qualche elemento di riflessione. Non c'è nulla di intrinsecamente vantaggioso o svantaggioso in economia, e non c'è nulla di gratuito. Come tante altre cose, anche i flussi di lavoratori in entrata (o in uscita) non sono un pasto gratis: suggerirlo è diseducativo e politicamente inopportuno.

Spero che questi elementi di riflessione possano aiutarvi, e vi auguro per il vostro futuro in questo o in altri Paesi tutto il bene possibile.

martedì 13 maggio 2025

Monday night fever

…dopo essermi riguardato questa mattina, risparmiandomi il compito di parlare a chi, come notava Andreas Schmidt, non vuole capire (per i più svariati, insondabili e insindacabili motivi) ho preso coraggio e sono venuto a Sulmona ad accogliere l’amico Ostellari (tutte queste cose, se vi interessano, le trovate sulla pagina FB). Ora sto rientrando: domattina Sky Start. Gli argomenti? Esteri (Ucraina, Gaza), difesa, referendum, MES, dazi… L’interlocutore? Misiani.

Io preferirei stare qui con voi a portare avanti il discorso sui salari, ma mi tocca il dialogo fra sordi, seguito alle 12 dall’informativa del MIMIT appunto sui dazi, in cui mi è stato chiesto dal capogruppo di intervenire. Qui l’argomento mi pare che lo avessimo chiuso. Ci sono cose che vorreste che io dicessi a Misiani o in aula?

Eventualmente, le leggo domattina prima di andare… 😉


(…ah, e sì, la febbre se n’è andata! Evidentemente era solo stanchezza. Mi faccio vecchio, cari miei…)

lunedì 12 maggio 2025

Chiuso per stanchezza

Nel post precedente, qualcuno di voi proponeva un interessante esperimento sociale: quello di far vedere ai gestori delle casse previdenziali il grafico della vergogna, per raccogliere le loro reazioni. Qualcosa di simile a dire il vero lo avevo già fatto, ma con riferimento al primo pilastro pubblico. Forse vi ricorderete il mio intervento alla presentazione della relazione del CIV dell’INPS. Comunque, oggi sarei dovuto andare proprio da loro, dalle casse, per un incontro Chatham House, ma non ce l’ho fatta.

Nicola me l’aveva detto: “Albè,  Hai la faccia stanca, c’hai due borse sotto gli occhi! Ti devi riposare. Ma non vi fermate mai?”

In effetti, Nicola negli ultimi due anni ha un po’ cambiato la sua percezione di cosa sia un parlamentare. Mi vede arrivare di gran carriera direttamente dal parlamento, tutto ingiaccato e incravattato, schizzo su in camera, scendo con gli scarponi, parto e me ne sto quattro ore in giro per i boschi col cane, torno, corro su nella mia stanza come Superman nella sua cabina, esco in tuta da parlamentare (completo blu, cravatta, spilletta), e vado a qualche incontro a 60 o 70 km di distanza, “non aspettarmi, domattina facciamo colazione alle sette, va bene?“,  e poi via…

Perché a me arrivare in ritardo non piace, la trovo una scortesia che non infliggerei neanche al mio peggior nemico, e quindi neanche a un compagno di partito!

E Nicola, che giustamente verrebbe farsi quattro chiacchiere, sconsolato, commenta: “Ma voi parlamentari, non state mai fermi?” Di mattina, a colazione, finalmente parliamo un po’: storie di politica, di paese, e della Fiat (chiamiamola così), che in Val di Sangro è un pezzo importante della vita di tutti. Gli racconto un po’ di fatti miei e mi racconta un po’ di fatti suoi: uno scambio paretianamente vantaggioso.

Comunque, io a riposarmi ci ho provato!

Ieri sera sono rientrato alle 22:30, mi sono buttato a letto, e questa mattina mi sono svegliato tardi, verso le nove. Pare che il mucco (maschile di mucca, sarebbe il gatto della mia povera suocera) sia entrato dalla finestra saltando sul letto, e io non me ne sono neanche accorto, tanto profondo era il mio sonno! Eppure, al risveglio, mi sembrava di aver dormito di un sonno leggero, non ristoratore. Fatto sta che, per quanto nel weekend mi fossi sbattuto in su in giù per la mia bella regione, sentirsi così non era normale e quindi alla fine mi sono misurato la febbre.

Come ogni vero uomo, al di sopra di 37:1 entro in agonia. Quindi, questa sera niente post tecnici, niente correzioni al disco, ma solo un po’ di svacco guardando un episodio di CSI particolarmente macabro.

E a Nicola ho mandato un messaggio per completarmi del suo occhio clinico: effettivamente, qualcosa che non andava c’era. Ma domani andrà, perché deve andare: il mio tempo non mi appartiene, e quindi neanche la mia salute.

Intanto, buona notte!

domenica 11 maggio 2025

La sintesi

(...mi dicono che domani sarà disponibile il video, ma intanto vi anticipo una slide, quella che tira un po' le fila del discorso...)



(...è incredibile come le persone non sappiano quello che è successo in questo Paese, forse perché non vogliono sapere a causa di chi e di che cosa è successo. Ma è successo, e di una cosa simile non si può non tenere conto...)

Chiuso per disco

Ho in coda almeno tre post: la seconda parte del post sui salari (dove ci occupiamo dei deflatori), una simpatica rettifica al nostro troll liberista preferito, e una variazione sul tema dei "migranti" che ci pagano le pensioni.

