domenica 9 marzo 2025

I parrocchetti

Cammino per una Roma domenicale mattutina e deserta, anche per recuperare rispetto a una giornata relativamente sedentaria (cinque gazebo: Sulmona, Ortona, Francavilla, Pescara, Avezzano, fra i quali mi sono dovuto necessariamente muovere in macchina). Nel silenzio tombale mi disturba un grido sgraziato. Alzo gli occhi al cielo, sapendo già quello che vedrò: il volo maldestro di un parrocchetto, non so se monaco o dal collare, perché da lontano non riesco a vedergli il becco.

Una volta il risveglio a Roma era un’esperienza diversa.

Iniziava ante lucem il codirosso, si aggiungeva flautato il merlo, interveniva stridulo lo scricciolo, col rinforzo del pettirosso, e poi il fringuello. Subentrava in crescendo il rumore di fondo della città, il traffico della tangenziale, il clacson dei genitori imbottigliati di fronte all’ingresso della scuola, che impediva di apprezzare l’inesauribile capacità mimetica dello storno (genio incompreso e misconosciuto). Si chiama, anzi si chiamava, biodiversità, quella cosa che alla sinistra tanto piace quando riguarda gli animali, con particolare attenzione a quelli che rompono i coglioni (caso di specie: gli astuti cervi, uno dei quali non più tardi di un paio di settimane fa voleva sedersi in macchina al posto di Scarpetta di Venere, entrando però dal parabrezza, atteso che la sua natura di ungulato artiodattilo gli precludeva una efficiente gestione della maniglia della portiera: sarebbe un problema anche per il suo distante cugino delfino, che però, stranamente, non rompe i coglioni); sì, la stessa biodiversità che però la medesima sinistra schifa e ha contribuito a distruggere in infiniti altri campi, dalle banche, al commercio, alla cultura, insomma: all’umanità (la nostra).

Non è chiaro da dove siano arrivati questi illegal aliens, o meglio: non è chiaro come siano arrivati, perché da dove lo si sa, si sa dove sono specie autoctona, e un’unica certezza è possibile nutrire: che con le loro forze qui, da soli, non sarebbero mai riusciti ad arrivare, nonostante in astratto avessero buoni motivi per provarci, perché il fatto stesso che qui siano diventati specie egemone dimostra che qui, a differenza che a casa loro, non hanno antagonisti naturali, e anzi sfruttano le nicchie ecologiche dei nostri autoctoni (ad esempio, del picchio rosso). Insomma: anche i parrocchetti fuggono dalla guerra (coi serpenti arboricoli), poverini! Fuggono anche dalla dittatura, quella dell’essere umano, che, inspiegabilmente insofferente di veder distrutti i propri raccolti, in palese violazione della “Convenzione di Civitaluparella sui diritti degli uccelli che rompono i coglioni” (una fondamentale fonte del diritto sovranazionale, sottoscritta il settordici ottembre duemilacredici dagli alti rappresentanti degli Stati membri dell’Organizzazione non utile), quando può (cioè più o meno ovunque, dati gli standard di quelle regioni) gli spara addosso.

E quindi che fai, non li accogli, poverini!? Non gli lasci radere al suolo qualsiasi forma di vita NSGC (ma sì, dai: abbandoniamoci anche noi al delirio europeo degli acronimi), aka ΙΧΘΥΣ, per gli amici “er Pesce”, ci abbia donato per allietare le nostre giornate!? Distruggere le altre specie di uccelli è un loro diritto, in quanto specie di uccelli, no!? È diritto di Loretta la parrocchetta identificarsi in un falco pellegrino: è un suo diritto in quanto psittacide!

È la globalizzazione, bellezza! Carta vince, carta perde. Anzi, parrocchetto vince, merlo perde. Con quale guadagno per l’ambiente circostante lo saprà apprezzare chi è dotato di orecchie, esattamente come chi è dotato di narici può apprezzare quale sia stato il guadagno di sostituire la fragranza dei forni, delle pasticcerie e delle rosticcerie, del loro pane, dei loro dolci, dei loro spiedi, col tanfo internazionalmente omogeneo del simpatico kebab.

