(...riprendo e approfondisco, anche per pensare ad altro, il filo di un discorso che avevamo lasciato qui...)
Il PISL del titolo è uno dei tanti mitologemi del nostro più insidioso nemico: iComunicatori! Si tratta, come ricorderete, del Piccolo Imprenditore Spaventato Lombardo.
Spaventato da chi?
Ma da Borghi, ça va sans dire, dal perfido Borghi che fa crescere lo spread, s'intende! Fuor di metafora, l'imprenditore di cui favoleggiano iComunicatori è quello che vedrebbe nell'integrazione monetaria l'opportunità di accedere con minore difficoltà alle catene del valore tedesche, con beneficio della propria azienda (mi riferisco alla Germania per l'ovvio motivo che è la prima economia manifatturiera europea: va da sé che lo stesso argomento potrebbe applicarsi all'Estonia, ma capite bene che la rilevanza non sarebbe la medesima...).
L'argomento sarebbe quindi che noi siamo ormai terzisti della Germania, non abbiamo più le nostre "fabbriche prodotto" (come si direbbe in ambito bancario), cioè, per confinarci all'ambito automobilistico, la Fiat e via discorrendo, che ormai producono altrove (ma il ragionamento si applicherebbe ad altri prodotti e altri marchi), però siamo forti nell'indotto, perché i prodotti di chi ancora riesce a farne (la Germania) necessitano dei pezzi che solo noi sappiamo fare, un po' come questo prodotto tedesco:
necessitava di questi semilavorati italiani (rectius, veneziani, perché non è la stessa cosa, ma di questo parliamo un'altra volta):
motivo per cui sarebbe indispensabile che prodotti e semilavorati venissero entrambi quotati in euro, un po' come è auspicabile che la chiave di violino indichi sempre il sol, anche quando il concerto è per clavicembali.
Naturalmente, se così fosse, all'entrata in vigore dell'euro dovremmo riscontrare nei dati quello che il mito ci tramanda, cioè un incremento dei flussi commerciali fra Lombardia e Germania (un incremento dell'interscambio misurato come somma di importazioni ed esportazioni ed espresso in rapporto al Pil, analogo insomma al concetto di openness che si usa in economia internazionale - qui una definizione e alcune critiche di questo concetto), ma nulla di tutto questo si emerge dai dati, come abbiamo visto qui:
Grandi balzi in avanti (cioè verso l'alto) fra il periodo antecedente (1991-98) e quello susseguente (1999-2023) all'adozione dell'euro non ce ne sono, e del resto sarebbe strano il contrario. Cerchiamo di capirci: se il motore dell'integrazione commerciale fra Lombardia e Germania fosse principalmente o esclusivamente l'integrazione nelle catene del valore tedesche, perché mai dovremmo aspettarci che l'ingresso in un sistema monetario che rende meno convenienti perché quotati in valuta forte i semilavorati italiani dovrebbe far aumentare i volumi di questo fruttuoso interscambio? I tedeschi sono "programmaticamente profondi", come diceva Savinio per non dargli direttamente degli stupidi, ma non lo sono fino al punto di acquistare di più una cosa che costa di più, visto che hanno potuto constatare come sia più facile vendere una cosa quando costa di meno! Prova ne sia il fatto che fra il 1992 (anno della drammatica svalutazione della liretta) e il 1995 (anno della rivalutazione) l'interscambio aumenta! L'argomento, se mai, andrebbe rovesciato: si potrebbe con maggiore plausibilità argomentare che proprio perché il motore dell'interscambio commerciale della Lombardia è la sua integrazione nelle catene del valore tedesche, l'ingresso nell'euro non l'ha aiutata, visto che ha reso più cari i suoi prodotti per gli acquirenti tedeschi! Questo ragionamento è coerente coi dati osservati e lascia aperto solo un gigantesco punto di domanda: ma allora il PISL, di preciso, chi è?
Lasciamo un momento nell'ombra questo mitologema e approfondiamo l'analisi estendendola ad altre Regioni. Lo spirito della nostra ricerca è sempre il medesimo: l'ingresso nell'euro determina un aumento dell'integrazione commerciale? Favorisce le nostre esportazioni nette o le deprime? Ci manda in surplus o in deficit con i nostri principali partner commerciali? Rende le nostre Regioni più "aperte" (in un contesto europeo) o più chiuse?
Prendiamo il Veneto, altra regione a potente vocazione manifatturiera. Il grafico dell'apertura verso la Germania è questo:
e più o meno ci racconta le stesse storie di quello della Lombardia: l'interscambio con la Germania conta fra il 10% e il 12% del Pil regionale (oggettivamente, tanta roba!) e non si vedono drastici cambiamenti - se non forse in peggio - dall'entrata nell'euro. Ma qui potrebbe arrivare il piddino col ditino puntato a dire: "Eh, no! Qui si vede chiaramente un trend positivo dal 2013 in poi! Se non l'euro, almeno l'austerità quindi ha fatto bene al Veneto, ne ha aumentato l'interscambio...".