Breve inciso su quest'ultimo punto: ho appena conosciuto un pizzoferratese che ha studiato a Villa Santa Maria, ha fatto lo chef in giro per il mondo, è tornato al paese con pensione americana e non sa che chi vi scrive ha fatto questo in legge di bilancio 2019:


perché glielo ha chiesto il suo capo:


Gli ho spiegato che secondo me paga troppe tasse, vediamo se il suo CAF sarà d'accordo. Comunque, questo è un buon esempio del punto che volevo sollevare: siccome l'uomo è uno, o fa le cose, o le racconta. Quasi sempre chi racconta non fa, e chi fa quasi mai ha tempo di raccontare. Trovare un equilibrio è difficile, ed è per questo che ci si deve costruire una squadra.

Oggi devo lavorare al disco, quindi non posso raccontarvi nulla. Giornata dedicata alla musica, quella mia, e quella della Polizia di Stato. I tre post resteranno in coda, e voi leggerete altro: vi auguro un bell'editoriale di Giavazzi sui danni che ci ha fatto l'euro (lui ce lo ha sempre detto, non ricordate)? A seguire confessione di Draghi...

A presto!

(...magari un giorno vi racconterò la storia della flat tax per pensionati esteri...)

Addendum delle 14:52

Fatto l'inventario:


accompagnato dal rumore della pioggia, che silenzia tutto il resto (non passa una macchina, non abbaia un cane, non nitrisce un cavallo...), allestito il mio studio mi metto in caccia delle magagne:


Non sono poi così tante: godicchio discretamente, nonostante questo riavvicinamento alla durezza del vivere da musicista... L'onoré riprende servizio alle 17:30 a Lama dei Peligni, fate i bravi e a presto!

sabato 10 maggio 2025

L'Avello

Avello, per la nostra amica Three dogs, è "tomba, sepolcro". Parola foscoliana, ma anche boccaccesca ("in uno avello d’una chiesa ivi vicina dopo molto pianto la seppellirono"), e prima dantesca ("ché tra li avelli fiamme erano sparte, per le quali eran sì del tutto accesi, che ferro più non chiede verun’arte"). "Scendere nell'avello" sta per: morire.

L'Avello è un fiume che sgorga dal versante orientale della Maiella, sotto la cresta che unisce il Blockhaus al Focalone, e scorre nel fondo di una forra impenetrabile allo sguardo:


la Valle dell'Avello, che qui vedete a maggio dell'anno scorso. Vedete anche sulla destra il tracciato di una strada sterrata che passa in quota, la strada di servizio di un acquedotto, che parte dal Balzolo di Pennapiedimente. Ho percorso più volte a piedi questa strada verso la madonnina del Linaro, verso le gobbe di Selvaromana, addentrandomi in questo ambiente di una maestosità e di una severità impressionanti, sempre sul ciglio di, o dominati da, balzi di roccia vertiginosi, verso la parete nord delle Murelle:


memorabile impresa del nostro amico Giampiero.

Ieri sera, a Pennapiedimonte, un anziano del paese (che credo non legga questo blog: e come potrebbe leggerlo, se non esiste? Solo per questo lo definisco anziano...) diceva: "Si vede che non erano pennesi: qui a Penna i vecchi ci hanno sempre detto che nella forra non si scende: e infatti nessuno ci va!"

Qualche giorno fa, come sapete, quattro giovani sono scesi nell'Avello, e due sono morti, giusta la definizione della Treccani.

Ieri la luce della gola era livida, fredda:


o forse così sembrava a me, che sapevo che cosa era successo.

Il posto è unico:

e si capisce che possa attirare gli amanti del genere. Fatto sta che il video che vedete è stato girato a settembre scorso, quando la montagna, in quota, era così:


e io, che ho tanti nemici da sotterrare, avevo avuto paura di fare da solo perfino il tratto turistico della forra, la discesa che porta qui.

Ora provate a immaginare quel video in un giorno di disgelo primaverile dopo un inverno in cui, se c'erano due metri di neve alla Polledrara, nel deserto che vedete qua sopra ce n'erano almeno quattro, che si stavano sciogliendo appunto come neve al sole.

Immaginate il volume di acqua?

Tanta adrenalina, suppongo.

Ma troppa acqua.

Una tragedia.

Giovedì ero a Chieti ai funerali, perché pensavo di doverci essere, non tanto da parlamentare, quanto da montanaro (pauroso, ma montanaro). C'era tanta gente, c'erano anche loro. Non ho però avuto il coraggio di assistere a tanto dolore: alla fine della celebrazione sono uscito dalla cripta e sono scappato a Penna a scrivere slides per il giorno dopo (ma questa è una storia che saprete lunedì). Forse era mio dovere far sentire che lo Stato c'era, forse...

Ma in tutta onestà: in una storia simile, lo Stato, che c'entra?

Poi le storie si intrecciano: conosco tanti che li conoscevano, sono tanti i dettagli, non vi annoio.

Resta il fatto che i vecchi di Penna avevano ragione: non si scende nella forra. Io al disgelo non vado da nessuna parte. Il terreno è fangoso, le rocce sono instabili. Se succede qualcosa, poi, la colpa è del sindaco (che è uno dei motivi, il principale, anzi, per cui non capisco come mai la gente si candidi).

Ieri scendendo nuovamente a Chieti per il convegno (vedi sopra alla voce slides) ho incontrato i carabinieri. Presentazioni di rito, e poi: "Siete qui per le indagini?" "Sì, stiamo aspettando il magistrato".