(…auguri, Matteo!…)

20 commenti:

  1. Articolo splendido e divertente. Vorrei ricordare che il primo ad avere passione per le sigle come efficace mezzo di obnubilamento del cervello è stato Goebbels, sì, proprio quello lì (il tutto è ben descritto da Gianluca Magi, Undici tattiche di manipolazione oscura). Il fatto che Bruxelles abbia gli stessi vezzi di Goebbels non significa che sia uguale a lui, nonononono, che diamine, rifuggiamo i complotti e affidiamoci sereni e lieti al supergoverno europeo, senza opporgli dubbi inutili e latamente putiniani

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    1. Grazie! Recupererò il riferimento perché mi interessa molto. L’editore, del resto, ha un nome promettente:

      https://www.pianobedizioni.com/libri/goebbels-11-tattiche-di-manipolazione-oscura/

      e l’autore forse potrebbe essere coinvolto da a/simmetrie.

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    2. Questa faccenda della passione di Goebbels per gli acronimi, che non conoscevo, getta una luce sinistra sull’opprimente coacervo di acronimi che infesta, tra gli altri, il mondo della Scuola.

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    3. Suppongo siano di derivazione leuropea, no? E comunque Goebbels amava anche i bambini, nel senso che era un padre esemplare e che, notoriamente, volle risparmiar loro un futuro di barbarie…

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  2. È la prima volta che vedo per iscritto, le cose che ho sempre pensato.

    Peccato che nessuno le dica anche in TV. La collisione tra assenza di dazi e tutela ambientale sarebbe un buon argomento per mandare in cortocircuito il piddino di turno.

    Tra l'altro si potrebbe sollevare la questione di quanto inquinano le megaportacontainer, strumenti principe della globalizzazione.

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    1. Siamo loro grati per averci portato le zanzare tigre…

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    2. Caspita, quanto ne sono "grato" io! Non solo negli ultimi 20 anni ( a meno di circondarci di fumiganti peggio che in una cripta barocca), non si può più "mangiare fuori" , ma per me che amo curare il "fondo rustico" è ormai inevitabile farlo coperto da capo ai piedi dentro un nugulo di queste "risorse" peggio che essere in "colonia" ( cosa che a ben guardare in effetti siamo 😠)

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    3. Intanto, se gli acronimi sono per voi come greco antico, preciso che io non vi ho donato niente.
      Detto questo, tanti pensieri di buon senso sono molto più comuni di quanto il mainstream si sforza, con un certo successo, di farci credere. Una decina di giorni fa, il mio compagno di stanza settantottenne contemplava dalla finestra dell'ospedale gli innumerevoli parrocchetti del parco... poi ha iniziato una tirata del tutto sovrapponibile a quella del post sui verdi volatili per finire in considerazioni non dissimili dalle nostre sulle meraviglie della globalizzazione e dell'omogeneizzazione del mondo. Non siamo soli come pensiamo, la gente, anche quella che non ti aspetti, vede, ragiona. La sera passò il servizio sul colloquio Trump-Zelensky appena avvenuto... beh, il vecchio infermiere (sì, quello era stato il suo lavoro, in strutture dedicate a tossicodipendenze e problemi psichici) aveva idee molto sagge e precise sull'intera vicenda ucraina, dalle origini in poi. Eppure non credo proprio seguisse a fondo il dibattito. Sì, non siamo soli quanto crediamo, gente sveglia, se non informatissima, ce n'è.

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    4. Avete notato che i pini fanno sempre meno pinoli? Non si trovano più (almeno qui in Toscana) le pigne belle piene di frutti che si trovavano un tempo. Anche lì la causa è un insetto alloctono che ne impedisce lo sviluppo.

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    5. Suppongo che i pinoli li importiamo, ormai…

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    6. Dice mia moglie che italiani ci sono ancora... a quasi 100€/kg, però.