Un attimo: forse conviene, come abbiamo fatto per la Lombardia, guardare i flussi netti e lordi. Le esportazioni nette eccole qui:
e quello che è successo è abbastanza chiaro: l'ingresso nella moneta unica ha depresso la bilancia dei pagamenti del Veneto, con l'aggravante che, a differenza della Lombardia, il Veneto partiva da una posizione di surplus! Per facilitarvi il confronto vi metto insieme i saldi commerciali delle due Regioni:
così vedete bene analogie e differenze. Fra le analogie c'è la derapata dall'ingresso nell'euro e la "ripresa" nella stagione dell'austerità. Fra le differenze c'è che la Lombardia è sempre in deficit, riduce il suo deficit già dalla crisi dei subprime, e a differenza del Veneto, che tiene botta, lo vede peggiorare nel periodo 2020-2023.
Quindi possiamo immaginare che andamento abbiano i flussi lordi del Veneto! Questo:
Il balzo verso l'alto delle esportazioni nette fra 2011 e 2012 è un tuffo verso il basso delle importazioni, dovuto alla recessione, e l'aumento dell'interscambio dal 2013 al 2019 è principalmente dovuto a un aumento delle importazioni dovuto alla valutona fortona (l'euro), che ovviamente si traduce in una diminuzione delle esportazioni nette. Solo dal 2020 la situazione cambia, con un aumento sia dell'export che dell'import, ma siamo sufficientemente distanti dal 1999 per poter dire che in questo fenomeno non vediamo gli effetti benefici della moneta unica!
Sarà forse per questo che quando ci spostiamo in Veneto incontriamo tanti PISV spaventati non da Borghi, ma dall'euro, e che in Veneto abbiamo un seguito più agguerrito e tenace che in tante altre Regioni italiane? Forse. Certo, molto c'entra anche l'anelito all'indipendenza che caratterizza quel popolo. Ma mi piace pensare che i fondamentali macroeconomici non siano solo un tema accademico...
E se ci spostassimo in una regione totalmente diversa? Esisterà il PISC (Piccolo Imprenditore Spaventato Campano)? Che effetti avrà avuto l'euro sull'economia della sua Regione?
Se ragioniamo in termini di interscambio, il grafico è qui:
Ho mantenuto la scala verticale: si vede così molto bene che naturalmente la Campania è molto meno integrata con la Germania delle Regioni del Nord, ma il pattern è lo stesso: con l'ingresso nella moneta unica e fino a tutta la crisi l'interscambio tende piuttosto a deprimersi. I flussi lordi sono questi:
e anche qui la storia è più o meno la stessa, se pure su una scala ridotta rispetto ai flussi delle Regioni del Nord.
Chiudo con una Regione a me e a voi cara:
Il piccolo Abruzzo è molto più integrato nell'economia tedesca della grande Campania (sembrerà strano a chi se lo immagina come una Regione di orsi e arrosticini, ma come credo di avervi spiegato a suo tempo c'è molto di più). Fatte salva questa differenza di scala, il pattern dell'interscambio complessivo è tutto sommato analogo a quello delle altre Regioni italiane: dall'ingresso nell'euro diminuisce e dall'adozione dell'austerità aumenta leggermente. Quindi anche in Abruzzo, come in Lombardia, Veneto, Campania, l'aumento dell'interscambio è associato a un peggioramento del saldo commerciale perché è dovuto a un incremento delle importazioni lorde?
Il saldo commerciale (aka esportazioni nette) è questo:
e quindi no, le cose non stanno così, perché in Abruzzo le esportazioni nette verso la Germania aumentano in modo relativamente costante. I flussi lordi sono qui:
e si vede bene come per tutto il periodo le esportazioni abruzzesi verso la Germania siano superiori alle, e crescano più rapidamente delle, importazioni abruzzesi dalla Germania.
Insomma, #ilmiocollegioèdifferente, nel senso che se ci atteniamo a questi dati aggregati pare che siamo più o meno gli unici che possono sopportare euro e Germania!
Ovviamente questi grafici pongono più domande di quante risposte offrano, e altrettanto ovviamente bisognerà entrare in ulteriore dettaglio per capire se la classe imprenditoriale tutta sia realmente attaccata all'UE come pretendono i suoi rappresentanti (quelli del prosecco tiepido) e credono i miei colleghi (quelli che preferiscono il lompo alla porchetta), e eventualmente quanto lo sia per freddo calcolo economico (come dovrebbe essere in un mondo normale) o perché imbesuita dalla propaganda finanziata dall'UE, come appare più probabile. Il dettaglio settoriale, ad esempio, potrebbe esserci di aiuto nel distinguere vinti e vincitori:
e quindi ci torneremo sopra.Certo è che il dato "mesoeconomico" non ci lascia vedere molti più vantaggi dall'ingresso nella moneta unica di quanti ce ne lasciava vedere il dato macroeconomico (cioè, in sintesi, zero). Bisognerà che ora che si può nuovamente parlare si torni a parlare anche di questo...
(...sì, avete anche capito uno dei motivi per cui cinesi e tedeschi si stanno simpatici: hanno una cosa in comune...)
Bisogna subito indire un referendum per l'indipendenza dell'Abruzzo! Ovviamente con Caramanico Terme come capitale 😁
RispondiEliminaEvidentemente volevi scrivere Pizzoferrato. Ti tremano molto le mani!
EliminaA Pizzoferrato possiamo delegare un paio di ministeri.
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