C'è un magistrato che ci aspetta tutti, vivos et mortuos

Nel frattempo, fate attenzione.

Non c'è fretta.


(...sono finalmente atterrato a Pizzoferrato, nel mio buen retiro, e mi torna in mente questo. Mi chiedo cosa io stia inseguendo, per queste provinciali degne di maggiore attenzione, ma forse sto solo fuggendo da qualcuno, verosimilmente da me stesso, so brennen meine Wunden. Domani niente sveglia, e poi vediamo. Qui la quota è bassa, si può fare qualcosa, ma devo anche fare le correzioni dell'ultimo disco, o il neoborbonico mi scuoia vivo. Insomma: non solo la montagna presenta dei pericoli. Buona notte!...)

Multas per gentes et multa per æquora vectus

Chieti, Pennapiedimonte, Chieti, Silvi Marina, San Nicolò a Tordino, Guardiagrele, Pennapiedimonte, Chieti, Ortona… poi Pizzoferrato, Lama dei Peligni, Fossacesia, e Roma.

Solo per dirvi che oltre a questo collegio virtuale ne ho anche uno reale, analogico (diciamo così), che forse non sentiva il mio bisogno, probabilmente non sentirà la mia mancanza, ma apprezza la mia presenza, come io apprezzo conoscere e capire. Quindi non sentitevi trascurati: purtroppo blogger non mi permette nemmeno di pubblicare una foto, ma trovate tutto su FB e IG…

(…il 21 presentazione del libro di Claudio a Sulmona, ma prima, il 17, a Firenze…)

venerdì 9 maggio 2025

“Babbo Natale non esiste” moment

Oggi mostrerò a un convegno del mio ateneo il noto grafico (che Blogger non mi consente più di caricare): quello dello scostamento del Pil dalla sua tendenza storica, discusso qui. Il contesto è quello di un convegno sul tema de iMigranti™️ che ci pagano lePensioni™️, con tanto di gerarchie ecclesiastiche e di 

Poi vi farò sapere (se ne valesse la pena), ma intanto accetto vostri pronostici… 😉

(…la sintesi è che i contributi sociali corrispondenti all’occupazione degli immigrati regolari colmano appena la metà del buco aperto dall’austerità: l’emigrazione di Monti ci avrebbe arrecato il doppio del vantaggio dell’immigrazione regolare - senza aprire il discorso sui danni della irregolare…)


mercoledì 7 maggio 2025

Istruzioni per l'uso della cloaca

Vedo aggirarsi nella cloaca tanti volenterosi Jean Valjean, col loro fardello di verità sulle spalle, e con la loro ansia di diffondere il verbo (Ottavio, Sergio, ecc.). Lungi da me scoraggiarli, atteso che lo scotto da pagare per chi decide di scegliere il campo in cui combattere può essere quello dell'autoreferenzialità, cioè del parlare a se stessi, del non ampliare la cerchia di diffusione del messaggio, tanto più se questo viene consegnato, come qui facciamo, a piattaforme un po' vetuste, che presto, probabilmente, verranno discontinuate (ponendoci un serio e costoso problema tecnico)! Quindi ben vengano escursioni su altri social media. Tuttavia, se proprio ci tenete a proseguire questo vostro peregrinare nell'oscurità e nei miasmi, permettetemi di darvi qualche consiglio affinché questo errare sia fecondo di risultati, perché da come vi state comportando posso dare per scontato che non lo sia, e che anzi danneggi (in termini di seguito) non solo me, ma anche voi!

Già mi avete danneggiato abbastanza spammando l'hashtag #goofynomics, e facendolo quindi scendere nei ratings dell'algoritmo! Io però ho le spalle larghe (larghezza direttamente proporzionale alla nota vastità, sì, quella: non mi fate essere scurrile)! Invece per voi mille follower in più possono fare la differenza, possono significare il raddoppio del vostro pubblico. Permettetemi allora di segnalarvi un dato che evidentemente vi sfugge.

Il noto miliardario non ha acquistato la cloaca perché noi potessimo sguazzarci liberi e felici in nome del frispìc! Lo ha fatto per farci su dei soldi. Questi soldi ce li fa o con forme di abbonamento che ti consentono di avere alcuni privilegi, o con la pubblicità. La pubblicità ha tante più possibilità di dare un ritorno quanto più gli utenti si trattengono sulla piattaforma. Ne consegue che vengono premiati gli utenti che:

1) incentivano altri utenti a restare sulla piattaforma postando contenuti interessanti, e, soprattutto:

2) non incentivano gli utenti a uscire dalla piattaforma, cliccando su link che conducono all'esterno.

Semplice, no?

Ne consegue, ad esempio, che comportandosi così:


Ottavio fa più male a se stesso di quando bene faccia a me, semplicemente perché, fornendo ai suoi follower un link, segnala alla piattaforma di essere un punto di uscita, una falla che va in qualche modo turata, calafatandola con la pece dell'oblio e dell'oscurità.

Come si può fare allora per attirare su un sito terzo le pantegane della cloaca senza rischiare di farsi incenerire dall'algoritmo?

La risposta dovrebbe essere ovvia: bisogna qualificarsi come utenti che generano e trattengono traffico.

Partiamo dal "trattenere".