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  3. Non vorrei risultare provocatorio (o forse un po' sì), però, visto che chi segue questo blog dovrebbe ricordarsi che in questo porco non c'è solo il bianco ed il nero, mi chiedo e Vi chiedo: ma il gyros greco come lo classifichiamo? 😂😂😂

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  4. E’ la solita cosa che feci notare ad un mio amico che si lamentava della invasione dei granchi blu sulle nostre coste. Se il diritto ad “emigrare” è un valore positivo assoluto allora anche quella dei granchi blu non è una invasione ma una integrazione!

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  5. Siccome parla di Roma... Ci viene mai sull Aventino? Non in senso metaforico intendo haha ma una passeggiata che dalla metro circo massimo sale per il roseto, poi giardino degli aranci e da lì si gode la vista, oltre ai monasteri che li si trovano..

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  6. Non sono andato a vedere questi "parrocchetti" perché tra le montagne regnano nell'ordine, poiane, falchi pellegrini e aquile reali che impongono la loro legge della jungla. Ma ancora per poco, forse, perché per adesso qualcuno riesce a proteggere.

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  7. Meglio un giorno da merlo 🐦‍⬛ che cento giorni da parrocchetto.💪🏼👋🏼

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  8. Per capire la pericolosità dei parrocchetti è necessario vedere "il ragazzo e l'airone" di Miyazaki. Terribili!

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  9. Eh no! Ahimé, non penso che l'augurio sia rivolto a me; pure voglio contribuire al tema, seppure di sbieco. Una decina di giorni fa, controvoglia, vengo trascinato da amici in un ristorante romano, una volta passabile. Già dal menù c'era poco da stare allegri, così ho scelto il meno allarmante: Rigatoni all'amatriciana, benché il fatto che non fossero bucatini la dicesse già lunga, ma il resto erano fatto di così strane evoluzioni culinarie che conveniva fidarsi ancora meno. Poi, comunque, ancora troppo fiducioso, fisso anche il secondo e il contorno. M'arriva una scodella in cui degli scotti rigatoni nuotano in un mare di salsa dolciastra di cipolle, piccante di peperoncino e pepatissima, e chissà con quante altre spezie devastata. Guanciale?, sì forse c'era, forse era solo pancetta, e chi lo può sapere?!, sarebbe occorso un palato particolarmente selettivo per distinguere. Ma che fai?, non mangi?, sei invitato, tutti gli altri sembrano così contenti, fai lo schizzinoso? Per la prima volta in vita mia il piatto non l'ho potuto finire. A 4 rigatoni dal termine, ancora affogati nella salsa maledetta, qualcosa da dentro ha detto: NO!, basta così! Nei 4 giorni successivi ho avuto un mal di gola mostruoso, notte e giorno, ma non è sfociato in influenza o raffreddore, si è andato solo affievolendo via via nei sei giorni successivi, prova provata che era reflusso gastrico, di cui, conviene dirlo, non ho mai sofferto in vita mia, e questa è dunque la prima volta. Oggi ancora qualche pietanza è risultata di sapore strano, e lo zucchero ha un retrogusto amaro. Naturalmente, non ho potuto neanche assaggiarlo il secondo, e men che meno il contorno; e così è andata dieci giorni fa. Un paio di giorni fa, un amico a cui raccontavo la disavventura, se n'è venuto su con un commento apparentemente xenofobo: “A Roma i cuochi oramai sono tutti pakistani”. La qual cosa non è vera naturalmente, seppure a servire ai tavoli c'erano ragazzi di vari colori, ma non lo è soprattutto per i ristoranti che le mie tasche non permettono, quelli preferiti da piddini, immagino, ma con un po' di pazienza anche loro, presto, potranno trarre gli stessi vantaggi dalle loro idee. Io non ho nulla contro i pakistani, né voglio insegnare loro cosa mangiare, o se mettere più o meno spezie, più o meno cipolle, più o meno pepe e peperoncino nelle loro pietanze; nelle loro pietanze! Per me, invece, credo che non mi convenga più accettare inviti al ristorante; almeno a Roma. Oramai è in questione la salute, almeno per me!

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    1. Oggi per festeggiare un altro Matteo (in effetti non eri tu) ero da Cracco in galleria a Milano e il maestro diceva che i nostri giovani vanno tutti all’estero, per motivi che a voi non spiego per non annoiarvi, e a lui non ho spiegato per riverenza.

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