Precipito nel vuoto assoluto. Non tocco la roccia: qui è tutto strapiombante.
Davanti a me scorre velocissima la parete poc’anzi salita. Sento ancora quell’odore del calcare in frantumi, un odore acre che mi darà in seguito sempre fastidio. Da allora lo assocerò sempre al sangue e alla morte.
Immediatamente, mentre precipito ancora, mi rendo conto che è finita.
Se non succede qualcosa, subito, adesso, è finita.
Intanto, mentre cado, avviene una cosa che ancora oggi mi lascia allibito, un fatto molto semplice e agghiacciante al tempo stesso: "esco" dal mio corpo.
Qualcosa, l’anima o qualcos’altro che la sostituisce, insomma "io", il vero "io", esce dal mio corpo.
Divento improvvisamente uno spettatore, interessato, ma comunque spettatore. E penso. Velocemente, molto velocemente.
In quelle poche frazioni di secondo, vedo, come in un film, la mia (ancora) breve vita scorrermi davanti rapidamente, eppure nei minimi dettagli.
Gli attimi del volo, nel volo, si dilatano, diventano ore, mesi, anni. Una vita.
La mia mente, ora lucidissima, viaggia ad una velocità impensabile, una dimensione diversa con altri ritmi, con altri tempi.
E’ netta la sensazione di essere fuori dal mio corpo: lo guardo che cade, abbandonato al suo destino di morte, un insignificante insieme di carne ed ossa.
Lo vedo distintamente che scende a tutta velocità come qualcosa di vecchio, una sorta di rottame. Lo guardo, va giù sempre più giù. Ma "io" non provo paura. Sono sereno, solo dispiaciuto. Ricordo quegli strani pensieri soprattutto uno: non mi piaceva l’idea di concludere, così, a vent’anni, la mia vita, di abbandonare, di non essere più presente. Ma non ero sconvolto o spaventato. Provavo una sensazione di tranquillità. Stava accadendo qualcosa che non temevo perché "io" non c’ero, non c'ero più.
Avvertivo, però, che quella era la morte, che con tutta probabilità stavo morendo e che, se non succedeva qualcosa SUBITO, sarei morto davvero.
Eppure avevo un’idea della morte che coincideva con il dolore, la tragedia e il terrore, ma mi sbagliavo. Forse lo è per chi guarda, per chi ci vuole bene, per chi è ancora vivo, forse lo sono i momenti precedenti.
Ma soprattutto, non pensavo alla morte. Era qualcosa che non mi riguardava.
Era un problema di altri, non mio. Ora invece, la cosa mi riguardava.
E maledettamente! Fino al collo…
Improvviso il colpo! Secco, pulito.
Uno strattone violento che mi fa spremere dall’imbracatura, come un limone.
E’ come un violento schiaffone che mi sveglia, che mi riporta nella dimensione reale. E solo adesso, lentamente...e con prudenza rientro nel mio corpo.
Ed è subito un altro mondo, più lento, più farraginoso, più doloroso, più "vecchio".
(…si può uscire in tanti modi e da tante cose. Questa è un’uscita particolarmente impegnativa, e se ne volete conoscere il protagonista - io ve lo consiglierei! - potrete raggiungerci qui:
Ricordatevi di scrivere alla mia segreteria…)
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