Se vedete qui qualcosa che vi piace, vi suggerisco una strategia in tre mosse: invece di un singolo tweet, fate un thread di almeno tre tweet. Nel primo metterete magari un grafico, perché cattura l'attenzione (io mi impegnerò a farli più self-contained ed espliciti, in modo che siano ingaggianti), con una breve didascalia. Nel secondo mettete una breve spiegazione testuale.  Nel terzo, infine, mettete un altro po' di testo (ma anche no) e il link all'esterno (cioè al Dibattito).

Volete un esempio?

Primo tweet:

Non è vero che la Germania è la locomotiva dell'Eurozona: la crescita tedesca è sempre stata inferiore alla media tranne che nella fase più acuta della crisi.

Secondo tweet (senza immagine, in risposta al primo):

Secondo i dati Eurostat, nel periodo dal 1996 al 2024 il tasso media di crescita della Germania è stato dell'1.2%, contro l'1.6% dell'Unione Europea a 27. Questo nonostante che durante la crisi finanziaria la Germania abbia approfittato di aiuti di cui non aveva bisogno.

Terzo tweet (facoltativo, senza immagine, in risposta al secondo):

Il criterio della cosiddetta capital key ha infatti comportato che la Bce acquistasse più titoli tedeschi che titoli di altri Paesi non in quanto la Germania avesse più bisogno di aiuto, ma in quanto aveva una maggiore quota nel capitale della Bce.

Quarto tweet (conclusivo, con link, in risposta al penultimo che sarà il secondo se ne avete messi due e il terzo se ne avete messi tre):

Questo aiuto sproporzionato, non il vigore della sua economia, ha consentito alla Germania di superare per un po' la crescita media europea. Per approfondimenti: https://goofynomics.blogspot.com/2025/02/la-locomotiva-tedesca.html.


Precisazioni

(...perché Jean Valjean è astuto come un cervo, altrimenti non sarebbe finito al bagno penale...)

Primo: a vostro discarico, è ovvio che a partire dal post citato per alcuni sarebbe stato difficile articolare un thread simile, perché, ad esempio, le crescite medie non le avevo inserite nel testo, la capital key non l'avevo menzionata, ecc. Proprio per questo, tra l'altro, questo post è abbastanza respingente e non ha molto senso citarlo (scusa, Ottavio): non fornisce informazioni ulteriori rispetto al semplice grafico e non aiuta a capire il grafico. Quindi io posso essere meno criptico nello scrivere, ma voi dovete essere più tattici nello scegliere cosa valorizzare di questo blog, perché il problema che ha la cloaca (trattenere utenti) lo abbiamo ovviamente anche noi, e per risolverlo dobbiamo offrire dal valore aggiunto. Ci sono centinaia di post con grafici ingaggianti e con tutta la spiegazione che potete copiare e incollare, o meglio elaborare, in un mini-thread. Tutto quello che è stato scritto qui è attuale, ogni giorno di più. Perché scegliere le cose meno attuali? Inutile dire che non tutte le informazioni del thread devono venire da un unico post!

Secondo: quando incollate un link da blogspot togliete la parte finale ?m=1:

https://goofynomics.blogspot.com/2025/02/la-locomotiva-tedesca.html?m=1

e inserite semplicemente:

https://goofynomics.blogspot.com/2025/02/la-locomotiva-tedesca.html

così il post non verrà forzato ad adattarsi alla visualizzazione mobile e su PC non si vedrà una schifezza simile:


che tra l'altro elimina la barra laterale con l'indicazione degli altri post, cioè un elemento chiave per incuriosire un eventuale viandante.

Terzo: se un thread vi viene particolarmente bene, considerate di metterlo come tweet fissato. Fissando un tweet potete fare miracoli in termini di visibilità:

(ma io resto umile...), e di questo ovviamente l'algoritmo terrà conto, e vi premierà.

Conclusioni

Da ecclesiarca, più di questo per aiutarvi non posso fare. Sta a voi sbizzarrirvi. Se lo fate con ponderatezza sono sicuro che vedrete i risultati.

Provate (senza fretta) e fatemi sapere. E in ogni caso, se proprio non potete attirare lettori, almeno cercate di non respingerli...

I sorpassi (ancora sul debito francese)

Poco più di sei mesi fa vi avevo parlato del sorpasso:


Intervengo solo per rettificare il titolo: i sorpassi in effetti erano due. Oggi il Völkischer Beobachter salmonato, per bocca di Marco Fortis, ci fa sapere che:


e quindi sì, in effetti i sorpassi erano due: mentre vi esponevo le ragioni di un possibile sorpasso a sinistra del nostro debito pubblico da parte di quello francese, sorpassavo a destra un collega comme il faut, che mezzo anno dopo scopre quanto voi sapevate mezzo anno prima!

D'altra parte, quando si sorpassa lo si fa perché si vuole risparmiare tempo, o anche per una insopprimibile pulsione interiore, quella che l'amico e maestro Giampiero Di Federico mi ha rimproverato l'unica volta che ho avuto l'onore di essere accompagnato da lui in montagna, infastidito dal mio approccio agonistico: "Albè, sei come gli alpini del Pinerolo: mai niun davanti!".

Un nec pluribus impar diacronico che aggiungiamo a quello sincronico.

Il fatto che io sia arrivato prima ci riconcilia in qualche modo con quella pseudoscienza che va sotto il nome di bibliometria:



Con quattro punti di h-index in più nonostante i miei sei anni anagrafici in meno (che oggi sono venti anni percepiti in più grazie ai postumi del secondo colpo della strega in due mesi...) e il brusco arresto della mia carriera sette anni or sono (sfiga! Sono diventato Presidente di Commissione...), diciamo che la fredda e spesso fuorviante oggettività del dato bibliometrico affidava a me il compito di dire la cosa giusta (do the right thing) al tempo giusto, che in scienza è prima, non dopo, visto che il progresso è fatto, appunto, di sorpassi!

Non vorrei però che queste considerazioni suonassero come denigratorie nei riguardi del collega (in quanto economista) Fortis, che invece vi invito a leggere quando lo incontrate, perché se non è tutto giusto quello che dice, non dice quasi nulla di sbagliato, tant'è che ha attirato su di sé l'attenzione dei drindrini, che lo accusano nientepopodimeno che di "narrazioni distorte sull'economia". Sus Minervulam docet, verrebbe da dire. Tatticamente quindi Fortis è un nostro amico in quanto nemico del nostro nemico, e le posizioni di grande equilibrio che prende (e che potrete facilmente rinvenire sul Völkischer Beobachter salmonato) su temi quali il ruolo delle PMI nell'ecosistema industriale italiano, la proiezione internazionale dell'economia italiana, e, come vedete, anche la sostenibilità del nostro debito pubblico, in effetti ce lo rendono simpatico, e suscitano il nostro stupore nel constatare che il principale nemico delle PMI gli dia spazio sul suo house organ! Ma tant'è: anche e soprattutto loro  (i "confcosi") hanno bisogno di rifarsi una verginità...

Il fatto che abbia una produzione accademica più contenuta della nostra, in altri termini, non è necessariamente segno di una minore brillantezza di analisi, anzi, tutt'altro! Mi sembra più il frutto di una scelta, quella di dedicarsi al meraviglioso mondo della corporate governance pubblica o privata. Per quanto un consigliere di amministrazione abbia più tempo di un parlamentare, se vuole fare bene il suo lavoro non ha tanto tempo da dedicare alla ricerca. La vita è fatta di una pluralità di obiettivi e di risultati: mi sono messo a giocherellare con l'h-index e con il "paper teorico" quando questo tipo di argomenti veniva usato dai cretini per denigrarmi, non voglio essere certo oggi io il cretino che denigra, anzi! Spero sia chiaro quindi che il mio riferimento alla bibliometria (come quelli al pieiccdì o alla pirreviù) era assolutamente ironico. Capita molto di rado che le indicazioni di rango accademico collimino con l'interesse concreto e l'originalità del contributo di uno studioso, e abbiamo avuto infiniti esempi del contrario, a partire dall'ormai mitologica "tabaccaia scalabile" di buona memoria!

(...sì, so che il termine usato non era letteralmente "tabaccaia", cari puntacazzisti, a partire dall'amico Carlo, ma l'immagine felliniana del compassato Luigi che si arrampica su per il seno prorompente di una tabaccaia romagnola non riesco a togliermela dalla testa e mi procura un appagamento intellettuale tale da più che compensare il fastidio arrecatomi dal vostro zanzaresco puntacazzismo...)

Direi quindi che se qualcuno deve avere diritto di tribuna nei quotidiani "autorevoli", molto meglio uno come lui, che, come avrete visto se lo conoscete o vedrete se lo conoscerete, argomenta coi dati, in modo piano e rigoroso. Leggerlo, comunque la mettiate, è un piacere.

Mi rimane solo un dubbio atroce: una persona con questa nitidezza di visione non può non capire qual è la radice del problema che ci affligge.

E allora perché non lo ha mai detto?

Una volta sarei stato feroce verso un comportamento che avrei giudicato indice di ignavia e di conformismo. Ora ho imparato a vedere le cose con maggiore apertura di spirito. Bisogna prendere da ognuno il buono, senza pretendere il nostro ottimo, che magari è solo nostro (e quindi non è un ottimo). Io, dal mio essere esplicito, ho guadagnato (forse) più di quello che ho perso, e comunque è stata una scelta mia, che nessuno mi ha imposto e che non imporrei a nessuno. Già ora, nel ruolo in cui sono, essere più esplicito renderebbe meno efficace la mia azione politica, e infatti che l'euro è e resta un gigantesco problema lo dico solo qui, nel blog che non esiste, così nessuno lo sa, perché nessuno deve saperlo, motivo per cui questo blog non esiste e il Tramonto dell'euro non è mai esistito.

Voi però sapete che io lo so, e io so che voi sapete che io lo so.

E secondo me lo sa anche Fortis.

Tanto basti, soprattutto se questo, come mi pare che anche Fortis intuisca, oggi è più un problema per la Francia che per noi.

Ognuno ha diritto di vivere nel mondo che desidera: anche Macron!

"Chi vuole il fine vuole i mezzi per realizzarlo", ricordate?...

martedì 6 maggio 2025

QED 110: bisogna insistere!

Ieri su Twitter Savino Balzano chiedeva: “Che si fa?”. La famosa domanda leninista (“Che fare?”) che mi avete posto in tanti fin dall’apertura di questo blog, quattordici anni or sono. La mia risposta è stata concisa: “Gli si vota contro fino all’esaurimento (loro)”.


Oggi apprendiamo che Merz non ha avuto la fiducia del Bundestag. Non ho idea di come funzioni la costituzione tedesca e quindi non so se abbia altre possibilità e che cosa comporti questo sgradimento da parte di uno dei due rami del parlamento tedesco per le ambizioni del cancelliere in pectore. D’altra parte, da quattordici anni in qua quelli che sanno tutto qui siete voi, quindi vi leggerò con attenzione: magari qualcuno sarà anche un troll, ma certamente non è un operatore informativo, quindi vale la pena di leggerlo! 😉

Questo è un QED per motivi che dovrebbero essere evidenti: se gli si vota contro qualche risultato si ottiene. Certo, gli elettori tedeschi non hanno fatto #aaaaarivoluzzione o il gesto eclatante. Non stiamo assistendo alla vittoria (cioè alla sconfitta) definitiva. Ma sarebbe molto stupido non ammettere che un po’ di sabbia nell’ingranaggio è stata gettata, che questo è molto più di quanto ci potessimo aspettare fino a poco tempo fa, e che sta succedendo perché il popolo tedesco ha votato compatto per il partito osteggiato dal sistema. Duole ammetterlo, ma per una volta i tedeschi sono stati più intelligenti, o meno fuuuuurbi, di noi! Quale sia il partito nel mirino del sistema qui da noi è sufficientemente ovvio, e a chi segue il nostro percorso dovrebbero anche esserne ovvi i motivi, ma in tutta evidenza nelle scelte di voto di molti hanno prevalso altre “logiche". In molti, troppi, hanno ceduto alle sirene dell’astensione, quelle contro cui oggi la sinistra si scaglia, dopo averle strumentalmente schierate contro la Lega al tempo delle elezioni politiche, con un lavoro capillare su tutti i social media, al quale troppi hanno abboccato, nonostante che gli fosse stato mostrato che chi chiamava l’astensione per lo più non era un “rivoluzionario”, ma semplicemente un troll del PD che interveniva eseguendo una strategia assolutamente razionale ma anche chiaramente leggibile. Ovviamente, chapeau a chi ha saputo fare questa intelligente propaganda! Speriamo però che la giornata di oggi faccia capire a chi ci è cascato perché sarebbe meglio non cascarci…

Tanto vi dovevo, e anche qui abbiamo un interessante evoluzione da seguire con attenzione e rispetto.


lunedì 5 maggio 2025

QED 109: disse il grillo al tordo (sinistra e democrazia)

Questa notte era così su Europe Elects:


Questa mattina ricevo dal prof. Santarelli (che è esperto di cose rumene per motivi che alcuni di voi hanno constatato) un messaggio dal tenore esplicito "disse il grillo al tordo, sentirai il botto se non sei sordo".

Intuendone il significato, vado a verificare sul sito ufficiale:


e in effetti è un bel botto! Quasi il doppio di quanto il precedente candidato di AUR aveva ottenuto alle precedenti elezioni del 2024, quelle annullate (da circa due a quasi quattro milioni di voti). Questo, peraltro, significa che le piazze rumene piene di gente che compostamente manifestava la propria indignazione non erano un fake, come qualcuno cercava di sostenere, invitando a verificare le fonti:


(la rete nasconde ma non ruba).

Due giorni fa scrivevamo:


e effettivamente la risposta degli elettori rumeni va naturaliter nella direzione indicata, come l'acqua segue il declivio di un monte: quella di far crescere il consenso del partito osteggiato dal sistema.

Bene, ma non benissimo, intanto perché il 41% non è il 67% (ma sappiamo accontentarci!).

Poi perché immagino che la risposta repressiva sia già partita: si parlerà (ovviamente) di hacker russi, di manipolazioni social, di propaganda, ecc., dimenticando che la democrazia è propaganda, e che nel momento in cui precludi la libertà di fare propaganda, precludi la democrazia.

Questa (tratta da questo sito) cos'era?


Non mi sembra la si possa definire una razionale, asettica e politicamente corretta esposizione di posizioni politiche, giusto? Forse sarebbe più corretto definirla come la ricerca di una irrazionale risposta emotiva, o sbaglio?

Quindi la propaganda c'è sempre stata, condotta con maggiore o minore raffinatezza (preferibilmente con minore, dato che il suo obiettivo è appunto catturare il consenso emotivo della maggioranza), e nessuno se ne è adontato fino al punto di negarne la legittimità: semplicemente, ognuno ha fatto la propria! Che è poi quello che, a reti (e schermi cinematografici, e prodotti editoriali) unificate stanno facendo gli altri, da sempre, saturando qualsiasi spazio e non fosse che per questo negandoci la possibilità di contrapporre i nostri argomenti.

Il disprezzo della sinistra per la democrazia è radicale e inguaribile perché è in primis et ante omnia disprezzo per il demos. Ora, per carità, non è che io sia un esempio di empatia e immedesimazione nelle vicende e nelle passioni dei ceti popolari: non ho mai visto un festival di Sanremo né una partita di calcio (tranne quelle della nazionale, subite da bambino)! Il punto però è un altro: per quanto io possa essere programmaticamente aristocratico, non mi verrebbe mai in mente di pretendere l'esame di lettura della partitura (o di "antifascismo") da chi si accosta alle urne, né di dire apertis verbis all'elettore che è un deficiente perché si lascia influenzare dagli shorts di TokTok, e questo perché non credo che il setticlavio sia un presupposto necessario per la lettura della realtà, né che gli elettori siano dei bambinoni (nonostante che debbano subire la puerile narrazione eticizzante dei raffinati tecnici che parlano di debito buono e cattivo, e baggianate simili, che infatti rifiutano).

Negare legittimazione alla propaganda (a quella altrui, beninteso, che alla propria nessuno rinuncia!) significa dare all'elettore del cretino, aspettandosi che non se ne accorga e pretendendo, in caso contrario, che sia grato per le attenzioni di chi lo vuole salvare da se stesso!

Come siamo arrivati a un simile salto di qualità, quello per cui in nome della democrazia si nega la sostanza della democrazia (oggi la propaganda elettorale, domani il libero voto - preferibilmente cartaceo - alle urne)? Credo che la risposta sia semplice: perché il livello dello scontro si è innalzato. Ormai il problema non è più individuato nel fatto che l'elettore scelga male (a seconda dei punti di vista: scelga i cosacchi, o scelga Truman!). Oggi il problema è visto nel fatto che l'elettore scelga!

Non dovrebbe essere difficile capire perché, considerando un dato non solo simbolico: il lungo percorso di delegittimazione della politica con quello che viene ormai apertamente riconosciuto dai suoi autori come un colpo di stato:


qui da noi si avvia in sincrono con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht, che sancisce il divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia e il definitivo abbandono dell'Europa alle logiche della terza globalizzazione, a un assetto istituzionale in cui titolare dell'indirizzo politico è il Mercato. Nel mondo in cui governa il Mercato, perché i governi si sono privati di uno strumento essenziale di politica economica, hanno ceduto quello che era stato, nei lunghi millenni della storia, uno dei due fattori costitutivi della sovranità, cioè il potere di battere moneta, è chiaro che i percorsi devono essere definiti in altre sedi rispetto a quelle politiche e sono funzionali ad altre logiche: logiche globali, cioè sovranazionali, rispetto alle quali la semplice idea che un popolo possa autodeterminarsi è oggettivamente eversiva, per quanto possa essere proclamata in modo più o meno solenne dalle varie Grundnorm nazionali. Sappiamo che cos'è, sappiamo in che conflitto siamo invischiati: in una guerra coloniale, combattuta, come pressoché tutte le guerre coloniali, per appropriarsi di materie prime. La materia prima in questo caso è il risparmio, che si vuole sottrarre, in nome dell'efficienza, all'intermediazione pubblica, gestita dai governi, indirizzata dagli elettori, e svolta attraverso il sistema pensionistico, sanitario, educativo, ecc., per consegnarlo in modo totalitario all'intermediazione privata (nonostante che questo processo, ampliando la disuguaglianza, porti inevitabilmente a crisi di domanda, o di sovrapproduzione che dir si voglia, secondo meccanismi descritti ad esempio qui).

Ora, capisco che questo spostamento di fronte possa frastornare qualcuno, aprendo la petulante solfa secondo cui oggi "destra e sinistra non esistono più", e via luogocomunisteggiando.

Faccio un'osservazione: le strategie da regime totalitario con cui viene concretamente attuato il tentativo di salvarci da un ipotetico regime totalitario sono ormai visibili, vengono applicate in modo sfacciato, plateale. I freni inibitori sono caduti, non ci si cura di salvare le apparenza, e questo non può non turbare la coscienza dei progressisti, il cui primo imperativo morale è, da sempre, la difesa usque ad effusionem sanguinis del bon ton (da Rosa Luxemburg a Lina Sotis è stato un attimo...) Per sedarne un improbabile, ma non impossibile, moto di indignazione, li si rassicura dicendo che il male viene fatto (come di consueto) a fin di bene, viene perpetrato per salvarci dal fasheesmo. Lo scopo di questo bombardamento continuo, di queste caricaturali e petulanti richieste di abiura, di questo insistito richiamo all'esperienza dei totalitarismi storici, di cui viene infallantemente data una rappresentazione eticizzante e favolistica (la lotta del Bene contro il Male, l'imbianchino austriaco che era cattivo perché la mamma non gli dava il bacio della buona notte - senza considerare che per medicare simili traumi un'alternativa allo sterminio di interi popoli c'è, ed è scrivere un romanzo di successo), o di cui, peggio ancora, si raccontano in modo falso i presupposti oggettivi (la solita balla secondo cui il nazismo sarebbe stato causato dall'inflazione di Weimar, quando tutti ormai sanno che fu determinato dall'austerità di Brüning, al punto che perfino quel clero vile e conformista che è la professione accademica non può nasconderlo:


mentre nei nostri parterre televisivi ancora sfrecciano le carriole di Weimar...), insomma: lo scopo per cui questo apparato propagandistico schiacciante, ramificato, subdolo, onnipresente si attiva per suscitare allarme è duplice. Da un lato, come dicevamo, questa propaganda serve a rafforzare i progressisti nella convinzione di essere i buoni, di essere dalla parte del giusto, e quindi, in quanto tali, di potersi permettere esattamente le stesse pratiche che storicamente deprecavano nei cattivi, pratiche che i cattivi non si potevano permettere perché erano dalla parte del torto, mentre i buoni naturalmente possono attuare, essendo dalla parte della ragione. Un ragionamento un po' ingenuo, alla portata di quelle menti la cui semplicità si spinge fino al punto di ritenersi raffinate. Dall'altro, lo spettro dei totalitarismi storici viene agitato per scongiurare che una serie di benpensanti più o meno progressisteggianti possano porsi una domanda: "Ma è giusto che a un popolo sia precluso il decidere per se stesso?" e darsi la risposta giusta: "No!". Quello che si vuole stabilire, insomma, è il principio che se ritieni che un popolo abbia il diritto di autodeterminarsi, allora vuoi la Shoah, sei un mostro, non ha dignità di interlocutore, sei il Male, sei nazista.

Non vi sfuggirà il duplice paradosso. Primo: questo trattamento degradante viene inflitto agli elettori proprio da chi ha messo in opera politiche affini a quelle che hanno condotto al nazismo storico, cioè politiche di austerità (vedi l'estratto qua sopra, e se interessa anche la letteratura riportata dall'articolo citato). Secondo: la colpevolizzazione del patriottismo viene portata avanti come strumento di lotta politica proprio da quella parte politica (i progressisti) che del patriottismo ritengono di avere l'appalto unico, ma solo un giorno all'anno, il 25 aprile, quello in cui si gloriano di aver fatto uscire dalla porta quel nazismo che poi, come sappiamo, hanno fatto rientrare dalla finestra.

Ora, il fatto che le percentuali di chi decide di schierarsi dalla parte del Male, pagando un costo reputazionale di fronte alla propria coscienza e alle proprie conoscenza, siano in crescita dimostra che questo giochino non attacca, che a ognuno puzza questo barbaro dominio. Insomma, è il discorso, per certi versi fondato, che faceva ieri elu ei:

e che da anni fa un nostro altro amico che non nomino quando dice che: "Una volta che hai deciso che sei di destra, la strada è tutta in discesa!", alludendo al fatto che, finalmente, a destra puoi dire che il cielo è celeste e il prato verde, senza dover sguainare spade e senza patire, come anche qui abbiamo patito, la censura di chi in teoria la pensa come te. Quel moto liberatorio che ha sancito il successo di Vannacci, per capirci.

Ma appunto qui vedo due motivi di preoccupazione, che vi consegno chiudendo questa omelia.

Il primo è che in discesa si prenda troppo abbrivio, che la rottura dei freni inibitori da parte degli utili idioti del cosmopolitismo borghese ne promuova una simmetrica da parte dei patrioti. Insomma, che insensibilmente si passi dal provocatorio e liberatorio "E basta con 'sto fascismo!" dell'amico Daniele a qualcosa di più, alla nostalgia, in nome dell'invocazione di un male ormai ignoto come liberazione da un male noto, o addirittura al revisionismo, sulla base del principio non privo di plausibilità secondo cui se ci raccontano tante balle sull'oggi, durante un conflitto che non vede ancora dei vincitori (vedi il tweet citato sopra), chissà quante potrebbero raccontarcene su un conflitto ormai remoto e che ha visto degli sconfitti. Questo va evitato. Dobbiamo ricordarci che noi siamo contro la sinistra perché la sinistra è l'austerità, cioè il nazismo, perché la sinistra è la negazione della libertà di espressione, cioè il nazismo, perché la sinistra è il disprezzo della sovranità dei popoli, cioè il nazismo. Dobbiamo ricordarci di non immedesimarci, neanche per un secondo, neanche in un comprensibile momento di disperazione, in ciò che intendiamo combattere, non tanto perché questo darebbe agio al nostro nemico di demonizzare il nostro impegno (quello già lo sta facendo), quanto perché dobbiamo avere chiara la direzione in cui vogliamo andare.

Il secondo motivo di preoccupazione è più immediato e concreto. Oggi sono inchiodato a letto da un colpo della strega (devo ricordarmi che gli anni non sono quelli che sento, ma quelli del calendario...) e quindi volevo scrivere questo post dal telefonino. Non è stato possibile. Nel momento in cui volevo inserire nell'interfaccia mobile di blogger il primo screenshot di questo post, ho ricevuto questa simpatica risposta:


e non c'è stato verso. A un secondo tentativo, l'inerfaccia di blogger non mi mostrava nemmeno le immagini che pure erano nella libreria delle foto. Le ho allora salvate come preferite, "cuorandole". In questo modo riuscivo a reperire (nella cartella preferiti) le immagini che non mi venivano mostrate nella libreria, e quindi a chiedere a blogger mobile di caricarle, ma la risposta era la quella che vedete qua sopra. A questo punto, fra dolori atroci e altrettanto atroci litanie, mi sono procurato il pc, l'ho aperto, e ho provato e incollare da icloud gli screenshot, ma (sorpresa?) gli screenshot che citano il voto rumeno su icloud non ci sono arrivati (due ore dopo!):


e quindi me li sono andati a prendere su Twitter usando l'interfaccia desktop (dove pare che tutto stia funzionando).

Morale: stampate i post che vi interessano, perché prima o poi, Ciamp o non Ciamp, ci tireranno giù. Molto dipenderà da cosa vorranno fare gli Stati Uniti da grandi, argomento su cui ci siamo lungamente intrattenuti, ma se tanto mi dà tanto anche gli appassionati appelli in difesa del free speech potrebbero essere meramente tattici, potrebbero riflettere, più che una intima convinzione da parte di chi, essendo padrone delle piattaforme è padrone del discorso, una mossa per mettere in difficoltà chi si è sbilanciato in modo così visibile da essere controproducente, appunto, per il controllo del discorso. Che si possa negare formalmente il ricorso alle urne è un'eventualità che ormai dobbiamo considerare plausibile, ma che resta remota. Che si spenga come una lampadina un blog che ha contribuito a mutare il quadro politico del Paese temo sia molto più probabile. Quando succederà troveremo altri modi per restare in contatto, ma intanto ricordate: la carta resiste ai blackout!

Intanto, vediamo come andrà a finire in Romania: per fortuna, in questo momento i nostri nemici sono distratti da altro, ma l'intelligenza artificiale è viva e lotta per loro...

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